Milano, 18 febbraio 2017 - 22:29

Consip, in pensione il magistrato
che avviò l’inchiesta: «Potevo restare
ma il governo me l’ha impedito»

Lascia la guida della Procura di Napoli: «Sorpreso dalla determinazione dell’esecutivo
e del gruppo Pd a non far votare in Aula l’emendamento che estendeva l’età del ritiro»

Giovanni Colangelo (Ansa)
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ROMA Da ieri Giovanni Colangelo è un magistrato in pensione. Lascia la guida della Procura di Napoli, dove stava coordinando inchieste importanti. Comprese quelle che portarono i clan di camorra a progettare un attentato ai suoi danni, e quella sugli appalti pubblici da cui è scaturita l’indagine sul padre di Matteo Renzi, poi trasferita a Roma per competenza. Venerdì ha compiuto settant’anni, nuovo limite d’età fissato dal governo Renzi che poi ha concesso due proroghe; l’ultima, l’estate scorsa, per i soli vertici della Corte di Cassazione. «Sono sereno, ma anche un po’ rammaricato — commenta Colangelo —. Ovviamente nessuno è indispensabile, però mi sarebbe piaciuto portare a compimento progetti che stavano dando buoni risultati».

Martedì scorso, al Senato, due parlamentari del Pd sono stati sostituiti in Commissione Giustizia per impedire che votassero un emendamento che avrebbe esteso la proroga, e l’avrebbe lasciata in servizio.
«L’ho saputo, e sono rimasto sorpreso dalla determinazione del governo e del gruppo parlamentare del Partito democratico a non far votare quell’emendamento dall’assemblea. Una determinazione degna di miglior causa, sinceramente. Anche perché in questo modo si incide direttamente sulla composizione dell’organico della magistratura, e questo non è un particolare irrilevante».

La politica non ha diritto di fare le leggi che crede?
«Certo che ce l’ha, ma in questo caso, con la sostituzione di due senatori in commissione, si è voluto impedire che l’aula del Senato potesse decidere se approvare o meno l’emendamento. Che stava raccogliendo consensi trasversali, e dunque aveva buone probabilità di essere accolto. Ma poteva anche essere respinto, del tutto legittimamente. Invece c’è stata la volontà di non farlo arrivare in aula, con una decisione che ha un solo precedente in questa legislatura».

Lei ha qualche sospetto sui motivi di questa manovra?
«Io ho delle opinioni, ma le tengo per me. Quanto ai sospetti, sono abituato a pensare che non bastano per costruire i processi, servono le prove. E in questo caso non ne ho. Noto però un particolare: nessuno ha spiegato per quale motivo non si è voluta concedere la proroga, dopo le precedenti, che non mirava a rialzare l’eta della pensione, ma solo a a lasciare in servizio chi fosse stato disponibile fino alla copertura degli organici, che oggi sono deficitari di circa 1.000 unità. Mi sembra una situazione poco comprensibile».

A voler pensare male, si può notare la coincidenza con l’emersione dell’inchiesta a carico del padre dell’ex presidente del Consiglio, avviata proprio dal suo ufficio.
«Le ripeto che non voglio alimentare illazioni. Certo,la coincidenza temporale è un dato oggettivo, così come è un dato oggettivo che l’impalcatura dell’organico della magistratura viene indebolita dalla decisione di non lasciare in servizio i magistrati in età pensionabile fino al riempimento dei vuoti. Per procedere alle nuove nomine ci vorranno mesi, così come per fare i nuovi concorsi. Era un discorso di buon senso, ma non se n’è voluto nemmeno discutere, nonostante le promesse fatte all’Associazione magistrati e gli auspici in tal senso della commissione parlamentare antimafia».

Ritiene che la proroga concessa ai soli vertici della Cassazione fosse ingiusta?
«Sono d’accordo con i rilievi fatti dall’Anm, è stata una scelta discriminatoria, attraverso la quale il governo ha deciso chi lasciare in servizio e chi no. Dopodiché c’era modo di rimediare, ma non s’è voluto nemmeno discuterne».

Che cosa rimpiange di lasciare alla Procura di Napoli?
«Credo che in questi anni siamo riusciti a fare cose importanti: dal coordinamento con la Procura dei minori per provare ad arginare il gravissimo fenomeno della criminalità minorile al sequestro di patrimoni milionari, come l’ultimo ai danni di presunti inquinatori ambientali, fino al tentativo di accelerare il più possibile i tempi delle inchieste e dei processi. C’è un po’ di amarezza per non poter proseguire, ma ci penseranno i miei validissimi colleghi»
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