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       © 1997
Oliver Baumann •
Ermenegildo Bidese

FATE (Seleghen Beiblen) nell'Altopiano dei Sette Comuni 



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V Vi Kërchle von Zeileghen Baiblen, Roana 


E' questa una grotta scavata dalla natura, a guisa di chiesetta, larga m. 6, lunga m. 9, alta m. 15, innalzantesi con una cupola a cono, con una specie di altare nel mezzo. S'entra in questo speco, che potrebbe contenere alcune dozzine di persone, per una specie di finestra. Un'antica superstizione vuole che ivi abitassero, quali semidivinità tutelari del paese, le Fate, dette Zeileghen Baiblen; le quali, a chi le invocava, portavano certe matasse di filo, che disvolgendole non finivano mai, a condizione però che la persona beneficata non si lamentasse della lunghezza del tempo da occuparsi nell'interminabile svolgimento; nel qual caso la matassa spariva. In qualche montanaro dei Sette Comuni vivono ancora altre superstizioni sulle Fate: si crede che esse siano sempre vestite di bianco, intente a far bucato, a stendere di notte i panni ed a far pane (Brentari, 1885). Secondo altri autori le Seleghen Beiblen sono creature misteriose e fantastiche, alte un soldo di cacio, generalmente sollecite a beneficare chiunque avesse chiesto con rispetto ed umiltà il loro aiuto. Oltre alla grotta della Val Martello altre località sono designate come loro dimora ad esempio sul monte Tanzar presso Gallio o presso la sorgente dei Rust nella Asstaal (Milani, 1990). Le "beate femminette" di Castelletto di Rotzo erano contraddistinte coi nomi di Gritt-Grott e Schicka-Schaicka che secondo i vecchi della zona sta a significare "Greta (Margherita) della grotta" e "abile e scaltra (filatrice)" (Garrobbio, 1975; Zanocco, 1985). 

Giù nel Staich ci sono alti rupi, e queste rupi hanno grandi caverne: entro queste caverne anticamente c'erano le beate donnette. Queste donnette erano persone, piccole, astute e buone. In queste caverne avevano il loro alloggio: avevano sistemato piccole camere e la cucina per fare da mangiare. Nelle camere c'erano i letti per dormire, dentro un po' di paglia con un po' di foglie secche: cuscini e lenzuola nessuna. Per finestre avevano scavato delle buche nella parete che guardava nel profondo della valle: alla notte queste finestre venivano chiuse ed otturate con tavolette e foglie secche. Nella cucina c'era un focolare; nessun camino e il fumo usciva dalla porta: una piccola catena era agganciata sopra il focolare e serviva per attaccarvi la pentola. (...) Nei boschi per un dono del dio Thor, avevano la facoltà di parlare con le bestiole e con gli animali selvatici. Rare volte parlavano con altra gente: preferivano parlare con le bestioline. (...) Tutte le mattine al sorgere del sole, una beata donnetta veniva sulla porta e battendo una ciotola cantava (Frigo Metel, 1977): 



Gute sechlen d'ar sai vor de taldar 

ailt hia hoite' me lustige waible. 

Willegoze d'ar sait vor de waldar. 

Wunsch' ich segan un melchan an waile. 



Buone bestiole che siete per le valli 

venite qui oggi dalla beata donnetta. 

Caprioli che siete nei boschi 

desidero vedervi e parlare un po' 

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Busi delle Fate 

Poco a sud del Monte Xomo, sopra Foza, certi incavamenti o nicchie della roccia, fatte a guisa di sedili di un coro, si chiamano Busi delle Fate, e si dice essere della loro Dama il più profondo fra essi; e colà di notte convengono le fade a parlamento (Brentari, 1885). 

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Kùvela o Kòvel, non identificata - Rotzo 



Piccola grotta seminascosta dalla vegetazione, nota anche come Kòvel o Kerkle (chiesa), che si apre vicino alle Banchette, lungo la mulattiera Castelletto-Pedescala. Essa viene considerata dimora di due fate, alte un soldo di cacio, e forse confusa con la cavità omonima (Kerchle von Seileghen Baiblen) nella val Martello (Maartaal, la Valle di Mara NdR). Quest'ultime erano ritenute sorelle, vecchie quanto gli abitanti preistorici del Bostel superstiti del diluvio universale, che passavano la giornata filando e cantando: 



Seleghen Beiblen ! 

Siam bianche fate. 

Lino vi diamo 

se lo chiedete... 

Lana vi diamo, 

se non l'avete. 

Seleghen Beiblen ! 



Chi aderiva allo strano invito riceveva in dono dalle fate una cannocchia di candido lino o un fuso di soffice lana che erano praticamente inesauribili; ma dovevano essere filate ogni giorno senza manifestare pigrizia o insofferenza altrimenti il lavoro di anni sarebbe scomparso (Zanocco, 1973). 


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Cugua delle Fate o Covolo di Val Frenzela (Freyentaal), Foza 


Castaldini (1992) riporta l'antica tradizione che le fate abitano in una caverna posta sopra la vecchia strada che unisce Foza con il paese di Valstagna. La caverna è detta "Cugua delle Fate", covolo delle fate. Gli incontri notturni di queste avvenenti fanciulle vestite di bianco iniziano con il lavaggio dei panni che poi vengono stesi su una corda attraverso la vallata. Presenza costante di questi incontri è la luna piena che appartiene alle fate ed asciuga i loro panni.
 

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