2010. Investire nelle nuove generazioni. Modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa.

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All'interno tre capitoli curati da Giovanni Campagnoli


Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa Uno studio comparativo a cura di Arianna Bazzanella e con tre capitoli curati da Giovanni Campagnoli - Verso un “new deal� delle politiche giovanili - Le Regioni e le Province - Terzo settore e organizzazioni giovanili: situazioni e tendenze di percorsi, interventi per e con i giovani


Š Editore Provincia Autonoma di Trento - IPRASE del Trentino Tutti i diritti riservati Prima pubblicazione giugno 2010 Stampa: Tipografia Esperia, Trento Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo a cura di Arianna Bazzanella

p. 494; cm 297 ISBN 978-88-7702-262-3


TITOLO VOLUME IPRASE del Trentino

INDICE

Prefazione A. Salatin Presentazione G. Pollini Introduzione A. Bazzanella, G. Campagnoli, C. Buzzi 1. Il punto di partenza 2. Processi di cambiamento e (nuovo) ruolo dello Stato 3. Le politiche giovanili: azioni e strumenti 4. Le tendenze in atto nei singoli Stati 5. L’evoluzione del nostro Paese: “il caso Italia” 6. Conclusioni

IL CASO ITALIA 1. La condizione giovanile in Italia: una rassegna A. Bazzanella 1.1 Tempi di cambiamento: “il futuro non è più quello di una volta” e niente è (più) “per sempre” 1.2 I “giovani”: di chi parliamo? Un problema di definizione e delimitazione 1.3 Essere giovani: alcuni dati soggettivi e trend evolutivi della cultura giovanile in Italia 1.4 Le nuove sfide dell’accompagnamento alla crescita 1.5 Conclusioni

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2. Verso un “new deal” delle politiche giovanili G. Campagnoli 70 2.1 Premessa: una nuova generazione di interventi 70 2.2 I recenti riferimenti internazionali in materia di gioventù 71 2.3 L’oggi: il contesto attuale italiano 74 2.4 Quali politiche per i giovani? 79 2.5 L’azione del Ministero: obiettivi e priorità 83 2.6 Giovani o studenti? gli “eurobiettivi” tra interventi per i giovani e politiche per l’istruzione 97 2.7 Una prima valutazione 104 2.8 Cosa è successo prima: l’azione degli Enti Locali e del Terzo settore in Italia 105 2.9 Verso un “new deal” italiano alle politiche giovanili: regia nazionale e regionale, azione locale 117 3. Le Regioni e le Province 3.1 Le Regioni 3.2 Le Province

G. Campagnoli

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I COUNTRY REPORTS Capitolo 5 _ Danimarca

4. Terzo settore e organizzazioni giovanili: situazioni e tendenze di percorsi, interventi per e con i giovani G. Campagnoli 4.1 Servizi informativi, Osservatori, Consulte, Forum e spazi giovanili: diffusione e tendenze in atto 4.2 Lo youth work 4.3 Il ruolo del Terzo settore nello sviluppo degli interventi per i giovani 4.4 Le organizzazioni giovanili 4.5 Il Forum Nazionale Giovani Nota metodologica A. Bazzanella, G Campagnoli Il caso Italia: le fonti utilizzate A. Bazzanella, G. Campagnoli

I COUNTRY REPORTS 5. Danimarca H.J. Hanghøj Dam 5.1 I principali attori nel campo delle politiche giovanili 5.2 Iniziative realizzate a partire dal 2000 nell’ambito dell’istruzione 5.3 Altri attori delle politiche giovanili 5.4 Le principali associazioni giovanili 5.5 I processi di policy-making nel campo delle politiche giovanili 5.6 Le politiche giovanili in Danimarca 5.7 La partecipazione giovanile nei processi di costruzione delle politiche 5.8 Le politiche specificamente indirizzate ai giovani 5.9 Tassi di passaggio alle scuole secondarie superiori 5.10 Nuove tendenze delle politiche giovanili: l’estensione della categoria di “giovani” 6. Germania R. Bendit 6.1 Introduzione 6.2 Alcuni dati statistici sui giovani in Germania 6.3 Profilo generale dei principali attori politici nel campo delle politiche giovanili

182 182 191 195 200 204 206 212

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6.4 Le procedure di costruzione delle azioni di politica giovanile 274 6.5 Un profilo delle questioni politiche nel campo delle politiche giovanili 278 6.6 L’impatto in Germania delle decisioni e dei programmi dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa 297 6.7 Una rassegna delle buone prassi 322 6.8 Tendenze delle politiche giovanili e provvedimenti 324 6.9 Il modello tedesco di politica giovanile: cambiamenti strutturali e tematici tra il 2006 e il 2009 329


TITOLO VOLUME IPRASE del Trentino

7. Regno Unito A. Biggart, A. Furlong 7.1 Introduzione 7.2 Gli attori delle politiche giovanili 7.3 Le procedure di definizione delle politiche 7.4 Il quadro normativo: cambiamenti fondamentali nella legislazione dal 2000 7.5 Le questioni aperte nelle politiche giovanili 7.6 Trend emergenti e nuove misure nelle politiche giovanili 7.7 I cambiamenti nelle politiche giovanili, dal 2006 a oggi

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8. Slovenia H. Iglič 8.1 Introduzione 8.2 La struttura organizzativa delle politiche giovanili 8.3 L’istruzione 8.4 Il mercato del lavoro 8.5 La situazione economica 8.6 La questione abitativa 8.7 La dimensione europea 8.8 Gli sviluppi recenti in Slovenia: 2006-2009

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME 9. Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico V. Amistadi 415 9.1 Dati demografici 415 9.2 Famiglia, matrimonio, fertilità 419 9.3 Sistema educativo 429 9.4 Crisi economica e impatto sulla popolazione giovanile 434 Appendice Gli indicatori europei sulla condizione giovanile 441

L’équipe di lavoro

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INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Prefazione

“Investire nelle nuove generazioni” è il titolo di questo volume che racchiude in sé una delle direttrici principali di lavoro che sottostanno alla mission assegnata dalla Legge Provinciale n. 5 del 14 febbraio 2007 all’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani, affidato all’IPRASE. Una prospettiva di impegno verso i giovani che rispecchia da un lato le scelte innovative da tempo sostenute dall’Amministrazione provinciale in materia di politiche giovanili: la volontà di conoscere, studiare, monitorare sia le nuove generazioni in sé, sia le azioni specifiche a loro rivolte, partendo dalla convinzione che tali politiche costituiscano una scelta strategica per l’avvenire della comunità trentina. Dall’altro lato, traduce fattivamente - tra le poche realtà in Italia - quanto da tempo l’Unione Europea raccomanda ai paesi membri1 circa i rapporti tra le generazioni e la sostenibilità di un sistema politico-sociale che si sta rivelando sempre meno ospitale per i giovani. Tra i compiti assegnati all’Osservatorio vi sono quello di studiare, approfondire e analizzare la condizione dell’infanzia e dei giovani, al fine di favorire una lettura dinamica e fruibile dei processi riguardanti la condizione dell’infanzia e dei giovani in provincia e quello di concorrere alla verifica del grado di realizzazione delle politiche per l’infanzia e per i giovani.2 Il voluminoso lavoro contenuto in questo testo si situa all’interno di questo mandato che palesa la volontà di continuare una riflessione già avviata in altre sedi (non da ultimo attraverso il rapporto biennale dell’Osservatorio, Giovani in Trentino 2009) e che ora intende proseguire con uno sguardo oltre confine, alla ricerca di modelli e best practises utili per un ulteriore sviluppo delle politiche del Trentino. Il mondo globale impone necessariamente una prospettiva internazionale come occasione di scambio e arricchimento reciproco, senza scordare che ogni contesto ha caratteristiche, potenzialità, criticità che gli sono proprie e dalle quali non si può prescindere. In particolare, questa ricerca, iniziata in collaborazione con l’Istituto IARD di Milano, prende le mosse da un lavoro avviato da questo istituto nel 2001.3 Dopo una prima fase di parziale revisione risalente al 2006, che ha previsto dei primi case study in alcuni Paesi europei, alla luce dei mutamenti avvenuti in Italia proprio a partire 1

Si veda ad esempio la Comunicazione del 2009 della Commissione Europea: Una strategia dell’Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità. Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù). 2 Si veda l’Art. 11 della Legge Provinciale n.5 del 2007. 3 Studio realizzato per conto della Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea: “Studio sulla condizione e sulle politiche giovanili (EUROGiovani)”.

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PREFAZIONE

da quell’anno (con l’istituzione, per la prima volta nella storia della Repubblica, di un Ministero della gioventù4), si è deciso di procedere con un’ulteriore fase di aggiornamento dell’indagine. Lo studio (avvenuto tra il 2008 e il 2009) non ha riguardato tanto i cambiamenti di dettaglio relativi ai singoli dispositivi nazionali analizzati, quanto l’evoluzione dei modelli di riferimento dei diversi Paesi. Il presente volume, dunque, si configura come un primo tassello di analisi comparativa secondo un approccio che appare piuttosto nuovo nel nostro Paese. Per questo esso non può concludersi in questa sede, ma deve assumere le sfide che la contemporaneità presenta a tutti noi: prima di tutto a coloro che sentono vivo l’impegno professionale e etico verso i giovani di oggi e la società di domani che per (e con) loro si va costruendo. Arduino Salatin Direttore IPRASE

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Ministero per le Politiche giovanili ed Attività Sportive-POGAS.


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Presentazione

Nel corso nel Novecento e in particolare a partire dal Secondo Dopoguerra si è assistito in tutti i Paesi occidentali ad un consolidamento progressivo delle politiche sociali, con investimenti legislativi e finanziari sempre più consistenti destinati a previdenza sociale, sanità, scuola, mercato del lavoro, eccetera. Pur all’interno di alcuni indirizzi comuni, favoriti in Europa anche dalla legislazione sovra-nazionale dell’Unione, i sistemi di welfare hanno dato vita nel corso dei decenni a modelli di implementazione altamente diversificati come rivelato dalle numerose indagini comparative di settore. In questo quadro le politiche giovanili, spesso inserite in altri segmenti delle politiche pubbliche, hanno non di rado faticato ad assumere un riconoscimento ed uno statuto propri. Anche in Italia si è avviato un processo, per quanto tardivo rispetto ad altri contesti, di riconoscimento degli specifici bisogni dei giovani e della necessità di dare statuto ai contesti in cui discutere, generare e implementare politiche giovanili. Tale processo ha portato ad un nuovo sistema di riferimento che, tra le altre cose, si allontana dai tradizionali ambiti di intervento rivolti al disagio e alla prevenzione e si rivolge, al contrario, a politiche atte a favorire lo sviluppo del protagonismo e della cittadinanza attiva tra i giovani. Così, accanto agli accordi già in corso tra Stato e Terzo Settore o Enti Locali, si sono susseguite nel nostro Paese numerose e rapide innovazioni legislative e organizzative: il Fondo nazionale per le politiche giovanili (con un investimento programmato di 130 milioni di Euro per anno), gli Accordi di Programma Quadro siglati con le Regioni e le Province Autonome, il Piano Nazionale giovani, la Consulta giovanile interreligiosa, la partnership con il CNEL per la realizzazione di attività di ricerca su condizione giovanile e interventi rivolti ai giovani. In questo quadro non vanno certo dimenticati tutti i dispositivi e gli interventi che negli ultimi decenni si sono sviluppati nei diversi contesti: si pensi agli Informagiovani, per esempio, o all’impulso dato al Servizio Civile o, ancora, alle singole politiche locali realizzate per bambini e giovani. Ciò che è nuovo è la nascita di uno statuto comune che, a partire da queste esperienze segmentate e distribuite sull’intero territorio nazionale, riceve solo in anni recenti un riconoscimento condiviso. Un esempio particolarmente significativo è rappresentato dalla Provincia di Trento che attraverso l’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani, ha fatto scelte che si sono rivelate anticipatrici di modalità di intervento poi riprese e ripercorse altrove, sia a livello nazionale sia a livello locale.1 1

Si pensi, dal punto di vista della ricerca, alle indagini sulla condizione giovanile in Trentino (del 2002 e del 2007) e ai rapporti biennali dell’Osservatorio; dal punto di vista delle politiche, ai Piani Giovani di Zona che dal 2006 ad oggi hanno visto accrescere la partecipazione e l’investimento del

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PRESENTAZIONE

Ma come è avvenuto questo processo di sviluppo? E cosa accade fuori dei confini provinciali e nazionali? Nel 2000 l’Istituto IARD, coordinando per conto della Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea lo “Studio sulla condizione e sulle politiche giovanili (EUROGiovani)”, aveva tracciato uno scenario sulla situazione dei giovani e delle tendenze in atto circa le politiche loro rivolte nei diversi ambiti della politica pubblica tradizionale (istruzione, lavoro, relazioni familiari, salute, valori, eccetera) ed i risultati allora emersi avevano poi contribuito alla stesura del Libro Bianco Un nuovo impulso per la gioventù europea ad opera della stessa Commissione Europea. Tale documento ha segnato un momento cruciale nello sviluppo delle politiche giovanili, almeno a livello europeo, ed è a partire dalle riflessioni in esso contenute che hanno poi preso vita numerose iniziative anche a livello nazionale e locale. Come è cambiato il quadro tracciato allora? Che linee di sviluppo hanno assunto le politiche giovanili? E dove sono dirette oggi, alla luce dei numerosi mutamenti negli assetti politici, economici, sociali? E, in particolare, le innovazioni in atto nel nostro Paese come ricollocano l’Italia nello scenario internazionale? Questo lavoro mira a segnare un primo passo per dare risposta a queste domande. Il volume presenta, infatti, gli esiti di un lungo lavoro di analisi e ricerca a più livelli che l’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani della Provincia di Trento ha realizzato in collaborazione con l’Istituto IARD. La struttura del testo ripercorre il disegno di ricerca e in particolare la Prima parte è dedicata al nostro Paese, proprio alla luce delle trasformazioni radicali avute nell’ambito delle politiche giovanili. Nel Capitolo 1 Arianna Bazzanella, che ha coordinato l’équipe e curato il volume, presenta una prima rassegna delle principali tendenze in atto presso la popolazione giovanile in Italia, mentre nei Capitoli 2, 3 e 4 Giovanni Campagnoli fa una ricostruzione ampia e puntuale del contesto di nascita, sviluppo e consolidamento delle politiche giovanili nel nostro Paese con particolare attenzione ai tre diversi livelli (nazionale, regionale, provinciale) sia dal punto di vista legislativo sia dal punto di vista organizzativo. La Seconda parte, invece, è dedicata ai case study europei: il Capitolo 5 di Hans Jørgen Hanghøj Dam descrive il contesto relativo alla Danimarca; il Capitolo 6 di René Bendit quello relativo alla Germania; il Capitolo 7 di Andy Biggart e Andy Furlong quello del Regno Unito e, infine, il Capitolo 8 di Hajdeja Iglič quello della Slovenia. Questa sezione è fortemente differenziata al suo interno in ragione di una elevata eterogeneità di prospettive e modelli di riferimento tra i diversi Paesi. Tutti i contributi, però, presentano gli attori e le caratteristiche principali, in termini di priorità e processi, del Paese di riferimento. La Terza parte, infine, costituita dal Capitolo 9 e dall’Appendice, entrambi curati da Virginio Amistadi, presenta una densa quanto preziosa sistematizzazione di indicatori sulla condizione giovanile in Italia e in Europa che consente di contestualizzare i diversi Paesi a seconda dell’ambito di riferimento. territorio in modo esponenziale.


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La ricerca scientifica ha indubbiamente un compito importante nella sensibilizzazione e nella formazione dell’opinione pubblica e di tutti gli attori a vario titolo coinvolti nello sviluppo del territorio, ma tuttavia non può essere demandata ad essa la formulazione di obiettivi e dispositivi concreti a partire dalle considerazioni emerse. Tale compito deve passare necessariamente a genitori, educatori, docenti e, in particolare, a rappresentanti politici e Amministratori che devono (pre) occuparsi dei giovani, perché una comunità che non si (pre)occupa dei giovani è una comunità che non si occupa di se stessa e soprattutto del suo futuro.

Gabriele Pollini Presidente del Comitato Scientifico IPRASE

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INTRODUZIONE

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Introduzione Arianna Bazzanella, Giovanni Campagnoli, Carlo Buzzi

Come già segnalato in Presentazione, questo lavoro prende le mosse dallo “Studio sulla condizione e sulle politiche giovanili (EUROGiovani)”1 (d’ora in poi Eurogiovani) realizzato nel 2000 da Istituto IARD per conto della Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea sui 15 stati allora membri dell’Unione oltre a Islanda, Norvegia e Liechtenstein. I risultati emersi avevano contribuito alla stesura del Libro Bianco della Commissione, “Un nuovo impulso per la gioventù europea”, a partire dal quale si è imposto un nuovo approccio alle politiche giovanili che ha dato avvio a numerose iniziative sia a livello comunitario sia a livello nazionale. L’obiettivo principale del percorso di ricerca intrapreso qui è di aggiornare questo scenario a partire da alcuni casi nazionali emblematici, al fine di fornire ulteriori strumenti di riflessione, progettazione e implementazione delle politiche giovanili.

1. IL PUNTO DI PARTENZA

A partire dall’analisi di: a) origine dei finanziamenti (pubblico vs. privato); b) livello di attuazione (nazionale vs. locale); c) grado di universalismo delle iniziative; d) aree tematiche di intervento (esclusione sociale, educazione, lavoro, mobilità), Eurogiovani aveva delineato l’esistenza di 4 modelli di politiche giovanili in Europa: • il Modello universalistico (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia); • il Modello comunitario (Irlanda, Regno Unito); • il Modello di tutela (Austria, Belgio, Francia, Germania, Liechtenstein, Lussemburgo, Paesi Bassi); • il Modello centralizzato (Italia, Grecia, Portogallo, Spagna). La Fig. 1 ne illustra il posizionamento (e il rapporto di vicinanza o lontananza reciproca) su un grafico bidimensionale in cui le ascisse rappresentano la polarità particolarismo/universalismo (destinatari delle politiche) e le ordinate l’orientamento e le priorità degli interventi prevenzione/promozione.

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Il documento è scaricabile gratuitamente dal sito: http://ec.europa.eu/youth/archive/doc/studies/ iard/summaries_en.pdf


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Fig. 1 - Modelli di politiche giovanili: una rappresentazione grafica

PROMOZIONE

PARTICOLARISMO

Modello Centralizzato IT

Modello universalistico DK

UNIVERSALISMO Modello di tutela D

Modello Comunitario UK

PREVENZIONE

Nel corso di questo aggiornamento (avvenuto a partire dal 2006) per ciascuno dei quattro modelli è stata analizzata l’evoluzione delle politiche giovanili ad oggi in riferimento ad un singolo Paese ritenuto emblematico del modello stesso. Si sono quindi approfondite le situazioni di Italia, Regno Unito, Danimarca, Germania. In seguito all’allargamento dell’Unione avvenuto nel 2004, è stato preso in considerazione anche un caso nazionale relativo ad un paese dell’Est di recente ingresso nell’Unione Europea: la Slovenia. Di seguito si presentano alcune chiavi di lettura trasversali emerse al fine di evidenziare comunanze e disparità nel modo in cui le politiche giovanili vengono elaborate, esplicitate, condotte, verificate. Ovviamente si tratta di un’inevitabile semplificazione: per i case study completi si rimanda alla lettura dei relativi capitoli.

2. PROCESSI DI CAMBIAMENTO E NUOVO RUOLO DELLO STATO

La comparazione tra le politiche giovanili degli Stati europei a distanza di circa dieci anni dall’ultima ricerca, non può non tener conto di due mutamenti di ampio respiro: a livello macro, l’allargamento dell’Europa da 15 a 27 Stati; a livello micro, all’interno di ogni singolo Paese, un percorso di decentramento dei poteri dallo Stato centrale.

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INTRODUZIONE

Inoltre, nell’Europa del 1999 i Paesi membri erano 15, non c’era la moneta unica, la libera circolazione e l’applicazione del trattato di Schengen erano agli inizi, si cominciava a parlare di Costituzione Europea, non si parlava ancora di Strategia di Lisbona, approvata nel 2000. Oggi, invece, tutto questo ha impattato, direttamente o indirettamente, negli Stati membri. In particolare, all’interno dei Paesi selezionati per questa ricerca, si sono registrati diversi mutamenti amministrativi a partire dal 2000: • in Italia c’è un federalismo su base regionale, avviato nel 2000, sospeso, modificato radicalmente e ripreso ufficialmente grazie al Referendum del giugno 2006; • in Danimarca si è assistito ad una riduzione dei Comuni, passati da 275 a 92; • nel Regno Unito si è assistito alla devolution con un passaggio dei poteri ai parlamenti regionali di Scozia, Galles e Irlanda del Nord (per quest’ultimo territorio, in parte sospeso); • in Germania - già Stato federale per eccellenza - oggi i Länder e le municipalità hanno un più alto livello di autonomia e lo stesso vale per le scuole e le organizzazioni non-governative attive nel campo dei servizi all’infanzia ed ai giovai. In questo quadro, in tutti i case study realizzati (anche a partire dal Libro Bianco e dal Patto Europeo per la Gioventù del 2005, documento connesso alla Strategia di Lisbona) non è in discussione che tra i compiti a cui lo Stato deve provvedere ci sia anche quello inerente le politiche per la gioventù. Anzi: c’è anche un impegno preciso dei Ministri della Gioventù ad inserire le politiche giovanili nell’agenda delle principali politiche nazionali, affermando altresì che solo con un maggiore coordinamento tra il sistema europeo e le singole politiche nazionali aventi come beneficiari i giovani, si potrà contribuire a dare risposte efficaci alle loro aspettative. Ciò si traduce in questi paesi nella presenza di un Ministero con una competenza ad hoc: • In Italia il Ministero della Gioventù (ex POGAS - Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive) è delegato a promuovere e coordinare le azioni di Governo volte ad assicurare l’attuazione delle politiche in favore dei giovani in ogni ambito, ivi compresi quello economico, fiscale, del lavoro, dello sviluppo umano e sociale, dell’educazione, dell’istruzione e della cultura anche mediante il coordinamento dei programmi finanziati dall’Unione europea. • In Danimarca il Ministro dell’Istruzione e delle politiche giovanili presiede la Commissione interministeriale ed è responsabile del coordinamento delle politiche giovanili del governo. Attiva azioni destinate a giovani disadatti e volte a contrastare devianza giovanile e difficoltà legate agli studi e all’abbandono scolastico. • Nel Regno Unito il Ministero per la gioventù si occupa di politica interna di contrasto all’esclusione sociale e alla criminalità giovanile, oltre ad una serie


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di altri ambiti tra cui istruzione e formazione, previdenza, lavoro, sanità, lavoro giovanile e giustizia penale. • In Germania il Ministero Federale per la Famiglia, gli Anziani, le Donne e i Giovani - Dipartimento per i Giovani rappresenta gli interessi dei bambini e dei ragazzi in tutti i settori della politica (soprattutto istruzione, salute e mercato del lavoro) e mantiene uno stretto contatto con gli altri ministeri, con gli stati federali (Länder) e i Comuni per l’organizzazione di servizi pubblici per i giovani. • Infine, in Slovenia il Ministero dell’Istruzione e dello Sport, con un Ufficio per la Gioventù si occupa di pianificazione, organizzazione, attuazione e monitoraggio di misure nell’area delle politiche giovanili (lavoro giovanile, informazione, istruzione informale, mobilità), ma anche di inclusione sociale e cooperazione internazionale. Interessante notare come ci sia un concetto di trasversalità legato alle politiche giovanili: lo Stato, cioè, guarda ai giovani sia come specificità sia con un’attenzione particolare nel definire programmi d’azione anche in altre aree che, seppur indirettamente, hanno ripercussioni sui giovani. Per garantire che ciò si traduca in azioni concrete è necessario un livello di integrazione con altri Ministeri e qui si notano alcune peculiarità: in Danimarca e nel Regno Unito le politiche giovanili sono insieme alla Pubblica Istruzione, in Slovenia sono legate allo Sport, in Germania sono ricomprese nel Ministero per la Famiglia, gli Anziani, le Donne. In Italia (come detto) vi è una delega al Ministero alla gioventù proprio per coordinare le azioni di Governo inerenti le politiche in favore dei giovani in ogni ambito, tra cui istruzione, sociale, educazione, cultura. Vanno osservate anche analogie e differenze esistenti nel modo in cui prendono forma i vari livelli di collaborazione ed integrazione tra Ministeri, enti territoriali e organizzazioni di rappresentanza giovanile. Si veda la tabella 1.

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INTRODUZIONE

Tab. 1 - Livelli di integrazione/collaborazione Stato

Ministeriale

Territoriale

Italia

C’è uno sguardo tuttotondo alle tematiche giovanili grazie ad una delega assegnata ad hoc al Ministero.

C’è un rapporto diretto tra Ministero e organismo di rappresentanza dei Comuni e delle Province. Il rapporto con le Regioni e le Province autonome è di tipo istituzionale e si basa su stipula di Accordi di Programma Quadro (APQ) con ciascun ente.

Danimarca

Commissione Interministeriale con il Ministero della Pubblica Istruzione, il Ministero dei Beni Culturali, il Ministero del Lavoro, il Ministero della Finanza, il Ministero per gli Affari Sociali, il Ministero della Giustizia, il Ministero per le abitazioni, il Ministero degli Interni ed il Ministero della Sanità. C’è poi il Consiglio Nazionale per la Formazione Professionale

Le attività ricreative e istruttive per il tempo libero sono organizzate localmente ma sostenute dalle infrastrutture pubbliche (scuole, strutture per lo sport, centri culturali, centri giovanili).

Regno Unito

L’Unità contro l’Esclusione Sociale ha rappresentato il tentativo più imponente nel Regno Unito di coordinamento e di collegamento di diverse politiche all’interno del governo. Contribuiscono infatti a diversi aspetti delle politiche giovanili, anche il Ministero del Lavoro, il Ministero dei Beni Culturali, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Interno, il Gabinetto, l’Ufficio del Vice Primo Ministro, il Ministero per l’Ambiente, la Nutrizione e l’Agricoltura, il Ministero della Pubblica istruzione.

Metodi di lavoro condivisi tra i vari Enti (Ministero centrale e quelli del Galles, Inghilterra, Irlanda del Nord, a cui sono stati devoluti i poteri) e accordi tra il settore pubblico, privato e di volontariato. Ampia flessibilità nell’assegnazione di fondi.


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Germania

Esiste la Conferenza dei Ministri dei Giovani composta dai Ministri degli Stati Federali responsabili di questioni di servizi ai giovani, presieduta dal Ministro Federale della Gioventù. Questo rappresenta gli interessi dei bambini e dei ragazzi in tutti i settori della politica, soprattutto nei settori dell’istruzione, della salute e del mercato del lavoro per mantenere uno stretto contatto tra i ministeri. Si affiancano: il Comitato Consultivo Federale sulle Problematiche Giovanili, il Dipartimento Federale per Media Dannosi per i Giovani (authority), l’Ufficio Federale per il Servizio Civile Alternativo, la Commissione di Esperti per la relazione sui Bambini e i Giovani, la Commissione parlamentare responsabile delle questioni giovanili, gli organismi di rappresentanza degli enti locali territoriali.

Il Ministero tiene un rapporto diretto con i Länder e i Comuni per l’organizzazione di servizi pubblici per i giovani. Sono espressamente responsabili della politica giovanile a livello regionale anche gli uffici giovanili degli Stati federali e a livello locale gli uffici giovanili municipali. Le città e i distretti amministrativi sono obbligati ad aprire un ufficio per la gioventù. L’unità organizzativa a livello locale è l’ufficio giovanile municipale come istituzione centrale dei servizi a bambini e giovani.

Slovenia

Il Ministero, tramite l’Ufficio, svolge il suo ruolo in stretta collaborazione con il settore non governativo. Rappresenta la prima fonte di sostegno economico per diverse organizzazioni, iniziative e reti.

Vengono finanziati i progetti dei Comuni.

Rispetto alla governance delle politiche giovanili è possibile osservare che in tutti questi Stati esiste un Ministero come primo riferimento, ma vi sono poi soluzioni diverse per elaborare le politiche: Conferenze, Commissioni, Unità sono i nomi dati alle strutture per garantire il coordinamento (di cui si sono dotati Regno Unito, Germania, Danimarca). L’integrazione verticale con gli altri livelli territoriali esiste sicuramente nel Regno Unito e in Germania, meno in Danimarca e Slovenia, mentre è in via di sperimentazione in Italia. Sempre rispetto alla governance, è utile andare a verificare se esistono in questi Stati meccanismi di co-decisione che coinvolgono le organizzazioni giovanili (e a quali livelli) nell’elaborazione di politiche giovanili. Si veda la tabella 2.

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INTRODUZIONE

Tab. 2 - La partnership con le organizzazioni giovanili Stato Italia

C’è il Forum Nazionale delle organizzazioni giovanili, finanziato dal Ministero, con cui non vi è un rapporto istituzionalizzato. A livello regionale i Forum sono presenti in 7 Regioni; a livello locale le partnership con le organizzazioni giovanili ci sono in quasi tutti i Comuni in cui si sviluppano politiche giovanili.

Danimarca

Esiste dal 1999 il Parlamento Giovanile che delinea bozze e proposte di legge sui giovani poi discusse in comitati e in sedute plenarie in parlamento. Vi è l’Associazione Danese dei Circoli Giovanili ed il Consiglio Giovanile Danese, che rappresenta gli interessi dei giovani in commissioni e consigli nazionali, così come la gioventù locale è rappresentata dalle organizzazioni giovanili locali nel contesto comunale, in seno al “Folkeoplysning” (che assegna le risorse). A livello locale vi sono i Consigli Giovanili Comunali.

Regno Unito

Il Parlamento della Gioventù del Regno Unito (UK Youth Parliament) ha tenuto la sua prima seduta nel 2001 con 300 Membri tra 11 e 18 anni. Organismi analoghi sono presenti in tutte le Regioni. A livello locale, esiste la “YouthBank” che coinvolge direttamente i giovani nelle decisioni in merito ai fondi da destinare alle iniziative delle comunità locali loro rivolte, sostenuta da un consorzio di organizzazioni giovanili. Sono previsti dal Ministero Britannico i Children’s Trusts locali con l’obiettivo di integrare tutti i servizi chiave per i ragazzi e per i giovani a livello locale.

Germania

Il Consiglio Giovanile Federale è l’organizzazione che raggruppa le organizzazioni giovanili. Poi ci sono i Consigli giovanili regionali. A livello federale la loro consultazione non è obbligatoria nell’ambito dell’elaborazione di politiche giovanili. A livello locale vi è l’ufficio giovanile municipale che offre un sistema di servizi in collaborazione con organizzazioni governative e organizzazioni volontarie locali per i servizi a bambini e giovani.

Slovenia

È presente il Consiglio Giovanile Nazionale della Slovenia, struttura nazionale di coordinamento per le organizzazioni giovanili nazionali e partner principale dell’Ufficio per la Gioventù. A livello locale vi sono i Consigli Giovanili Locali e le organizzazioni giovanili, i centri giovanili, le associazioni studentesche e le reti di associazioni.

Vi è una buona collaborazione a livello locale in Danimarca, Regno Unito, Slovenia, Germania e Italia, mentre solo in Germania e Slovenia sono presenti forti partnership a livello centrale.

3. LE POLITICHE GIOVANILI: AZIONI E STRUMENTI

A questo punto è interessante rilevare quali siano nei vari Paesi l’oggetto delle politiche giovanili, le finalità principali, gli obiettivi, le strategie oltre a verificare l’esistenza di una legislazione specifica. Si veda la tabella 3.


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Tab. 3 - Priorità ed obiettivi in materia di politiche giovanili Stato

Legge

Questioni

Italia

Non vi è una legge nazionale, ma (fino al 2005) sono stati presentati al Parlamento alcuni disegni di legge.

Obiettivo è facilitare l’accesso dei giovani a credito, lavoro (nel 2010 la disoccupazione giovanile è al 29,5%), formazione, impresa, casa, partecipazione attiva.

Danimarca

Il 1 gennaio 2006 è entrata in vigore una nuova legge per il coinvolgimento dei giovani al processo decisionale che concerne la loro vita, a livello e con un forte ruolo dei Comuni.

La diminuzione del coinvolgimento politico e della partecipazione sociale dei giovani è sentita come una minaccia per il futuro della democrazia. A differenza di problemi legati alla disoccupazione giovanile (bassa, 11,5% nel 2009), esclusione sociale o altro, per i quali sono previsti programmi ad hoc. Si lavora per programmi.

Regno Unito

I riferimenti sono la Legge sull’Istruzione e sulle Ispezioni (Education and Inspections Act – 2006) e il Libro Verde “Youth Matters” (Ministero della Pubblica Istruzione, 2005) che prevede l’accesso per i giovani ad una serie di attività, stabilendo degli standard minimi nazionali da osservare.

Buona parte delle politiche giovanili riguarda il contrasto alla devianza e all’abbandono scolastico e il ri-orientamento. Recentemente anche il problema dell’inserimento lavorativo è diventato priorità da quando il tasso di disoccupazione giovanile, tendenzialmente basso, si è elevato di molto raggiungendo il 19,6% nel 2009. Si lavora per programmi.

Germania

Le leggi di riferimento sono il Codice Sociale, Volume Otto (SGB VIII) Servizi ai Bambini e ai Giovani e il Piano d’azione “Per una Germania adatta ai bambini 2005-2010” finalizzato a tradurre in pratica le decisioni del Summit Mondiale dell’Infanzia delle Nazioni Unite del maggio del 2002.

La politica giovanile a livello federale ha tra gli obiettivi il miglioramento delle opportunità di sviluppo, educative, professionali e occupazionali dei ragazzi e dei giovani. Vi sono nuove risorse in programmi di prevenzione della violenza e in campagne contro il razzismo, l’anti-semitismo e la xenofobia. Inoltre vi sono nuovi programmi-pilota e per la formazione-lavoro giovanile per raggiungere questi obiettivi (nel 2009 la disoccupazione giovanile è al 10,6). Infine si lavora per l’applicazione dei 4 temi del Libro Bianco (partecipazione, informazione, volontariato, conoscenza sui giovani). Si lavora per programmi.

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INTRODUZIONE

Slovenia

La Legge sulla Gioventù è in fase di costruzione: fornirà le basi per la creazione di un organo consultivo congiunto che comprenderà i rappresentanti dei ministeri, dell’Ufficio per la Gioventù e delle organizzazioni non governative. Questo organo coordinerebbe le attività, le politiche, i finanziamenti, gli appalti etc. che riguardano i giovani.

Facilitare l’accesso all’istruzione con 36.000 borse di studio (5.000 private), al lavoro (disoccupazione giovanile 14,4% nel 2009) e alla casa; regolare il lavoro studentesco (oggi troppo flessibile e poco garantito), contrastare la povertà. Si lavora per programmi.

La tabella 3 mostra che in alcuni casi è presente una legislazione ad hoc sui giovani e le politiche giovanili, mentre in altri l’aspetto legislativo è frammentato tra varie competenze. Si può aggiungere a questa analisi, il fatto che i quattro Paesi che hanno scelto di lavorare anche “per programmi” (Regno Unito, Danimarca, Slovenia, Germania), hanno adottato una metodologia di intervento coerente con questi strumenti. Infatti questi programmi (spesso anche a forte contenuto sperimentale ed innovativo) prevedono tre caratteristiche: • la presenza di obiettivi espliciti e chiari; • il procedere per passaggi verificabili; • l’istituzione di un sistema di valutazione.

4. LE TENDENZE IN ATTO NEI SINGOLI STATI

Per quanto riguarda le tendenze e le prospettive future, è difficile procedere per raggruppamenti omogenei di analogie e differenze. Dalla lettura dei capitoli relativi ai singoli Stati si evidenzia la generale tendenza ad un maggior investimento nelle politiche giovanili e a una estensione dell’età dei destinatari (Danimarca) e degli ambiti di riferimento (Regno Unito, Germania). In particolare: • in Italia si sta investendo per attuare sperimentazioni, definire i rapporti tra Stato centrale ed Enti locali, costituire un organismo di rappresentanza per la gioventù; • in Danimarca la tendenza è di incalzare e innalzare il livello di istruzione e formulare e delineare strutture per la pianificazione ed il monitoraggio dello stato di avanzamento dei processi. Inoltre si va nella direzione di estendere la classe di età ricompresa sotto l’etichetta “gioventù”; • nel Regno Unito si sta sviluppando un approccio più coerente e coordinato per le politiche giovanili, particolarmente influenzate dal lavoro dell’Unità contro l’Esclusione Sociale, anche perché molte delle politiche che possono essere definite come giovanili si concentrano sulla prevenzione (esclusione dal mercato del lavoro, criminalità, uso di droghe, comportamenti antisociali, gravidanze in età adolescenziale, rendimento scolastico insoddisfacente);


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• in Germania si investe nella direzione di attuare le quattro priorità del Libro Bianco, l’OMC, l’integrazione sociale, il legame tra apprendimento formale e informale con la valorizzazione di quest’ultimo, l’incremento della partecipazione giovanile, la prevenzione e l’educazione alla salute; • in Slovenia si va nella direzione di approvare la nuova legge e di incrementare la dimensione internazionale delle politiche giovanili.

5. L’EVOLUZIONE DEL NOSTRO PAESE: “IL CASO ITALIA”

Il nostro Paese ha una tradizione diversa dagli altri poiché la storia della politiche giovanili si è andata costruendo soprattutto grazie all’azione degli Enti Locali e del Terzo Settore. Infatti è solo nel 2006 che è stato istituito un Ministro ad hoc: il POGAS – Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, riconfermato come Ministero alla Gioventù con il cambio di governo del 2008. Questo, insieme al nuovo ruolo delle Regioni (anche rispetto ai giovani), sono passaggi importanti e cruciali nel delineare e attivare nuove prospettive di policy making per quanto riguarda il segmento giovanile della popolazione. Rimandando ai capitoli successivi i dettagli di questa evoluzione e delle prospettive che da essa derivano, riprendiamo qui solo brevemente i punti di forza e le criticità che sembrano emergere dai primi anni di attività del Ministero. Per quanto riguarda i punti di forza del sistema italiano, sono stati istituiti: il Fondo per le politiche giovanili che prevede un investimento di 130 milioni di euro all’anno per 3 anni che, grazie sistemi di co-finanziamento delle Regioni (APQ), arrivano ad oltre 500 milioni di euro; il Piano Nazionale Giovani (PNG); gli Accordi di Programma Quadro (APQ) siglati tra Ministero e tutte le Regioni e Province Autonome; l’Agenzia nazionale Gioventù; il Coordinamento Nazionale degli InformaGiovani. Inoltre, si sono avviate sperimentazioni tramite Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e la rete Iter in 27 Comuni (sul modello dei Piani Giovani di Zona della Provincia Autonoma di Trento) e alcune prime valutazioni. Inoltre, si sono attivati numerosi bandi e concorsi nazionali che, a loro volta, sono forieri di progetti, idee, reti nei diversi contesti locali (giovani idee; bando giovani; Crescita cultura sportiva, Città metropolitane, UPI – Unione Province Italiane). Per quanto riguarda, invece, le criticità del sistema italiano possiamo brevemente citare la carenza di concertazione e di capacità di co-decisione; il divario spesso ancora presente tra i principi enunciati nelle sedi comunitarie e le prassi realizzate, così come tra intenti e azioni, non di rado dovuto ad una scarsa conoscenza dei documenti europei; la mancanza di controlli su efficienza ed efficacia; la mancanza di una logica di sistema tra i diversi attori coinvolti (es. con Scuola e Università) e, non da ultima, l’assenza di un organismo di rappresentanza dei giovani.

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INTRODUZIONE

6. CONCLUSIONI

Dovendo tracciare una sintesi di quanto emerso dall’analisi non si può non evidenziare una serie di elementi positivi circa lo sviluppo delle politiche giovanili in Europa: • in primis, in tutti i case study si è rilevata la presenza di un Ministero specificamente dedicato alle Politiche Giovanili, pur se collocato in contesti di riferimento diversi. Così in Italia le politiche giovanili sono indipendenti, in Danimarca e nel Regno Unito sono unite alla Pubblica Istruzione, in Slovenia allo Sport, in Germania sono ricomprese nel Ministero per la Famiglia, gli Anziani, le Donne; • un secondo elemento positivo risiede nel fatto che le politiche giovanili sono considerate trasversali a più settori (es. lavoro, Education, ecc.) e necessitano quindi di un coordinamento, al fine di una efficace co-progettazione. Così a livello di governance condivisa e partecipata, si ha in Italia un rapporto istituzionalizzato tra Ministero, Regioni ed Enti Locali, in Germania un’integrazione alta sia tra Ministeri sia tra Stato ed enti locali territoriali e organizzazioni giovanili; nel Regno Unito forte livello istituzionale/territoriale. Meno presente la compartecipazione a livello centrale e decisionale delle organizzazioni giovanili, che invece contano molto in Slovenia. • Inoltre Regno Unito, Germania e Danimarca hanno una legislazione sui giovani e sulle politiche giovanili e lavorano (così come la Slovenia) anche per programmi, con due peculiarità: definizione di obiettivi e presenza di un sistema di valutazione ad hoc. • Rispetto alla dimensione europea si registra (dal 2009) l’avvio di una nuova Strategia per i prossimi dieci anni, con una visione integrata tra politiche giovanili e sviluppo della società, oltre all’implementazione dei programmi “storici” per i giovani quali Gioventù, Erasmus, Leonardo. • Infine in questi Paesi vi è una generale tendenza ad un miglioramento di queste politiche a partire dall’estensione dell’età dei soggetti considerati destinatari (Danimarca) o degli ambiti di riferimento (Regno Unito, Germania). A conclusione di questa breve introduzione può quindi essere interessante riprendere il modello emerso nel primo studio e provare ad aggiornalo con l’analisi più recente. In questo modo si possono leggere più rapidamente le evoluzioni (o involuzioni) delle politiche giovanili: • Italia: si è sicuramente sviluppato un approccio di tipo promozionale, con una vision universalistica, anche se le connessioni tra i vari livelli faticano a costruirsi, sia tra Ministeri sia nelle Regioni ed enti locali. • Danimarca: si conferma un modello universalistico con un’apertura alle politiche di contrasto all’esclusione sociale ed alla Scuola.


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• Regno Unito: si conferma un modello comunitario con un’apertura alle politiche di promozione della partecipazione. • Germania: sembra passare da un modello di tutela ad uno più universalistico. • Slovenia: non è possibile un confronto diacronico, ma è possibile rintracciare un’evoluzione verso un modello universalistico, per quanto più ridotto rispetto agli esordi. In estrema sintesi, dall’analisi emerge un miglioramento qualitativo delle politiche giovanili nel corso di questi anni, con traiettorie più o meno marcate ma comunque presenti a livello di tendenze, sperimentazioni e prassi (vedi Fig. 2). Fig. 2 - L’evoluzione dei modelli nel corso degli ultimi anni

PROMOZIONE

Danimarca (Modello universalistico)

Slovenia PARTICOLARISMO Italia (Modello centralizzato)

UNIVERSALISMO Germania (Modello di tutela)

Regno Unito (Modello comunitario) PREVENZIONE

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Il caso Italia



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Capitolo 1 La condizione giovanile in Italia: una rassegna1 Arianna Bazzanella

(…) non ne potevo più di vedere questa generazione raccontata sempre e soltanto come un branco indistinto di depressi, composto da picchiatori e prostitute in erba. Non ne potevo più di video di stupri e violenze girati con i telefonini nei gabinetti delle scuole e nelle aule, caricati su YouTube e poi ripresi con prosopopea scandalistica da giornali e tv, commentati da psicologi e sociologi col piglio paternalistico di chi dispensa diagnosi, prescrive ricette, dice “noi adulti”, “questi giovani”, “aiutiamoli”. Tutte le volte che sento gli psicologi e i filosofi dire in televisione “dobbiamo aiutarli” mi sembra parlino di una popolazione dell’Angola, della Birmania o della Namibia, e non dei loro figli. Andrea Bajani2

1.1 TEMPI DI CAMBIAMENTO: “IL FUTURO NON È PIÙ QUELLO DI UNA VOLTA”3 E NIENTE È PIÙ “PER SEMPRE”

Ogni generazione vive trasformazioni che non di rado vengono definite come epocali o rivoluzionarie, siano esse relative alla tecnologia, alla scienza, all’organizzazione sociale, all’economia. Così la transizione tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio del nuovo millennio ha portato con sé mutamenti la cui portata ed estensione hanno indotto a parlare di passaggio dalla “prima” alla “seconda” modernità nella maggior parte dei Paesi occidentali. In questi decenni, infatti, molti sono stati i cambiamenti a più livelli e relativi al sistema economico, politico e sociale che hanno contribuito a ridisegnare i modelli di riferimento degli individui e delle istituzioni. Non è qui possibile approfondirli nel dettaglio, ma, in relazione ai Paesi occidentali in generale e all’Italia in particolare, è possibile citare: • il processo di secolarizzazione con l’allentarsi delle norme tradizionali socialmente condivise e il ridursi del ruolo aggregativo di massa delle ideologie politiche fortemente connotate: il venire meno dei sistemi di riferimento olistici (sia religiosi sia laici) che offrivano un inquadramento, una spiegazione totalizzante e un orientamento nella realtà individuale e collettiva ha prodotto da una parte l’allentamento di tensioni sociali, dall’altra il ridursi della legittimità di imperativi tradizionali favorendo i processi di individualizzazione e di crescita del relativismo valoriale. 1

Ringrazio il prof. Carlo Buzzi e i colleghi Francesco Bailo e Bruno Mellarini per i preziosi suggerimenti forniti durante la stesura del capitolo. 2 Andrea Bajani, Domani niente scuola, Einaudi, Torino, 2008, p. 6. 3 Citazione più volte riproposta dai media ma la cui fonte originaria è di difficile attribuzione.

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IL CASO ITALIA Capitolo 1 _ La condizione giovanile in Italia: una rassegna

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• L’aumento dei tassi di scolarizzazione e il prolungamento del percorso scolastico medio: le nuove generazioni hanno visto esplodere le loro possibilità formative e, sebbene i tassi di laureati italiani siano ancora bassi rispetto a quelli europei, ciò ha comportato l’allungarsi della permanenza dei giovani in percorsi di istruzione e formazione, posticipando il loro ingresso nel mercato del lavoro (quindi nello status di attori economicamente indipendenti) e aumentando le loro attese verso la realizzazione professionale. • La trasformazione del ruolo della donna nella società e nella famiglia: l’aumento incrementale della scolarizzazione ha riguardato, in particolare, il segmento femminile della popolazione che nelle ultime generazioni ha conosciuto livelli di indipendenza e di riconoscimento nella società mai visti prima. Ciò ha concesso alle donne spazi di realizzazione anche al di fuori della famiglia con una crescita nella partecipazione al mercato del lavoro. Anche se non di rado questo ha comportato più che una trasformazione del ruolo un assommarsi di più compiti intra ed extra-domestici con lo sviluppo della “doppia presenza”. • Il progressivo contenimento dei tassi di natalità e la diffusione del figlio unico e della compresenza di più generazioni all’interno della stessa famiglia: il mutamento del ruolo della donna mediamente più istruita e non più relegata al solo compito domestico di moglie e madre e, al contempo, la difficoltà di conciliare attività professionale e compiti famigliari (accanto ad una liberalizzazione della contraccezione e dei comportamenti sessuali), hanno indotto mutamenti dei comportamenti riproduttivi che hanno favorito una riduzione dei tassi di fecondità. Si assiste così ad una diffusione sempre maggiore del figlio unico. Questo, inoltre, sempre più facilmente è circondato da adulti di più generazioni. • L’invecchiamento della popolazione: l’allungamento della vita media e la contrazione dei tassi di fecondità hanno a loro volta portato - soprattutto in Italia - ad una struttura demografica in cui i giovani sono pochi e sempre meno. Un Paese in cui gli anziani sono una quota sempre più consistente della popolazione (ad oggi gli ultra 65enni sono circa il 20% a fronte del 14% degli individui tra gli 0 e 14 anni di età)4 vede ridursi le risorse produttive a favore di attori che richiedono servizi e protezione sociale e deve quindi investire in modo massiccio in dispositivi di assistenza (salute e previdenza sociale, innanzitutto) che vanno ad incidere pesantemente sulla struttura di welfare. Si pensi, per esempio, alle riforme imposte al sistema pensionistico per la sua evidente insostenibilità e le conseguenze che queste comportano nell’assetto socio-politico. • La diffusione di nuovi modelli educativi: i fenomeni appena citati si correlano alla rivisitazione dei ruoli delle diverse generazioni all’interno della famiglia. Oggi i giovani non sono più i “selvaggi da civilizzare”, bensì sono sempre più 4

Popolazione al 1° gennaio 2009, dati tratti da http://www.demo.istat.it


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visti come “cuccioli d’oro” da coccolare [Pietropolli Charmet 2008], da non mortificare né deludere mai, tanto più se si ha poco tempo da condividere e dedicare loro. Questo ha favorito l’accrescimento del potere negoziale dei figli a scapito dell’autorità e dell’autorevolezza dei genitori che, quindi, sono chiamati a rintracciare nuovi punti di riferimento per non abdicare al loro ruolo di educatori. L’imporsi della tecnologia come strumento pervasivo della vita quotidiana: negli ultimi decenni si è assistito ad un rapido e continuo diffondersi di strumenti di lavoro, di intrattenimento, di mobilità, sempre più sofisticati e tali da rivoluzionare i tempi e gli assetti organizzativi della vita personale e professionale. La loro sempre maggiore accessibilità, poi, ha permesso che tale rivoluzione riguardasse tutti gli strati della popolazione e in diversi ambiti andando a coinvolgere, in particolare, proprio le nuove generazioni (“nativi digitali”) ormai nate e cresciute nell’epoca del dominio tecnologico. Le difficoltà di entrata e stabilizzazione nel mercato del lavoro: accanto a questi mutamenti di carattere politico-sociale, si è assistito e si assiste tuttora ad un mutamento delle condizioni e delle regole dell’economia (a partire dalla globalizzazione). La maggior parte dei Paesi occidentali si trovano oggi a dover gestire una fase di contenimento dopo il boom economico degli anni ‘50 e ‘60 con, in particolare, un forte crescita dei tassi di disoccupazione (seppur con forti differenze tra Paesi e aree del pianeta). L’instabilità del sistema economico: infine, dal punto di vista dell’organizzazione economico-produttiva, il mutamento più significativo si è avuto con il passaggio da un sistema produttivo in crescita, di medie e grandi aziende organizzate e gestite secondo il sistema fordista-taylorista, ad un sistema più flessibile, instabile e delocalizzato. Mentre nel primo caso la sovrastruttura sociale che ne derivava era prevedibile, rassicurante, abitata da lavoratori con il posto fisso garantito, basata sulla famiglia tradizionale, il benessere diffuso e una possibilità di acquisto e consumi mai visti prima e in continua crescita, nel secondo si è passati ad una società flessibile che vede prevalere la velocità e l’incertezza nelle biografie individuali. L’arrestarsi della crescita del benessere: per la prima volta nella storia recente anche in Italia si va così verso una battuta d’arresto: dopo una crescita di benessere che sembrava inarrestabile, le statistiche ufficiali segnalano che le nuove generazioni non riusciranno a mantenere il tenore di vita raggiunto dai loro padri e a questi garantito (anche in relazione alla sostenibilità dei sistemi di welfare cui si accennava più sopra) [Livi Bacci 2008; Diamanti 2007].

Questi sono tutti fenomeni che hanno avuto e stanno avendo un ruolo non indifferente nel trasformare i tradizionali assetti organizzativi famigliari e sociali, ergo nell’incidere su condizioni di vita, prospettive, atteggiamenti del segmento giovanile. In generale, ciò che forse riguarda maggiormente i “giovani” e le loro interazioni con le generazioni adulte, è il passaggio da un sistema sociale rigido e prestabilito, in

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IL CASO ITALIA Capitolo 1 _ La condizione giovanile in Italia: una rassegna

cui le attese sociali e famigliari sono date una volta per tutte (ruoli di genere, destini formativi, scelte professionali, matrimonio, etc.), ad un sistema in cui nulla è dato per scontato e l’individuo vede esplodere le proprie possibilità di scelta. In altri termini, se in passato l’identità individuale, il destino famigliare e il ruolo sociale erano facilmente prevedibili perché predeterminati e definiti socialmente, oggi i criteri non sono più unanimemente condivisi e il relativismo culturale amplia i margini di azione consentendo la legittimazione di modelli e stili di vita nuovi e inesplorati. Parallelamente - e inevitabilmente - l’appartenenza socio-culturale, pur confermandosi un fattore predittivo ancora valido in alcuni ambiti (successo scolastico e professionale, per esempio), perde parte del suo potere deterministico rispetto alle vite individuali anche in virtù dell’estendersi di un benessere medio a quote sempre più ampie della popolazione. Ovviamente tali mutamenti portano con sé un’ulteriore conseguenza: un tessuto rigido e predeterminato limita la libertà individuale e sociale ma dall’altra offre anche binari sicuri in cui incanalare destini ed energie. Se ci sono regole sociali e destini chiari e condivisi - a prescindere dalla loro legittimità - il percorso da intraprendere è altrettanto evidente. Al contrario, un modello di vita aperto e indeterminato se consente da un lato maggiori possibilità, dall’altro amplia anche i margini di rischio e di instabilità: Il disagio della modernità nasceva da un tipo di sicurezza che assegnava alla libertà un ruolo troppo limitato nella ricerca della felicità individuale. Il disagio della post-modernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale [Bauman 1999, 10]. Pochi chiederebbero oggi il sacrificio delle libertà individuali per il bene della società: non è la libertà individuale che deve legittimarsi per la sua utilità sociale, ma è la società che deve legittimarsi in termini di servizio reso alla libertà del singolo [ibidem, 21]. Sempre in relazione alle nuove generazioni, ciò configura un ulteriore tratto che caratterizza il nostro tempo: prima era atteso e indiscusso che il centro fondamentale fosse la riproduzione statica della società e ciò implicava una logica di investimento di lungo periodo, resa possibile da un contesto previsto e prevedibile che, a fronte di sacrifici e investimenti, garantiva risultati professionali e sociali. Oggi invece viviamo nell’epoca dell’incertezza biografica [Rampazi 2005], un’epoca, cioè, che essendo imprevedibile richiede all’individuo una logica e una capacità di adattamento elevate e che riduce il senso della pianificazione e della programmazione portando a valorizzare il tempo presente, l’unico conoscibile e controllabile. In riferimento all’Italia, si pensi in primo luogo ai mutamenti nel mercato del lavoro in cui, a partire dalle riforme del 1997 (il cosiddetto “Pacchetto Treu”), il posto fisso e sicuro è sempre meno tale soprattutto per i giovani e - la recente contingenza di recessione lo ha palesato in modo evidente - anche in caso di contratto di lavoro


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a tempo indeterminato (e ciò vale soprattutto per le forze di lavoro in ingresso o appena immesse nel mercato del lavoro, si veda anche il Capitolo 2). Il nostro sembra essere dunque un momento storico in cui la vita si caratterizza per la necessità di essere costruita e ricostruita giorno per giorno, attraverso ridefinizioni e adattamenti continui e successivi. Tutto questo non può essere non considerato nel momento in cui ci si dedica ai “giovani” che, accanto alla fragilità sociale, si trovano ad affrontare una fragilità personale legata al naturale processo di crescita e definizione del sé verso l’“adultità”.

1.2 I “GIOVANI”: DI CHI PARLIAMO? UN PROBLEMA DI DEFINIZIONE E DELIMITAZIONE

Ma chi sono i “giovani”? Limitare e definire specifici segmenti sociali con un’etichetta unica ed esaustiva è un’impresa suggestiva quanto ardua [Diamanti 2007]. Per quanto appena illustrato circa i mutamenti di contesto in cui le diverse generazioni si trovano oggi a vivere, interagire e confrontarsi ciò è ancora più difficile proprio limitatamente ai “giovani”. Nel 1994 Cavalli [1994] sottolineava come diverse discipline utilizzino diversi criteri per definire i giovani - la maturità biosomatica o quella biopsichica, per esempio - rivelando in ogni caso la difficoltà di delineare confini e punti di rottura netti tra infanzia, giovinezza e età adulta. Questi sono difficili da tracciare anche socialmente perché possono mutare a seconda del contesto - storico o geografico - cui ci si riferisce. In generale, sono ‘giovani’ coloro che hanno davanti a sé la maggior parte della loro vita [Buzzi, Cavalli, de Lillo 2002, 520] e la ‘giovinezza’ è quella situazione “di frontiera” tra dipendenza e autonomia [Cavalli e Galland 1996, 6]. I giovani, dunque, definiti in negativo: non più adolescenti in tutto e per tutto dipendenti dalla famiglia, ma non ancora adulti, completamente autonomi e indipendenti da essa, bensì attori impegnati in un momento che è una fase a sé della biografia, nebulosa, di transizione, in cui coesistono aspetti tipici dell’adolescenza e altri della vita adulta. E la mancanza di confini sembra essere molto più visibile proprio nelle nuove generazioni: innanzitutto perché questa fase sembra essersi prolungata, in una continua dilatazione sia verso il basso, riguardando fasce di età tradizionalmente attribuite all’infanzia, sia - soprattutto - verso l’alto andando a comprendere gruppi di età tradizionalmente considerate adulte. Ciò è dovuto al venire meno di quella netta discontinuità segnata da tappe e riti di passaggio all’età adulta che erano maggiormente presenti nelle società passate. La letteratura aveva individuato e proposto cinque tappe fondamentali di transizione [Cavalli 1994; e si vedano le diverse pubblicazioni nazionali e locali di Istituto IARD; Livi Bacci 2008] che coincidono con altrettanti elementi strutturali (tradizionali) della biografia degli individui cui tutti erano soggetti secondo una successione prevedibile e difficilmente alterabile:

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IL CASO ITALIA Capitolo 1 _ La condizione giovanile in Italia: una rassegna

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• • • •

la fine del percorso di istruzione e formazione; l’entrata nel mercato del lavoro (quindi, l’indipendenza economica); l’indipendenza abitativa dalla famiglia d’origine; la costituzione di una relazione stabile di coppia (con la coabitazione);

e, in termini di riproduzione sociale: • l’esperienza della genitorialità. A partire da questi spartiacque, le prime indagini sulla condizione giovanile in Italia condotte da Istituto IARD negli anni Ottanta consideravano “giovani” coloro che avevano un’età compresa tra i 15 e i 24 anni: questo perché in tale fascia avveniva la maggior parte dei passaggi sopra descritti e studiando questo target si poteva cogliere l’essenza della transizione dalla giovinezza all’età adulta. Ma per quanto quei passaggi identifichino in linea teorica un processo tradizionalmente lineare, nella realtà questo si caratterizza per arresti, riprese, ritorni successivi: i risultati emersi dalle ricerche e dalle statistiche ufficiali nel corso degli anni hanno via via palesato il progressivo e continuo procrastinamento di queste tappe di passaggio che non di rado avvengono in ordine sparso con scavalcamenti successivi e non necessariamente in modo definitivo, imponendo innegabilmente adattamenti nei piani semantici e definitori di riferimento. Così, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, le indagini realizzate da Istituto IARD segnalavano come la maggior parte di coloro che per età raggiunta sarebbero rientrati nella categoria “giovani-adulti” presentassero, in realtà, uno status sociale più vicino a quello dell’adolescente che non all’adulto, caratterizzandosi, in particolare, per una ancora persistente dipendenza dalla famiglia d’origine: la fascia di età “giovane” in queste ricerche è così salita prima a comprendere i 29enni poi i 34enni.5 A titolo di esempio citiamo un dato: se nel 1992 i giovani 25-29enni che avevano lasciato definitivamente l’abitazione della famiglia genitoriale erano quasi uno su due (40%) e quelli che avevano dato avvio ad una coabitazione (convivenza o matrimonio) erano il 36%, nel 2004 le rispettive quote erano scese al 32% e al 27%. “Gioventù”, quindi, come arco di vita molto ampio che si estende dai 15 ai 34 anni (a volte oltre) e che comprende esperienze molto diverse: ma anche qui le ricerche hanno mostrato - e stanno mostrando tuttora - stili di vita che tendono a convergere per alcuni aspetti, soprattutto legati al rapporto di autonomia/dipendenza dalla famiglia d’origine. Il che, ancora una volta, rende difficile tracciare un confine netto in termini di comportamenti sociali tra i diversi sotto gruppi di adolescenti, giovani, giovani-adulti. 5

Si vedano a tal proposito i sei rapporti di Istituto IARD sulla condizione giovanile. Si ricorda che si tratta di indagini realizzate con cadenza quadriennale, la prima delle quali risalente al 1983 e l’ultima al 2004. Tutte le edizioni sono state pubblicate dalla casa editrice il Mulino (Bologna) e, in particolare, nella quinta - edita nel 2002 - è presente una corposa appendice che riporta il trend ventennale degli indicatori comuni.


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In altre parole, il processo di omologazione e uniformazione di consumi e stili di vita in corso tra le nuove generazioni (come tra i generi e tra le generazioni) rende i diversi segmenti giovanili molto più omogenei tra loro di quel che ci si potrebbe aspettare ad una prima riflessione generica sul “mondo giovane”. E ciò non riguarda solo aspetti accessori della vita quotidiana, come il divertimento, la moda, ecc. bensì anche dimensioni cruciali per l’identità: la formazione, per esempio, non è data una volta per tutte chiudendosi a ridosso dei venti o venticinque anni, ma è un processo continuo che riguarda anche i lavoratori affermati, soprattutto laddove è il posto di lavoro stesso a dover essere conquistato e riconquistato di continuo. Accanto a queste omologazioni, compaiono però anche nuove frammentazioni che a volte comprendono, altre volte contrappongono i tradizionali gruppi definiti in base a età, status sociale, titolo di studio, consumi, rapporto con la famiglia, etc. Mentre le analisi tradizionali potevano contare su interpretazioni consolidate a partire da alcune caratteristiche strutturali o socio-anagrafiche - ascritte o acquisite - dall’indiscusso valore predittivo, oggi si assiste ad uno scardinamento di questi punti di riferimento a favore di una segmentazione del tessuto giovanile che rende più difficile la classificazione e l’interpretazione dei fenomeni e delle culture relativi alle nuove generazioni. Nel lessico di analisi compaiono così termini come tribù, cocktail, puzzle, subculture, micro-appartenenze… ad indicare nuovi contesti di creazione di cultura, stili, consumi giovanili. Tali contesti risultano confusi e ibridi se guardati con l’ottica dell’adulto competente o delle classificazioni euristiche mutualmente esclusive del passato ma, al contempo, si presentano caratterizzati da tratti identificativi nuovi, di difficile comprensione, che ancora sfuggono al riconoscimento e all’interpretazione. Di più: sono i giovani stessi, a volte, a compartecipare di alcuni gruppi restando esclusi da altri che essi stessi non capiscono e con cui non sono in grado di comunicare e interagire alla luce di linguaggi e modalità di azione riservati ai membri “in”. Come sono i giovani ad entrare e uscire da queste entità collettive con facilità ridefinendo di continuo i propri punti di riferimento. L’esito dal punto di vista di chi osserva è che se in precedenza il genere o la classe sociale offrivano un solido fattore di previsione circa, per esempio, la contiguità e la propensione all’uso e all’abuso di sostanze, oggi non è più così. Se il rischio si associava ad uno status di deprivazione economica e sociale e ad una scarsa conoscenza e consapevolezza delle conseguenze di alcune azioni, oggi il pericolo può diventare una scelta consapevole alla luce di nuovi codici. Similmente se in passato l’appartenenza ad un gruppo politico era adesione totale e vi si associavano determinati stili di vita e di consumo orientati proprio dall’identità del movimento, oggi questo non vale più. Dunque omologazioni e segmentazioni che disegnano un tessuto magmatico di identità che si evolvono e mutano all’interno di regimi comportamentali e di significato eterogenei che coinvolgono i giovani a più livelli in modo da renderli difficilmente catalogabili sotto le etichette del passato. Si diffondono, cioè, culture paralle-

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IL CASO ITALIA Capitolo 1 _ La condizione giovanile in Italia: una rassegna

le, sovrapposte, intercambiabili o che si escludono a vicenda in un caleidoscopio di continui sovrapporsi e distinguersi a seconda del punto di vista adottato. Ci muoviamo, quindi, su un terreno accidentato, difficilmente riconducibile a categorie tradizionalmente funzionali ed esaustive, ma che, d’altro canto, per poter essere analizzato richiede comunque dei confini accanto alla cautela di continui distinguo e precisazioni.

1.3 ESSERE GIOVANI: ALCUNI DATI SOGGETTIVI E TREND EVOLUTIVI DELLA CULTURA GIOVANILE IN ITALIA

Nel corso di altri contributi presenti in questo volume, si sono analizzati una serie di indicatori strutturali relativi ai giovani italiani ed europei. In un’ottica complementare a tali approcci, consideriamo qui alcuni dati relativi invece al punto di vista dei giovani, alle loro opinioni, gli atteggiamenti, il loro posizionamento in relazione ad alcune sfere della vita. Come accennato più sopra, i numerosi cambiamenti strutturali della società hanno inciso, direttamente o indirettamente, sui tradizionali assetti famigliari e sui rapporti inter-generazionali all’interno delle famiglie, della scuola e di tutti i contesti di confronto della società e sui ruoli e gli stili di vita dei giovani. Sono emerse nuove prospettive in relazione ad importanti sfere della quotidianità che, anche se discontinue rispetto al passato, non necessariamente sono segnali di declino o decadimento quanto piuttosto prodromi di nuove strategie di adattamento ancorché facilmente tacciate negativamente dai media e dalla comunità adulta. I dati empirici relativi a giovani e condizione giovanile raccolti dagli anni ‘80 hanno reso più chiara la connessione tra questi cambiamenti e reso evidente l’emergere di nuovi o parzialmente nuovi tratti del vivere sociale, proprio a partire dalle nuove generazioni. L’intento di questa sezione è quello di proporne una sintesi: in parte con l’intenzione di avviare una riflessione più organica circa le nuove generazioni e la società che con loro sta nascendo; in parte con l’obiettivo ambizioso di compensare le dissertazioni non di rado superficiali quanto sterili dei mass-media, che sembrano ricordarsi dei giovani solo quando si rivelano trasgressivi o devianti. Con una doverosa premessa: quella di contemplare l’ipotesi che questi atteggiamenti tipicamente attribuiti ai giovani non siano, in realtà, solo di loro pertinenza bensì individuino tratti caratterizzanti la società tutta, nella quale anche i giovani vivono e apprendono stili di vita. (…) gli atteggiamenti dei giovani non sono molto diversi da quelli della popolazione adulta (…) Più che anticipare quello che verrà, i giovani ci sembrano piuttosto rispecchiare lo stato attuale di una società ripiegata sul presente che evita di guardare e di progettare il futuro [Cavalli 2007, p. 471]


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1.3.1 “L’irresistibile ascesa della socialità ristretta”: verso nuovi riferimenti valoriali?

In modo consapevole o inconsapevole, i valori sono quegli assunti che da una parte guidano pensiero e azione, dall’altra offrono parametri di percezione e di valutazione di contesti e attori con cui gli individui interagiscono [Gallino, 1993]. Per questo essi costituiscono una componente identitaria particolarmente rilevante. E per questo sono una dimensione prioritaria da prendere in esame quando si parla di giovani, soprattutto se si considera che non di rado esperti e mass-media vi fanno riferimento descrivendo mutamenti di sistema considerevoli quanto negativi proprio grazie alle nuove generazioni. È davvero così? Innanzitutto va considerato che, tendenzialmente, i sistemi di riferimento valoriale non sono soggetti a mutamenti rapidi nel tempo. Negli ultimi decenni, tuttavia, gli studi e le ricerche in questo ambito6 rivelano alcuni cambiamenti di prospettiva osservabili a livello macro. In generale, come già accennato in premessa, il mutamento più evidente ha riguardato la caduta di regimi valoriali tradizionali socialmente condivisi e inopinabili (e quindi fortemente condizionanti il comportamento sociale e individuale) a favore di un relativismo che ha aperto margini di discrezionalità individuale inediti e precedentemente inammissibili. Il processo di individualizzazione - già segnalato anche dai sociologi classici - e la valorizzazione dell’individuo e della sua realizzazione a scapito della riproduzione tradizionale del contesto sociale hanno portato a margini di libertà sempre più ampi che non necessariamente negano il rispetto delle regole, il riconoscimento dell’altro, il bene comune condiviso [Sciolla 2004, 86]. L’individualismo, cioè, non si traduce inevitabilmente in una chiusura sul sé e il proprio ambito di interazione più prossimo, ma può essere un modo nuovo di impostare lo scambio tra attore e contesto di riferimento che non esclude, appunto, condivisione comunitaria e rispetto del bene comune. Un processo, dunque, che non va letto limitatamene in chiave negativa di declino. Anche perché le medesime ricerche, cogliendo trend di lungo periodo, hanno delineato un passaggio da valori materialisti a valori post-materialisti [Inglehart 1997] che se da una parte legittimano la libertà di espressione di sé e l’autorealizzazione, dall’altra vanno anche nella direzione di premiare la relazionalità positiva, la socialità, la solidarietà. Più in generale, sembra affermarsi un unico principio generale all’interno del quale l’attore è poi libero di agire e interagire spendendo la propria discrezionalità: il rispetto dell’altro [Boudon 2003] che concede libertà di azione finché questo non crea danni ad altri (individui o contesti), che diviene culla naturale di quel “politeismo dei valori” [Sciolla 2004] che richiede, a sua volta, una tolleranza divenuta essa stessa valore di riferimento. E questo si è registrato da tempo, nonostante si affermino frange estremiste che inneggiano alla difesa e al primato di alcune istanze valoriali (per esempio, di ma6

Si considerino l’European Values Survey, l’European Social Survey e la World Value Survey.

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trice cattolica), fomentate anche dai lenti e difficili processi di integrazione interculturale in atto anche nel nostro Paese. Numerosi autori (una cui rassegna è presentata in Boudon 2003) hanno dedicato ampi spazi di riflessione a questi temi dando maggior enfasi a diversi aspetti, ma in ogni caso rivelando posizioni che convergono verso una discontinuità tra società industriali (modernità) e post-industriali (post-modernità) caratterizzata dalla perdita di punti di riferimento e incalzata dalla globalizzazione [ibidem, 15]. Come già accennato, non necessariamente questi fenomeni vanno letti come cesure, transizioni, passaggi di rottura, bensì, come evidenzia lo stesso Boudon, possono essere letti e interpretati come mutamenti che avvengono lungo un continuum che non nega alcuni valori ma ne muta le relative percezioni e rappresentazioni e ne ricolloca i posizionamenti reciproci [ibidem, 28]. In relazione alle nuove generazioni, questi macrofenomeni si sono accompagnati - come già citato - al nascere di nuovi modelli di riferimento educativi. Per Pietropolli Charmet [2008] si è passati da un modello educativo in cui il figlio era un “selvaggio da civilizzare” [ibidem] che doveva guadagnarsi la benevolenza genitoriale, ad un altro in cui è “il cucciolo d’oro” (spesso unico) [ibidem] a concedere e confermare il suo affetto verso i genitori chiamati a meritarlo. Un modello, cioè, in cui l’equilibrio delle parti è mutato e si è sbilanciato a favore dei “cuccioli” che detengono un potere negoziale sempre maggiore anche in virtù di una conoscenza spesso più aggiornata della realtà sociale di fronte alla quale i genitori e gli adulti significativi faticano a prendere una posizione, trovandosi essi stessi disorientati. Si pensi a tal proposito alla libertà di cui godono i giovani in famiglia nella gestione delle relazioni sociali (fuori e dentro la famiglia) e dello spazio domestico. Le indagini di Istituto IARD già menzionate hanno mostrato come nel 2004 la maggior parte dei ragazzi dichiarasse di poter disporre liberamente della propria casa per ospitare amici e buona parte potesse farlo per organizzare feste. Più contenuta la quota di coloro che affermavano di poter vivere momenti di intimità con il proprio partner; ma questo contenimento è dovuto soprattutto alla fascia d’età più bassa, quella dei 15-17enni, poiché nelle altre classi di età la percentuale è comunque consistente se si pensa che oltre un giovane 18-20enne su quattro dichiara di avere massima libertà anche in questo (tabella 1.1). Tabella 1.1 - Libertà di usufruire degli spazi domestici in relazione all’età (giovani italiani; % relativa a chi ha piena libertà; Base (chi vive con i genitori) = 2.033) Età Completa libertà di Totale 15-17 18-20 21-24 25-29 30-34 Ospitare amici 78,9 73,0 78,6 80,7 79,3 80,5 Organizzare feste 49,8 35,1 42,6 50,2 57,8 60,4 Momenti di intimità con il ragazzo/a 32,1 15,6 27,7 31,4 40,7 41,4 Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto Iard sulla condizione giovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 5.1, p. 116.


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Similmente, i giovani-figli possono gestire con notevoli margini di autonomia anche il tempo di vita trascorso oltre le mura domestiche: la maggior parte dei giovani può liberamente frequentare amici e passare le vacanze con loro, rientrare tardi la sera, frequentare luoghi desiderati, andare in vacanza con il fidanzato/la fidanzata, dormire fuori casa. Ovviamente anche questi dati risentono in misura considerevole della classe di età, con i giovanissimi più vincolati e i più grandi maggiormente liberi; è però interessante rilevare come anche tra i 15-17enni il 16% possa andare in vacanza con il partner e il 23% dormire fuori casa (tabella 1.2). Tabella 1.2 - Libertà nelle scelte amicali e negli orari di rientro in relazione all’età (giovani italiani; % relativa a chi ha piena libertà; Base (chi vive con i genitori) = 2.075) Completa libertà di Frequentare amici Rientrare tardi la sera Andare in vacanza con gli amici Frequentare luoghi desiderati Andare in vacanza con il ragazzo/ragazza Dormire fuori casa

Totale 83.3 79,1 74,5 64,3

15-17 62,2 42,4 32,1 22,5

18-20 78,8 73,3 67,4 50,1

Età 21-24 85,2 84,8 81,8 70,4

25-29 91,7 92,4 89,1 80,3

30-34 94,6 94,9 93,0 89,6

60,2 58,2

16,2 23,1

45,0 45,4

67,5 62,7

78,9 69,6

82,5 85,1

Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto Iard sulla condizione giovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 5.2, p. 116.

Questo, poi, si accompagna anche ad un mutamento del patto educativo tra agenzie di socializzazione che ha spostato gli assi da un’alleanza genitori-docenti (e altri adulti significativi) versus adolescenti/giovani ad un’altra in cui i docenti/adulti significativi si ritrovano a contrastare il fronte comune delle famiglie, a tutela dei “cuccioli” [Pietropolli Charmet 2008]. È venuto meno, cioè, il tacito patto educativo tra adulti incalzato da una delegittimazione costante delle istituzioni in generale e della scuola in particolare. L’accordo del mondo adulto attorno ad alcuni criteri comuni si è diradato per lasciare spazio alla “proprietà”: il dialogo adulti versus adolescenti, cioè, si è trasformato non di rado in un confronto non sempre pacifico tra famiglie (genitori e figli) da una parte e docenti, scuola, istituzioni dall’altra [Bazzanella 2009a]. E ciò affermando ulteriormente il primato e la priorità dei cuccioli/figli/studenti e della loro volontà di fronte a qualunque scelta e imposizione educativa di limiti. Tutto questo si traduce inevitabilmente in un’esplosione di possibilità per le nuove generazioni che già all’interno della famiglia sperimentano margini di scelta, discrezionalità e potere molto ampi. Questo non può se non favorire il consolidarsi di sistemi di riferimento valoriali che premiano l’affermazione del singolo e della sua volontà [Bazzanella 2009b; Barni 2009; de Lillo 2002]. Alcuni elementi che caratterizzano le nuove generazioni come la ricerca di novità e di indipendenza sono facilmente riconducibili alla condizione stessa di gioventù e adolescenza. Ciò che forse può sorprendere è che accanto a questa tensione verso

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la novità, l’autonomia e l’indipendenza, si conferma e si rafforza l’attaccamento a quella che, paradossalmente, è l’istituzione tradizionale e radicata per eccellenza: la famiglia [de Lillo 2002, 2006, 2007]. Nel 2002, analizzando i dati di trend degli ultimi vent’anni, de Lillo parlava di “famiglia innanzitutto” [de Lillo 2002]: intesa soprattutto come nido, come rifugio in cui potersi esprimere e organizzare liberamente, come porto cui tornare e in cui trovare certezze, protezione, rassicurazione, seguita nella gerarchia valoriale dall’amicizia, anch’essa, manifestazione di un contesto di libertà ma al contempo protezione. È la generale e “irresistibile ascesa della socialità ristretta” [ibidem]. Si veda la tabella 1.3 tratta da de Lillo 2007. Non di rado questa valorizzazione degli affetti primari è stata vista anche come risposta ad un mondo instabile, incerto, rischioso che sovente viene percepito più come una minaccia che non come una risorsa e un’occasione di scambio. Come a dire: di fronte ad un mondo ignoto, che mi mette alla prova e che, grazie alla spendibilità di libertà pressoché senza limiti, mi offre opportunità ma anche rischi, mi riapproprio di ciò che conosco, controllo e mi dà libertà ma proteggendomi. Di fronte ad un mondo che libera ma al contempo mette a rischio, i giovani cercano rifugio negli affetti conosciuti e valorizzano quegli ideali che consentono l’affermazione del sé: libertà, solidarietà, democrazia diventano rilevanti non solo perché garantiscono eguali diritti ai cittadini e un buon funzionamento della società ma anche perché permettono all’io di esprimere liberamente se stesso [Bazzanella e Grassi, 2006]. In ogni caso resta il dato di fatto che ci troviamo di fronte a giovani che valorizzano fortemente gli affetti primari e la relazionalità, visti - anche ma non solo - come spazi in cui potersi esprimere liberamente senza rinunciare a costanti rassicurazioni. Certamente, questo è uno dei tratti che connotano le generazioni di adolescenti e giovani di oggi rispetto a generazioni precedenti più in contrapposizione con il nucleo famigliare di origine e, per questo, più orientate a raggiungere l’indipendenza e l’affermazione pubblica di sé (posizione professionale, successo e prestigio), miti che hanno caratterizzato gli anni Ottanta e che sembrano ora perdere parte del loro fascino e della loro credibilità. Benessere economico, carriera, guadagno sono in coda alla classifica virtuale dei giovani del nuovo millennio (tabella 1.3). Più sopra si è accennato al fatto che uno dei passaggi cruciali degli ultimi decenni si è avuto con la caduta di sistemi di credenze “forti” che offrivano letture olistiche della realtà a favore di una moltitudine di prospettive egualmente legittime e accettate. Con i mutamenti socio-culturali avvenuti dagli anni Sessanta in poi e con la caduta del bipolarismo internazionale (politico, ma soprattutto ideologico), sono parallelamente venute a mancare le grandi ideologie religiose e politiche che proponevano interpretazioni onnicomprensive della realtà (sia sociale sia personale). Queste avevano il limite di irreggimentare l’individualità ma, al contempo, offrivano anche rassicurazioni e certezze percepite e tramandate come indiscusse e indiscutibili. In altre parole, punti di riferimento solidi per la costruzione dell’identità e la progettazione dl proprio futuro.


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Tabella 1.3 - L’importanza di alcuni aspetti della vita (giovani italiani di 15-34 anni; %; Base 2.075) Per niente Quanto considera importanti per la sua o poco Abbastanza vita le cose di questo elenco? importante importante La salute 0,5 7,6 La famiglia 0,7 12,8 La pace 2,0 17,8 La libertà 2,1 18,3 L’amore 2,4 21,6 Le amicizie 2,7 23,0 L’istruzione 4,0 27,8 Il lavoro 2,6 30,2 La democrazia 5,9 28,0 L’autorealizzazione 4,6 31,3 Il rispetto delle regole 5,0 37,7 La sicurezza e l’ordine pubblico 7,3 40,5 Il tempo libero 6,7 41,8 La solidarietà 9,5 43,3 Gli interessi culturali 13,1 44,1 Il divertimento 6,2 52,0 Il benessere economico 6,5 54,4 Lo sport 25,1 40,0 L’impegno sociale 21,3 50,1 Il fare carriera 29,5 43,4 La patria 30,0 44,3 Il guadagnare molto 22,6 51,8 La religione 41,1 37,2 Il prestigio sociale 40,3 42,3 L’attività politica 73,8 20,0

Molto importante 91,9 86,5 80,2 79,6 76,0 74,3 68,1 67,2 66,1 64,1 57,3 52,2 51,5 47,2 42,7 41,8 39,2 34,9 28,6 27,1 25,7 25,6 21,7 17,4 6,2

Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto Iard sulla condizione giovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 1.1, p. 141.

Dunque si è assistito da una parte al moltiplicarsi di sistemi di riferimento e di registri comportamentali e dall’altra all’emergere della possibilità di poterli integrare anche a livello individuale, attingendovi a seconda del contesto o della contingenza del momento, attraversando di continuo i confini tra un sistema e l’altro [Sciolla, 2004; diversi rapporti di Istituto IARD]: sono i canali a doppia moralità [Buzzi 1994; 1997; 2005; 2007] che aprono all’accettabilità della compresenza di più sistemi di riferimento non necessariamente coerenti tra loro e che, seppur non comunicanti, siano integrabili a seconda della situazione. In particolare, le nuove generazioni si trovano di fronte all’inedita esperienza della pluri-appartenenza, simile alla condizione della doppia presenza [Rampazi 2005] che ha caratterizzato e caratterizza tuttora la condizione di molte donne che sono al contempo mogli, madri, lavoratrici.

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In estrema sintesi, dunque, giovani “d’oggi” come cuccioli d’oro, cresciuti in un clima famigliare protettivo e scarsamente conflittuale in cui poter condividere, costruire e cementare amicizie solide in un continuum tra spazi di vita precedentemente distinti (famiglia e pari, per esempio). Ma anche giovani che valorizzano, ricercano e premiano gli affetti primari a scapito di ideali materialistici di affermazione manifesta del sé. 1.3.2 Comunicare nell’epoca contemporanea: il primato delle nuove tecnologie

La scienza, la tecnologia e l’informatica con il loro rapido evolversi hanno contribuito non poco a sovvertire la gerarchia del sapere tra le generazioni (in primis in famiglia): se prima erano gli anziani e gli adulti i detentori della conoscenza, oggi l’entrata dirompente degli strumenti tecnologici ha rovesciato questo rapporto, nel momento in cui sono sempre più spesso i giovani gli “esperti”, arrivando a minare la credibilità degli adulti significativi (come i docenti, per esempio). Accanto a questo vanno considerati il livello di benessere medio piuttosto elevato e la considerevole disponibilità economica di cui godono oggi i più giovani: dai dati del “TRU study” di TNS presentati nel corso di Teenagers 2009,7 la stima di risorse a disposizione dei teens per le loro spese quotidiane è attorno a 30 Euro settimanali e la recente crisi economica non sembrava aver ridotto (mediamente) tale disponibilità. Tutto ciò permette di raggiungere già in età precoce un potere di acquisto non indifferente per esempio per dispositivi informatici sofisticati e mezzi propri (motorini, scooter, autovetture). Questo, a sua volta, induce nei giovani un processo di acquisizione di informazioni e dati anche in modo indiretto (per esempio attraverso il gruppo dei pari) su criteri, prestazioni, mercato: non di rado il livello di documentazione e competenza raggiunto dai giovani è tale da consentire loro di orientare acquisti famigliari e, in ultima istanza, di determinare nuovi modelli organizzativi all’interno della famiglia. Una recente indagine sul tema, realizzata dalla Società Italiana di Pediatria nell’autunno 2009 e presentata il 18 dicembre dello stesso anno,8 ha somministrato alcuni quesiti relativi ai consumi di nuove tecnologie ad un campione nazionale di oltre 1.300 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 14 anni. Di questi, solo il 4% non ha il PC in casa mentre quasi la metà ne ha uno (46%) e la restante quota più di uno (50%). Nel complesso il 51% dichiara di collegarsi a Internet tutti i giorni e il 68% di utilizzare Internet e/o il PC per almeno un’ora ogni giorno (con il 16% che dichiara più di 3 ore). Per quanto riguarda gli utilizzi, il 76% afferma di chattare, il 74% di usare Messenger, il 74% di scaricare e condividere musica/immagini/filmati, l’80% di visitare YouTube. Inoltre, è il 41% di questi giovanissimi ad avere un blog personale e Internet è anche una fonte di scambio di informazioni sessuali, poiché il 25% dichiara di “parlare di sesso in Internet” qualche volta. 7

Si vedano gli atti del convegno pubblicati sul sito http://www.teenager.somedia.it/. Si tratta della pubblicazione La società degli adolescenti. Rapporto annuale su abitudini e Stili di vita degli adolescenti disponibile presso la Società Italiana di Pediatria: http://www.sip.it/

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Per quanto riguarda il social network in voga al momento, Facebook, solo il 2% non sa cosa sia a fronte di un 51% che dichiara di esservi iscritto. Similmente, alcuni dati di Eurisko9 danno ulteriore evidenza empirica di questi fenomeni: se nel 2005 visitavano un blog circa il 15% dei 14-24enni, oggi la percentuale è salita ad oltre il 55%; se nel 2005 gestivano un blog il 6% dei giovani oggi lo fanno il 17% dei 20-24enni e il 27% dei 15-19enni. Ancora: quattro anni fa utilizzavano Messenger il 37% dei 15-19enni e il 45% dei 20-24enni e visitavano un sociale network rispettivamente il 51 e il 52%, oggi queste quote sono cresciute in modo esponenziale con circa 8 giovani su 10 che svolgono con frequenza queste attività e si rivolgono alla rete. Nuove tecnologie, dunque, che permeano in modo significativo la quotidianità dei “nativi digitali” diventandone parte integrante: non più solo mezzi “per…” ma essi stessi significati e componenti cospicue della propria identità e del proprio modo di essere, esprimersi, crearsi. Non necessariamente questo mina la socialità o la relazionalità data dalla compresenza, certo è che tutto questo si rende catalizzatore di ritmi e tempi di vita sempre più veloci che annullano distanze di spazio e tempo e permettono una comunicazione ed uno scambio in tempo reale che rischia di ridurre il valore dei tempi lunghi, della riflessione, dell’approfondimento. Andando oltre, rimane ancora significativa una ricerca realizzata nel 2006 da Istituto IARD per AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana) consultabile on line,10 volta a rilevare e analizzare le dinamiche di avvicinamento alle nuove tecnologie e del loro utilizzo. L’indagine merita particolare interesse in virtù del fatto che non si rivolgeva solo ai ragazzi ma coinvolgeva anche i loro genitori, andando ad effettuare un primo studio esplorativo sulle interazioni tra ragazzi, genitori-adulti, nuove tecnologie. Ciò che emergeva era una sostanziale disparità di conoscenza da parte delle diverse generazioni di fronte ai dispositivi informatici e a ciò che essi permettono. Avendo vissuto un processo di alfabetizzazione informatica differenziato per età e per tipo di utilizzo (in età avanzata e per fini professionali i genitori, in età precoce e con fini ludici i figli), diversi erano anche gli approcci ai mezzi. Inoltre - ed è ciò che più conta qui - era evidente la quasi totale estraneità degli adulti rispetto alle conoscenze e agli utilizzi fatti da parte dei figli i quali sembravano gestire in autonomia il processo di avvicinamento e di uso del PC, ricorrendo ai genitori solo per la risoluzione di alcuni problemi tecnici e per il pagamento di servizi on line. Per il resto, gli studenti italiani ricorrevano con frequenza al PC per divertirsi, studiare, socializzare, giocare a differenza dei genitori che adottavano un approccio più strumentale e professionale e, non a caso, erano valutati come scarsamente competenti dai loro figli. [Istituto IARD e AESVI 2006, 13] 9

Anche questi presentati nel corso di Teenager 2009. Si veda in particolare l’intervento di Rosanna Savoldelli. 10 Istituto IARD e AESVI, Cultura del videogioco: mondo giovanile e mondo adulto a confronto, AESVI, 2006; paper diffuso on line: http://www.scuolaedidattica.com/software/videogiochi_aesvi.pdf

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Dunque: giovani altamente alfabetizzati dal punto di vista informatico che usano e vivono questa loro competenza nella loro quotidianità con naturalezza e costanza. 1.3.3 Diventare adulti senza essere stati grandi: l’impossibilità di crescere in un Paese per vecchi

Un altro tratto spesso segnalato come emergente (e non di rado di emergenza) è il continuo procrastinamento delle scelte di vita personali, di quei passaggi più sopra definiti come cruciali (seppur con dei limiti) per tracciare la transizione verso l’età adulta. In passato questa “sindrome del ritardo” [Livi Bacci 2008] sembrava caratterizzare specificamente il nostro Paese e, più in generale, il contesto “mediterraneo” dell’Europa del Sud. Galland aveva proposto una tipologia a due tipi per classificare il comportamento dei giovani europei di fronte al “diventare grandi” individuando - appunto - il modello mediterraneo e il modello nordico [Cavalli e Galland 1996], accanto alle eccezioni di Francia e Gran Bretagna. Il primo si caratterizzava per un generale prolungamento dei comportamenti di dipendenza, dovuti all’innalzamento della scolarità, alla lunga fase di precarietà professionale, alla prolungata permanenza in casa dei genitori, all’innalzamento dell’età media al matrimonio. Il secondo si distingueva per la precocità dei giovani nell’abbandonare la casa d’origine, nonostante il matrimonio e la fecondità fossero più tardivi. Nei paesi del Nord Europa, cioè, si segnalava una maggiore diffusione di una fase di vita più lunga (di vita di coppia o da singoli) tra l’uscita dalla casa d’origine e la (eventuale) nuova famiglia o relazione di coppia stabile. Da questi gruppi rimanevano escluse la Francia che, secondo l’autore, aveva caratteristiche di entrambi i modelli con la particolarità della maggiore diffusione dell’esperienza da single e la Gran Bretagna che si caratterizzava per la precocità di tutti i passaggi (tranne la fecondità). Questo panorama è tuttora valido [Furlong 2009], soprattutto per il nostro Paese che ha visto accrescere le difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro e la sua flessibilità soprattutto a danno di chi vi è appena entrato o tenta di farlo. Si osservi la tabella 1.4 per verificare come sono cambiate le percentuali di coloro che hanno superato le tappe - se non consecutive quantomeno rilevanti - per l’uscita dallo status di dipendenza dai genitori.


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Tabella 1.4 - Il superamento delle tappe di transizione all’età adulta per classe di età e anno di rilevazione (giovani italiani; %) Tappe di transizione Età Anno indagine Istituto IARD 15-17 18-20 21-24 25-29 30-34 Uscita dal circuito formativo 1983 16,7 39,4 46,1 1987 11,0 30,8 44,6 1992 5,6 25,8 38,0 53,1 1996 7,2 32,1 49,7 75,6 2000 5,7 28,5 47,9 69,9 84,1 2004 3,1 24,8 43,2 64,5 79,5 Inserimento nel lavoro 1983 5,4 18,1 29,7 1987 4,6 15,6 32,7 1992 4,6 15,1 35,0 49,7 1996 1,5 10,7 26,6 43,9 2000 2,3 21,2 38,5 56,6 72,8 2004 3,4 18,5 39,8 65,2 76,8 Indipendenza abitativa 1983 ,1 2,3 13,5 1987 ,3 2,5 12,5 1992 ,0 3,0 10,2 39,0 1996 ,0 2,4 8,5 36,2 2000 ,3 2,2 6,1 29,7 64,9 2004 ,0 1,6 10,2 31,6 63,8 Matrimonio/convivenza 1983 ,0 3,7 20,2 1987 ,1 3,2 15,3 1992 ,0 1,8 11,4 35,5 1996 ,0 2,2 6,8 31,9 2000 ,3 1,6 4,8 23,4 59,3 2004 ,3 ,6 8,4 27,1 60,8 Nascita di un figlio 1983 ,0 2,3 12,2 1987 ,4 1,8 10,4 1992 ,0 1,0 5,0 20,6 1996 2,0 2,4 5,0 21,6 2000 ,0 ,8 3,0 12,2 44,4 2004 ,3 ,3 4,2 15,7 39,5 Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto Iard sulla condizione giovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 1.1, p. 36.

Parlando, in particolare, di mercato del lavoro, per l’Italia si parla da tempo di una disoccupazione giovanile esito di una struttura dualistica, rigida in ingresso e protettiva verso gli insider, non affiancata da dispositivi e ammortizzatori tali da consentire una flessibilità senza instabilità. Mentre in gran parte d’Europa la disoccupazione e la precarietà sono trasversali a tutte le categorie sociali e anagrafiche

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e, anzi, tendono a colpire maggiormente gli anziani meno competitivi, in Italia il sistema penalizza soprattutto i giovani. Alcuni dati Eurostat11 relativi ai disoccupati tra i 15 e i 24 anni mostrano come l’Italia raggiunga un tasso del 20% superata, in negativo, solo dalla Grecia (23%) e prossima a Francia, Svezia e Belgio (19%), Spagna (18%), Portogallo e Finlandia (17%) ma più lontana da Lussemburgo (15%), Regno Unito (14%), Germania (11%), Irlanda e Austria (9%), Danimarca (8%) e Paesi Bassi (6%). Accanto a questo elemento strutturale, poi, emerge presso le nuove generazioni una valorizzazione sempre più marcata degli aspetti espressivi e realizzativi del lavoro, favorita anche dagli alti investimenti in formazione secondaria e terziaria che inducono alla ricerca e all’attesa di posizioni adeguate a tale impiego di risorse economiche e personali. In modo coerente con quanto visto relativamente ai valori, anche in relazione all’ambito lavorativo è stato evidenziato in più sedi [Barone 2004; Chiesi 2002; Argentin et. al. 2006] come per i giovani perdano rilevanza prestigio e retribuzione a favore della sicurezza e - ancor più - dell’autorealizzazione: il lavoro è visto sempre meno come prettamente strumentale e sempre più come occasione di espressione del sé. L’ambizione maggiormente condivisa dei giovani è proprio di trovare un’occupazione che offra sicurezza, certo, ma che al contempo consenta crescita personale, autorealizzazione, gratificazione. Atteggiamento confermato anche dalla preferenza sempre più diffusa presso i giovani (almeno sul piano teorico dei desideri) del lavoro autonomo rispetto a quello dipendente e/o pubblico [Chiesi 2002]: quest’ultimo, in particolare, è percepito come più condizionante nelle possibilità di realizzazione e di espressione del sé. Parlando di transizione all’età adulta, accanto a questi aspetti, non va tralasciato un accenno alla tradizione culturale del nostro Paese. Per quanto si stiano diffondendo modalità alternative al matrimonio religioso e per quanto stiano aumentando esperienze di vita da single o di coabitazione con coetanei, in Italia predomina ancora un modello di famiglia che vede come naturale l’uscita dalla casa d’origine contestuale al matrimonio o, quantomeno, alla convivenza. In sintesi: i giovani italiani studiano sempre di più e questo li porta inevitabilmente ad accrescere la loro dipendenza dai genitori e le loro aspettative verso il proprio futuro professionale; d’altro canto, una volta pronti a fare ingresso nel mercato del lavoro, si trovano invischiati in lunghi processi di inserimento che richiedono pazienza e tenacia a fronte di una stabilizzazione e un adeguato compenso sempre più difficili da ottenere. Il tutto, all’interno di un contesto familistico in cui la famiglia si sostituisce al sistema di sicurezza sociale, garantendo protezione senza poter incentivare l’indipendenza dei giovani. Non deve stupire, quindi, se nel nostro Paese si affermano e si confermano fenomeni quali “la figa dei talenti” [Nava 2009] o la permanenza al limite del parassitismo presso i genitori con il conseguente differimento di importanti passaggi biografici:12 esiti inevitabili di sistemi economico-sociali inospitali per le nuove generazioni. 11

Anch’essi presentati in Tennager 2009, si veda nota 7. Si ricordi il dibattito mediatico attorno all’espressione “bamboccioni” utilizzata nel 2007 dall’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa.

12


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1.3.4 La flessibilità chiama flessibilità: presentismo e reversibilità di scelte (anche valoriali)

Quasi inevitabilmente ciò che discende da questo quadro di riferimento è una scarsa capacità e possibilità di progettare il proprio avvenire nel lungo periodo. Di fronte ad attese non rosee e che necessitano di continue revisioni e adattamenti e di fronte all’impossibilità di costruire condizioni economiche stabili e rassicuranti almeno nel medio periodo, inevitabilmente si ricorre ad una valorizzazione del qui ed ora a scapito della pianificazione futura. È il cosiddetto presentismo:13 etichetta che identifica (non di rado con accezione negativa) la tendenza delle nuove generazioni a orientare le proprie scelte e le proprie azioni in un’ottica temporale che comprende e considera solo il presente, fino al punto di includere in ogni decisione cruciale l’intrinseca possibilità di mutarla al cambiare delle condizioni in cui è stata presa. Come detto, tale atteggiamento è stato spesso pretesto per tacciare di irresponsabilità o immaturità i giovani d’oggi, ma la realtà dei fatti impone di avviare riflessioni e letture più approfondite partendo dal riconoscimento di un contesto sociale che - come descritto sopra - si caratterizza per incertezza socio-economica, velocità e imprevedibilità proprio a danno, in primo luogo, delle nuove generazioni. Consolidata questa consapevolezza, è utile porsi una domanda: siamo realmente di fronte a nuove generazioni contraddistinte dalla cronica incapacità di sapersi proiettare nel domani e di programmare il proprio futuro con lungimiranza e senso di responsabilità? Oppure ci troviamo di fronte all’emergere di un nuovo pragmatismo di breve periodo come reazione inevitabile di fronte ad un quadro sociale che non permette di guardare oltre un certo orizzonte con margini ragionevoli di programmabilità? La scelta di prospettiva è cruciale perché definisce il piano delle responsabilità. Fermo restando che i giovani sono sempre l’esito di ciò che è stato loro trasmesso, insegnato, mostrato, nel primo caso la responsabilità ricadrebbe interamente su di loro; nel secondo comprenderebbe soprattutto le generazioni di chi li ha preceduti e, ancor più, di chi ora li governa e decide per loro. E ricordando quanto visto più sopra, sembrerebbe quantomeno plausibile ipotizzare questo secondo scenario riconoscendo all’ancoraggio al presente, tipico dei giovani, non tanto lo status di scelta o non-scelta consapevole quanto quello di forma di adattamento, in coerenza con una condotta di vita in cui prevalgono strategie di tipo difensivo. Nulla può essere irreversibile in un mondo in cui tutto è reversibile. Se la pianificazione del futuro è assunta come prerequisito e necessità per diventare grandi, allora la palla passa alle istituzioni e agli adulti che, tramite coraggiose e difficili politiche, devono costruire e permettere condizioni di stabilità maggiori in cui il futuro non rimanga una minaccia, ma torni ad essere una promessa carica di entusiasmi e opportunità [Boeri e Galasso, 2007; Galimberti 2008; Livi Bacci 2008] e, quindi, l’educazione al futuro, torni ad essere un’educazione a desiderare il mondo e non a temerlo [Benasayag M., Schmit G. 2004]. 13

Si vedano anche qui le diverse pubblicazioni di Istituto IARD.

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1.3.5 La vita è destino: quanto (poco) conta l’agire nel prevedere il futuro

Un’altra consistente ricaduta di questo quadro di rappresentazioni legate all’investimento nel tempo, è un atteggiamento di maggiore apertura al fatalismo che spesso si traduce in un abbassamento dei livelli di guardia nei confronti non solo della progettualità ma anche di alcune forme di rischio e pericolo, con un sostanziale rifiuto delle logiche di prevenzione. Se il mio futuro è incerto, incontrollabile e nemmeno tanto promettente, perché investire in rinunce e limitazioni? Un esito di questa ottica è la maggiore penetrazione di sostanze alteranti e psicotrope, una riduzione della protezione in ambito sanitario e sessuale, una maggiore propensione a guidare in condizioni di scarsa sicurezza, seppur riguardanti minoranze di giovani. Se, infatti, i giovani di oggi hanno raggiunto prospettive e condizioni di vita probabilmente non più migliorabili, di contro spuntano al loro orizzonte nuove minacce per la salute e il benessere: la depressione, l’obesità,14 gli incidenti stradali [Livi Bacci 2008]. Tradizionalmente nella letteratura relativa allo studio di giovinezza e adolescenza, il concetto di “disagio giovanile” evocava principalmente due ambiti: l’insuccesso scolastico e l’uso (e abuso) di sostanze alteranti. Per quanto riguarda il primo aspetto, nonostante i sistemi di istruzione e formazione abbiano innalzato l’obbligo scolastico e nonostante si siano intensificati i dispositivi di prevenzione e recupero del fenomeno dei drop-out, il problema del disagio e dell’abbandono scolastico permane in molti contesti. E a prescindere dalla scolarità media e dai tassi di successo dei titoli raggiunti, ciò che forse desta maggiore attenzione è che numerose ricerche in ambito educativo [Amistadi, Bazzanella, Buzzi 2009; Furlong 2009; Gentile 2009; Livi Bacci 2008; OECD 2006 e 2007; Martin & al. 2008a e 2008b] mostrano come anche i moderni ed evoluti sistemi di educazione tendano a rivelarsi inefficaci quali strumento di promozione di pari opportunità e finiscano, al contrario, per perpetuare le disuguaglianze sociali (si veda anche il Capitolo 2). Infatti, un tratto che caratterizza i Paesi occidentali, è il permanere e in alcuni casi il rafforzarsi della correlazione tra background socio-culturale di provenienza e successo scolastico: ciò significa che a parità di condizioni raggiungono livelli più alti di istruzione e risultati migliori coloro che appartengono alle classi sociali più elevate, soprattutto dal punto di vista culturale. Questo sta ad indicare che il nostro sistema scolastico (e non solo il nostro) non è in grado di assolvere ad uno dei suoi compiti principali: quello di offrire pari opportunità in relazione alle capacità e all’investimento individuale consentendo il recupero e l’annullamento delle disparità di partenza e il premio dell’impegno e delle capacità individuali. 14

Si è stimato che nel 2010 il 38% della popolazione scolastica europea sarà obesa o in sovrappeso [Livi Bacci 2008, 23]


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Inoltre, non di rado la scuola ha manifestato debolezze anche nel trasmettere conoscenza. Osservando i risultati delle indagini internazionali, infatti, si nota che gli studenti italiani si classificano molto più vicini a Paesi in via di sviluppo che non a quelli del Primo mondo. E nel lungo periodo l’andamento sembra via via peggiorare. Si considerino, a puro titolo esemplificativo, alcuni dati relativi all’indagine PISA realizzata dall’OCSE nel 2006:15 per le scienze, il punteggio medio degli studenti italiani nella scala complessiva era pari a 475 contro una media OCSE pari a 500 e una media dei 25 Paesi dell’UE pari a 497. Similmente per la matematica il punteggio medio della scala in Italia arrivava a 462 contro una media OCSE di 498; per la lettura i punteggi erano rispettivamente 469 e 492. In generale, per le scienze (Focus dell’edizione 2006) l’Italia si collocava al 35° posto sui 57 partecipanti. Per quanto riguarda la seconda dimensione tradizionalmente associata al disagio giovanile, l’uso di sostanze alteranti (alcol e droghe) è molto spesso segnalato dai media come fenomeno che desta allarme e connesso in modo particolare ad alcuni stili di vita (frequentazione di locali notturni o discoteche, per esempio). I dati di trend offerti da Istituto IARD16 confermano effettivamente questo quadro di peggioramento nel corso degli ultimi anni in termini sia di diffusione sia di intensità [Frontini 2007]: i giovani hanno sempre più facilità nel reperire sostanze alteranti (sia per un’offerta più pervasiva sia per la loro maggiore disponibilità economica) e più facilmente ne fanno uso. D’altro canto va però ricordato che si tratta pur sempre di gruppi minoritari di giovani. Il grafico 1.117 (Fig. 1.1) riporta l’andamento di alcuni indicatori tra il 1983 e il 2004. Al di là della possibilità che i giovani di oggi siano meno inibiti nel dichiarare la loro eventuale prossimità alla droga rispetto al passato, certamente i dati (in linea con quelli delle forze dell’ordine e relativi a tutta la popolazione), confermano la crescita sia per quanto riguarda l’esposizione sia per quanto riguarda il contatto (indicatore più prossimo all’uso). Ciò nonostante, va anche qui ricordato che si tratta per lo più delle cosiddette “droghe leggere”: i grafici 1.2 e 1.3 (Figg. 1.2 e 1.3) mostrano come eroina e cocaina riguardino una percentuale residuale di giovani mentre sono hashish/marijuana ad avere un maggior potere di penetrazione presso il segmento giovanile. Non che 15

Il programma nel 2006 ha coinvolto 57 Paesi: Argentina, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cina-Hong Kong, Cina-Macao, Cina-Taipei, Colombia, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Giordania, Grecia, Kazakistan, Kyrghizistan, Indonesia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Qatar, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Coreana, Repubblica Slovacca, Romania, Russia, Serbia-Montenegro, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Tailandia, Tunisia, Turchia, Ungheria, Uruguay. Per ulteriori informazioni e dati si vedano i materiali presenti sul sito INVALSI: http://www.invalsi. it/invalsi/ri/pisa2006.php?page=pisa2006_it_05 16 Si vedano i diversi rapporti sulla condizione giovanile in Italia e, in particolare, la quinta e la sesta (2002 e 2007) in cui vengono presentati anche dati di trend. 17 Si tratta di dati presentati nel corso del convegno “Trento in viaggio” tenutosi a Trento, Presso il Palazzo della Provincia Autonoma di Trento il 4 novembre 2006.

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questo debba portare ad un contenimento dei livelli di guardia: tuttavia, anche l’immagine stereotipata e spesso diffusa di giovani molto prossimi alla cocaina, risulta qui quantomeno ridimensionata. Fig. 1.1 - Giovani che hanno fatto l’esperienza indicata per anno di rilevazione (giovani italiani di 15-24 anni; %)

80 70 60 50 40 30 20 10 0

69

64

67

55 51

46 37

39 33

28

25

28

22

21

1983

1987

1992

1996

2000

2004

Conoscere persone che fanno uso di droghe Sentirsi o rire qualche tipo di droga Prendere in mano qualche tipo di droga

Fig. 1.2 - Giovani che si sono sentiti offrire droga - anno di riferimento 2004 (giovani italiani di 15-34 anni; %)

35

31

28

30

31 23

25 20

13

15 10 5

3

3

7

7

7

6

4

3

4 2

0 15-17 anni

18-20 anni Cocaina

21-24 anni

Acidi/ecstasy

25-29 anni

30-34 anni

Hashish/marijuana


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Fig. 1.3 - Giovani che hanno preso in mano droga - anno di riferimento 2004 (giovani italiani di 15-34 anni; %)

25 20 20

18

17

15

15 10 5

8 1

1

2

3

1

1

2

1

1

1

0 15-17 anni

18-20 anni Cocaina

21-24 anni

Acidi/ecstasy

25-29 anni

30-34 anni

Hashish/marijuana

Limitarsi ad associare il disagio giovanile a queste due aree tradizionali, risulterebbe tuttavia riduttivo. Altri indicatori connessi agli stili di vita, infatti, vanno nella direzione di segnalare nuove manifestazioni del fenomeno da intendersi e ricondursi (come si diceva) ad una più generale crescita della propensione al rischio [Buzzi 1994, 1998, 2002, 2007], in particolare per quel che concerne la salute. Anche perché ai mutamenti in corso si aggiunge un vero e proprio cambiamento semantico del concetto di rischio [Buzzi 1994; Buzzi 1998]: non più associato a perdita, pericolo, paura, bensì a successo, prova di sé, crescita. In altre parole, in molti casi, rischiare è passato da “disvalore” da evitare a valore da intraprendere [ibidem]. È in questo quadro che si registrano così la persistente disponibilità a fare uso di sostanze psicotrope, ma anche una più pervasiva e generale sottovalutazione dei pericoli connessi alla propria condizione psico-fisica. Sempre secondo i più recenti dati dell’Istituto IARD (Buzzi et al., 2007, p. 220) il 43% dei giovani dichiarano che potrebbe capitare loro l’esperienza di rapporti sessuali occasionali senza protezione,18 il 21% della guida in stato di ebbrezza, il 69% dell’ubriacatura, il 18% dell’assunzione di farmaci per migliorare prestazioni sportive o lavorative [Buzzi, Cavalli, de Lillo 2007, pagina 220]. Tutto ciò nasconde dinamiche poco conosciute e più difficili da prevedere e da affrontare con l’unica certezza che le campagne mediatiche, pur se martellanti e capillari, sembrano non essere sufficienti. Anzi, considerando questi dati di trend, sembrano aver prodotto nel lungo periodo effetti perversi visto che si assiste ad una 18

Anche in uno studio diffuso nella primavera del 2010 dalla SIGO - Società Italiana di ginecologia e ostetricia si evince che il primo rapporto sessuale avviene senza precauzioni per il 37% delle ragazze. Per questo e altri dati si veda: http://www.medinews.it/news,10108

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crescita della propensione al rischio proprio in un momento in cui i canali informativi e comunicativi volti alla prevenzione si sono moltiplicati e sono facilmente raggiungibili anche in virtù dell’esplosione dei mezzi di comunicazione utilizzati dai giovani (televisione, Internet, manifesti, opuscoli, etc.). Se l’informazione c’è, è facilmente reperibile e illustra tutti i rischi connessi a comportamenti imprudenti, cosa spinge alcuni giovani a praticarli? Una linea interpretativa si rifà all’emergere di un (nuovo) fatalismo [Buzzi 1994, 2003]: i giovani, cioè, ritengono che la nostra salute e il nostro benessere non siano correlati in modo diretto al nostro agire e, se siamo destinati, tutto accadrà a prescindere dal nostro impegno e indipendentemente dalle nostre precauzioni e premure. Atteggiamento che va ricondotto alla logica “presentista” vista più sopra. La concezione internalistica della salute, secondo cui esiste un legame netto tra comportamento attento e benessere, cede sempre più terreno alla prospettiva esternalistica per la quale azione e salute non sono correlate: ciò legittima azioni nocive e ridimensiona il valore della prevenzione (si pensi a fumo, alcol, droga ma anche, come si accennava, alla guida in stato di ebbrezza e a rapporti sessuali non protetti, con la continua registrazione di individui contagiati dal virus dell’HIV)19. L’informazione è una dimensione “necessaria ma non sufficiente” [Benasayag M., Schmit G. 2004, 60]. Inoltre, se in passato alcune caratteristiche ascrittive, come il genere e il background socio-culturale, costituivano dei validi fattori di previsione del rischio, con le femmine e coloro che provenivano dagli strati sociali più elevati più protetti da condotte particolarmente dannose, oggi questi fattori vedono ridursi il loro potere predittivo ad ulteriore conferma di nuove omologazioni e frammentazioni interne al segmento giovanile che vanno scoperte e sviscerate. Il contesto, dunque, sembrerebbe propenso a trasferire la logica dell’incertezza dal piano di formazione, lavoro, famiglia anche a quello più intimo della sicurezza della propria persona: pare si stia diffondendo sempre più l’abbandono della logica dell’investimento e della gratificazione di lungo periodo a favore di una prospettiva di resa che limita l’orizzonte. Ancora una volta, sembra necessario un cambiamento di prospettiva che riporti il futuro da minaccia a promessa; da scenario imprevedibile e ostile a scenario per cui vale la pena investire per potersi realizzare sempre più e sempre meglio. Ma è necessario creare le condizioni perché ciò avvenga. 1.3.6 La (s)fiducia nell’altro e nella società adulta: ovvero la perdita di un’importante risorsa sociale

Un altro elemento emergente dalle analisi di trend circa la condizione giovanile nel nostro Paese, riguarda la generale crescita di sfiducia sia verso l’altro in generale, sia verso le istituzioni (ergo, la società adulta). 19

http://www.lila.it/doc/com%20stampa%202009%20pdf/com%20stampa%201%20dic%20giornata%20 29%2011%2009.pdf


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Non solo il tempo futuro, ma anche l’altro prossimo è sempre meno percepito come una risorsa, un’occasione di scambio, di crescita, di reciproco supporto e sempre più come una minaccia da cui difendersi, da ingannare prima di essere ingannati. A prescindere dal rapporto di causa-effetto, anche questo fenomeno si correla con la predisposizione degli individui a valorizzare sempre più l’intorno intimo e privato, più conosciuto, rassicurante, meno minaccioso. Famiglia e amici (coerentemente con quanto già visto) predominano come punti di riferimento pressoché esclusivi e autoreferenziali cui si contrappone un sociale visto e percepito con diffidenza. Ciò desta e deve destare preoccupazione se si parte dall’assunto che la fiducia è un fondamentale ingrediente di capitale sociale e dunque di integrazione [Cartocci 2000; Diani 2000; Bagnasco et al. 2001; La Valle 2002; Bazzanella 2007]: se a livello micro, sul piano dell’interazione diadica, è premessa per relazioni positive ed efficienti e a livello meso, di piccolo gruppo, consente (oltre a questa relazionalità positiva) il raggiungimento di obiettivi comuni, a livello macro - intesa appunto come credibilità riscossa dalle istituzioni e dall’organizzazione sociale - la fiducia costituisce il presupposto perché vi siano un impegno e un rispetto condivisi delle regole. È quindi garanzia per la riproduzione e la stabilità del sistema economico, politico, sociale: la fiducia nelle istituzioni, intesa come reciproca attesa di rispetto di regole, ruoli, procedure e come riconoscimento della loro legittimità, è una componente necessaria per il mantenimento della democrazia. Per questo destano allarme i dati rilevati da recenti e numerose indagini nazionali ed internazionali20 che mettono in luce come i cittadini ripongano una fiducia sempre più contenuta proprio in quegli attori e quei gruppi che più di altri dovrebbero rappresentare e governare il bene pubblico. E (come mostrato tra poco) questo vale soprattutto per il nostro Paese e in particolare per le nuove generazioni [Buzzi, Cavalli, de Lillo 2002, 2007; Boudon, 2003; Sciolla 2004]. Nella fattispecie sono proprio i partiti e ancor più i singoli uomini politici a vedersi attribuiti scarsa credibilità e scarso consenso. Il pericolo è che la disaffezione verso istituzioni sempre meno credibili e trasparenti si traduca non solo (come già esposto) in una chiusura privatistica verso il proprio immediato intorno affettivo (disfunzionale socialmente e dispendiosa a livello individuale), ma anche in un’azione interessata limitatamente al piccolo gruppo di riferimento a scapito della partecipazione politica (in senso lato) e dell’impegno per il mantenimento del bene comune.21 In ultima analisi, il cronicizzarsi di questo atteggiamento di distacco e disconoscimento di tutto ciò che è oltre alla soglia di casa rischia di minare le basi della tenuta stessa della democrazia.

20

Si segnalano, ancora, le diverse pubblicazioni dell’Istituto IARD; i numeri 51, 61, 63 di Eurobarometro, (disponibili sul sito http://europa.eu.int/comm/public_opinion/index_en.htm) 21 Anche i dati circa l’astensionismo relativi all’ultima tornata elettorale amministrativa dell’aprile 2010 vanno nella direzione di confermare questo preoccupante scollamento tra pubblico e privato.

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E anche se va ricordato che i tassi di partecipazione a movimenti e partiti politici sono rimasti costanti dal 1983 al 2004,22 ciò si traduce in una presa di distanza dalle manifestazioni di piazza, per esempio, o nella scarsa e sempre più ridotta partecipazione alla vita associativa. Si osservi la tabella 1.5 che illustra l’andamento dei dati relativi all’associazionismo dei giovani in Italia tra il 1992 e il 2004. Lo scollamento tra pubblico e privato, cioè, ridimensiona il valore della condivisione e del bene comune, inducendo investimenti personali limitati al proprio ambiente circoscritto, con una disaffezione sempre più diffusa e marcata verso tutto ciò che è bene pubblico. Tabella 1.5 - Livelli di associazionismo al momento dell’intervista per anno di rilevazione (giovani italiani di 15-29 anni; %) 1992 1996 2000 Non associati/e 49 48 53 Monoassociati/e 29 26 25 Multiassociati/e 22 26 22 Totale 100 100 100

2004 65 19 16 100

Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto Iard sulla condizione giovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 1.4, p. 269.

Tuttavia, va anche detto che è stato più volte segnalato come più che ad un calo di interesse generale verso la vita pubblica e politica, si assista ad un calo di interesse verso ciò che è partitico (anche qui è lecito interrogarsi se il fenomeno sia solo giovanile in un Paese in cui il quotidiano più letto e venduto è la Gazzetta dello Sport)23 e ciò non avviene solo in Italia ma riguarda tutto il contesto europeo [Cavalli 2002, 518]. Siamo, dunque, di fronte a giovani che nell’“epoca delle passioni tristi” [Benasayag M., Schmit G. 2004] hanno smesso di entusiasmarsi, di partecipare, di credere che sia possibile costruire un futuro fiorente, anche grazie alla condivisione di esperienza e risorse con gli altri (sconosciuti)? Alcuni dati locali sembrerebbero indurre a scartare quest’ipotesi pessimistica a favore di nuove letture che ricordino, ancora una volta, i cambiamenti intercorsi negli ultimi decenni che - tra le altre cose - hanno visto esaurirsi alcune modalità di “fare società”, soprattutto agli occhi dei giovani. Innanzitutto va considerata la perdita di credibilità del sistema politico che sembra fuori sincrono rispetto alle esigenze, ai linguaggi, alle aspettative dei giovani. I partiti e i movimenti politici (come più volte ricordato dai media, composti, gestiti e guidati da attori non proprio giovani essi stessi) non sono in grado di interagire con le nuove generazioni, di motivarle, raccoglierle, formarle, fornire loro punti di riferimento credibili. 22 23

Si vedano sempre i dati di Istituto IARD. Si vedano i dati Audipress: http://www.audipress.it/dati.html.


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I movimenti politici sono spesso incalzati al mantenimento dello status quo e dei diritti elargiti in modo dispendioso alle generazioni precedenti (si pensi alle politiche di protezione sociale) e non sono in grado (né spesso interessati a farlo) di ascoltare e raccogliere le istanze delle nuove generazioni. Si pensi, banalmente, alla manifesta incapacità del nostro Legislatore di portare a termine negli ultimi decenni riforme scolastiche che rendano concreto il diritto alla istruzione e alla formazione a fronte di posizionamenti su scale internazionali che vedono il nostro Paese in coda rispetto ai principali Paesi occidentali (come detto più sopra). In questo si sconta anche l’invecchiamento del nostro Paese che, sempre meno popolato di giovani, li rende più deboli sul piano meramente elettorale [Livi Bacci 2008; Ambrosi e Rosina 2009]. A tal proposito sarebbe interessante sperimentare se e come potrebbero cambiare le cose nel caso in cui si abbassasse l’età al voto, includendo nell’elettorato attivo anche i giovani che hanno compiuto i sedici anni24 oppure se si desse alle madri un voto di peso maggiore in base al numero dei figli [Livi Bacci 2008], ampliando così il potere di questo segmento della popolazione: ciò incalzerebbe la comunicazione e l’azione a loro diretta. Nel quadro attuale i partiti politici sono molto spesso percepiti dai giovani come lontani, meschini, portatori e difensori di interessi personali o di gruppo e non come soggetti disinteressati, seriamente impegnati per il bene comune. Anzi, siamo così abituati a vedere il potere come mezzo per la realizzazione di fini privati che quando ciò effettivamente avviene ed è scoperto e denunciato non suscita neppure reazioni di scandalo [Cavalli 2002]. Atteggiamento che essendo coerente con il clima diffuso risulta sempre più condiviso e accettato tanto che il 23% dei giovani 15-24enni si dichiara letteralmente disgustato dalla politica e il 35% pensa di doverla delegare ad altri (Tabella 1.6). Tabella 1.6 - L’atteggiamento verso la politica (giovani italiani di 15-24 anni; %) 1983 1987 1992 1996 2000 2004 Mi considero politicamente impegnato 3,2 2,3 3,4 3,0 3,0 3,8 Mi tengo al corrente della politica, ma senza parteciparvi personalmente 44,2 39,3 39,4 50,5 37,2 38,3 Penso che si debba lasciare la politica a persone che hanno più competenza di me 40,0 42,1 36,4 26,3 32,3 34,5 La politica mi disgusta 12,0 15,8 20,4 19,9 26,5 23,1 Non indica 0,6 0,5 0,4 0,3 1,0 0,4 Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto Iard sulla condizione giovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 3.1, p. 291.

I giovani sono delusi ma (non ancora) rassegnati. Ciò che emerge dalle medesime indagini, infatti, è che i giovani sanno volare alto, hanno sguardi che vanno oltre confine, oltre gli interessi e i limiti nazionali per mirare ad obiettivi ambientali, 24

Si vedano: Paolo Balduzzi e Alssandro Rosina, Il voto europeo dei ragazzi del millennio in http:// www.lavoce.info/articoli/pagina1001126-351.html e Alessandro Rosina, Sedici anni, l’età per votare in http://www.lavoce.info/articoli/pagina2826.html

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etici, di superamento delle disuguaglianze sociali: il problema è che non trovano sul panorama politico nazionale un rappresentante coerente e credibile. Si pensi, a tal proposito, al successo riscosso dall’attuale presidente degli Stati Uniti Barak Obama e alla credibilità di cui ha goduto soprattutto ad inizio mandato25 anche nel nostro Paese e non solo presso i giovani. Oppure al sostegno riscosso da alcune organizzazioni umanitarie come Emergency. I giovani non necessariamente sono apatici e disinteressati bensì, come la loro fase biografica prevede, sono capaci di slanci entusiastici, impegno, passioni senza remore: ma per esplodere le loro potenzialità necessitano di guide cui affidarsi in modo incondizionato, di nuove rappresentanze, nuovi modi di partecipare più disinteressati, trasparenti e onesti che percorrano una relazionalità più sincera e credibile [Pietropolli Charmet 2008]. A rischio di apparire buonista o anche idealizzante, non sono favorevole alla denigrazione massiccia che subiscono questi ragazzi che invece sì, io tendo ad apprezzare. Quando sono dentro una relazione con un adulto abbastanza competente, sono molto etici, s’impegnano sul piano della narrazione di sé, mostrano una grande capacità di ricognizione della loro mente. A dispetto delle apparenze, sono affettivi: per esempio, la loro vita di coppia è molto più evoluta di quella degli adolescenti di un tempo, hanno un livello di autonomia reciproca elevato, non coltivano eccessivamente il sentimento della gelosia, magari hanno smarrito il senso della grande passione amorosa, onirica, a vantaggio però di una certa pacatezza e stabilità. Soprattutto hanno introdotto una pariteticità reale tra maschile e femminile che senz’altro avrà una ricaduta sui loro rapporti più maturi, sulla genitorialità futura, sulla vita familiare e nei rapporti con i figli... A me non sembra poco.26 Questa lettura trova evidenza in alcuni indicatori empirici: alcuni dati relativi alla fiducia nelle istituzioni (ergo nella società adulta da queste rappresentata) e un’indagine locale, realizzata da Istituto IARD con i giovani della provincia di Milano all’interno del’Osservatorio Giovani27 [Bazzanella e Grassi 2006] che sembra indicare un possibile mutamento semantico associato al concetto di “partecipazione politica”. Considerando il primo aspetto si osservi la tabella 1.7 anch’essa ripresa dalle indagini di Istituto IARD che presenta dati coerenti con altre fonti28 ma con il vantaggio di offrire uno spaccato di lungo periodo almeno per ciò che concerne la classe dei 15-24enni (si veda anche il Capitolo 2). 25

http://www.harrisinteractive.com/news/FTHarrisPoll/HI_France24_IHT_HarrisPoll_Leaders Barometer_April2009.pdf 26 Intervista al prof. Gustavo Pietropolli Charmet su www.repubblica.it: http://www.repubblica. it/2008/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/nuovi-adolescenti/nuovi-adolescenti/nuovi-adolescenti. html 27 http://temi.provincia.milano.it/giovani/osservatorio.htm 28 Ancora una volta si rimanda ai dati Eurisko presentati nel corso di Teenagers 2009.


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Tabella 1.7 - Giovani e fiducia (giovani italiani di 15-24 anni; % di risposte “Molta fiducia + Abbastanza fiducia” alla domanda “Le nominerò alcuni gruppi ed istituzioni. Per ciascuno di essi lei dovrebbe dirmi se ne ha fiducia e in che misura”) 1983 1987 1992 1996 2000 2004 Gli scienziati 85 83 85 La polizia 70 71 69 68 59 65 L’O.N.U. 66 70 Gli insegnanti 70 67 63 62 58 66 L’Unione Europea 60 66 I magistrati 53 51 45 54 48 52 La N.A.T.O. 56 58 I sacerdoti 44 50 51 50 47 52 I militari di carriera 41 39 37 41 32 52 Gli industriali 47 50 44 45 I giornali 44 44 La televisione pubblica 53 46 38 Gli amministratori del Comune in cui abito 51 30 34 Le banche 64 63 60 51 51 41 La televisione privata 47 38 33 I sindacalisti 31 24 24 24 21 31 Il governo 26 38 20 17 19 24 I partiti 15 11 17 Gli uomini politici 17 21 12 10 8 12 Basi 4.000 2.000 1.718 1.686 1.429 1.671 Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, A. Cavalli e A. de Lillo, Rapporto giovani. Sesta indaginedell’Istituto Iard sulla condizionegiovanilein Italia, il Mulino, Bologna 2007, Tabella 1.2, p. 207.

Osservandola è possibile rilevare che scienziati, magistrati, sacerdoti, industriali, partiti e uomini politici presentano un profilo per lo più stabile nel lungo periodo; polizia, insegnanti, militari di carriera, amministratori comunali, sindacalisti, governo hanno subito forti oscillazioni probabilmente in connessione ad alcune contingenze specifiche (per esempio, i militari risentono molto dell’approssimarsi o dell’avvenimento di un conflitto anche se lontano); infine televisione (sia pubblica sia privata) e banche mostrano un andamento costante e in calo. Limitandosi a disaminare il solo dato più recente (2004) in una sorta di classifica virtuale, gli scienziati si confermano come il gruppo di attori più accreditato presso i giovani e ciò è stato spesso imputato al potere dell’etichetta generica “scienziati” di evocare l’immagine di professionisti intenti a migliorare i destini dell’umanità. Tanto che quando poi si passa a valutare possibili esiti della ricerca applicata questa fiducia tende a contenersi [La Valle, 2002; Bazzanella, 2006b]. Seguono Polizia, ONU, Unione Europea, magistrati, NATO, militari di carriera: al di là del loro ruolo sociale, sono accomunati dall’esprimere il sentimento latente della ricerca di sicurezza. Queste organizzazioni e questi attori, infatti, sono a vario titolo impegnati nel garantire controllo e protezione.

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Sempre in posizioni di credito presso i giovani troviamo poi sacerdoti e insegnanti che invece sembrano rappresentare la ricerca di quella relazionalità protetta e positiva che, come visto in precedenza, è fortemente apprezzata e valorizzata dai giovani. In coda a questa classifica proprio gli attori che prima di tutti dovrebbero godere di credito presso i (giovani) cittadini proprio perché chiamati a rappresentarli: governo, partiti e uomini politici sono considerati degni di fiducia da meno del 25% dei giovani. Passando a disaminare i dati emersi all’interno dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Milano [Anzivino 2006; Bazzanella 2006], possiamo rilevare due ulteriori elementi di riflessione: in primo luogo, che i giovani hanno un atteggiamento di fiducia soprattutto verso le associazioni meno “politicizzate” e che più facilmente evocano principi di solidarietà e sussidiarietà sincera. Questa ricerca, infatti, prevedeva nella lista di attori collettivi anche i gruppi di volontariato e le grandi associazioni non profit introducendo un indicatore che visto il successo riscosso - va a suffragare ulteriormente quella disponibilità latente dei giovani a mettersi in gioco che può essere pienamente messa a frutto solo se opportunamente raccolta e accolta (Tabella 1.8). Tabella 1.8 - Giovani e fiducia (giovani della provincia di Milano di 15-29 anni; % di risposte “Molta fiducia + Abbastanza fiducia” alla domanda “Ti nominerò alcuni gruppi ed istituzioni. Per ciascuno di essi dovresti dirmi se ne hai fiducia e in che misura”; Base = 2.516) Per niente Poca Abbastanza Molta Molta + fiducia fiducia fiducia fiducia Abbastanza Non so I gruppi di volontariato 0 10 43 45 88 2 Le grandi associazioni no profit (wwf, arci, acli) 1 8 45 41 86 4 L’Unione Europea 3 11 63 21 84 1 Gli insegnanti 2 18 64 15 79 1 Le piccole associazioni locali 2 14 57 17 74 10 La Provincia di Milano 2 21 64 10 74 3 La Regione Lombardia 3 26 56 13 69 3 La polizia 5 31 44 20 64 0 I giornali 4 32 48 15 63 1 Gli amministratori del Comune in cui abito 6 33 56 3 59 2 I sacerdoti 18 29 40 11 51 1 Le banche 8 38 44 6 50 4 Le grandi aziende 20 27 44 6 50 3 Il governo 7 51 36 4 40 1 La televisione 14 51 27 8 35 0 I partiti politici 20 58 21 1 22 0 Fonte: rielaborazione da A. Bazzanella, R. Grassi, I giovani della Provincia di Milano: protagonisti o spettatori?Primo rapporto dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Milano, edito dalla Provincia di Milano, Milano 2006, consultabile su: http://www. provincia.milano.it/export/sites/default/giovani/doc/rapporto_giovani_2006_nuova_giunta.pdf - Tabella 2.4 p. 37.


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In secondo luogo, in questa ricerca è emerso che il concetto di “partecipazione politica” è sempre meno connesso ai tradizionali canali di adesione partitica (manifestazioni collettive di contestazione, candidatura e voto alle elezioni) e sempre più ad una generale partecipazione alla vita comunitaria attraverso l’organizzazione e la realizzazione di eventi culturali e sociali. Si osservi la tabella 1.9: da una parte conferma la rilevanza riconosciuta al voto sia come atto politico sia come atto rilevante per la quasi totalità dei giovani; dall’altra, segnala la divergenza tra partecipazione politica e militanza istituzionale/partitica, dal momento in cui è considerata politica da un numero maggiore di giovani la partecipazione alla vita di comunità attraverso eventi e volontariato prima dell’elettorato attivo e della adesione ad azioni pubbliche organizzate. Tabella 1.9 - Valutazione se le azioni indicate sono considerate modi di partecipare attivamente alla vita politica della città e, se sì, quanto è importante che un giovane vi si impegni (giovani della provincia di Milano di 15-29 anni; % e media; Base = 2.516) Media

Andare a votare Organizzare mostre, eventi, concerti, dibattiti Fare volontariato Scrivere ai giornali per cose che riguardano la città Candidarsi per le elezioni amministrative Partecipare a sedute del consiglio di quartiere, comunale, provinciale, regionale Inviare lettere di protesta all’amministrazione locale Animare centri sociali, circoli, comitati, associazioni Far parte di comitati di quartiere/zona Partecipare a cortei e manifestazioni a carattere locale Finanziare associazioni che sono presenti sul territorio Prender parte a scioperi e sit-in di protesta per questioni locali Far parte di organizzazioni studentesche Fare attività sindacale a livello locale

% di Sì 95 83 82 82 79 78 76 75 66 65 65 63 62 60

Su scala da 1= per nienteimportantea 10= importantissimo

8,6 7,5 7,5 6,7 6,8 6,5 6,8 6,8 6,5 6,5 6,5 6,4 6,3 6,1

Fonte: rielaborazione da A. Bazzanella, R. Grassi, I giovani della Provincia di Milano: protagonisti o spettatori?Primo rapporto dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Milano, Milano, edito dalla Provincia di Milano, 2006, consultabile su: http:// www.provincia.milano.it/export/sites/default/giovani/doc/rapporto_giovani_2006_nuova_giunta.pdf - Tabella 3.4 p. 65.

Questo riconferma la già riscontrata sensibilità delle nuove generazioni verso ideali legati a obiettivi di più ampio respiro (l’ambiente, la pace nel mondo, la giustizia sociale) [Cavalli 2002], una sensibilità che sembra non trovare una seria e credibile rappresentanza politica in cui lasciarsi coinvolgere.

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1.3.7 Dall’esclusività del matrimonio alla libertà sessuale: nuove modalità relazionali

Il differimento e la frammentazione sempre più marcata di alcune tappe di transizione, l’allentamento di dettami morali fortemente condizionanti la sfera di vita individuale (e, quindi, la sfera affettiva e sessuale), la libertà dei giovani di gestire la propria vita intima e privata esterna ed estranea alla famiglia d’origine, il processo di individualizzazione accanto all’ascesa dei valori ad alto contenuto relazionale e di affermazione del sé, sono tutti cambiamenti che hanno contributo a ridefinire anche i contorni della vita di coppia. Si è più sopra segnalato il mutamento relativo ai riferimenti valoriali dei giovani che tendono a riconoscere come molto importante in modo sempre più diffuso la cosiddetta “socialità ristretta”: l’amore, in particolare, è ritenuto molto importante dal 76% dei giovani [de Lillo 2007]. Un contesto, quindi, che tende a premiare i rapporti affettivi privilegiati in famiglia, tra pari, tra partner, come già evidenziato a patire dalle ricerche sulla condizione giovanile degli anni ‘90. Per affrontare nello specifico quest’area di analisi, riprendiamo i dati relativi ad un’indagine dell’Istituto IARD focalizzata proprio sul tema dell’affettività e della sessualità: si tratta di una ricerca realizzata alla fine degli anni ‘90 [Buzzi 1998] che, per quanto datata, è ancora valida nell’aver indicato alcune piste di cambiamento nei comportamenti di coppia dei giovani italiani (in questo caso dai 18 ai 30 anni di età). I dati analizzati mostravano una serie di conferme legate a rappresentazioni tradizionali: il corteggiamento più esplicito assegnato all’uomo accanto ad un maggiore potere seduttivo delle donne; una più ampia consapevolezza della rottura come atto voluto da parte delle ragazze con i ragazzi che invece tendevano a vedere più facilmente la chiusura come venuta da sé; il primo amore intorno ai 14-17 anni; un approccio alla relazione più coinvolgente da parte delle ragazze con i maschi che tendevano a valorizzarne maggiormente l’aspetto strumentale (anche di mero appagamento fisico). Inoltre - come illustrato già da numerosi altri studi relativi alla mobilità sociale (si veda, per esempio, Schizzerotto 2002) - permaneva la tendenza ad instaurare relazioni privilegiate con persone di estrazione sociale simile: il criterio endogamico per quanto inconsapevole valeva soprattutto per i ragazzi, mentre le ragazze più facilmente davano vita a rapporti con persone al di fuori del proprio circuito socio-culturale. Un dato interessante e che invece potrebbe apparire contro intuitivo rispetto alle diffuse rappresentazioni sulla famiglia cosiddetta “orizzontale” e “affettiva”, caratterizzata da bassi livelli di conflittualità e alta condivisione tra le generazioni, è che su questi temi i giovani tendevano ad escludere i genitori: il tema dell’affettività e della sessualità sembrava essere ancora un tabù. In caso di difficoltà affettive, infatti, i giovani intervistati si sarebbero rivolti ai pari, all’amico/amica più vicini e questo senza distinzione di genere. È pur vero che ci rifacciamo ad una ricerca risalente a più di dieci anni fa: ma questo quadro sembrerebbe confermato anche da una più recente indagine ad


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opera della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO)29 la quale mette in luce - in riferimento al target dei teenager - come sia la televisione il canale preferenziale per raccogliere informazioni e risposte sulla sessualità (effettivamente si segnalava già nel 1998 che anche per l’AIDS questo fosse il canale informativo privilegiato [Buzzi 1998]). Madri e (soprattutto) padri in gran parte esclusi da un dialogo di confronto e conoscenza, relativo ad una sfera significativa (se non altro perché coinvolge le prime esperienze) che viene delegata all’ambito delle amicizie o dei partner stessi. Questi dati sembrerebbero segnalare la necessità di introdurre nelle agenzie educative e di socializzazione un’attenzione particolare alla dimensione affettiva, magari riappropriandosi dell’arte e della poesia come strumenti per costruire percorsi di educazione all’emotività e alle emozioni [Galimberti 2009]. Tanto più che il venir meno di regole normative rigide e condivise può aver lasciato proprio in questo abito (vista la delicatezza del tema) un disorientamento maggiore rispetto ad altre dimensioni della vita (scuola, lavoro, rapporti inter-generazionali, etc.). Date queste premesse, vediamo più nel dettaglio cosa è importante per i giovani in un rapporto di coppia. Si osservi la tabella 1.10: i giovani sembrerebbero dare peso soprattutto a fiducia (92%) e confidenza (80%), elementi che segnalano la priorità della dimensione emotiva, intimistica, legata alla comunicazione e al legame leale tra partner a scapito degli aspetti più pratici e legati alla vita di tutti i giorni (avere le stesse idee, gli stessi progetti, le stesse visioni della vita). Allora30 si intravedeva e si ipotizzava una scarsa capacità dei giovani di calarsi in una vita di coppia reale nel momento in cui valorizzavano soprattutto principî piuttosto che elementi concreti. Tabella 1.10 - Grado di accordo con l’espressione “In un rapporto di coppia, mi può indicare in che misura Lei ritiene importate… ” (giovani italiani di 18-30 anni; % di risposta “Molto importante”; Base = 1.250) Avere reciproca fiducia Essere in completa confidenza Essere attratti fisicamente Avere una buona intesa sessuale Avere le stesse idee, gli stessi valori Avere gli stessi programmi per il futuro Avere anche amicizie separate Cercare di fare ogni cosa assieme Frequentare molti amici comuni Essere geloso/a Avere lo stesso carattere

Totale 92 80 60 60 48 40 24 23 16 9 8

Maschi 91 79 57 59 43 31 18 20 16 7 9

Femmine 93 82 63 60 52 48 29 26 17 10 6

Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, Giovani, a ettività, sessualità, il Mulino, 1998 Tabella 1.10, p. 47.

29 30

Trattasi di dati diffusi dalla stampa il 27 aprile 2010: http://www.medinews.it/news,10106 Ricordiamo che la ricerca è del 1996.

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Scenario generale in cui le esperienze dirette si situano in modo coerente. Chiamati a collocare alcuni aspetti della loro personale vita di coppia in corso al momento dell’intervista, i giovani segnalavano infatti proprio quelli di carattere emotivo, legati all’appagamento affettivo, istintivo e di sostegno piuttosto che dimensioni razionali e legate ad una precisa scelta di volontà. In altre parole sembrava prevalere la ricerca di amore, confidenza, fiducia reciproci per dare vita ad un’intesa affettiva (e magari sessuale) prima di progetti, interessi e valori comuni: lo stare bene insieme prima che la costruzione di un percorso condiviso. Si osservi la tabella 1.11 che chiarisce queste considerazioni mostrando in aggiunta una sostanziale omogeneità di vedute tra generi. Tabella 1.11 - Valutazione del rapporto affettivo in corso al momento dell’intervista (giovani italiani di 18-30 anni; % di risposta “L’affermazione si adatta molto al mio attuale rapporto affettivo”; Base = 740) Totale Maschi Femmine Lo/la amo 79 74 81 Mi ama 78 74 80 Mi piace fisicamente 71 75 67 Tra noi c’è una completa confidenza 70 66 72 Ho piena fiducia in lui/lei 68 72 65 Gli/le piaccio fisicamente 63 62 63 Ha piena fiducia in me 58 54 61 Abbiamo una buona intesa sessuale 56 55 58 Insieme non ci annoiamo mai 49 43 53 Abbiamo stessi programmi per il futuro 45 37 51 Frequentiamo molti amici comuni 44 44 45 Va d’accordo con i miei genitori 40 37 42 È geloso/a di me 40 42 38 Vado d’accordo con i suoi genitori 37 33 40 C’è molta libertà fra noi 36 36 36 Abbiamo anche amicizie separate 35 36 35 Cerchiamo di fare ogni cosa assieme 35 35 34 Abbiamo le stesse idee, li stessi valori 32 31 33 Sono geloso/a di lei/lui 29 25 32 Quando non c’è mi intristisco 26 19 31 Ci piacciono le stesse cose 22 20 22 Abbiamo lo stesso carattere 7 11 5 Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, Giovani, a ettività, sessualità, il Mulino, 1998 Tabella 1.4, p. 34.

È interessante notare a questo punto come, chiamati a definire le dimensioni della coppia dall’interno, a partire dal loro vissuto e in relazione alla loro esperienza, l’infedeltà fosse vissuta come una grave colpa. Tuttavia l’atteggiamento emergente era di ambivalenza: il tradimento era sì criticato nella coppia ma anche ritenuto ammissibile in termini generali e non sembrava minare l’esistenza di un rapporto. Si osservi la figura 1.4: anche se coloro che si rifugiano nell’opzione “non so” sono una


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quota consistente, il grafico segnala un sostanziale disaccordo sulla rottura netta di un rapporto a seguito di un atto di infedeltà. Fig. 1.4 - Grado di accordo con l’espressione “In caso di tradimento l’unica soluzione è troncare subito il rapporto” (Giovani italiani di 18-30 anni; % - Base = 1.250)

35

32 31

30

23 23

25 20

33

19

18 17

15

22

15 16 14 12 12 12

10 5 0 Molto

Abbastanza Totale

Poco Maschi

Per niente

Non so

Femmine

Fonte: rielaborazione da C. Buzzi, Giovani, a ettività, sessualità, il Mulino, 1998 Tabelle X21, X22, X23, pp. 169-171.

Effettivamente anche i dati derivanti dalle indagini sulla condizione giovanile in generale segnalano una disponibilità ad accettare il tradimento: il 47% dei giovani 15-34enni, infatti, ritiene ammissibile la possibilità di avere una relazione con una persona sposata [Buzzi Cavalli de Lillo 2007, 221]. I dati di trend, tuttavia, mostrano un contenimento di questo grado di apertura: considerando la fascia dei 15-24enni (l’unica che consente un confronto diacronico), coloro che la ritenevano ammissibile sono passati gradualmente dal 53% del 1983 al 46% del 200031 [Buzzi Cavalli de Lillo 2002]. Si tratta di una riduzione lenta e contenuta che va monitorata ulteriormente, ma che sembra indicare un cambiamento in atto. Del resto è un fenomeno che non sorprende se lo si considera l’esito di una considerevole libertà che, a sua volta, induce una valorizzazione della scelta esclusiva: in un mondo in cui posso costruire e decostruire relazioni senza stigma né vincoli sociali rigidi, va da sé che, nel momento in cui scelgo, do valore a quella scelta. Qualora questa non andasse più bene, c’è infatti la possibilità di interrompere, chiudere, cambiare, senza bisogno di tradire. Dunque: relazioni più discontinue, ma più apprezzate, vissute, arricchite con la propria presenza.

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Per gli anni intermedi le percentuali erano: 49% nel 1987, 48% nel 1992, 46% nel 1996.

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In questo quadro cambiano inevitabilmente anche le percezioni connesse ad altre sfere legate alla vita di coppia che esulano, almeno in parte, dalla quotidianità tra i partner. Innanzitutto, se il matrimonio è visto dalla grande maggioranza dei giovani come lo sbocco (teorico) naturale dell’amore, ciò deve accompagnarsi ad una consapevolezza e convinzione piene. Questo apre alla convivenza e, in caso di necessità, al divorzio: la prima è ritenuta ammissibile dall’86% dei giovani, il secondo dal 74% [Buzzi Cavalli de Lillo 2007, 221]. Inoltre, i rapporti pre-matrimoniali sono accettati dall’86% degli intervistati [ibidem] e l’uso di anticoncezionali dal 75% [Buzzi 1998, 180]. Anche per quanto riguarda l’aborto si registra un grado di ammissibilità non secondario: nel 1998 coloro che lo ritenevano inaccettabile perché immorale erano il 19% e coloro che non si sapevano esprimere erano appena il 4% mentre, al contrario, lo ritenevano ammissibile senza distinguo il 23% dei giovani, il minore dei mali il 10% e non ammissibile ma giustificabile il 44% [Buzzi 1998, 180]. Secondo il dato più recente, lo considera ammissibile quasi un giovane su due (il 45% dei 15-34enni nel 2004) [Buzzi Cavalli de Lillo 2007, 221]. Tuttavia questo non significa che sia ritenuto un mero strumento di contraccezione o sia visto come atto senza conseguenze: nel 1996 tre giovani su quattro (76%) lo vedevano come azione condivisa tra i partner e non, quindi, come atto individuale di emancipazione e libertà femminile [Buzzi 1998]. L’orizzonte di riferimento che sembra dunque delinearsi - e, per molti aspetti, confermarsi - è di sostanziale separazione tra aree di vita tradizionalmente sovrapposte e unite in modo indissolubile: sessualità, procreazione e matrimonio [Saraceno 1996] sono ora comunemente intese come disgiunte o, quantomeno, come non unite necessariamente. L’ambito relativo alla dimensione affettiva e sessuale vissuta al di fuori e prima del matrimonio ha così perso quell’aurea di proibito che dava adito ad un senso di trasgressività correlata a determinate scelte: si sono attenuati, cioè, i confini netti tra giusto e sbagliato, tra ammissibile e non ammissibile, per dare spazio - ancora una volta - alla libertà individuale e alla realizzazione personale, anche nella relazionalità di coppia. E vale la pena sottolineare che questo si riscontra anche per i sotto-gruppi di giovani cattolici che si disallineano dalla morale proposta dalla Chiesa [Grassi 2006]. D’altro canto questo non significa che siamo di fronte ad un declino della morale: quanto detto più sopra per i sistemi di riferimento valoriali in generale, può essere qui ripreso in modo più puntuale anche per quel che attiene questa sotto-sfera. Non si tratta, cioè, di un decadimento dei riferimenti tout court quanto piuttosto di un loro mutamento, esito di processi di adattamento ad un tessuto sociale anch’esso in trasformazione. In effetti, la valorizzazione della libertà di azione nella sfera sessuale non viene legittimata indiscriminatamente, ma sempre nel rispetto dell’altro: così, per esempio, lo sfruttamento e la mercificazione sono ancora fortemente stigmatizzate.


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1.3.8 Dal baby-boom alla nascita a tasso zero: la generazione invisibile

Concludiamo questa panoramica di sintesi circa le nuove generazioni, riprendendo un fenomeno accennato in apertura che in parte si lega con quelli appena descritti: i giovani contano poco. E prima di istanze etiche e filosofiche ciò è riscontrabile in un mero dato di quantità: se nel 1964 i nati sono stati 1.016.120, nel 1998 sono scesi a 515.439 (anno del minimo storico) per salire lievemente se si considera che nel 2008 sono stati 576.65932[Livi Bacci 2008, 34-35]. Così se nel 1980 hanno compiuto 15 anni quasi un milione di giovani, ventotto anni dopo, nel 2008, tale numero è sceso a 590.000 [ibidem]. Questo è un primo dato oggettivo che - accanto all’allungarsi della vita media - non può non essere considerato: anche da un punto di vista prettamente elettorale, i giovani sono un peso “piuma” [Ambrosi e Rosina 2009] La questione è che non per questo devono contare poco: al contrario, essendo il futuro di ogni nazione, devono essere visti come una risorsa preziosa, non da coccolare, tranquillizzare e calmierare, bensì da far esplodere in tutte le sue potenzialità individuali e sociali. Non devono nascere “pensionati”, ancorati e conniventi ad uno status quo apparentemente immobile e gestito dai “padri”, bensì devono avere uno slancio verso l’avvenire che deve essere previsto con lungimiranza. Invece, i giovani terminano tardi gli studi (spesso prolungando il percorso oltre la durata necessaria), così come tardi entrano nel mercato del lavoro e, invischiati in un sistema incerto e privo di garanzie di lungo periodo, necessitano di un dispendio quotidiano di energie non sempre riconosciuto (e remunerato) che crea frustrazione, rassegnazione, accettazione passiva dell’esistente oppure la fuga oltre confine [Ambrosi e Rosina 2009; Livi Bacci 2008; Nava 2009]. Di più: anche quando bravi, anche quando capaci, si ritrovano a fare i conti con un contesto (politico, economico, sociale) che premia (oltre al capitale sociale dato dalle relazioni “che contano”) l’esperienza e l’anzianità prima del merito, dell’impegno personale, delle potenzialità. Da lungo tempo si dibatte circa l’età media di politici, professionisti, accademici e della classe dirigente, appannaggio della generazione dei padri (se non dei nonni) che poco fanno per consentire l’ingresso dei giovani. Ma se c’è una cosa (oltre a questa) su cui demografi, sociologi, psicologi, economisti convengono è che un Paese che non “sfrutta” i suoi giovani come innovatori, propulsori, linfa vitale, energia da sprigionare, è un Paese destinato al declino o, al limite, alla sopravvivenza [Ambrosi e Rosina 2009; Boeri e Galasso 2007; Livi Bacci 2008]. L’entrata tardiva (…) nel mercato del lavoro “vale” 1-2 milioni di occupati in meno, corrispondenti a un’economia significativamente “più piccola” (del 4-8%). Allo stesso modo, il ritardo con cui si entra a pieno titolo nel mondo della ricerca comporta una “perdita netta” di innovazione non recuperabile nel resto del ciclo di vita [Livi Bacci 2008, 111].

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Si veda il bilancio demografico disponibile su http://www.demo.istat.it/ .

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(…) meno uno stato investe sulla qualità delle nuove generazioni meno possibilità avrà di prosperare in futuro. (…) Non a caso, in latino il termine “giovane” proviene da iuven e ha la stessa radice del verbo iuvare che significa essere utile, contribuire al bene comune. (…) dal successo individuale del processo di diventare adulti dipende anche il futuro e il successo della comunità civile nel suo complesso [Ambrosi e Rosina 2009, 22-23] Giuseppe Mazzini aveva 26 anni quando ha fondato la Giovine Italia [Ambrosi e Rosina 2009, 13]; Orson Welles ne aveva 26 quando ha girato “Quarto potere”; Steve Jobs, 21 quando ha creato la Apple Computer assieme a Mike Markkula; Walt Disney 27, quando nasce Topolino; l’età modale “della” scoperta dei premi Nobel [Livi Bacci 2008]33 è pari a 35 anni: per dire che la giovinezza è quella fase di vita che meglio di altre crea un equilibrio alchemico di conoscenza, creatività, capacità di osservazione e analisi, curiosità, indipendenza di giudizio, ambizione, intraprendenza potenzialmente insuperabile [Livi Bacci 2008, 57]. Ma in Italia si tende a non considerare questi aspetti: In altri termini ancora, non solo l’Italia ha scarsità di giovani risorse, ma le pone “in produzione” più tardi, ne tiene sterilizzate le energie e viaggia, per così dire, col freno a mano tirato [Livi Bacci e De Santis 2007, 473]

1.4 LE NUOVE SFIDE DELL’ACCOMPAGNAMENTO ALLA CRESCITA

Alla luce di quanto esposto e descritto in queste pagine, emergono alcune sollecitazioni che devono necessariamente riguardare tutta la società adulta e, in particolare, coloro che sono chiamati a pianificare e implementare dispositivi politici e legislativi specifici per il segmento giovanile della popolazione. È necessario attivare seri e immediati interventi per favorire il protagonismo dei giovani nella società, per offrire una bussola nel loro disorientamento evitando che assomiglino sempre più a “surfisti che si lasciano trasportare dalle onde” [de Lillo 2009, 20; Cavalli 2007]. È dunque necessario attivare seri e immediati interventi per ricostruire un’educazione che abbandoni i richiami alla protezione e alla difesa e incalzi, piuttosto, il desiderio di mondo e di futuro [Benasayag, Schmit, 2004]; è necessario, cioè, ricostruire futuro e speranza. Non solo come atto dovuto verso le nuove generazioni, bensì, come imprescindibile azione di sviluppo. E questo richiede agli adulti di mettersi in discussione, di recuperare il mandato e l’alleanza educativi, di abbandonare la rinuncia: (Gli adulti, nda) Hanno cioè rinunciato, come genitori e/o insegnanti, alla loro funzione educativa, limitandosi i primi a provvedere ai servizi per il benessere

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L’autore fa riferimento a B. F. Jones, “Age and great invention”, Nber Working Paper n. 11359, marzo 2007.


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materiale dei figli e i secondi a trasmettere saperi asettici depurati da riferimenti ai valori. [Cavalli 2007, 465] Date queste premesse, che fare per i giovani e con i giovani? Il quadro tratteggiato nelle pagine precedenti è quello di una generazione benestante, cresciuta in famiglie accoglienti, amorevoli e concilianti su cui è sempre possibile contare. Ma è anche quello di una generazione che rischia di investire in una formazione (lunga) che si rivela inutile per un mercato del lavoro e un sistema economico inefficienti, che non sono in grado di garantire una sicurezza e una protezione tali da permettere solidità personale e sociale. È quello di una generazione “dormiente”, numericamente contenuta e che per questo sta perdendo prerogative e rappresentanza pubblica, rischiando di diventare invisibile. È quello di una generazione che ha bisogno di un nuovo futuro. E questo non solo per il suo benessere, ma per quello del sistema nel suo insieme. Perché un Paese che non investe nei giovani è un Paese che non investe nel suo avvenire. 1.4.1 La prima sfida: le questioni etiche e educative La rivalutazione del futuro e dell’ignoto: non minacce ma opportunità

In un clima di depressione diffusa [Galimberti 2008] un’azione propedeutica e indispensabile è quella di ricostruire premesse di convivenza e fiducia tra generazioni e gruppi della popolazione in conflitto o a rischio di confliggere. Molto di ciò che appartiene all’ignoto (il futuro come gli individui estranei) è spesso percepito come nemico, ostile, preoccupante con l’esito che le uniche strategie sono la ricerca di protezione, la chiusura nel privato, la rassegnazione. Elementi entrambi deleteri sia per l’individuo sia per il tessuto sociale che perde nella noncondivisione e nella non-partecipazione un importante ingrediente di tenuta e sviluppo. Per dirla con Barak Obama (seppur in relazione ad altri temi): “Non abbiamo paura del futuro. Non rimaniamo prigionieri del passato”.34 Questo richiede un investimento su più direzioni, a partire dalla creazione di una convivenza costruttiva tra i diversi segmenti della popolazione (a partire dalle diverse comunità etniche e linguistiche sempre più visibili anche nel nostro Paese) e l’implementazione di politiche di integrazione e dialogo lungimiranti che consentano scenari di crescita e di progresso. Il ri-accreditamento del pubblico e del sociale

Di fronte ad un apparato istituzionale sempre più in crisi di credibilità nelle sue funzioni legislative, governative e di controllo, urge un cambiamento culturale che consenta e favorisca un ri-accredito del “sistema”. Non solo e non tanto in chiave etica, includendo uno slancio solidaristico verso chi ha bisogno o verso chi è più 34

http://www.lifegate.it/ambiente/articolo.php?id_articolo=2696

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debole, quanto piuttosto come ri-consolidamento razionale e, infine, utilitaristico, partendo dal presupposto che solo la tutela e la difesa di ciò che è pubblico e comunemente condiviso garantiscono la stabilità e la tenuta dei sistemi democratici e, in ultima istanza, la libertà e il benessere individuali. Questo apre a tutto ciò che è “Educazione alla cittadinanza”. Il valore dell’impegno e della fatica

Un sistema “corrotto” dalla logica della clientela, delle relazioni “che contano” e che quindi premia l’origine e penalizza il merito e le capacità personali e individuali, è un sistema destinato al fallimento in quanto non in grado di selezionare e allocare le risorse (umane e intellettuali) nel modo più efficiente. Anche in questo caso serve un cambiamento di rotta che crei le premesse per meccanismi di differenziazione tra capaci e incapaci e ridia valore all’impegno, al risultato, al valore aggiunto. Impegnarsi in lunghi percorsi di formazione e istruzione deve dare un riscontro: studiare ed essere bravi deve servire. Questo implica la volontà di ideare e mettere in pratica meccanismi di selezione (nelle Università, nel mercato del lavoro, nell’Amministrazione Pubblica, etc.) in grado di offrire le migliori condizioni ai migliori attori.35 Partecipazione e rappresentanza

I giovani non sono distanti dalla politica e dal sociale, ma chiedono nuove vie e nuove opportunità per impegnarsi e mettersi in gioco in prima persona. Perché questo avvenga è necessario creare dei contesti di rappresentanza atti a favorire e sostenere la partecipazione che non può però diventare protagonismo senza una guida efficace da parte degli adulti. Questo apre a due vie: da una parte l’assunzione di responsabilità dei rappresentanti pubblici che devono accollarsi anche le istanze dei più giovani per dare loro voce; dall’altra l’apertura ad esperienze educative e formative che consentano la costruzione di senso critico e di competenze atte a consentire una cittadinanza piena e attiva. 1.4.2 La seconda sfida: le questioni politiche

Per passare da un contesto statico ad uno dinamico che consenta di creare le premesse per una nuova ripresa a vantaggio delle nuove generazioni (e quindi del Paese) molto spesso è utile ripercorrere politiche “tradizionali”, riviste e rivisitate nei loro fallimenti e nelle loro carenze: in particolare ideando e implementando dispositivi relativi a istruzione, mercato del lavoro, casa [Cavalli 2007, p. 469 e segg.; Livi Bacci e De Santis 2007, p. 480].

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Senza che questo degeneri nell’esclusione dei soggetti più fragili e bisognosi di particolari sostegni.


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In questa direzione, un primo debito da saldare verso i giovani riguarda il sistema di Istruzione e formazione: deve essere garantito un percorso educativo e formativo che sia efficace, efficiente, credibile nei risultati trasversali e disciplinari, come nei contenuti professionalizzanti o più legati alle regole della convivenza. L’educazione scolastica - continua Napolitano - costituisce il fondamento della formazione civile e morale delle nuove generazioni, assicurare ai fanciulli il diritto all’istruzione è un principio di civiltà che va perseguito con determinazione, proponendo, attraverso i più moderni indirizzi pedagogici, modelli di vita fondati sul rispetto degli altri, sul dialogo e sulla integrazione sociale.36 Questo passa per una riorganizzazione dei percorsi formativi ma anche nella revisione dei meccanismi di formazione e reclutamento del corpo docente, elemento cruciale per la buona riuscita dei processi di apprendimento [Bazzanella 2009a]. Dal punto di vista del mercato del lavoro l’intervento non può e non deve limitarsi a creare le condizioni per la piena occupazione (che pure deve restare una priorità): è necessario costruire strumenti che consentano una stabilità personale accanto ad una precarietà e flessibilità dalle quali non è più possibile tornare indietro. È necessario ristabilire gli equilibri che consentano un futuro se non roseo quanto meno sostenibile anche per chi oggi è ancora giovane: servono interventi di rientro dalla insostenibilità di un sistema di assistenza e previdenza sociale fortemente sbilanciato a favore degli insider e delle generazioni di adulti, pagato peraltro dai giovani lavoratori di oggi [Boeri T. - Galasso V.,. 2007, 87]. Anche perché i giovani guadagnano molto meno rispetto alla generazione dei loro genitori: una riduzione che non è data solo dall’età ma da un sistema che nel complesso tende a penalizzare i nuovi ingressi. Rispetto ad altri Paesi europei è in Italia che il differenziale tra giovani e adulti è massimo con un guadagno dei secondi mediamente maggiore di 2.8 volte quello dei primi [Livi Bacci e De Santis 2007, p. 473] Accanto a questo - a favore dei singoli e del sistema - sono necessari meccanismi di riconoscimento e valorizzazione dei talenti, dispositivi che consentano lo sviluppo di innovazione, il sostegno alla creatività, all’imprenditorialità e all’autopromozione: elementi che trovano terreno fertile in una popolazione giovanile che ha voglia di impegnarsi per cercare nel lavoro stimoli, sfide e, come più volte rimarcato, realizzazione personale. Recuperando un’ottima sintesi, per promuovere la rinascita è necessario ripensare alle regole fondamentali del sistema socio-economico. In particolare - come suggeriscono Boeri e Galasso [Boeri e Galasso 2007, 140]: • Valutare la scuola e l’università. • Ridurre il dualismo del mercato del lavoro. • Introdurre il reddito minimo garantito. 36

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/09_novembre_18/giornata_infanzia_napolitano_ messaggio_tutela_minori-1602026362545.shtml

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• • • •

Politiche di supporto alle madri lavoratrici. Migliorare competizione e trasparenza nelle professioni. Riformare il sistema pensionistico. Ridurre i rischi legati al congestionamento urbano.

In sintesi estrema: ciò che serve ai giovani sono politiche serie ed efficaci anche se impopolari (relative a istruzione, mercato del lavoro, welfare) all’interno di un sistema di regole trasparenti e rispettate da tutti. Si potrebbe riduttivamente parlare in questo senso di “politiche per i giovani”, ma quello che potrebbe rivelarsi necessario è forse molto di più: un complesso di misure di natura generale, e con il respiro del lungo periodo, volto a rimettere i giovani al centro della vita sociale ed economica del nostro Paese [Livi Bacci e De Santis 2007, 472]. Temi non nuovi, segnalati e dibattuti, in modo più o meno approfondito, da tempo. Il compito e la sfida di accogliere e trasformare i dati in politiche innovative e coraggiose che vadano ad intaccare privilegi inamovibili a favore del futuro - e di gestire il confronto che da esse derivano - passano ora ai decisori e a tutti coloro che credono che la società di domani si costruisca con il benessere dei giovani di oggi.

1.5 CONCLUSIONI

Questo contributo mirava a tracciare brevemente il contesto entro il quale la popolazione giovanile si muove, con l’intento di andare oltre le semplificazioni e gli allarmismi dei media che spesso si ricordano dei giovani solo se devianti e tentano di trasferire singoli eventi trasgressivi (ancorché drammatici) all’intero segmento giovanile della popolazione. Questo processo perverso induce spesso a generalizzazioni improprie quanto fuorvianti che offuscano le risorse positive latenti e manifeste dei giovani “normali” nel loro impegno scolastico, sportivo, associazionistico, di solidarietà, per il bene pubblico e nelle loro fatiche quotidiane. Spesso singoli episodi di violenza o apatia vengono additati quale dimostrazione del declino e della caduta del senso civico nella nostra società: questo senza peraltro considerare come ciò riguardi anche il segmento generazionale di coloro che di questi giovani sono genitori, insegnanti, vicini di casa e, in seconda istanza, senza badare al fatto che i “giovani” non sono una categoria monolitica e monopensante ma rappresentano un gruppo sociale fortemente differenziato al suo interno e fortemente penalizzato dalla società italiana contemporanea. Un gruppo per il quale è sempre più difficile trovare criteri di classificazione chiari ed aggiornati che consentano una rapida comprensione della realtà. Forse è anche questa difficoltà a favorire interpretazioni semplicistiche: nei loro (pericolosi) limiti, esse hanno il vantaggio di offrire rassicurazione e deresponsabilizzazione al mondo


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degli adulti che è così esonerato da qualunque tentativo di riflessione approfondita e di intervento positivo. Ma un’analisi attenta e costruttiva dei processi precedentemente elencati consentirebbe di impostare nuove chiavi di lettura e di azione. Qui abbiamo tentato di cominciarla, perché la ricerca ha anche (…) il compito di correggere le deformazioni delle rappresentazioni sociali correnti sui giovani e di ricostruire un’immagine attendibile di come stanno effettivamente le cose [Cavalli 2007, p. 467].

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Capitolo 2 Verso un “new deal” delle politiche giovanili Giovanni Campagnoli

2.1 PREMESSA: UNA NUOVA GENERAZIONE DI INTERVENTI

Parlare di politiche giovanili oggi, significa proiettarsi in un ambito particolarmente dinamico, ricco di fermenti e nuove progettualità, innescate da alcuni forti cambiamenti istituzionali, il più importante dei quali è stato l’attivazione di un Ministero ad hoc. Se infatti in Italia non è mai esistito un sistema coordinato di interventi per le giovani generazioni, vi è ora una intenzionalità nel costruirlo. E molto velocemente. Il nuovo Ministero, voluto per la prima volta nel 2006, confermato – anche nelle principali linee d’azione – con il cambio di Governo del 2008, è nato per occuparsi dei temi importanti della vita dei giovani. Oggi, in materia di gioventù, si può probabilmente parlare di una innovazione senza precedenti. Infatti, nella storia del nostro Paese, non si è mai verificato che le istituzioni maggiori (Stato, Regioni, Province autonome, Province, Comuni) destinassero così tante risorse per i giovani: si tratta di oltre 500 milioni di euro1 a disposizione per ragazzi tra i 16 ed i 30 anni. Il neonato Ministero2 ha infatti istituito, per la prima volta in Italia, il Fondo nazionale per le politiche giovanili, dotandolo di 130 milioni di euro per tre anni. Questa somma è stata integrata dai co-finanziamenti delle Regioni e delle Autonomie Locali (previsti negli Accordi di Programma Quadro, si veda più avanti), arrivando così alla cifra straordinaria di mezzo miliardo di euro. Non solo: oggi, dopo la riforma del Titolo V° della Costituzione, le Regioni hanno pieno titolo per intervenire nei confronti delle giovani generazioni. Ora, con la sottoscrizione con il Ministero di 21 programmi di azione a regia regionale (si veda Capitolo 3), vi è la grossa opportunità di sperimentare un “sistema regionalista” nell’ambito di questi nuovi interventi in materia di gioventù. Infatti la titolarità legislativa e l’attuazione di queste azioni è nelle mani delle Regioni, diventati autentici policy maker in materia di giovani. Gli Assessorati regionali con questa competenza possono quindi, con l’apporto delle Province e dei Comuni (coinvolgendo così i giovani che nei Comuni abitano), definire insieme bisogni, istanze, idee, tutele e diritti nella progettazione e nella realizzazione degli interventi. Invece, fino a pochi anni fa (come si vedrà più avanti), le politiche giovanili sono state una tematica a “valenza debole”, con bilanci spesso irrisori (se comparati ad altri ambiti della spesa pubblica), con una scarsa attenzione politica verso i giovani, al di là delle dichiarazioni ufficiali.3 Non così nel resto dell’Europa. 1

Fonte: Ministero Politiche Giovanili e Attività Sportive (Pogas), Prospetto sintetico delle politiche giovanili messe in atto dal Pogas, Roma, febbraio ’08. 2 Seppur istituito con un ritardo di 40 anni rispetto ad altri Stati europei. 3 R. Balbo, Progetto Giovani, Utet, Torino 2001.


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2.2 I RECENTI RIFERIMENTI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI GIOVENTÙ

L’azione delle istituzioni internazionali a cui il nostro Paese appartiene, che da anni elaborano sia programmi d’azione per la gioventù che documenti ufficiali per il riconoscimento dei diritti dei giovani, ha cominciato ad avere ripercussioni ed effetti positivi nella realtà italiana. Anche perché, in assenza di riferimenti legislativi nazionali in materia di politiche giovanili (si veda più avanti), è necessario rifarsi alla normativa internazionale, a partire dalle dichiarazioni dell’Onu che stabiliva, già 25 anni fa, il 1985 quale Anno mondiale della gioventù. Vi è poi, nel 1998, la “Dichiarazione di Lisbona sulle politiche ed i programmi per la gioventù”, che impegna gli Stati ad intraprendere azioni in settori quali la partecipazione giovanile, lo sviluppo, la pace, l’istruzione, l’occupazione, la sanità, la prevenzione dall’uso di sostanze stupefacenti.4 Infine, rispetto all’Onu, è interessante segnalare il recente documento di valutazione delle politiche giovanili nazionali,5 che in primis definisce “giovani” la “categoria dai 15 ai 24 anni” dichiarando soprattutto che: “I giovani in tutto il mondo hanno aspirazioni e desideri di partecipare a pieno titolo nella vita delle loro società. Sono i principali agenti di cambiamento sociale, di sviluppo economico e innovazione tecnologica. Dovrebbero vivere in condizioni che favoriscano la loro creatività, gli ideali, la passione, sviluppando una tensione al miglioramento della loro società. Sono di fronte ad un paradosso: integrarsi nella società attuale ed esserne contemporaneamente una forza per trasformarla”. Per quel che riguarda le istituzioni europee (tabella 2.1), la UE, ancora prima che l’inclusione dei giovani diventasse parte dell’articolo 149, § 2 del Trattato di Maastricht nel 1993, ha promosso il Programma “Gioventù per l’Europa”6 a partire dal 1989, insieme ad Erasmus,7 proprio per educare le future generazioni all’idea di appartenenza a quella che sarà poi chiamata appunto Unione Europea. Dopo altri sei anni sono seguiti i programmi Leonardo, Socrate e Servizio Volontario Europeo. Nel nuovo Millennio la Commissione ha pubblicato nel 2001 il Libro Bianco per la gioventù8 e nel 2003 il Seguito del Libro Bianco. Un nuovo impulso per la gioventù 4

Lisbona, 8-12 agosto 1998, con l’istituzione della Giornata mondiale della gioventù, il 12 agosto di ogni anno, periodo in cui anche la Chiesa cattolica promuove (ogni due o tre anni) la G.M.G. intesa come un momento di incontro internazionale di spiritualità e cultura tra il Papa ed i giovani. 5 Onu: “Making Commitments Matter - Toolkit for young people to evaluate national youth policy”, 2007. 6 Nei 20 anni successivi hanno direttamente beneficiato di questo programma più di 1,6 milioni di giovani o giovani lavoratori, che hanno partecipato a scambi, volontariato, formazione. Nel solo 2008, oltre 110.000 giovani ed animatori socio-educativi hanno preso parte agli oltre 7.000 progetti, che sono stati 100.000 nel periodo 2000-2006 [Fonte: Commissione Europea, Memo/09/204, Bruxelles, 27/04/2009]. 7 Dalla sua creazione si è giunti a mobilitare all’interno della Comunità europea oltre due milioni di studenti e per il periodo 2009-2013 il bilancio è stato portato a 950 milioni di euro ed esteso anche ai dottorati di ricerca. Dal 2004 è attivo anche Erasmus Mundus che nel 2009 ha una ditazione di quasi un miliardo di euro (erano 230 milioni nel 2004) [Fonte: La Rivista, N° 32/09, “Conoscenze = Ripresa europea”, Commissione Europea DG Istruzione e Cultura]. 8 Commissione Europea: Libro Bianco della Commissione Europea: un nuovo impulso per la gioventù

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europea. Lo stesso anno, il 21 maggio 2003, il Consiglio d’Europa, ha approvato la Carta europea di partecipazione dei giovani alla vita municipale e regionale.9 Tabella 2.1 - Libro Bianco e Carta europea di partecipazione Il Libro Bianco per la gioventù offre addirittura una prassi di lavoro efficace tra Stati membri per definire gli interventi per i giovani: si tratta del “Metodo Aperto di Coordinamento”, che dà attuazione all’articolo 149 del Trattato.10 La novità è la possibilità per i giovani di partecipare alla definizione delle politiche loro rivolte, oltre che a valutarle e riprogettarle.11 Questa direzione è sostenuta da diverse normative europee (oltre al già citato Libro Bianco), tra cui la Carta europea di partecipazione dei giovani. Questo documento afferma che gli Enti Locali e regionali, che sono le autorità maggiormente vicine ai giovani, hanno un ruolo rilevante da svolgere per stimolare la loro partecipazione, facendo in modo che i giovani esercitino fin da ora un’influenza sulle decisioni e sulle attività che li riguardano, e non unicamente ad uno stadio ulteriore della loro vita. Ma per promuovere la partecipazione dei giovani gli Enti Locali devono accertarsi che esista un ambiente culturale rispettoso dei giovani e garantire che nei progetti vi sia anche una dimensione di svago e di piacere, perché in questi contesti è più facile che si sviluppino, idee, voglie, passioni, ecc. Non solo: l’art. 52 prevede che gli Enti facilitino la realizzazione di progetti che partono dai giovani affiancati da operatori professionali facilitando l’accesso a dei sostegni finanziari, materiali e tecnici, per arrivare a realizzazioni locali vantaggiose per tutti e che possono aiutare i giovani a sviluppare il loro senso di responsabilità e la loro autonomia e a diventare dei protagonisti sociali.

Nel 2005, per implementare la Strategia di Lisbona,12 la UE ha dato vita al Patto Europeo per la Gioventù: promuovere e realizzare la cittadinanza attiva dei giovani per una migliore occupabilità, integrazione e sviluppo sociale,13 con il quale i Ministri della Gioventù si sono impegnati ad inserire le politiche giovanili nell’insieme delle principali politiche nazionali, affermando altresì che solo con un maggiore coordinamento tra un sistema europeo e le singole politiche nazionali aventi come benefieuropea, Bruxelles 2001. 9 Consiglio d’Europa, Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa: Carta Europea riveduta della partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale, Strasburgo 2003. Si tratta senz’altro di un documento poco conosciuto, la cui edizione precedente del 1990 era stata adottata da non più del 2% degli Enti Locali italiani (Democrazia in Erba, Perugia, 20 novembre 2007) e quella attuale probabilmente ancora da meno. 10 che prevede anche “che si contribuisca a sviluppare un’istruzione di qualità incoraggiando la cooperazione tra Stati membri”. 11 Il meccanismo è quello della consultazione, cioè processi di progettazione partecipata attuati tra i giovani degli Stati membri così come è stato per elaborare il Libro Bianco. E ciò su quattro temi: la partecipazione, il volontariato, l’informazione, la ricerca e più in generale tutto ciò che può contribuire allo sviluppo e al riconoscimento delle attività realizzate a favore dei giovani (“youth work”, appunto). Si parla di “educazione non formale”, concetto già espresso nella Raccomandazione 1.437/2000 del Parlamento Europeo. 12 Un programma di riforme economiche approvato a Lisbona dai Capi di Stato e di Governo (Consiglio Europeo) della U.E. nel marzo 2000, con l’obiettivo di fare dell’Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010. Caratteristica peculiare è che per la prima volta i temi della conoscenza sono individuati come portanti, pur essendo un documento che spazia in tutti i campi della politica economica e cioè innovazione e imprenditorialità, riforma del welfare e inclusione sociale, capitale umano e riqualificazione del lavoro, pari opportunità, liberalizzazione dei mercati del lavoro e dei prodotti, sviluppo sostenibile. 13 approvato dal Consiglio europeo di Bruxelles del 23 marzo 2005.


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ciari i giovani, si potrà contribuire a dare risposte efficaci alle loro aspettative. Due anni dopo sono stati approvati i programmi Gioventù in Azione e Lifelong Learning dove mobilità, istruzione, formazione professionale e cittadinanza attiva sono considerati mezzi per realizzare i nuovi obiettivi della Strategia di Lisbona. Si arriva al 2007, con l’avvio del nuovo programma “Gioventù in Azione”, con un budget di 885 milioni di euro da impiegare tra il 2007 ed il 2013 (erano 520 milioni nei 7 anni precedenti). Infine, nell’aprile 2009, la Commissione ha adottato per il prossimo decennio una nuova strategia per le politiche europee a favore della gioventù.14 Intitolata “Investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità”, questa nuova strategia riconosce in primo luogo che i giovani sono oggi uno dei gruppi sociali più vulnerabili (e a rischio di povertà) e, in secondo luogo, che nella nostra società soggetta ad un costante invecchiamento i giovani costituiscono una risorsa preziosa.15 L’attuale crisi economica e finanziaria mette in particolare evidenza la necessità di coltivare il giovane capitale umano. Pur disponendo di maggiori opportunità, i giovani europei di oggi si trovano ad affrontare situazioni difficili, come l’insuccesso scolastico e la disoccupazione, la povertà e l’esclusione sociale. La nuova Strategia è trans-settoriale, di lungo periodo (9 anni), ma in grado di definire priorità a breve termine e nei principali settori concernenti i giovani europei, in particolare l’istruzione, l’occupazione, la creatività e l’imprenditorialità, l’inclusione sociale, la salute e lo sport, la partecipazione civica e il volontariato. Il documento “Investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità”, che rappresenta il seguito dell’agenda sociale rinnovata presentata dalla Commissione europea nel 2008, ha i seguenti obiettivi: • ampliare i mezzi e le possibilità offerte ai giovani nei settori dell’istruzione e dell’occupazione; • migliorare l’inserimento sociale e la piena partecipazione dei giovani alla vita della società; • sviluppare la solidarietà tra i giovani e la società. Vengono anche definite misure per rafforzare una migliore attuazione delle politiche a favore della gioventù a livello dell’UE e viene sottolineata anche l’importanza dello youthwork16 sia nella lotta contro la disoccupazione, l’insuccesso scolastico e 14

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. “Una strategia dell’Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità. Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù”, Bruxelles, 27 aprile 2009 [Commissione Europea, COM2009/200, aprile 2009]. 15 La teoria economica dice che se un bene diventa più raro (si prevede che in Europa entro il 2050 i giovani diminuiranno dall’attuale 20% al 15% della popolazione), tende a diventare di conseguenza anche più prezioso, aumenta di valore e viene più ricercato. Stranamente, però, ciò non accade in Italia per il bene “giovani”. [Fonte: A. Rosina, “2008, Perché non scoppia la rivoluzione giovanile?”,Il Mulino, 2/2008]. 16 Si tratta (come lo definisce il Libro Bianco, si veda Nota 9) del lavoro nei club dei giovani, nei movimenti giovanili, “lavoro in strada”, progetti per sviluppare la cittadinanza, l’integrazione, la solidarietà

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l’esclusione sociale, che nel miglioramento delle competenze dei giovani e delle loro attività aggregative. Inoltre, questa nuova Strategia17 definisce le diverse azioni che saranno svolte dalla Commissione e dagli Stati membri e s’inserisce nella risposta coordinata dell’Unione Europea alla crisi attuale. Infine la Strategia propone un metodo migliore, semplificato e più flessibile, per coordinare le politiche a favore dei giovani attuate dagli Stati membri, con legami più stretti con la Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione.18 Tutte queste indicazioni sono state accolte nella Risoluzione nel novembre 2009 del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea, Sessione Gioventù, che contiene tutti questi elementi.19

2.3 L’OGGI: IL CONTESTO ATTUALE ITALIANO

La fase attuale presenta difficoltà che dal Dopoguerra il mondo giovanile non aveva mai vissuto. Infatti, se la globalizzazione può generare crescita e occupazione, può anche creare difficoltà particolari per i lavoratori vulnerabili, in primis i giovani, come la crisi ha dimostrato.20 Infatti le giovani generazioni oggi sono le più esposte agli effetti negativi di questa situazione,21 con pochissimi ammortizzatori sociali a disposizione, tranne, come da sempre, la famiglia d’origine (tabella 2.2).

tra i giovani ecc., cioè tutto quanto è al di fuori da quanto coperto dalle altre politiche come quelle relative all’occupazione, all’integrazione sociale e all’istruzione. Questo corrisponde alle attività e agli strumenti che a livello nazionale sono normalmente associati alle politiche della gioventù (si veda Capitolo più avanti). 17 Si veda Nota 15. 18 Commissione delle Comunità europee: “Raccomandazione del Consiglio sull’aggiornamento nel 2009 degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e sull’attuazione delle politiche per l’occupazione degli Stati membri”, Bruxelles, 28.1.2009 COM(2009) 34. 19 Risoluzione n°15131/09 del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea (Sessione Gioventù), “Un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il periodo 2010-2018”, Bruxelles, 17 nov. 09. 20 Fonte: Commissione Europea, COM2009/34, aprile 2009, si veda Nota 14. 21 In Italia nove posti di lavoro su dieci distrutti dalla crisi sono contratti a tempo determinato, collaborazioni coordinate e continuative e altri lavori formalmente in proprio ma dietro ai quali si celano posizioni di lavoro subordinato. Le cifre sugli atipici sono da bollettino di guerra: andati distrutti 265 mila lavori a termine, 100 mila collaboratori e 385 mila lavoratori autonomi, tra i quali vi sono diverse partite Iva ‘parasubordinate’ che forniscono le loro prestazioni a un solo committente. Tra i lavoratori precari che hanno perso il lavoro, uno su dieci ha accesso al sussidio di disoccupazione ordinario o alle indennità di mobilità. Questi giovani sono stati beffati due volte. Hanno avuto un lavoro decisamente meno protetto di quello degli altri e, una volta disoccupati, vengono completamente abbandonati dallo Stato. [Fonte: T. Boeri, Rivoluzione occupazione, “L’Espresso”, 29 dicembre 2009].


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Tabella 2.2 - La condizione socio-economica dei giovani italiani La situazione generale dei giovani, dal punto di vista socioeconomico, è descrivibile con questi dati di sintesi: • il debito pubblico pesa su ogni giovane dieci volte in più che per le generazioni del ’68;22 • il livello di disoccupazione giovanile cresciuto di quasi tre volte da allora (dal 10% al 26,9%);23 • le riforme previdenziali hanno nel complesso addossato la maggior parte dei costi dell’invecchiamento sociale sulle nuove generazioni;24 • nel nostro Paese, i giovani stanno pagando questa crisi 4 volte e mezzo in più del resto dei lavoratori;25 • gli adolescenti sono divenuti nel frattempo minoranza sociale;26 • i giovani sono la categoria più povera in assoluto ed a più alto rischio povertà in futuro;27 • per le nuove generazioni, l’ingresso nel mondo del lavoro avviene con molte meno garanzie contrattuali che in passato, tra precariato e pressoché assenza di ammortizzatori sociali; • nel nostro Paese, tra i giovani, comincia a delinearsi l’alternativa della “fuga” all’estero,28 trasversalmente a tutte le categorie di giovani, non solo tra le “eccellenze”.29

Sintomo principale di questa situazione – come visto in tabella 2.2 - è il dato della disoccupazione giovanile al 26,9%, mai così alta nella storia del nostro Paese. Non è però così nel resto d’Europa dove, a parte la Spagna, con un tasso di disoccupazione che va oltre il doppio della media europea (42,9%), le cose sono ben diverse. In Germania infatti il tasso di disoccupazione giovanile è al 10,3%, in Danimarca al 12%, in Olanda al 7,2%, in Austria al 10,2%. Anche nei Paesi di ingresso recente nell’Unione Europea, il tasso di disoccupazione giovanile è molto meno alto che in Italia: a Malta è al 14,1%, in Polonia al 21,2%, nella Repubblica Ceca al 17,5%, in Bulgaria 22

La quota di debito pubblico “under 30”, stimata nel 2009, è di 97.000 euro pro capite (+ 17.000 dal 2006, il 21%) e, sempre indicizzata al 2006 era di 10.373 euro nel 1968 (+700%) (T. Boeri e V. Galasso, Contro i givani. Come l’Italia sta tradendo le nuove generazioni, Mondandori, Milano 2007). 23 Eurostat, ottobre ’09. 24 Si veda Galasso, “L’eredità previdenziale”, www.lavoce.info. 25 La disoccupazione giovanile è infatti aumentata, da ottobre ’08 a ottobre ’09, del 4,5%, passando dal 22,4 al 26,9%, mentre nello stesso periodo il tasso di disoccupazione generale è cresciuto dell’1%, passando dal 7 all’8%. Un’indicazione piuttosto evidente del fatto che in Italia la crisi si è abbattuta soprattutto sui più giovani [Fonte: si veda Nota 24 e 25]. 26 L’Italia è stato il primo Paese nella storia dell’umanità nel quale (1993) il numero di persone di 65 e più anni ha superato il numero di minori di 0-14 anni. Siamo il Paese con il più alto tasso di invecchiamento al mondo, e la più bassa fecondità. Risultato: la “piramide demografica della popolazione” si è rovesciata. All’inizio degli anni ’50 la popolazione italiana era di 47,5 milioni di abitanti: il 34,6% aveva meno di 20 anni (ora il 18%); gli ultrasessantacinquenni erano l’8,2% della popolazione (ora il 20%). È un fenomeno rapido ed in crescita continua: dal 2002 al 2009 gli over 65 sono incrementati del 13,4%, mentre gli under 14 diminuiti del 4%. Oggi compiono vent’anni meno di 600.000 giovani, ma erano 900.000 nel 1990 [Fonte: Istat, 2009]. La quota di popolazione anziana su quella in età da lavoro è del 30%; tra cinquant’anni, neanche il tempo di due generazioni, potrebbe essere del 65%. Questo squilibrio quantitativo comporterà inevitabilmente anche un cambiamento qualitativo nei rapporti tra le generazioni [Fonte: Nota precedente]. 27 Istat, 2009. 28 S. Nava: “I Talenti espatriati ci costano quasi due miliardi di dollari l’anno!”, su www. fugadeitalenti. wordpress.com, 9 novembre ’09. 29 S. Laffi: “Giovani d’oggi”, Convegno “Ci si mette molto tempo a diventare giovani”, Provincia di Udine, 17 dicembre 2009.

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al 17,4%. Pochi quindi i Paesi che mostrano un dato peggiore di quello italiano.30 Un dato che conferma ancora una volta l’alto rischio di esclusione dei giovani dal mondo del lavoro. Così, se è pur vero che in Italia gli “under25” spesso sono ancora all’università, la ben diversa situazione degli altri Paesi europei dice, in generale, di percorsi universitari più veloci e, in molti casi, anche occupazione immediata dopo la laurea oltre che una uscita anticipata dalla famiglia di origine. In sintesi, sistemi, nel complesso, più efficaci del nostro. Se la disoccupazione è il sintomo, i problemi vengono identificati sotto il nome di “gerontocrazia sociale”, di “provincialismo relazionale”, di “mal di merito”31 che a volte porta anche alla fuga dei migliori talenti nazionali32 e comunque soffoca le nuove generazioni (dati certificati dal CNEL)33 e, soprattutto, impedisce loro di crescere ed emergere.34 Le cause di questa situazione: un “ancien régime”35 organizzato in forma di “net etite” di difficile accesso, impegnato più a mantenere questo “status quo” di immobilismo sociale,36 che non ad occuparsi dei temi dello sviluppo futuro del Paese. Per uscire da questa situazione, vanno incrementate e migliorate le possibilità di ciascuno, facilitando un abbassamento delle soglie ad una serie di “accessi”37 e superando quei meccanismi immeritocratici che rischiano di bloccare l’Italia in questo momento di crisi: quindi talento e merito38 al posto, in generale, di familismo e raccomandazioni.39 30

Fonte: Eurostat, ottobre ’09. Questo sistema italiano di “non meritocrazia”, che in generale seleziona le classi dirigenti procedendo più per cooptazione su base fidelistiche, che non per selezione su competenze e capacità, costa al Paese dai 1.080 fino a 2.671 euro pro-capite, con una perdita del Pil compresa tra il 3 e il 7,5%, che in valore assoluto significa un ammontare della ricchezza non prodotta che oscilla tra i 64 ed i 157 miliardi di euro [Fonte: Generare Classe Dirigente, Terzo rapporto dell’Università Luiss, Roma 2009]. 32 Costa un miliardo, 761 milioni, 37mila e 200 dollari l’espatrio dei giovani professionisti italiani all’estero, diventata una meta per oltre il 30% dei laureati ai corsi di laurea specialistica in Bocconi. [Fonte: S. Nava: www. fugadeitalenti.wordpress.com]. 33 Forun Nazionale dei Giovani – CNEL, U.R.G! Urge ricambio generazionale. Primo rapporto su quanto e come il nostro Paese si rinnova, Ed. Rubbettino, Roma 2009. 34 S. Nava, La fuga dei talenti, Edizioni San Paolo, 2009. 35 Termine coniato da Alexis de Tocqueville, autore del saggio “L’Ancien régime et la révolution” e “La democrazia in America”. 36 E funzionale a ciò vi è la quotidiana sottorappesentazione (quanti e qualitativa) che i media (in particolare le televisioni generaliste) offrono dei giovani [Fonte: Osservatorio Media Research di Pavia, www.osservatorio.it]. 37 Come detto, ad esempio, relativi a reddito, casa, credito, impresa, lavoro, formazione, diritto allo studio, mobilità, costituire una nuova famiglia, ecc. 38 La domanda di meritocrazia e severità arriva sia dall’alto delle istituzioni sia dal basso della popolazione: infatti otto cittadini su dieci auspicano l’applicazione diffusa del merito nella scuola e sul lavoro. È il segno che nel Paese si comincia a respirare aria nuova e che la riscoperta dell’economia reale porta con sé anche un positivo ribaltamento della gerarchia dei valori, a partire da un nuovo modo di intendere il merito, concepito non più come leva del successo personale, ma come virtù pubblica [Fonte: Generare Classe Dirigente, Terzo rapporto dell’Università Luiss, Roma 2009]. 39 Dallo studio “Italian Managers: fidelity or performance” (presentato al Festival dell’Economia di 31


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Da questa situazione consegue che gli accessi alla vita adulta (intesa, oltre che come lavoro, anche come accesso a credito, casa, istruzione qualificata, diritto allo studio, impresa, professioni, possibilità di costituirsi una nuova famiglia, ecc.) sono molto postdatati (si veda anche Capitolo 1).40 Questo prolungamento della condizione di lungo-adolescenza (ma che in realtà rischia di diventare una lungo-dipendenza) porta inevitabilmente a riconsiderare l’idea stessa della condizione giovanile, che non è più una breve transizione tra l’infanzia e l’adultità.41 Si tratta allora di un riconoscimento di una fase ben distinta della vita (e che oggi può durare anche 20 anni), dove anche se non vi è un allontanamento dal controllo genitoriale, vi sono invece specificità di condizioni biologiche e psicologiche, contraddistinte da molteplici sfumature, ambiguità, valori, con comportamenti e stili di vita autonomi e chiaramente riconoscibili. A questa alterità rispetto alle altre fasi delle vita, oggi comincia a corrispondere una presa di coscienza sociale ed una prima serie di interventi (necessari e non più rinviabili) di tutela. Questa nuova situazione di difficoltà42 di una fascia di popolazione (dai 15 fino anche ai 35 anni) di godere sia di una piena titolarità dei diritti di cittadinanza (come detto rispetto al lavoro,43 ma in generale all’autonomia), che di una consapevolezza nella titolarità dei doveri, è il punto di partenza nell’elaborazione di interventi e politiche per la gioventù. Invece i principali provvedimenti legislativi in materia di giovani, sono stati approvati in Italia in “clima di emergenza” rispetto al alcuni allarmi sociali con lo scopo di contrastare quei fenomeni giovanili che più destavano preoccupazione (in primis droghe e criminalità). Lo Stato quindi (si veda più avanti) invece di occuparsi di giovani (ad esempio elaborando un piano organico per favorire la loro autonomia) ha finito quasi esclusivamente per preoccuparsene,44 Trento del 2009) emerge che molte imprese (quelle non familistiche e a vocazione multinazionale) si basano sulle performance, mettono annunci, fanno riferimento a precedenti contatti d’affari. Ma la maggioranza decide sulla base delle relazioni personali o anche familiari. Ciò significa che non si sceglie qualcuno che ha dimostrato di valere, ma una persona con cui si è fatto il liceo o l’amico o il figlio di amici. 40 A questo proposito, un indicatore interessante del prolungamento della gioventù, è la scelta dell’Istituto IARD nell’ambito dell’attività di ricerca a livello nazionale sui giovani italiani. L’Istituto IARD nel 1983 realizzò il primo Rapporto Giovani, seguito da un secondo sempre negli anni ’80 con campioni di giovani di età compresa tra i 14 e i 24 anni. Negli anni ’90 il limite superiore venne innalzato a 29 anni, nell’ultima indagine (2006), per poter osservare quote significative di giovani che avevano raggiunto le tappe verso l’adultità, è stato necessario estendere il campione includendo i giovani fino ai 34 anni (si veda anche Capitolo 1). 41 raggiunta con il superamento di alcuni riti sociali collettivi (es. esame di maturità, servizio militare) ed altre tappe di vita programmabili (primo impiego, matrimonio, figli). 42 Non si parla più di “disagio” giovanile per indicare (se non giustificare) una serie di interventi, ma sempre più di condizione, di status, fino ad ipotizzare un riconoscimento di tutele, garanzie, diritti dei giovani al pari di quelli dell’infanzia, universalmente riconosciuti. 43 Essendo, in base all’art. 1 della nostra Costituzione, l’Italia una “Repubblica fondata sul lavoro”. 44 Dimensione che ha condizionato invece i provvedimenti legislativi degli anni ’80 e ’90 in materia di minori e giovani, legati quasi esclusivamente alla prevenzione delle dipendenze, al contrasto alla criminalità giovanile o in generale ad interventi per la maggior parte di carattere educativo/assiten-

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di fronte ad alcune emergenze evidenti e non più rinviabiabili, che poi hanno connotato negli anni successivi molte delle rappresentazioni (negative) dei giovani da parte delle istituzioni. Invece prendere atto delle specificità e della realtà attuale dei giovani evidenziata prima, facilita poi l’elaborazione di linee-guida e priorità regionali e nazionali rispetto all’azione di inclusione dei giovani nella società (funzionale al suo sviluppo ed allo sviluppo dei territori), su una base di pari opportunità e merito, costruendo cittadinanza, traguardo che oggi per i giovani è, appunto, in parte negato o difficile. Le politiche giovanili, il lavoro sociale con i ragazzi, non sono quindi un costo sociale che bisogna sopportare, nell’attesa che passi la “nottata giovanile”, quasi fosse una gabella generazionale45 che va inserita nella lista delle spese, ma è un modo per aiutare delle potenzialità a tradursi in risorse per il territorio, per aiutare un Paese a pensarsi al futuro, a intravedere speranza e sviluppo, a contaminarsi con nuovi valori. Anche perché, già da diversi anni, le indagini condotte dall’Istituto IARD hanno segnalato come alcune tra le tendenze emergenti utili all’uscita dalla crisi, fossero anticipate dalle nuove generazioni, al di là della moda, della musica e dei consumi. Infatti caratteristica rilevante della popolazione giovanile risulta essere la creazione di nuovi bisogni, nuovi valori e nuovi sistemi di significato, sia nella sfera privata che nel rapporto tra giovane, società e politica. Qualche esempio: nuovo ecologismo con forte attenzione alle forme di energia rinnovabili, alla qualità dell’alimentazione, alle questioni dello sviluppo sostenibile, tecnologia a basso consumo, all’impegno in ambiti espressivi e di contenuto etico, ad un bilanciamento del rapporto vita privata e lavoro, ad un impegno solidaristico,46 al valore delle differenze. Per non parlare delle capacità nell’uso delle tecnologie e dei nuovi media in particolare e nella creazione di nuovi linguaggi (per esempio quello degli sms). Tutti aspetti che verranno ripresi anche più avanti e che indicano che la “scommessa” sulle giovani generazioni parte da una base molto promettente di “capitale umano” che rende il rischio di questa sfida davvero accettabile e non più rinviabile. Come detto all’inizio, si è di fronte ad un momento di rinnovata sensibilità istituzionale rispetto a questi temi. Una ulteriore dimostrazione è stata l’attenzione rivolta ai giovani da parte del Presidente della Repubblica nel suo “Messaggio di fine anno”, che ha citato i giovani ben 13 volte nel suo discorso47 (tabella 2.3). ziale e molto meno promozionale (si veda più avanti). 45 M. Colleoni: “Fare educazione sociale con adolescenti e giovani in contesti montani”, Bormio, 13 ott. ’07. 46 All’indomani del terremoto abruzzese del 6 aprile 2009, circa 4.500 i ragazzi hanno riempito il modulo sul sito della banca dati attivata dal Ministero della Gioventù, mettendosi a disposizione della Protezione Civile per portare aiuto nelle zone colpite dal sisma. 47 Giorgio Napolitano, Roma, 31 dicembre 2009. Per farsi un’idea di cosa significhi, l’analisi testuale di 60 anni di messaggi presidenziali, riporta che le parole più usate sono state “Tutti” (448 volte), “Popolo” (321 volte), “Pace” (228 volte), “Anno” (196 volte), “Paese” (175 volte), “Italiano/i” (174 volte), “Stato” (161 volte), “Giovani” (116 volte), “Noi” (116 volte), “Politica” (115 volte). [Fonte: Le parole di una Repubblica: i messaggi di fine anno dal Quirinale].


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Tabella 2.3 Estratto dal messaggio di fine anno 2009 del Presidente della Repubblica Le condizioni più critiche si riscontrano nel Mezzogiorno e tra i giovani. Sono queste le questioni che richiedono di essere poste al centro dell’attenzione politica e sociale e quindi dell’azione pubblica. […] C’è una cosa che non ci possiamo permettere: correre il rischio che i giovani si scoraggino, non vedano la possibilità di realizzarsi, di avere un’occupazione e una vita degna nel loro, nel nostro Paese. Ci sono nelle nuove generazioni riserve magnifiche di energia, di talento, di volontà. […] A tutti i giovani la società e i poteri pubblici debbono dare delle occasioni, e in primo luogo debbono garantire l’opportunità decisiva di formarsi grazie a un sistema di istruzione più moderno ed efficiente, capace di far emergere i talenti e di premiare il merito. Fonte: Quirinale (www.quirinale.it), Roma, 31 gennaio ’09.

Inoltre, sempre di positivo, vi è anche una presa di coscienza sociale della questione giovanile: infatti il Rapporto Censis 2009 afferma che per la ripresa del 2010 gli Italiani chiedono sostegno per le famiglie, per i giovani e per le piccole imprese (tabella 2.4). Tabella 2.4 - Le categorie sociale più penalizzate dalla crisi, secondo gli Italiani Le categorie sociali destinatari della quota più alta di risorse pubbliche “anticrisi” dovrebbero essere: 1. le famiglie con figli (49,7%); 2. i giovani (48,8%); 3. gli anziani (21,8%). Fonte: Censis:“43° Rapporto Annuale”, Roma 2009

2.4 QUALI POLITICHE PER I GIOVANI?

Partendo dal quadro descritto rispetto alla situazione attuale, le istituzioni si attivano per elaborare risposte concrete a queste sfide. In questo senso, si possono definire le “politiche giovanili” come quel sistema di azioni ed interventi a valenza pubblica,48 con la finalità generale di fornire ai giovani49 opportunità, mezzi, possibilità e percorsi per vivere in modo positivo la fase di transizione alla vita adulta.50 Quindi adultità intesa come condizione di maggior autonomia e consapevolezza, status di piena cittadinanza, sinonimo di reale fruibilità di diritti (e non solo titolarità). Le “politiche giovanili” comprendono allora l’insieme di interventi che si rivolgono ai giovani, ponendo l’accento sia su di loro, sia sull’oggetto: sono sia azioni mirate ad una precisa fascia di popolazione sia azioni a breve e a lungo termine nei principali settori inerenti i giovani, in particolare l’istruzione, l’occupazione, la creatività e 48

Intesi secondo il dettato costituzionale della “sussidiarietà orizzontale” (Cost. art. 118) e cioè l’attribuzione delle funzioni pubbliche anche alle formazioni sociali che vengono chiamate a condividere le responsabilità pubbliche in un sistema integrato di interventi [Fonte: F. Dalla Mura, Appalti, concessioni e convenzioni tra Enti pubblici e Terzo settore, “Ilsole24ore”, Milano 2005]. 49 Vale a dire, in linea generale, gli adolescenti e i giovani adulti dai 13 ai 30 anni. 50 G. Campagnoli, Politiche giovanili: progetti in ordine sparso, in “IlSole24ore”, “Guida degli Enti Locali”, 28 ottobre ’05.

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l’imprenditorialità, l’inclusione sociale, la salute e lo sport, la partecipazione civica e il volontariato51. La necessità di questo tipo di interventi a carattere trans-settoriale legato ad una precisa fascia di popolazione è oggi resa ancor più evidente dalla attuale crisi che rende più urgente che mai la necessità di favorire lo sviluppo del capitale umano delle giovani generazioni, da cui dipende il futuro dell’Europa, consapevoli però del fatto che “per molti giovani le possibilità di farsi strada nella vita sono scarse”.52 Si tratta allora di un new deal di interventi a favore dei giovani per un’Italia che dovrà diventare, da questo punto di vista, più “europea”53 e che non può che partire da un sistema di istruzione54 e formazione migliore (in termini di qualità ed efficacia),55 anche adottando lo spirito del lifelonglearning,56 unito ad una maggiore propensione alla mobilità,57 assumendo le sfide relative ad innovazione e creatività,58 51

Commissione delle Comunità Europee: “Una strategia dell’Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità. Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù”. Bruxelles, 27.4.2009 - COM(2009) 200. 52 Si veda nota precedente. 53 Ad esempio prevedendo meccanismi di selezione di tradizione “anglosassone” con percorsi chiari e trasparenti in modo che ai giovani meritevoli e di talento vengano concesse quelle possibilità ed opportunità che sono la base della “mobilità sociale”, garanzia stessa dello sviluppo di un Paese. 54 con università caotiche (si parla di 6.492 corsi istituiti dagli atenei italiani, con 3.000 lauree brevi) e chiuse, con pochi scambi e molta autoreferenzialità. Sotto questo profilo il ritardo con il resto del mondo è sconcertante: pochi studenti stranieri (a Bolzano il 10%, a Bologna poco più del 3,5%, nel resto d’Italia sotto questa percentuale, mentre alla Columbia University sono il 22%) e pochissimi docenti stranieri (alla Bocconi, il top, sono il 4%, a Copenhagen e a Vienna il 28%, alla London Business School addirittura il 60%). [Fonte: D. Pitteri. Creatività vs declino, in “NP, Newpolitics”, n. 7/05]. 55 La scuola non è certo efficace a ridurre le differenze di origine dei giovani, oggi “ereditarie” nel senso di legate alle condizioni della famiglia di origine (si veda anche Capitolo 1). In un contesto attuale dove è richiesto dinamismo, flessibilità, imprenditività, la scuola sembra funzionale a formare “dipendenti” più che giovani intraprendenti ed imprenditivi. A questo scopo, va ricordato invece che l’educazione non formale può contribuire a formare competenze per un lavoro in continua evoluzione [Fonte: Regione Emilia Romagna (2004): “Domani lavoro. L’educazione non formale per un lavoro che cambia”, Bologna]. 56 La formazione continua in Italia (tra i lavoratori di 25-64 anni) riguarda il 6,8%, mentre la media europea è del 10%, con punte del 27,6% in Danimarca e del 35,8% in Svezia. [Fonte: Isfol: “Relazione ex lege 845/78 art. 20 sullo stato e sulle previsioni delle attività di formazione professionale”, novembre 2008]. 57 “Chi viaggia si sveglia” è il claim della campagna di Vedogiovane per la promozione della mobilità giovanile (si veda www.vedogiovane.it). Rispetto a questa dimensione, negli ultimi anni si assiste a qualche cambiamento che ha fatto venire meno, sul piano collettivo, una delle rigidità sul mercato del lavoro dovuta alla “immobilità” delle persone. Oggi infatti solo il 28% vorrebbe un lavoro nel proprio Comune e quindi domanda ed offerta di lavoro possono incontrarsi più facilmente. Oggi infatti sette ragazzi su dieci (72%) sono pronti a lasciare il comune di residenza pur di trovare un impiego. Molti (27%) sono disposti anche a lasciare l’Italia e l’Europa. A dispetto della convinzione di chi li vuole poco disposti a lasciare la propria città di origine, a dispetto di chi li vede legati in maniera eccessiva alla propria famiglia. Per i laureati, da segnalare che mentre al Nord il 94% trova lavoro nella provincia in cui ha studiato, al Sud riesce a fare lo stesso solo il 65%. Inoltre negli ultimi 5 anni più di duecentomila giovani tra i 20 ed i 30 anni hanno lasciato il Sud [Fonte: Giovani e mercato del lavoro, Isfol e Università La Sapienza, Roma, 2006]. 58 In Italia le professioni ed i mestieri ad alto indice creativo riguardano il 14% della popolazione (la


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fornendo alle giovani generazioni, nuove competenze spendibili su un mercato del lavoro in continua evoluzione, investendo nella formazione, nello studio delle lingue e nell’uso della tecnologia oltre che nella acquisizione delle competenze chiave previste dalla Comunità Europea (si veda più avanti). Ma oltre alla scuola e alla formazione, vi sono i percorsi di educazione non formale. Questa è indicata dalla UE come un’opzione strategica e punto di forza dello sviluppo delle politiche giovanili in Europa59 contenuto nei recenti documenti approvati dal Consiglio e dalla Commissione.60 Rivalutare questa dimensione significa, per il nostro Paese, riscoprire le sue attitudini, in particolare quel modo di apprendere tra “la strada e la bottega”, che ha fatto grande la nostra nazione, grazie alla formazione di quei talenti del Rinascimento, inventori, poeti, scrittori, ed oggi di quegli imprenditori di eccellenza che esportano il made in Italy o di quei professionisti apprezzati nel mondo, così come ricercatori e creativi,61 ecc. Metodologicamente, si tratta allora di attualizzare una “strategia del fare” nel lavoro con i giovani, associandola poi ad una riflessione sulle attività che li vedono coinvolti, in modo che siano esperienze motivanti e con finalità orientative, proprio per aiutare ciascuno a ricercare il “proprio percorso in base al proprio talento”. Tutto ciò va sotto il nome di “educazione non formale”. Si tratta quindi di esperienze di volontariato, di partecipazione, di attività legate all’espressivività giovanile, di impegno per la propria città/Comune (si veda più avanti). Per quel che riguarda percorsi di avvicinamento al lavoro l’immagine è quella di “andare a bottega” e la metodologia è quella propria della bottega artigiana, luogo di straordinaria importanza per la formazione dove, come è noto, si acquisiscono, lavorando a stretto contatto con l’artigiano, nel modo più vero e completo, le competenze e si media Ocse è del 30%), che vede l’Italia al 34° su 39 nazioni censite… Fonte: Creativy Group Center, organizzazione europea vicina a Richard Florida (il teorico delle 3T: Talento, Tecnologia, Tolleranza) che ha elaborato uno studio sulla capacità creativa degli Italiani e la sua incidenza negli assetti sociali e nelle dinamiche produttive del Paese, secondo la doppia equazione per cui a molta creatività corrispondono società dinamiche ed elevato tasso di competitività. Questa “classe creativa” è composta da giovani brillanti e talentuosi: professionisti, scienziati, dirigenti, musicisti, medici, scrittori, stilisti, ricercatori, avvocati, giornalisti, designer, imprenditori e così via. Negli Stati Uniti rappresentano oltre il 40% dell’intera forza-lavoro, in Olanda sono il 30%, in Finlandia il 29%, in Inghilterra il 27%, in Irlanda il 26%. Non a caso le nazioni europee con il maggior tasso di crescita economica. In Italia la «classe creativa» non supera il 13% del totale, uno dei tassi più bassi dell’intero continente, esattamente come è uno tra i più bassi il tasso relativo alla crescita del Pil. Questo significa che, tenendo in panchina le giovani generazioni, l’Italia sta sprecando un inestimabile potenziale professionale, creativo e umano. Oltre a non essere giusto, né democratico, né civile, né intelligente, non è nemmeno conveniente [Fonte: Giovanna Melandri: “Piano Nazionale Giovani, Resoconto dell’attività del Ministero per le Politiche Giovanili e Attività Sportive”, Roma, febbraio 2008]. 59 nel novembre 2009, il Consiglio dei Ministri dell’Unione europea (Sessione Gioventù), ha approvato la “Risoluzione n. 15131/09: Un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il periodo 2010-2018”, che contiene tutti questi elementi (Bruxelles, 17 nov. 09). 60 “Investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità”, Commissione Europea, COM2009/200, aprile 2009. 61 La creatività nazionale è un settore importante, strategico per lo sviluppo del Paese, che incide per il 10% sul Pil nazionale.

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sviluppano la creatività, l’intelligenza manuale e il sentimento propri dell’arte o del mestiere. In altre parole, si sviluppano processi di apprendimento. Su queste dimensioni si innesta l’azione del Ministero: un lavoro non facile, complesso, da affrontare in modo trasversale con altri Ministeri titolari di ambiti di interesse, concertando con gli Enti Locali, rivolgendosi con azioni rivolte a specifici “target” di giovani. Tutto in una situazione in cui non c’è ancora una legge nazionale per i giovani né una Agenzia per lo sviluppo di politiche giovanili né un Coordinamento nazionale dei principali Servizi per i giovani (escludendo gli Informagiovani,62 non vi è un network nazionale ad esempio per i Forum e le Consulte locali, o i Centri giovanili,63 ecc.) né un organismo istituzionale di consultazione dei giovani64 né un network delle organizzazioni che lavorano in favore dei giovani (a differenza dell’Europa dove esistono da anni questi reti, come ad esempio Efyso). Oggi, dunque, bisogna lavorare per attualizzare i principi contenuti nell’articolo 31 della nostra Costituzione, che afferma: “La Repubblica protegge la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo…”. Oggi, ad oltre 60 anni dall’entrata in vigore, si è seriamente cominciato, a livello centrale, a lavorare per realizzare questi “istituti” la cui presenza permetterebbe probabilmente uno “scatto” per lo sviluppo del Paese. Altra sfida è garantire i principi costituzionali dell’art. 3, dell’uguaglianza formale e sostanziale nei confronti dei giovani. Infatti, come si dirà più avanti, un male dell’Italia non è solo rappresentato da una serie di ostacoli e difficoltà ad accedere alla vita adulta (lavoro, casa, credito, professioni, nuova famiglia, ecc), ma anche dal fatto che ciò dipende molto dalle condizioni di origine dei giovani, quasi si fosse creata – nei fatti – una discriminazione basata sul censo, non solo non equa, ma altamente improduttiva per il sistema Paese.65 62

Il Coordinamento nazionale esisteva ed è stato sciolto negli anni ’90 e, anche se sono stati fatti diversi tentativi per ricostituirlo, ciò è stato possibile solo nel 2007. Oggi ci si aspetta un sistema nazionale di produzione e condivisione dell’informazione rivolta ai giovani, con l’avvio della banca dati nazionale www.informagiovani.anci.it (si veda Capitolo 3). 63 Tanto che è difficile avere i principali dati in materia, a partire dalla loro numerosità. 64 Costituito con legge 311/04 e finanziato con 500.000 euro, esiste però il Forum Nazionale Giovani (FNG.), unica piattaforma nazionale di organizzazioni giovanili italiane (circa 60) che garantisce una rappresentanza di oltre 3,5 milioni di giovani e fa parte del Forum Europeo della Gioventù [Fonte: www.forunnazionaledeigiovani.com]. 65 In media il 20,2% dei figli di imprenditori e di liberi professionisti rimane nella stessa posizione dei propri padri, mentre soltanto il 3% dei figli di operai riesce a diventare imprenditore, dirigente o libero professionista. Solo il 18,9% dei figli di imprenditori, liberi professionisti e dirigenti scende verso quella che una volta si sarebbe chiamato il “proletariato”. Questa categoria rimane nelle posizioni dei padri quasi cinque volte più spesso di quello che si dovrebbe verificare qualora la società italiana garantisse un’effettiva uguaglianza delle opportunità. Invece ben 7 figli di operai su 10 sono destinati a fare gli operai e quelli che riescono a diventare liberi professionisti sono tre volte meno di quanto accadrebbe in una società meritocratica, mentre quelli destinati ad ereditare il lavoro del padre sono circa sei volte di più di quello che sarebbe lecito attendersi se il destino di ognuno di noi dipendesse dalle proprie capacità [M. Barbagli, A. Schizzerotto, “Classi, non caste. Mobilità tra generazioni ed opportunità di carriera in Italia”, in “Il Mulino, rivista bimestrale di cultura e di politica”, n. 3/1997, pp. 547-557].


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Impostare azioni del genere significa porsi risultati di lungo termine (sempre verificabili, come è nei programmi della UE), per raggiungere i quali vanno previste azioni con obiettivi di breve termine, già oggi.

2.5 L’AZIONE DEL MINISTERO: OBIETTIVI E PRIORITÀ

Il 17 maggio 2006 in Italia si è costituito il Ministero (senza portafoglio) per le Politiche giovanili ed Attività Sportive (il “Pogas”, un Dicastero in realtà), la cui azione si è però interrotta dopo 20 mesi con la caduta del Governo Prodi (gennaio 2008). Un periodo comunque molto positivo in termini di risultati ottenuti e di nuove metodologie e strumenti di lavoro sperimentati, che infatti ha permesso di “lasciare in eredità” un Fondo nazionale per le politiche giovanili (di 130 milioni/anno), 13 APQ siglati con le Regioni,66 un Piano Nazionale giovani67 (entrambi risultati storici in Italia), una Consulta giovanile interreligiosa, una serie di accordi già siglati con Comuni e Province italiane sulle linee d’azione nei confronti delle nuove generazioni (si veda più avanti la tabella 2.6), uno con il CNEL per attività di ricerca.68 Così, dall’8 maggio 2008, si è ricostituito il nuovo “Ministero della Gioventù” che ha ricominciato ad operare nel nostro Paese sulle basi di quanto costruito dal precedente Ministero.69 Tolta solo la delega allo sport, i compiti sono di indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili, compresi gli ambiti economico, fiscale, del lavoro, dello sviluppo umano e sociale, dell’educazione, dell’istruzione e della cultura, anche mediante il coordinamento dei programmi finanziati dall’Unione europea. Ciò,70 a partire dall’amministrazione del nuovo Fondo nazionale, attraverso lo sviluppo di programmi di prevenzione e di finanziamenti agevolati per sviluppare lavoro e impresa, avendo potere di indirizzo nei confronti della neonata Agenzia nazionale italiana del programma comunitario Gioventù.71 È obiettivo dell’attuale Ministero lavorare anche sulle rappresentanze giovanili, per avere un Consiglio Nazionale dei Giovani (oggi c’è un Forum, si veda Capitolo 4), che sia anche una struttura di confronto rispetto alla definizione e 66

per circa 170 milioni di euro, di cui circa 73 provenienti dal Fondo Nazionale Politiche Giovanili [Fonte: www.pogas.it, maggio ‘08]. 67 oltre ad aver dato un contributo specifico all’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013, garantendo così l’inserimento delle priorità giovanili nell’agenda politica delle Regioni, così come del Governo (con la partecipazione al C.I.P.E.) e, a tal fine, utilizzando anche parte delle risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS). 68 Per complessivi 200.000 euro da destinare ad attività di ricerca per colmare il gap su carenza di dati relativi agli interventi per i giovani e sui giovani stessi, così come richiesto anche dagli organismi internazionali. 69 Un “passaggio di consegne” intelligente quindi, che ha evitato il fenomeno “dell’anno Zero” da parte del nuovo arrivato. 70 Fonte : www.gioventu.it. 71 riconosciuta con legge 23 febbraio 2007 n. 15 e dotata di un fondo per il funzionamento di 600.000 annui per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

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valutazione delle politiche che riguardano i giovani, così come sono pensati gli organismi di rappresentanza dei giovani presenti nei diversi Stati europei.72 Dal punto di vista legislativo, è tra gli obiettivi la presentazione di un disegno di legge sulle politiche giovanili, dopo quello già presentato sulle Comunità - o villaggi – giovanili.73 Altre azioni in cantiere sono l’organizzazione nel 2010 di due importanti eventi: a Bari il Meeting mondiale dei giovani e le iniziative di Torino Capitale europea dei giovani.74 Così, in questi anni, i progressi sono stati notevoli ed è iniziata la rincorsa a colmare il gap con gli altri Paesi europei, tanto che si può già parlare di “risultati ottenuti” il primo dei quali è probabilmente quello di aver riconosciuto e promosso lo “status di giovane” come soggetto portatore di peculiarità, saperi, innovazione, quindi come potenziale risorsa sociale e non problema o possibile emarginato, tossicodipendente, criminale.75 Politiche giovanili intese – finalmente - come interventi per la gioventù in generale, in condizioni di normalità e non di marginalità, situazione di cui si occupano invece gli interventi socioassistenziali. Ma non si tratta solo di una nuova opzione culturale: il Ministero (come visto) ha anche un fondo con risorse pubbliche ad hoc e si sta originando un nuovo modello di governance su base regionale (si veda Capitolo 3), che riconosce questi soggetti autentici policy maker in materia di politiche giovanili. Da segnalare, oltre alla dimensione della concertazione tra Regioni e Ministero, anche quella della trasparenza (in primis con l’utilizzo del sito www.gioventu.it): infatti le iniziative vengono portate a conoscenza tempestivamente e facilmente, così come la diffusione dei risultati e degli esiti del bando, i riferimenti per i contatti e la possibilità di partecipare direttamente alle azioni del Ministero via web, l’assistenza tecnica on line e la pubblicazione dei quesiti sul web. Oltre ad un canale di comunicazione diretto tra Ministro e giovani, per mezzo di una trasmissione radiofonica (Radio gioventù). Tutto ciò non è di poco conto in quanto, partendo dalle azioni per i giovani, si sta sviluppando una buona prassi dell’agire amministrativo, replicabile anche in altre istituzioni. Sembra quindi che il paradigma della velocità e del dinamismo sia quello adottato dal Ministero, che – pur essendo stato costituito e ricostituito nel giro di due anni (con anche cambio di sede, uffici e dirigente) – non ha interrotto le principali linee d’azione, ne ha attuate altre con risultati che ora cominciano ad emergere. Anche se alcune discontinuità ci sono state, a partire dal nome. Infatti non più “politiche giovanili” ma “gioventù”, non solo per uniformare la dicitura a quella più comunemente utilizzata in Europa, ma anche per trasmettere l’intenzione di superare un’imposta72

Fonte: Mauro Rotelli, Consigliere del Ministro, Convegno “Esperienze di politiche giovanili in provincia di Milano”, Milano 2 novembre ’09. 73 disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 maggio ’09 che prevede anche l’istituzione di un Osservatorio ad hoc su queste strutture (si veda più avanti). 74 Fonte: si veda Nota 73. 75 Come detto, le precedenti leggi nazionali degli anni ’90 (D.P.R. 309/90 e legge 216/91) invece finanziavano forme di contrasto a criminalità giovanile, droga, emarginazione, come se il giovane fosse un soggetto su cui investire in previsione del fatto che sarebbe potuto “finire male”. Un tentativo di svolta avviene con la legge 285/97 (“Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”).


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zione di politiche di genere: “La casa, l’autosufficienza energetica, le infrastrutture, non sono scelte che si fanno anche per le giovani generazioni? E le iniziative dirette specificamente ai giovani non sono politiche di interesse generale per la Nazione? Allora ecco la sfida da affrontare: creare una sintesi politica capace di dare ai giovani risposte che possano avere valore anche per tutto il resto della società, e viceversa. Questo significa far misurare direttamente le giovani generazioni sul terreno del merito, e passare dalla visione assistenziale ad una dimensione di reale protagonismo”.76 Coerentemente a ciò, gli indirizzi programmatici riguardano quattro ambiti principali (tabella 2.5), così denominati: Accesso al futuro, Rivoluzione nel merito, La meglio gioventù e Protagonismo generazionale. Esaminandoli si nota la centralità dei temi, la trasversalità degli argomenti e l’attualità delle sfide poste. Tabella 2.5 - I quattro grandi obiettivi dell’azione del Ministero alla Gioventù Accesso al futuro

Rivoluzione nel merito

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- Il lavoro (per mezzo di una azione atta a governare la flessibilità - flex security - con l’introduzione di maggiori garanzie e nuovi strumenti che garantiscano l’occupabilità tempo ranea anche di giovani studenti, di concerto con il Ministero del Lavoro); - il Piano casa (favorendo mutui e non solo affitti, con l’istituzione di un apposito fondo di garanzia), misure (intergovernative); 77 - il sostegno alla famiglia ed alla genitorialità (di concerto con il Ministero alla Famiglia e quello alle pari opportunità) con anche un’azione di promozione dell’educazione alla maternità responsabile; - provvedimenti di sostegno al merito dei giovani, indipendentemente dalle condizioni della famiglia di origine. - Potenziamento del Prestito d’onore per universitari (di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione); - promozione della cultura d’impresa e/o dell’autoimpiego come possibile alternativa al lavoro dipendente, concertando con i Ministeri competenti anche agevolazioni fiscali (periodo no-tax per le giovani imprese) e semplificazione amministrativa (possibilità di 78 costituire un’impresa in un giorno); - ricerca “dei mille talenti” da selezionare per poter essere da subito inseriti nelle Amministrazioni centrali e periferiche, nazionali ed internazionali ed in una task force per la soluzione delle emergenze; 79 - promozione della creatività nazionale, con una particolare attenzione al campo artistico e ed alla creazione di un mercato, con proposta di riduzione al 4% della aliquota iva sui prodotti musicali (ora al 20%), al pari degli altri prodotti culturali.

Fonte: “Linee programmatiche presentate dal Ministro Giorgia Meloni alla Camera dei Deputati”, Roma, 16 luglio 2008. 77 L’Italia – con 1,32 figli per donna – è ancora sotto la media dei Paesi dell’Unione Europea, mentre gli anziani continuano ad aumentare per effetto dell’allungamento della vita (l’indice di anzianità Istat è al 147%). Così, la fascia attiva della popolazione continuerà a diminuire, e aumenterà il costo di pensioni e spese sanitarie, portando al collasso il nostro sistema di protezione sociale. Questa è una delle massime criticità del nostro tempo, la cui unica risposta non può essere l’immigrazione [Fonte: si veda Nota precedente] 78 L’Italia, dopo la Grecia, è il Paese dell’area Ocse dove è più costoso avviare un’impresa: occorrono in media 5.681 dollari contro i 1.960 della Germania, i 347 della Francia, i 318 degli Stati Uniti, i 285 della Gran Bretagna. Secondo Confindustria (Dossier 2007) per avviare un’impresa servono 23 giorni, in Danimarca 5. 79 Un settore importante, strategico per lo sviluppo del Paese, che incide per il 10% sul Pil nazionale.

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La meglio gioventù

Protagonismo generazionale

- Azione di promozione di storie positive che assomigliano a quelle di tantissimi ragazzi, quasi mai raccontate dai media al grande pubblico; - educazione alla cittadinanza e riscoperta della memoria nell’intergenerazionalità; - progetti comuni con Ministero alla Salute di prevenzione sui consumi di sostanze e sui disturbi alimentari. - Proposta di legge costituzionale per corrispondenza anagrafica tra elettorato attivo e passivo nelle elezioni di Camera e Senato; - promozione di spazi d’aggregazione, d’espressione, di sviluppo di attitudini artistiche, di socializzazione e formazione, oltre che nel dare attuazione (in collaborazione con il Ministero alla Pubblica Istruzione), al DPR 567/96 che stabilisce l’apertura pomeridiana delle scuole per attività autogestite dagli studenti; - promozione delle Comunità Giovanili (così come già istituite e sperimentate dalla Regione Lazio, con L.R.), intese come luoghi in cui i ragazzi sono liberi di fare musica, teatro, cinema, organizzare convegni, realizzare mostre fotografiche, leggere libri e giornali, navigare su internet, svolgere corsi di ogni genere, fare sport, e naturalmente divertirsi. Istituzione di un Osservatorio nazionale in grado di valutare con serietà e precisione il complesso delle attività e provvedimento normativo sulla figura giuridica delle Comunità giovanili; - avvio di un portale di accesso a una lunga serie di informazioni e servizi destinati ai giovani, con la possibilità di partecipare a un sistema di effettiva interazione tra l’istituzione e gli utenti; - contrasto al “divario digitale”; - coinvolgimento dell’associazionismo giovanile e del Forum Nazionale della Gioventù nella programmazione e nella realizzazione delle iniziative del Ministero, così come per le rappresentanze delle Consulte giovanili e Consigli comunali dei giovani e delle rappresentanze dell’Anci; - costituzione, nascita e riconoscimento del Consiglio Nazionale della Gioventù come interlocutore ufficiale del Governo, del Parlamento e delle altre organizzazioni sociali ed economiche, per dare voce ai giovani su tutti i temi che li riguardano da vicino; - attivazione di una piattaforma comune ai 1219 Informagiovani presenti sul territorio nazionale definendone linee guida, standard di qualità e modalità operative innovative; - promozione del dialogo interculturale tra le nuove generazioni, con lo sviluppo dell’Agenzia Nazionale Giovani e l’inserimento degli sportelli della rete Eurodesk (con 111 punti locali decentrati in Italia) in un network nazionale che riguarderà tutte le strutture capaci di interfacciarsi con i giovani, promuovendo a vario livello la cittadinanza attiva; - Consulta interreligiosa.

Fonte:“Linee programmatiche presentate dal Ministro Meloni alla Camera dei Deputati”, Roma, 16 luglio ‘08.80 80

Pur riprendendo alcune tematiche, questo programma d’azione supera in un certo senso il Piano Giovani Nazionale elaborato dalla precedente Ministra Melandri che prevedeva le seguenti linee di intervento: - agevolare l’accesso dei giovani al mondo del lavoro; - sviluppare e valorizzare le competenze e la formazione dei giovani; - favorire l’accesso alla casa per i giovani; - contrastare la disuguaglianza digitale; - promuovere la creatività, la socializzazione e favorire i consumi culturali “meritori”; - favorire ed ampliare la partecipazione alla vita pubblica e la rappresentanza; - stimolare il dialogo interreligioso e interculturale; - combattere il disagio giovanile; - far crescere la cultura della legalità; - stilare il Rapporto annuale sui giovani; - agevolare l’accesso alla pratica sportiva dei giovani. [Fonte: Ministero per le Politiche Giovanili e Attività Sportive: “Piano Nazionale Giovani“, Roma 27 febbraio 2007].


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2.5.1 Gli strumenti

Esplicitati gli obiettivi, è interessante analizzare gli strumenti a disposizione del Ministero, a partire dalla conferma del Fondo Nazionale per le politiche giovanili, istituito proprio al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale ed all’inserimento nella vita sociale, al diritto all’abitazione, a facilitare l’accesso al credito per l’acquisto e l’utilizzo di beni e servizi. Il Fondo è destinato a due grosse finalità: finanziare le azioni ed i progetti di rilevante interesse nazionale con 55 milioni di euro (il 42% del Fondo) e quelle su base regionale, provinciale e locale, con 75 milioni di euro (il 58%). Le azioni ed i progetti destinati al territorio (si veda Capitolo 3) vengono individuati di intesa con le Regioni, le rappresentanze dei Comuni (Anci, Associazione Nazionale Comuni Italiani) e delle Province (UPI, Unione Province Italiane), assicurando modalità di consultazione di tutti i soggetti interessati.81 Gli accordi con le Province hanno portato alla promozione di tre bandi ed alla relativa assistenza e formazione; gli accordi con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) hanno portato a sostenere nel corso di questi anni una serie più articolata di azioni (tabella 2.6), la cui ultima è un bando destinato agli stessi Comuni per complessivi 12 milioni di euro suddiviso in tre linee d’azione a seconda della grandezza dei Centri. Tabella 2.6 - Oggetto degli accordi 2007 tra Ministero e Anci Il POGAS in collaborazione con l’Anci, ha siglato per il triennio 2007-2009, tre accordi riguardanti: a) Le città universitarie: è previsto un finanziamento pari a €4.000.000 al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e di consentire il loro inserimento nella vita sociale anche attraverso interventi volti ad agevolare il loro diritto all’abitazione, nonché a facilitare il loro accesso al credito per l’acquisto e l’utilizzo di beni e servizi. L’obiettivo della convenzione è quello di sostenere la creazione ed il potenziamento dei servizi rivolti agli studenti nei Comuni sedi di Università o in quelli ad essi limitrofi. b) Servizio Informagiovani: Il piano d’azione prevede un bilancio economico complessivo di € 6.000.000 e ha per obiettivo l’attuazione di un piano di interventi volto a sostenere la costruzione di una rete nazionale degli sportelli Informagiovani incrementandone la diffusione, nonchè la razionalizzazione e il potenziamento dell’offerta informativa degli stessi ottimizzando i servizi da loro resi. c) Città Metropolitane: i Piani locali giovani (PLG) sono uno strumento programmatorio efficace per gestire la complessità delle politiche giovanili delle Città metropolitane e che consente, mediante il coinvolgimento di più enti, istituzioni, organizzazioni e altri soggetti collettivi, di armonizzare interessi diversi ed individuare obiettivi comuni per l’attuazione di politiche giovanili orientate allo sviluppo locale, oltre che di accrescere la partecipazione dei giovani ai processi decisionali locali. Al fine di favorire l’attuazione degli scopi sopraindicati e di attivare una organizzazione sistematica delle politiche giovanili in questi spazi urbani il POGAS e l’Anci hanno stanziato un fondo di €6.000.000 per il raggiungimento di questi scopi. Le città metropolitane destinatarie dell’accordo sono: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. Successivamente sono stati siglati altri due Accordi che, in particolare, prevedono: a) il sostegno alla creatività giovanile e all’attività dei giovani artisti e architetti contemporanei attraverso un Protocollo d’Intesa con la DARC (Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e in collaborazione con la rete GAI (Associazione per il circuito dei Giovani Artisti Italiani); b) la rete per le politiche giovanili al fine di consolidare una base di dati e informazioni attività degli Enti Locali 81

Conferenza Unificata, Stato Regioni, Autonomie Locali del 14 giugno ’07, art. 1, comma 2.

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destinate ai giovani, attivare processi di dialogo e scambio di buone pratiche e predisporre un canale diretto di flussi informativi e documentali tra il Pogas e i territori per favorire l’attuazione, in ambito locale, delle azioni programmate dal Governo e dall’Unione Europea (nasce da questo accordo, all’interno di Anci, Ancigiovane, la rete dei giovani amministratori under 35). Oltre a ciò vi era un primo Accordo tra Ministero e rete dei Comuni ANCI-Iter, siglato nel dicembre 2006, che ha previsto il finanziamento sperimentale (per due anni) di 27 Piani Locali Giovani82 in altrettanti Comuni appartenenti a 16 Regioni. L’intervento finanziario congiunto raggiunge quasi 4 milioni di euro, dei quali 2,5 circa di finanziamento del Ministero delle Politiche giovanili e 1,4 circa di co-finanziamEnti Locali. Fonte: Accordo Anci-Ministero politiche Giovanili ed Attività Sportive, Roma, 27 dicembre 2007.

Le azioni ed i progetti di interesse nazionale, oltre a quelli riportati in tabella 2.5, sono inerenti ad attività promozionali, di comunicazione istituzionale, formative, divulgative, di incontro e confronto progettuale e valutativo con il territorio (tabella 2.7). Per accompagnare le Regioni allo sviluppo di questi percorsi, il Ministero ha previsto anche un percorso di capacity building rivolto al potenziamento della capacità di governance delle Amministrazioni Regionali dell’Obiettivo Convergenza e Aree sottoutilizzate, rispetto ai processi di implementazione ed attuazione delle politiche giovanili a carattere innovativo, integrato e partenariale (si veda Capitolo 3). Tabella 2.7 - Quadro sintetico delle azioni del Ministero per la Gioventù Le azioni ed i progetti di interesse nazionale sono: a) “Diritto al futuro” finalizzata a sostenere le iniziative rivolte ad agevolare l’accesso al lavoro delle giovani generazioni, allo sviluppo di nuova imprenditorialità giovanile, alla promozione di cultura d’impresa, al sostegno alle giovani coppie e alla natalità, alla facilitazione dell’accesso al credito con particolare attenzione ai giovani lavoratori atipici; b) “Protagonismo generazionale”, finalizzata a valorizzare le forme di rappresentanza giovanile nei diversi ambiti e la partecipazione giovanile al mondo politico imprenditoriale e sociale in particolare promuovendo iniziative che facciano dei giovani dei soggetti attivi nel mondo del volontariato e dell’impegno civico; c) “La Meglio gioventù”, finalizzata a dare risalto e visibilità alle storie positive delle giovani generazioni e a dare esempi positivi di comportamento da contrapporre alle diverse forme di devianza comportamentale dei giovani anche attraverso il sostegno alla progettualità e la creatività dei giovani; d) “La rivoluzione del merito”, finalizzata a garantire a tutti i giovani pari condizioni di partenza in ambito formativo e lavorativo e a rimuovere gli ostacoli che impediscono l’emergere delle qualità e delle eccellenze; e) “Expo della gioventù” realizzazione di una grande vetrina della gioventù nelle quale dare risalto ai migliori talenti; f ) attività di comunicazione istituzionale; g) attività dell’Agenzia nazionale per i giovani; h) organizzazione di eventi, convegni, tavole rotonde, incontri di studio ed altre iniziative istituzionali di discussione o approfondimento, da realizzarsi anche in collaborazione con Enti Locali, università, enti pubblici e privati di ricerca, organizzazioni ed associazioni rappresentative di istanze della società civile ed associazioni di categoria e professionali; i) iniziative finalizzate alla verifica, sul territorio, dei fabbisogni in materia di politiche della gioventù ed alle conseguenti definizioni, implementazione e divulgazione di efficaci azioni e modelli di intervento. Le azioni ed i progetti destinati al territorio sono ripartiti tra quelli attuati dalle Regioni (per 60 milioni di euro), secondo i criteri indicati nell’Intesa sottoscritta nella Conferenza unificata del 14 giugno 2007, del 29 gennaio 2008 e del 31 luglio 2008. 82

Metodologia sperimentata a partire dal 2005 in tutto il Trentino che ha avuto così valenza di grande laboratorio nazionale.


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L’Accordo di programma quadro (APQ) è lo strumento per l’individuazione, l’attuazione ed il monitoraggio delle iniziative regionali e delle province autonome da attuare con il cofinanziamento del Fondo. L’APQ assicura la condivisione dei programmi di investimento da finanziare con risorse derivanti dalle fonti finanziarie nazionali e comunitarie, nonché con i documenti di programmazione regionale. Il Quadro strategico costituisce l’atto propedeutico alla stipula dell’APQ e reca gli obiettivi generali e specifici dell’accordo, le linee di intervento prioritarie, le modalità di cofinanziamento e di attuazione degli interventi individuati, nonché la data per la stipula dell’APQ. Invece una quota di 15 milioni di euro riguarda azioni concertate in convenzioni ad hoc sottoscritte dall’ANCI e dall’U.P.I. Infine una quota non superiore al 5% dei 55 milioni di euro è destinata alle attività strumentali necessarie per l’efficace realizzazione delle iniziative previste ed, in particolare, alle attività di studio e ricerca ed a quelle di supporto specialistico e di valutazione tecnica dei progetti. Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Gioventù, Decreto 29 ottobre 2008: “Riparto delle risorse finanziarie del Fondo per le politiche giovanili, per l’anno 2008”.

2.5.2 I risultati

A distanza di un anno, è interessante verificare già i risultati dell’azione di Governo (tabella 2.8), notando anche la buona prassi del Ministero di comunicare in modo trasparente l’efficacia del lavoro pubblico. Tabella 2.8 - I principali risultati dei bandi pubblici e delle azioni del Ministero per la Gioventù Ambito Diritto allo studio

Azioni del Ministero Bando Anci su città sedi universitarie (2,4 milioni di euro, 7 finanziamenti su 16 proposte, in sei mesi (2 febbr. 09). Azioni del Governo: istituzione di borse di studio destinate a 180mila studenti, per 135 milioni di euro. Sostegno alla ricerca di qualità (500 milioni di euro). Residenze universitarie: 75 milioni. Promozione della Bando rivolto ad associazioni giovanili in collaborazione con le Università. 4,8 milioni cultura d’impresa 213 proposte, 21 finanziate, valutate in 9 mesi (9 novembre 09). Fondo di 24 milioni di euro in due anni e che servirà a offrire le garanzie bancarie Un piano casa necessarie alle giovani coppie che oggi, in virtù di un contratto di lavoro atipico, non per le giovani ottengono il mutuo per l’acquisto della casa. coppie Bando giovani Bando di 15 milioni di euro, per promuovere progetti presentati da giovani fino a 35 protagonisti anni in modo da dare un sostegno concreto ai ragazzi che in questo momento di crisi hanno la forza e il coraggio di mettere in gioco la propria creatività e la propria voglia di protagonismo giovanile. Bando pubblicato il 30 dic. ’08, 1.822 proposte pervenute al Ministero, entro la scadenza del 28 febbraio ’09. Bando di 1,5 milioni di euro per sostenere iniziative di giovani italiani tra i 18 ed i Giovani 30 anni che vivono all’estero e quelli che vivono in Italia, finalizzati a scambi per la coambasciatori struzione di una rete di solidarietà. Previsti almeno 600 giovani con progetti di valore del Made in Italy massimo di 50.000 euro l’uno, a cui non è richiesto cofinanziamento. Il bando ha più scadenze, la prima pubblicazione è stata il 24 dicembre ’09. Comunità giovanili Disegno di legge per la creazione delle Comunità giovanili: spazi di aggregazione dedicati ai giovani e organizzati da giovani che non abbiano superato i 35 anni [Fondo: 5 milioni di euro]. Istituzione presso il CNEL di un Tavolo di lavoro permanente tra il ministero e le associaEducazione alla zioni di giovani per la legalità. legalità contro la filosofia mafiosa

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Bando (pubblicato il 25 gennaio ’09) di 4,5 milioni di euro destinato a finanziare le iniziative ed i progetti di contrasto alle stragi del sabato sera, sostenendo così le migliori esperienze sul territorio, sulle 393 proposte pervenute. Operazione Naso Rosso: azioni (2 milioni di euro) su più livelli, dall’educazione stradale, alla formazione degli operatori che lavorano nell’industria della notte, fino agli interventi per riaccompagnare a casa coloro che dopo una serata non se la sentono di guidare. Realizzazione di ‘’Autovelox’’, un cortometraggio presentato dal Ministro della Gioventù al Giffoni Film Festival, per diffondere il tema della sicurezza stradale. Creatività giovanile Progetto DE.MO. – sostegno al nuovo design ed alla mobilità - è un programma di lavoro biennale che ha lo scopo di incentivare la mobilità artistica e la creatività giovanile attraverso il sostegno alla formazione, alla ricerca, alla produzione, alla qualificazione professionale, ma anche al confronto con realtà internazionali, facendo incontrare arte e industria. Una prima azione è stata sostenere la progettazione, da parte di giovani autori, di oggetti d’arte e di design da destinare ai negozi dei musei per poi individuare aziende specializzate interessate a produrre e distribuire le migliori invenzioni. Anche questa è una misura di risposta alla crisi. Premio “Qualità Italia Giovani”: individuazione e sostegno dei più meritevoli tra i giovani architetti che hanno partecipato ai concorsi di architettura, considerato l’enorme rischio d’impresa che ancora oggi caratterizza, per i più giovani, l’ingresso in questo genere di competizioni. “Italia Creativa”, sostegno e promozione della Giovane Creatività Italiana: programma pluriennale di interventi con l’ANCI ed il GAI finalizzato alla valorizzazione del patrimonio creativo italiano rappresentato dai giovani artisti, attraverso iniziative di formazione, documentazione, promozione e ricerca affrontando i temi della produzione creativa, il rapporto tra creatività e mercato, la promozione del talento, la conoscenza, la crescita professionale, l’internazionalizzazione delle esperienze. Con Anci, costituzione di una piattaforma integrata anche sul web di tutti gli sportelli Banca dati al Informagiovani che da anni ormai lavorano al servizio delle politiche giovanili sul terriservizio torio. Sarà la più esauriente banca dati al servizio delle nuove generazioni. dei giovani Comunicazione Radio Gioventù e Gioventu.it: il web per una comunicazione bidirezionale tra giovani e Ministero. La “Meglio Gioventù”: promozione di giovani che si sono distinti in modo particolare in qualsiasi campo e che possono essere di esempio ai loro coetanei. La Rete dei Festival Con Anci, 17 azioni in un calendario nazionale coordinato di attività innovative presso aperti ai giovani grandi Festival territoriali di forte richiamo, sia per la valorizzazione dei talenti dei giovani artisti, sia per la qualificazione dell’offerta culturale a loro rivolta. Campogiovani2009 Esperienze estive di utilità sociale per un migliaio di giovani presso Vigili del Fuoco, Marina Militare e Guardia Costiera. Global Village Cinque settimane presso il Polo Universitario di Pomezia, per far incontrare giovani lauCampus reati e mercato del lavoro: 600 ragazzi, 120 laureati per ogni settimana, veri e propri talenti selezionati dalle università di tutto il territorio nazionale hanno partecipato ad una esperienza unica di formazione, orientamento ed incontro con le più importanti aziende italiane ed estere. Formula da esportare anche in altre Università italiane. Giovani per Promozione del volontariato giovanile per l’emergenza terremoto (costituzione di una l’Abruzzo banca dati di 4.500 giovani) ed avvio della costruzione del Villaggio della Gioventù a L’Aquila. Giovani energie Bando (12 milioni di euro), concertato e gestito direttamente dall’Anci, per il sostegno in Comune a progetti di Comuni (previsti 480, il 6%) per la valorizzazione del protagonismo giovanile, suddiviso in tre assi: centri al di sotto dei 5.000 abitanti, tra i 5 ed i 50.000 abitanti e poi città capoluoghi di provincia. Azioni contro le stragi del sabato sera

Fonte: G. Meloni,“Il primo anno dell’attività del Ministero della Gioventù”.


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Tra il 2007 ed il 2009 l’attività di sviluppo di azioni per la gioventù attraverso la pubblicazione di bandi gestiti direttamente dal Ministero ha impegnato circa 50 milioni di euro: ciò è stata una “leva” potente che ha permesso, in poco tempo, una grossa attivazione di risorse e capacità progettuali in tutto il territorio nazionale. Infatti, nei due anni di attivazione dei bandi, sono complessivamente pervenute ben 7.442 proposte progettuali (si veda anche tabella 2.8). Il nuovo Ministero ha anche portato a termine l’azione di valutazione dei bandi promossi dal primo (tranne l’azione “Giovani idee migliorano l’Italia”), ma non ancora valutati nel momento di cambio di Governo (tabella 2.9). Per avere un’idea delle risorse oggi in campo, basti ricordare che prima dell’istituzione del Ministero, l’ultimo bando nazionale in materia di giovani (Associa), risale al 2005 ed era stato attivato dall’allora Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con uno stanziamento complessivo di 305.582 euro. Tabella 2.9 - I principali risultati dei bandi pubblici dell’ex Ministero alle Politiche Giovanili (Pogas) Titolo e pubblicazione

Destinatari

Giovani idee migliorano l’Italia (21.12.06)

Giovani dai 18 ai 35 anni Risorse 2 milioni (max 35.000 euro a progetto). Co finanziamento non richiesto N. beneficiari 64 progetti su e partecipanti 3.639 progetti per 15.738 partecipanti Tempo di risposta 20 dic ’07 (12 mesi)

Progetto con Anci di “servizi agli studenti nei Comuni sedi di università” (13.12.07) Comuni sedi universitarie 4 milioni (max 400.000 euro a progetto), cofinanziamento min: 50% 17 Città

Autonomia abitativa dei giovani (28.12.07)

n.d.

28 febbraio ’09 (14 mesi)

Città metropolitane 15 milioni (max 1,5 milioni euro a progetto), cofinanziamento min: 10% Tutte le 14 città metropolitane

Progetti per la promozione della legalità e la crescita della cultura sportiva (23.01.08) Terzo Settore

Progetti di azioni in favore dei giovani (23.01.08)

1 milione (max 25.000 euro a progetto). Co finanziamento non richiesto 46 (su 377 partecipanti)

Terzo Settore in rete su 6 regioni 19 milioni (max 500.000 euro a progetto), cofinanziamento min: 30% 55 (su 374 partecipanti)

13 luglio (18 mesi)

3 giugno ’09 (16 mesi)

Pur con le difficoltà del caso (es. tempi di attesa troppo lunghi per il lavoro con i giovani, finanziamenti spot, ecc.), in questi ultimi l’anni la progettualità dei tanti attori del territorio nazionale è stata enorme. Come detto, l’azione di giovani, organizzazioni giovanili, Terzo Settore, Enti Locali ha dimostrato una capacità di elaborazione di almeno 7.442 proposte inviate direttamente al Ministero.83 Inoltre si stimano almeno altre 4.000 proposte già presentate a livello regionale nell’ambito di attuazione dei vari APQ e oltre 1.000 progetti (il 50% dei quali finanziati per quasi 15 milioni di euro) presentati all’Agenzia Nazionale Gioventù nell’ultimo biennio.84 83

Si comprendono qui anche le 97 proposte dei bandi UPI 2008 e 2009 (v www.azioneprovincegiovani.it). 84 Paolo Di Caro, Direttore A.N.G. Conferenza stampa, Roma, 4 novembre ’09 (si veda www.agen-

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Numeri davvero straordinari, se si pensa ad esempio (pur essendo su livelli diversi la comparazione) che con i fondi della legge 285/9785 sono stati finanziati circa 7.902 progetti, ma nell’arco di 10 anni.86 Anche se non è certo solo con i bandi che si crea un sistema di interventi, questi hanno comunque avuto il pregio di promuove una rapida “rimessa in moto” di progettualità, fiducia, capitale sociale, nuovo interesse ed in generale un rilancio del settore, grazie anche alle nuove risorse immesse di 130 milioni del Fondo Nazionale che vengono incrementati a 500 grazie ai cofinanziamenti dei partner territoriali.87 Tutto ciò, direttamente o indirettamente, ha già portato ad importanti risultati, tra cui: 1. alla data del 3 sett. 2008, ben 21 APQ siglati (19 Regioni e 2 Prov. Autonome); 2. l’approvazione di 6 nuove leggi regionali in due anni (tra il 2007 ed il 2009) rispetto alle 18 in 22 anni (tra il 1980 ed il 2002, si veda Capitolo 3); 3. l’85,3% del totale dei Comuni italiani (ben 6.918) hanno istituito una delega alle politiche giovanili;88 4. il 72% delle Province italiane ha una delega alle Politiche giovanili (si veda Capitolo 3)89 e 58 un Assessore ad hoc;90 5. la diffusione sul territorio nazionale, di una sempre più vasta “comunità di pratiche” territoriali, portatrici di know how e best practices specifici in materia di gioventù (che dovranno poi essere messe a sistema, evitando lo sviluppo a “macchia di leopardo” di questi interventi, tipico invece degli anni precedenti, si veda più avanti); 6. oltre 11.400 proposte progettuali presentate a Ministero e Regioni; 7. la produzione di nuove ricerche, convegni e seminari (anche dieci in un mese comprendendo tutto il territorio nazionale), percorsi formativi e pubblicazioni.91 Esaminato tutto ciò, se il passato delle politiche giovanili italiano veniva descritto con lo schema del “circolo vizioso” (si veda più avanti), qui si può ipotizzare che vi siano la premesse per trovarsi in una fase nuova, di circolo virtuoso (tabella 2.10).

ziagiovani.it). 85 Legge 285/1997, ”Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza” (la cosiddetta “Legge Turco”). 86 Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza: Quaderno 47 – “Dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Firenze novembre 2009. 87 Fonte: Ministero Politiche Giovanili e Attività Sportive (Pogas): “Prospetto sintetico delle politiche giovanili messe in atto dal Pogas”, Roma, febbraio ’08. 88 Fonte: P. Teti (A.d. Ancitel spa), Anci Ministero Gioventù, Terzo Convegno Nazionale degli Informagiovani: “Informagiovani: dalla rete al sistema”, Roma, 4 maggio ’09. 89 Fonte: UPI – Provincia di Pesaro e Urbino: “Meeting internazionale delle politiche giovanili”, Urbino, 24-26 maggio ’06. 90 Fonte: L. Dini: (consulente U.P.I.) “Le metodologie adottate per la gestione dei finanziamenti nazionali”, Convegno “On Meeting”, Provincia di Pesaro e Urbino, 15 dicembre ‘09. 91 Fonte: Politichegiovanili.it.


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Tabella 2.10 - Il circolo virtuoso delle politiche giovanili italiane Ministero (Az. Centrali) + Accordi con Regioni, Prov. e Comuni (130 mnl di euro/anno)

Attivazione( nuove resp.) e progettazione di EELL, giovani e Terzo Settore (7.442 progetti presentati)

1. Interesse nuovo su temi e questioni giovanili (blog, film, editoriali, ecc.); 2. Identità specifica delle politiche giovanili

E etto leva: 500 milioni in 3 anni ai cofinanziamenti

2.5.3 Le criticità delle politiche nazionali: la realtà di “due Italie”, a partire dalla situazione di giovani e minori

Nel nostro Paese, parlare in generale di “politiche nazionali” è sempre difficile perché emergono differenze territoriali e sociali così ampie da comportare squilibri fino al punto di avere la sensazione che l’Italia non possa che procedere a “due velocità” tra Nord e Sud del Paese. Un’area, quest’ultima, dove l’attuale congiuntura economica sfavorevole potrebbe avere un impatto ancora più negativo che nel resto dell’Italia. Ciò non significa certo esprimere una sentenza quanto piuttosto analizzare invece i fattori che possono portare ad una ripresa, se non ad un vero e proprio “riscatto” di quei territori, come la Puglia (si veda più avanti) ha già dimostrato. Infatti il Sud è sì in generale un’area povera rispetto alla media del Paese ma è anche un’area molto differenziata al proprio interno, con altrettanti squilibri tra regioni ed all’interno delle stesse. In ogni caso, l’evidenza di qualche dato permette di comprendere meglio le differenze delle realtà giovanili all’interno del nostro Paese (tabella 2.11). Tabella 2.11 - La popolazione giovanile in Italia Regioni ed aree Totale Nord Totale Centro Totale Sud e Isole Totale Fonte: Istat 2008

Giovani tra 15/30 anni 4.282.102 1.932.669 4.298.998 10.513.769

% di giovani nelle tre Aree 40,7% 18,4% 40,9% 100%

% sul tot. pop. residente 15,8% 16,6% 20,6% 17,6%

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Come si vede in tabella, l’incidenza dei giovani sul resto della popolazione residente passa dal 15,8% del Nord al 20,6% del Sud, con una variazione del 31% tra Nord e Sud del Paese. Un altro dato indicativo degli squilibri territoriali è la povertà tra i minori. Infatti se l’incidenza media nazionale è del 25% (pari a quella della Romania ed è la più alta in Europa), con un milione e 655 mila minori in famiglie povere, il 69,3% di queste è al Sud.92 Non solo: in Italia è una grossa criticità anche la povertà tra i giovani tanto che siamo passati dal quinto al terzo Paese in Europa,93 in questa graduatoria. Sono infatti un milione e 515 mila, i giovani poveri, con un 63,9% che vive nelle famiglie d’origine. Sta però aumentando, sempre secondo i dati Istat, la povertà di coloro che hanno dato vita ad una nuova famiglia.94 Ben differenziate sono anche le strutture familiari: nel Nord del Paese, infatti, i minori che hanno tutti e due i genitori occupati superano il 55% a fronte del 26,8% nel Meridione. Inoltre, nelle famiglie del Nord la percentuale di minori figli unici supera il 30% e nel Centro si attesta sul 29,2%, mentre nel Sud e nelle Isole le quote scendono rispettivamente al 17,8% e al 18,9% (media nazionale: 25,4%). Aumentano complessivamente anche i bambini e ragazzi che vivono con un solo genitore (6% al Sud, 9,4% al Nord), soprattutto in conseguenza dell’aumento di separazioni e divorzi,95 i cui divari tra Sud e Nord del Paese sono rispettivamente superiori di una volta e mezza e di due volte nel Settentrione rispetto al Meridione.96 La stessa situazione di squilibri e differenze è riscontrabile nel sistema formativo e gli esiti del test PISA (Programm for International Students Assestment) dicono che gli studenti italiani sono i meno preparati cognitivamente a livello europeo (si veda anche il Capitolo 1), con risultati drammaticamente critici al Sud. I divari nella scuola sono infatti soprattutto territoriali ed il solo fatto di frequentare una scuola al Nord offre 68 punti Pisa (17%) in più del Sud, pari a un anno e mezzo di scuola. Non 92

L. Sabbadini, ISTAT-CNEL “Crisi economica, povertà ed esclusione sociale: la necessità di un piano nazionale”, Roma 16 febbraio 2009. 93 Una strategia per il contrasto alla povertà giovanile, è quella di favorire l’accesso al lavoro. In Francia, ad esempio, vi è il programma Civis: 351 milioni di euro per l’inclusione – attraverso il lavoro – di 733.260 (dal 2005 al 2009) giovani disoccupati. Ciò coinvolgendo le 6.000 “strutture di missioni locali e servizi di orientamento” presenti in tutta la Francia, in grado di orientare i ragazzi e di seguirli per i primi sei mesi di lavoro, concedendo loro anche indennità fino a 300 euro al mese (per un massimo di 900 euro/anno). Il risultato atteso era l’impiego del il 25% dei destinatari. Se lo stipendio medio fosse anche solo di 500 euro/mese per ognuno si verserebbero circa 4.000 euro/ anno di contributi. I partecipanti sono stati 465.456, il 38% dei quali ha trovato una occupazione di lunga durata (176.408). Così, in totale, nel Bilancio dello Stato sono entrati circa 700 milioni, a fronte di un’uscita di 350 milioni. [Fonte: A. Surian, T. Toffanin, Rassegna di letteratura internazionale sul reddito di cittadinanza, 2009]. 94 L. Sabbadini, ISTAT-CNEL, “Crisi economica, povertà ed esclusione sociale: la necessità di un piano nazionale”, Roma 16 febbraio 2009. 95 Istat, “La vita quotidiana di bambini e ragazzi”, 2008. 96 quelli di separazione al 4,2 al Sud ed al 6,3 al Nord, mentre quelli di divorzio al 2,1 al Sud ed al 4,3 al Nord, per 1.000 coppie coniugate al 31.12.2006 [Fonte: Istat, 2007].


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solo: nelle regioni del Sud un terzo dei quindicenni non raggiunge la soglia minima di competenze definita internazionalmente97. Dal punto di vista delle opportunità si evidenziano ulteriori differenze. Infatti nel Nord-ovest il 78,2% delle famiglie con minori possiede un PC contro il 61,4% nelle Isole; più del 55% dei bambini del Nord frequenta corsi di formazione extrascolastica contro il 39,7% nel Sud e il 36,5% nelle Isole. Al Nord oltre il 68% dei bambini leggono libri nel tempo libero contro il 42% nel Sud. Infine, si rilevano oltre 20 punti percentuali di differenza tra Nord e Sud per la frequentazione del teatro, 10 per il cinema e 27 per musei e mostre e 15 punti le visite a siti archeologici e monumenti.98 Un altro nodo problematico per i giovani del Sud, è quello delle università del Mezzogiorno. L’analisi longitudinale sulla mobilità Sud-Centro-Nord per il 2007200899 segnala la lenta ma continua crescita del pendolarismo Sud-Nord del Paese. Rispetto al 2005-2006, su un aumento medio di “pendolari infraregionali” pari allo 0,6%, le regioni meridionali registrano un +0,8% e il Centro-Nord lo 0,3%. Aumenta anche la quota complessiva di studenti universitari meridionali che studia fuori regione, che raggiunge e supera quota 25%, rispetto ad una media nazionale del 20,2%. Nello specifico, su quasi 354.000 studenti iscritti in atenei fuori dalla propria regione di residenza, tre regioni (Puglia, Calabria e Campania), rispettivamente con 47.849, 37.076 e 33.114 studenti, finiscono per rappresentare un terzo dell’intero fenomeno. Le regioni che diventano “piattaforma di atterraggio” sono il Lazio con 70.971 “immigrati”, l’Emilia Romagna con 62.754 presenze, la Lombardia e la Toscana rispettivamente con 43.512 e 35.878 studenti non residenti.100 Il tema dell’emigrazione giovanile da Sud a Nord è una grossa questione nazionale che riguarda però non solo gli studenti, ma anche la categoria dei laureati, con le criticità che questo comporta per lo sviluppo dei territori del Sud. Prosegue infatti l’emigrazione al Nord dei laureati del Mezzogiorno: tra il 2000 e il 2005, oltre 80mila laureati hanno abbandonato le regioni del Sud in cerca di un’opportunità lavorativa al Nord.101 Nel 2007, tra i laureati meridionali che a tre anni della laurea si dichiarano occupati, il 41,5% (26.000 su 62.500) lavora in una regione del Centro Nord: un dato di 10 punti percentuali superiore rispetto all’indagine del 2001. Ed il 40% dei laureati meridionali che hanno trovato lavoro al Nord si è laureato con 110. Del resto, secondo il rapporto Svimez, sono circa 120.000 le persone che ogni anno abbandonano definitivamente il Sud per cercare di realizzare le proprie aspettative nel resto del Paese. Una “grossa città” che si sposta ogni anno, fonte di nuova emigrazione che depaupera il Sud delle sue risorse migliori, il “capitale umano”. Un fenomeno diverso, ma non meno drammatico di quello degli anni del “miracolo economico”. Infatti se il Mezzogiorno diventa sempre meno capace di trattenere il proprio capitale umano, si impoverisce della dotazione di uno dei fattori chiave per la crescita 97

Fonte: www.indire.it. ISTAT, La vita quotidiana di bambini e ragazzi, ISTAT, Roma 2008. 99 Censis, 43° Rapporto Annuale, Roma 2009. 100 Fonte: si veda nota precedente. 101 S. Moretti, C. Porello, La mobilità del lavoro, Banca d’Italia, Roma 2009. 98

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socio-economica regionale. L’emigrazione dei “cervelli” può comportare un impoverimento di questa risorsa che, a sua volta, potrebbe riflettersi nella persistenza dei differenziali territoriali in termini di produttività, competitività ed, in ultima analisi, di crescita economica. In un simile contesto l’intervento dello Stato deve essere mirato ad eliminare le cause che ostacolano, in termini quantitativi e qualitativi, la crescita economica nel Mezzogiorno.102 Con un’attenzione particolare a garantire quella dimensione di legalità necessaria allo sviluppo del mercato (si veda Capitolo 4), visto che l’imprenditoria giovanile potrebbe essere una chiave dello sviluppo del Sud. Per contrastare gli squilibri regionali, il Governo – grazie anche all’ausilio dei fondi europei – mette in atto una serie di azioni che sono racchiuse nel “Quadro Strategico Nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013” con l’obiettivo di garantire delle linee strategiche di perequazione tra le diverse aree del Paese. Possono contribuire a questo scopo anche alcune misure in favore dei giovani, previste dal Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS) e PON (Programmi Operativi Nazionali di settore). Per questo il Ministero ha attivato una serie di azione di assistenza alle Regioni (si veda Capitolo 3). Infine una integrazione: se all’inizio di questo paragrafo si parlava di “due Italie”, si fa strada anche l’ipotesi che siano tre e cioè che non si possa più non considerare il mondo giovanile delle generazioni di stranieri. Anche perché si sta parlando oggi dell’8,8% degli adolescenti. Il fenomeno degli stranieri in termini di nuova popolazione giovanile (le cosiddette “seconde generazioni” o G2) dice di un’Italia che evolve, torna a crescere. Infatti i minori stranieri in Italia (01/2008) sono ben 767.060 (dati Istat) e circa 2 su 3 sono nati nel nostro Paese, 63.000 nel solo 2007. Ma probabilmente non si tratta tanto di una fotografia ma di un “film” sempre in movimento. Infatti l’incremento annuo (nel 2007) ha sfiorato quota 100.000 anche grazie ai ricongiungimenti familiari (più di 32.000). Ciò significa che una stima realistica ad oggi è superiore alla soglia 800.000 (vicina a 850.000). La composizione per fasce di età oggi è sbilanciata sui “piccoli”, ma si tratta di equilibri in veloce evoluzione (tabella 2.12). Il futuro prossimo, sulla base dei trend attuali, vedrà probabilmente la presenza da 1,3 a 1,5 milioni di minori stranieri, di cui circa 1 milione nati in Italia (tabella 2.12).

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In un arco di tempo più ampio - tra il 1990 e il 2005 - quasi due milioni di persone sono emigrate verso il centro-nord. Negli ultimi anni, inoltre, è aumentato anche il cosiddetto “pendolarismo di lungo raggio”: nel 2007 al centro-nord lavoravano stabilmente circa 140mila persone residenti nel Mezzogiorno, spesso giovani che non hanno ancora raggiunto la stabilità dal punto di vista familiare e occupazionale. Infine anche la crescita dell’immigrazione straniera ha contribuito a modificare le scelte migratorie degli italiani, favorendo “l’afflusso dei nativi laureati” e frenando “quello dei meno scolarizzati”. In particolare, la concentrazione degli stranieri nel Centro-Nord avrebbe incontrato una domanda di lavoro che in passato veniva soddisfatta dai lavoratori del mezzogiorno. Fonte: S. Moretti, C. Porello, La mobilità del lavoro, Banca d’Italia, Roma 2009.


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Tabella 2.12 - Nuove popolazioni giovanili in Italia (Anno 2007) Età 0-5 6 - 10 11 – 13 14 - 17 18 - 24

Numero stranieri 324.635 199.019 102.701 134.378 333.550 1.094.283

% sul totale degli stranieri under 24 29,67% 18,19% 9,38% 12,28% 30,48% 100%

Popolazione totale residente 3.325.868 2.744.029 1.664.066 2.354.178 4.284.745 14.372.866

% stranieri sul tot. dei residenti, per ciascuna fascia d’età 9,76% 7,25% 6,17% 5,71% 7,78% 7,61%

Fonte: Istat ‘07

In generale gli stranieri sono una popolazione molto giovane: gli adolescenti stranieri sono oggi l’8,8% del totale nazionale, ben otto volte in più della stessa percentuale tra i 60-69enni! Non si può allora non fare un accenno alla questione di ridurre gli ostacoli per l’accesso alla cittadinanza italiana, sicuramente un tema di (anche se non solo) politiche giovanili: oggi due adolescenti compagni di banco (uno italiano e l’altro straniero nato in Italia) non hanno lo stesso complesso di diritti ed opportunità garantiti dalla cittadinanza.

2.6 GIOVANI O STUDENTI? GLI “EUROBIETTIVI” TRA INTERVENTI PER I GIOVANI E POLITICHE PER L’ISTRUZIONE

I documenti europei accennati in precedenza si occupano con una “vision” comune del sistema degli interventi per i giovani (youth work) e di quello dell’istruzione e della formazione, in quanto i destinatari sono sempre i giovani stessi. Una principio semplice, ma che nel nostro Paese (complice anche la rigida organizzazione a “canne d’organo” degli Enti pubblici a tutti i livelli) fatica ad essere adottato. Eppure sia il sistema educativo scolastico che quello extrascolastico103 hanno come finalità il promuovere percorsi di apprendimento ed il relativo sviluppo di competenze. Ma in Italia sembra ancora forte la frammentazione tra queste due politiche, le prime considerate di competenza della Pubblica Istruzione, le seconde degli Enti Locali. Come se gli studenti non appartenessero anche alle categorie di adolescenti o giovani e viceversa. In Europa invece il tentativo (sottolineato in particolare dalla Strategia di Lisbona) è quello di mantenere uno sguardo comune tra istruzione/formazione e youth work ed un recente esito di questa strategia è il quadro di riferimento rispetto all’apprendimento delle “competenze chiave” indispensabili oggi al giovane cittadino europeo104 (si veda più avanti). 103

Si può invece affermare che nella legislazione dello Stato centrale la vision dell’universo giovanile sia stata fino ad oggi molto “frammentata” tanto che viaggiano su percorsi separati e poco integrati i provvedimenti in materia di giovani studenti, lavoratori, disoccupati, tossicodipendenti, criminali o soggetti a rischio, stranieri, così come quelli relativi all’ambito dei vari processi di riforma dei settori della scuola, dell’università e del mercato del lavoro o nelle norme di contrasto a fenomeni di disagio ed esclusione. 104 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, relativa a com-

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Una panoramica generale di alcuni degli aspetti formativi del “sistema Italia”, comparato con la situazione europea, aiuta a comprendere meglio la nostra realtà relativa al sistema dell’istruzione e della formazione. Prendendo in esame i titoli di studio emergono le prime differenze: in Italia infatti i giovani diplomati sono il 73%, percentuale che la colloca al quartultimo posto in Europa, dove il primato spetta alla Norvegia, con il 95%. Nella fascia tra i 25 e i 34 anni la percentuale dei diplomati è del 64% contro la media UE del 77%. Ad avere solo il diploma di terza media sono il 22,3% dei ragazzi contro una media europea ben più bassa, del 15,7%. I giovani laureati sono il 10% mentre in alcuni Stati la stessa percentuale è del 40% (es. Corea e Giappone). Nel nostro Paese 71 ragazze su 100 proseguono gli studi oltre la scuola secondaria, i ragazzi sono 61 su 100. Ben pochi però arrivano a discutere la tesi: solo il 45% degli iscritti, a fronte di una media OCSE del 69%. E sono ancora le ragazze ad arrivare prima alla laurea: circa 24 ogni 100 venticinquenni, contro i 17 laureati ogni 100 maschi della stessa età. Inoltre vi è un enorme deficit delle lauree scientifico-specialistiche.105 Preoccupante anche il fatto che in Italia ci siano 155mila adolescenti non inseriti in alcun percorso formativo e gli “abbandoni” tra i 18 e i 24 anni siano il 19,3%, circa il doppio rispetto al parametro del 10% fissato a Lisbona ed inferiore di quasi 5 punti percentuali alla media UE (14,8%), contro il 12,7% di Francia e Germania, il 13% del Regno Unito.106 Infine partecipano a percorsi di formazione continua appena il 6,2% dei 25-64 anni a fronte di una media europea del 9,7%, con punte del 27,6% in Danimarca e del 35,8% in Svezia. Situazione tanto più grave se si considera il basso livello di qualificazione della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni: ad avere un titolo di istruzione secondaria superiore è solo il 52,3%, circa 20 punti percentuali in meno della media UE e, addirittura, 40 punti in meno in confronto ai Paesi più avanzati in questo campo.107 Uno sguardo alla risorse destinate dall’Italia all’istruzione universitaria: sono pari allo 0,75% del PIL, ben inferiori all’1,4% della media OCSE. Di queste, oltre il 90% sono destinate alla copertura delle sole spese di personale. Emergono anche criticità dalle aspettative dei giovani nei confronti della scuola: circa l’80% dei giovani tra 15 e 18 anni si chiede che senso abbia stare a scuola o frequentare corsi di formazione professionale. Ed anche il 63,9% degli occupati giudica inutili le cose studiate a scuola per il proprio lavoro. Inoltre il 75% dei laureati e l’85% dei non laureati di 16-35 anni pensano che in Italia vi siano scarse possibilità di trovare lavoro grazie alla propria preparazione. Non solo: il 92,6% dei giovani in uscita dalla scuola secondaria di II grado ritiene che anche per chi ha un titolo di studio elevato il lavoro sia oggi sottopagato, il 91,6% pensa che sia agevolato chi può avvalersi delle conoscenze. In particolare, poi, i laureati italiani in economia e in ingegneria hanno attese di remunerazione minori rispetto ai loro colleghi europei: petenze chiave per l’apprendimento permanente (Fonte: “Gazzetta ufficiale dell’Unione europea”, 30.12.2006). 105 Istat, Annuario statistico 2008. 106 Fonte: Rapporto ISFOL 2008. 107 Fonte: Rapporto ISFOL 2008.


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nel 2009 il primo stipendio annuo atteso è inferiore rispettivamente del 20,2% e del 21,4% di quello medio europeo. Motivazioni basse quindi che non spingono nella direzione di un maggior impegno personale dei giovani italiani ed il 19,3% di questi di 18-24 anni non è in possesso di un diploma e non è più in formazione, contro il 12,7% di Francia e Germania, il 13% del Regno Unito, il 14,8% medio europeo.108 Complessivamente la spesa italiana per l’Istruzione in rapporto al PIL è del 4,7 contro il 5,8% della media Ocse. L’Italia resta in coda per gli investimenti totali a favore dell’istruzione: in media i Paesi Ocse investono il 13,2% della spesa pubblica per questo settore. L’Italia è sotto il 10%. Per l’università in Italia per ogni studente si investono ogni anno 8.026 dollari, contro gli 11.512 della media Ocse.109 Con che risultati? Come detto prima, gli studenti italiani sono in ritardo nella preparazione, la scuola li aiuta poco rispetto alle sfide future e le riforme che si sono susseguite negli ultimi 13 anni non hanno minimamente influito su questi aspetti centrali dell’efficacia della didattica (vera mission dell’istruzione), concentrandosi prevalentemente sui criteri di valutazione e di riorganizzazione degli Esami di Stato, piuttosto che di “razionalizzazione” degli indirizzi, puntando sulle materie caratterizzanti, riducendo le altre e, di conseguenza, il “tempo scuola” complessivo degli adolescenti. La conseguenza è che per i giovani italiani vi è un più alto rischio di esclusione dai percorsi formativi, cioè da uno dei fattori principali che può contribuire sia allo sviluppo del Paese che al successo professionale e personale. Infatti uno studio della Banca d’Italia del 2006110 ha dimostrato che l’istruzione rende sia all’individuo che alla società. Dai calcoli presentati, risulta che un anno di istruzione in più renda all’individuo l’8,6% (il doppio dei BOT) ed alla società il 7% (ben più che un investimento in infrastrutture). Inoltre gli studi universitari renderebbero ancora di più ed al Sud il rendimento è più alto che al Nord. Ed i giovani sono ben consapevoli di questo.111 In generale, un anno di istruzione in più accresce il PIL di 0,72 punti base, mentre tre anni lo incrementerebbero dell’80% in più rispetto al livello attuale.112 L’Italia, quale Stato membro della UE, si è data obiettivi precisi in materia di istruzione113 ed uno strumento per seguire i processi realizzati saranno i cosiddetti livelli di riferimento del rendimento medio europeo (“criteri di riferimento europei”). Infatti gli Stati membri hanno convenuto che entro il 2020: • una media di almeno il 15% di adulti dovrebbe partecipare all’apprendimento permanente; • la percentuale dei quindicenni con risultati insufficienti in lettura, matematica e scienze dovrebbe essere inferiore al 15%; 108

Fonte: Censis (2009), “43° Rapporto Annuale”, Roma. Fonte: Rapporto OCSE Scuola 2008. 110 Quaderno SVIMEZ n. 10/2006. 111 Amaturo E., Savonardo L. (2006): “I giovani. La creatività come risorsa”, Ed. Guida. 112 Fonte: La scolarizzazione fa crescere il PIL, “IlSole24ore”, 20 settembre 2008. 113 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Nuove competenze per nuovi lavori - Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, Bruxelles, 4 nov ‘09 109

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• la percentuale di persone tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma d’istruzione superiore dovrebbe essere almeno del 40%; • la percentuale di giovani che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione dovrebbe essere inferiore al 10%; • almeno il 95% dei bambini di età compresa tra i 4 anni e l’età dell’istruzione primaria obbligatoria dovrebbe partecipare all’istruzione della prima infanzia. Le istituzioni europee hanno individuato una serie di “competenze chiave” necessarie per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, la coesione sociale e l’occupabilità in una società della conoscenza, che i sistemi nazionali di formazione ed istruzione devono aiutare a raggiungere. Si tratta di otto “key competences” (tabella 2.13) per l’apprendimento permanente che permettano a ciascun cittadino di disporre di un’ampia gamma di competenze chiave per adattarsi in modo flessibile a un mondo in rapido mutamento e caratterizzato da forte interconnessione, visto che la globalizzazione continua a porre l’Unione Europea di fronte a nuove sfide. L’istruzione nel suo duplice ruolo - sociale ed economico - è un elemento determinante affinché i cittadini europei acquisiscano la capacità di adattarsi con flessibilità a siffatti cambiamenti.114 Tabella 2.13 - Competenze chiave per l’apprendimento permanente: un quadro di riferimento europeo Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale. Le competenze chiave sono considerate ugualmente importanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza. Molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un ambito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del linguaggio, della lettura, della scrittura e del calcolo e nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) è una pietra angolare per l’apprendimento, e il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento. Vi sono diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento: pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave. Fonte: Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, (2006/962/CE). 114

Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente - (2006/962/CE) - “Gazzetta ufficiale dell’Unione europea” 30.12.2006.


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Il miglioramento delle competenze a tutti i livelli è una condizione essenziale tanto per un rilancio a breve termine dell’economia quanto per uno sviluppo più a lungo termine e per l’aumento della produttività, della competitività, dell’occupazione, nonché per la garanzia di pari opportunità e per la coesione sociale.115 Il sistema di istruzione dovrebbe allora fornire le competenze trasversali chiave che saranno sempre più importanti in futuro: abilità comunicative, competenze digitali al passo con l’evoluzione delle ICT (compresa l’alfabetizzazione mediatica), la consapevolezza culturale e le abilità linguistiche necessarie per muoversi in Europa e nel mondo, lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità. Buona parte della popolazione deve avere competenze di elevato livello in campo matematico, scientifico e tecnologico, mentre tutti hanno bisogno di una preparazione sufficientemente buona in queste discipline per poter capire le scelte e le questioni politiche sollevate dal progresso scientifico. Soprattutto è necessario che l’istruzione iniziale fornisca competenze metacognitive e doti dell’abilità e della volontà di continuare ad imparare abilità nuove e specifiche man mano che i lavori, e le conoscenze stesse, evolvono nel corso degli anni. Instillare queste competenze chiave richiederà di trasformare il modo in cui le Scuole sono organizzate ed attrezzate. Innanzitutto tutte le scuole devono essere dotate di una connessione internet ad alta velocità, ma è necessario cambiare anche i programmi di studio ed i metodi di insegnamento ed i titoli. Una cooperazione rafforzata istruzione-impresa dovrebbe essere parte integrante dell’istruzione di ognuno, al fine di stimolare la mentalità imprenditoriale.116 Riprendendo quanto affermato ad inizio paragrafo rispetto alla separazione tra politiche scolastiche ed extrascolastiche, al fine dell’acquisizione delle competenze chiave da parte dei giovani, appare evidente adottare strategie che nella scuola sappiano contaminarsi di logiche più tradizionalmente legate allo youth work. Tra queste possiamo citare ad esempio le buone prassi legate agli stages lavorativi (la cosiddetta alternanza scuola/lavoro), ai programmi di sviluppo dell’imprenditività giovanile, alla learning mobility ed agli scambi scolastici. Progetti didattici che uniscono quindi obiettivi legati al “sapere” a quelli legati anche al “saper fare” ed al “saper essere”. Sono molte le esperienze già attive in questi ambiti. Ad esempio, rispetto all’importanza dell’alternanza scuola lavoro (o stages) sono gli stessi Dirigenti scolastici a non avere dubbi: infatti il 71,2% di loro ritiene che ciò permette agli studenti di avere una migliore conoscenza del mondo del lavoro, il 55,9% pensa che consente alla scuola di offrire un curriculum di studio più adeguato alle esigenze lavorative, il 53,2% ritiene che aumenti le opportunità occupazionali dei diplomati in quanto questi hanno l’occasione di farsi conoscere dalle aziende. Positiva è anche la ricaduta dell’alternanza scuola-lavoro sull’ambiente e sul vissuto scolastico: il 52,9% dei dirigenti ritiene che l’introduzione dell’alternanza influenzi i livelli motivazionali, contrastando i fenomeni di dispersione, e il 51% che 115

Commissione Europea: “Nuove competenze per nuovi lavori - Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, Bruxelles”, 16 dicembre 2008. 116 Fonte: “La Rivista”, n. 31/09, Creatività ed innovazione, Anno Europeo 2009, Commissione Europea DG Istruzione e Cultura.

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funga da stimolo per una innovazione continua della didattica. Nel 2008-2009 più di 1.000 istituti hanno attivato percorsi di alternanza scuola-lavoro coinvolgendo 69.375 studenti (+51,2% rispetto al 2006-2007), con una crescita significativa delle imprese coinvolte che passano da 27.720 a 48.081 (+41,5%). Nel 2008-2009 i corsi di professionalizzazione sono stati 8.023 per 140.409 studenti (+10% rispetto al 20062007).117 Ma le Scuole non promuovono solo stages: aderendo infatti ad alcuni programmi hanno la possibilità di educare all’imprenditività che è una delle “key competence” che la UE ritiene strategiche per uscire dalla crisi. L’apprendimento di questa competenza può avvenire in esperienze didattiche di educazione all’impresa. Tra queste vi sono i programmi ad accesso gratuito per le Scuole di Junior Achievement118 (si veda www.junioritalia.org), che si occupa di formazione economico-imprenditoriale a scuola e che prevedono il supporto ai docenti per la gestione di un percorso annuale di simulazione di impresa, nell’ambito di una competizione regionale, nazionale ed europea. Rispetto all’apprendimento degli studenti partecipanti a questo tipo di programma, è interessante notare come a fronte di un 50% di studenti italiani che afferma di voler diventare prima o poi libero professionista o imprenditore, la percentuale si alza 56% per gli studenti Junior Achievement contro il 44% di chi non ha vissuto l’esperienza119 (il dato medio degli studenti europei è del 63%). L’avvio di progetti comuni in partnership tra scuola ed extrascuola, con le finalità di acquisizioni di competenze e di sviluppo di cittadinanza attiva, è sentito necessario anche dagli Assessorati locali alle politiche giovanili: in questo senso molto interessanti sono le sperimentazioni che hanno come oggetti i concorsi di idee, la creatività, le simulazioni di imprese, la memoria, l’arte e la conoscenza del territorio locale, il miglioramento degli spazi di vita dei giovani, in generale tutto ciò che può comportare lo sviluppo di sinergie e di capitale sociale locale.120 Diffusa come “buona pratica” anche la cosiddetta learning mobility in Europa. Dal 2001 al 2007 162.759 persone hanno usufruito di borse di studio, formazione e tirocinio all’estero nell’ambito dei programmi europei Socrates e Leonardo da Vinci (integrati dal 2007 nel Programma per l’apprendimento permanente). Nel segmento della formazione gioca un ruolo preponderante la mobilità del programma Erasmus per gli studenti universitari, che ha promosso l’outgoing di oltre 15.000 persone all’anno (oscillando tra le 13.236 del 2001 e le 18.364 del 2007), seguito da Leonardo 117

Censis, 43° Rapporto Annuale, Censis, Roma 2009. È una organizzazione nonprofit diffusa in tutta Europa (ed in circa 100 Paesi al mondo), che in Italia è anche accreditata presso il MIUR per la formazione e l’aggiornamento professionale dei docenti e per la valorizzazione delle eccellenze. 119 Fonti: indagine “Enterprise 2010, the next generation” di Junior Achievement Young Enterprise (più di 10 mila giovani intervistati) di 25 nazioni e Indagine Istituto IARD RPS “Giovani, economia e spirito imprenditoriale”, Junior Achievement Italia, 2007. 120 Si pensi addirittura che nel Nord Europa sono previste le imprese studentesche e nelle Scuole, durante il periodo estivo vi è la possibilità di promuovere l’accoglienza di altri giovani stranieri, quasi una gestione di Ostelli della gioventù curati da giovani per altri giovani. 118


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da Vinci, che ha promosso l’uscita dal Paese per tirocini formativi di oltre 4.000 giovani all’anno, raggiungendo la quota massima nel 2006 con 6.090 borsisti.121 Rispetto alle competenze ed alla cittadinanza europea, sono soprattutto i ragazzi che fanno un’esperienza con l’Erasmus ad avere il più spiccato spirito europeista. Sono loro, più di chiunque altro, a essere pronti a lavorare in uno stato europeo. Sarebbe pronto a farlo subito il 69,2% di loro, mentre farebbe lo stesso solo un universitario su tre tra quelli che non hanno mai avuto esperienza di studio all’estero.122 Ma il “valore” di questo tipo di esperienze è anche economico, pur (per ora) non particolarmente elevato: infatti in termini di retribuzione, i laureati con esperienza Erasmus guadagnano circa il 4% in più di quanto non succeda ai loro colleghi “domestici”. Dopo cinque anni il differenziale aumenta e chi ha fatto l’Erasmus arriva a guadagnare fino a 1.458 euro al mese contro i 1.310 euro di chi non ha fatto esperienze di studio all’estero123 (tabella 2.14). Tabella 2.14 - Stipendi mensili netti a 1 anno, 3 anni e 5 anni dalla laurea per tipo di esperienza di studi all’estero Tipo esperienza di studi all’estero Laureati Erasmus - altro Progr. UE Altre esperienze di studio Nessuna esperienza Media

Stipendio (euro) 1 anno 3 anni 5 anni 1.025 1.252 1.423 973 1.173 1.314 955 1.095 1.301 965 1.118 1.305

Fonte: AlmaLaurea 2007

Infine, parlando di scuola, un accenno va fatto anche alle strutture scolastiche, rispetto alle quali è ormai urgente un forte ritorno di attenzione sul tema della manutenzione. Il campanello d’allarme di molte attrezzature pubbliche è purtroppo già suonato e fa coincidere il tema della manutenzione con quello della sicurezza.124 Oggi lo stock di edilizia scolastica pubblica è composto da 42 mila strutture di cui quasi la metà non dispone di un certificato di agibilità. Stimando un costo medio per la messa a norma di 300-350 mila euro per ogni struttura, con un investimento di un miliardo di euro si otterrebbe la messa a norma di circa 3 mila scuole (pari al 7% dello stock).125

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Fonte: Censis, 43° Rapporto Annuale, Roma 2009. Fonte: si veda Nota precedente. 123 Tra chi parte con l’Erasmus e chi invece rimane in Italia, le possibilità di trovare lavoro non cambiano di molto, quasi che il sistema Paese non apprezzi in misura adeguata il valore aggiunto conferito dalle esperienze di studi all’estero [Fonte: Almalaurea, 2007]. 124 Fonte: Censis, 43° Rapporto Annuale, Roma 2009. 125 Si veda Nota precedente. 122

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2.7 UNA PRIMA VALUTAZIONE

In conclusione può essere utile rielaborare quanto finora detto in una matrice SWOT126 in modo da avere un documento di sintesi in materia di politiche giovanili. Minacce ed opportunità fanno riferimento all’ambiente esterno ed al sistema in cui si agisce, mentre invece i punti di forza e le criticità sono elementi più interni. La SWOT è ricavata sulla base delle interviste svolte nell’azione di ricerca a tutti gli interlocutori e testimoni chiave individuati con i quali ci si è confrontati sull’analisi del contesto generale attuale e dei fattori specifici delle politiche giovanili. Tabella 2.15 - Una SWOT delle politiche giovanili nazionali Opportunità

Minacce

- Nell’ambito del Governo nazionale, l’istituzione di un Ministero ad hoc, può garantire un “punto di vista giovane” al Paese; - chiarezza di linee programmatiche; - interventi su questioni non più marginali, ma su temi forti, relativi allo sviluppo generale del Paese, contribuendo all’uscita dalla crisi; - definizione di un chiaro ruolo istituzionale, strumenti e modalità d’azione con Regioni ed Enti Locali; - politiche giovanili come interventi di valore per tutta la società, passando dalla visione assistenziale/ emergenziale ad una dimensione di reale protagonismo; - riconoscibilità e visibilità degli interventi in materia di gioventù, nuove capacità comunicative; - capacità di comunicare i risultati raggiunti, trasparenza grazie ad un utilizzo del web interattivo; - fondo ad hoc, con relativa e certa ripartizione tra Governo e territorio, pluriannuale; - e etto leva in termini di progettualità, stimoli, interesse, opportunità, nuova cultura in materia (oltre a scambio e diffusione di buone pratiche, anche blog, film, libri, ecc); - attenzione nuova alle tematiche educative; - positiva l’azione dell’Agenzia Nazionale Gioventù.

- Ipotesi di tagli delle risorse Ministeriali nel 2010 (da 130 a 85 milioni di euro); - contesto generale carente rispetto ad un qualunque tipo di azione educativa nei confronti delle giovani generazioni, a partire spesso anche da istituzioni e media; - nella politica nazionale, la costituzione di un nuovo Ministero corre sempre il rischio di essere percepito semplicemente come una “poltrona in più” da allocare tra le forze politiche al governo; - dopo la stagione dei bandi (alcuni con tempi di valutazione lunghi), incertezza sul proseguo; - la ricchezza delle tante “best practices” diffuse su tutto il territorio nazionale non è stata mai assunta a sistema; - si tutelano poco le “eccellenze”, procedendo senza una loro ricerca e “razionalizzazione” utile poi alla loro diffusione e condivisione di know how, con spreco di energie e risorse, perché ogni territorio rischia di dover apprendere da sé; - riferimenti nazionali carenti (legge, Consiglio dei giovani, agenzia, Osservatorio, dati sul settore, ecc); - l’azione dei bandi rivolti direttamente al territorio, crea più opportunità, con il rischio però di linee d’azione parallele tra i diversi attori e quindi di sovrapposizioni; - i bandi generano competizione tra attori, andrebbero incentivati meccanismi di “accreditamento territoriale”; - poca conoscenza della questione giovanile nell’opinione pubblica, soprattutto correlata ai temi generali dello sviluppo del Paese e dei territori; - scarso riconoscimento e coinvolgimento dei

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L’ analisi SWOT, conosciuta anche come Matrice SWOT, è uno strumento di analisi e valutazione usata per valutare i punti di forza, i punti di debolezza, le opportunità e le minacce di un ambiente interno ed esterno in cui si agisce, come progetto o organizzazione. Si veda la nota metodologica.


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giovani e del Terzo Settore a livello progettuale; - la valutazione dei progetti presentati ai bandi e non finanziati, invece che opportunità di apprendimento, spesso diventa oggetto di recriminazione; - persistente separazione tra interventi relativi alla scuola ed alle politiche giovanili; - i temi dell’esclusione, della povertà giovanile e delle seconde generazioni di immigrati (tra cui la cittadinanza ed il diritto di voto) non entrano negli obiettivi degli APQ. Punti di forza

Criticità

- Politiche di carattere interministeriale, complesse, ma più forti; - rilancio in generale di un settore, fermo da anni; bandi che stimolano la creatività progettuale, procedono per “target di destinatari”, hanno oggetti specifici, - le risorse sono certe e spendibili esclusivamente sugli oggetti previsti; - il finanziamento di azioni attraverso i bandi permette oggi di allocare risorse non solo per gli oneri del personale (che non devono incidere per più del 50% dei costi dei progetti), ma anche per strutture, servizi, attrezzature, viaggi, strumentazione; - forte rilancio (addirittura legislativo) sulle politiche giovanili e sugli spazi (comunità giovanili); - recepimento degli impulsi delle nuove politiche giovanili europee; - esplicitazione dei programmi e dei risultati attesi; - trasparenza dell’azione amministrativa; - la progettualità prevista dai bandi richiede la costruzione di reti territoriali, che possono trasformarsi in risorse immediate per il territorio; - progettare sui bandi è una attività seria e richiede sempre più capacità di costruire partnership e reti di progetto e pretende responsabilità (anche per via del meccanismo del co-finanziamento che incrementa risorse disponibili).

- Strutture ministeriale ancora in fase d’avvio e da potenziare rispetto al lavoro da svolgere; - il lavoro per progetti è di breve periodo e questo genera il “precariato degli operatori”; - formazione degli operatori e riconoscimento dell’ educazione non formale (animazione socioeducativa) e dello youth worker, a livello nazionale e regionale; - carenza di convention nazionali e regionali di operatori, funzionari ed amministratori e strumenti 127 ad hoc per sostenere il lavoro con i giovani e lo scambio di buone prassi; - risorse ancora scarse se comparate con l’allocazione complessiva all’interno di altre politiche e ciò a qualunque livello istituzionale; - non sempre gli interventi stanno su temi attuali (es. crisi, banda larga, diritto di voto e cittadinanza ai giovani stranieri) o centrali in modo da attrarre l’attenzione (es. squilibrio del welfare, debito pubblico, reddito di cittadinanza giovanile, fuga dei talenti, raccomandazioni, ecc); - difficoltà di definire obiettivi misurabili e valutabili; - in un momento di crisi ed incertezza, si rischiano derive di “appiattimento sull’esistente”, utilizzando i fondi ottenuti per la gestione di attività ordinarie.

2.8 COSA È SUCCESSO PRIMA: L’AZIONE DEGLI ENTI LOCALI E DEL TERZO SETTORE IN ITALIA

Negli altri Paesi europei, a partire dagli anni ‘70, i giovani erano già destinatari di specifici interventi ed iniziative volte a promuovere e valorizzare il loro apporto nella società. Non fu così in Italia, secondo molti studiosi per la particolarità della 127

Es. manuali, schede, buone prassi, ma anche web e programmi televisivi, giornali e strumenti di collegamento.

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condizione giovanile di allora, fortemente intrisa di partecipazione e contestazione. Così queste dimensioni vennero già considerate oggetti di “politiche giovanili”128 autorganizzate, senza bisogno delle istituzioni (anche perché la protesta era proprio contro queste), che infatti si ritirarono. Ancor prima di ciò, comunque, la scelta del nuovo Stato repubblicano non fu quella di promuovere “forti” azioni politico - formative per i giovani, ma di affidare questi compiti al pluralismo delle formazioni sociali.129 Una posizione che si legittima per contrapposizione a quella del “pensiero unico” dittatoriale, precedente alla nascita del nuovo Stato repubblicano. Lo Stato scelse così di occuparsi dei compiti relativi a istruzione, insegnamento, formazione e di delegare la funzione educativa rispetto alla partecipazione alla vita democratica a famiglia e scuola, da un lato, e, dall’altro, a soggetti “associativi” e collettivi (partiti, associazioni, Chiesa, sindacati ecc.) operanti nella società civile. Un’epoca durata fino alla fine degli anni ’80, con la caduta delle ideologie ed una crisi valoriale complessiva, che ha portato ad un non riconoscersi più in quelle strutture, in primis proprio da parte dai giovani, influenzati/educati molto più dalle nuove televisioni commerciali e dai modelli di costume proposti da queste, che non da quelli proposti dalle agenzie tradizionali.130 Sebbene il 1985 fu dichiarato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite Anno Internazionale della Gioventù, in Italia la situazione non mutò molto, anche se gli Enti Locali (tra tutte le istituzioni pubbliche) cominciarono per primi ad occuparsi di giovani, insieme al mondo dell’associazionismo e a Partiti, Oratori131 e Chiesa Cattolica, adempiendo così ad un obbligo che in altri Paesi è compito del Governo centrale. A livello normativo e a dispetto degli impegni assunti in sede europea e nei consessi internazionali richiamati nelle pagine precedenti, le politiche giovanili non sono mai state oggetto di una specifica legislazione nazionale di indirizzo o riordino del settore.132 Cominciarono le Regioni a legiferare in materia, mentre l’intervento diretto fu portato avanti dai Comuni, che da sempre recriminavano la necessità di 128

Tutto avvenne, tra l’altro, in un momento particolarmente fortunato per quanto riguardava la questione degli “accessi” alla vita adulta: un dato esplicativo è che allora la disoccupazione giovanile era al 10% nel 1968, contro l’attuale 27% [Eurostat, ott. ‘09] 129 Pesò il fatto che la democrazia nacque dopo la caduta del fascismo, epoca in cui lo Stato svolse il compito (sia nella Scuola, che nel tempo libero) di “educare” i giovani, in termini però di imposizione. 130 S. Laffi, Giovani d’oggi, Convegno “Ci si mette molto tempo a diventare giovani”, Provincia di Udine, 17 dicembre 2009. 131 Coinvolgono circa 2 milioni di ragazzi e sono sostenuti da oltre 200 mila volontari tra catechisti, educatori, animatori; in oltre la legge nazionale 206/03 riconosce la funzione educativa e socializzante degli Oratori e demanda alle Regioni il compito del sostengono alle loro attività [Fonte: Forum degli Oratori Italiani-FOI, febbraio ‘05]. 132 Anche se vi furono (fino al 2005) diversi disegni di legge in materia ed anche (tra gli anni 60 e 70) un Comitato di studio governativo ed una Commissione parlamentare sulla Condizione giovanile, oltre che, per un breve periodo (meno di un anno, tra l’estate del 1972 e quella del 1973), alla costituzione del Ministero ai problemi della gioventù, guidato da Italo Giulio Caiati, nel Governo Andreotti – Malagodi.


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un intervento centrale in materia. Gli interventi attuati dagli Enti Locali, pur importanti e fondamentali, furono comunque sempre e solo una supplenza, a volte basata più su sensibilità personali locali,133 buona volontà, alleanze territoriali con il Terzo settore134 e poche risorse. Questo sviluppo, di conseguenza, non poté che procedere in “ordine sparso135” e vide gli attori coinvolti “navigare a vista”, a causa della quasi totale assenza di riferimenti normativi e/o indicazioni nazionali certe. Eccezione furono alcuni documenti del Ministero dell’Interno (su prevenzione ed Informagiovani) ed i documenti dell’Anci, che diedero spunti progettuali ed operativi ai Comuni. Da ricordare l’impegno dei Comuni (Anci) che, già in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù (1985), si posero come obiettivo quello di generalizzare a livello nazionale “l’esperienza degli assessorati ai Progetti giovani, con capitoli specifici per i problemi giovanili, a cui destinare almeno l’1% dell’intero bilancio di ogni singolo Comune (e Provincia), a partire dal 1985. Lo stesso per quanto riguarda il bilancio dello Stato”. A questo i Comuni chiesero “un riferimento centrale governativo (Ministero o un Dipartimento) ed un coordinamento parlamentare per arrivare ad una legge nazionale, oltre ad avviare un ruolo delle Regioni anche in questo campo”.136 Ciò dimostra la chiarezza di “vision” da parte dei Comuni, esplicitata già oltre un quarto di secolo fa… Sempre in seno all’Anci si costituì anche la Consulta degli Assessori alle politiche giovanili.137 In una situazione in cui i vertici non hanno svolto un forte ruolo di leadership, in materia di giovani si è attivata quindi molto di più la “base”, cioè i territori ed i Comuni in particolare, insieme al Terzo settore ed alla Chiesa. Così, ad inizio anni ’90, i “progetti giovani” arrivarono ad essere presenti nel 58% dei Comuni con più di 10.000 abitanti.138 2.8.1 Gli effetti locali delle precedenti leggi nazionali

Negli altri Paesi la “questione giovanile” è stata considerata da sempre fra i compiti istituzionali dello Stato e gli Enti Locali contribuiscono alla sua determinazione 133

Spesso infatti l’avvio di questi progetti fu dovuto alla sensibilità ed alla lungimiranza dell’Amministratore locale o alla presenza di un associazionismo giovanile particolarmente motivato. 134 Che gettò le basi di quella che ora è definita “sussidiarietà orizzontale” e che oggi, tra gli altri, vede ancora attivi 6.000 Circoli Arci (che contano oltre un milione di soci, fonte www.arci.it), 8.000 strutture delle Acli (con oltre 980.000 iscritti, fonte www.acli.it), e circa 6 mila oratori che coinvolgono quasi 2 milioni di ragazzi ed oltre 200.000 volontari. 135 G. Campagnoli, Politiche giovanili: progetti in ordine sparso, in “Guida agli Enti Locali, Ilsole24ore”, Milano, ottobre 2005. 136 Fonte: F. Montanari, Gli Enti Locali per una politica a favore dei giovani, Convegno Anci: “Dalle esperienze degli Enti Locali, le idee di una politica nazionale per i giovani“, Vicenza, 15-16-17 Novembre 1984. 137 E molto più recentemente Ancigiovane, il network degli amministratori under 35. 138 Fonte: Centro Studi Gruppo Abele: Politiche e progetti per gli adolescenti, Ministero degli InterniDirezione Generale dei Servizi Civili – Roma, 1992 (ricerca condotta su 1.032 Comuni Italiani con oltre 10.000 abitanti).

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attraverso indicazioni e strumenti offerti dallo Stato. Da noi fu il contrario e fin dagli anni ’80 e ’90 furono solo le varie “emergenze” a dettare l’agenda politica delle priorità del Governo centrale139 nei confronti dei giovani. Così gli interventi slittarono su tematiche inerenti emarginazione, prevenzione, disagio, lavoro, criminalità, formazione. Infatti le principali leggi che finanziarono interventi di politiche giovanili furono: • il Dpr 309/90 (e poi la legge 45/99) istitutivo del “Fondo Nazionale per la Lotta alla Droga”; • la legge 216/91 per “Primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose”; • la legge 285/97 per la “Promozione di diritti ed opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”. Tabella 2.16 - Stima delle risorse erogate fino al 2007 Leggi D.P.R 309/90 Legge 216/91 Legge 285/97 Totale

Risorse (in milioni di euro) 900 circa 125 circa 750circa 1.800 milioni circa

Tutte leggi importanti (ormai non più attive se non in 15 città per la 285/97), che cercarono di dare attuazione all’art. 31 della Costituzione, pur con una visione del mondo giovanile quale entità problematica, di cui preoccuparsi o, al più, da mettere sotto tutela. L’applicazione di queste leggi fu comunque un incentivo per gli Enti Locali ad avviare una serie di progetti di prevenzione rivolti agli adolescenti. Un input a livello locale venne, a partire da quegli anni, con i fondi legislativi indicati nella tabella 2.16, pur essendo (i primi due) connotati da quella visione “assistenzialistica e curativa”, di cui si è detto in precedenza. Infatti i territori seppero progettare interventi di prevenzione (da droga e criminalità giovanile), che finanziarono iniziative locali di informazione e aggregazione per i giovani, che generarono una serie di interventi prevalentemente in quattro settori: informazione, socializzazione e cultura, formazione e lavoro, emarginazione e disagio.140 I principali “prodotti” grazie alle azioni dei Comuni (ottenuti quasi sempre in collaborazio139

Il fatto è che nel nostro Paese spesso affinché la politica si occupi di una questione, deve esserci una “emergenza”. Ma questa parola può essere pericolosa, perché se si è in una situazione al limite, gli interventi sono portati avanti con logiche coerenti con la situazione. Così per i giovani c’è l’emergenza droga, l’emergenza criminalità, oppure la pedofilia ed i maltrattamenti, o le “stragi del sabato sera”, oppure i “branco”, il satanismo, o, ancora, il bullismo e le aggressioni a scuola a compagni e docenti (poi pubblicate sul web), l’alcolismo giovanile (ed i relativi divieti dell’estate 2009), l’allarme internet (per via della violenza e del terrorismo). A queste “emergenze” si propongono interventi che mirano più alla ricerca di un consenso immediato dell’opinione pubblica (ad es. innalzare le pene, diminuire le dosi personali di sostanze illecite, anticipare la chiusura dei locali, ecc.). 140 C.A. Dondona, R. Gallini, R. Maurizio, Le politiche per i giovani In Italia, IRES - Regione Piemonte, 2004 (rapporto di ricerca).


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ne con il privato sociale) furono il “Centro di aggregazione giovanile”, le rassegne di espressività giovanile, la Consulta o Forum giovanile, le Carte giovani, l’educativa di strada e gli Informagiovani (IG). Interventi tutti che oggi stanno prendendo veste nuova, ma che sono ancora ben diffusi e, a partire dagli Informagiovani, vi è un’azione ministeriale per metterli a sistema. Gli IG infatti sono diffusi su tutto il territorio nazionale, presenti in 18 regioni su 20 con ben 1.172 sportelli attivi, che occupano circa 2.200 operatori, di cui circa 460 volontari,141 per 8 milioni di passaggi complessivi tra il 2007 e 2008142 (si veda Capitolo 3). Questo “protagonismo dal basso” dei territori, avvenuto quasi in assenza di supporto e coordinamento da parte dello Stato centrale e spesso anche delle Regioni, ha portato ad una forte disparità nella frequenza e nella qualità delle politiche locali in favore dei giovani nelle diverse aree del Paese. Infatti questo sviluppo non è avvenuto in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale ma, fin dall’inizio, a “macchia di leopardo143” (anche rispetto alla destinazione dei fondi del D.P.R. 309/90 e legge 216/91) e, in ogni caso, sempre con molte fatiche. Infatti l’azione fu caratterizzata da forte ristrettezza economica, carenza di logiche sovracomunali (al fine di realizzare sinergie e risparmi), frammentazione e precarietà degli interventi e a volte dalla loro sovrapposizione. Non solo: spesso l’azione dell’Amministrazione comunale si connotò per seguire logiche da “separato in casa” tra i vari assessorati, che agivano senza connessioni tra Settori rinunciando ad una maggior quantità di risorse, forza e sinergie. Successivamente, a livello governativo centrale, una novità fu l’attribuzione delle competenze in materia di politiche giovanili (tra il 1996 ed il 2001) al nuovo Dipartimento Affari Sociali, istituito presso la Presidenza del Consiglio. Nel 1997 l’allora Ministra Livia Turco avviò una ampia consultazione nazionale tra giovani, istituzioni, esperti, Terzo settore, organizzazioni giovanili, che portò all’elaborazione di una proposta di legge governativa (la n. 6.220/00, “Disposizioni a favore delle giovani generazioni”, complementare a quella approvata tre anni prima su infanzia, minori ed adolescenza, la legge 285/97, si veda più avanti) che avrebbe dovuto definire un Piano giovani a livello nazionale. Questo documento aveva come obiettivo anche la definizione e l’incentivazione di interventi a livello regionale e locale. Così secondo la proposta di legge il Governo Italiano avrebbe dovuto: 1. predisporre ogni tre anni un Piano Giovani; 2. costituire l’Agenzia Nazionale per i Giovani; 3. istituire il Fondo Nazionale per i Giovani; 4. costituire il Consiglio Nazionale dei Giovani, quale organo consultivo e propositivo e di rappresentanza dei giovani negli organismi internazionali. 141

Coordinamento Nazionale Informagiovani: “Informagiovani”, Ministero della Gioventù, Anci, Roma 2009. 142 R. Pella, Anci - Ministero Gioventù: “Informagiovani: dalla rete al sistema. Terzo Convegno Nazionale degli Informagiovani”, Roma, 4 maggio ’09. 143 E ciò fin dall’inizio, quando i primi 10 progetti giovani furono ben sparsi per l’Italia Centro Nord, cominciando a Torino (1977), poi Bologna, Forlì, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Voghera, Ravenna, Perugia, Terni.

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Intuizioni che però rimasero senza seguito per altri successivi 10 anni. Con la nuova legislatura (dal 2001 al 2006), il nuovo Governo attribuì le competenze in materia di politiche giovanili ad un Dipartimento del Ministero del Welfare presso cui era attiva l’Agenzia Nazionale responsabile dell’attuazione del programma europeo Gioventù. Così nel Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, fu la Direzione generale per la famiglia ad occuparsi di volontariato, Servizio Civile Nazionale,144 Programmi europei per i giovani, della gestione del bando Associa (305.582 euro). A fine 2004, vi fu il riconoscimento legislativo del Forum Nazionale dei Giovani (legge 311/04), dotandolo di un fondo di 500.000 euro. Come detto, solo nel 2006, si istituì il Ministero delle politiche giovanili. 2.8.2 Il ruolo dei Comuni nel nuovo Millennio

Così, nei primi anni 2000, pur con pochi riferimenti nazionali e regionali e procedendo più che altro “a vista”, superando le tante difficoltà, i Comuni hanno saputo sviluppare una serie di sperimentazioni interessanti, dato dignità e fisionomia a livello locale a queste politiche, promovendole in seno all’Anci, assumendo responsabilità pubblica, sviluppando progettualità in rete con altri attori locali, beneficiando, oltre che dei fondi nazionali, anche delle opportunità della UE. Stimare il numero complessivo di tutte queste “best practices” italiane è difficile: nel 2005, un numero vicino alla realtà potrebbe essere di 300.145 A distanza di anni, rileggendo questo percorso avviato con quei i primi esempi di progetti e servizi pubblici in favore dei giovani attivati dai Comuni (a partire dai tardi anni 70), si può ora affermare che così si posero le basi per una tradizione di intervento dal basso che ancora oggi rappresenta una caratteristica distintiva delle politiche giovanili in Italia, dimostrando capacità di scambio, confronto ed emulazione delle pratiche, permettendo la diffusione spontanea di modelli sperimentati con successo da alcune amministrazioni pilota.146 In questa azione, hanno sicuramente contribuito anche i nuovi mezzi di comunicazione (più facilmente adottati dai progetti giovani), che hanno permesso una più rapida e capillare diffusione delle informazioni ed uno scambio di buone prassi. Ciò anche su indicazione europea, che nel Libro Bianco conteneva l’input di diffondere questo tipo di informazioni. Un grosso merito in questa direzione, l’ha avuto senz’altro la rete degli sportelli Eurodesk (111 su tutto il territorio nazionale), che ha promosso anche le opportunità dei programmi europei.147 144

Istituito con la legge 6 marzo 2001 n° 64, che dal 1° gennaio 2005 si svolge su base esclusivamente volontaria. 145 In base ad un censimento che nel 2005 l’Osservatorio del Veneto ha svolto e riportato da R. Maurizio: Regione Veneto, Jesolo, 16 settembre 2006 - Meeting regionale dei giovani del Veneto “Giovani senza frontiere. Costruiamo insieme il nostro futuro”. 146 Fonte: Regione Puglia, “Accordo di programma quadro in materia di politiche giovanili”, Relazione tecnica, Roma, 28 luglio ’06. 147 Vanno qui ricordati anche il portale italiano ed europeo dei giovani e la rete politichegiovanili.it (si veda www.portaledeigiovani.it e www.politichegiovanili.it).


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Questo modello nazionale di “eccellenze” di politiche giovanili, è stato un po’ ciò che ha caratterizzato questo settore fino al 2000: la “via italiana” in questo ambito si è infatti connotata per aver sviluppato tanti progetti e iniziative su tutto il territorio nazionale, prevalentemente dal basso (nei e grazie ai Comuni), che però hanno logicamente avuto difficoltà a fare sistema, in assenza di un forte ruolo assunto da istituzioni di livello regionale e nazionale. Si può dire che c’è stata una consistente una “proliferazione senza condensazione” di progetti e di eccellenza. I territori dove più forte è stato il mix tra sensibilità istituzionale, certezza di risorse, capacità progettuale e partecipazione attiva di organizzazioni giovanili e del Terzo settore e quelle esperienze che unendosi sono riuscite a costituire reti nazionali, sono stati i “motori del cambiamento” delle politiche giovanili del Paese. Sono infatti quei soggetti che ancora oggi contribuiscono allo sviluppo delle politiche giovanili (ad es. si pensi alle innovazioni portate in questi anni dalla Rete di Comuni Iter, Avviso Pubblico, Borghi autentici, Eurodesk148 e poi a tutte quelle reti del Terzo settore di cui si dirà nel Capitolo 4). Invece, rispetto alle risorse economiche, la media destinata ad interventi per i giovani è stata dello 0,1% delle uscite correnti dei bilanci comunali contro un dato europeo che va dall’1,5% al 2,25%.149 Senza un minimo di quantità,150 però non ci può essere certo qualità nelle azioni che infatti hanno finito per essere prevalentemente dei “low cost” monotematici e culturalmente deboli,151 occupandosi più di tempo libero152 che di promozione di valori forti, di partecipazione giovanile o di temi centrali rispetto agli accessi difficili al mondo adulto (cittadinanza intesa come possibilità di lavoro, reddito, credito, casa, diritto allo studio, ecc.) Si è rischiata così, nei fatti, una “adolescentizzazione” se non un “giovanilismo” delle politiche giovanili, che non ha mai portato ad un sistema nazionale (fallirono tutti i percorsi sia bottom up, che top down attivati negli anni). In sintesi, nel nostro Paese, pur in presenza di tantissime buone prassi locali, si è sviluppato un vero e proprio “circolo vizioso” (tabella 2.17) che, come visto, ha relegato le politiche giovanili ad un ruolo istituzionale molto marginale.

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Si veda www.iterwelfare.it, www.avvisopubblico.it, www.borghiautenticiditalia.it e www.eurodesk.it Lo 0,1% è la media nazionale delle uscite correnti dei Comuni italiani, lo 0,3% nei Comuni della provincia di Milano, [R. Grassi, in: Istituto IARD RPS, Esperienze di politiche giovanili in provincia di Milano, Provincia di Milano, ottobre ’09]. 150 Detto in un altro modo: il costo che un Comune italiano di medie dimensioni spende per una rotatoria stradale equivale alla cifra che stanzia per dieci anni per le politiche giovanili. 151 sviluppando, a volte, la rischiosa percezione che se un servizio o un intervento costa poco, vale anche poco. 152 Le politiche giovanili non sono “quelle dei bongo e delle chitarre, delle consulte e dei progetti contro il disagio” [G. Salivotti: “Le politiche giovanili. Dalle politiche di settore alla costruzione di modelli educativi e alla prospettiva della coesione sociale”, Iter, Biella, maggio 2005.]. 149

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Tabella 2.17 - Il circolo vizioso delle politiche giovanili italiane Pochi enti e risorse (0,1% dei bilanci)

Interventi culturalmente deboli e monotematici

Non promozione di partecipazione giovanile

Non promozione di temi attuali e valori forti

La situazione descritta ha visto gli attori interessati faticare sia a trovare risorse153 che – soprattutto – a legittimarsi una possibilità di proporre interventi strutturali forti sia rispetto a temi e contenuti sia, ad esempio, rispetto agli spazi. Infatti, a differenza (ad esempio) delle politiche per lo sport (che vedono sempre la presenza di impianti sportivi anche nei Comuni piccolissimi, anche se spesso poco utilizzati) non c’è stata certo in Italia una diffusione di questi luoghi per i giovani, negando nei fatti possibilità pubbliche di incontro (se non in spazi commerciali o istituzioni fortemente connotate). Tutta un’altra politica invece per gli spazi sportivi: infatti si può stimare la presenza sul territorio nazionale di circa 149 mila impianti sportivi (dei quali il 53% di proprietà pubblica), per cui con un investimento di un miliardo di euro si potrebbero mettere a norma circa 20 mila impianti sportivi di dimensione medio-piccola (palestre, piscine).154 Riprendendo lo schema del “circolo vizioso” (tabella 2.17), è possibile interromperlo agendo su uno dei quattro ambiti, ad esempio concentrandosi su temi “forti ed attuali”, promovendo la partecipazione giovanile (obiettivo non sempre raggiungibile nel breve periodo) o immettendo nuove risorse nel sistema (come avviene a partire dall’azione del Ministero e delle Regioni). Inoltre oggi di positivo (e grande novità) c’è il fatto che ben l‘85% dei Comuni italiani ha istituito una delega alle politiche giovanili e nei Comuni capoluogo di provincia e di regione, la delega alle politiche giovanili esiste nell’81% dei casi (tabella 2.18). 153

Per avere un’idea, in Veneto (territorio ben attivo in questo campo) nel 2005, il costo medio di un progetto è stato di 11.000 euro, il 40% dei progetti attivati è costato meno di 5.000 euro, mentre solo il 17% ha avuto risorse superiori ai 20.000 euro e l’oscillazione dei budget è stata dai 300 euro a progetto, fino ai 46.000 euro di spesa [Fonte: Osservatorio regionale permanente sulla condizione giovanile: “La partecipazione dei giovani alla vita sociale. Analisi di buone prassi”, Regione Veneto, 2007]. 154 Fonte: Censis, 43° Rapporto Annuale, Roma 2009.


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Tabella 2.18 - Assessori e/o consiglieri delegati alle politiche giovanili nei Comuni italiani Zona N. Assessori Percentuale

Nord Ovest 2.761 90,19%

Nord Est 1.350 91,87%

Centro 870 86,73%

Sud 1.435 80,16%

Isole 502 65,44%

Totale 6.918 85,3%

Fonte: Anci155 - Ministero Gioventù:“Informagiovani: dalla rete al sistema”, Roma, 4 maggio ’09

Questa tradizione di impegno e responsabilità dei Comuni ha trovato riconoscimento e stimolo nel processo di decentramento amministrativo e di ridistribuzione di funzioni e compiti tra i soggetti in cui la Repubblica si riparte. Infatti in base al principio di sussidiarietà sancito dalla legge 59/97 e poi riaffermato nella riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale 3/01) spetta agli Enti Locali e specificamente ai Comuni il compito di attuare le politiche giovanili in quanto “autorità territorialmente e funzionalmente più vicine ai cittadini interessati”. Si tratta, nei fatti, del riconoscimento formale di un ruolo da sempre svolto dalle amministrazioni comunali (o meglio, da una parte di esse) nel rispondere alle istanze provenienti dalle fasce più giovani della popolazione attraverso progetti, servizi e iniziative.156 In questi anni recenti, gli Assessorati alle politiche giovanili hanno così potuto legittimamente sviluppare una loro propria identità e mission specifica, distinta dalle politiche sociali, da quelle del lavoro, cultura e istruzione. Infatti oggi questi assessorati si occupano di Informagiovani, spazi, creatività, circuiti di giovani artisti, mobilità. Purtroppo faticano ancora a sviluppare logiche trasversali ed interassessorili. A livello locale, sviluppare politiche giovanili significa infatti pensarle insieme con altri attori e con i giovani stessi, in rete, scegliendo una “strategia delle connessioni” e del capitale sociale.157 Ciò vuol dire creare relazioni con e tra soggetti che 155

Fonte: intervento al “Terzo Convegno nazionale IG”, Roma maggio 2009, Convegno di P. Teti, A.d. Ancitel spa. 156 Fonte: Regione Puglia, “Accordo di programma quadro in materia di politiche giovanili”, Relazione tecnica, Roma, 28 luglio ’06. 157 La comunità locale si caratterizza per una serie di legami già presenti tra soggetti, attori, istituzioni, persone, enti. Oggi emerge un nuovo bisogno di comunità, legato alla crescente necessità di fronteggiare l’insicurezza e l’ansia prodotta da processi che sfuggono al controllo degli individui, connettendo sfide globali a risorse e risposte locali, puntando sulla “cooperazione”, sulla capacità di sollecitare le risorse umane interne ed esterne (si veda Censis, 43° Rapporto Annuale, Roma 2009). Non si tratta di vedere la comunità come un tutto identitariamente omogeneo, ma come se fosse attraversata da reti e da “ponti” che la connettono all’interno e all’esterno. Ed in effetti ogni individuo ha una rete sociale, data dall’insieme delle persone “che fanno parte della vita di ciascuno”, sia quelle che si incontrano tutti i giorni, e con le quali intercorrono diversi tipi di relazione, sia quelle che si frequentano meno, ma che sono comunque importanti. Questa rete delle relazioni sociali orizzontali che un soggetto (sia esso un individuo, un ente privato o pubblico, quale per esempio un’azienda o una scuola) ha a disposizione e che gli permettono (o comunque lo facilitano) di perseguire i propri obiettivi è il “capitale sociale”. Quindi il capitale sociale è una rete di relazioni di fiducia e di confidenza (in francese confiance) che passa fra le persone, permette loro di sostenersi a vicenda e aiutarsi attraverso relazioni extra economiche (informazioni, consigli, aiuto personale, cura, con-

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magari sono separati, ma che via via si conoscono, si “sperimentano” e costruiscono nuovi legami di fiducia nelle comunità locali158, assumendo reciprocamente impegni comuni e responsabilità condivise. Come si vedrà più avanti, in questi anni, si è sperimentato che lo strumento più appropriato a questi percorsi di co-progettazione è il Piano Locale giovani. Ma i Comuni hanno a disposizione anche un’altra leva potente nei confronti della cittadinanza giovanile: infatti pensando al diritto di voto (che è lo strumento democratico per eccellenza), i Comuni - senza aspettare un’azione di riforma costituzionale dell’elettorato e/o la corrispondenza anagrafica tra elettorato attivo e passivo nelle elezioni di Camera e Senato - potrebbero estendere ai 16-17enni (attualmente in Italia pari circa un milione e 100mila) il diritto di elettorato attivo per le elezioni amministrative159 e per i referendum cittadini su questioni locali che possono promuovere. Ancora di più allora (ed ancora una volta), le politiche giovanili possono costituire un nuovo legame tra politica e società ed essere dei potenti “attivatori” di processi sociali per portare a più alti livelli di fiducia (il capitale sociale) a livello locale, tra Comune, giovani e tutti gli altri attori del territorio che hanno responsabilità nei loro confronti. Oggi, infatti, con le nuove risorse messe a disposizione dalle Regioni (soprattutto grazie agli APQ, si veda più avanti) piuttosto che con il bando Anci/ Ministero “Giovani energie in Comune” (12 milioni euro)160 e con risorse proprie (il co-finanziamento è quasi sempre richiesto dai Bandi), gli Assessorati comunali possono svolgere un ruolo centrale nello sviluppo di queste azioni. I Comuni, come detto più volte, hanno avuto da sempre un ruolo determinante nello sviluppo delle politiche giovanili. Nei primi anni del nuovo millennio si è registrata un’attivazione di una serie di nuove ed articolate “buone prassi”, oltre agli ormai tradizionali Informagiovani, consulte, forum e progetti legati all’espressività giovanile. Molte le cause di questo sviluppo: come detto lo scambio di informazioni legato in particolare alla diffusione su internet di esperienze giovanili, maggiori sensulenze, prestazioni occasionali, ecc.) e la condivisione di competenze e tempo. Come sottolinea l’OCSE il capitale sociale non risiede, come il capitale umano, nelle persone, ma tra le persone [M. Croce, G. Ottolini, L’orizzonte della comunità e la strategia del capitale sociale, in “Peer Education”, Franco Angeli, Milano 2004]. 158 Nessun Comune oggi difende la propria comunità se non fa, produce, crea comunità. Se non passa oltre il welfare, i servizi sociali, la polizia locale, gli uffici, le spartizioni e le divisioni tra cultura, istruzione, edilizia, ambiente, assistenza [Anci Lombardia, Risorse Comuni, “L’arte della comunità. Come costruire e ricostruire il vivere insieme con le pratiche performative e l’inclusione sociale”, Milano, 18 novembre ‘09]. 159 P. Balduzzi, A. Rosina: “Il voto europeo dei ragazzi del Millennio”, la www.voce.info, 22.05.2009 160 Bando per la valorizzazione del protagonismo giovanile, suddiviso in tre assi: reti di Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, tra i 5.000 ed i 50.000 abitanti e poi città capoluoghi di provincia. Si finanziano nei piccoli Comuni la messa in rete di azioni di valorizzazione delle specificità territoriali, di cura dei beni culturali (anche a fini turistici) e di beni culturali “immateriali” quali feste, tradizioni, recupero della memoria degli anziani a favore dei giovani, oltre che proposte in grado di generare ricadute in termini economici e professionali sui territori coinvolti. Nei Comuni tra i 5.000 ed i 50.000 si sostengono invece progetti di volontariato giovanile e writing, mentre nei Comuni capoluogo le produzioni musicali giovanili.


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sibilità, più opportunità promosse dalla UE, un numero sempre crescente di assessorati alle politiche giovanili. Nella tabella 2.19 si riporta un elenco di questi recenti sviluppi di interventi attivati dai Comuni, suddivisi per bisogni giovanili emergenti e per target di adolescenti o di giovani. Tabella 2.19 - Una raccolta di interventi per i giovani, suddivise per bisogni e target Gli interventi riferiti all’esigenza di autonomia dei giovani

Gli interventi riferiti all’esigenza di mobilità e scambi

• Diffusione e accessibilità delle infrastrutture per la conoscenza (computer in uso gratuito, accessi ad internet wireless gratuito o a banche dati). • Servizi di orientamento scolastico e professionale, volti a “scoprire i talenti” di ciascuno (intesi come potenzialità, interessi, passioni, motivazioni). • Diffusione della cultura dell’auto-gestione tra i giovani. • Sostegno all’associazionismo ed alla cooperazione giovanile. • Programmi di simulazione di impresa nelle Scuole. • Agevolazioni economiche e logistiche per i giovani che intendono svolgere stage all’estero, sia per motivi di studio che di lavoro. • Servizi di orientamento mirati al riequilibrio delle opportunità uomo-donna. • Fondi per creare impresa e sostenere esperienze formative e diritto allo studio. • Servizi di accompagnamento alla costituzione e gestione di organizzazioni e progetti giovanili. • Matching tra domanda ed offerta di abitazioni low cost o situazioni abitative particolari (intergenerazionali, multietniche, ecc).

• Visite e viaggi culturali. • Servizi per facilitare i viaggi di studio e di conoscenza. • Agevolazioni e promozione del Programma Gioventù in Azione e delle ricadute sul territorio. • Promozione del turismo studentesco e giovanile e del “low cost”. • Educazione alla mondialità. • Incentivi alle iniziative e associazioni di volontariato internazionale. • Sostegno all’imprenditorialità giovanile nel campo turistico e ambientale. • Promozione di scambi tra esperienze di diverse regioni italiane.

Gli interventi riferiti all’esigenza di socialità e di cultura

Gli interventi riferiti all’esigenza di comunicazione

• Organizzazione di dibattiti e cicli di conferenze, di rassegne e spettacoli (cinema, teatro, musica, foto). • Organizzazione di corsi (cinema, teatro, musica, web). • Iniziative per promuovere l’incontro tra giovani e natura. • Factory per la produzione di prodotti culturali e artistici. • Agevolazioni a giovani che, in forme associate formali e informali, producono cultura e socialità. • Consulta giovanile o forum delle associazioni. • Recupero funzionale degli spazi urbani (aree dismesse, vecchie fabbriche, caserme, ecc.) per centri e iniziative sociali gestite dai giovani. • Regolazione per l’uso degli edifici scolastici nel pomeriggio/sera, ampliando le possibilità di autogestione a gruppi e collettivi di studenti anche costituiti in modo informale. • Centri di informazione e orientamento sulle opportunità offerte da committenti pubblici e privati. • Sostegno alle reti di diffusione e scambio di prodotti culturali in Italia.

• Web televisioni, web radio. • Corsi di formazione sul 2.0 (anche itineranti). • Accesso gratuito al web e diffusione della “banda larga” e dei punti wi-fi comunali gratuiti. • Iniziative in connessione con la Biblioteca. • Incentivi alle iniziative e associazioni di volontariato dei giovani. • Diffusione delle informazioni e delle opportunità. • Archivi della memoria collettiva e delle tradizioni locali. • Informagiovani. • Produzione e distribuzione di materiali informativi per i giovani. • Diffusione della storia mondiale, nazionale, locale. • Programmi che incoraggiano i giovani a frequentare, apprezzare, e divulgare il patrimonio artistico (musei, monumenti, aree archeologiche), anche cogliendo il potenziale lavorativo che da questi può emergere.

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IL CASO ITALIA Capitolo 2 _ Verso un “new deal” delle politiche giovanili

• Agevolazioni alla produzione artistica. • Albo delle associazioni giovanili. • Formazione avanzata per giovani che si sperimentano nella produzione culturale. • Sostegno e formazione avanzata rivolta a imprese di giovani che operano nella gestione di beni culturali e ambientali.

• Banche dei saperi e dei mestieri. • Programmi e servizi volti a incoraggiare il “volontariato leggero”. • Banche del tempo per scambi di beni e servizi tra generazioni. • Programmi “casa e compagnia” per convivenze di anziani e giovani, singoli o in coppia.

Gli interventi riferiti all’esigenza di espressione ed a ettività • Sostegno ai gruppi spontanei e ad associazioni giovanili (disponibilità di locali, mezzi e strumenti per l’esercizio delle attività). • Finanziamenti e contributi ad associazioni giovanili. • Visite e viaggi culturali. • Promozione dell’associazionismo. • Centri giovanili per la socializzazione ed il tempo libero. • Coinvolgimento delle associazioni giovanili gestione del patrimonio culturale, artistico, ecc. • Coinvolgimento delle associazioni gestione del patrimonio ambientale (parchi, aree verdi).

Alla luce di quanto fin qui detto per gli Enti Locali, si può elaborare una SWOT di sintesi delle politiche giovanili attivate dai Comuni (tabella 2.20). Tabella 2.20 - La SWOT di sintesi delle politiche giovanili comunali Punti di forza

Punti di debolezza

• Aver superato le logiche che avevano originato le Politiche giovanili (legate cioè alle emergenze, come ad esempio tossicodipendenze, devianze, ecc.). Lo stesso rispetto alle Politiche del Lavoro. • Disporre di capitoli ad hoc, quindi annualmente rifinanziabili. • Esiste oggi una mission ad hoc per l’assessorato ai giovani, con una specificità riconosciuta. • Essere riconosciuto come un “policy maker” molto vicino alla realtà dei giovani ed alle loro istanze e per questo potenzialmente apprezzato.

• Scarsità di risorse e poche sinergie. • Mancanza di una legislazione (nazionale e regionale) di riferimento. • Non sviluppo di Piani integrati ed organici tra Assessorati all’interno del Comune (si agisce con logiche da “separati in casa”). • Poca capacità di fare sistema con le agenzie educative cittadine. • Carenza di un sistema nazionale o regionale di riferimento (si naviga a vista dando vita ad una artigianalità degli interventi). • Difficoltà nell’individuare e riconoscere “lo specifico” delle politiche giovanili e nell’individuare un preciso target di età di riferimento.

Opportunità

Minacce

• Forte sperimentazione come forma di ricerca di nuove soluzioni. • Maggiore libertà d’azione. • Maggiore capacità di comunicazione e relazione con i giovani e con l’esterno che facilita il fare rete (territoriale/locale). • Sperimentare progetti (imprenditivi) che generino risorse. • Innovare anche rispetto ad interventi che facilitino l’accesso al credito ed alla abitazione per i giovani

• Esclusione dalle opportunità e dall’adozione di riferimenti normativi europei. • Esclusione da “grandi opere” di interesse per i giovani, in quanto di competenza di altri assessorati. • Difficoltà di stabilire obiettivi misurabili e valutabili. • Possibili tagli di interventi troppo frammentati e lowcost, se non vengono ricompresi in linee tematiche più ampie o in un Piano Giovani Integrato.

Fonte: G. Campagnoli, L’evoluzione dei compiti e dei ruoli delle politiche giovanili in Italia, in R. Grassi, Esperienze di politiche giovanili in provincia di Milano, Istituto IARD RPS, Provincia di Milano, 2009.


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2.9 VERSO UN “NEW DEAL” ITALIANO ALLE POLITICHE GIOVANILI: REGIA NAZIONALE E REGIONALE, AZIONE LOCALE

Nella situazione descritta prima, di anni di assenza di riferimenti normativi nazionali, si attivarono, oltre ai Comuni, anche alcune Regioni: come si vedrà nel Capitolo successivo, otto su 20 legiferarono in modo completo in materia di politiche giovanili, pur in modo molto settoriale,161 replicando le stesse criticità dell’azione degli enti comunali, a partire dal classico modello di sviluppo a “macchia di leopardo”. Non è un caso quindi che ancora oggi non vi sia una legge nazionale sui giovani, né una Agenzia nazionale per lo sviluppo delle politiche giovanili e che, fino al 2006, non ci fosse una istituzione centrale di coordinamento delle politiche giovanili (Ministero) né (fino al 2004) una rappresentanza giovanile nazionale (Forum Nazionale dei Giovani). Le competenze inerenti i giovani erano (ed in parte ancora sono) distribuite tra i diversi Ministeri (del Lavoro e della previdenza, dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, degli Affari esteri, della Sanità, della Solidarietà, delle Pari opportunità, dell’Interno) che non agivano con logiche “di sistema”, con poca funzione di coordinamento.162 La stessa modalità di azione, purtroppo, si è trovata spesso replicata anche a livello decentrato da Regioni e Comuni, con deleghe ai giovani divise tra Assessorati ai servizi sociali, istruzione, sanità, sport, tempo libero, cultura. Questa disattenzione e lo scarso investimento delle istituzioni nei confronti dei giovani ha generato nel tempo una grossa distanza tra questi due mondi. Pur essendo difficile da valutare, il costo sociale del “non investimento” verso le giovani generazioni è altissimo. I dati di sfiducia (Fig. 2.1) da parte dei giovani nei confronti del mondo istituzionale sono imbarazzanti.163 Sintetizzato con un punteggio da 1 a 10 il voto relativo alla credibilità delle principali istituzioni nazionali, emerge che le organizzazioni che godono di maggior fiducia sono quelle in cui si percepisce come meno influente la politica dei partiti. Questi sono infatti indicati all’ultimo posto tra i soggetti che godono di minor credito da parte dei giovani (si veda anche Capitolo 1). 161

Vi è però, dal 2007, una grande ripresa della loro attività in questo campo (si veda più avanti, Capitolo 3). 162 In Francia, ad esempio, opera il Ministero per i giovani e lo sport ed è la principale istituzione competente in materia di politiche giovanili, pur riconoscendo che anche altri Ministeri sono ugualmente responsabili dei giovani e cioè il Ministero dell’Educazione Nazionale, delle Città, del Lavoro, dell’Interno. Tutti questi dispongono di servizi paralleli. L’attività del Ministero rivolta ai giovani comprende quattro settori: vita associativa, attività interministeriali, relazione estere, regolamentazione e formazione per il lavoro con bambini, adolescenti e giovani (nel 1996 il Ministero contava su 25 Direzioni regionali e 100 Direzioni provinciali, con 7.000 operatori del Ministero per sviluppare e coordinare i programmi per la gioventù). Strategica da sempre la rete dell’Informazione per i giovani, con l’apertura del primo centro a Parigi nel 1969 e, nel 1996, una rete di 1.300 tra Centri, Uffici e Sportelli in grado di accogliere 5 milioni di giovani all’anno. [Fonte: Euromed, Le politiche giovanili in Francia, 1996]. 163 Oggi è molta la distanza tra giovani ed istituzioni: solo il 16% dei giovani italiani si fida dei partiti… [Fonte: Istituto IARD Rps, Valori e fiducia tra i giovani italiani, Ministero Politiche Giovanili, 2007].

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Fig. 2.1 - Giovani e politica, la fiducia nelle istituzioni (punteggi da 1 a 10)

1,9

Partiti

2,6

Banche

3,3

Parlamento Europeo

Parlamento

3,7

Magistratura

4

4,2

Governo

Polizia

6,4

Carabinieri

7,3

Ass volontariato

7,9 0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Fonte: Ministero della Gioventù – APCom164 (gennaio 2009)

La sfiducia verso le capacità dei giovani è ripagata con la stessa moneta e produce effetti che non possono lasciare indifferenti coloro che hanno responsabilità politiche e progettuali.165 Emerge quindi la necessità che lo Stato (a partire dalla scuola) svolga a pieno titolo (ed assumendola nell’ambito dei compiti fondamentali) una funzione educativa rispetto alla partecipazione democratica, alla convivenza civile, come avviene peraltro negli altri Paesi europei. Le istituzioni devono infatti assumersi il ruolo di educare, fin dalle giovani generazioni, alla soluzione condivisa e partecipata dei problemi, a contare e a “prendere parola” nelle situazioni che riguardano i giovani direttamente sia nei loro spazi di vita (ad es. scuola, quartiere, tempo libero) sia su temi importanti (locali e globali). Educare quindi a partecipare attivamente alla vita della città, ad un rapporto corretto con le istituzioni, alla legalità democratica, al rispetto delle regole e a come cambiarle, alla cittadinanza, quindi.166 Questa direzione è so164

Ministero della Gioventù – APCom: “Rapporto sulla partecipazione dei giovani italiani (16-35 anni) alle elezioni politiche europee ed alla vita politica italiana”. Studio su un campione di 1.000 interviste telefoniche, Roma, 23 gennaio 2009. 165 Fondazione Volontariato e partecipazione: Giotto: giovani connessioni toscane, Filigrane, Regione Toscana, 2009. 166 Si comprendono anche forme di “cittadinanza digitale” e di “e-democracy”, di social network (è


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stenuta anche da altre normative europee, tra cui la Carta europea di partecipazione dei giovani.167 Questo documento afferma che gli Enti Locali e regionali, che sono le istituzioni maggiormente vicine ai giovani, hanno un ruolo rilevante da svolgere per stimolare la loro partecipazione, facendo in modo che i giovani esercitino fin da ora un’influenza sulle decisioni e sulle attività che li riguardano e non unicamente ad uno stadio successivo della loro vita.168 A questo fine, deve esistere un ambiente culturale rispettoso dei giovani e la garanzia che nei progetti vi sia anche una dimensione di svago e di piacere, perché in questi contesti è più facile che si sviluppino, idee, voglie, passioni, ecc. Non solo: gli Enti dovrebbero garantire assistenza ai progetti e alle iniziative dei giovani (art. 52) ed incoraggiare lo sviluppo di organizzazioni giovanili (art. 53), così come la partecipazione alle organizzazioni non governative e ai partiti politici (art. 54-56) Si tratta quindi di principi importanti, fondamentali dal punto di vista dell’educazione alla cittadinanza attiva giovanile. La Carta Europea di partecipazione dei giovani, però, è un documento ancora poco conosciuto, la cui edizione precedente del 1990 era stata adottata da non più del 2% degli Enti Locali e quella attuale probabilmente ancora da meno.169 Le politiche giovanili sono allora l’infrastruttura dentro la quale tutto ciò accade, il contenitore in cui tutto ciò è pensabile e dove sono visibili e note le opportunità ed i diritti, ma anche i percorsi per renderli conseguibili. Sapendo che questi interventi afferiscono a molte aree ed ambiti, a partire da lavoro, impresa e professioni, poi Scuola, Formazione, Università, ricerca, ma anche tempo libero, mobilità, cultura, vita sociale, volontariato, innovazione, salute, ambiente, sviluppo locale, trasporti, creatività. Per affrontare questi temi con adolescenti e giovani, i Comuni possono ripartire con un’azione informativa e orientativa, rispetto a delle opportunità legate alle capacità, agli interessi, alle passioni, agli entusiasmi ed ai meriti dei giovani. È sotto gli occhi di tutti, infatti, che in particolare il web è uno strumento di comunicazione potenzialmente ben più attivante della televisioni, tradizionalmente unidirezionale…). 167 Consiglio d’Europa, Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa: “Carta Europea riveduta della partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale”, Strasburgo 2003. 168 Va notato però che la rappresentanza dei giovani all’interno delle istituzioni è ben diversa e proprio il livello regionale e quello comunale rappresentano oggi i due paletti più distanti: si va da un 3,9% sugli eletti nelle Regioni, ad un 19% nei Comuni. Si è comunque sempre sotto la percentuale di giovani sulla popolazione adulta (27,4% nel 2007, tabella sotto). Rappresentanza politica giovanile Fasce d’età % sugli Livello di rappresentanza 18-35 anni eletti (peso politico/demografico) Comuni 19,2% 0,70 Province 7,4% 0,27 Regioni 3,9% 0.14 Camera Deputati 5,6% 0,20

Fonte: elaborazione sui dati dell’Anagrafe degli Amministratori Locali (Ministero dell’Interno).

La tabella evidenzia come il peso demografico dei giovani sulla popolazione, non trovi adeguata corrispondenza (e quindi rappresentanza) nelle sedi istituzionali. 169 Fonti, rispettivamente: G. Castellani, Democrazia in Erba, Perugia, 20 novembre 2007e M. Mietto, Iter, Cremona, 2 aprile 2009 (Convegno “Le politiche della fiducia – I piani locali giovani e lo sviluppo del Paese”).

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fondamentale perciò, per arrivare a questo, che ci sia un’azione prima comunicativa/ relazionale e/o aggregativa, poi orientativa nei confronti delle giovani generazioni, unita ad una messa a disposizione di strumenti che garantiscano la fruibilità dei diritti. Prevedendo una serie di percorsi educativi/formativi (intesi anche come attività ed esperienze) che permettano dapprima agli adolescenti (tra scuola ed extrascuola) di sperimentarsi ed orientarsi, poi di formarsi, infine di accedere ad un lavoro, considerato anche come opportunità autorealizzativa e non solo come strumento che permette dei consumi. Sempre più giovani infatti si affacciano verso forme di cittadinanza attiva e responsabile che si sviluppano attraverso progetti educativi, culturali e di solidarietà. Esempi concreti sono il servizio civile volontario,170 la leva civica,171 il volontariato, la partecipazione al mondo dell’associazionismo e del no profit. Questi percorsi di cittadinanza attiva che, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione dei giovani, concorrono allo sviluppo della comunità locale, possono rappresentare per i giovani protagonisti degli “spaccati di vita”, utili a dare un senso alle proprie biografie, scoprendo passioni, che a volte diventano professioni fortemente legate alla propria realizzazione. Queste forme di cittadinanza attiva possono diventare quindi percorsi altamente orientativi/formativi e qualificanti sotto l’aspetto professionale ed esperienziale per le giovani generazioni e a volte anche “spendibili” per un proficuo inserimento nel modo del lavoro.172 Molti Piani Locali Giovani sono proprio un “patto” stipulato tra attori locali che hanno responsabilità “educative” (di diverso tipo) nei confronti delle nuove generazioni, in cui si esplicita l’intenzionalità della progettazione di questi percorsi in diversi ambiti (spesso co-decisi con i giovani) che in comune hanno il fatto di attivare esperienze, generare apprendimento, permettere l’acquisizione di competenze (anche attraverso attività ludiche espressive o imprenditive), garantire opportunità ed abbassare/facilitare l’accesso al mondo adulto, sviluppando maggior autonomia. A livello nazionale, con l’istituzione del Ministero, come detto, spetta a questo organo la definizione di Linee guida e di un Piano nazionale, coinvolgendo più attori (tra cui si auspica i giovani) istituzionali, in primis le Regioni, a cui vengono trasferite buona parte delle risorse ed hanno quindi responsabilità d’attuazione. Questo “patto” tra Governo e Regioni, viene sancito con la firma degli Accordi di Programma Quadro (APQ), siglati tutti il settembre 2008. Gli APQ prevedono che le Regioni, a loro volta, stabiliscano le priorità d’azione con l’apporto delle Province e, soprattutto, dei Comuni,173 coinvolgendo potenzial170

Nel 2008 ben 27.011 volontari avviati su 36.000 richieste, mentre dal 2001 al 2008 il numero di volontari avviati al servizio è stato di 224.492 giovani [Fonte. www.serviziocivile.it]. 171 Vi sono stai ben tre convegni nazionali a riguardo. 172 Fonte: Anci Lombardia, Risorse Comuni, “Dalla passione alla professione: spazi e percorsi di crescita per i giovani nel mondo del lavoro”, Milano, 18 novembre ‘09. 173 Intesa tra il Governo, le Regioni e gli Enti Locali sulla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche giovanili. Art. 2, comma 7 della Conferenza Unificata Stato Regioni Enti Locali del 29 gennaio 2008.


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mente i giovani (che nei Comuni abitano) nella progettazione e nella realizzazione degli interventi, definendo insieme bisogni, istanze, diritti. Si delinea quindi un passaggio di risorse dal livello nazionale/regionale a quello locale e contemporaneamente un allargamento orizzontale delle responsabilità in una logica “governance diffusa”. Vi è quindi la possibilità di sperimentare un welfare municipale che coinvolge giovani ed i diversi attori pubblici e del Privato sociale, che hanno competenze in materia, secondo il nuovo principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale (Cost., art. 118). Principi e linee guida contenuti anche nello stesso Libro Bianco che prevede la partecipazione dei giovani alla definizione delle politiche rivolte a loro stessi, attraverso il meccanismo della consultazione. L’elaborazione dello stesso documento, i successivi aggiornamenti e le recenti strategie comunitarie, sono frutto del coinvolgimento diretto dei giovani di tutti gli Stati membri. E ciò in particolare su quattro temi: la partecipazione, il volontariato, l’informazione, la ricerca e più in generale tutto ciò che può contribuire allo sviluppo e al riconoscimento delle attività realizzate a favore dei giovani (youth work, si veda più avanti). Nuove metodologie di lavoro quindi, ma anche nuovi strumenti in modo che le linee d’azione possano più facilmente tradursi in percorsi operativi ed azioni rapide. Anche perché, ricordiamolo, le questioni relative ai giovani (es. scuola, lavoro, formazione, innovazione, ecc) sono sempre temi centrali allo sviluppo di un Paese e gli investimenti attuali sulle nuove generazioni segnalano la voglia di futuro del Paese stesso. Interventi a regia nazionale e regionale, ma che si esprimono ad azione locale e che si inseriscono quindi nella comunità174 mettendo in relazione istituzioni, giovani e Terzo settore (sussidiarietà orizzontale), sviluppando idee, cultura, lavoro, socialità ed aggregazione, quindi “beni pubblici” (magari piccoli, ma importanti e riconoscibili). Per questo gli attori delle nuove politiche giovanili siedono ai Tavoli dello sviluppo economico, del lavoro, della politica fiscale, della politica urbanistica. Ciò non significa trascurare le politiche dell’educazione, dell’aggregazione, del tempo libero, bensì inserirle nella prospettiva dell’investimento sociale, non più per settori o compartimenti o specializzazioni, ma in modo interdisciplinare. Accanto ad un Patto per lo Sviluppo Locale in cui i sistemi locali garantiscano strumenti e risorse efficaci in grado di valorizzare la risorsa giovani, occorre altresì stringere un Patto Educativo che leghi istituzioni, adulti e giovani in processi finalizzati a costruire identità, aiutare progettualità, favorire creatività, educare al benessere per uno sviluppo consapevole. Infine un Patto Istituzionale dovrà impegnare tutti a rendere i giovani protagonisti dello sviluppo socio economico e di quello della comunità, a responsabilizzare il mondo degli adulti a rinnovare ruoli, responsabilità, valori. È decisivo motivare i giovani ad assumersi nuove responsabilità, offrendo opportunità di impegno (oltre a rivendicazione di diritti), insieme agli adulti, per occuparsi dei compiti e delle sfide 174

Vale la pena di ricordare che in Italia il 75% dei Comuni ha meno di 5.000 abitanti (sono ad esempio solo 147 le città con più di 50.000 abitanti su 8.101Comuni italiani) e, sempre il 75% è collinare/ montuoso.

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che investono la società,175 generando così capitale sociale, inteso come nuovi rapporti di fiducia tra parti sociali distanti tra loro. Come detto, lo strumento maggiormente idoneo ad essere utilizzato in un lavoro di questo genere, è senz’altro il Piano Locale Giovani (PLG), sperimentato dalla Rete Iter nel 2007 e 2008176 in 27 territori di 12 regioni diverse, coinvolgendo 80 Comuni ed utilizzando 4,7 milioni di euro, su progetti di accesso a casa, lavoro e credito.177 Il PLG (già introdotti in Provincia Autonoma di Trento come Piani Giovani di Zona) è uno strumento amministrativo promosso dagli Enti Locali, in particolare dai Comuni (sempre attivi anche nel campo dell’innovazione nel lavoro con i giovani), che rappresenta il processo di concertazione tra più enti, istituzioni, organizzazioni e soggetti collettivi, al fine di armonizzare interessi diversi e individuare obiettivi comuni per l’attuazione di politiche giovanili orientate allo sviluppo locale ed all’aumento della partecipazione dei giovani ai processi decisionali.178 Nella valutazione di queste prime 27 sperimentazioni, è emerso che gli interventi di maggior efficacia sono stati proprio quelli che hanno attivato: • percorsi di bottom up; • costruzione di reti di partnership; • un approccio trasversale teso a garantire la piena fruibilità della cittadinanza giovanile, contando sulla stabilità di finanziamenti e la certezza dei tempi di erogazione. In altri territori, percorsi programmatici simili possono essere gli stessi Piani SocioAssistenziali (a patto che ci sia una vision promozionale sui giovani), i Piani della 328/00, i Patti territoriali, i Piani dei Distretti culturali locali, ecc. 2.9.1 Le politiche giovanili nazionali: verso un approccio più universalistico e di promozione

Le tematiche introdotte dalle sperimentazioni ministeriali affidate alla Rete Iter in 27 Comuni hanno avuto il merito di evidenziare l’attualità di alcuni temi rispetto alle questioni giovanili: accesso a casa, lavoro, credito in particolare. Il Piano Lo175

Iter: “I Piani Locali Giovani. Investimento, capitale umano, democrazia. La forma delle nuove politiche giovanili”, Anci, Ministero della Gioventù, luglio ‘09. 176 Strumento sperimentato anche in Trentino dal 2006 con il nome di Piano Giovani di Zona (ve ne sono 26) e dal 2009 anche in Piemonte, come modello di attuazione della legge 16/95. 177 Lo sviluppo dei PLG ha seguito il meccanismo virtuoso dei cofinanziamenti. Ecco il quadro di sintesi: Le risorse dei PLG Finanziamento Ministero Politiche Giovanili Co-finanziamento dei Comuni e privati Totale risorse per i PLG*

Euro 2.400.000 1.980.000 4.380.000

* Risorse messe a disposizione dal Ministero Politiche Giovanili in base al protocollo di intesa con ANCI e assegnate a 27 Comuni che partecipano alla sperimentazione nazionale per il biennio 2007-2008. Alle risorse indicate sono da aggiungere euro 200.000 per l’assistenza tecnica (gestita da Rete Iter) e 100.000 euro per le attività di monitoraggio, valutazione e rendicontazione (gestita da Ancitel).

178

Iter: “I Piani Locali Giovani. Investimento, capitale umano, democrazia. La forma delle nuove politiche giovanili”, Anci, Ministero della Gioventù, luglio ‘09.


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cale giovani è stato elaborato dagli attori locali che su questi oggetti hanno competenze specifiche, mentre i destinatari sono in generale il target di giovani adulti. Il coinvolgimento di questo target però è complesso, soprattutto se l’interlocuzione con le istituzioni (o in generale la comunità locale) non è stato un percorso cominciato anni prima, ma è invece questo il primo step di una relazione da costruire da lì in poi. Così se è strategico partire dal rendere pubblici dei temi privati, in modo che una “particolarità che scontenta” possa trasformarsi in un’occasione per avviare dei percorsi di partecipazione, è altrettanto strategico cominciare questo lavoro già con adolescenti, se non addirittura prima.179 Come si vedrà sia i nuovi APQ che le recenti leggi regionali abbassano notevolmente l’età dei destinatari. L’ipotesi sottesa è che si possa pensare alla partecipazione come ad un percorso in cui ci si può “educare insieme” (giovani ed istituzioni, adolescenti ed operatori, adulti e minori) lungo un continuum temporale (e dunque sempre in progress) e su oggetti diversi, a seconda degli interessi e dei bisogni che via via evolvono con la crescita dei giovani e che sono diversi anche a seconda del genere (tabella 2.21). Sapendo che esigenze ed istanze nascono quasi sempre in ambiti a “socialità ristretta” (il gruppo, l’associazione, la scuola, la famiglia, il centro di aggregazione, il bar, la palestra, lo stadio, la chat, la piazza, la discoteca.) e che, molto spesso, la via d’uscita pubblica a problemi privati non è nemmeno immaginata. Allora se è possibile che per promuovere e far pesare la partecipazione dei giovani servano arene, forum, meeting, patti, consulte, eventi, non si deve perdere di vista che questi non sono che strumenti la cui funzionalità origina altrove, in un lavoro che deve tenere conto della forza degli ambiti relazionali più ordinari dei giovani. È tenendo presente ciò che accade nei mondi della vita quotidiana dei giovani che la partecipazione giovanile può essere sostenuta.180 Infatti gli interessi degli adolescenti (es. la musica,181 gli spazi, l’aggregazione, il web) ed alcuni valori (es. legalità,182 solidarietà183) possono essere motori potenti ed appassionanti per avviare alcune esperienze di protagonismo, espressività, impegno, formazione (dal valore orientativo e di apprendimento di competenze), che possono 179

Si pensi ad esempio alle 500 esperienze dei Consigli Comunali dei Ragazzi (CCR), che vedono 13.000 ragazzi consiglieri e 750.000 ragazzi coinvolti (6 dicembre 2004, www.lacittadeibambini.org). Ma la partecipazione attiva alla vita della città può cominciare davvero molto presto: Françoise Dolto, psicanalista infantile francese, afferma che a partire dagli otto anni si può chiedere ad un bambino cosa voglia fare per la sua città, aiutarlo a definire un progetto concreto di azione e a porlo in essere. 180 Fondazione Volontariato e partecipazione, Giotto: giovani connessioni toscane, Filigrane, Regione Toscana, 2009. 181 Va ricordato che il concerto del 1 maggio a Roma (a partire dal 1990) è sempre tra i maggiori spettacoli live al mondo, unico per continuità, con circa 800.000 persone presenti nell’edizione del 2009. 182 Si pensi alla manifestazione del 21 marzo promossa ogni anno da Libera, in ricordo delle vittime innocenti di mafia che a Napoli nel 2009 ha coinvolto circa 150.000 persone, la maggior parte delle quali giovani. 183 Nel 2009, per l’emergenza terremoto, in pochissimo tempo alla banca dati del Ministero si sono iscritti 4.500 giovani pronti ad essere chiamati a lavorare nelle zone colpite dal sisma come già segnalato nella nota 47.

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IL CASO ITALIA Capitolo 2 _ Verso un “new deal” delle politiche giovanili

diventare percorsi di cittadinanza attiva e modalità di partecipazione alla vita della città (tabella 2.22). Tabella 2.21 - Possibili peculiarità nello sviluppo di politiche per genere, tra adolescenti e giovani Adolescenti

Giovani

Femmine

• Obiettivi orientativi ed educativi, di sostegno ed accompagnamento. • Obiettivi informativi e formativi. • Consapevolezza sulle identità di genere. • Sperimentare ruoli di cittadinanza attiva (es. scuola) ed occasioni di autonomia. • Acquisizione di competenze prosociali e sviluppo di attitudini imprenditive/lavorative. • Obiettivi di socializzazione ed espressione. • Obiettivo di garantire pari opportunità di accesso ai progetti/servizi. • Fruizione di spazi e tempi dedicati ad adolescenti. • Favorire i consumi meritori e la mobilità. • Prevenzione da comportamenti a rischio, gravidanze indesiderate e patologie legate all’alimentazione.

• Obiettivo di garantire pari opportunità di accesso ai progetti/servizi. • Riduzione dei fattori di esclusione. • Ri-orientamento e formazione. • Acquisizione e certificazione di competenze spendibili. • Favorire percorsi di autonomia (accesso a casa, lavoro, impresa, credito, famiglia). • Collegare sviluppo locale a politiche giovanili. • Volontariato ed associazionismo giovanile. • Favorire i consumi meritori e la mobilità, la produzione culturale e l’innovazione legate all’imprenditoria. • Rapporti di co-decisone con le istituzioni locali.

Maschi

• Obiettivi orientativi ed educativi, di sostegno ed accompagnamento. • Obiettivi informativi e formativi. • Consapevolezza sulle identità di genere. • Sperimentare ruoli di cittadinanza attiva (es. scuola) ed occasioni di autonomia. • Acquisizione di competenze prosociali e sviluppo di attitudini imprenditive/lavorative. • Obiettivi di socializzazione ed espressione. • Fruizione di spazi e tempi dedicati ad adolescenti. • Favorire i consumi meritori e la mobilità. • Prevenzione da comportamenti a rischio.

• Ri-orientamento e formazione. • Acquisizione e certificazione di competenze spendibili. • Riduzione dei fattori di esclusione. • Favorire percorsi di autonomia (accesso a casa, lavoro, impresa, credito, famiglia). • Collegare sviluppo locale a politiche giovanili. • Volontariato ed associazionismo giovanile. • Favorire i consumi meritori e la mobilità, la produzione culturale e l’innovazione legate all’imprenditoria. • Rapporti di co-decisone con le istituzioni locali.

Fonte: archivio Rete politichegiovanili.it

Vanno quindi necessariamente promossi dei percorsi con adolescenti (nella scuola e nell’extrascuola) di educazione alla soluzione condivisa e partecipata dei problemi, a contare e a “prendere parola” nelle situazioni che li riguardano direttamente sia nei loro spazi di vita (ad es. scuola, quartiere, tempo libero) che anche su temi importanti (sia locali che globali). Essendo la partecipazione il fondamento stesso e l’essenza di una democrazia, si auspica che la funzione di educare a questa forma di convivenza comune venga assunta dalle istituzioni pubbliche ed in primis dallo Stato, nell’ambito dei suoi compiti fondamentali. Le istituzioni devono infatti assumersi il ruolo di educare, fin dalle giovani generazioni, a partecipare attivamente alla vita della città, ad un rapporto


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corretto con le istituzioni, alla legalità democratica, al rispetto delle regole e a come cambiarle, alla cittadinanza, quindi.184 Le politiche giovanili sono quindi l’infrastruttura dentro la quale tutto ciò accade, il contenitore in cui tutto ciò è pensabile e dove sono visibili e note le opportunità ed i diritti, ma anche, forse soprattutto, i percorsi per renderli conseguibili. Sapendo che questi interventi afferiscono a molte aree ed ambiti, a partire dal lavoro, impresa e professioni, poi scuola, Formazione, Università, ricerca, ma anche tempo libero, mobilità, cultura, vita sociale, volontariato, innovazione, salute, ambiente, sviluppo locale, trasporti, creatività. 2.9.2 Politiche pubbliche per la gioventù: da optionals istituzionali a scelte strategiche

Da quanto fin qui detto (e sintetizzato nello schema del “circolo virtuoso”), è evidente come negli ultimissimi anni siano incrementati la consapevolezza ed il livello degli investimenti nei confronti di una programmazione di politiche giovanili che, a pieno titolo, diventano parte integrante e sostanziale delle azioni di investimento e sviluppo dei territori e del Paese. Tutto questo nuovo fermento è un chiaro indicatore dell’aver posto le basi istituzionali per una scelta strategica a favore dello sviluppo dei territori e di un maggior benessere sociale dei giovani. Da una parte una visione di medio-lungo periodo; dall’altra il richiamo ad un’urgenza del presente, volendo oggi effettivamente garantire diritti per adolescenti e giovani,185 consentendo loro la reale fruibilità, che 184

Si comprendono anche forme di “cittadinanza digitale” e di “e-democracy”, di social network (è sotto gli occhi di tutti, infatti, che in particolare il web è uno strumento di comunicazione potenzialmente ben attivante dalle televisioni, tradizionalmente unidirezionale…). 185 Da un lavoro sulla cittadinanza giovanile svolto a Settimo Torinese, emerge un nuovo ed interessante decalogo di principi guida, individuati coinvolgendo i ragazzi stessi, che sono: 1. il diritto all’autonomia (casa, lavoro, professioni, formazione continua, maternità garantita); 2. il diritto ad una socialità positiva e ad accedere alla politica, economia e mondo delle professioni e dei “saperi” (Scuola, Università, Ricerca, ecc.), per una più alta mobilità sociale; 3. il diritto ad essere creativi, a produrre cultura e a fruire di un’istruzione e formazione (anche continua) di qualità; 4. il diritto ad esprimersi con il corpo, con gli affetti,con i sentimenti, con il gioco; 5. il diritto ad avere relazioni significative con la propria e le altre generazioni; 6. il diritto a muoversi, scoprire, capire, conoscere in Italia ed all’estero; 7. il diritto a costruire un proprio mondo di valori, riferimenti culturali, significati della responsabilità sociale, della cittadinanza e della partecipazione (diritto ad essere educati); 8. il diritto ad accedere alle risorse della comunità (soprattutto in ottica integenerazionale), oggi (questione lavorativa e retributiva, rischio di povertà) ed in futuro (questione previdenziale e del debito pubblico); 9. il diritto ad essere informati, soprattutto sulle questioni che riguardano i giovani, in modo immediato, diretto e semplice, per rendere fruibili diritti ed opportunità; 10. diritto agli spazi in una città per incontrarsi, ai luoghi invece che a non luoghi, ad un ambiente non compromesso.

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IL CASO ITALIA Capitolo 2 _ Verso un “new deal” delle politiche giovanili

significa poter contare su una serie di opportunità da cogliere ora e non in futuro. L’attuale “deficit di cittadinanza giovanile” richiama infatti ad una esigibilità di “diritti al presente”, quindi ad occuparsi ora delle aspettative che un ragazzo già oggi ha e che attendono una risposta. Infatti i giovani richiamano prima di tutto ad una presenza (e ad un presente), sono persone dell’oggi e non solo cittadini del domani. Altrimenti si correrebbe il rischio di postdatare l’occuparsi di loro, sviluppando così una “lungoadolescenza” che finisce per essere una “lungodipendenza” e quindi una “tardocittadinanza”. Non solo dunque un accesso al futuro, ma un benessere nel presente, a partire dagli adolescenti, dai Millennials, cioè quei ragazzi diventati maggiorenni nel XXI secolo.186 Eppure nella (breve) storia delle politiche giovanili del nostro Paese, una criticità è proprio quella che l’adolescenza è stata l’età più “trascurata” dagli interventi pubblici. Anche degli oltre 7.900 progetti attivati con la legge 285/97, solo il 10% riguardava proprio la fascia tra i 14 e i 17 anni,187 nonostante questa sia un’età al tempo stesso potente e critica per lo sviluppo della persona, di interessi, valori, capacità, entusiasmi, orientamenti e visioni del futuro. Qui, chiaramente, ci si sta riferendo sempre ad interventi attuati al di fuori della scuola ma (come visto) anche nelle aule l’impegno delle istituzioni ha dato risultati solo parzialmente positivi. scuola ed extrascuola, da sempre separati, si alleano invece nella visione strategica per i giovani della Unione Europea, occupandosi entrambi di apprendimento (si veda Capitolo 3). La considerazione di partenza è infatti questa: circa il 70% dell’apprendimento nella vita di un individuo avviene in contesti informali e non formali (famiglia, tempo libero, gruppi informali, organizzazioni giovanili),188 soprattutto per quel che riguarda una serie di competenze sempre più spendibili anche sul mercato del lavoro. Proprio per questo, la UE mira, ad integrazione dell’educazione formale, a sviluppare l’istruzione non formale per i giovani, in modo che contribuisca alla loro formazione permanente. Per questo è necessario che vengano promosse delle “esperienze ottimali” in cui i giovani si sentano protagonisti, in cui le opportunità da loro vissute siano commisurate alle loro abilità da mettere in campo, al livello più alto di sfida.189 Sono queste le condizioni (oltre al fatto di garantire una dimensione di svago e di piacere)190 che permettono una serie di apprendimenti di vita, quindi sfide e abilità come terreno d’incontro tra giovani e istituzioni. Però, secondo i giovani, la possibilità di poter essere coinvolti in questo tipo di “esperienze ottimali è, in generale, molto di più nell’ambito dell’extrascuola. Non solo: queste “sfide”, sempre secondo i giovani, sono molto più legate a dimensioni espressive ed artistiche, allo Fonte: R. Maurizio, Carta per la cittadinanza sociale dei giovani, Settimo Torinese, 2005. 186 Il termine è stato coniato da Neil Howe e William Strass (“Millennials Rising”, 2000). 187 Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza: Quaderno 47 – “Dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Firenze novembre 2009. 188 Commissione Europea, Programmi Gioventù in azione, Bruxelles 2007. 189 Fonte: “Ilsole24ore”, E li chiamano screen-ager, 24 maggio ’07. 190 Consiglio d’Europa, Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa: “Carta Europea riveduta della partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale”, Strasburgo 2003.


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sport, al volontariato, alla corporeità e ad aspetti relazionali (quindi nell’educazione non formale) che allo studio (soprattutto quello da svolgere a casa). Unica eccezione sono i giovani stranieri, i quali vivono anche (e ancora) l’istruzione superiore come una grande opportunità di integrazione e di miglioramento delle loro condizioni di vita futura.191 Gli interventi di politiche giovanili, considerati in questa ottica, diventano dei percorsi di apprendimento sia di competenze sociali che civili (una “palestra di democrazia”), utili alla formazione della cittadinanza attiva e all’inserimento nella vita lavorativa attuale, con le nuove competenze richieste dal mercato del lavoro. L’importante è che le esperienze promosse siano reali, che “si faccia sul serio” (non solo “laboratori”), con una responsabilità condivisa di committenti, partecipanti ed operatori, anche rispetto al risultato finale del percorso, il cui raggiungimento deve essere un obiettivo al pari della dimensione relazione positiva (“calda”). Non solo: l’apprendimento non formale diventa anche uno strumento tra gli altri per contrastare l’abbandono scolastico precoce.192 Gli interventi pubblici promossi dalle istituzioni devono, quindi, contenere dei “dispositivi” (diversi a seconda della realtà) che permettano accessi, relazionalità, partecipazione, autonomia, creatività. Tabella 2.22 - Nuove competenze per nuovi lavori Nel mondo del lavoro e delle professioni, le qualifiche richieste sono in aumento per tutte le categorie professionali, comprese anche quelle relative ai livelli più bassi. Questa tendenza verso l’innalzamento è influenzata dall’offerta di competenze. In base a tali previsioni, sul totale di posti di lavoro disponibili nel periodo 2006-2020 quasi il 91% richiederà un livello di istruzione superiore oppure medio. Nel corso del prossimo decennio bisognerà modificare l’attuale struttura delle qualifiche della forza lavoro, poiché per un numero sempre crescente dei posti di lavoro disponibili (fino a 55 milioni) saranno richieste qualifiche di livello medio (il che comprende la formazione professionale). Saranno meno di 10 milioni i posti di lavoro disponibili per i candidati con un livello di istruzione basso o nullo. Fonte: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Nuove competenze per nuovi lavori - Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, Bruxelles, 4 nov‘09.

Così per un giovane, per fare un “passo avanti” nella propria vita, per cercare un lavoro, è necessario poter dimostrare questa esperienza. La strategia europea sul riconoscimento dell’apprendimento non formale, nell’ambito nel programma “Gioventù in azione” prevede già la certificazione delle competenze acquisite in scambi 191

S. Laffi, L. Breveglieri, A. Biffi, “Monza e Brianza flow”, Agenzia Codici, SpazioGiovani, Fondazione Monza e Brianza, 2007. Sempre secondo questa ricerca, la televisione non dà piacere perché non è l’opportunità di esercizio di alcuna abilità, la differenza col pc e la consolle è netta, anche solo se si gioca. Ascoltar musica può esser rilassante, ma l’emozione di suonare vale molto di più. La morale è semplice: non è il consumo, ma l’esperienza -attiva, creativa, riflessiva - a generare benessere soggettivo, meglio essere attori che spettatori, e la tecnologia dà il meglio di sé quando si allea con l’azione e consente di lasciare traccia. 192 Per usare una metafora, si passa ad uno stile di apprendimento simile a quello presente in wikipedia dove l’esperienza degli altri e propria contribuisce alla formazione delle conoscenze, formando sapere condiviso.

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IL CASO ITALIA Capitolo 2 _ Verso un “new deal” delle politiche giovanili

giovanili, progetti giovani, servizio volontario europeo, attività di formazione ed il certificato è lo Youthpass.193 Come visto, nel nuovo modello italiano dello sviluppo delle politiche giovanili, le istituzioni chiamate ad attuare questo tipo di interventi sono i Comuni, in quanto luoghi in cui i giovani abitano e partecipano. Enti Locali che concertano però con la Regione priorità e linee d’azione, come prevedono gli APQ. Oltre Provincia e Regione, vale la pena di rivolgere uno sguardo all’Europa, che ha fatto del riconoscimento dello youth work un pilastro indispensabile allo sviluppo delle azioni per la gioventù ed all’efficacia dei risultai (si veda più avanti).

193

Lo Youthpass certifica le competenze acquisite relative alle “key competences” già viste prima e cioè: • comunicazione nella lingua madre; • comunicazione nelle lingue straniere; • competenze matematiche e di base in scienza e tecnologia; • competenza digitale; • imparare ad imparare; • competenze sociali e civiche; • spirito di iniziativa ed imprenditorialità; • consapevolezza ed espressione culturale.


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Capitolo 3 Le Regioni e le Province Giovanni Campagnoli

3.1 LE REGIONI

Le Regioni hanno cominciato ad occuparsi di politiche giovanili negli anni ‘80 e ‘90. Un ritardo dovuto anche al generale ritardo con cui queste istituzioni sono entrate sulla scena istituzionale: infatti, seppur previste dalla Costituzione del 1948, le prime elezioni regionali si tennero in Italia solo nel 1970 ed i primi trasferimenti reali di competenze vi furono con le leggi del 1977. Come nel caso dei Comuni, le iniziative regionali tentarono di colmare la carenza di legislazione e di riferimenti centrali in materia di giovani, ma fino agli anni 2000 finirono per essere interventi settoriali, limitati ad oggetti specifici, al più garantendo un coordinamento all’interno del solo Assessorato ai giovani. Così, in assenza di un indirizzo legislativo da parte dello Stato centrale, le Regioni sono state le sole autrici della normativa sulle politiche giovanili, attraverso la definizione di leggi regionali in materia varate quasi tutte tra la fine degli anni 80 ed i primi anni del 2000. Infatti, pur con i limiti detti prima, fino al 2007, le leggi regionali che garantivano la promozione e coordinamento delle politiche rivolte ai giovani, furono approvate da parte di dieci Regioni italiane. Altri otto testi legislativi riguardavano invece strumenti specifici (Consulte, Scambi, Servizio civile, Informagiovani, Osservatori, ecc). In ogni caso, anche quelle Regioni che non hanno legiferato, sono intervenute deliberando in materia di giovani attraverso gli strumenti di pianificazione pluriennale. Si può dire quindi che tutte le Regioni italiane si sono attivate per i giovani, vista appunto la carenza di una legislazione nazionale e che le attività afferenti al Settore delle politiche giovanili (al di fuori di quelle promosse dai Comuni e dai bandi nazionali) sono state organizzate, gestite e finanziate dalle singole Regioni. Ciò, a distanza di anni, appare come un ulteriore motivo di rafforzamento delle disuguaglianze territoriali (Nord/Sud soprattutto), peraltro già forti sul piano delle disponibilità economiche, del consolidamento di una cultura e di una prassi nel campo dei servizi sociali, educativi e scolastici/formativi. Da un punto di vista giuridico, le politiche giovanili locali e regionali si fondano sulla riforma dell’ordinamento delle Autonomie Locali (Legge 142/90 e Decreto Legislativo 267/00) e sul federalismo amministrativo basato sul principio di sussidiarietà (Legge 59/97 e Legge Costituzionale 3/01) con cui si attribuiscono alle Regioni e agli Enti Locali le funzioni sociali per i giovani in termini di erogazione di servizi alla persona e alla comunità.

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

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3.1.1 Il ruolo e l’azione delle Regioni nel nuovo Millennio

A partire dalle intuizioni positive emerse dalle esperienze locali, recentemente le Regioni (dal 2007 dopo i cambiamenti relativi alle riforme costituzionali) hanno cominciato ad attivarsi per costruire quella nuova cornice di riferimento politicoistituzionale assolutamente necessaria a dare garanzie di solidità e continuità alle esperienze locali. Un indicatore: tutte le Regioni (alla data del 3 settembre 2008), hanno siglato con il Ministero un accordo di programma per lo sviluppo di politiche giovanili sui loro territori e nel biennio 2007/2009 sono state approvate sei leggi regionali organiche ed elaborati tre disegni di legge (si veda più avanti). Non solo: in ogni Regione c’è almeno un Ufficio dedicato alle politiche giovanili, così come sui loro siti web si trovano sempre precisi riferimenti alle pagine regionali in materia. Esaminando il ruolo delle Regioni rispetto alla loro attribuzione di compiti e funzioni, in questi ultimi anni vi sono stati più capovolgimenti di fronte dovuti alle due leggi di riforma Costituzionale e agli esiti dei due referendum confermativi. Così oggi, dopo il referendum del 25 e 26 giugno 2006, in Italia, in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione in senso federalista, le Regioni possono beneficiare di un ulteriore strumento. Con l’istituzione del Ministero alle Politiche giovanili, si è definita come modalità di rapporto tra Stato centrale e Regioni per lo sviluppo di politiche giovanili la concertazione tra Enti, nella Conferenza Unificata Stato Regioni ed Autonomie Locali1 (si veda più avanti). Le Regioni diventano così autentici policy maker in materia, con la grande opportunità di sperimentare un sistema regionalista nell’ambito di questi nuovi progetti di politiche giovanili. Grazie alla maggior vicinanza e con l’apporto di Comuni, Province e dei giovani stessi (che nei Comuni abitano) si coinvolgono anche questi attori nella progettazione e nella realizzazione degli interventi, definendo insieme bisogni, istanze, idee, diritti, così come previsto nell’Accordo raggiunto nella Conferenza Unificata del 29 gennaio 2008 (si veda più avanti). Da questo punto di vista, rispetto alla situazione attuale del nostro Paese, finalità generale dell’azione politica è che i giovani arrivino, in tempi più brevi di quelli attuali, a godere sia di una piena titolarità dei diritti di cittadinanza che di una consapevolezza nella titolarità di doveri. Ciò grazie alle possibilità che possono cogliere seguendo percorsi di transizione che portano ad una maggiore autonomia ed acquisizione di competenze, a partire dai propri talenti, aspettative, interessi, passioni ed aspirazioni. Le tematiche poste al centro della programmazione in campo giovanile risultano comuni a tutte le Regioni, seppure diversamente declinate e riguardano temi 1

La Conferenza Unificata è stata istituita dal d.lgs. 281 del 28 agosto 1997. Si compone della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali (Regioni, Province, Comuni e Comunità montane). Mira a favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e il sistema delle autonomie; esamina le materie e i compiti di comune interesse; è competente in tutti casi in cui la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto (art. 9, comma 2, del d. lgs. 281/1997).


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di elevato interesse sociale, come ad esempio il sistema della formazione ed i suoi collegamenti con le politiche del lavoro, l’occupazione, il sostegno all’imprenditoria giovanile, l’inclusione sociale ed il contrasto a fenomeni di illegalità, l’internazionalizzazione delle competenze ed il potenziamento di servizi a favore dei giovani. Risultano anche evidenti alcune specificità territoriali, spesso contestualmente presenti nei territori regionali, connesse alle aree urbane ed alle aree rurali, quest’ultime gravate dal pressante problema dell’esodo giovanile. L’istituzione del Ministero, con la sua recente conferma, si colloca quindi in un contesto in cui si va affermando una forte consapevolezza della centralità dei giovani nelle politiche messe in campo sia in ambito nazionale (soprattutto da parte di Regioni, Enti Locali, associazionismo privato e no profit) sia comunitario.2 3.1.2 Gli Accordi di Programma Quadro Stato Regioni: risorse disponibili e modalità di impiego

Con l’istituzione del Ministero alle Politiche Giovanili (2006) e poi alla Gioventù (2008), si è prima attivata - e poi mantenuta - una logica d’azione che suddivide gli interventi in due tipologie: quelli a livello centrale (di interesse nazionale) e quelli per il territorio, da concertare con gli Enti Locali stessi e le loro rappresentanze, come detto prima. Così, dopo un solo anno dall’istituzione del Ministero, nella Conferenza Unificata del 14 giugno 2007, si è raggiunta l’intesa di suddividere il Fondo di 130 milioni annui3 seguendo questo principio ed alle azioni centrali vengono destinate il 42,3% delle risorse complessive del Fondo, mentre a quelle territoriali il restante 57,7% (si veda Capitolo 2). L’attuazione delle politiche giovanili, avviene quindi per una rilevante quota del Fondo (75 milioni di euro) attraverso il finanziamento di attività a livello regionale e locale, secondo obiettivi, criteri e modalità condivisi, stabiliti dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni, Autonomie Locali. In particolare, le risorse destinate alle azioni per il territorio vengono suddivise tra Regioni (e Province Autonome), rappresentanze dei Comuni e delle Province (tabella 3.1).

2

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù: Piano di riorganizzazione e Rafforzamento delle capacità “Per la Gioventù”. Programma Operativo Nazionale – Governance e assistenza tecnica 2007-2013. Obiettivo convergenza – FESR – Febbraio 2009. 3 Il Fondo Nazionale per le Politiche Giovanili, costituito nel 2006 con una dotazione iniziale di 3 milioni di Euro, è stato fissato in 130 milioni annui dalla Legge Finanziaria per il triennio 2007/2009.

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

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Tabella 3.1 - La suddivisione complessiva del Fondo Nazionale Tipologia di azioni Azioni a regia centrale di interesse nazionale Azioni per il territorio, concertate con Regioni Azioni per il territorio, concertate con ANCI Azioni per il territorio, concertate con UPI Totale

Risorse 55 milioni/anno 60 milioni/anno 12 milioni/anno 3 milioni/anno 130 milioni/anno

% 42,3% 46,2% 9,2% 2,3% 100%

4

Fonte: Dipartimento della Gioventù, Decreto 29 ottobre 2008.

Secondo la suddivisione stabilita dei 75 milioni di euro (Fig. 3.1), alle Regioni (e Province Autonome) viene destinato l’80% di questa quota parte del Fondo, ai Comuni il 16%, mentre le Province ne beneficiano per un 4%. Queste intese istituzionali colmano un vuoto di decenni nel quale il sistema degli Enti Locali e territoriali non aveva trovato nel Governo centrale una sponda ed un alleato per costruire politiche giovanili adeguate. La collaborazione trovata all’interno della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città permette la piena condivisione tra Governo ed Enti Locali sulle priorità in materia di politiche giovanili.5 Fig. 3.1. - La suddivisione delle risorse per il territorio, previste Fondo Nazionale per le politiche giovanili [dati in milioni di euro]

3 12

60

Regioni

Comuni

Province

Fonte: rielaborazione da D.P.C.d.M. del 29 ottobre 2008: “Riparto delle risorse finanziarie del Fondo per le politiche giovanili, per l’anno 2008”.

Sempre nella Conferenza Unificata del 14 giugno 2007, per quanto riguarda le risorse regionali, si è stabilito di destinare agli Enti regionali 60 milioni di euro per 4

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù, Decreto 29 ottobre 2008, “Riparto delle risorse finanziarie del Fondo per le politiche giovanili, per l’anno 2008”. 5 Fonte: G. Melandri, Conferenza stampa di fine anno, Roma, 27 dicembre 2007.


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ciascuno degli anni 2007 e 2008 a valere sul Fondo per le politiche giovanili, da ripartire secondi i criteri già in uso per il Fondo per le politiche sociali. Si è stabilito inoltre che la programmazione deve avvenire sulla base di Accordi di Programma Quadro6 (APQ) da siglare tra ciascuna singola Regione ed il Ministero e che entro il 30 ottobre 2007 le Regioni devono definire un proprio “Quadro Strategico”. Il Ministero, nella fase di definizione degli APQ, deve assicurare modalità di consultazione di tutti i soggetti interessati, per la migliore individuazione delle linee e della aree prioritarie di intervento (art. 1, comma 2). Infine (art. 4) si è stabilito che la quota parte del fondo destinata a cofinanziare interventi proposti da Comuni e Province fosse di 15 milioni di euro, secondo precisi accordi da stabilire con Anci (Unione Comuni italiani) e UPI (Unione Province italiane).7 La scelta di procedere attraverso lo strumento degli APQ è ritenuta funzionale e maggiormente idonea per programmare gli interventi, individuando i settori prioritari nei quali concretizzare le azioni, destinare finanziamenti, sollecitare progettualità e creatività da parte dei giovani. Nella successiva Conferenza Unificata del 29 gennaio 2008, si conferma l’intesa per la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche giovanili per gli anni 2008 e 2009. La stipula dell’APQ – si aggiunge - “costituisce condizione necessaria per l’attribuzione delle risorse del Fondo” e – novità – “le Regioni, nella predisposizione degli Accordi di Programma Quadro dovranno consultare le “rispettive ANCI ed UPI regionali” (art. 2, c.7). Non solo, si stabilisce anche (art. 2, c.6) che “le risorse non attribuite alle Regioni e alle Province autonome, rispettivamente per gli anni 2008 e 2009, a causa della mancata sottoscrizione degli Accordi di Programma Quadro nei tempi indicati nei rispettivi quadri strategici, e comunque non oltre il 30 giugno 2008, verranno prioritariamente destinate al finanziamento degli interventi indicati nella sezione programmatica degli Accordi già sottoscritti alla stessa data o degli atti integrativi degli stessi, in proporzione alle risorse già assegnate, in base ai criteri di ripartizione adottati”. La Conferenza Unificata del 31 luglio 2008 (ad avvenuto cambio di Governo), modifica proprio quest’ultimo comma della precedente intesa, prorogando il termine al 30 settembre 2008. Si conferma quindi questa linea d’azione, verificando che ciascuna Regione abbia adottato un piano strategico per l’utilizzo delle risorse assegnate, premessa necessaria per la stipula di Accordi di Programma Quadro. In base agli APQ le risorse del Fondo Nazionale, aggiunte a quelle regionali ed a quelle eventuali di altri soggetti, sono state convogliate verso progetti puntualmente definiti ed il Dipartimento della Gioventù ha completato la stipula di tutti i 21 APQ il 3 settembre 2008.

6

L’Accordo di Programma Quadro (APQ) definisce, per un determinato settore di intervento, le opere, i finanziamenti, le procedure per il monitoraggio dell’attuazione degli investimenti da ricomprendersi nelle Intese Istituzionali di Programma Stato - Regione. 7 Si veda www.anci.it e www.upinet.it .

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3.1.3 Gli APQ

Gli Accordi di Programma Quadro sono uno degli strumenti della programmazione negoziata, attraverso cui Enti Locali e altri portatori di interessi operanti sul territorio perseguono obiettivi di sviluppo il più possibile in maniera coordinata e armonica, consentendo a Regioni e Province autonome di concordare col Governo obiettivi, settori e aree in cui effettuare interventi per lo sviluppo del territorio regionale.8 La scelta di utilizzare questo strumento anche in materia di politiche giovanili ha dato luogo alla stipula di 21 accordi che sono documenti corposi (con gli allegati superano anche le 200 pagine),9 articolati in una struttura uniforme di 12 articoli più gli elenchi sia degli interventi attuativi che programmatici, una relazione tecnica ed una scheda per ogni singola attività/intervento (tabella 3.2). Tutte le Regioni hanno proceduto a pubblicare sul web questa documentazione (in forma più o meno estesa), dando un grande segnale di trasparenza:10 si pensi infatti che tutti i 21 Assessorati (tra Province Autonome e Regioni) hanno pagine web dedicate. Tabella 3.2 - Indice tipo degli Accordi di programma quadro in materia di politiche giovanili Art. 1 Premesse e allegati (elenco degli interventi attuativi e programmatici, Relazione tecnica, schede attività/intervento) Art. 2 Oggetto e finalità Art. 3 Programma e costo degli interventi della sezione attuativa Art. 4 Quadro finanziario della sezione attuativa Art. 5 Sezione programmatica: programma e costo degli interventi Art. 6 Impegni dei soggetti sottoscrittori e governance dell’Accordo Art. 7 Soggetto responsabile dell’Accordo Art. 8 Soggetto responsabile dell’attuazione del singolo intervento Art. 9 Monitoraggio Art. 10 Modalità di trasferimento delle risorse Art. 11 Inerzie, ritardi ed inadempienze Art. 12 Disposizioni generali

La novità dello strumento e del percorso progettuale che sottende, si riflette già dal fatto che a ben 17 su 21 APQ (81%) è stato dato un titolo preciso, volendo dare loro un’identità chiara (tabella 3.3). Ed in effetti i titoli riflettono l’orientamento stra-

8

Giuridicamente la programmazione negoziata è definita dalla legge n.662/1996, articolo 2 comma 203 lettera a), come regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione di interventi diversi, riferiti ad un’unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza, nell’ambito delle Regioni e degli altri Enti Locali. 9 Infatti, mentre l’Accordo in sé è di circa 20 pagine (la Lombardia arriva a 47) gli allegati ne contano fino a 240 (es. Toscana, ma anche 168 quelli del Lazio, 101 delle Marche). 10 Oltre ad averli riportati nei Bollettini Ufficiali Regionali o loro supplementi (es. APQ Regione Lazio pubblicato sul Supplemento ordinario n° 4 del BURL n. 30 del 30 ottobre 2007).


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tegico di fondo del Documento, in quanto comprendono le “parole chiave” delle ipotesi sottostanti la “vision” regionale sui giovani. Tabella 3.3 - I titoli degli APQ Regione Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise P.A. Bolzano P.A. Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Val d’Aosta Veneto

Titolo APQ Protagonismo giovanile e partecipazione attiva I Giovani come risorsa per lo sviluppo, l’attrattività e l’apertura dei territorio La Calabria ricomincia dai giovani n.d. Giovani Evoluti e Consapevoli” (GECO) n.d. Programma triennale degli interventi a favore dei giovani Giovani protagonisti Nuova generazione di idee Giovani Ri-cercatori di senso Giovani al Lavoro Interventi nel settore del Servizio Giovani n.d. Passione da vendere – Un patto per la gioventù - Pyou Bollenti spiriti n.d. Giovani protagonisti di sé e del territorio Sviluppo delle politiche giovanili della Regione Toscana I giovani sono il presente La Valle d’Aosta per i giovani La sostenibilità del futuro – i giovani del Veneto

Nella predisposizione degli Accordi di Programma Quadro, le concertazioni a livello regionale tra Regioni, rappresentanze delle Province e dei Comuni, sono state in generale più difficoltose11 di quelle tra Stato centrale e Regioni stesse e meno proficue dal punto di vista dei risultati in termini economici relativi ai co-finanziamenti. Infatti gli APQ in cui è previsto un co-finanziamento di altri Enti Locali e/o privati sono 8 su 21. Quasi totalmente assente la coprogettazione con il mondo giovanile (di cui si evidenzia la mancanza di organismi di rappresentanza progettuale) ed il coinvolgimento di quel Terzo Settore che opera “per e con” i giovani. Infatti, a differenza di molti altri Stati europei, in Italia non vi è una rete di organizzazioni che si occupano di giovani, né di servizi loro destinati.12 L’esclusione di alcuni attori dalle 11

La Regione Emilia Romagna ha inserito l’elaborazione dell’APQ nell’ambito di un processo amministrativo già in atto da anni con le Province e con i Comuni Capoluogo (nel 2005 era stata istituita la Consulta) che aveva visto ben 37 incontri di lavoro precedenti all’avvio dell’APQ, dimostrando una cultura organizzativa orientata alla co-progettazione. Criticità era la mancanza di giovani e/o organizzazioni giovanili e del Terzo settore in quei luoghi così come nella cabina di regia che si è originata. 12 È stato istituito il Coordinamento Nazionale degli Informagiovani che ha già all’attivo tre Conve-

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

concertazioni regionali, sono da imputare ad un mix di fattori tra cui la ristrettezza dei tempi a disposizione, il fatto che questa non è ancora una prassi ugualmente diffusa in tutte le Regioni, oltre alla carenza di capacità di governance orizzontali. Inoltre molto poca diffusa è la conoscenza del Libro Bianco per la gioventù,13 in cui viene proprio indicata la metodologia di lavoro relativa al Metodo Aperto di Coordinamento.14 Rimane però indiscusso il grande “effetto leva” che l’APQ ha prodotto, di fatto individuando in ogni Regione un interlocutore con cui dialogare. Oggi ben 16 Regioni hanno un Assessore con una delega esplicita (e comunque anche dove non vi è, è stata individuata la competenza), in ogni Regione c’è una struttura organizzativa ad hoc (almeno un Ufficio, facente capo a Dipartimenti e Direzioni), con una media di circa 6 persone a struttura. In ogni caso, non vi è un Assessore con una competenza esclusiva in materia di giovani. I contenuti degli APQ: uno sguardo al Libro Bianco

Al fine di approfondire i contenuti dei programmi regionali di politiche giovanili, è interessante analizzare su quali oggetti si è concentrata l’attenzione degli Assessorati a livello di programmazione delle azioni per i giovani sui loro territori. Come si vede dalla tabella 3.4, questi contenuti sono inerenti tematiche di interesse generale dei giovani e non si limitano a quelle “tradizionali” relative a marginalità, disagio, dipendenza, connotando in modo negativo l’universo giovanile. Politiche quindi per la normalità ma non semplicemente inerenti ad opportunità per il tempo libero. Infatti, è molto chiara la finalità generale degli APQ e cioè quella di fornire ai giovani maggiori opportunità, strumenti, mezzi, servizi, risorse, esperienze, competenze, per affrontare al meglio la loro fase di transizione alla vita adulta, intesa come autonoma, in una società più complessa, multiculturale e dinamica di anche soli due decenni fa. I contenuti di questi programmi per i giovani indicano che la finalità politica è proprio di concretizzare il concetto di cittadinanza, garantendo la possibilità di fruire realmente dei diritti previsti dalla Costituzione (lavoro, uguaglianza sostanziale, protezione, ecc).

gni Nazionali, l’ultimo dei quali a Roma il 4 e 5 maggio 2009 (gli altri a Milano il 28 e 29 maggio ’08 e Napoli, il 20 e 21 Novembre ’08). Il percorso ha preso il via con l’Accordo Quadro Pogas e Anci del 25 ottobre 2006, seguito dal seminario Nazionale di Vicenza del 28 febbraio ’07 e la costituzione, nel maggio 2007, del nuovo Coordinamento con ulteriore Convenzione, nel dicembre 2007, su un’azione di sistema nazionale. 13 Commissione Europea: Libro Bianco della Commissione Europea - Un nuovo impulso per la gioventù europea, Bruxelles, 21.11.2001. 14 Si tratta di un modo di promuovere la cooperazione e lo scambio delle pratiche migliori e di concordare obiettivi e orientamenti comuni il regolare controllo dei progressi compiuti per il loro conseguimento, privilegiando la definizione di tematiche prioritarie e l’attuazione di meccanismi di follow-up oltre a comprendere modalità di consultazione dei giovani. Tale metodo consente di comparare le proprie iniziative e di trarre insegnamento dalle esperienze altrui.


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Tabella 3.4 - Gli oggetti degli APQ I contenuti degli APQ delle Regioni italiane

Frequenza negli APQ delle varie Regioni

1. Maggiori opportunità sociali, culturali ed economiche per l’autonomia personale, ascolto permanente

15

2. Cittadinanza attiva, partec ipazione, legalità, memoria, impegno sociale, associazionismo ed aggregazione, protagonismo

15

3. Promozione della creatività giovanile e dei relativi “prodotti” e spazi ad hoc

12

4. Percorsi di crescita personale in un’ottica globale e comunitaria (intercultura, pace, intereligiosità, integrazione)

8

5. Promozione sport e stili di vita sani, tempo libero

8

6. Interscambio e mobilità con i giovani di altri Paesi e turismo giovanile

7

7. Formazione, orientamento, competenze alla vita

5

8. Accesso al lavoro

4

9. Supporto all’avvio di imprese (e progetto) innovativi

4

10. Quadro istituzionale, governance, sistemi locali per incrementare lo sviluppo delle politiche giovanili

3

11. Pari opportunità per i giovani

3

12. Sensibilità e attenzioni al mondo giovanile

3

13. Accesso a casa e abitazioni per studenti, qualità ambiente urbano

3

14. Contrasto comportamenti a rischio, disagio, emarginazione

2

15. Accesso al credito

2

16. Comunicazione e contrasto al “digital divide”

2

17. Intergenerazionalità Totale

2 98

Rielaborazione da: Gli Accordi di Programma Quadro (APQ) con le Regioni e le Province Autonome, Ministero della Gioventù, Roma, 3 settembre‘08.

L’analisi della frequenza con cui determinati contenuti compaiono maggiormente nei 21 Accordi di Programma (stipulati separatamente da ciascuna Regione e Provincia Autonoma con il Governo), dice anche che in Italia oggi le politiche giovanili hanno raggiunto una identità propria, specifica, ben distinta da altri ambiti e tipologie di intervento (in primis quelle del SocioSanitario e/o Assistenziale, Pubblica Istruzione, ma anche Sport, Cultura e Tempo libero). Più del 50% dei contenuti degli APQ (i primi 4 items) riguardano infatti interventi per incrementare le opportunità sociali, culturali ed economiche per i giovani, finalizzate al raggiungimento di una loro autonomia personale; altri hanno come obiettivo la partecipazione e la cittadinanza attiva giovanile (promovendo protagonismo, associazionismo, impegno sociale e volontariato, dialogo interculturale e religioso, legalità, memoria) oltre che percorsi inerenti la creatività giovanile (finalizzata anche alla creazione di imprese). Rispetto ai contenuti, alcune considerazioni potrebbero nascere rifacendosi ad atti europei in materia, in particolare facendo riferimento al Libro Bianco della Commissione Europea - Un nuovo impulso per la gioventù europea.15 Questo docu15

Bruxelles, 21.11.2001.

137


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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

mento indica, tra i temi pertinenti la gioventù, quattro ambiti: la partecipazione, il volontariato, l’informazione, il miglioramento delle conoscenze sulla gioventù da parte dei poteri pubblici e più in generale tutto ciò che può contribuire allo sviluppo e al riconoscimento delle attività realizzate a favore dei giovani (youth work, lavoro nei club dei giovani, nei movimenti giovanili, “lavoro in strada”, progetti per sviluppare la cittadinanza, l’integrazione, la solidarietà tra i giovani ecc.), al di fuori da quanto è coperto dalle altre politiche come quelle relative all’occupazione, all’integrazione sociale e all’istruzione. Questo corrisponde alle attività e agli strumenti che a livello nazionale sono normalmente associati alle politiche della gioventù. Analizzando allora i contenuti degli APQ regionali, emerge come i temi della partecipazione,16 informazione17 e del volontariato siano ben presenti e tenuti in considerazione nell’elaborazione delle politiche. Più carente è la parte relativa ad una “migliore conoscenza del campo della gioventù”, ripresa in forme e modalità diverse dalle Regioni. Infatti sebbene gli Osservatori sui Giovani siano previsti dalla normativa regionale in almeno 12 Regioni, quelli attivi e che svolgono con continuità la loro azione sono molti meno. Tabella 3.5 - Gli Osservatori sui giovani previsti dalla normativa regionale Regione Campania Regione Emilia Romagna Regione Friuli Venezia Giulia Regione Lazio Regione Liguria Regione Marche Regione Molise Provincia Autonoma di Trento Regione Piemonte Regione Umbria Regione Valle d’Aosta Regione Veneto

Osservatorio sulla condizione giovanile in Campania Osservatorio regionale giovani Osservatorio regionale sulle politiche sociali Osservatorio Giovani Osservatorio sulle Politiche Sociali Osservatorio regionale sulla condizione giovanile Osservatorio Regionale sui Fenomeni Sociali Osservatorio Giovani Infanzia Osservatorio permanente sulla condizione dei giovani Osservatorio regionale per i giovani L’Osservatorio permanente sulla condizione giovanile Osservatorio Regionale Nuove Generazioni e Famiglia

Previsto dalla lr 14/89 Previsto dalla lr 14/08 Previsto dalla L.R. 12/2007 Previsto dall’APQ Previsto dalla L.R. 12/06 Previsto dalla L.R. 46/95 Previsto dalla D.G.R. n. 1237/05 Previsto dalla legge provinciale 5/2007 Previsto dalla L.R. 16/95 Previsto dalla L.R. 27/95 Previsto dalla l.r 8/97 Istituito con legge 29/88 già come Osservatorio permanente sulla condizione giovanile

In quest’ambito, un percorso che è eccezione tra le Regioni è quello del Veneto, che lo svolge con continuità dal 1998 – con 20 pubblicazioni - e che ora ha attivato 16

Pur con la precisazione contenuta nel Libro Bianco secondo cui “è essenzialmente nella vita locale che la partecipazione deve svilupparsi, e anche nella scuola che è uno spazio privilegiato di partecipazione”. 17 Con la precisazione contenuta nel Libro Bianco che “la partecipazione è indissociabile dall’informazione dei giovani”.


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l’Osservatorio Regionale Nuove Generazioni e Famiglia,18 unico in Italia. La Regione Emilia Romagna ha previsto l’Osservatorio regionale giovani con la lr 14/08.19 La Provincia Autonoma di Trento, nell’ambito delle nuove competenze assunte dall’Assessorato competente, con la legge 5/2007, ha assegnato all’IPRASE20 il compito di realizzare un osservatorio sulla condizione giovanile e sulle politiche locali per i giovani. Mission dell’Osservatorio è “fornire quadri di riferimento aggiornati che possano consentire la lettura dei processi formativi e valutare la congruenza delle risorse investite con i bisogni formativi analizzati” in un’ottica di sistema”. Poi vi sono alcuni Osservatori sulle politiche sociali che si occupano anche, in parte, della realtà giovanile (Friuli Venezia Giulia e Molise). Osservatori sono previsti dalle leggi regionali sulle politiche giovanili anche in Piemonte (L.R. 16/95, che ha all’attivo alcune ricerche), Campania, Marche, Umbria (L.R. 27/95) e Valle d’Aosta.21 In Lombardia, in collaborazione con l’Istituto IARD RPS, è attivo l’Osservatorio Giovani in Provincia di Milano (autore di tre rapporti annuali, tra il 2007 ed il 2009). L’Assessorato della Campania dispone di un Centro risorse che ha attivato un Osservatorio che produce documentazione, studio, raccolta, archiviazione, implementazione e coordinamento di tutte le informazioni di interesse giovanile pubblicandole sul portale www.giovani.regione.campania.it. L’APQ del Lazio prevede espressamente un Osservatorio regionale permanente sulla Condizione Giovanile. In Toscana, la Provincia di Pistoia, promuove dal 2005, in collaborazione con l’Associazione Gruppo Abele di Torino, il percorso nazionale “Albachiara”, con l’Osservatorio sui diritti e sulla cittadinanza dei giovani. Infine, a livello centrale, non esiste un Osservatorio Ministeriale sui giovani,22 mentre il Forum Nazionale dei Giovani, ha stipulato un accordo con il CNEL per dar vita ad un Centro Studi che ha già pubblicato diverse ricerche,23 le più recenti “Urg! Urge ricambio generazionale. Primo rapporto su quanto e come il nostro Paese si rinnova” (marzo 2009) e “Quando i giovani partecipano” (dicembre 2009). L’Anci invece per l’attività di studio ha costituito Cittaitalia, la Fondazione Anci Ricerche, 18

Si veda www.minorigiovanifamiglia.veneto.it. L’Osservatorio Regionale Nuove Generazioni e Famiglia a partire dal gennaio 2008 assorbe i compiti e le attività dell’Osservatorio regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza (approvato con DGR n. 2935 del 4.8.1998 e affidato all’Azienda ULSS n. 3 di Bassano del Grappa, istituito in attuazione della Legge 451/97), del Centro Regionale di Documentazione e Analisi sulla Famiglia (affidato all’ Azienda ULSS n. 16 di Padova con DGR n.3958 del 31.12.2001) e dell’Osservatorio regionale permanente sulla Condizione Giovanile (approvato con DGR n. 4183 del 22.12.2000 affidato all’ Azienda ULSS n. 2 di Feltre). 19 Che riprende il lavoro e le buone prassi degli Osservatori provinciali in particolare di Bologna e Rimini, quest’ultimo attore di una sperimentazione ministeriale sulla ricerca. 20 Istituto Provinciale per la Ricerca e la Sperimentazione Educativa, si veda www.iprase.tn.it . 21 C.A. Dondona, R. Gallini, R. Maurizio, Le politiche per i giovani In Italia, IRES, Regione Piemonte, 2004 (rapporto di ricerca). 22 Vi è però un accordo siglato l’8 aprile 2008 con il CNEL, per svolgere attività di ricerca e di monitoraggio sulla condizione giovanile in Italia. 23 Le prime tre in particolare sono state: L’accesso dei giovani al credito e al consumo, L’Europa che vogliamo, Rapporto sulla partecipazione attiva dei giovani .

139


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che nel marzo 2009 ha pubblicato l’indagine “Il futuro in mano a chi? Giovane Italia: una generazione sospesa tra incertezze e voglia di partecipazione”. Invece, rispetto alla presenza di un Osservatorio regionale sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza (o di una struttura analoga, ex L.451/1997), ben 18 Regioni hanno dichiarato di aver approvato una legge regionale istitutiva24 (tutte quindi tranne Calabria e Sardegna). L’analisi dei contenuti degli APQ

L’analisi dei contenuti degli APQ merita anche un approfondimento qualitativo. Riprendendo infatti la tabella 3.4, oltre a ribadire quanto è già stato detto in termini di affermazione della specificità dei programmi per la gioventù rispetto ad altri interventi, vi sono alcuni forti elementi di originalità ed innovazione e cioè: 1. le azioni che facilitano la transizione alla vita adulta, abbassando alcune soglie che rendono difficilmente superabili gli accessi a credito,25 impresa, innovazione,26 lavoro, formazione,27 casa e abitazioni per studenti;28 2. l’attenzione a garantire pari opportunità per i giovani;29 3. gli Informagiovani30 (anche perché si è ricostituito un nuovo Coordinamento Nazionale) e lo sviluppo della loro funzione di orientamento e di ascolto, in modo da progettare percorsi di vita autonomi sulla base di interessi, capacità e passioni delle persone ed anche con un’attenzione allo sviluppo di competenze spendibili attraverso la creazione di ambiti complementari ai sistemi educativi e formativi tradizionali;31 4. gli spazi giovanili, che sono una “domanda storica”, ma anche molto attuale, in quanto ripresa in ben 20 su 21 APQ (si veda cap. successivo). Riprendendo la suddivisione dei contenuti degli APQ riportati nella tabella 3.4 (ed accorpandone alcuni simili), è possibile ricomporre un quadro di sintesi delle priorità regionali in materia di giovani (tabella 3.6). 24

Fonte: C. Curto, L. Baldassarre: “Viaggio alla ricerca dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza“, PIDIDA/UNICEF-Italia, Roma giugno 2008 (v www.infanziaediritti.it). 25 Espressamente citato tra gli obiettivi dell’APQ della Regione Puglia. 26 Il binomio impresa e creatività è esplicitamente citato negli APQ di Basilicata, Calabria, Lombardia e Puglia. L’Emilia abbina invece la ICT. Di “miglioramento nell’utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione” e “contrasto al digital divide”, parlano anche gli APQ di Veneto e Liguria. 27 “interventi formativi di qualità per i giovani” ed “ampliare le possibilità formative e di istruzione e l’orientamento lavorativo” sono riportati tra gli obiettivi rispettivamente dell’APQ di Campania e Veneto. 28 Riportati espressamente tra gli obiettivi rispettivamente dell’APQ di Regione Umbria e Lazio. 29 Nell’APQ della Regione Molise, è citato espressamente il “potenziamento della componente giovanile e giovanile femminile nel mondo del lavoro favorendo nuove occasioni di sviluppo”. 30 Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli, Lazio, Toscana e Umbria. 31 È nei contenuti dell’APQ della Regione Liguria ed in quello di Lombardia e Sardegna vengono chiamate “competenze alla vita”. Di “abilità e talenti dei giovani” si fa riferimento nell’APQ della Regione Toscana.


X

X X X

20

Totale 12

7

X

X 8

X

X

X. X. X X

Interscambi con i giovani di altri Paesi e turismo giovanile

X

7

X

Fonte: Rielaborazione da Ministero della Gioventù, Le politiche giovanili (www.gioventu.it)

15

X

X X X X X

X

X X X

X

X X

X

Percorsi di crescita personale in un’ottica globale e comunitaria (inter rel,pace,integrazione)

X

X

X X X***

X X X X

X X

Promozione sport e stili di vita sani, tempo libero

X X

Creatività e prodotti/ eventi di grande impatto, luoghi e fruizione

X

X X X

X X X X X** X

X X (IG) X (IG) X X (IG) X X X X X X X X X X X

X

Cittadinanza attiva, partecipazione, legalità, memoria, impegno sociale, ass. mo, aggregazione, prot. smo X

Maggiori opportunità sociali, culturali ed economiche x l’autonomia personale, ascolto permanente

Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia Friuli V.G. Lazio Liguria Lombardia Marche Molise P.A. Bolzano P.A. Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Valle d’Aosta Veneto

Regione

5

X

X

X

X*

X.

4

X

X

X

X

Formazione, Accesso al orientamen- lavoro to, competenze alla vita

3

X

X

X.

Idee in impresa

Tabella 3.6. - Quadro di sintesi dei contenuti degli APQ regionali

3

X X

X

3

X

X

X

Pari opportunità per giovani

3

X

X X

Sensibilità e attenzioni al mondo giovanile

* Anche per lo Youth Worker. ** Con potere decisionale. *** Solo sport di nuova generazione.

Quadro istituzionale, governance, sistemi locali per increm. pol giovanili

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

Sempre dal punto di vista qualitativo emerge come nelle programmazioni regionali si possano distinguere due tipologie di contenuti: quelli recentissimi e sperimentali (frutto di progettazioni ancora in corso) e quelli invece confermati dagli esiti di interventi che molte buone pratiche diffuse dal 2000 in poi a “macchia di leopardo” in Italia, hanno definito prioritari nell’ambito delle loro valutazioni. Anche rispetto a questi ultimi contenuti definiti “più affermati” vi sono comunque importanti innovazioni. Rispetto a cittadinanza e partecipazione attiva, negli APQ si parla infatti di “nuove occasioni di partecipazione” 32e vi è un esplicito riferimento ad una partecipazione effettiva ai processi decisionali regionali e locali.33 Per quel che riguarda il lavoro, le novità sono i riferimenti alla qualità dell’occupazione (Molise) ed al contrasto al precariato (Umbria). Invece per il tempo libero, l’obiettivo è la sua “riqualifica” grazie ad attività di mobilità,34 turismo giovanile,35 protagonismo giovanile,36 aggregazione ed espressività (rispettivamente Friuli e Veneto) ed associazionismo tra i giovani (ancora Friuli e P.A. Trento). Nella promozione di stili di vita sani, spicca l’attenzione a promuovere interventi per il contrasto di “comportamenti a rischio” e non più di giovani a rischio (come spesso avveniva per il contrasto alle droghe). Nelle azioni di promozione dello sport, è interessante sottolineare l’obiettivo dell’APQ del Lazio che parla di “diffusione degli sport giovanili di nuova generazione”. Interessante appare anche l’inserimento negli APQ di obiettivi legati all’acquisizione di competenze (si parla in due casi di “competenze alla vita”). Questo è la rilettura in termini strategici delle esperienze più tradizionali, potenziate però dal fatto che grazie a queste attività, il lavoro con i giovani diventa strumento per l’acquisizione di nuove e diverse capacità, svolge funzione orientativa, abilita e permette di sperimentarsi in nuovi ruoli e contesti. In altre parole, queste attività (dette di “educazione non formale”) sono processi di apprendimento molto potenti. Infatti nella nuova presentazione del Programma Gioventù in Azione,37 viene proprio riportato il risultato di una ricerca della Commissione europea, in cui si evidenzia come il 70% delle competenze dei giovani venga acquisito nell’ambito di esperienze di educazione non formale (quindi nel tempo libero, famiglia, sport, scambi giovanili,38 ecc.) e solo il restante 30% nella scuola. Tra l’altro si tratta di 32

Negli APQ di Abruzzo, Marche e Toscana. Lazio e Piemonte, secondo le linee guida contenuta nella “Carta Europea di partecipazione dei giovani alla vita locale”, Consiglio d’Europa, 2003. 34 Calabria, Friuli, Liguria, Marche, P.A. Trento, Umbria, Veneto. 35 Emilia Romagna, con riferimento alle valorizzazione delle risorse ambientali. 36 Obiettivo ripreso negli APQ di Regione Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento. 37 Il programma che favorisce la mobilità e gli scambi giovanili, la formazione degli youth workers ed azioni di volontariato ed altre iniziative locali sempre di educazione non formale. 38 Lo Youthpass è un attestato già oggi rilasciato nelle attività di scambi giovanili, che certifica le competenze acquisite relative a: comunicazione nella lingua madre, comunicazione nelle lingue straniere, competenze matematiche e di base in scienza e tecnologia, competenza digitale, imparare ad imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa ed imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale. 33


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competenze trasversali spendibili a pieno titolo nel mercato del lavoro, quanto di competenze adatte alla gestione proattiva del cambiamento quali la capacità di “imparare ad imparare”, lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità, la consapevolezza e l’espressione culturale, la competenza digitale e tecnologica.39 Per quanto riguarda i contenuti più recenti e sperimentali previsti dagli APQ, appaiono strategici gli obiettivi di promozione, sviluppo, diffusione e fruizione delle politiche giovanili attraverso due direzioni: comunitaria locale e istituzionale. Rispetto a quest’ultima dimensione le finalità sono il rafforzamento dei sistemi locali (Piemonte), la definizione di un quadro istituzionale chiaro in materia di Politiche Giovanili (P.A. Bolzano) e la strutturazione di un sistema di governance degli interventi di politiche giovanili (Puglia). Rispetto poi all’azione locale, nuove finalità provengono dalle zone alpino/dolomitiche: infatti nell’APQ della P.A. Bolzano, tra gli obiettivi vi è quello di “dare visibilità al lavoro giovanile, valorizzando i processi di lavoro e la promozione istituzionale dei servizi e delle strutture”. In quello della P.A. Trento, di “accrescere la sensibilità del mondo adulto nei confronti delle problematiche giovanili” ed in quello della Valle d’Aosta di “promuovere una regione attenta ai giovani in ognuno dei suoi paesi”.40 Infine, ma non certo per importanza, l’APQ friulano prevede anche il sostegno alla formazione specifica degli operatori impegnati nell’attuazione delle politiche giovanili. Questa è infatti una dimensione importante: senza professionalità specifiche le politiche per i giovani “non hanno gambe”.41 Negli altri Stati europei e nei documenti comunitari spesso si fa riferimento alla figura dello youth worker, ma in Italia non è un profilo ancora diffuso (si veda Capitolo 4) e spesso si vorrebbe delegare tutto al volontariato.42 Tentando una sintesi rispetti ai contenuti degli APQ, si potrebbe affermare che quelli tradizionali e cioè “confermati” sulla base di precedenti esperienze siano il 60% e riguardino azioni relative all’incremento di opportunità per i giovani, cittadinanza attiva, impegno, scambi, creatività, fruizione, eventi, aggregazione, partecipazione, protagonismo, interculturalità, disagio, prevenzione, Informagiovani. Invece i contenuti più “innovativi” sono il 40% del totale e riguardano l’acquisizione di “competenze alla vita”, startup progetti e microimprese, pari opportunità per i giovani, accesso a lavoro, credito, casa, sistema locale di governance, sensibi39

Fonte: bando UPI 2009. All’opposto, peculiarità sicula e calabrese è la dimensione della intergenerazionalità, prevista come “sostegno alle relazioni familiari intergenerazionali” (Sicilia) e come “incontro e confronto” (Calabria). 41 La Regione Puglia, nell’ambito del APQ Bollenti spiriti, ha sperimentato la formazione tra operatori dei “Laboratori urbani” in modo più “orizzontale”, mirando alla costruzione di un sistema regionale di “community building”, partendo dal riconoscimento delle competenze (ed alcune eccellenze) che già in quel contesto erano presenti. Inoltre è stato promosso un “catalogo formativo a gettone”, lavorando di più sulle domande formative (e non solo sulla offerta di corsi), finanziando percorsi meno strutturati ed alimentando scambi di buone pratiche. 42 G. Cattozzi (Assessore Città di Rovigo): “Terzo Meeting nazionale dei centri, spazi e contesti di aggregazione giovanile”, Rovigo, 12/14 novembre 2009. 40

143


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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

lità/attenzioni al mondo giovanile, digital divide, partecipazione alle decisioni che riguardano i giovani Infine una ulteriore ed interessante rilettura delle aree tematiche in materia di politiche giovanili previste dagli APQ regionali può essere condotta attraverso l’analisi dell’allocazione delle risorse, suddivise in 11 categorie (tabella 3.7). Tabella 3.7 - Le aree tematiche degli APQ Bando pubblico generico

36,2%

Partecipazione

26,7%

Creatività

8,8%

Pianificazione strategica

7,9%

Autonomia

6,5%

Integrazione

5,6%

Stili di vita sani

3,8%

Informazione

2,4%

Formazione

1,3%

Scambio e mobilità

0,4%

Ricerca

0,4%

Totale

100%

Fonte: rielaborazione dagli APQregionali.43

Dalla tabella 3.7 si evidenzia che oltre un terzo delle risorse viene allocato tramite bando pubblico, mentre un altro terzo delle risorse è destinato ad interventi inerenti la partecipazione e la creatività giovanile. Il resto (28,3%) viene distribuito in interventi sulle altre 8 tematiche. La ricerca, anche in questo settore, è all’ultimo posto rispetto alla destinazione delle risorse, confermando quanto già detto prima circa lo scarso investimento nell’area della “migliore conoscenza nel campo della gioventù”, prevista dal Libro Bianco. Gli obiettivi e le risorse economiche degli APQ

Riprendendo lo studio dei contenuti degli APQ, dal punto di vista quantitativo, è interessante analizzare anche il numero di obiettivi che ciascun Assessorato Regionale si è posto e che va da un minimo di 2 ad un massimo di 11: i 21 APQ si possono ripartire esattamente in tre classi uguali, a seconda che contengano dai 2 ai 3 obiettivi, dai 4 ai 6, dai 7 agli 11 (tabella 3.8).

43

Antonio Volpone, “Politiche Giovanili: processi di partecipazione e luoghi di aggregazione”, Tesi di Laurea Specialistica sulle politiche giovanili in Italia, discussa nel dicembre 2008 presso l’Università di Bologna.


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Tabella 3.8 - Obiettivi n. Obiettivi n. Regioni Tra 2 e 3 7 Tra 4 e 6 7 Tra 7 e 11 7

Rispetto alle risorse, l’allocazione tra le Regioni, ha seguito i criteri già in uso per la ripartizione del Fondo per le politiche sociali. A ciascuna Regione ed alle Province Autonome di Trento e Bolzano sono stati perciò assegnati i fondi sulle base del numero di abitanti. Tabella 3.9 - Suddivisione degli APQ, a seconda degli importi (categorie da un milione di euro) Contributi (in milioni di euro) Meno di 1 Tra 1 e 2 Tra 2 e 3 Tra 3 e 4 Tra 4 e 5 Tra 5 e 6 Over 8

n.

Beneficiari

6 5 1 1 4 3 1

Basilicata e Umbria, Molise, P.A. Trento, Bolzano, Valle d’Aosta Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Marche Calabria Toscana Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Veneto Lazio, Sicilia, Campania Lombardia

Fonte: Rielaborazione dati del Ministero della Gioventù.

Dalla tabella 3.9 emerge che 15 APQ su 21 hanno più di un milione di euro di risorse ministeriali del Fondo nazionale per le politiche giovanili. Le risorse disponibili sono importanti, generative (tanto che, come ricordato, con i cofinanziamenti raddoppiano) e possono quindi incidere molto nei territori. Infine, riepilogando le due dimensioni precedenti (tabella 3.10), riportando cioè sia i contributi suddivisi tra Regioni sia il numero di obiettivi contenuti in ciascun APQ, emergono alcune considerazioni interessanti. Non c’è infatti – come magari ci si aspetterebbe – una correlazione diretta tra numero di obiettivi e contenuti definiti in fase di progettazione nei programmi e dimensione economica delle risorse disponibili.44 Le polarità sono, da una parte, la Lombardia (4 obiettivi ed 8,5 milioni di euro disponibili, il massimo) e l’Umbria (10 obiettivi con meno di un milione di euro a disposizione) ed il Friuli (11 obiettivi, il massimo, con 1,3 milioni di euro).

44

Da qui in poi le considerazioni sulle risorse sono legate esclusivamente alla ripartizione del Fondo, così come prevista dall’Accordo Stato Regioni e pubblicata l’8 settembre 2008 dal Ministero. La scelta è di considerare questa fonte, pur sapendo che i Programmi triennali regionali prevedono più risorse e che alle quote ministeriali sono previsti equivalenti cofinanziamenti degli Enti regionali e altri Enti Locali. Verrà sempre segnalato l’eventuale riferimento ad altre fonti.

145


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Tabella 3.10 - Risorse e n. di obiettivi degli APQ Regione Valle d’Aosta Basilicata Molise Provincia Autonoma di Bolzano Provincia Autonoma di Trento Umbria Abruzzo Friuli Venezia Giulia Liguria Marche Sardegna Calabria Toscana Emilia Romagna Piemonte Puglia Veneto Lazio Sicilia Campania Lombardia Totale

Quota euro 174.000 738.000 480.000 492.000 504.000 984.000 1.470.000 1.314.000 1.818.000 1.608.000 1.776.000 2.466.000 3.930.000 4.230.000 4.308.000 4.188.000 4.368.000 5.160.000 5.514.000 5.988.000 8.490.000 60.000.000

n. Obiettivi APQ 3 3 3 2 5 10 3 11 7 3 3 8 8 9 6 4 9 6 4 5 4

Fonte: Rielaborazione dati del Ministero della Gioventù.

Come detto, l’allocazione delle risorse per ciascuna Regione e Provincia Autonoma avviene sulla base degli stessi criteri della legge 328/00 (Fondo Nazionale Politiche Sociali). La tabella 3.11, riporta l’allocazione per ciascuna area ed anche per macro aree geografiche (Nord, Centro, Sud ed Isole). Tabella 3.11 - L’allocazione regionale delle risorse Regioni ed aree Contributo % rip. Fondo Provincia Autonoma di Bolzano 492.000 0,82 Provincia Autonoma di Trento 504.000 0,84 Regione Piemonte 4.308.000 7,18 Regione Valle d’Aosta 174.000 0,29 Regione Liguria 1.818.000 3,02 Regione Lombardia 8.490.000 14,15 Regione Veneto 4.368.000 7,28 Friuli Venezia Giulia 1.314.000 2,19 Emilia Romagna 4.230.000 7,05 Tot. Nord 25.698.000 42,8%


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Regioni ed aree Regione Marche Regione Toscana Regione Lazio Regione Umbria Tot. Centro

Contributo 1.608.000 3.930.000 5.160.000 984.000 11.682.000

% rip. Fondo 2,68 6,55 8,60 1,64 19,5%

Campania Regione Abruzzo Regione Molise Basilicata Calabria Puglia Regione Sardegna Regione Sicilia Tot. Sud e Isole

5.988.000 1.470.000 480.000 738.000 2.466.000 4.188.000 1.776.000 5.514.000 22.620.000

9,98 2,45 0,80 1,23 4,11 6,98 2,96 9,19 37,7%

Totale nazionale

60.000.000

100%

Fonte: Rielaborazione dati del Ministero della Gioventù.

Interessante è anche riportare (tabella 3.12) le ripartizioni per macroaree e la percentuale di giovani abitanti in quelle stesse aree,45 per effettuare una comparazione rispetto alla suddivisone delle risorse. Tabella 3.12 - Risorse e popolazione giovanile Aree geografiche Tot. Nord Tot. Centro Tot. Sud e Isole Totale

Contributo 25.698.000 11.682.000 22.620.000 60.000.000

% rip. Fondo 42,8% 19,5% 37,7% 100%

n. di giovani tra 15/30 anni 4.282.102 1.932.669 4.298.998 10.513.769

% % sul tot. pop. nelle Aree residente 40,7% 15,8% 18,4% 16,6% 40,9% 20,6% 100% 17,6%

Euro per giovane 6,00 6,05 5,26 5,71

Si evince che se il criterio di allocazione dovesse essere quello dei giovani 15/30enni residenti, al Sud spetterebbe il 3,2% in più delle risorse, al Nord il 2,1% in meno ed al Centro l’1,1% in meno. Bassa è poi la quota di risorse procapite per ciascun giovane (meno di 6 euro). Come detto all’inizio, fino a qui le analisi sulle risorse sono state condotte esclusivamente sulle quote ministeriali destinate a Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano del Fondo nazionale per le politiche giovanili, per ciascuno degli anni 2007 e 2008, per complessivi 60 milioni di euro. A queste risorse devono però aggiungersi le quote di cofinanziamento imputate da ciascuna Regione e Province Autonome e che compongono insieme i Quadri strategici degli interventi per i giovani. Ciò, evidentemente, non può che essere frutto di stime e congetture, essendo som45

Residenti dai 15 ai 30 anni al 1 gennaio 2008 (Fonte Istat).

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me inerenti il futuro, a volte messe in bilancio né su fondi certi, né su risorse proprie, ma sulla base di risultati ipotizzati rispetto a trasferimenti da altri Enti Locali, interventi di privati o altro. Questa è l’avvertenza con cui leggere la tabella 3.13, anche perché la fonte della reperibilità dei dati non è sempre la medesima, per cui alcune stime sono inevitabili. Detto ciò, la tabella 3.13 presenta comunque alcune certezze: evidenzia il meccanismo virtuoso del cofinanziamento e presenta un risultato finale simile a quello stimato dal precedente Ministero nella relazione conclusiva sulle attività svolte. Tabella 3.13 - Quadro Strategico delle risorse finanziarie Regioni

Totale

Risorse Trasferimenti Trasferimenti Trasferimenti Ministero per nazionali e/o regionali da Enti Locali comunitari APQ 152.884.250

63.390.934 82.118.201

Privati Totale risorse previste nel Quadro Strategico

50.898.297 3.443.888

352.735.570

Totale con altre risorse stimate 501 mln

Fonte: Rielaborazione dati dei singoli APQregionali.

Una prima considerazione è sul risultato complessivo, la stima cioè di 500 milioni di euro a disposizione degli interventi per i giovani per un triennio. Questo risultato è indicato anche nel Prospetto sintetico delle politiche giovanili messe in atto dal Pogas46 in cui si legge che “attraverso gli Accordi di programma quadro con le Regioni e le intese con il sistema delle Autonomie Locali, grazie ai sistemi di co-finanziamento, si determina un totale di oltre 500 milioni di euro a disposizione delle politiche giovanili”. 3.1.4 Politiche regionali come interventi generatori di risorse

Vale la pena di soffermarsi su questo “effetto moltiplicatore delle risorse” indotto dal meccanismo del cofinanziamento, a dimostrazione della virtuosità della concertazione. Infatti l’attivazione del Fondo Ministeriale e la destinazione di circa 153.000 euro per la realizzazione degli APQ (tabella 3.13), ha permesso di ottenere alla fine, investimenti totali pari a 501 milioni di euro (o almeno comunque 353.000 se ci si ferma alla penultima casella della stessa tabella). Una leva quindi che per ogni euro stanziato in origine dal Ministero, permette di ottenerne almeno altri 2,3 (o 3,3), a seconda del tipo di valore che si prende in considerazione. La virtuosità del percorso di concertazione tra Regioni (e Province Autonome) e Ministero, è possibile grazie a tre presupposti e cioè: • la disponibilità iniziale di fondi; • la certezza dell’interlocutore • la puntualità di erogazione delle risorse con il rispetto dei tempi.

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Roma, Ministero delle Politiche Giovanili ed Attività Sportive, febbraio 2008.


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Questo percorso di concertazione comporta un “effetto leva straordinario” dal punto di vista della generazione delle risorse, visto che tradizionalmente la spesa pubblica si esaurisce e non si moltiplica.47 Lo stesso “effetto moltiplicatore” si genera anche nella fase di concertazione condotta dalle singole Regioni con i rispettivi Enti Locali, partner privati e del Terzo Settore. Sempre dalla precedente tabella 3.13, emerge infatti che a fronte di 82 milioni di euro quali risorse proprie delle Regioni, gli accordi locali permettono un recupero stimato in oltre 54 milioni di euro (66%). Un “effetto leva” inferiore all’unità, ma sempre importante, anche se più basso del precedente.48 L’analisi degli effetti di questo “moltiplicatore delle risorse” innescato dai processi di concertazione evidenzia che nella stipula degli APQ, i maggiori risultati sono stati ottenuti prevalentemente nella fase degli accordi tra Stato e Regioni. Infatti, in generale, queste ultime non sono riuscite ad attivare completamente questi percorsi di progettazione in rete con gli altri interlocutori presenti sul territorio regionale (Province e Comuni in primis) e spesso è emersa una mancanza di logiche e di capacità di interazione, comunicazione e negoziazione tra i diversi attori istituzionali. Eppure, stando ai contenuti delle riforme istituzionali, proprio la capacità di interazione diretta tra Regione e Comuni può essere uno di quei motori di sviluppo del territorio. Queste criticità non hanno permesso un forte coinvolgimento dei giovani in queste fasi di elaborazione delle politiche regionali, nonostante sia ormai dimostrato come questo esito sia poi proporzionale all’efficacia degli interventi (è lo stesso principio, usando una metafora e con le dovute differenze, di incrementare i risultati della raccolta differenziata coinvolgendo il più possibile i cittadini a collaborare).49 L’effetto moltiplicatore delle risorse è una peculiarità di quegli interventi di politiche giovanili che non considerano queste azioni esclusivamente come spesa sociale a fondo perduto (da allocare quindi nel modo più efficiente ed efficace possibile), ma come percorsi generativi di altre risorse. Si usano quindi i fondi pubblici, come “capitale iniziale” per co-finanziare progettualità locali che diventano (grazie ad es. ai PLG o ai Piani Giovani di Zona) delle “imprese territoriali giovanili”. Questi interventi sono generalmente complessi, multiattore e richiedono un mix eterogeneo di competenze, tra cui quelle legate all’attività di found raising: ci sono ad esempio azioni di politiche giovanili su territori estesi o di vasta scala, che già in fase di progettazione prevedono addirittura l’elaborazione di un piano di marketing. Anche se a volte ciò si traduce semplicemente nella ricerca di un incremento di visibilità (e di notorietà) nella rete delle relazioni locali, questo è un passaggio im47

A conclusioni simili, con il risultato di 1 a 2,5, arriva anche Antonio Volpone nel suo lavoro di tesi di Laurea Specialistica “Politiche Giovanili: processi di partecipazione e luoghi di aggregazione” discussa nel dicembre 2008 presso l’Università di Bologna. Inoltre, dai dati forniti a conclusione di mandato del Pogas, l’effetto era di 1 a 2,3 (170 milioni di euro di investimenti complessivi, sui circa 73 provenienti dal Fondo Nazionale Politiche Giovanili). 48 Eccezionale è il risultato della Regione Toscana, con un effetto del 424%. 49 G. Arena, Cittadini attivi, Edizioni Laterza 2005.

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portante verso l’assunzione di logiche promozionali relative alle politiche giovanili. Anche perché agire con questa intenzionalità è il primo step verso il raggiungimento di quei risultati relativi alla moltiplicazione delle risorse, di cui si è detto prima. Dalle diverse sperimentazioni emerge che i risultati più alti in questa direzione si ottengono proporzionalmente sia al numero di attori coinvolti, che alla capacità di coinvolgere direttamente i giovani in questa fase. Questo passaggio da una logica (ed una cultura) più assistenziale ad una più promozionale (e generativa) nel lavoro con i giovani, prevede capacità di gestire progettazioni basate sulla concertazione tra più attori (e quindi essere in grado di moderare i diversi interessi in campo), dando però vita ad una tipologia di interventi ad alto coinvolgimento dei giovani, i cui contenuti sono davvero diversi e di nuova generazione: solo così si innesca la buona pratica di generare dei circuiti virtuosi. Queste nuove azioni riguardano una serie di oggetti, tra cui il ripensare alla funzione degli spazi aggregativi, percorsi che uniscono esperienze scolastiche ed extrascolastiche, interventi sull’espressività giovanile (anche legati alle nuove tecnologie), l’accompagnamento al lavoro, lo start up di imprese, la promozione di scambi di giovani, il volontariato, fino allo sviluppo locale dei territori. Tutto ciò (se ben condotto e governato), permette di ottenere risorse maggiori di quelle investite e non solo in termini di valorizzazione dell’utilità sociale e di oneri figurativi.50 La scommessa, in conclusione, è verificare se il binomio “giovane = risorsa” possa valere anche per generare risorse finanziarie dei progetti. Ottenere questo risultato significa anche lavorare per la sostenibilità economica degli interventi attivati, in modo da garantirne la durata una volta esaurite le risorse pubbliche iniziali. L’ipotesi di generare risultati superiori al valore delle risorse impiegate nello sviluppo di progetti rivolti ai giovani, aveva già trovato casa nell’ambito dell’attuazione della legge 285/97 (“Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”). In questo caso non si parlava però di “moltiplicatore di risorse”, quanto di “effetto volano” nei progetti.51 Gli interventi finanziati con la legge 285/97 avevano dimostrato che era possibile ottenerlo, prevalentemente però solo 50

Ad esempio, in Trentino, lo sviluppo dei Piani Giovani di Zona nei vari territori, ha avuto come esito l’investimento della Provincia è stato raddoppiato grazie alle partnership realizzate localmente (T. Salvaterra, Provincia Autonoma di Trento, Convegno: “Un patto coi i giovani”, Rovereto, 25 novembre 2006). Nei Centri giovani gestiti come luoghi in grado di offrire più opportunità e servizi (bar, musica, sport, ecc.), si evidenzia che questo effetto moltiplicatore può essere anche oltre i 5 euro generati per ogni euro investito dalla Pubblica Amministrazione [Fonte: G. Campagnoli: Quando un parco rinasce cantiere culturale giovanile, in “Animazione Sociale”, n. 3/06]. 51 L’espressione effetto volano è stata introdotta per osservare la produzione di effetti moltiplicatori rilevabili su una molteplicità di piani e dimensioni tra cui: il sistema dei servizi, consolidando, incrementando o differenziando le varie tipologie di offerta e, in ultima analisi, inducendo un aumento della domanda di servizi stessi; la produzione normativa, ispirata o coerente con le finalità della legge; le risorse economiche e finanziarie specificamente destinate alle politiche per l’infanzia e l’adolescenza; il piano culturale, contribuendo all’affermazione di una cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza [Quaderno 47: “Riflessioni su dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Firenze, ottobre 2009].


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sul piano culturale e rispetto all’incremento di utenti nei servizi,52 molto meno rispetto a generare/attrarre nuove risorse per i progetti. Infatti, a fronte degli indiscutibili pregi (si veda più avanti) della legge 285/97, a partire dai circa 7.902 progetti finanziati nell’arco di 10 anni,53 il vero nodo critico – oltre ad occuparsi poco di adolescenti54 - è stato l’indice di dipendenza strutturale dei progetti dalla fonte di finanziamento pubblica. La preoccupazione per garantirne la continuità (ben presente tra gli attori locali titolari del progetto) difficilmente è riuscita a tradursi in importanti risultati ottenuti dalla ricerca di altre fonti di finanziamento o strategie di sostentamento a medio/lungo termine.55 L’esaurirsi del contributo pubblico del Fondo Legge 285, che non veniva sostituito o integrato con altre fonti di finanziamento, finiva per determinare la fine del progetto. Infatti (tabella 3.14) solo il 28% dei progetti poteva contare su un co-finaziamento superiore al 50% del valore del progetto, mentre in più della metà dei casi, l’importo era inferiore al 50%.

52

Un dato proveniente dalla prima indagine nazionale censuaria sul sistema dei servizi educativi per la prima infanzia, condotta dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza nel 2000 ha mostrato come su 732 servizi “integrativi” al nido censiti in Italia, quasi la metà (il 47,2%) avesse beneficiato di un finanziamento 285, anche se un terzo era stato attivato prima dell’approvazione della legge. Altro dato riguarda i servizi per gli adolescenti, censiti in una ricerca condotta dal Centro nazionale nel 2001 che ha rilevato come su 4.120 servizi per i ragazzi da 11 a 17 anni il 40% godesse di un cofinanziamento della legge 285 mentre il 60% era invece finanziato interamente dai Comuni [Quaderno 47: “Riflessioni su dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Firenze, ottobre 2009]. 53 ibidem. 54 La Legge 285/97 “Promozione diritti ed opportunità per infanzia ed adolescenza” ha sostenuto prevalentemente interventi under 13 (87% dei progetti), mentre per la fascia 14 -17 ne sono stati promossi l’11% e per quella 18-30 il 2% [ibidem]. 55 E questo vale sia per i progetti a livello locale sia per le risorse a livello regionale. Basti pensare che non vi è nessuna concertazione tra le risorse pubbliche dei fondi sociali regionali e quelle disponibili ad esempio nel circuito delle fondazioni bancarie, che muovono ingenti quantità di fondi anche a favore di progetti e interventi sociali, inclusi quelli per l’infanzia e l’adolescenza. Un terreno questo sul quale sarebbe auspicabile giungere ad accordi e collaborazioni nell’ottica di un maturo sistema di welfare mix. Sarà interessante in questo senso poter osservare l’esito del lavoro che sta portando avanti la Fondazione per il Sud che ha finanziato i primi progetti a partire dal 2007 [ibidem].

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Tabella 3.14 - Progetti attivati con legge 285/97 dagli ambiti territoriali secondo la quota di cofinanziamento aggiuntivo56 Quota di cofinanziamento Nessun cofinanziamento Meno del 25% Tra il 25% ed il 50% Tra il 50% ed il 75% Tra il 75% ed il 100% Totale

Progetti n. progetti 268 429 289 253 136 1.375

Percentuale 19,5% 31,2% 21% 18,4% 9,9% 100%

Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Firenze.

Progettare interventi che siano “condensatori locali di risorse” è quindi una frontiera strategica nell’ambito degli interventi con i giovani. Le sperimentazioni di questi “volani”, là dove esistono, cominciano oggi con l’affiancare al progetto di intervento, anche il Piano di marketing relativo che comprende quindi una serie di azioni di found raising. In questo modo la dipendenza dal contributo pubblico iniziale (straordinario e/o “una tantum”) diminuisce e le reti locali (che ne sono titolari) lo considerano spesso come il meccanismo necessario allo “start up” per l’avvio della progettazione locale o alla sua implementazione. In questo caso le risorse proprie investite, non sono altro che un “anticipo” del co-finanziamento richiesto dalle progettazioni pubbliche. Di nuovo, il lavoro di queste reti locali viene spesso valorizzato da strumenti quali i Piani Locali Giovani (si veda paragrafo successivo) 3.1.5 Dagli APQ, oltre ai bandi, lo start up ai Piani Locali per i Giovani

Come si vede dalla precedente tabella 3.7, l’assegnazione delle risorse da parte delle Regioni (ma anche del Ministero, UPI e Anci) avviene prevalentemente attraverso la modalità del bando pubblico. Infatti oggi la stima delle risorse degli APQ allocate con i bandi, è del 36% del totale. Come per il livello nazionale ciò ha generato, negli anni 2008 e 2009, una notevole quantità di nuova progettazione: si possono stimare infatti circa 4.000 domande (intese come formulari compilati) provenienti dal territorio su input delle Regioni (bandi), oltre che dalle stesse Regioni. Solo una parte di questi progetti viene finanziata, ma il dato è comunque rilevante e dà conto di una nuova linfa progettuale che arriva dai territori (giovani, organizzazioni giovanili, Terzo Settore, Enti Locali). Ma anche del rischio di dispersione di tutte quelle risorse ed energie progettuali, i cui lavori non hanno esito positivo non andando a buon fine. Inoltre, tutta questa mole di progettazione implica un altrettanto ingente lavoro di valutazione. Infatti se il “bando pubblico”, come visto, è la strada maestra nell’allocazione delle risorse, le istituzioni che li indicono devono attrezzarsi sotto il profilo 56

Quaderno 41: “I progetti nel 2004 Monitoraggio sullo stato di attuazione della legge al 30 aprile 2004, dopo due trienni di programmazione”, Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Firenze, ottobre ’06.


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della valutazione dei progetti. In questa fase la dimensione del tempo è il “punto chiave”: in età adolescenziale, l’anno (se non i semestri) sono spesso una “unità temporale” percepita come enorme (equivale allo svolgimento di un anno scolastico), all’interno della quale possono esserci sostanziali cambiamenti di vita. Per questo gli esiti della valutazione dei bandi devono essere forniti nei tempi più brevi possibili. Questa dimensione deve essere tenuta in forte considerazione dalle Amministrazioni che intendono rivolgersi direttamente ai giovani. Attendere risposte dalla P.A. per tempi percepiti troppo lunghi (generalmente superiori ai sei mesi) per i ragazzi è tendenzialmente considerato poco allettante.57 In questo senso l’Agenzia italiana del programma Gioventù, svolge un’ottima azione, in tempi davvero stretti (due mesi, a volte uno). La criticità sta invece nei tempi di erogazione del contributo, che tra l’altro avviene a rendicontazione del progetto. Nel primo biennio di funzionamento del Ministero, gli stessi Uffici, così come quelli degli Assessorati regionali, si sono visti “sommergere” (anche fisicamente) dai progetti. Ma oltre agli aspetti quantitativi, la valutazione richiede soprattutto un’attenzione a quelli qualitativi. Questo è un tema centrale, perché traduce nel quotidiano il valore della “meritocrazia”, ripreso dallo stesso Ministero come uno degli “assi” portanti. Tabella 3.15 - L’azione di valutazione della Regione Liguria nell’ambito del bando sugli spazi giovanili Una buona prassi valutativa è quella seguita dalla Regione Liguria nell’ambito del bando sul finanziamento di centri giovanili. Per la valutazione di questi interventi, l’Assessorato regionale ha previsto un’analisi dei bisogni ed esigenze giovanili indicate dagli Enti Locali o dagli stessi giovani frequentatori dei Centri. Vi è poi un’analisi dell’offerta territoriale, seguita da un’analisi della coerenza programmatica tra bisogni ed “offerte” già presenti al fine di verificare se vi siano aree di domanda (bisogni) non soddisfatti dall’offerta esistente o se, al contrario, siano presenti livelli di offerta che non sono richiesti da una domanda e comunque sono “mantenuti attivi”. Dopo questo interessantissimo vaglio, l’iter prosegue con l’analisi della fattibilità progettuale-amministrativa degli interventi proposti, la sostenibilità gestionale ed il crono-programma delle attività. Inoltre sono stati individuati degli indicatori di realizzazione dei centri, secondo lo spazio destinato ad attività musicali e/o di aggregazione giovanile, attività polivalenti ed altri spazi. È dunque da rilevare l’utilizzo di strumenti aziendali per la pianificazione e progettazione degli interventi. In questo modo, sembra possibile prevedere una positiva attuazione dei progetti selezionati e successivamente un’azione di monitoraggio e valutazione.

Spesso la Pubblica Amministrazione per la fase di allocazione delle risorse opta per lo strumento del bando in quanto considerato efficiente e garante dei principi di trasparenza ed informazione che sono alla base dell’azione della P.A.. Visti però gli esiti di queste prime sperimentazioni di Regioni e Ministero, qualche dubbio sull’efficienza ed efficacia dello strumento è legittimo. Infatti la fase di progettazione si caratterizza per una forte dispersione di energie: un esempio è il bando “Giovani idee migliorano l’Italia”, con 64 progetti finanziati su 3.639 domande presentate, che significa l’1,7%, uno su 57. Di conseguenza un così alto numero di progetti perve57

Inoltre, per i giovani, spesso l’anticipo delle somme necessarie al progetto è una grossa difficoltà, non sempre superabile, anche perché gli istituti di credito quasi mai rilasciano anticipazioni a giovani e/o organizzazioni giovanili, sulla base di semplici lettere di concessione di contributo.

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nuti rende dispersiva anche la fase di valutazione dell’Ente promotore, in termini di tempi lunghi e costi relativi al personale impiegato (a volte esterno all’Ente). Il bando si poggia sul principio del mettere a confronto (o in concorrenza) i progetti. Logiche collaborative, invece che competitive, sono la base dei meccanismi di concertazione. Un terzo delle Regioni ha optato per sperimentare questa nuova modalità di allocazione delle risorse negli APQ, che contengono infatti principi metodologici di sviluppo di interventi per i giovani attraverso la logica di co-progettazione e coinvolgimento di più attori locali, che si traduce in Piani (o Patti) Locali Giovani. Il ricorso alla pianificazione territoriale da parte delle Regioni ai fini dell’allocazione delle risorse dell’A.P.Q riguarda circa l’8% del totale complessivo delle risorse (tabella 3.7). Si tratta quindi ancora di sperimentazioni, ma è un segnale qualitativo interessante da cogliere, anche perché in queste Regioni vengono assegnate mediamente il 30% delle risorse con questa modalità (Lazio, Toscana, Umbria), mentre si arriva al 70% in Piemonte. Analizzando gli APQ che esplicitano questo percorso partecipativo di governance diffusa (9 su 21, il 43%), emerge che pur in presenza di caratteristiche generali simili, già i nomi danno conto delle prime differenze. Si trovano infatti i P.L.G. nel Lazio ed in Piemonte, Piani d’Ambito in Lombardia, Piani Giovani di Zona in Provincia Autonoma di Trento, Piani Territoriali di intervento in Umbria, Piani di Zona in Emilia, Toscana e Veneto, i Programmi in Puglia, i Piani Territoriali di Politiche Giovanili (P.T.G.) in Campania. Sembra quindi che in Italia, nell’ambito degli interventi per giovani a livello nazionale e regionale, dopo la stagione dei progetti, superata quella dei Servizi, in conclusione a quelle dei primi grandi bandi nazionali, sia cominciata quella dei Piani, avviata in ambito Socio-assistenziale-sanitario, con la legge 328/00. Oltre ai relativi Piani di Zona, sul territorio, nel tempo, hanno preso forma anche i Patti territoriali per lo sviluppo, i Distretti culturali locali, quelli del Turismo, ecc. Così dopo una serie di sperimentazioni ed innovazioni locali a partire dai 27 Piani Locali Giovani (PLG) attuati dalle Rete Iter58 dal 2007 in altrettante città italiane (preceduti dai 26 Piani Giovani di Zona della Provincia Autonoma di Trento e dai Piani Giovani integrati),59 forti anche di importanti riferimenti europei (in primis i Libro Bianco e la Carta europea di partecipazione dei giovani), anche le Regioni richiamano (se non pretendono) l’applicazione di questi principi per attivare politiche giovanili sui territori e, di conseguenza, per erogare fondi. 3.1.6 Una nuova modalità di progettazione: i Piani Giovani territoriali

L’analisi più specifica di questi strumenti è interessante. Nell’APQ siglato dalla Regione Lazio, così come in quello della Regione Piemonte, si punta molto sull’implementazione dei PLG, ossia lo strumento, promosso dagli Enti Locali, che rap58

Si veda www.iterwelfare.it G. Campagnoli, N. Trabucchi, Giovani&idee: percorsi di cittadinanza attiva giovanile, Provincia di Novara 2002. 59


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presenta il processo di negoziazione tra più enti, istituzioni, organizzazioni ed altri soggetti, al fine di armonizzare interessi diversi e individuare obiettivi comuni per l’attuazione di politiche giovanili orientate allo sviluppo locale. I PLG sono considerati come lo strumento sperimentale privilegiato attraverso cui perseguire l’obiettivo di sviluppare cittadinanza attiva, promuovendo la partecipazione dei giovani ai processi decisionali a livello locale. La modalità di attuazione degli interventi auspica un coinvolgimento dei giovani all’interno della pianificazione strategica attraverso i PLG, secondo un processo “bottom up”.60 Nello specifico, in Piemonte, si mira a rafforzare i sistemi locali attraverso i Piani provinciali, a cui vengono destinati ben 5 milioni di euro in 2 anni (ossia il 70 % dell’intero APQ). Ad essi, tra l’altro, viene assegnato il compito di promuovere la partecipazione giovanile (e degli altri attori locali) ai processi decisionali a livello locale, per l’individuazione degli obiettivi e delle priorità su cui investire. Viene inoltre specificato che le attività da realizzarsi in questo intervento dovranno perseguire obiettivi trasversali a più azioni del Piano Triennale regionale. Nell’APQ della Regione Puglia si fa riferimento al “programma” inteso come contenitore per coordinare gli interventi e gli sforzi realizzati in diversi campi e da diversi assessorati regionali, con la finalità generale di “fare delle giovani generazioni il vero motore della rinascita sociale, economica e culturale della regione”. Si supera così l’idea che le politiche regionali per i giovani siano fatte solo di singoli progetti, scollegati tra loro e di breve respiro e, invece, costituiscono un disegno coerente con una finalità unitaria. I “Laboratori urbani” sono poi la principale traduzione operativa di questa finalità, cioè il sostegno alla nascita di nuovi luoghi dedicati all’espressione, alla mobilità e alla creatività giovanile, anche attraverso il recupero e la valorizzazione di beni demaniali inutilizzati, beni confiscati alla criminalità organizzata o altri spazi disponibili, gestiti da imprese giovanili, con l’intenzionalità di una rivitalizzazione economica, sociale ed ambientale dei territori.61 Anche l’Umbria (così come la Toscana) investe sulla pianificazione strategica locale per i giovani e per la ripartizione delle risorse dell’APQ stabilisce che: a. è necessario che ciascuna delle 12 aree territoriale si doti di un “Piano territoriale d’intervento”;62 b. ogni piano territoriale d’intervento dovrà essere cofinanziato dai Comuni facenti parte del Piano, per almeno il 30 % dei finanziamenti ricevuti.

60

Iter: “I Piani Locali Giovani. Investimento, capitale umano, democrazia. La forma delle nuove politiche giovanili”, Anci, Ministero della Gioventù, luglio ‘09. 61 Fonte: Regione Puglia, “Accordo di programma quadro in materia di politiche giovanili”, Relazione tecnica, Roma, 28 luglio ’06. 62 Tale azione può essere molto efficace se si programmano azioni diversificate capaci di valorizzare le specificità e le eccellenze di ciascuna area territoriale. Se il territorio italiano confermasse anche per le politiche giovanili la suddivisione in distretti così come è stato per l’applicazione della l. 285/97, se ne conterebbero ben 251.

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Infine, sempre in Umbria, ogni “Piano Territoriale giovani” richiede un coordinamento degli Enti Locali per la predisposizione di un Piano d’azione in favore dei giovani. La legge giovani della Regione Veneto (L.R. 83/07, art. 4) ricorre alla stipula di patti regionali per le politiche giovanili, in accordo con istituzioni, forze sociali, organizzazioni giovanili e di categoria interessate. Inoltre, su scala locale, la regione promuove i “Patti locali per e con i giovani” quale sistema di condivisione e di assunzione di responsabilità sociale verso le tematiche giovanili. Simile all’impostazione della Regione Umbria è quella della Campania, con la metodologia dei Piani territoriali di Politiche Giovanili (P.G.T.).63 Si tratta della costruzione, da parte dei Comuni associati in distretti scolastici (62), di piani organici che mettono a sistema tutti gli interventi di politiche giovanili riferiti all’offerta informativa per i giovani, alla partecipazione e protagonismo giovanile (attraverso il rafforzamento e l’istituzione dei Forum per la gioventù) ed alla progettazione di rete tra comuni, scuole, associazioni giovanili ed altri soggetti interessati alla condizione giovanile. I PTG avranno il sostegno e l’assistenza tecnica del Settore Regionale delle Politiche Giovanili per elaborare una progettualità in 5 mesi, contando su risorse certe64 attribuite in base alla numerosità degli abitanti e dei Comuni, ai quali è richiesto un cofinanziamento del 25%. Le Province avranno risorse (60.000 euro ciascuna) per un ruolo di “agenzie di coordinamento territoriale” (come per le reti degli Informagiovani), La Sicilia ricorre ai Piani di Zona (mutuando il concetto dall’esperienza del settore socio-assistenziale, avviato dalla L. 328/00);65 diverso ancora è il caso della Provincia Autonoma di Trento (tabella 3.16), territorio che ha avuto valenza di laboratorio nazionale di sperimentazione di queste nuove modalità di lavoro.

63

Approvati con deliberazione n. 1805 del 11.12.2009. Si tratta complessivamente di 8,5 milioni di euro, uno dei quali però è messo a bando per realizzare cinque centri polifunzionali giovanili in altrettanti Comuni. 65 Ricondurre le politiche giovanili all’interno della pianificazione territoriale avviata con la legge 328/00, è stata infatti la scelta della Regione Sicilia. Una scelta per favorire il senso di appartenenza al proprio contesto di vita e rendere il giovane partecipe al processo di definizione delle politiche locali. Ma anche una scelta in parte “obbligata” in quanto non esiste un’autonomia specifica del settore delle politiche giovanili e questo non permette, come invece si tenta di fare in altre Regioni, l’utilizzo di un approccio trasversale a vari settori d’azione. 64


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Tabella 3.16 - Il “laboratorio” della Provincia Autonoma di Trento Nel territorio del Trentino, la Provincia Autonoma ha attivato dal 2005 i Piani Giovani di Zona (PGZ) e i Piani d’ambito tematico quali strumenti per promuovere sul territorio, a partire dalla libera iniziativa delle Autonomie Locali di una zona, una progettualità diffusa e sviluppata attraverso la modalità della programmazione partecipata. Si sono aperti 26 Tavoli di confronto tra parti sociali, per elaborare strategicamente i “PGZ” e questi Tavoli di pro66 grammazione e di sviluppo del territorio sono stati finanziati al 50% dalla Provincia. Altri due “Piani Giovani” si sono costituiti rispetto ad ambiti tematici e non zonali, con l’obiettivo di essere anche uno strumento di rappresentanza giovanile: il primo è sul tema dell’Istruzione (collegando la scuola secondaria di II grado all’Università); il secondo è legato all’ambito Economico (giovani imprenditori, lavoro giovanile). Ogni Piano (e quindi ogni Tavolo) ha un Referente tecnico (che ha il ruolo di coordinatore e progettista d’area, incaricato dalla Provincia ed individuato dal Tavolo), uno politico (un assessore di uno dei comuni coinvolti) ed un supervisore scientifico (un consulente esperto esterno). Il lavoro per Piani ha permesso in questi tre anni il superamento delle logiche competitive tra organizzazioni giovanili (destinatarie dei bandi) ed il loro incontro a livello locale con le istituzioni che hanno responsabilità in materia, ai fini di una progettazione comune, che conta su una certezza di risorse ed interlocutori ed è supportata da professionalità ad hoc. La richiesta del cofinanziamento del 50% da parte dei territori (Comuni in primis), fa si che la “proprietà sociale” del progetto sia locale e la responsabilità diffusa. L’ipotesi è che progressivamente in ogni Piano vi sia anche un riferimento stabile, che può essere un centro gio67 vanile (ne sono già stati finanziati 10 ed attivate sei azioni sperimentali in quelli già esistenti) o uno sportello di orientamento scolastico professionale. Le difficoltà sono relative ai primi avvii di una nuova modalità di lavoro, al superamento delle logiche campanilistiche ed al definire meglio le funzioni dei tre ruoli chiave individuati. La formazione è lo strumento individuato per superare una queste difficoltà che parte con il mettere in rete le esperienze attive.

3.1.7 Dall’esperienza all’avvio di nuove prassi organizzative regionali

Le esperienze delle Regioni in questi primi due anni di sviluppo degli APQ, hanno già evidenziato alcune buone prassi che ora formano un know how consolidato in queste istituzioni. Tra queste, se ne segnalano una relativa ad aspetti esterni ed una a quelli interni. Rispetto al primo ambito, si è diffusa un’attenzione alla comunicazione al proprio target di riferimento quale fattore critico di successo di questi interventi. Rispetto alle dimensioni interne, la politica tenta di garantire una dimensione di trasversalità a queste azioni, superando la rigida organizzazione del lavoro a “canne d’organo” tipica della Pubblica Amministrazione. Come già accennato in precedenza, la dimensione della comunicazione negli interventi con i giovani è centrale. Infatti, le istituzioni che hanno titolarità in materia di politiche giovanili valutano la loro azione rispetto sia all’incisività degli interventi Locali, sia alla loro efficacia/efficienza misurata in base ai risultati ottenuti. Per garantire standard elevati, è chiaro che raggiungere il più alto numero di giovani è fondamentale. A questo fine i nuovi strumenti di comunicazione svolgono una funzione essenziale e non è un caso che tutte le Regioni abbiano pagine web dedicate alle politiche giovanili. Infatti in questo ambito c’è molta attenzione alla trasparenza (e la Regione Puglia è maestra in questo, ma anche la Toscana e la Campania), anche rispetto alla comunicazione dei risultati raggiunti e degli esiti dei bandi. 66

Che dimostra come sia generativo anche a livello locale questo approccio di progettazione partecipata. 67 Meglio se ricavato da strutture già esistenti cui dare una diversa destinazione d’uso (es. scuole, palestre, teatri, ecc.).

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Per quanto riguarda la dimensione organizzativa più interna relativa al garantire una trasversalità reale alle politiche giovanili, sono in corso sperimentazioni che partono da diverse ipotesi di integrazione tra le azioni per i giovani. La Regione Liguria adotta a questo fine logiche di “prodotto”. Infatti nel suo APQ ha puntato al potenziamento di 20 centri giovani, alla dimensione dell’e-learning negli stessi centri e nelle Scuole partner e ad una web radio per collegamento tra tutti questi soggetti. L’APQ coinvolge quindi più Settori della Regione, ma sullo stesso progetto. L’integrazione è data sull’oggetto stesso: tutti partecipano all’aggiornamento del web, alla formazione a distanza e sono interessati a questi prodotti altamente innovativi. L’integrazione tra scuola ed extrascuola avviene quindi nella “pratica”. Non solo: anche l’organizzazione del Servizio Civile regionale per giovani “pari” tra i 16 ed i 18 anni è coinvolta: i volontari possono essere presenti sia nella Scuole che nei Centri e sono stati già 1.33568 nei primi tre anni di attivazione. Altre sperimentazioni attivate da alcune Regioni per garantire la trasversalità di questi interventi riguardano cambiamenti organizzativi. Così, ad esempio l’Emilia Romagna ha ormai consolidato la prassi di lavorare tra Assessorati diversi, non più con logiche da “separati in casa”, ma in ottica integrata, proprio per essere più efficaci nell’azione. Sono scelte strategico-organizzative che permettono alle politiche giovanili di prendere le distanze da una logica autoreferenziale e di separazione delle competenze all’interno delle varie strutture regionali, rischio ancora più reale oggi in quanto anche l’Assessorato alle politiche giovanili è divenuto un ambito dotato di nuove ed importanti risorse da amministrare. Le sperimentazioni si stanno dotando di una struttura interna a rete, data la vastità e la complessità dei temi legati al mondo giovanile che risultano trasversali a molti settori amministrativi e che gli Enti normalmente programmano attraverso specifici Servizi distinti. La Regione Emilia-Romagna, in fase di elaborazione dell’APQ, per far divenire le politiche giovanili parte organica della progettazione pluriennale territoriale, ha costituito un soggetto ad hoc, l’Area di integrazione per le politiche giovanili, considerandole appunto come un sistema unitario, complesso e dinamico e non come la somma di politiche di settore. Sono infatti sei gli Assessorati coinvolti e quattro le Direzioni generali che, in questo nuovo quadro organizzativo istituito dalla Giunta regionale, garantiscono un confronto permanente che consente di utilizzare al meglio le potenzialità offerte dalle norme esistenti e dalle risorse disponibili.69 Così, per ogni linea strategica non vengono utilizzati solo riferimenti normativi e programmatici di settore, trasversali alle politiche giovanili, ma vengono anche coinvolti direttamente alcuni dirigenti e funzionari di altri servizi. È l’Area di Integrazione sulle politiche giovanili che definisce le azioni prioritarie e garantisce un utilizzo ottimale delle risorse disponibili. A cascata, l’APQ della Regione Emilia-Romagna incentiva l’integrazione e la creazione di reti e di collaborazioni tra Enti Locali, associazioni e 68

A. Cossetta, Impegno e passione. Il modello del Servizio Civile in Liguria, Regione Liguria, Bonanno Editore, 2010. 69 Antonio Volpone, op. cit.


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istituzioni presenti sul territorio. Di nuovo si parla di coprogettazione partecipata a livello territoriale.70 La Regione Lazio, anch’essa sulla spinta dell’attuazione dell’APQ, ha costituito un Comitato Interassessorile71 composto dall’Assessore alle politiche giovanili (e lavoro e pari opportunità) con funzioni di coordinameno del Comitato, dall’assessore alla Cultura Spettacolo e Sport, dall’Assessore alle politiche Sociali, dall’Assessore alla Scuola, Diritto allo Studio e Formazione Professionale, un delegato del presidente e responsabile della Struttura “Politiche in favore dei giovani”. Si istituisce anche la Segreteria tecnica del Comitato Interassessorile composto dai rispettivi Direttori delle Direzioni a cui fanno riferimento gli assessori, oltre a tre esperti esterni. Una linea simile l’ha attivata anche la Regione Veneto, con tanto di atto regionale. Tutti questi casi, rimandano ad una dimensione di complessità notevole da affrontare. Le soluzioni possibili sono diverse e per questo le Regioni possono fare affidamento anche ad agenzie di supporto operative esterne. Così è per la Regione Toscana che ha scelto di farsi affiancare dal Centro Servizi Volontariato per il coordinamento delle azioni di sistema dei processi di concertazione territoriale. La Regione ha infatti optato per un passaggio di ruolo da erogatrice di risorse a coordinamento di una governance diffusa che è partita con il coinvolgere le Province come referenti, attivando complessivamente quasi 500 progetti per un valore complessivo di oltre 41 milioni di euro.72 Gli altri intercolutori diretti della regione sono dei giovani referenti sui territorio provinciale e lo comunale ed i Comuni stessi, a cui è richiesto un co-finanziamento del 35%. Inoltre la complessità è dovuta anche dal fatto che la responsabilità di alcune tipologie di progetti finanziati fa capo ad altri assessorati: così è infatti per i 100 centri di servizi informativi e di orientamento e per quelli servizi tematici o multimediali che sono rispettivamente in a carico alla Formazione ed alla Comunicazione. Il processo di governance attivato dalla Regione è la “filiera di fiducia” sia per la gestione che per la “tenuta insieme del tutto”, possibile anche per il fatto che i progetti gestiti direttamente dalla Regione sono pochi e riguardano aspetti più culturali, di sviluppo di rete ed integrazione tra tutte le azioni ed alcune sperimentazioni sul territorio. 3.1.8 Gli APQ motori di una nuova stagione legislativa regionale

Le riflessioni svolte in queste pagine, fanno prevalentemente riferimento agli APQ regionali. Ma, come detto, l’altro strumento che le Regioni hanno utilizzato per lo sviluppo delle politiche giovanili, sono state le leggi regionali. L’attività legislativa in materia di giovani è avvenuta (come visto nel Capitolo 2) a “macchia di leopardo” 70

O. P. Ghedini, Dirigente del Servizio Cultura Regione Emilia Romagna: “Legge 14/2008 - Norme in materia di politiche per le giovani generazioni”, Convegno “On Meeting”, Provincia di Pesaro e Urbino, 15 dicembre ‘09. 71 DPR del 6 nov. ’06. 72 “Grazie all’APQ, che ha durata triennale, finora sono stati approvati complessivamente quasi 500 progetti per quasi 41 milioni di euro, con un contributo regionale che ha sfiorato i 16 milioni di euro”. G. Salvadori: su www.regioni.it .

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ed è proseguita per un ventennio, dai primi anni ’80 fino al 2002. In questo periodo sono state approvate 13 leggi ad hoc nel decennio 1992/’02 e cinque tra il 1980 ed il ’90. Poi l’attività legislativa si è interrotta per 5 anni ed è ripresa, con una nuova velocità, tra il 2007 ed il 2009, con ben sette leggi approvate e tre disegni di legge presentati in altrettante Regioni (Campania, Friuli Venezia Giulia73 e Piemonte), i primi due dei quali già pronti per essere trasformati in legge. Sette leggi in due anni, un vero record, soprattutto rispetto alle 18 nei 22 anni precedenti (tabella 3.17). Tabella 3.17- Le leggi regionali Regioni Abruzzo

Legge L.R. 19/2002

Basilicata

L.R. 11/2000

Calabria

L.R. 8/1988 L.R. 2/2000 L.R. 14/1989

Campania

L.R. 14/2000 Emilia Romagna L.R. 21/1996 (poi abrogata) 14/2008 Friuli Venezia G. L.R. 12/2007

Titolo Disposizioni in materia di Comunità giovanili e istituzione della Consulta regionale dei giovani Riconoscimento e promozione del ruolo delle giovani generazioni nella società regionale Istituzione dei centri polivalenti per i giovani Progetto Giovani Istituzione del Servizio per le politiche giovanili e del forum regionale della gioventù Promozione ed incentivazione dei Servizi Informagiovani e Istituzione della rete territoriale delle strutture Promozione e coordinamento delle politiche rivolte ai giovani Norme in materia di politiche per le giovani generazioni Promozione della rappresentanza giovanile, coordinamento e sostegno delle iniziative a favore dei giovani Promozione e coordinamento delle politiche in favore dei giovani Promozione degli strumenti di partecipazione istituzionale delle giovani generazioni alla vita politica e amministrativa locale Promozione delle politiche per i minori e i giovani

Lazio

L.R. 29/2001 L.R. 20/2007

Liguria

L.R. 6/2009

Lombardia

L.R. 45/1986

Marche Molise

L.R. 46/1995 e modifiche con le L.R. 2/1997 e 9/2003 L.R. 21/1980

Interventi regionali per la promozione degli scambi socio-culturali giovanili Promozione e coordinamento delle politiche di intervento in favore dei giovani e degli adolescenti Istituzione della consulta regionale giovanile

P.A. Bolzano

L.P. 13/1983

Promozione del servizio giovani nella Provincia di Bolzano

P.A. Trento

L.P. 5/2007

Sviluppo, coordinamento e promozione delle politiche giovanili, disciplina del servizio civile provinciale Istituzione del consiglio provinciale dei giovani Coordinamento e sostegno delle attività a favore dei giovani

Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria

L.P. 7/2009 L.R. 16/1995 (integrazioni con L.R. 5/2001) L.R. 11/1999 L.R. 22/1999 (poi abrogata) L.R. 27/1995

Valle d’Aosta

L.R. 8/1997

Veneto

L.R. 29/1988 e modifiche con L.R. 37/1994 L.R. 17/2008

Piemonte

Totale 73

Iniziative e coordinamento delle attività a favore dei giovani Interventi educativi per l’infanzia e gli adolescenti Istituzione del Forum della Gioventù e dell’Osservatorio regionale giovani Promozione di iniziative sociali, formative e culturali a favore dei giovani. Istituzione della Consulta giovanile Iniziative e coordinamento delle attività a favore dei giovani

Promozione del protagonismo giovanile e della partecipazione alla vita sociale 25 leggi in 19 Regioni e 2 Province Autonome

Questo disegno di legge per “l’autonomia dei giovani” contiene misure per la casa (co-housing e co-working), il lavoro, il rientro e la formazione di nuovi “talenti”, imprenditoria giovanile ed associazionismo giovanile. Nel 2009 la regione ha già siglato 129 accordi per la costruzione di spazi giovani e 79 progetti di associazioni giovanili.


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Interessante è andare ad analizzare la produzione legislativa che le varie assemblee legislative regionali hanno approvato in questi ultimi due anni. Il 2009 è stato l’anno della Regione Liguria che oltre a dotarsi precedentemente di un Consiglio regionale degli studenti,74 ha approvato anche la legge n. 6/09 “Promozione delle politiche per i minori e i giovani”, il 26 marzo 2009. La Provincia Autonoma di Trento ha approvato la sua seconda legge inerente i giovani in due anni, la 7/09 “Istituzione del consiglio provinciale dei giovani”. In ordine cronologico, la Regione Veneto aveva approvato la L.R. n. 17 del 14 nov ’08, “Promozione del protagonismo giovanile e della partecipazione alla vita sociale”. Pochi mesi prima (28 luglio 2008) la Regione Emilia Romagna aveva approvato la L.R. n. 14 “Norme in materia di politiche per le giovani generazioni”. In precedenza aveva legiferato la Regione Lazio approvando la L.R. del 7 dicembre 2007, n. 2075 “Promozione degli strumenti di partecipazione istituzionale delle giovani generazioni alla vita politica e amministrativa locale”. Nello stesso anno, il 23 maggio, aveva legiferato la Regione F.V.G. con la L.R. 12/07, “Promozione della rappresentanza giovanile, coordinamento e sostegno delle iniziative a favore dei giovani”. Ed il 14 febbraio 2007 la Provincia Autonoma di Trento aveva approvato la L.P. n. 5/07 “Sviluppo, coordinamento e promozione delle politiche giovanili, disciplina del servizio civile provinciale”. Come si vedrà nella tabella 3.18, queste recenti leggi regionali, contengono una serie di criteri e modalità d’azione che ne sottolineano la qualità ed il livello particolarmente elevato di riflessione. In questi testi legislativi trovano spazio le finalità delle linee d’azione, l’esplicitazione delle priorità, i riferimenti alle normative europee in materia, i criteri di valutazione, le metodologie ed i processi di lavoro amministrativo, l’individuazione degli attori chiave e le modalità del loro coinvolgimento, gli strumenti di concertazione, il ruolo degli altri Enti Locali. Testi quindi completi, che affrontano l’attualità delle politiche giovanili, approvati a volte anche grazie allo stimolo degli APQ e che evidenziano la volontà delle Regioni di essere a tutti gli effetti i veri policy maker in materia di giovani, alla luce (come detto) anche delle riforme costituzionali. Il senso è che le Regioni sono le istituzioni territoriali più vicine alla vita dei giovani, dove la distanza dalla “politica” potrebbe essere meno sentita, proprio nei termini di possibilità di influire sulle decisioni inerenti la propria vita. Anche perché le istituzioni regionali, in accordo con quelle Provinciali e Comunali, possono oggi svolgere un forte ruolo di ascolto ed elaborazione di risposta in termini di tematiche giovanili. Non è un caso, probabilmente, che tutte queste nuove leggi si occupino proprio anche di definire strutture e servizi, dagli spazi giovani agli Osservatori, dagli Informagiovani ai Consigli regionali dei giovani, di cui si parla nel successivo Capitolo 4.76 Non solo: in queste nuove leggi (tabella 3.18) si esplicitano modalità trasversali per occuparsi di questioni inerenti 74

Istituzione del Parlamento regionale degli studenti della Liguria (legge regionale n.8 del 6 marzo 2007). 75 Che integra la n. 29 del 29/11/2001 “Promozione e coordinamento delle politiche in favore dei giovani”. 76 Da queste considerazioni è esclusa la L.R. 20/07 della Regione Lazio che riguarda esclusivamente l’istituzione di organismi partecipativi giovanili, mentre molte delle questioni trattate dalle nuove leggi delle altre Regioni, sono contenute nella DPGR n° T0561 del 6 novembre 2006.

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

i giovani, la formazione di task force all’interno dell’istituzione regionale, si definiscono i raccordi, le funzioni ed i compiti amministrativi con Province e Comuni, si trattano le questioni per target anagrafico di giovani (ed alcune anche con una attenzione alle specificità di genere), si approcciano le questioni giovanili con un’ottica promozionale più che riparativa, anche per quel che riguarda la salute, i comportamenti e gli stili di vita sani. In queste leggi si trovano accenni anche a prassi innovative (es. peer education), al riconoscimento del volontariato giovanile e del Servizio Civile Nazionale. Tabella 3.18 - I principali contenuti delle nuove leggi regionali Rif. Europa Promozione partecipazione giovanile con organismi Integrazione con altri Enti Locali Concertazione anche con Privato sociale Definisce ruolo di Province e Comuni Trasversalità Osservatorio Sistema di informazione Strutture (spazi) Accessi (a casa, lavoro, credito, studio) Formazione a operatori, funzionari, adulti

P.A. Trento

Emilia Romagna

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Veneto

X X X X X X

X X X X X X

- (informazione) x X X X X

X

X

X

X (art 1) X (art. 8)

X (art. 35) X (art. 44)

X (art. 4) X (art. 16)

X X X X X X Già presente X (art. 4)

X

X

X

X

X

x

X X X X X In parte X (Oss. sociale) X (art. 40) X (art. 44) X prestito d’onore X (solo per operatori di IG)

X

X

Seresidenti da almeno 1 anno per motivi di studio o lavoro

-

-

-

Distretto Sociosanitario

Piani di Zona

X 373.652 euro

X 1.500.000 euro

X 1.650.000 euro

X

-

X

Destinatari anche stranieri

Piani giovani Fondo per politiche giovanili

Realizzazione individuale, merito, talento, pari opportunità Valutazione Infanzia, adolescenza e giovani Programmazione regionale, con periodo l’anno

E-democracy e digital divide Mobilità/scambi Esclusione Animazione/animatori

X X di zona (nei distretti ed’ambito sanitari) X X (ammontarenon (ammontarenon stabilito dalla stabilito dalla legge) legge) X X (tanto) X Solo giovani

X

X

X X X 14-29 Solo X anni di età giovani X X X X (3 el’anno come (3 el’anno come X (3 el’anno come (a 5 anni el’anno è periodo periodo (bassa) periodo il periodo di rif.) di riferimento) di riferimento) di riferimento) Comunità digiX tale per giovani X X X X X X X **Formazione ***Ruolo in servizi *Formazione per animatori per minori per animatori di scambi eprima infanzia X

*Art. 2, c.1: la realizzazione di interventi di formazione e supporto per i funzionari degli enti pubblici, gli educatori, i genitori e le loro associazioni, gli animatori e gli operatori che lavorano, su base volontaria o professionale, con i gruppi e le associazioni giovanili. **Art. 44, c.4: La Regione e le province promuovono la formazione permanente e continua degli animatori socio-culturali di attività giovanili transnazionali, favorendo, inoltre, la partecipazione degli animatori alle attività di formazione. ***Art. 17 (Servizi ricreativi), c.1. I Servizi ricreativi o rono ai bambini momenti di gioco occasionale ed estemporaneo, in ambienti adeguati e sotto la guida di animatori. Art. 24 (Strutture residenziali e semiresidenziali per minori), c.3, b) i Centri di aggregazione, quali “luoghi sicuri” dove proporre attività aggregative volte alla socializzazione, all’accompagnamento scolastico ed alla animazione del tempo libero. Fonte: rielaborazione dai testi legislativi.


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3.1.9 Un patchwork delle principali innovazioni legislative

Alla luce della precedente tabella 3.18, è interessante analizzare come i testi legislativi abbiano normato (e bene) alcune questioni davvero complesse. In particolare quelle relative alle finalità ed al “senso” di una legge per i giovani, alla trasversalità, alla concertazione con il territorio, al riconoscimento di nuove forme partecipative, all’associazionismo giovanile, a nuovi strumenti di comunicazione, fino alla definizione di alcune tipologie di servizi (esempio: Informagiovani e spazi) ed alla valutazione degli interventi. Partendo dalle finalità della legge, queste sono ben espresse dall’art 3 della L.R. 14/08 della Regione Emilia Romagna: Art. 3 - Obiettivi della programmazione e metodologia attuativa 1. La programmazione regionale, in attuazione dei principi indicati all’articolo 2, persegue: a) l’integrazione delle politiche e dei programmi regionali in materia sociale, scolastica, formativa, sanitaria, abitativa, culturale, del tempo libero, del lavoro, di pianificazione territoriale, di mobilità e di sviluppo sostenibile; b) l’integrazione istituzionale con gli Enti Locali nella funzione di governo: programmazione, regolazione e verifica; c) il raccordo con le amministrazioni dello Stato, in particolare quelle scolastiche e le università; la collaborazione con le parti sociali e l’apporto del terzo settore; d) la qualificazione dei servizi e degli interventi, anche tramite la formazione degli operatori pubblici e privati; e) la continuità di programmazione attenta alle esigenze delle varie età dei soggetti in prospettiva evolutiva; f ) la valorizzazione di un proficuo rapporto tra Enti pubblici e del privato sociale al fine di ampliare la libertà di scelta nei percorsi di vita delle persone.

Interessante anche riportare la mission della legge giovani ligure (L.R. 6/09, art. 36): 1. La Regione riconosce, garantisce e promuove i diritti di cittadinanza dei giovani, favorisce il pieno sviluppo della loro personalità sul piano culturale, sociale ed economico, ne sostiene l’autonoma partecipazione alle espressioni della società civile e alle Istituzioni e ne promuove e valorizza le forme associative anche per lo svolgimento di attività d’interesse generale e sociale, anche in relazione alla Carta europea della partecipazione dei giovani alla vita delle comunità locali.

Garantire la trasversalità a livello regionale degli interventi per i giovani, significa adottare soluzioni organizzative funzionali a questo scopo, andando a costruire delle “rete interne” tra quei settori che hanno responsabilità in materia. A questo proposito, è interessante la soluzione adottata dalla Regione Veneto77 (L.R. 17/08, art. 5, c1): Art. 5 - Comitato regionale per le politiche giovanili. È istituito il Comitato regionale per le politiche giovanili, presieduto dall’Assessore regionale competente in materia di politiche sociali e composto dagli assessori competenti nelle materie di cui . Il Comitato… c) favorisce l’integrazione tra settori dell’attività regionale e tra i diversi osservatori previsti dalla legislazione regionale vigente.

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C. Bonsuan (Regione Veneto), Terzo Meeting nazionale dei centri, spazi e contesti di aggregazione giovanile, Rovigo, 12/14 novembre 2009.

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Sulla stessa questione, la Provincia Autonoma di Trento, stabilisce (L.P. n° 5/07, art. 4): Art 4. - Gli assessori provinciali competenti alla realizzazione di interventi a favore dei giovani, unitamente ad eguale numero di rappresentanti del Consiglio delle Autonomie Locali, costituiscono il coordinamento provinciale per le politiche giovanili, al fine del raccordo intersettoriale delle politiche e dell’integrazione dei diversi strumenti.

Una soluzione tecnica è invece proposta dalla Regione Friuli Venezia Giulia (L.R. 12/07, art. 6): Art. 6 - Comitato tecnico interdirezionale 1. La Regione istituisce un Comitato tecnico interdirezionale, presieduto dall’Assessore regionale competente in materia di politiche giovanili, composto dai rappresentanti delle Direzioni centrali coinvolte negli obiettivi di politica giovanile. 2. Il Comitato è costituito con decreto del Presidente della Regione e ha compiti di: a) consulenza e supporto alle esigenze del Forum regionale dei giovani; b) analisi degli interventi realizzati dalle strutture regionali a favore dei giovani in relazione ai programmi di livello regionale, nazionale ed europeo; c) predisposizione del Piano triennale per le politiche giovanili. 3. Il Comitato esercita funzioni di vigilanza sulle attività finanziate ai sensi della presente legge.

Interessante, per quanto riguarda ancora la Regione Veneto, l’articolo 4 inerente la modalità di concertazione con gli altri Enti territoriali ed il Terzo Settore: Art. 4 - Attività regionale di coordinamento e attuazione. 2. La Giunta regionale promuove la costituzione del coordinamento regionale degli assessori comunali competenti in materia di politiche giovanili ed assicura il supporto allo sviluppo dell’attività dello stesso. 3. La Giunta regionale promuove, altresì, il più ampio raccordo fra enti e soggetti pubblici e privati, anche attraverso gli accordi di programma

Sempre su questo tema, la Regione Liguria prevede (art. 36, c2 e 3)78 il riconoscimento del Distretto come unità territoriale, all’interno del quale deve essere garantita un’azione di coordinamento:79 Articolo 36 (Coordinamento a livello distrettuale) 2. Nell’ambito della programmazione territoriale, al fine di garantire una maggiore efficacia agli interventi di carattere sociale, sanitario, scolastico, educativo, del tempo libero, in ogni Distretto Socio-sanitario vengono 78

Nei successivi otto articoli, la L.R. passa a definire altrettanti “strumenti” utili nel lavoro con i giovani e cioè la promozione di stili di vita sani, l’educativa di strada, il Forum regionale dei giovani, l’Informagiovani, i Servizi sperimentali, gli scambi, i gemellaggi e la mobilità giovanile in ambito nazionale ed internazionale, i Prestiti d’onore, i Centri giovani. 79 Sempre sullo stesso tema, la Regione Umbria, nell’APQ, stabilisce che per la ripartizione delle risorse: a) è necessario che ogni area territoriale individuata si doti di un piano territoriale d’intervento; b) ogni piano territoriale d’intervento dovrà essere cofinanziato dai Comuni facenti parte del piano per almeno il 30 % dei finanziamenti ricevuti; c) le risorse verranno ripartite tra le varie aree territoriali in proporzione alla popolazione giovanile residente ed universitaria.


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realizzate azioni di coordinamento tra Enti Locali, ASL, Servizi dell’Amministrazione della Giustizia, soggetti gestori di servizi socio-educativi, scuole e soggetti del Terzo Settore competenti in materia. 3. La programmazione territoriale, collegata con quella regionale, garantisce azioni e interventi rivolti alla realtà giovanile tesi anche a promuovere le buone prassi e il confronto tra gli operatori.

Oltre a questi, ci sono anche altri organismi previsti e riconosciuti nelle normative, che svolgono il ruolo di decision maker. La Provincia Autonoma di Trento, ad esempio, ha costituito (art. 10 della stessa legge 5/07) una Consulta ed un Consiglio provinciale dei giovani (con legge 7/09): Art. 10 - Consulta provinciale per le politiche giovanili 1. Alla programmazione ed alla realizzazione degli interventi previsti da questa legge concorre, quale organo consultivo e propositivo, la consulta provinciale per le politiche giovanili. La consulta è nominata dalla Giunta provinciale e rimane in carica per la durata della legislatura. È presieduta dall’assessore provinciale competente in materia di politiche giovanili o da un suo delegato ed è composta da: a) cinque membri di associazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), tre su designazione dell’assessore provinciale competente e due designati dalle minoranze del Consiglio provinciale; b) il presidente della consulta provinciale degli studenti o un suo delegato; c) il presidente del consiglio degli studenti dell’Università degli studi di Trento o un suo delegato; d) due rappresentanti dei tavoli relativi ai piani di zona e un rappresentante dei tavoli relativi ai piani d’ambito; e) due esperti designati dal Consiglio delle Autonomie Locali.

La Regione Friuli Venezia Giulia (art. 9) assegna questo ruolo anche alle associazioni giovanili, nella loro doppia accezione: Art. 9 (Ruolo delle associazioni) 1. Le associazioni attive in ambito giovanile o costituite da giovani collaborano all’attuazione dei programmi a favore dei giovani.

Rispetto all’innovazione, la stessa legge regionale (art. 14) prevede le “Comunità digitali” per i giovani: Art. 14 (Comunità digitale per i giovani) 1. La Regione, in collaborazione con gli Enti Locali e gli Informagiovani, attiva un portale per i giovani per consentire un facile e rapido accesso ai siti e alle banche dati di interesse giovanile e in particolare ai siti delle varie organizzazioni giovanili che potranno essere ospitati nel portale. Il portale per i giovani svolge anche la funzione di informazione delle deliberazioni del Forum regionale dei giovani e dei Forum provinciali e locali, e di conoscenza delle iniziative nazionali ed europee che riguardano il mondo giovanile. 2. La Regione mette a disposizione strumenti per la creazione di una comunita’ digitale in cui i giovani sono protagonisti della comunicazione, attraverso l’uso di uno spazio gratuito.

Come detto prima, interessante è il tentativo nelle leggi di normare alcune tipologie di servizi ed interventi per i giovani. Un esempio interessante è l’art. 44 della L.R. della Regione Emilia Romagna che definisce i centri giovani, anche perché li connette ad interventi urbanistici:

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Art. 44 - Spazi di aggregazione giovanile 2. Gli spazi di aggregazione si caratterizzino come luoghi polifunzionali d’incontro, d’intrattenimento, di acquisizione di competenze attraverso processi non formali di apprendimento, di cittadinanza attiva, di sperimentazione e realizzazione di attività sul piano educativo, ludico, artistico, culturale, sportivo, ricreativo e multiculturale. […] 4. Nell’ambito del programma di riqualificazione urbana di cui all’articolo 4 della L.R. n. 19/98, l’amministrazione comunale individua interventi di ristrutturazione edilizia, recupero, realizzazione o ampliamento di fabbricati, nonché interventi di altra natura, destinati alla creazione di spazi di aggregazione per i giovani. Il bando di cui all’articolo 8, comma 1, L.R. n. 19/98, ricomprende gli interventi indicati nel presente comma.

Come detto più volte, nell’ambito delle politiche giovanili sta assumendo un ruolo importante la dimensione dell’acquisizione di competenze, proprio attraverso percorsi di educazione non formale (l’animazione sociale e culturale). Ecco come la Regione Emilia Romagna si occupa della tematica: Art. 37 - Apprendimento, orientamento e partecipazione responsabile 1. La Regione e le province favoriscono l’accesso dei giovani ad attività di formazione superiore, continua e permanente, concedendo gli assegni formativi di cui all’articolo 14 della legge regionale n. 12 del 2003, nonché alle attività transnazionali promosse dalla decisione n. 1720/2006/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, relativa all’istituzione di un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente. 2. Le linee prioritarie di programmazione regionale di cui all’articolo 33 e i programmi provinciali di cui all’articolo 35 prevedono azioni e interventi volti a valorizzare il ruolo dell’apprendimento non formale da parte dei giovani, quale opportunità per affermare capacità, potenzialità, interessi e passioni. In particolare, la programmazione regionale e provinciale sostiene sperimentazioni di certificazione delle competenze e delle abilità acquisite in ambito non formale, anche con riferimento a quanto previsto dall’articolo 6 della legge regionale n. 12 del 2003, dalla decisione 2241/2004/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, relativa ad un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass) e dalla risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 24 novembre 2005 - “Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in Europa - attuare il patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva” (sistema Youth Pass). 3. La Regione favorisce la partecipazione dei giovani al volontariato, ai progetti di servizio civile nazionale e regionale, alle diverse attività di solidarietà e associazionismo, come strumento di crescita personale, come mezzo per acquisire competenze ed esperienze integranti la vita scolastica o professionale, come opportunità di cittadinanza e di partecipazione attiva, come strumento di accoglienza e d’integrazione. 4. La Regione sostiene l’organizzazione d’iniziative di coinvolgimento degli adolescenti e dei giovani nelle attività di sostegno scolastico e ricreativo di bambini e di coetanei in difficoltà, per il superamento della solitudine e per favorire l’instaurarsi di relazioni tra giovani in una prospettiva di solidarietà.

Infine l’aspetto della valutazione degli interventi. Su questo tema, la Provincia Autonoma di Trento ha ben definito la questione, individuando per legge chi svolge la funzione di valutatore (il “nucleo”), oltre ad esplicitarne criteri e strumenti: Art. 14 - Valutazione 1. La Giunta provinciale nomina il nucleo di valutazione composto da tre esperti di politiche giovanili di provata competenza, dei quali uno designato dalle minoranze del Consiglio provinciale, un membro dell’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani e un funzionario del dipartimento competente in materia di politiche giovanili. 2. Il nucleo ha il compito di valutare gli interventi delle politiche giovanili e di diffonderne i risultati, conforman-


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dosi ai seguenti parametri: a) l’efficacia degli interventi finanziati; b) la capacità di valorizzare il volontariato per raggiungere gli obiettivi dell’intervento; c) l’efficienza dei servizi erogati intesa come il rapporto fra i risultati raggiunti e le risorse impiegate; d) la flessibilità nell’adeguare gli interventi ai bisogni in evoluzione. 3. Il nucleo di valutazione svolge il suo compito utilizzando in via prioritaria i seguenti strumenti: a) l’autovalutazione di tutti gli attori delle politiche a favore dei giovani; b) questionari da sottoporre a campione ai beneficiari degli interventi; c) interviste dirette effettuate a campione rivolte ai beneficiari degli interventi. 4. Ai componenti del nucleo di valutazione spettano i compensi, i rimborsi delle spese e le altre indennità previste dalla normativa provinciale vigente in materia di organi collegiali.

3.1.10 L’età dei destinatari secondo le diverse legislazioni regionali

Le Regioni nella loro legislazione relativa alle politiche giovanili non esplicitano una definizione di giovani dal punto di vista sociologico (essendo alquanto complicato), ma lo fanno esclusivamente rispetto alla categoria anagrafica. Ma non in modo uniforme: gli APQ e le leggi regionali prevedono infatti ben 14 classi di età differenti. La classe di età più diffusa è quella dai 14 ai 30 (in 4 APQ) e dai 14 ai 29 (in 3 APQ). In un caso vi è una estensione di età dai 14 ai 34 anni ed il “tetto massimo” di over 32 è toccato in 6 documenti regionali, mentre il riferimento all’età minima di 14 e 15 anni compare 13 volte. Il paletto della maggiore età (18 anni) viene preso solo tre volte come riferimento nei documenti regionali. L’analisi delle età di riferimento è quindi molto eterogenea: accomuna il fatto che sembra si diventi giovani sempre prima e lo si rimanga molto più a lungo che in passato. Ma se la durata della condizione giovanile è di oltre 20 anni, non può più essere considerata un’età di passaggio, una “età breve”, anzi. Si va dai “padri ai figli”, in quanto si comprendono interventi per il sostegno alla maternità e/o per giovani coppie, fino a quelli rivolti a ragazzini/e 14enni. Positivo è che questa logica di “lungo adolescenza” (in realtà di lungo dipendenza dalla famiglia di origine) implica il lavoro per target, quindi l’individuazione di tipologie di interventi a seconda dei bisogni delle diverse “categorie” di giovani, segmentate in primis per fasce d’età. 3.1.11 Il potenziale delle Regioni con la riforma Costituzione

Si è detto molto del ruolo delle Regioni nello sviluppo di interventi per i giovani. Merita un accenno anche il potere d’azione che è potenzialmente nelle loro mani dopo la svolta in senso regionalista della nostra Costituzione. Infatti il settimo comma dell’articolo 117 della Costituzione afferma che: “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”. Si introduce così, riferendolo alla legislazione regionale, un principio – quello della parità non solo formale ma sostanziale tra uomini e donne nella vita sociale,

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culturale ed economica e nell’accesso alle cariche elettive – oggi ricavabile da altre disposizioni costituzionali di portata più generale (principalmente dagli artt. 3 e 51 Cost.). Le possibilità d’azione a disposizione delle Regioni in questo ambito sono molto interessanti, visto che per i giovani le garanzie delle pari opportunità sono una questione non solo di genere, ma soprattutto generazionale. Come già visto, sono molte le difficoltà da parte dei giovani nell’accesso al mondo adulto e la conseguenza è inevitabilmente la forte dipendenza dalla famiglia d’origine il cui status finisce inevitabilmente per determinare anche la loro condizione futura, a prescindere da dimensioni di merito e talento personale. L’essere donna presenta poi ancora delle difficoltà maggiori. La prima parte dell’articolo 117 dà alle Regioni potere di intervento (legislativo e regolamentativi), proprio nelle principali materie che possono incidere in modo determinante sulla questioni che riguardano i giovani e cioè formazione, professioni, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi, valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali, governo del territorio, tutele e sicurezza del lavoro,80 aziende di credito a carattere regionale, oltre a tutto ciò che non è di competenza esclusiva dello Stato centrale in quanto di interesse regionale (si veda art. 117 della Costituzione). Riprendendo lo schema del “circolo vizioso” (che può essere senz’altro riproposto anche per l’azione delle Regioni nell’ambito delle politiche giovanili degli anni addietro), oggi può essere interrotto, occupandosi anche dei temi forti ed attuali che interessano i giovani, a partire dall’accesso al reddito, casa, lavoro, impresa, professioni, credito, ecc. Ricordando poi che per questi interventi si genera un “effetto moltiplicatore”: rispetto alla cittadinanza giovanile, per quel che riguarda l’accesso al lavoro, ad esempio, può essere riproposto su base regionale il programma francese Civis.81 Inoltre, come avviene già in altri Stati europei, si può pensare a misure di “reddito di cittadinanza attiva” per integrare il reddito di giovani che sono studenti (ad es. nella fascia tra i 20 ed i 25 anni) o disoccupati (non inoccupati). Misure come 80

La casistica dice che sono soprattutto i giovani sotto i ventiquattro anni ad avere avuto degli infortuni sul lavoro nell’ultimo anno. Colpa dell’inesperienza e della poca informazione sui rischi nei posti di lavoro. Per gli uomini la percentuale tende a scendere al crescere dell’età (da circa il 5% dei 15-24 anni al 2% dei 55-64 anni), per le donne invece rimane stabile intorno al 2% per tutte le classi di età. [Fonte: Rilevazioni Eurostat, agosto ’09]. 81 Si tratta di un programma (dal 2005 al 2009) per l’inclusione – attraverso il lavoro – di 733.260 giovani disoccupati con un investimento di 351 milioni di euro. Ciò coinvolgendo le 6.000 “strutture di missioni locali e servizi di orientamento” presenti in tutta la Francia, in grado di orientare i ragazzi e di seguirli per i primi sei mesi di lavoro, concedendo loro anche indennità fino a 300 euro al mese (per un massimo di 900 euro/anno). Il risultato atteso era l’impiego del il 25% dei destinatari. Se lo stipendio medio fosse anche solo di 500 euro/mese per ognuno si verserebbero circa 4.000 euro/ anno di contributi. I partecipanti sono stati 465.456, il 38% dei quali ha trovato una occupazione di lunga durata (176.408). Così, in totale, nel Bilancio dello Stato sono entrati circa 700 milioni, a fronte di un’uscita di 350 milioni [Fonte: A. Surian, T. Toffanin, Rassegna di letteratura internazionale sul reddito di cittadinanza, 2009].


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questa inciderebbero (ad esempio per le Regioni Piemonte e Lombardia) per un 4-6% sulle uscite correnti ed avrebbe un indotto sicuramente positivo.82 Altri dispositivi potrebbero essere quelli già previsti ed attuati dalla Regione Puglia nell’ambito dell’APQ “Bollenti Spiriti” e cioè il “Ritorno al futuro” (5.000 borse di studio per studenti universitari, di importo medio di 12.000 euro l’una, vincolate ad un “patto etico”, tabella 3.19) ed il concorso di idee “Principi attivi” per la creazione di imprese innovative,83 dove importanti risorse (rispettivamente 60 e 10 milioni di euro per ciascuna delle due misure), sono state stanziate con la finalità di attrarre giovani risorse umane e know how nel territorio regionale. Tabella 3.19 - Ritorno al futuro e Principi attivi Dalla Puglia, così come in diverse altre aree del Sud Italia, molti giovani sono costretti ad emigrare verso altri territori alla ricerca di un lavoro. Ma una regione che vuole crescere ha bisogno di alta specializzazione per aumentare la competitività dei sistemi produttivi. Trattenere una generazione che ha capacità, creatività, competenze, saperi, è la vera grande risorsa per lo sviluppo e la crescita del territorio. Lo scopo è sostenere i giovani pugliesi nel loro desiderio di investire su se stessi per realizzare aspettative e sogni nella propria terra. Da qui l’idea del “patto etico”: la Regione sostiene i costi degli studi di specializzazione (in Puglia, in Italia o all’estero) a giovani laureati (under 35) con la contropartita del loro impegno a tornare in Puglia, per mettere a disposizione della collettività le competenze acquisite e, per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro, il curriculum viene inserito in una banca dati a disposizione delle imprese pugliesi. La borsa di studio permette di partecipare a master universitari di primo e secondo livello attivati dalle Università italiane, attività formative post-lauream, master post-lauream organizzati da istituti di formazione in Puglia, Italia e all’estero. Le borse di studio sono cosi suddivise: Corsi di studio da svolgere in Puglia o nei territori delle province limitrofe di: € 7.500 Corsi di studio da svolgere in altre regioni del territorio nazionale: € 15.000 Corsi di studio da svolgere all’estero: € 25.000 82

In Piemonte si tratta del 61% circa dei giovani di età compresa tra 20 ed 25 anni (circa 150.000 persone): se ricevessero tutti (senza distinzione alcuna) una integrazione al reddito di 500 euro al mese (pari al 73% del valore medio delle pensioni di anzianità), sarebbero necessari al massimo 900 milioni di euro, su un totale di 13.412 milioni di uscite correnti (anno ’08). In Lombardia, i potenziali beneficiari potrebbero essere circa 550.000, per un totale di circa 2.150 milioni di euro, il 4,3% delle uscite correnti del bilancio ’06. 83 A questa misura sono pervenute 1.670 candidature, da giovani residenti nel 75% di tutti i Comuni pugliesi e che ha visto selezionati 420 progetti in 4 mesi, a cui è stato assegnato un contributo medio di 23.800 euro. Per avere un confronto, l’azione ministeriale simile attivata dal Pogas (“Giovani idee migliorano l’Italia”, con un fondo a disposizione di 2 milioni di euro) ha raccolto 3.639 progetti (per un totale di 15.738 partecipanti), ma con solo 64 progetti finanziati (con un importo medio di circa 30.000 euro l’uno) e con un tempo di valutazione di 12 mesi. In questi casi, caratteristiche innovative sono state la scelte degli ambiti (territorio, conoscenza e socialità, quindi identità, storia, cultura, web, partecipazione), senza una grossa separazione tra loro, con una fusione tra imprenditorialità giovanile, progetti di sviluppo locale, responsabilizzazione diretta dei giovani sui progetti. Nuove sono state le modalità di promozione del bando, rispetto al quale si è chiesto pareri on line prima della sua pubblicazione e contemporaneamente la regione è intervenuta localmente per presentarlo, dietro richiesta di gruppi di giovani (95 incontri). Poi l’assistenza alla progettazione è avvenuta tutta on line con la pubblicazione “in chiaro” delle “conversation”, in modo da creare una community ancora prima che il bando si chiudesse. Infine, è stata garantita anche l’assistenza post bando per i vincitori, con fiere ad hoc, convegni, segnalazioni di opportunità, convenzioni (ad es. con Ikea che fornisce sconti su mobili per uffici alle neonate imprese).

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Corsi on line erogati con modalità di formazione a distanza: € 3.000 Viene assegnato un acconto pari all’80% del contributo assegnato subito dopo l’iscrizione al master e il saldo al conseguimento dell’attestato rilasciato al termine del corso. Fonte: Regione Puglia, APQBollenti spiriti.

La Provincia Autonoma di Trento si è dotata del Fondo per la Valorizzazione dei giovani che eroga borse di studio e prestiti d’onore per sostenere la mobilità all’estero degli studenti, l’inserimento di alte professionalità nelle aziende, nella ricerca e nella libera professione, l’alta formazione sia di giovani laureati che di giovani post diploma ed infine il sostegno al merito scolastico. Il successo del Fondo è dimostrato dai numeri: in tre anni (2007/2009) 2.682 richieste accolte, per un impegno complessivo di oltre 8,7 milioni di euro.84 3.1.12 La nuova progettualità delle Regioni del Sud

Se, come evidenziato in precedenza, l’Italia è un Paese con forti squilibri economico-sociali territoriali, le Regioni più povere del Sud, possono contare su importanti aiuti pubblici provenienti anche dalle istituzioni europee da utilizzare nell’ambito del “Quadro Strategico Nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013”, con l’obiettivo di garantire delle linee strategiche di perequazione tra le diverse aree del Paese. Per questo il Ministero ha previsto una serie di azioni di assistenza alle Regioni. Si tratta infatti di un servizio di supporto alle Regioni “Obiettivo convergenza” (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) per la realizzazione sia delle attività regionali sia delle attività centrali e trasversali, nell’ambito del “Piano di riorganizzazione e rafforzamento delle capacità per la gioventù” – PON GAT (con risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) ed anche per la realizzazione delle azioni di sistema a favore delle aree sottoutilizzate, relativamente all’efficiente attuazione degli Accordi di Programma Quadro.85 Una finalità generale di questa azioni è il contribuire allo sviluppo dei territori, attraverso interventi di politiche giovanili in grado di originare importanti effetti economico-sociali, rivitalizzando i territori in cui i giovani abitano. Per raggiungere questi obiettivi, il Ministero ha previsto azioni di supporto ai processi di programmazione, di governance e di attuazione delle politiche giovanili a livello regionale, suddividendoli in questi cinque macro-ambiti di intervento tematici: 1. governance dei processi di programmazione; 2. partecipazione attiva dei giovani; 84

Fonte: Provincia Autonoma di Trento, Direzione Istruzione, 31 dic. 2009. Interessante segnalare che un analogo strumento del fondo attivato tra il Ministero Melandri e l’Associazione Bancaria Italiana (“Diamogli credito”, 11 milioni di euro all’anno con importi fino a 6.000 euro a tasso agevolato), ha visto limitati importi erogabili e non rappresenta una efficace soluzione al problema di garantire agli studenti risorse economiche sufficienti per sostenersi nel periodo di apprendimento [Fonte: “Linee programmatiche presentate dal Ministro Meloni alla Camera dei Deputati”, Roma, 16 luglio ’08.] 85 Tre azioni per complessivi 6,6 milioni di euro affidate a Ecosfera spa (Roma) e Deloitte Consultin spa (Milano).


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3. sviluppo urbano, inclusione sociale e legalità; 4. imprenditoria giovanile, società dell’informazione e creatività; 5. internazionalizzazione dei giovani e dialogo interculturale. Tutto ciò (come meglio specificato nella tabella 3.20) evidenzia l’intenzionalità di dar vita ad interventi in materia di giovani che vadano ad incidere sullo sviluppo dei territori e sulla qualità della vita delle persone. Un tentativo di occuparsi di queste tematiche strategiche era stato inserito anche nel “Piano Nazionale Giovani 2007” che prevedeva, rispetto alla necessità di reperire spazi per la socializzazione dei giovani, di avviare specifici progetti con i soggetti a vario titolo coinvolti e competenti, in particolare modo con l’Agenzia per il Demanio e gli enti territoriali. Infatti la recente Legge Finanziaria ha affidato all’Agenzia del Demanio il compito di attivare un processo di valorizzazione dei beni immobili pubblici, individuati d’intesa con gli enti territoriali. In questo contesto, costituisce elemento prioritario per la selezione degli immobili la possibilità di destinare gli stessi a “funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità”.86 Tabella 3.20 - Il supporto alla programmazione regionale, suddiviso in ambiti tematici Regioni

Calabria

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Sviluppo urbano, inclusione Imprenditoria giovanile, sociale e legalità società dell’informazione e creatività Supporto mirato a favorire Azioni mirate al sostegno alle l’implementazione di azioni di nuove imprese create sopratcontrasto all’esclusione sociale tutto da giovani nei confronti (realizzazione di centri di ag- delle attività più innovative gregazione e di spazi attrezzati (spin-off da attività di ricerca, per l’accesso ad internet nei potenziamento di imprese per luoghi frequentati da giovani) la produzione di contenuti e ed un supporto a largo raggio servizi digitali innovativi, ecc.), per migliorare la program- nella promozione delle attimazione, il monitoraggio e vità culturali ed artistiche per la valutazione dei progetti di lo sviluppo della creatività dei inclusione sociale giovanile e giovani (“fabbriche della credi miglioramento della qualità atività, laboratori artistici, ecc) e nell’accompagnamento per della vita. rafforzare le capacità manageriali dei giovani imprenditori.

Internazionalizzazione dei giovani e dialogo interculturale Azioni di scambio interculturale in ambito universitario (ad es. nell’ambito dei “centri giovanili polivalenti”) e di progetti di internazionalizzazione e dialogo interculturale nell’ambito del “Programma Gioventù in Azione”.

Fonte: “Il Piano Nazionale Giovani: obiettivi e linee di lavoro”, Documento a cura del Ministero Politiche Giovanili ed Attività sportive, Roma, 27 febbraio 2007 (p. 15). Qui si potrebbe aprire il dibattito anche su un uso diverso e molto più rapido sia dei beni quelle confiscati alle mafie, che provenienti da fallimenti (i cosiddetti “beni di nessuno”).

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Campania

Supporto mirato a favorire l’implementazione di azioni per la creazione di centri polifunzionali per i giovani delle periferie a rischio e di sostegno alle attività culturali organizzate e dirette ai giovani.

Puglia

Supporto per la realizzazione di politiche di rivitalizzazione economica-sociale ed ambientale, attraverso la nascita di “laboratori urbani giovanili”, per l’implementazione di azioni orientate alla lotta all’esclusione sociale con particolare attenzione ai giovani ed al contrasto ai fenomeni di abbandono degli insediamenti urbani, creando le condizioni per la nascita di centri di aggregazione giovanile.

Sicilia

Supporto nella promozione e miglioramento della qualità della vita dei centri urbani (riqualificazione fisica e rigenerazione sociale delle zone urbane svantaggiate e delle fasce di popolazione a maggiore rischio di esclusione).

Azioni tese alla promozione dell’imprenditoria giovanile e femminile, attraverso l’accesso al credito (fondo di garanzia, microincentivi, ecc.) e la promozione delle condizioni di occupabilità dei giovani attraverso lo sviluppo delle competenze nei settori a maggiore valore aggiunto. Azioni tese all’elaborazione di modelli specifici di accesso e gestione del credito per favorire l’imprenditoria giovanile, alla promozione degli investimenti delle imprese nella ricerca e nell’innovazione soprattutto coinvolgendo i giovani imprenditori ed attivando sinergie con l’Università ed alla promozione della modernizzazione (di processo, di prodotto, ecc.) delle imprese a titolarità giovanile e femminile e dell’internazionalizzazione delle imprese pugliesi, stimolando il ruolo dei giovani nella valorizzazione del territorio. Affiancamento nella realizzazione di azioni tese alla promozione della cultura imprenditoriale presso i giovani, con particolare attenzione all’innovazione ed all’accessibilità alle ICT ed al rafforzamento delle competenze dei giovani alla vita economica (valorizzazione della creatività, delle capacità imprenditoriale e di innovazione).

Attività a supporto dell’attuazione di azioni di sostegno alla mobilità dei giovani (anche mediante il programma “Gioventù in Azione”) e scambi di esperienze diretti a sviluppare la comprensione interculturale, la lotta al razzismo, ecc. Sviluppo di modelli su base interregionale/transnazionale per il miglioramento delle condizioni di occupabilità dei giovani ed l’implementazione di politiche per la mobilità dei giovani attraverso borse di studio per la specializzazione post lauream o esperienze lavorative/formative all’estero, anche per mezzo della partecipazione attiva alle iniziative di mobilità, internazionalizzazione e dialogo interculturale previste nell’ambito del “Programma Gioventù in Azione”.

Supporto all’attuazione di azioni di promozione del dialogo e dell’integrazione tra giovani di provenienza geografica diversa, anche con attivazione di progetti nell’ambito del “Programma Gioventù in Azione”.

Fonte: Piano di Riorganizzazione e Ra orzamento delle capacità “PER LA GIOVENTÙ” – Programma operativo nazionale governance e assistenza tecnica 2007-2013. Obiettivo Convergenza – FESR, Ministero della Gioventù, febbraio 2009.

La consapevolezza del potere di questo nuovo potenziale ruolo delle Regioni rispetto ad interventi (come quelli riportati nella tabella 3.20) capaci di coniugare azioni per i giovani e sviluppo del territorio, è sicuramente in progress.87 Il 2010 87

A questo proposito, i risultati di una ricerca condotta durante la campagna delle scorse elezioni regionali del 2005 sono eclatanti. Infatti nell’analisi delle corrispondenze lessicali emerse nel confronto televisivo tra i leader del Centro Destra e Centro Sinistra (Berlusconi e Fassino a Porta a porta), il termine giovani è al 100° posto tra le parole più utilizzate nel confronto politico, citato solo 10 volte. [Fonte: Osservatorio Media Research di Pavia: “Confronto fra il lessico di Fassino e di Berlusconi:


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è l’anno di elezioni per i nuovi “governatori” regionali: sarà interessante verificare allora se anche le politiche giovanili entreranno, nel bene e nel male, a far parte di quelle politiche elettorali divenendo, finalmente materia di discussione tra i candidati alle presidenze regionali. 3.1.13 Una valutazione di sintesi

In conclusione può essere utile rielaborare quanto finora detto, in una analisi SWOT, in modo da avere un documento di sintesi in materia di politiche giovanili regionali, che sintetizzi punti di forza e criticità dei programmai d’azione regionale, oltre che delle condizioni generali di contesto in cui questi si sviluppano. Come detto nella Nota metodologica, minacce ed opportunità sono connesse in generale al sistema in cui si agisce, mentre invece i punti di forza e le criticità sono elementi più interni dei singoli programmi d’azione. La SWOT è ricavata sulla base delle interviste svolte nell’azione di ricerca. Tabella 3.21 - La SWOT delle politiche giovanili regionali Opportunità

Minacce

- Identità propria delle politiche giovanili regionali, più promozionali e ben distinte da Sociale, Istruzione, ecc; - superamento delle logiche che avevano originato le Politiche giovanili (legate cioè alle emergenze, come ad es. tossico-dipendenze, devianze, marginalità, ecc.). Lo stesso rispetto a Lavoro, Istruzione, Sociale; - risorse certe che generano nuova progettualità, nuovo interesse; riprendono la formazione, le ricerche, le pubblicazioni; - attitudine alla comunicazione ed alla trasparenza di queste azioni, a partire dall’utilizzo del web; - riconoscimento di un nuovo ruolo di governance delle Regioni in materia di politiche giovanili; - miglioramento della qualità delle politiche grazie allo strumento APQ che impone logiche programmatorie e richiede però capacità di concertazione; - rapidità dovuta all’utilizzo dell’APQ nel trovare un accordo ed anche nel consentire il trasferimento delle risorse dal Ministero alle Regioni; - disponibilità e certezza di fondi ed avvio della progettualità regionale; - certezza degli interlocutori; - Conferenza Stato – Regioni quale luogo di concertazione istituzionale e la concertazione degli APQ, hanno finora rappresentato il momento più importante di riflessione istituzionale sulle politiche giovanili nel Paese.

- Ipotesi di tagli delle risorse Ministeriali nel 2010 (da 130 a 85 milioni di euro); - Vincoli alla spesa per gli APQ in alcune regioni, per “Patto di stabilità”; - riferimenti nazionali carenti; - governance diffusa, con rischio di “sovrapposizioni” istituzionali; - APQ strumento più idoneo alle opere che non alle politiche, per una serie di rigidità; - la delega alle politiche giovanili non è mai esclusiva, ma è una tra le tante a livello di assessorati regionali e provinciali (non è così a livello ministeriale); - poca conoscenza e consapevolezza delle potenzialità dell’azione regionale nei confronti dei giovani (ad es. promozione di reddito giovanile di cittadinanza); - difficile dialettica con i Comuni per l’elaborazione delle politiche; - scarso riconoscimento dei giovani e del Terzo Settore a livello progettuale regionale; - scarsa capacità di membership da parte dei Comuni nei percorsi di progettazione partecipata; - pochi Osservatori regionali attivi e/o ricerche sui territori regionali; - assenza del tema degli immigrati di seconda generazione dagli APQ, così come quelli dell’insuccesso scolastico e dell’esclusione sociale.

analisi testuale degli interventi nelle puntate di Porta a Porta del 30 e 31 marzo 2005”].

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Punti di forza

Criticità

- Politiche di carattere trasversale ed integrato, con riferimenti istituzionali; - risorse certe e vincolate; - cambio qualitativo nella allocazione delle risorse nei progetti: nei bandi il costo del personale ad impiego diretto generalmente è intorno al 50%; - innovazione nei contenuti; - innovazione e nuovi contenuti specifici (non solo “tempo libero, consulte e concertini”*), ma impresa, credito, lavoro; - recepimento degli impulsi delle nuove politiche giovanili europee; - nuovi “must”: competenze spendibili, spirito imprenditoriale, creatività e partecipazione alle decisioni che riguardano i giovani; - new deal con nuovi soggetti, prassi amministrative (concertazione) e metodologia (PLG); - interventi specifici per “target d’età dei destinatari”; - meccanismo del co-finanziamento che incrementa risorse disponibili e pretende responsabilità; - interventi generativi di risorse, capacità, saperi, cittadinanza, capitale sociale, sviluppo locale; - moltiplicazioni anche di idee e pensieri (dimensione invisibile ma strategica); - svolgere un ruolo di richiamo rispetto ad attenzioni e responsabilità della politica; - generazione di risorse grazie ai “motori” dell’informalità, mobilità, educazione all’imprenditività, che porta a valorizzazione reti amicali, volontariato giovanile, con un “effetto di moltiplicazione” di 1 a 8 rispetto ad ogni euro investito; - alleanze virtuose tra fondi per le politiche giovanili, fondi europei e fondi strutturali; - maggiori libertà nel piano dei costi con possibilità di acquisto strutture, servizi, attrezzature, ristrutturazioni; - maggiore riconoscibilità e visibilità degli interventi; - sensazione di utilità sociale e di produzione di senso nelle azioni che vedono come beneficiari i giovani.

- Contenuti ad hoc che rischiano di creare un nuovo “ambito isolato”, poco collaborativo con gli altri “comparti” (separato in casa, ad es. con la scuola), a partire dal Sociale (ad es. l’esclusione non è un tema?); - concertazione ancora poco diffusa come prassi; - strutture regionali che si occupano di politiche giovanili a volte sottodimensionate e/o “precarie”; - il lavoro per progetti è di breve periodo e questo genera “precariato degli operatori”; - risorse ancora scarse se comparate con l’allocazione complessiva all’interno di altre politiche; - le nuove prassi di concertazione faticano ad innestarsi, se non in contesti dove c’è già una cultura amministrativa pronta ad accogliere questo cambiamento; - questi interventi si sviluppano con maggior forza trasversale negli enti regionali e locali soprattutto dove la delega ai giovani è gestita dai vertici (ma ciò non è sempre possibile); - in un momento di crisi ed incertezza, si rischiano derive di “appiattimento sull’esistente”, utilizzando i fondi ottenuti per la gestione di attività ordinarie; - interventi regionali ancora “timidi” rispetto a temi dell’accesso al reddito, casa, impresa, lavoro e professioni; - carenza di azioni finalizzate a creare reti, scambi e progetti tra Regioni o tra aree di Regioni diverse;** - possibili sovrapposizioni tra destinatari di interventi, più opportunità, ma anche incertezza e confusione.

*G. Salivotti, Fondatore Rete Iter, Lepolitichegiovanili. Dallepolitichedi settorealla costruzionedi modelli educativi ealla prospettiva della coesionesociale, Iter, Biella, maggio 2005. **Promovendo la logica dei progetti Interreg, dove aree territoriali simili di Stati diversi progettano e cogestiscono insieme interventi mirati, cofinanziando progetti transfrontalieri proposti daattori in rete trai territori. Attivo è anche, nel settore gioventù, un progetto promosso dalla Provincia Autonoma di Trento, da quella di Bolzano e di Innsbruck (cofinanziato in parti uguali per complessivi 90.000 euro) rivolto al sostegno di azioni proposte daassociazioni giovanili dei diversi territori, in rete.


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3.2 LE PROVINCE

Il nuovo articolo 114 della Costituzione afferma che le Province costituiscono la Repubblica (insieme a Comuni, Città metropolitane, Regioni e Stato) e che sono enti autonomi con propri Statuti, poteri e funzioni secondo i principî fissati dalla Costituzione. Le Province si apprestano così a giocare un nuovo ruolo:88 il progressivo trasferimento di funzioni e competenze dal centro alla periferia ha finora privilegiato soprattutto le Regioni sotto il profilo dei poteri reali ed anche i Comuni sotto il profilo della visibilità mediatica. Rispetto a questi due ambiti, le istituzioni provinciali beneficiano solo di quote residuali. Tuttavia esiste una forte domanda di sostegno allo sviluppo che proviene dai soggetti economici locali, che va dall’impegno nello svolgimento delle funzioni provinciali fondamentali (manutenzione stradale, scuole secondarie, ecc.), allo snellimento della burocrazia, alla promozione di nuove iniziative imprenditoriali.89 Per quanto riguarda le politiche giovanili, il Piemonte per primo (L.R. 5/01), modificando la cosiddetta legge giovani (L.R. 16/95), ha recepito le indicazioni della riforma amministrativa dello Stato, individuando in via legislativa il ruolo delle Province (e degli altri Enti Locali) per lo sviluppo di politiche giovanili (tabella 3.22). Tabella 3.22 - Il ruolo delle Province in materia di giovani: l’esempio del Piemonte Ai Comuni e alle Comunità Montane è attribuita la realizzazione di interventi e progetti in favore dei giovani, favorendone la capacità progettuale e gestionale. I progetti vengono presentati ogni anno alla propria Provincia. Province, Comuni e Comunità Montane possono istituire forme di rappresentanza o Forum di associazioni ed aggregazioni di giovani. Secondo quanto stabilito dalla L.R. 5/01, la Regione deve fornire le indicazioni e gli indirizzi per la realizzazione di una politica coordinata sul territorio in attuazione del programma regionale. Nell’ambito della programmazione pluriennale regionale, le Province concorrono con loro Piani annuali, che vengono presentati alla Regione entro il 30 marzo di ciascun anno di validità del piano. Alle Province viene affidata la gestione sul proprio territorio degli interventi di politica giovanile, d’intesa con gli Enti Locali, nel rispetto del piano triennale e secondo quanto previsto dalla normativa regionale. Alle Province è attribuita la competenza del sostegno ai progetti che scaturiscono dal territorio, che vengono presentati dagli Enti Locali e dalle Associazioni 90 e Cooperative giovanili, a norma dell’art.5 della L. R. 16/95. Fonte: L. R. 5/01 (art. 134)

Questo “precedente” nella recente produzione legislativa del biennio 2007/2009, è stato mantenuto ed ampliato da parte di tutte le Regioni. Un esempio sono i contenuti delle leggi regionali di Emilia Romagna e Liguria rispetto al ruolo della Provincia (tabella 3.23).

88

Censis, Verso un nuovo protagonismo delle Province, UPI, Roma 2009. Censis, 43° Rapporto Annuale, Roma 2009. 90 Con una predisposizione di questo tipo, sancita anche in forza di legge, potenzialmente accogliere processi amministrativi co-progettazione dovrebbe essere più semplice e, soprattutto, facilitato. 89

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

Tabella 3.23 - Il ruolo delle Province in materia di giovani, previsto dalle Regioni Emilia Romagna e Liguria Regione Emilia Romagna, L. R. 14/08, Art. 5 Funzioni della Provincia 1. La Provincia, quale ente intermedio: […] c) istituisce organismi tecnici di coordinamento per l’infanzia, l’adolescenza e i giovani e ne assicura il funzionamento; d) cura la formazione degli operatori e promuove gli scambi di esperienze e di buone prassi a livello intraprovinciale ed interprovinciale; e) fornisce all’osservatorio regionale per l’infanzia, l’adolescenza e i giovani i dati richiesti per l’implementazione delle banche dati; f ) svolge le funzioni in materia di formazione professionale e, attraverso i centri per l’impiego, sostiene azioni a supporto del lavoro giovanile; g) approva il programma provinciale delle azioni per i giovani, cura il coordinamento e il monitoraggio delle azioni territoriali al fine di realizzare gli obiettivi definiti nelle linee prioritarie di azione della programmazione regionale e i relativi piani attuativi. Regione Liguria, L.R. 6/09 Articolo 4 (Compiti delle Province) 1. Le Province, […] b) curano la formazione degli operatori degli sportelli informativi della provincia di appartenenza; c) concorrono a svolgere funzioni di osservazione e di monitoraggio, analisi e previsione dei fenomeni sociali, sulla base di intese, accordi o altri atti di collaborazione istituzionale stipulati con la Regione e con i Distretti Sociosanitari; d) promuovono i Forum provinciali dei giovani, aperti a tutte le associazioni giovanili presenti sul territorio provinciale, attraverso i quali i giovani elaborano progetti e proposte relativi alle politiche a loro dedicate.

La volontà di assumere un nuovo ruolo da parte delle Province nello sviluppo delle politiche giovanili sul territorio è testimoniato, oltre che dal riconoscimento legislativo, anche dalla quantità di assessorati con delegata in materia di giovani istituiti negli ultimi anni: ben 78 nel 2006,91 il 72% secondo l’UPI,92 con 58 Assessori.93 Non solo: l’Unione delle Province Italiane94 ha presentato un disegno di legge nazionale95 sulle politiche giovanili96 e la Provincia di Pesaro Urbino per 4 anni consecutivi (dal 2005 al 2008) ha organizzato un Meeting internazionale in materia.97 Nello stesso periodo ha promosso la costituzione di una rete interprovinciale sulle politiche giovanili in seno all’Unione Nazionale Province Italiane. In questi anni comunque le Province si sono distinte per aver sostenuto e promosso direttamente numerose attività: progetti di interesse provinciale o sovra-comunale (o di ambito o “area vasta”), ricerche, bandi, Forum e Consulte, Osservatori, 91

Fonte: rielaborazione da Gruppo Abele, Eppur si muove Secondo Rapporto sulle Politiche giovanili in Italia, Provincia di Pistoia, 2006. 92 Fonte: UPI – Provincia di Pesaro e Urbino: “Meeting internazionale delle politiche giovanili”, Urbino, 24-26 maggio ’06. 93 Fonte: L. Dini, consulente U.P.I., “Le metodologie adottate per la gestione dei finanziamenti nazionali”, Convegno “On Meeting”, Provincia di Pesaro e Urbino, 15 dicembre ‘09. 94 www.upinet.it . 95 “Disposizioni per l’attivazione di politiche a favore dei giovani”, anno 2006. 96 Urbino, Meeting internazionale per le politiche giovanili, 24-26 maggio 2006. 97 Con la Presidenza di Palmiro Ucchielli, la Provincia ha assunto la delega nazionale dell’U.P.I. per le politiche giovanili.


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assistenza alla progettazione dei Comuni, funzione di raccordo di interventi sul territorio, offerto attività formativa ed informativa ad operatori e funzionari comunali, assistenza tecnica in occasione di bandi, progetti del Servizio Civile, attività con le Scuole, sportelli Informagiovani ed Eurodesk. Tutto ciò, spesso con risorse marginali e con poca integrazione con altri Assessorati, all’interno della stessa Amministrazione provinciale; ma in alcuni casi, cominciando a svolgere il ruolo di attore territoriale “forte” ed attivandosi per creare alleanze virtuose sul territorio con Università, Fondazioni bancarie, Uffici della Pastorale giovanile, Unioni di categoria, Camera di Commercio, ecc. Tutta questa attività delle Province, ha permesso all’UPI (oltre per quanto detto prima) di essere riconosciuta dal Ministero come partner privilegiato nello sviluppo degli interventi per i giovani, tanto che il primo protocollo d’intesa risale al 19 dicembre 2007. Nella stipula degli accordi tra Governo ed Enti Locali, all’UPI è stato assegnato un doppio ruolo, sia propositivo che consultivo. Infatti, l’UPI (come visto) beneficia dal Ministero di un contributo annuo di 3 milioni di euro, da utilizzare per interventi posti in essere direttamente dalle Province. Inoltre, rispetto alla funzione consultiva, le UPI regionali devono essere sempre consultate dalle Regioni in fase di predisposizione degli APQ. Così l’UPI ha promosso, sia nel 2008 che nel 2009 (e lo stesso farà nel 2010) un bando per progetti proposti da Province e loro Unioni Regionali. L’intento di questa sperimentazione è stato di valorizzare strategie e politiche coordinate a favore dei giovani da parte delle Province, oltre a promuoverne la capacità progettuale, anche in ottica di rete con altri livelli istituzionali, l’associazionismo giovanile e tutti gli attori che a vario titolo si occupano di giovani. Tre sono gli ambiti tematici proposti nei primi due bandi: 1. cittadinanza attiva e dialogo interculturale; 2. occupabilità98 ed innovazione; 3. sicurezza. Nel bando 2010, viene introdotto il tema della sostenibilità ambientale,99 mentre cittadinanza attiva, partecipazione e responsabilità passano da “ambito tematico” a dimensioni trasversali che devono essere presenti nei vari progetti. Sette le tipologie di attività previste: 1. pubblicazioni (anche web) e materiale informativo; 2. festival; 3. scambi di giovani e gemellaggi; 4. tirocini ed orientamento al lavoro; 5. seminari, conferenze; 6. studi e ricerche; 7. campagne di sensibilizzazione. 98 99

Intesa come sviluppo di capacità di stare in contesti incerti sul piano del lavoro. Volendo legare maggiormente interventi per i giovani e politiche per lo sviluppo dei territori.

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In questi interventi vi è sempre una attenzione agli obiettivi di acquisizione di competenze trasversali da parte dei giovani partecipanti (di età tra i 14 ed i 30 anni) che sono spendibili anche sul mercato del lavoro, quali la capacità di “imparare ad imparare”, lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità, la consapevolezza e l’espressione culturale, la competenza digitale e tecnologica.100 La durata dell’intervento deve essere compresa tra i 6 ed i 9 mesi ed è previsto un cofinanziamento obbligatorio di almeno il 33%, mentre un singolo progetto deve avere un budget compreso tra gli 80.000 ed i 250.000 euro (250.000 euro per progetti interregionali). Interessante anche lo sbarramento per il costo del personale che non può superare il 30% del totale dei costi del progetto, così come quello del 25% per i costi delle consulenze esterne. Ciò permette di destinare risorse per i costi diretti del progetto in termini di attrezzature, materiali, servizi, ecc., incrementandone l’efficacia. Le richieste contenute del “formulario di candidatura” prevedono una capacità progettuale dei proponenti piuttosto elevata. Infatti oltre alla richiesta della descrizione del contesto di riferimento, obiettivi (generali e specifici) e destinatari (suddivisi per tipologia, bisogni, numero previsto, criteri di selezione, partecipazione nella preparazione della proposta), è necessaria una descrizione delle attività da realizzare nel progetto, distinte per almeno quattro macrofasi, e cioè: 1. gestione e coordinamento del progetto; 2. rendicontazione; 3. disseminazione e comunicazione; 4. monitoraggio. Il tutto deve essere elaborato seguendo un cronogramma. Infine vanno esplicitati i risultati attesi (completi di indicatori), l’impatto sul territorio, le azioni per garantire la visibilità dei risultati del progetto, il monitoraggio, la sostenibilità futura per una ipotesi di continuità dell’intervento a fine progetto. È invece facoltativo prevedere misure a garanzia dell’inclusione di giovani con minori opportunità, della parità di genere e lo sviluppo di azioni trasversali alle tre aree tematiche previste dal bando. Molte sono gli elementi di novità presenti nel bando e tra questi vi è la scelta dell’ambito tematico dello sviluppo di occupabilità ed innovazione. Infatti ciò viene inteso come la promozione di un diverso approccio ai temi del lavoro e dell’occupazione, che tenga in considerazione non solo l’accesso al lavoro ma la capacità degli individui di mantenere la propria occupabilità in un contesto in continuo mutamento. In linea con l’esortazione dell’Unione Europea che proclama il 2009 “Anno europeo della Creatività e dell’Innovazione”, si sostengono progetti che promuovono il miglioramento dei sistemi e l’occupabilità delle persone, valorizzando l’apprendimento permanente e la creatività personale in quanto motore dell’innovazione, nonché lo sviluppo di competenze adatte alla gestione proattiva del cambiamento quali la capacità di “imparare ad imparare”, lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità, la consapevolezza e l’espressione culturale, la competenza digitale e tecnologica. 100

Fonte: bando UPI 2009.


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L’agenzia a cui l’UPI ha esternalizzato la funzione di gestione del bando (Tecla), si è dimostrata molto efficiente nella valutazione delle proposte pervenute (tre mesi nel 2008 e due nel 2009), dimostrando serietà anche in fase di rendicontazione. Il successo del bando è misurabile dall’ampia partecipazione raggiunta, quasi raddoppiata nel giro di un anno, passando dalle 31 proposte del 2008 alle 57 nel 2009, che hanno complessivamente coinvolto nei due bandi 69 Assessorati Provinciali, pari al 63,3% del totale.101 L’UPI ha già previsto anche una terza edizione nel bando per il 2010. Tabella 3.24 - Quadro di sintesi sui bandi UPI 2008 e 2009 Titolo e pubblicazione Destinatari Risorse

n. beneficiari Tempo di risposta

I Bandi UPI 2008 e 2009 I edizione del Bando Azione Province Giovani (gennaio ’08) Province, in partnership 2,6 milioni (massimo di 250.000 euro a progetto), cofinanziamento minimo richiesto: 33% 16 progetti su 31 proposte valutate, su 40 pervenute 30 aprile 2008 (tre mesi)

II edizione del Bando Azione Province Giovani (28 maggio ’09) Province, in partnership 2,6 milioni (massimo di 250.000 euro a progetto), cofinanziamento minimo richiesto: 33% 26 progetti su 48 proposte valutate, su 57 pervenute 31 luglio ’09 (due mesi)

Fonte: rielaborazione da www.azioneprovincegiovani.it

L’azione dell’UPI non si limita però ai bandi ed alla relativa assistenza tecnica. Infatti l’UPI promuove anche azioni formative: nel 2009 si sono tenuti i primi due “Laboratori di aggiornamento sulle politiche e progetti a favore dei giovani”, a Bologna e a Bari, a cui ha preso parte il personale di ben 56 Assessorati provinciali. Entrambi sono stati importanti occasioni di confronto (di cui è emerso un reale bisogno)102 e diffusione di buone prassi e hanno trattato argomenti inerenti le capacità tecnicoprogettuali e l’orientamento strategico. Tutto ciò in vista di aumentare competenze e capacità progettuali delle Province, in previsione del bando 2010. 3.2.1 La Provincia come potenziale promotore di integrazione tra scuola ed extrascuola

Ultima riflessione ancora sul tema delle alleanze tra scuola ed extrascuola: le Province sono responsabili delle strutture scolastiche delle Scuole di secondo grado. L’integrazione tra scuola ed extrascuola potrebbe essere allora una frontiera “quasi naturale”, per non correre il rischio di guardare al mondo giovanile in modo frammentato, come se fosse cioè composto da studenti alla mattina e da persone diverse al pomeriggio ed alla sera. Nell’indagine UPI103 del 2006, emergeva già che l’Assessorato alle Politiche giovanili lavora in maniera trasversale con altri settori ed asses101

Fonte: rielaborazioni da www.azioneprovincegiovani.it . Fonte: L. Dini, consulente U.P.I., “Le metodologie adottate per la gestione dei finanziamenti nazionali”, Convegno “On Meeting”, Provincia di Pesaro e Urbino, 15 dicembre ‘09. 103 “Indagine sulle politiche giovanili rivolto alle Province italiane”, UPI, Urbino 2006. 102

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IL CASO ITALIA Capitolo 3 _ Le Regioni e le Province

sorati della P.A. ed in primis proprio con quello della Pubblica Istruzione, nel 71% dei casi, seguito dal Sociale (68%), Cultura (58%), Progettazione Europea (54%) e Formazione e Lavoro (51%). A fondamento di questa ipotesi di integrazione tra scuola ed extrascuola per la promozione di percorsi di sviluppo di competenze, esistono anche alcuni riferimenti normativi, in particolare la legge 440/97 (“Istituzione del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi”).104 La Direttiva attuativa n. 33/06 del Ministero Pubblica Istruzione prevedeva finanziamenti per 8.560.000 euro per le Consulte Provinciali degli Studenti e per l’avvio di una serie di attività scolastiche pomeridiane da ripartire alle Regioni. In precedenza vi era la Circolare 133/96 del Ministero Pubblica istruzione, che prevedeva la “Apertura della scuola alle domande di tipo educativo e culturale provenienti dal territorio”. Oltre a ciò, anche il DPR 567/96 stabiliva l’apertura pomeridiana delle scuole per attività autogestite dagli studenti. La domanda di integrazione tra scuola e territorio proviene dalle stesse istituzioni, dai docenti e studenti e dagli altri operatori sociali che si occupano di scuola, così come è interesse dei Comuni guardare alle istituzioni educative come risorsa per una serie di attività locali, potenziali laboratori di sperimentazione e ricerca, se non addirittura centri aperti al territorio. Si pensi alla ricchezza potenziale di queste istituzioni, già dimostrata dove questo avviene: formule del “campus studentesco” con attività di sostegno didattico al pomeriggio ed extrascolastiche, di tipo sportivo (vista la disponibilità di impianti e palestre), informatico (nei laboratori tecnici), aggregativi/culturali (negli auditori). Questo tipo di alleanze attivano interventi che permettono l’acquisizione di competenze trasversali, spendibili anche sul mercato del lavoro, a partire dall’esperienza dell’alternanza Scuola-Lavoro, dell’educazione all’impresa, della mobilità scolastica giovanile, come visto nel Capitolo precedente. Con la finalità di trovare nuovi spazi per le attività socio-culturali, la “Finanziaria 2007” prevede che il Ministro della Pubblica Istruzione, nel definire i criteri in base ai quali sono attribuite alle istituzioni scolastiche le risorse destinate ad ampliare l’offerta formativa, favorisca una piena fruizione degli ambienti e delle attrezzature scolastiche (ivi comprese le palestre), anche in orario diverso da quello delle lezioni, in favore degli alunni, dei loro genitori e, più in generale, della popolazione giovanile e degli adulti. Inoltre questa misura è intesa anche per dare maggior possibilità di spazi all’associazionismo giovanile.105 3.2.2 Valutazione

Similmente a quanto fatto per le regioni ed i Comuni, in conclusione può essere utile rielaborare quanto finora detto in relazione alle Province, in una matrice (tabel104

La dotazione del fondo di cui all’articolo 1 è determinata in lire 100 miliardi di lire per l’anno 1997, in lire 400 miliardi per l’anno 1998 e in lire 345 miliardi annue a decorrere dall’anno 1999. 105 Fonte: “Il Piano Nazionale Giovani: obiettivi e linee di lavoro”, Documento a cura del Ministero Politiche Giovanili ed Attività sportive, Roma, 27 febbraio 2007 (p. 15).


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la 3.25) in cui esplicitare e contrapporre, sulla base delle interviste svolte nell’azione di ricerca, i punti di forza e le criticità dell’azione provinciale. Tabella 3.25 - La SWOT delle politiche giovanili provinciali Opportunità - riconoscimento dell’istituzione Provincia in generale e nello sviluppo delle politiche giovanili in particolare; - assunzione dei compiti amministrativi richiesti dalle riforme dell’assetto istituzionale; - ruolo propulsivo svolto dal 2005 dall’UPI nell’ambito degli interventi per i giovani; - rinnovata progettualità grazie al bando UPI, con molta partecipazione degli Assessorati provinciali (88 proposte nei due bandi); - identità propria delle politiche giovanili provinciali, più promozionali e ben distinte dal Sociale, Istruzione, ecc.. Punti di forza - sviluppo degli Assessorati provinciali alle politiche giovanili, delle loro azioni sul territorio e della riconoscibilità e visibilità di queste ultime; - diffusione di organismi partecipativi, pratiche di concertazione e di progettazione partecipata, esperienze di eccellenza; - maggiori risorse grazie ad APQ e bando UPI, del quale si apprezza molto la rapidità di valutazione; - innovazione del bando UPI sia qualitativa (rispetto ai contenuti), sia quantitativa (rispetto ai costi di personale, al massimo al 30% del totale complessivo), che generativa (grazie al meccanismo del co-finanziamento); - l’avvio di una formazione e scambio di buone pratiche a livello nazione; - maggior potenzialità nell’integrazione degli interventi per i giovani sul territorio, sia internamente alla Provincia (es. per Scuole, Servizio civile, Immigrazione, lavoro, formazione, ecc) che nell’azione con i Comuni; - avvio percorsi di formazione specifica sul territorio; - avvio di azioni ricerca e costituzione di Osservatori provinciali; - possibilità di utilizzo di risorse per azioni di regia e capacity building previste dagli APQ.

Minacce - continuità della funzione istituzionale delle Province, minacciate dalla riduzione degli Enti pubblici (come nel caso delle Comunità montane); - difficoltà di reperire risorse proprie in generale e di destinarle alle politiche giovanili in particolare.

Criticità - dai progetti non finanziati emergono due dimensioni di criticità: la poca trasversalità degli interventi e le richieste spostate più su eventi che non su percorsi; - difficoltà nella concertazione con le Regioni sugli APQ; - difficoltà a coordinare i Comuni che hanno già organismi e rappresentanze a livello provinciale e regionale nell’Anci; - rispetto al bando UPI, perplessità sullo strumento del bando come unica modalità di allocazione delle risorse; - carenza di momenti di confronto, scambio e formazione a livello nazionale (sospensione del Meeting di Urbino nel 2009); - la creazione di nuovi assessorati, se isolati dal resto e non pensati con logiche trasversali, rischiano di essere solo nuovi ruoli ed ambiti di potere; - capacità di logiche di networking presenti, ma ancora migliorabili; - uffici provinciali spesso non esclusivamente focalizzati sulle politiche giovanili, se non anche sottodimensionati; - fragilità degli interventi, spesso legati molto a figure chiave istituzionali (politiche o amministrative), il cui cambiamento rischia spesso di interrompere o stravolgere la progettualità (soprattutto dove legata direttamente ai vertici istituzionali); - vista la fase di ristrettezze economiche e di incertezze generali, il rischio è l’utilizzo dello strumento del bando più per una operazione di fund raising che non di innovazione reale.

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IL CASO ITALIA Capitolo 4 _ Terzo settore e organizzazioni giovanili: situazioni e tendenze di percorsi, interventi per e con i giovani

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Capitolo 4 Terzo settore e organizzazioni giovanili: situazioni e tendenze di percorsi, interventi per e con i giovani Giovanni Campagnoli

4.1 SERVIZI INFORMATIVI, OSSERVATORI, CONSULTE, FORUM E SPAZI GIOVANILI: DIFFUSIONE E TENDENZE IN ATTO

A fine 2009, si può tentare un riepilogo di cosa sia effettivamente presente a livello regionale, con l’avvertenza che non solo non vi è una raccolta omogenea di “dati del settore”, ma la situazione è in evoluzione e quindi si può correre il rischio che alcuni interventi non siano ancora stati documentati e che alcuni di quelli documentati non siano più attivi. Con queste premesse, si prova a descrivere le situazioni regionali partendo dai servizi storici. 4.1.1 Informagiovani ed Eurodesk

Gli Informagiovani (IG) sono un servizio capillarmente diffuso su tutto il territorio nazionale oggi presente in ben 18 regioni su 20.1 Gli IG hanno avuto una rapida espansione: in Italia il primo è stato istituito dal Comune di Torino nel 1982, se ne contavano 219 nel 1993 e dopo altri undici anni (2004), ne esistevano circa 1.200.2 Se ne stimavano 1.300 nel 20053 per poi tornare, nel 2008, al numero di 1.2194 e a 1.172 nel 20095 (Fig. 4.1).

1

Fonte: Coordinamento Nazionale Informagiovani: “Informagiovani”, Ministero della Gioventù Anci, Roma maggio 2009. 2 Gli Informagiovani in Veneto, www.venetogiovani.org, Regione Veneto 2004 . 3 “In Italia gli Informagiovani sono presenti da 20 anni; nel 2005 si contano oltre 1.300 strutture attive collocate in modo fortemente disomogeneo nelle diverse regioni. Si calcola che essi accolgano mediamente 3.000.000 di giovani utenti” [Mozione conclusiva de “VII Conferenza nazionale dei servizi Informagiovani”, Castellammare di Stabbia il 23, 24 e 25 febbraio 2005]. 4 Fonte: “Linee programmatiche presentate dal Ministro Meloni alla Camera dei Deputati”, Roma, 16 luglio ‘08. 5 Fonte: Coordinamento Nazionale Informagiovani: “Informagiovani”, Ministero della Gioventù Anci, Roma maggio 2009.


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Fig. 4.1. - Il ciclo di vita degli Informagiovani in Italia (1993-2009) 1300

1400

1219

1200

1172

Nr. Informagiovani

1200 1000 800 600 400

219

200 0 1993

2004

2005

2008

2009

Anno

La Fig. 4.1 costruita su fonti diverse e per intervelli di tempo non omogenei segnala che gli Informagiovani, dopo le fasi di crescita e sviluppo, hanno raggiunto una piena “maturità” legata probabilmente ad una dimensione quantitativa ottimale di diffusione sul territorio nazionale.6 Il calo degli ultimi anni potrà essere contrastato in futuro dall’azione dei nuovi Coordinamenti nazionale e regionali, attivati anche per occuparsi della dimensione qualitativa del Servizio.7 Infatti i grandi cambiamenti proprio nel settore dell’informazione, della comunicazione e delle nuove tecnologie, che vedono i giovani quali grandi utilizzatori di ICT,8 richiedono agli Informagiovani una considerevole capacità di innovazione. È una sfida che parte però da una autorevolezza e da solide basi di apprezzamento da parte degli utenti per il lavoro fin qui svolto, dimostrato anche dal numero annuo delle visite al Servizio e dagli accessi ai relativi web.9 La potenzialità e l’attualità di questo servizio è testimoniata dall’alto numero di passaggi degli utenti: ben 8 milioni complessivamente tra il 6

Questa rapida espansione quantitativa ha portato ad avere in Italia un IG ogni 7 Comuni, circa uno per ogni 10.000 giovani, per un totale appunto di 1.200 Servizi in Italia (anno 2004), contro i 1.500 in Francia (sempre nel 2004), dove però il numero dei Comuni è quattro volte quello italiano. 7 “Solo una settantina di Informagiovani in Italia sono al livello di eccellenza e non temono il confronto con i modelli europei più avanzati. […] stiamo lavorando alla costruzione di un livello medio degli standard di qualità degli Informagiovani, con un approccio docimologico che dovrebbe individuare gli indicatori da fornire al territorio”. A. Serafin (Direttore Coordinamento Nazionale Informagiovani), “Secondo Coordinamento Nazionale Informagiovani: Verso una comunità di Pratica. Definiamo l’Informagiovani”, Napoli, 20/21 novembre 2008. 8 Si veda Censis/Ucsi: “Ottavo Rapporto sulla comunicazione”, Roma Novembre ’09. 9 S. Civati: Ancitel Lombardia, Seminario: “Informazione e qualità nelle politiche giovanili”, Milano, 2 febbraio 2006.

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IL CASO ITALIA Capitolo 4 _ Terzo settore e organizzazioni giovanili: situazioni e tendenze di percorsi, interventi per e con i giovani

2007 e 2008.10 Sempre in termini di passaggi, sono inoltre molto confortanti anche i risultati di tre IG che hanno già dimostrato forte capacità innovativa, seguendo i principi della “Carta Europea dell’Informazione”:11 l’IG di Ancona12 che nel 2009 ha avuto 70 accessi ad apertura, l’IG di Vicenza con 60 e quello di Torino con 50, tutti attivi nell’organizzare risposte al bisogno dei giovani di servizi di informazione e, soprattutto, orientamento (a partire da formazione e lavoro),13 in un’epoca di generale “overload informativo”.14 Il Coordinamento Nazionale degli IG15 costituito nel 200716 ha svolto una significativa attività di raccordo, promozione e progettazione, soprattutto rispetto all’implementazione di una banca dati nazionale degli Informagiovani oltre che riconoscere e stimolare la costituzione dei coordinamenti regionali, quali elementi fondamentali nello sviluppo del sistema informativo giovanile: l’attivazione è avvenuta in tutte le 20 regioni italiane, individuando per ciascuno sia un referente tecnico sia uno politico.17 Nel 2009 l’attività prevalente è consistita infatti (oltre che nell’organizzazione del Terzo Convegno Nazionale),18 nella formazione all’uso della intranet nazionale, che ha visto l’adesione alla stessa di ben 17 Coordinamenti regionali sui 20 costituiti.19 Così, se si prevede che presto la Banca dati nazionale entrerà in funzione, oggi si apre anche una “via regionale” agli IG, a partire dall’esperienza della Regione Emilia Romagna, con la banca dati www.informagiovanionline.it attiva da fine 2009. Ma le reti regionali degli IG sono anche espressamente citate in 11 APQ su 21, delineando così anche un sistema di reti regionali che si affianca al Coordinamento nazionale.20 10

R. Pella, Anci - Ministero Gioventù: “Informagiovani: dalla rete al sistema. Terzo Convegno Nazionale degli Informagiovani”, Roma, 4 maggio ’09. 11 Si tratta della nuova “Carta europea dell’informazione della gioventù” approvata a Bratislava il 19 Novembre 2004 dalla quindicesima Assemblea Generale dell’Agenzia europea per l’informazione e le consulenze ai giovani (ERYICA). 12 È l’IG più visitato in Italia con 4 operatori occupati a 36 ore settimana più 1 a 18 ore, intercambiabili tra loro e sempre con 2 o 3 persone a front office. 13 I percorsi di orientamento promossi puntano sull’auto-riconoscimento di capacità, attitudini, interessi personali (quindi sulla dimensione del talento) come criteri guida nella scelta rispetto al futuro formativo o professionale dei giovani. Rispetto al mercato del lavoro l’ipotesi è se possa essere per i giovani luogo di valorizzazione ed espressione di sé, occasione “creativa”, di gratificazione e realizzazione personale e non solo come strumento funzionale a garantire maggiori possibilità di consumo. 14 Si pensi, ad esempio, che sono 6.761 i mestieri riconosciuti in Italia e 6.492 corsi istituiti dagli atenei italiani. 15 Istituito con convenzione tra Anci e Ministero il 2 maggio 2007, con primo contributo di 1.850.000 euro (si veda www.informagiovani.anci.it). 16 Era sospeso dai primi anni ’90 ed è l’unico organismo nazionale che fa network tra i Servizi per i giovani. 17 Fonte: www.informagiovani.anci.it . 18 Roma, 4 e 5 maggio 2009. 19 Fonte: www.informagiovani.anci.it . 20 Si fa esplicito riferimento a reti e coordinamenti regionali di IG negli APQ di Regione Abruzzo (IG diffuso), Campania (rete regionale SIRG), Friuli Venezia Giulia (da rete provinciale a identità regionale), Lazio (rete regionale), Liguria (con Eurodesk), Marche (rete regionale), Piemonte (rete regionale), Umbria, Val d’Aosta, Veneto (Il sistema veneto degli InformaGiovani).


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Per completare il quadro dei servizi informativi, bisogna ricordare Eurodesk, la rete europea per l’informazione dei giovani e degli operatori giovanili sui programmi e le iniziative promosse dalle istituzioni comunitarie nel settore della gioventù, che è presente con oltre 100 punti informativi dislocati in 19 regioni. 4.1.2 Gli Osservatori regionali

In assenza di riferimenti nazionali una criticità è stata anche lo svolgimento di attività di ricerca e di monitoraggio sulla condizione giovanile.21 Si pensi che probabilmente l’ultima ricerca ministeriale con dati nazionali in materia di politiche giovanili risale al 1992,22 al 2000 se si considera uno studio europeo comparato.23 Anche recentemente vi sono state una serie di richieste di organismi internazionali a cui il nostro Paese appartiene l’ultima delle quali da parte dell’Onu che il 18 dicembre 2007 ha approvato una risoluzione in cui invita i governi a raccogliere in maniera regolare dati specifici sui giovani, disaggregati per sesso ed età, allo scopo di costituire banche dati esaurienti sulla condizione dei giovani. Inoltre anche la Commissione europea24 richiede a ciascun Paese di fare il punto sullo stato delle conoscenze in alcuni settori rilevanti delle politiche giovanili, tra cui quelli della partecipazione, del volontariato giovanile, dell’educazione non formale, dell’orientamento al lavoro, dell’inclusione sociale. Per occuparsi di questi temi, è stato siglato un accordo (8 aprile 2008) tra l’ex Ministero Pogas ed il CNEL per lo svolgimento dell’attività di ricerca necessarie ad ottemperare alle richieste di Onu e UE con la somma complessiva di 200.000 euro. Sempre con il CNEL, il Forum Nazionale dei Giovani (si veda più avanti), ha attivato un “Centro studi per le politiche giovanili”, realizzando già diversi lavori di ricerca. Nell’ambito della ricerca e documentazione sui giovani, anche le Regioni hanno cercato di contribuire per colmare questo deficit dello Stato centrale: infatti metà degli Assessorati (10) hanno costituito degli Osservatori regionali, anche se quelli che hanno saputo garantire continuità d’azione negli anni sono stati molti meno. Una positiva eccezione, come già detto, è stato l’Osservatorio della Regione Veneto25 21

Ci si riferisce qui specificatamente a dati e ricerche sui “giovani”, non ad infanzia ed adolescenza, in quanto di queste ultime si occupa il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (si veda www.minori.it) grazie ad una convenzione del 1997 tra il Ministero alla Solidarietà e l’Istituto degli Innocenti di Firenze siglata per monitorare l’attuazione delle legge 285/97. 22 Centro Studi Gruppo Abele: Politiche e progetti per gli adolescenti, Ministero degli Interni- Direzione Generale dei Servizi Civili – Roma, 1992. 23 Infatti nel 2000 Istituto IARD ha coordinato per conto della Commissione Europea – Direzione Generale Ricerca – lo “Studio sulla condizione e sulle politiche giovanili (EUROGiovani)”. 24 Commissione Europea: Libro Bianco della Commissione Europea: un nuovo impulso per la gioventù europea, Bruxelles 2001. 25 L’Osservatorio regionale Infanzia, Adolescenza, Giovani e Famiglia assorbe dal 2006 i compiti e le attività dell’Osservatorio regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza istituito in attuazione della Legge 451/97, approvato con DGR n. 2935 del 4.8.1998 e affidato all’Azienda ULSS n. 3 di Bassano del Grappa.

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che continua a svolgere dal 1998 e con regolarità attività di ricerca e divulgazione in materia di giovani e politiche giovanili, con ben 20 pubblicazioni all’attivo. In generale, comunque, tutte le nuove leggi regionali sui giovani prevedono gli Osservatori: ciò vale infatti per il Friuli Venezia Giulia, la Liguria (che istituisce un “Osservatorio sociale”) e l’Emilia Romagna, per la cui gestione sono previste convenzioni con le Province. Anche la Provincia Autonoma di Trento ha attivato con legge ad hoc l’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani che ora opera in seno all’Istituto Provinciale per Ricerca e la Sperimentazione Educative (IPRASE). Per quanto riguarda le Politiche giovanili, questo svolge una preziosa attività di monitoraggio dei progetti attivati dai Tavoli responsabili della gestione dei Piani Giovani di Zona e d’Ambito, pubblicando e divulgando (anche sul web), questi materiali. In questi anni si sono sviluppate anche alcune buone prassi di Osservatori provinciali:26 con il rischio di dimenticarne alcune, si possono citare quelle attive della Provincia di Bologna, Milano, Rimini e quelli in progetto di Cremona, Torino, Pordenone, Asti. 4.1.3 Consulte e Forum

Altri interventi attivati in questo ambito a livello regionale, sono gli organismi di rappresentanza giovanile, che prendono via via le forme di Consulte, Forum, Parlamento degli Studenti (Liguria e Toscana). Questi strumenti regionali di promozione della partecipazione, istituiti a partire dal 1980,27 hanno avuto cicli di vita più o meno lunghi e fortune alterne: infatti, va riconosciuto che dagli anni ’90 in poi è sempre stato più difficile dar vita a rappresentanze giovanili tradizionali e l’autopromozione giovanile a livello regionale non sempre c’è stata. Inoltre, in questi ultimi anni, paiono anche faticare gli strumenti tradizionali quali Consulte e Forum: sebbene previsti per legge in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Marche, 26

L’utilità di strutture di questo genere è rappresentata dalla conoscenza che possono fornire del territorio, dovuta alla vicinanza a strutture, servizi e giovani. Tra tutti, un esempio tratto dai dati del 2008 della Provincia di Pordenone aiuta a comprendere il valore di un Osservatorio provinciale: Centri di aggregazione giovanile (CAG) per tipologia di gestione ed incidenza sulla popolazione giovanile CAG Comunali Parrocchie Associazioni Totale PROVINCIA

Numero 21 38 1 59

n. CAGogni 1.000 giovani Copertura dei Centri di aggregazione giovanile A uenza settimanale media

1,19 70%dei Comuni circa 10.000

Purtroppo in Italia non esiste un sistema diffuso in tutte le Province di raccolta dati e manca anche il livello nazionale e regionale queste informazioni basilari. 27 Regione Molise: L.R. del 26 Maggio 1980, n. 21: “Istituzione della consulta regionale giovanile”.


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Molise, Piemonte, Sardegna, Umbria Veneto e Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento, ad oggi risultano attivi solo i Forum della Basilicata, Campania, Piemonte e Lazio ed i primi tre fanno parte anche del Forum Nazionale.28 Rispetto a Forum e Consulte locali è difficile disporre di dati sul loro funzionamento, così come della loro diffusione sul territorio. Infatti non esiste un “censimento” nazionale: si registra solo che il 27 febbraio 2007 il Ministero di allora organizzò un evento nazionale di incontro delle Consulte e Forum dei giovani, a cui parteciparono circa 700 ragazzi.29 Altre stime sono solo relative alle 40 Consulte locali della Basilicata e ai 54 Forum campani. Da segnalare che i Forum di Campania e Basilicata così come Consulta Giovani e Forum del Piemonte, fanno parte di quello nazionale. Le difficoltà del funzionamento di questi organismi sono: 1. l’impostazione spesso troppo istituzionale e cioè il replicare meccanismi ed i funzionamenti della politica locale (es. Consigli comunale) già di per sé poco partecipati e con poco appeal nei confronti dei giovani; 2. la fatica nella ricerca di altri organismi di rappresentanza giovanili a cui chiedere di nominare un rappresentante per far parte del nuovo organismo; 3. la non sempre chiarezza della mission e dei poteri (propositivo, deliberativo, consultivo). La storia di queste esperienze dice che se questi sono i fattori ostacolanti, coinvolgere giovani impegnati in altre attività (es. espressive, di volontariato, aggregative, associative, comunicative, ecc) e riconoscere queste forme come nuove modalità di partecipazione attiva alla vita della città,30 sono invece elementi facilitanti la promozione di questi percorsi. Partendo dal coinvolgere giovani già impegnati, si possono ottenere luoghi partecipativi più ad “assetti variabili” (degli “open space” informali), molto utili però nell’individuare bisogni, istanze e domande dell’universo giovanile, elemento indispensabile nella definizione degli obiettivi dei Piani Locali Giovani, ma anche, potenzialmente, negli APQ regionali. Non è un caso che nei Tavoli di programmazione locale, se non vi sono organismi di rappresentanza già costituiti, spesso si promuovono queste tipologie di percorsi con un lavoro animativo sul territorio (youth work). Rispetto a ciò, non è un caso nemmeno che 13 Regioni e Province Autonome su 21 facciano esplicito riferimento alla normativa europea in materia di giovani, citando in particolare il Libro Bianco e la Carta europea di partecipazione dei giovani. In quest’ultimo documento (tabella 4.1) è contenuto proprio il concetto di “partecipazione allargata”, prima descritto. 28

Nel 2006 ne risultavano invece attivi 8, rielaborazione da Gruppo Abele: Eppur si muove Secondo Rapporto sulle Politiche giovanili in Italia, Provincia di Pistoia, 2006. 29 Ministero Politiche Giovanili ed Attività Sportive: “Consultiamoci, primo meeting nazionale delle consulte e dei forum giovanili”, Roma, 27 febbraio 2007. 30 Così come indicato dalla Carta europea di partecipazione dei giovani.

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Tabella 4.1 - La partecipazione allargata La partecipazione attiva alla vita locale da parte di adolescenti e giovani si esprime oggi su forme diverse da quelle tradizionali, legate ai concetti storici di militanza, appartenenza e rappresentanza. Secondo la Carta infatti, la partecipazione giovanile alla vita della città è oggi più legata al protagonismo giovanile o all’espressione di sé, o occasioni di tipo “user”.31 Gli interventi che hanno la finalità di sviluppare cittadinanza attiva, partono dal promuovere partecipazione e spesso anche aggregazione, presupponendo che la prima sia un percorso di apprendimento che richiede tempo, competenze ed apprendimenti. L’avvio coincide quindi (spesso da parte dello youth worker) con l’intercettare nuove e diverse forme e modalità partecipative, oltre a quelle più tradizionali. La Carta europea di partecipazione afferma infatti che le modalità di partecipazione alla vita della città possono essere: • associazionismo giovanile (art. 53); • il creare con le nuove tecnologie siti internet, il chattare, l’uso di sms ed mms (art. 48); • essere coinvolti in microprogetti/esperienze (art. 52). Oltre a ciò, si può includere anche volontariato, peer education, leve civiche, attività sportiva e musicale, frequenza di centri di aggregazione (oratori, centri sociali, CAG), forme di espressione giovanile (graffiti e stikers ad esempio), skate, scambi internazionali, ma anche il gruppo informale di amici, la partecipazione ad eventi o movimenti. Da qui il concetto di “partecipazione allargata”. Ma perché la partecipazione abbia un vero senso, è indispensabile che i giovani possano esercitare fin da ora un’influenza sulle decisioni e sulle attività che li riguardano e non unicamente ad uno stadio successivo della loro vita. Fonte: Carta europea della partecipazione giovanile.

4.1.4 Gli spazi giovanili

Diversa la situazione degli spazi giovanili: si tratta di un tema vecchio, ma ripreso in ben 20 su 21 APQ, oltre che da un disegno di legge Ministeriale, quello sulle Comunità giovanili (o “Villaggi dei giovani”), presentato dalla Ministra Meloni il 15 maggio 2009, con il parere favorevole espresso dalla Conferenza Stato Regioni l’8 aprile 2009.32 È un disegno di legge approvato quindi dal Consiglio dei Ministri e che conta su uno specifico fondo di 5 milioni di euro l’anno33 la cui amministrazione è di competenza del Ministero alla Gioventù. Un re-stayling del tema degli spazi giovanili quindi, che parte dalle molte tipologie presenti oggi originate dai più tradizionali centri di aggregazione, CAG (oltre agli Oratori), il cui sviluppo è stato in passato sostenuto anche dalla legge 285/9734 nei 10 31

Si tratta di esperienze già progettate “a termine”, ma altamente significative ed intense, dove la dimensione del “per sempre” è sostituita da quella del “solo per” (è un po’ la logica dei “tempory shop” ed in generale dei “tempory place”, luoghi cioè con una funzione d’uso ben precisa, ma progettati “a tempo”). 32 Norme in materia di riconoscimento e sostegno alle comunità giovanili e disposizioni in tema di gioventù con la raccomandazione di prevedere, tra le finalità di questi spazi, anche quelle turistiche, agricole, ambientali, artigianali. Tali attività potrebbero far assumere alle comunità giovanili un carattere imprenditoriale più che quello di associazionismo tra i giovani. L’APQ della Regione Lazio ne stima 50 già attive sul territorio. 33 Fondo nazionale per le comunità giovanili costituito con le “finanziarie” 2005 e 2006 in tema di sensibilizzazione e prevenzione dei giovani rispetto al fenomeno delle dipendenze. 34 Legge 285/1997, ”Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”.


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anni in cui è rimasta pienamente in funzione.35 Ma anche una nuova riprogettazione degli spazi aggregativi abbinata a quelle delle città e dei territori (tabella 4.2). Tabella 4.2 - Verso una “rinascita urbana”? Le città hanno bisogno di proposte e di progetti. La scia dei grandi eventi produce certamente un effetto mobilitante, come dimostrano quelli riguardanti le due città maggiori (Milano 2015 o le Olimpiadi a Roma), ma è improponibile la loro generalizzazione a ogni contesto. L’intervento recente si è infatti troppo spesso limitato ad investimenti “primordiali”: l’80% di residenze e un 20% fra uffici e centri commerciali. Bisogna ricercare alcune linee guida su cui far convergere istituzioni, imprese, finanza, per una stagione di rinascita urbana, lavorando su alcuni temi chiave per il futuro, tra cui […] dei nuovi format per il commercio ovvero reinventare il centro commerciale e ridare senso alle aree storiche o consolidate con una particolare attenzione ai luoghi di aggregazione giovanile il cui esodo verso le nuove strutture causa lo svuotamento delle vecchie. Fonte:“Metropoli per la ripresa. Il sistema urbano italiano al 2009”. RUR– Censis 2009.

Infatti ancora oggi quello degli spazi (insieme alla musica) rimane uno dei pochi bisogni da sempre chiaramente espressi dalla maggior parte degli adolescenti e giovani. Sono infatti tantissime le tipologie (e le relative prefigurazioni) di centri: si va da luoghi educativi più classici (doposcuola, oratori, centri educativi e CAG) alle factory, dagli open air ai temporary place, dagli Informagiovani ai music club, dai Lab com ai circoli, dagli spazi “a tempo” (“one shot” o “solo per”) agli skate park, dalle sale prove ai noprofit bar, dalle Comunità giovanili alle Officine dell’arte (così come definite – entrambe - nell’APQ della Regione Lazio), dai centri polifunzionali ai Centri di iniziativa studentesca, dai tanti luoghi del divertimento, ai centri sociali autogestiti da giovani/adulti. Tabella 4.3 - Le tipologie di spazi giovanili previsti dalla Regione Lazio La Regione Lazio intende le comunità giovanili come associazioni di giovani, anche autogestite, che svolgono attività di tipo sociale, culturale, artistica, sportiva; questa entità sembra essere strumento idoneo ad abbattere il tasso di non partecipazione giovanile ed “intercettare” i giovani meno interessati a forme e modalità di partecipazione più istituzionale come i Consigli dei giovani. Invece, con il progetto le “O cine dell’arte”, si intende favorire la partecipazione attiva dei giovani allo sviluppo regionale mediante la promozione e il sostegno delle loro attività e produzioni culturali. Ciò significa predisporre – nei 15 centri di produzione e di promozione culturale previsti - delle condizioni, strutturali e di servizio, che consentano ai giovani impegnati a diverso livello nella produzione culturale, da quello amatoriale a quello professionistico, di sviluppare attività e progetti che divengano anche fattori di coesione sociale, sviluppo locale e creazione di nuove opportunità di lavoro.

Tra gli obiettivi dell’APQ della Regione Piemonte vi è la realizzazione di un centro polifunzionale in ciascun capoluogo di Provincia (definiti hub cultural giovanili) e la loro successiva messa in rete a livello regionale, anche con altri spazi più piccoli sui territori provinciali (sub hub). L’obiettivo è qualificare gli spazi di vita dei giovani per creare situazioni che siano occasioni di vita, di relazioni, di partecipazione e cre35

Tramite questa Legge in 10 anni si sono finanziati complessivamente almeno 7.902 progetti (oggi vale solo per le cosiddette 15 Città riservatarie), Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza: Quaderno 47 – “Dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Firenze novembre 2009.

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atività, fino al sostegno per la nuova impresa ed all’avvio di percorsi di formazione formale e informale. Ad oggi in Italia non esiste una ricerca in materia né molta letteratura. Eppure sono tantissime e diffuse le esperienze di eccellenza e le buone prassi, dalle metropoli ai piccoli Comuni montani, dalle periferie delle città alle località turistiche, dai centri in pianura fino ai paesi collinari. Il Meeting nazionale di Rovigo,36 giunto nel 2009 alla terza edizione, riunisce questa rete di esperienze ed è una grande occasione di confronto. Nonostante gli appuntamenti di questo network nazionale, una stima quantitativa di questi centri è ardua. Negli anni ’80 e ’90, c’è stata una stagione di forte crescita dei Centri di Aggregazione Giovanile (CAG), monitorata da più Osservatori. Infatti,37 secondo la rilevazione del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza nel 2000 vi erano già 530 progetti di questo tipo finanziati dalla Legge 285/97, a cui si sarebbero dovuti aggiungere quelli già esistenti, arrivando così a 900.38 A partire dal 2000 e fino al 2004, grazie soprattutto a finanziamenti pubblici (es. la L.285/97, le leggi sulla prevenzione delle tossicodipendenze, le diverse leggi regionali in materia, quella sugli Oratori e così via), si sono sviluppati una pluralità di progetti legati all’aggregazione giovanile intesa come primo livello del protagonismo sociale dei giovani e come forma di prevenzione primaria aspecifica.39 Sempre nel 2004,40 il finanziamento di Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero è il secondo ambito di intervento sostenuto dalla legge 285/97, con un valore assoluto di 1.765 progetti, pari al 35,4% del totale. Ciò non significa assolutamente che siano stati finanziati solo dei Centri di aggregazione per adolescenti,41 quanto piuttosto è una indicazione della considerazione crescente di una tipologia di interventi non solo riparativo. Percentuale pressoché identica anche negli interventi attualmente in corso nelle 15 “città riservatarie” e, si stima, anche nella Terza annualità dei progetti 285/97.42 Per arrivare ad una stima dei Centri giovanili, è possibile ricorrere a più fonti: i 21 APQ, una ricerca del 2006 della Provincia di Pistoia e Gruppo Abele,43 i web 36

Meeting Nazionale dei Centri, Spazi e Contesti di Aggregazione Giovanile, Rovigo, 12/14 novembre 2009. 37 Fonte: Veneto Sociale (2007), “Una riflessione sui Centri di aggregazione giovanile“- Atti del primo convegno nazionale, Regione Veneto. 38 Fonte: D. Biella: “L’oratorio dalle stanze vuote”, VitaNonProfi, n. 9/08. 39 Regione Emilia Romagna: “Terza Conferenza regionale per le politiche giovanili”, Bologna 16 febbraio ’05. 40 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza: - Quaderno 41 – “Monitoraggio sullo stato di attuazione della legge al 30 aprile 2004, dopo due trienni di programmazione”, Firenze 2005. 41 Una criticità per le politiche giovanili fu proprio il fatto che l’età più “trascurata” dagli interventi fosse proprio quella tra i 14 e i 17 anni (solo il 10% dei progetti era destinata a questo target). 42 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza: Quaderno 47 – “Dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Firenze novembre 2009. 43 Gruppo Abele, Eppur si muove Secondo Rapporto sulle Politiche giovanili in Italia, Provincia di


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delle Regioni stesse ed altre fonti regionali dirette. Con tutta la prudenza del caso, si evidenzia una crescita negli ultimi due anni di ulteriori 300 centri di alta qualità ed innovazione, su uno stock consolidato di circa 1.100 già presenti nel 2006. Stime che danno conto di una fase di sviluppo e crescita da interpretare però con molta prudenza: la difficoltà di reperire fonti e informazioni, è un dato già di per sé indicativo della carenza di riferimenti nazionali in materia e del relativo bisogno, come già evidenziato in precedenza. Fig. 4.2 - La nuova crescita e sviluppo degli spazi giovanili in Italia

1600

1400

1400 1100

Spazi giovanili

1200 1000

900

800 600 400 200 0 2000

2006

2009

Anno

4.2 LO YOUTH WORK

Lo youth work o animazione socio-educativa44 è definita dai documenti europei come una forma di educazione extrascolastica organizzata da professionisti e/o volontari nell’ambito di organizzazioni della gioventù, di municipi, di centri della gioventù, di chiese, ecc. e che contribuisce allo sviluppo dei giovani. Si pensi al lavoro negli spazi giovanili, con i gruppi di adolescenti e nell’associazionismo giovanile, al “lavoro in strada” e nei progetti per sviluppare cittadinanza, integrazione, solidarietà tra i giovani, etc. Sono quindi attività al di fuori da quanto è già svolto dalle altre politiche, come quelle relative all’istruzione, all’occupazione, all’integrazione Pistoia, 2006. 44 Nella “Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni” - COM(2009) 200- è tradotto ufficialmente come “animazione socio educativa”. Il termine è comunemente utilizzato per le attività di inquadramento dei giovani “istruttori socio-educativi”, essendo questo il vocabolo ufficiale per “animatori di attività socio-educative” utilizzato nell’articolo 149, paragrafo 2, del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992.

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sociale, ma in forte alleanza con queste. Per questo i documenti europei45 parlano di “educazione non formale”,46 intesa come un’attività educativa intrapresa al di fuori del sistema formale dell’istruzione e perciò al di fuori della scuola e delle attività curricolari tradizionali (tabella 4.4). Tabella 4.4 - Raccomandazione del Parlamento europeo n. 1.437/2000 In questo documento l’educazione non formale è considerata parte fondamentale che accompagna l’educazione formale che da sola non può rispondere e affrontare il rapido cambiamento sociale, economico e tecnologico della nostra società. Inoltre aggiunge che “l’educazione non formale è una parte integrante del concetto di lifelong learning, che permette ai giovani e agli adulti di acquisire e mantenere capacità, abilità e prospettive necessarie per adattarsi al continuo cambiamento dell’ambiente”. L’Assemblea Parlamentare individua tra le iniziative con le quali gli attori possono prendere parte all’educazione non formale, il ruolo importante svolto dalle Organizzazioni non governative e invita i governi degli stati membri a incentivare la collaborazione tra insegnanti, educatori e ONG e a supportare le attività educative non formali attraverso particolari finanziamenti alle ONG. L’Assemblea richiama la Dichiarazione Finale della quinta Conferenza dei Ministri Europei responsabili della Gioventù nella quale i paesi europei sono spronati a riconoscere le capacità acquisite attraverso l’educazione non formale e richiamati affinché riconoscano l’educazione non formale come parte del processo di formazione continua e la rendano accessibile a tutti monitorandone i risultati.

È fondamentale, inoltre, il ruolo importante dello youth work nella lotta contro la disoccupazione, l’insuccesso scolastico e l’esclusione sociale, nel miglioramento dell’acquisizione di competenze e nelle attività del tempo libero. Di conseguenza, vista la complessità e l’articolazione dei temi, la Commissione propone l’utilizzo di un approccio trans-settoriale per affrontare tutte le questioni concernenti i giovani.47 Nella Strategia europea del 2009 “Investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità”,48 così come nella Risoluzione del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, Sessione Gioventù, del novembre 2009,49 tra gli obiettivi principali, si esplicita quello di un nuovo ruolo per l’animazione socio-educativa, sostenendola e 45

Tra gli altri, anche la Raccomandazione del Parlamento europeo n. 1.437 del 2000 ed il già citato Libro Bianco. 46 L’educazione formale comprende ogni tipo di educazione strutturata e regolare organizzata (diploma o laurea ad esempio). È un’educazione suddivisa cronologicamente per gradi, dalla scuola primaria, alla secondaria, all’insegnamento universitario (o superiore). L’educazione non formale è un’attività educativa intrapresa al di fuori del sistema formale e perciò al di fuori della scuola e delle attività curricolari. L’educazione non formale e le attività extra-curricolari che la compongono non rilasciano alcuna documentazione o certificato di frequenza. L’educazione informale rappresenta l’apprendimento non pianificato che accompagna ogni persona nella vita quotidiana e che corrisponde alle esperienze di ogni giorno acquisite nell’ambito della famiglia, degli amici, del gruppo di pari, dai media. 47 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. “Una strategia dell’Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità. Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù”, Bruxelles, 27 aprile 2009. 48 Si veda Nota precedente. 49 Risoluzione n. 15131/09 del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea (Sessione Gioventù), “Un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il periodo 2010-2018”, Bruxelles, 17 nov. 09.


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riconoscendone l’apporto economico, sociale e professionalizzante. Le azioni conseguenti sono quattro e cioè: • dotare gli animatori socio-educativi di competenze professionali e promuovere la loro validazione mediante strumenti europei adeguati (Europass, EQF, ECVET); • sostenere l’animazione socio-educativa attraverso i Fondi strutturali; • favorire la mobilità degli animatori socio-educativi, conformemente al trattato CE; • sviluppare servizi, pedagogie e prassi innovative in materia di animazione socio-educativa. Non vi sono dubbi della considerazione e del credito di cui godono questi percorsi di apprendimento presso le istituzioni europee. Non è ancora così in Italia. Quanto detto nei capitoli precedenti rispetto a risorse, intenzionalità e progettualità delle istituzioni pubbliche per i giovani, sono condizioni necessarie ed importantissime, ma potrebbero non rivelarsi ancora sufficientemente utili in questa azione. Infatti se l’azione delle istituzioni nel tempo è stata contrassegnata da carenza di risorse e di capacità progettuali, la criticità maggiore è stata probabilmente la mancanza di interesse da parte degli stessi giovani verso le azioni poste in essere dalle Amministrazioni pubbliche, siano esse occasioni di partecipazione o luoghi di aggregazione o erogazione di servizi. Un fenomeno che può essere messo in relazione sia con un accertato deficit di fiducia dei giovani verso le istituzioni sia con la “concorrenza” degli attori di parte privata50 promosse in ottica di marketing. Di conseguenza nel lavoro con gli adolescenti spesso la fatica maggiore è proprio il riuscire a coinvolgere direttamente i giovani, ad incontrarli, ad aggregarli, ad “agganciarli”. Ri-parlare (come sta avvenendo ora) di questi tematiche giovanili è importante ed affinché la programmazione degli interventi sia coerentemente indirizzata a far incontrare bisogni e giovani, va impostato un percorso di progettazione partecipata che dia parola a loro in quanto interessati da questi interventi. Allora il link tra giovani ed istituzioni è quell’ambito di lavoro che la Commissione Europea, nei documenti ufficiali,51 riconosce e definisce proprio youth work. Nel nostro Paese, però, il lavoro di tipo animativo-promozionale con gli adolescenti e lo sviluppo delle relative professionalità, è stato fino ad ora un ambito di intervento marginale, spesso relegato al volontariato52 e si è investito più su interventi e professionalità in ambito assistenziale e riparativo (tabella 4.5). 50

Fonte: Regione Puglia, “Accordo di programma quadro in materia di politiche giovanili”, Relazione tecnica, Roma, 28 luglio ’06. 51 Commissione Europea: Libro Bianco della Commissione Europea: un nuovo impulso per la gioventù europea, Bruxelles 2001. 52 Negli Oratori sono presenti 200 mila volontari tra catechisti, educatori, animatori [Fonte: Forum degli Oratori Italiani-FOI, febbraio ‘05].

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Tabella 4.5 - Gli operatori del settore socio-educativo e turistico Professionalità Numerosità

Operatori di Educatori Assistenti Informagiovani socioassistenziali sociali 2.200 (di cui circa 460 volontari)* 25.000 38.000

Animatori turistici

Accompagnatori, guide turistiche e naturalistiche

50.000

6.500

* Fonte: Coordinamento Nazionale Informagiovani:“Informagiovani”, Ministero della Gioventù, Anci, Roma 2009. Fonte: Isfol Orienta,“Materiali per gli operatori”, aprile 2007.

Non vi sono però stime in grado di individuare il numero degli animatori sociali, il cui iter formativo e professionale, attivato grazie ad alcune Regioni, oggi è quasi del tutto sparito. Così, seppur presente da oltre 15 anni nei documenti e nei programmi europei come professionalità nell’ambito del lavoro con i giovani, in Italia la figura dello youth worker - cioè di chi svolge un lavoro a contatto diretto con minori, adolescenti, giovani - è ancora poco conosciuta e ri-conosciuta. Si ratta di persone in grado di sviluppare relazioni significative con loro, di svolgere una funzione formativa ed orientativa e di sviluppo di competenze, attraverso la promozione di esperienze e percorsi. E sono anche dei facilitatori/mediatori che lavorano a metà tra mondo giovanile ed istituzioni (“in mezzo” a due mondi molto distanti tra loro), quindi educatori, operatori sociali, animatori, operatori di Informagiovani e dell’orientamento, allenatori, volontariato, sacerdoti, adulti significativi in genere autorevoli e credibili agli occhi dei giovani. Si tratta di un settore che fino agli anni ’80 ha giocato, in termini di volontari, un ruolo molto forte nell’accompagnare i ragazzi nella crescita, che successivamente è entrato in crisi e che oggi si sta notevolmente professionalizzando, anche grazie all’avvento della cooperazione sociale e del Terzo settore in generale. In Italia oggi è possibile ridare un forte impulso a questo ambito, proprio come è previsto dalle nuove politiche europee per i giovani, riprendendo i risultati importanti che in questo settore sono stati raggiunti negli anni. Si pensi all’associazionismo ed alla Chiesa cattolica, a quei 9.000 Oratori attivi53, agli altrettanti circoli Arci ed alle 8.000 strutture Acli ancora presenti e ramificate su tutto il territorio nazionale,54 nell’ambito dell’offerta di attività aggregative, tempo libero, ecc. Organizzazioni che nel Dopoguerra hanno svolto una mission di autentica “impresa sociale” investendo risorse, costruendo e gestendo spazi ed attività, scommettendo sul volontariato, alimentato da una generosità e da valori forti. Accanto a questo è da evidenziare anche l’attenzione alla promozione sportiva ed allo scoutismo,55 tanto che esistono in questi ambiti dei network diffusi in tutto il Paese, oltre ovviamente alle tante altre associazioni nazionali di promozione sociale e culturale. 53

Fonte: Forum nazionale degli Oratori, dicembre ’09 (si veda www.oratori.org). Fonti: www.arci.it e www.acli.it . 55 Attualmente si contano oltre 20 associazioni operative di scout e le 4 più diffuse nel territorio sono l’AGESCI (177.000 iscritti), la AIGSEC (19.000 iscritti), il CNGEI (con quasi 11.000 soci) e l’Assoraider [Fonte. wikipedia]. 54


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Storicamente queste organizzazioni, si sono attivate nelle realtà locali, a prescindere dall’intervento delle istituzioni o, a volte, proprio in assenza o in supplenza di questo. Nella storia del nostro Paese, il ruolo del volontariato, degli oratori, dell’associazionismo studentesco, sociale e culturale, degli enti di promozione sportiva56 e sociale, dello scoutismo, del sindacato, dei partiti, è stato motore di una serie di interventi importanti per le nuove generazioni. Ciò, soprattutto, in un contesto di assenza di riferimenti nazionali da parte dello Stato, che – ricordiamolo - non ha mai approvato una legge nazionale a favore dei giovani. In questa situazione c’è stato un Terzo settore che ha investito le proprie risorse in spazi, in cultura, aggregazione, socialità, sulle basi di valori ed idealità che hanno contribuito alla formazione umana ed alla educazione di tantissime giovani generazioni. Rispetto ad allora, il Terzo settore si è sicuramente professionalizzato, c’è stato sia l’avvento della cooperazione sociale (con una forte “deriva lavorista)57 sia il riconoscimento legislativo della funzione educativa e sociale svolta dagli Oratori,58 ma una rete così estesa e capillare di spazi ed attività per i giovani non è stata costruita da nessun altro attore.

4.3 IL RUOLO DEL TERZO SETTORE NELLO SVILUPPO DEGLI INTERVENTI PER I GIOVANI

In Italia la figura dello youth worker pur non essendo una professione particolarmente diffusa dal punto di vista quantitativo, è sicuramente ben più presente tra gli operatori delle organizzazioni giovanili o tra quelle che si occupano di giovani, che non nell’Ente pubblico. Le organizzazioni del Terzo settore gestiscono localmente molti degli interventi in ambito di politiche giovanili a titolarità pubblica, soprattutto comunale. In questo settore, come già visto per il resto degli interventi, sono però molte le differenze e le disomogeneità sul territorio nazionale, soprattutto tra il Sud ed il resto del Paese. Con queste precisazioni si può comunque affermare che laddove intervengono in partnership con gli Enti Locali (soprattutto Comuni), spesso la qualità finale dell’intervento è elevata. In queste situazioni il ruolo di associazioni e cooperative sociali in particolare,59 va ben al di là dell’essere quello di meri “gestori di interventi 56

È comunque estesa sia la rete dell’Associazionismo di promozione Sociale sia quella di promozione sportiva, i cui affiliati svolgono un’importante azione educativa attraverso le discipline: tra queste le PGS, l’Unisp, il CSI, che ha affiliate ben 13.000 società sportive e garantisce 12 milioni di ore di volontariato all’anno [Fonte: www.csi-net.it]. 57 Sono circa 5.500 le cooperative sociali in Italia con 173.000 occupati (70% donne) e 10.000 “svantaggiati”. 58 Legge 206/2003 e riconoscimento, ai fini del finanziamento, con 15 leggi regionali (si veda www. oratori.org) e due provinciali in: Lombardia, Abruzzo, Lazio (con 6 milioni all’anno a disposizione), Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Campania, Umbria, Sardegna, Marche, Molise, Veneto, Puglia, Liguria, Valle d’Aosta e Province autonome di Trento e di Bolzano. 59 L. Regoliosi, P. Bisesti, A. Terzi, Giovani possibili, La Meridiana, Molfetta 2006.

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e Servizi per adolescenti e giovani”. Infatti, sempre più frequentemente queste organizzazioni assumono la funzione della contitolarità/co-proprietà sociale con l’Ente Pubblico (i Comuni) del progetto stesso, spesso co-progettandone insieme il senso ed il significato. Queste organizzazioni infatti sono soggetti portatori di una cultura, di un sapere e di un saper fare fondamentale nel lavoro con gli adolescenti di oggi60 che dovrebbe essere assunto a livello progettuale nell’elaborazione degli APQ regionali e delle politiche nazionali. Tabella 4.6 - Riconoscere la centralità del lavoro sociale Nonostante sia una variabile essenziale per l’esito positivo di un progetto, il lavoro degli operatori non sempre è adeguatamente riconosciuto. Il contesto dei nuovi problemi sociali (come la precarizzazione del lavoro e la frammentarietà dei progetti) nonché le nuove risposte che le politiche di esternalizzazione stanno attivando, sembra produrre delle organizzazioni lavorative complessivamente più fragili, poco capaci di tutelare l’attività degli operatori ai quali si richiedono investimenti ampi in termini di competenze e disponibilità. La responsabilità della presa in carico dei problemi dei/delle giovani rischia, in alcuni casi, di scaricarsi interamente sugli operatori e le operatrici, spesso giovani a loro volta. Il contenuto ad alta intensità relazionale del loro lavoro richiede la messa a punto di specifici supporti (in termini sia di formazione e supervisione sia di organizzazione lavorativa) che consentano la sostenibilità del lavoro e ne valorizzino le competenze. Gli operatori sociali, come facilitatori di processi complessi, svolgono un ruolo-ponte tra il mondo delle istituzioni e quello dei e delle giovani. In questa loro posizione intermedia sviluppano un sapere specifico che risulta strategico per promuovere progettazioni più adeguate. Occorre peraltro considerare che la complessità del lavoro di comunità si presenta particolarmente elevata anche in ragione della sua conformazione di lavoro di equipe multidisciplinari che richiedono un investimento specifico per poter funzionare. Ciò non può essere ritenuto un costo eccessivo dei progetti: se è vero che la complessità dei problemi sociali va crescendo, occorre costruire progettazioni che sappiano rispondervi adeguatamente piuttosto che ignorarla. La qualità organizzativa del lavoro degli operatori è in tal senso un contributo decisivo. Fonte:“Giotto: giovani connessioni toscane”, Filigrane, Regione Toscana, 2009.

L’incontro tra queste organizzazioni “talentuose” ed Assessorati comunali che hanno una intenzionalità d’intervento nei confronti delle giovani generazioni, quando avviene in termini collaborativi è generativo di capitale sociale e dà avvio e sviluppo ad importanti progetti territoriali. In questi contesti riesce infatti il connubio tra “cultura della strada” e “del palazzo” e si sviluppa un confronto costruttivo che genera sperimentazioni e innovazione ed il ruolo svolto dal Terzo settore è riconosciuto come fondamentale e determinante rispetto allo sviluppo dei progetti e ciò per alcuni specifici fattori: 1. la presenza nel No profit di professionalità sempre più formate e competenti nel campo sociale; 2. il buon livello di motivazione del personale; 3. i percorsi di formazione continua svolti durante il periodo dell’intervento; 4. la continuità del gruppo di lavoro (tra Privato sociale ed istituzione); 5. la condivisione della mission.61 60

Tanto da poter affermare che il know how del lavoro con i giovani risiede più in queste organizzazioni che non nella Pubblica Amministrazione. 61 Quaderno 41 “I progetti nel 2004. Lo stato di attuazione della Legge 285/1997”.


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Un dato a conferma di tutto ciò: ben il 75% degli interventi finanziati dalla legge 285/97 è stato attivato in convenzione o affidamento al Terzo Settore.62 Questa collaborazione è una potenzialità forte, una risorsa da valorizzare e che può portare al successo delle azioni a favore dei giovani, in quanto lo youth work ha proprio la caratteristica di sapersi rivolgere direttamente a loro, di saperle intercettare, coinvolgere, motivare e quindi di aumentare l’efficacia degli interventi, evitando l’effetto top down. Come già detto e pur con le dovute differenze, è lo stesso principio di incrementare i risultati della raccolta differenziata coinvolgendo il più possibile i cittadini a collaborare.63 Lo youth work si caratterizza però anche per il fatto di sviluppare reti sui territori a partire dalle preziose alleanze educative tra scuola ed extrascuola. Lo sviluppo degli Informagiovani è un ambito dove è ben visibile questa collaborazione: infatti, mentre l’Ente comunale ha attivato il servizio direttamente solo nel 20% dei casi, lo ha fatto invece tramite convenzioni, appalti o formule miste nella maggioranza degli altri casi, con cooperative sociali e, meno spesso, con associazioni.64 Queste collaborazioni hanno dimostrato come ci sia un rapporto tra attivazione degli Informagiovani e sviluppo delle politiche giovanili locali fin dalla fase di progettazione e come, in carenza di riferimenti nazionali, sia stato spesso il Terzo Settore più pronto ad innovare, a trovare risposte, ad essere anche proattivo rispetto ai cambiamenti del mondo giovanile.65 Non ci sono dati complessivi in proposito, ma le Amministrazioni che sviluppano interventi per i giovani lo fanno, come detto, quasi sempre con le organizzazioni giovanili.66 Soprattutto oggi che gli interventi che i Comuni capoluogo di provincia e regione attuano sono ad alto coinvolgimento di giovani.67 Un ulteriore dato di conferma arriva, a livello di Province italiane, dai progetti presentati nel bando 2008 all’UPI: il 62,5% degli Assessorati aveva sviluppato una partnership con uno o più soggetti del Terzo settore già in fase di progettazione.68 Da un altro punto di vista, tutto ciò significa anche che nell’ambito degli interventi per i giovani, si sta andando nella direzione dell’attuazione del principio contenuto nella nostra Costituzione (art. 118) di “sussidiarietà orizzontale”, cioè di attribuzione delle funzioni pubbliche oltre che agli Enti anche alle formazioni sociali, che vengono così chiamate a condividere le responsabilità pubbliche in un sistema integrato di 62

Fonte: Quaderno 47: “Riflessioni su dieci anni di attuazione della legge 285/97”, Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Firenze, ottobre 2009. 63 G. Arena, Cittadini attivi, Edizioni Laterza 2005. 64 Coord. Nazionale IG, “Informagiovani”, Ministero della Gioventù, Anci 2009. 65 A. Serafin, Direttore Nazionale Coord. Informagiovani, Anci - Ministero Gioventù: “Informagiovani: dalla rete al sistema. Terzo Convegno Nazionale degli Informagiovani”, Roma, 4 maggio ’09. 66 Meno, invece, con le “giovanili” dei partiti indicate dagli Assessori stessi all’ultimo posto nell’elenco dei partner per lo sviluppo di politiche giovanili [Fonte: R. Pocaterra, Fondazione Iard, “Settima Conferenza Nazionale Informagiovani“, Castellamare di Stabbia, 23 febbraio 2005]. 67 G. Campagnoli, Politiche giovanili. Progetti in ordine sparso, in “Guida agli Enti Locali”, “IlSole24ore”, 28 ottobre 2005. 68 Rielaborazioni da www.azionepronincegiovani.it .

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interventi.69 Organizzazioni del Terzo settore quindi contitolari di una “co-proprietà sociale” delle politiche giovanili, partecipanti attivamente alla fase di progettazione, gestione e valutazione dell’intervento: titolari, quindi, di una funzione pubblica. Proprio in via di quest’ultima considerazione, appare legittimo sperimentare anche nuove modalità di rapporto con la Pubblica Amministrazione anche su basi non solo di Diritto privato,70 ma anche Pubblico,71 tra cui sicuramente lo strumento del Piano Locale Giovani di cui si è detto. Ciò per essere in grado di dare maggiore continuità, un più alto livello di investimento e di qualità all’azione sociale, traducendo quindi la capacità di relazionalità positiva con la P.A. in funzione di co-partecipante al ruolo di indirizzo e programmazione degli interventi. Nuove modalità di rapporto tra Amministrazione pubblica e Terzo Settore (a partire ad esempio da una durata contrattuale di 5/6 anni delle collaborazioni),72 mettono quest’ultimo nelle condizioni di poter effettuare un investimento economico maggiore sui progetti e servizi, svolgendo così un autentico ruolo di “impresa sociale”, al pari di quel Terzo settore “storico” di cui si è detto prima. Queste organizzazioni co-producono “beni pubblici”, perché: 1. utilizzano risorse pubbliche; 2. coinvolgono attivamente in questo processo di erogazione anche i destinatari stessi degli interventi, rendendo così visibile che questi beni pubblici sono davvero “beni comuni”. In questi contesti le organizzazioni svolgono spesso anche la funzione di “incubatore sociale” di altre organizzazioni (associazioni giovanili e/o cooperative, piuttosto che microimprese) generando quindi cittadinanza, impresa, lavoro. Con l’istituzione del Ministero e l’avvio di questa “stagione dei bandi”, questi soggetti hanno ricevuto un notevole impulso: ciò può permettere loro un salto di qualità in termini di costituzione di sistema. Infatti i know how di questi Enti ed organizzazioni sono evidenti e rappresentati dall’altissimo numero di progetti presentati nell’ambito dei primi bandi indetti dal Ministero (Fig. 4.3).

69

F. Dalla Mura, Appalti, concessioni e convenzioni tra enti pubblici e terzo Settore, “IlSole24ore”, Milano 2005. 70 ad es. l’appalto, forma principale di affidamento dei servizi socio-educativi. 71 Procedimenti di affidamento quali concessioni, accreditamenti, Accordi di programma, Protocolli di Intesa, bandi per ricerca di partner per progettazione e gestione, ecc. 72 Va infatti ricordato che i servizi e gli interventi gestiti dalla cooperazione sociale in questo ambito sono quasi tutti di durata inferiore ai tre anni.


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Fig. 4.3 - Le proposte presentate al Ministero dai diversi attori73

527

97

3.639

3.179

Gruppi informali di giovani Comuni, Città Metropolitane e universitarie

Terzo Settore Province

Un indicatore qualitativo è invece il coinvolgimento nel Terzo settore nelle prime sperimentazioni relative ai Piani Locali Giovani ed ai Piani Giovani di Zona, se non addirittura nei Patti territoriali e nei Distretti territoriali, ricomprendendo le politiche giovanili nell’ambito delle politiche di sviluppo locale, autentica mission di questi interventi. Questo Terzo settore che oggi nel nostro Paese si occupa di adolescenti e giovani non è raggruppato in una rete nazionale omogenea, a differenza dei diversi netwok presenti in Europa che concertano direttamente con le istituzioni europee strategie ed interventi. In Italia questo può essere un obiettivo. Oggi comunque alcuni network hanno intrapreso questa via: tra questi (rischiando di dimenticarne alcuni), senz’altro CGM “Luoghi per crescere”, la rete delle organizzazioni del CNCA con un gruppo di lavoro ad hoc, l’Associanimazione74 (che promuove i meeting nazionali dei centri, spazi e contesti di aggregazione), la rete Libera, le già citate Arci e Acli, le associazioni studentesche, lo scoutismo, quelle – più specifiche - delle botteghe del Commercio Equo (la più diffusa è CTM Altromercato), quella del turismo studentesco CTS, degli ostelli della gioventù, le associazioni ambientaliste (a partire da Legambiente), la CdO, i Centro Servizi per il volontariato ed il Mo.Vi, le diverse organizzazioni religiose nazionali (in primis quelle cattoliche, con la Comunità di Sant’Egidio e la Gioventù Francescana), le tante associazioni nazionali di promozione sportiva, sociale e culturale. Alcune di queste reti fanno parte, a loro volta, del Forum Nazionale Giovani. In conclusione, è possibile rielaborare una matrice SWOT (tabella 4.7) per sintetizzare quanto fin qui detto.

73

Per quanto riguarda il numero dei Comuni (480) si fa riferimento alla stima del risultato atteso rispetto al Bando Anci 2010 (Giovani Energie in comune) pubblicato a fine 2009. 74 Si veda rispettivamente www.luoghipercrescere.it, www.cnca.it e www.associanimazione.org.

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Tabella 4.7 - La SWOT delle organizzazioni del Terzo settore che si occupano di giovani Opportunità - Presenza di reti di organizzazioni; - forte riconoscimento dello youth work in ambito europeo; - i bandi ministeriali hanno portato più risorse a queste organizzazioni che hanno avuto un nuovo impulso; - riconoscimento del know how di queste organizzazioni da parte delle istituzioni locali.

Minacce - Assenza di un sistema di rappresentanza ufficiale di queste organizzazioni; - scarso riconoscimento dello youth work in Italia; - non riconoscimento di un ruolo di confronto progettuale di queste organizzazioni; - rischio di forte dipendenza dall’Ente pubblico.

Punti di forza - Presenza di know how in materia di lavoro con adolescenti e giovani e nella gestione dei Servizi ed interventi loro rivolti; - dinamismo e passione come dimensione che guidano anche l’azione sociale, fino ad impostare azioni imprenditive; - promozione culturale e sociale della “questione giovanile”; - radicamento sul territorio (lo abita e contribuisce a costruire comunità) e possibilità di costruire alleanze locali (ad es. tra scuola ed extrascuola).

Criticità - Azione basata più su logiche da “paraStato”, che non da “impresa sociale” vera e propria; - sottocapitalizzazione e margini economici ridotti; - (di conseguenza), predisposizione limitata all’investimento; - assenza di un network nazionale e/o regionale che raccoglie queste organizzazioni; - basso riconoscimento a livello politico delle capacità propositive e progettuali di questi soggetti.

4.4 LE ORGANIZZAZIONI GIOVANILI

Il mondo ricco e variegato dell’associazionismo giovanile conta più di 50 organizzazioni di dimensione nazionale e una galassia di aggregazioni locali, costituendo in tutte le sue forme e caratteristiche una vera forza trainante della società civile. Infatti rispetto al promuovere tipologie di azioni di spirito europeo “giovani per i giovani” è infatti dal mondo del no-profit e dell’associazionismo che provengono le iniziative più valide che hanno per destinatari e protagonisti i giovani.75 La Carta europea di partecipazione dei giovani76 afferma che i giovani tendono ad “associarsi” per condividere interessi e passioni e/o realizzare un progetto comune, creare qualche cosa di concreto con altre persone in svariati settori. La Carta considera quindi l’Associazionismo giovanile come una forma privilegiata di partecipazione dei giovani alla vita locale, un laboratorio di acquisizione di “competenze sociali”, di palestra per l’assunzione di un ruolo pubblico e la formazione alla cittadinanza attiva, nonché di sperimentazione e di orientamento professionale e di sviluppo di una attitudine al lavoro, soprattutto di gruppo. A volte queste organizzazioni sono una “anticamera” (o un “incubatore sociale”) per trasformarsi in qualcosa d’altro, ad esempio una microimpresa o una attività specifica, piuttosto che un impegno diretto 75

Ministero per le Politiche Giovanili e le attività Sportive: “Piano Nazionale Giovani”, Roma 27 febbraio 2007. 76 Consiglio d’Europa, Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa: “Carta Europea riveduta della partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale”, Strasburgo 2003.


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nelle istituzioni locali. Da un certo punto di vista, queste organizzazioni giovanili possono essere definite delle vere e proprie “agenzie di educazione non formale”. Le considerazioni che seguono hanno come orizzonte di riferimento l’analisi di queste organizzazioni locali, attive nella promozione di opportunità a livello comunale e di quartiere. In questo ambito emerge infatti che l’associazionismo giovanile è sempre più il luogo della sperimentazione, del fare esperienze, anche imprenditive, organizzative, lavorative, mettendo alla prova attitudini ed acquisendo competenze. Le associazioni sono molto meno di una volta il luogo dell’appartenenza identitaria e totalizzante, pur non escludendo certo l’aggregazione su valori forti (es. legalità) dove la “militanza”, assume forme diverse, anche on line o di piazza, a volte di tipo “smart” o comunque legate anche ad attività promozionali ed organizzative. Infatti la “dimensione del fare”, è sempre complementare a quella culturale e/o ideale. Un altro tratto comune delle organizzazioni giovanili, a prescindere dalla forma giuridica adottata (anche tra profit e non profit)77 è il fatto di essere vissute quasi come delle vere e proprie “imprese”, con ripartizioni di ruoli simili a quelli delle principali funzioni aziendali interne ed esterne (si pensi al presidente, responsabile della comunicazione, dell’amministrazione, alle pubbliche relazioni e promozione, ai rapporti con le banche e con i Comuni, ecc.). Queste logiche sono ben evidenti nelle capacità dimostrate da gruppi di giovani di partecipare in modo sempre numeroso a bandi legati ad idee innovative: si pensi ad esempio ai 3.639 progetti predisposti (con 15.738 partecipanti) per il Bando ministeriale “Giovani idee migliorano l’Italia” ed alle 1.670 proposte in occasione del bando “Principi attivi” della Regione Puglia. Condivisi sono anche spesso gli ambiti di intervento: 1. sviluppo del territorio; 2. arte, cultura e festival, gestione di eventi; 3. turismo leggero (e responsabile); 4. “gusto e sapori”; 5. ICT; 6. sport ed entertainment; 7. settore socio-assistenziale-educativo e nidi; 8. creatività e design (factory); 9. recupero di spazi urbani; 10. energie rinnovabili, 11. etica (commercio equo, 500 botteghe in Italia, 15.000 giovani), recupero e re-styling; 12. “imprenditività leggera” legata a percorsi di creatività nei contesti locali e marketing territoriale; 13. sistemi bibliotecari e didattica museale, oltre in genere ad opportunità innovative. 77

Volontariato giovanile, associazionismo giovanile tradizionale, ONG, cooperative e Organizzazioni Non Profit governate da giovani, imprenditoria giovanile, microimprese.

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Organizzazioni giovanili profit (microimprese) e non profit, vivono spesso anche gli stessi passaggi e difficoltà, legate soprattutto a: 1. Mancanza di supporti e difficoltà nelle fasi: • di start up (passaggio dall’idea all’impresa); • dell’accesso al credito, alla ricerca di clienti e fornitori (intesi anche in senso lato); • dei costi legati a tempi e ostacoli della burocrazia; • la fiscalità pesante di cui sono oggetto le imprese giovanili, trattate come tutte le altre e quindi soggetto agli “studi di settore”, basate su presunzioni di fatturato, invece che sulle situazioni reali. 2. Mix dei canali/opportunità di finanziamento e cioè: • la progettualità legata a bandi pubblici (anche per l’avvio d’impresa) e/o di Fondazioni (expertise per “formulari”, budget e business plan); • le scarse risorse iniziali necessarie all’autofinanziamento; • il fond raising e le sponsorizzazioni; • le aziende di credito (anche per le non profit). Sono simili anche i punti di forza e cioè: 1. Le capacità legate a: • individuare facilmente i fattori critici di successo dei vari progetti (che a volte sono gli attrattori locali, le innovazioni, l’appeal del prodotto, le pubbliche relazioni, ecc); • conoscere il mix tra creatività ed innovazione, territorio e giovani; • disporre di potenzialità rispetto alla creazione di valore (in primis lavoro), sapendo “osservare la realtà per intraprendere”; 2. La percezione del valore della comunicazione, delle relazioni pubbliche e del marketing, come dimensione stessa dei processi d’impresa (dal fare comunicazione ad essere comunicazione); 3. Conoscenza degli strumenti di “unconventional marketing”; 4. Presenza di fondamentali “intangibile assets”: • idee innovative, ricerca e sperimentazione, valori etici (es. Responsabilità Sociale di Impresa); • il “tempo” come valore (considerato come “fattore produttivo” vero e proprio); • le risorse umane come fattore strategico. 5. L’organizzazione del lavoro in cui: • ci si muove tra alta motivazione e ricerca di garanzie; • si lavora prevalentemente per progetti ed in equipe; • vi è una governance orizzontale (“organigramma piatto”) e a rete; • vi è un mix tra professionalità specifica, ruolo definito ed il multitasking; • le organizzazioni sono flessibili e dinamiche, con propensione alla mobilità.


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Una precisazione, anche in questo caso, va fatta tenendo presente che in alcune aree del Paese (in particolare alcune regioni del Sud) creare microimprese da una parte ed associazioni dall’altra è ancora più complicato, sia per la fatica a reperire le informazioni necessarie sia per un “deficit di legalità” che rende ancora più difficile fare impresa per i giovani così come per l’attivarsi in associazioni per esprimere la propria opinione o un impegno diretto per il territorio. Con l’obiettivo di offrire una sintesi, in tabella 4.8 si riporta una SWOT con le principali dimensioni interne ed esterne, i punti di forza e le criticità di questa tipologia di organizzazioni. Tabella 4.8 - La SWOT delle organizzazioni giovanili Opportunità - Basso costo delle nuove tecnologie il cui uso può costituire un vantaggio strategico. - Presenza di nuovi attori come potenziali finanziatori (es. Fondazioni). - Forte riconoscimento europeo. Punti di forza - Idee innovative, ricerca e sperimentazione come “intangibile assets”. - Il “tempo” come valore (fattore produttivo) e le risorse umane come fattore strategico. - Essere portatori di innovazione, tendenze e nuovi valori (es. fonti rinnovabili, agricoltura bio, ecc). - Spirito di iniziativa, entusiasmo, passione per un progetto in cui si crede. - Creatività ed innovazione. - Lavorare con attori di cui ci si fida e con competenze complementari ed integrate. - Motivazione a “costruirsi un futuro migliore”. - Capacità di coinvolgimento di partner a diversi livelli. - Incoscienza e propensione al rischio. - Propensione a lavorare in gruppo. - Facilità nel raccogliere e condividere dati ed informazioni. - Disponibilità a spendere energie, tempo, competenze e capacità di guardare oltre il calcolo utilitaristico immediato. - Facilità nello scambio di esperienze e competenze. - Conoscenza dei contesti locali e delle loro potenzialità comparate con altre (anche grazie a viaggi e relazioni amicali). - Vicinanza anagrafica e di vissuto con un pubblico giovane.

Minacce - Fiscalità pesante (nessuna deroga agli “studi di settore”). - Ostacoli burocratici. - Difficoltà di accesso al credito, in un mercato che si muove quasi esclusivamente su una valutazione di garanzie. Criticità - Poca esperienza. - Bassa credibilità esterna. - Difficoltà nel trovare una formazione specifica. - Poca disponibilità economica (autofinanziamento). - Sfiducia nei propri mezzi (rischio di arrendevolezza alle prime difficoltà). - Rischio di poca concretezza e capacità di usare risorse in modo concreto e duraturo. - Difficoltà nel promuovere e reggere una progettualità a lungo termine. - Pregiudizio del mondo adulto. - Tempi lunghi nei rapporti con la PA. - Ostacoli della burocrazia.

203


204

IL CASO ITALIA Capitolo 4 _ Terzo settore e organizzazioni giovanili: situazioni e tendenze di percorsi, interventi per e con i giovani

4.5 IL FORUM NAZIONALE GIOVANI

Il Forum Nazionale Giovani (FNG) nasce da un percorso “dal basso” tra i principali network associativi italiani per tentare di trasformare le esperienze ed i know how in azione politica per le nuove generazioni, grazie ad un confronto con i policy maker nazionali. Il FNG è quindi una associazione di secondo livello, composta da 76 organizzazioni nazionali, presenti su almeno 5 regioni e con un minimo di 300 iscritti, il 75% dei quali di età inferiore ai 35 anni. Il Forum Nazionale dei Giovani è stato riconosciuto con la Legge 311 del 30 dicembre 200478 (con un fondo di 500.000 euro) dal Parlamento Italiano ed è l’unica piattaforma nazionale di organizzazioni giovanili italiane che garantisce una rappresentanza di oltre 3,5 milioni di giovani. Il FNG è membro del Forum Europeo della Gioventù (European Youth Forum) che rappresenta gli interessi dei giovani europei presso le istituzioni internazionali ed è composto dai Consigli Nazionali dei Giovani e dalle organizzazioni non governative europee. Gli obiettivi principali del FNG sono la creazione di uno spazio per il dibattito e la condivisione di esperienze tra le associazioni giovanili di diversa formazione e natura (giovanili di partito, giovanili di sindacati, associazioni religiose, di promozione sociale, di categoria, studentesche, etc.) e le istituzioni Italiane ed Europee, presso le quali svolge un ruolo consultivo e propositivo in tema di Politiche Giovanili. In un’ottica di promozione della partecipazione attiva delle giovani generazioni sostiene la nascita e lo sviluppo di organizzazioni di volontariato, favorisce il coinvolgimento dei giovani alla vita sociale, civile e politica del Paese, avvicinandoli alle istituzioni attraverso attività mirate. Attualmente il Forum è in relazione diretta con il Ministero alla Gioventù (anche in relazione all’appartenenza al Forum europeo della gioventù) che spesso ne patrocina le iniziative e concede un contributo annuale di 495.000 euro. Obiettivo del FNG è promuovere un vero e proprio organismo di rappresentanza giovanile, come negli altri Stati europei, con status consultivo su temi che riguardano i giovani (quindi con potere di fornire pareri non vincolanti ma obbligatori). Obiettivo è l’istituzione di questo organismo con legge dello Stato che ne riconosca l’indipendenza, l’autonomia finanziaria e che possa essere più rappresentativo e maggiormente inclusivo di quello attuale, attento anche alle forme di partecipazione non formale. Il Forum ha attivato anche un “centro studi per le politiche giovanili” in collaborazione con il CNEL, per la realizzazione di progetti di ricerca nell’ambito di giovani, politiche giovanili, partecipazione attiva e ricambio generazionale. Nel 2008 sono state pubblicate ricerche sul ricambio generazionale in Italia79 e sulla partecipazione giovanile, in collaborazione con CSV.net . Questo lavoro per78

La sottosegretaria al Welfare con delega alle politiche sociali e volontariato, Grazia Sestini, fu il primo riferimento. 79 Forum Nazionale dei Giovani – CNEL, U.R.G! Urge ricambio generazionale. Primo rapporto su


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

mette oggi al FNG di avvalorare le tesi che promuove oltre a dimostrare consapevolezza rispetto ai temi trattati e scientificità nel lavoro svolto. Tabella 4.9 - I componenti del Forum Nazionale Giovani ACAI (Associazione Cristiana Artigiani Italiani ) – AIG (Associazione Italiana Alberghi Gioventù) - AFSAI (Associazione per la Formazione, gli Scambi e le Attività Interculturali ) – AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) - AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport) – AMESCI - ASI (Alleanza Sportiva Italiana) - ARCIGAY- ARCIRAGAZZI - ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIOVANI AL CENTRO - AZIONE CATTOLICA ITALIANA - AZIONE GIOVANI CDE BARI – CENTRO SPORTIVO ITALIANO – CONSULTA REGIONALE GIOVANI DEL PIEMONTE – COORDINAMENTO NAZIONALE GIOVANI FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani) – CTG (CENTRO TURISTICO GIOVANILE) – CNGEI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori Esploratrici Italia) - ERA (Esperanto Radikalia Asocio Onlus) – FGS (Federazione dei Giovani Socialisti) - FEDERAZIONE CEMEA - FONDAZIONE EXODUS ONLUS - FORUM REGIONALE DEI GIOVANI DELLA BASILICATA - FORUM REGIONALE DEI GIOVANI DELLA CAMPANIA - FORUM REGIONALE DEI GIOVANI DEL PIEMONTE - FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) - GFE (Gioventù Federalista Europea) - GIFRA (Gioventù Francescana d’Italia) – GIOC (Gioventù Operaia Cristiana) - GIOVANI DELLE ACLI – GIOVANI del PPE (Partito Popolare Europeo) - GIOVANI DEL MONDO UNITO - GIOVANI DELLA MARGHERITA – GIOVANI POPOLARI UDEUR - GIOSEF (Giovani senza frontiere) - GIOVANI LIBERALI - GIOVANI EUROPEI.COM - GIOVANI FIM/ CISL – GIOVANI MOVIMENTO PER LA VITA - GIOVANI MUSULMANI D’ITALIA - GIOVANI VERDI – GIOVANI ITALIA DEI VALORI – HANDIAMO onlus - LEGAMBIENTE - MOVIMENTO GIOVANILE COLDIRETTI - MOVIMENTO GIOVANILE MISSIONARIO – MSC (Movimento Studenti Cattolici) – MGL (Movimento Giovani Lasalliani) – NMGS (Nuovo Movimento Giovanile Socialista) – GIOVANI LIBERALDEMOCRATICI - SINISTRA ECOLOGISTA – SINISTRA EUROPEA GIOVANI - SINISTRA GIOVANILE - SCI (Servizio Civile Internazionale) - UDC GIOVANI – UDS – (Unione degli studenti) - UGEI (Unione giovani ebrei) - UIL GIOVANI (Unione Italiana lavoratori) - UGL GIOVANI (Unione generale del lavoro) - UISP (UNIONE ITALIANA SPORT PER TUTTI) - YAP ITALIA (Youth Action for Peace). Osservatori: AGIM Associazione Giovani Italiani nel Mondo, Associazione AURIGA, Croce Rossa Italiana, Anci giovane. Fonte: www.forumnazionaledeigiovani.it

quanto e come il nostro Paese si rinnova, Ed. Rubbettino, Roma 2009.

205


IL CASO ITALIA Nota metodologica

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Nota metodologica Arianna Bazzanella e Giovanni Campagnoli

Il contenuto dei precedenti capitoli 2, 3 e 4 è l’esito di un lavoro di ricerca nel settore degli interventi nel campo della gioventù elaborato tra luglio e dicembre 2009 e che dà conto dei forti cambiamenti istituzionali e organizzativi avvenuti dal 2006 (a partire dall’istituzione di un Ministero ad hoc) e dei primi risultati emergenti. Una “rivoluzione silenziosa” che ha dato nuova vitalità ad un settore che dovrebbe essere considerato strategico per lo Stato ma che ha invece richiesto 60 anni di Repubblica per essere riconosciuto a livello ministeriale. Oggi le questioni giovanili cominciano a venire affrontate come tematiche importanti per lo sviluppo del Paese e senz’altro la crisi del 2009 è stata funzionale al prestare maggiore attenzione ai segnali di innovazione, facendo inserire nell’agenda politica alcune di queste tematiche. Questo percorso di ricerca è cominciato con una desk analysis per poi misurarsi sul campo con alcuni interlocutori chiave appartenenti ai diversi livelli istituzionali e ai vari network nazionali attivi in questo settore. Alle loro evidenze, indicazioni, spunti, rimandi e tematiche da approfondire (oltre a tantissimi dati, informazioni e documentazione) si è aggiunta un’ulteriore fase di confronto ed ascolto con altri attori attivi nel settore appartenenti alle istituzioni, al mondo giovanile, a quello accademico, alle professioni, al Terzo Settore, tra gli operatori di politiche giovanili e youth workers. Una seconda fase complementare alla prima che ha arricchito il lavoro con ipotesi, tendenze, criticità, punti di forza, approcci metodologici, verifiche dei risultati, pratiche di lavoro. E con uno sguardo sempre rivolto all’Europa. Complessivamente un percorso di ascolto e di rielaborazione di una cinquantina di incontri con realtà di tutto il territorio nazionale, denso di interviste ed arricchito con presenze a seminari e convegni. La ricerca ha, quindi, permesso di verificare e confrontare dati, ipotesi, tendenze e riflessioni teoriche, frutto di prassi operative di chi quotidianamente “pratica politiche giovanili” in ruoli diversi. Il risultato del lavoro descritto nelle pagine precedenti è, quindi, una prima sintesi dello stato dell’arte sulle politiche giovanili e sulle linee d’azione nel nostro Paese e anche un primo resoconto dei risultati delle sperimentazioni attivate, delle innovazioni in corso, delle tendenze già riscontrabili in una “nuova generazione” di dispositivi in materia di giovani. Alla descrizione qualitativa si affianca la parte quantitativa con una serie di dati di settore, inediti o difficili da reperire altrove ed ancora di più da produrre. Si tratta, in conclusione, di un contributo alla riflessione culturale in materia, che offre sia spunti per un confronto sia temi per un aggiornamento, considerando che l’ultima ricerca su questi argomenti risale al 2000.1 Un’occasione, quindi, per 1

Infatti nel 2000 Istituto IARD ha coordinato per conto della Commissione Europea – Direzione


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rilanciare e contribuire all’azione di promozione culturale sulle politiche giovanili, sapendo che mai come ora questo è un settore “in progress”, pieno di fermenti, che pone sfide sempre nuove, costantemente da verificare ed aggiornare. Il disegno di ricerca

Il case study relativo all’Italia presentato nelle pagine precedenti consta di due moduli distinti: un’indagine desk e un’indagine qualitativa. 1) L’indagine desk ha previsto due fasi: • una desk research per arrivare ad una mappatura dell’esistente a livello Ministeriale e per ciascuna Regione circa la presenza di Assessorati per i giovani ovvero deleghe ovvero Uffici di Competenza e loro modalità organizzative. Lo stesso si è riprodotto a livello provinciale e comunale, ricercando dati di secondo livello direttamente da fonti delle rispettive rappresentanze. A livello regionale si è impostata una ricerca sulle diverse leggi presenti, evidenziando punti di forza, criticità, innovazioni presenti; inoltre si sono rintracciate alcune sperimentazioni a livello comunale ed il ruolo degli Enti Locali in questo ambito specifico. • Una desk analysis per rintracciare tra gli obiettivi dei 21 APQ sottoscritti, tipologie e modelli di intervento simili tra le Regioni ed evidenziare buone pratiche di lavoro. In particolare si sono proposti una suddivisione dei contenuti, una rielaborazione delle risorse, alcune stime economiche e possibili indicatori. Infine, per ogni livello istituzionale, si è elaborata una matrice SWOT sulla base di quanto emerso. Fonti informative utilizzate I documenti e le fonti utilizzate sono stati i web istituzionali di Regioni, Province, Comuni, Ministero, centri di ricerche, istituzioni europee, network nazionali in materia di politiche giovanili, ecc. I web istituzionali utilizzati sono quelli segnalati nella bibliografia. Analisi L’analisi si è svolta arrivando all’elaborazione di griglie in base alla presenza delle principali funzioni e responsabilità in materia di politiche giovanili nei diversi enti pubblici territoriali. Tempi Nel complesso questo modulo ha avuto una durata di circa 6 mesi tra luglio e dicembre 2009.

Generale Ricerca – lo “Studio sulla condizione e sulle politiche giovanili (EUROGiovani)”.

207


IL CASO ITALIA Nota metodologica

208

2) L’indagine qualitativa ha previsto la realizzazione di interviste face to face condotte ad un campione di osservatori privilegiati finalizzate alla raccolta di dati ed informazioni di tipo qualitativo e quantitativo. Gli intervistati sono stati scelti tra interlocutori-chiave appartenenti ai diversi livelli istituzionali e a vari network nazionali attivi nell’ambito delle politiche giovanili: • il Consigliere del Ministero per la Gioventù; • tre referenti di altrettanti APQ regionali per ognuna delle tre macro aree geografiche nazionali (Nord, Centro, Sud); • un referente APQ della Provincia Autonoma di Trento; • il Direttore della rete di Comuni Iter; • il Direttore del Coordinamento Nazionale Informagiovani; • un referente dell’Unione Province Italiane sulle politiche giovanili; • una referente tecnica dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Bologna. Da questo lavoro si sono ottenuti dati rispetto al ruolo svolto da ciascuno degli attori e si è ricavato un quadro completo rispetto a priorità, obiettivi e risultati attesi nel nostro Paese nell’ambito delle politiche giovanili. La tabella sottostante riporta il dettaglio degli attori intervistati:2 N.

Nome

Ruolo

Livello Nazionale 1

Mauro Rotelli

Consigliere della Ministra, Staff Ministero Gioventù,

2

Alberto Serafin

Direttore Coordinamento Nazionale degli Informagiovani

Livello Regionale 3

Annibale D’Elia

Referente APQ della Regione Puglia

4

Samuele Rocca

Referente APQ della Regione Piemonte

5

Marina Mingozzi

Referente APQ della Regione Emilia Romagna

6

Carlo Basani

Dirigente della Provincia Autonoma di Trento

7

Livello Provinciale Lucilla Dorazio Direttore Provinciale della Provincia di Pesaro-Urbino e Referente Unione Province Italiane per il Meeting Internazionale di Urbino sulle politiche giovanili.

8

Federica Govoni

Referente Tecnico dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Bologna

Livello Comunale 9

Marco Mietto

Direttore della Rete Comuni Iter

Modalità di realizzazione e traccia di intervista Gli osservatori privilegiati sono stati contattati tramite mail e comunicazioni istituzionali inviate direttamente dall’Osservatorio permanente sulla condizione dell’in2

In questa tabella e in quella successiva il termine “referente” APQ non identifica un ruolo organizzativo istituzionalizzato ben preciso bensì indica semplicemente chi è stato individuato (nel corso di questa ricerca) ed intervistato come soggetto competente per le questioni legate allo sviluppo dell’Accordo di Programma Quadro nella Regione di riferimento.


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

fanzia e dei giovani della Provincia Autonoma di Trento, titolare della ricerca. Questo primo contatto di presentazione generale del lavoro ne anticipava uno successivo da parte dell’intervistatore per organizzare l’incontro in cui effettuare l’intervista la cui durata è stata di circa 40 minuti ciascuna. Le 9 interviste di questo campione principale sono state condotte attraverso un colloquio face to face seguendo una traccia semi-strutturata (riportata in tabella) i cui contenuti variavano a seconda dei livelli istituzionali territoriali degli interlocutori. Il colloquio era quindi guidato dall’intervistatore con il fine di toccare i punti chiave individuati nella fase di progettazione. Schema della traccia di intervista Area

Oggetti

Livello nazionale

Il ruolo del Ministero e l’azione propulsiva Gli attori e le risorse in campo Individuazione di obiettivi e priorità Analisi degli strumenti adottati e dei risultati già ottenuti Opportunità minacce, punti di forza e criticità dell’azione

Livello regionale

Il nuovo ruolo delle Regioni Lo strumento degli APQ: analisi di buone prassi La metodologia di concertazione Il rapporto con i Comuni Analisi degli strumenti e dei risultati già ottenuti Opportunità minacce, punti di forza e criticità dell’azione

Livello provinciale

Il nuovo ruolo delle Province Il rapporto con i Comuni Analisi di buone prassi e dei risultati ottenuti con i bandi UPI Opportunità minacce, punti di forza e criticità dell’azione

Livello comunale

La conferma del ruolo dei Comuni e le innovazioni progettuali Spazi giovanili e centri Informagiovani Rapporti con il Terzo settore e con le organizzazioni giovanili Sussidiarietà orizzontale e welfare municipale Le reti nazionali dei Comuni La metodologia dei Piani Locali Giovani Opportunità minacce, punti di forza e criticità dell’azione

Successivamente sono stati contattati e coinvolti diversi altri soggetti invitati a commentare, approfondire o discutere i risultati del lavoro di analisi di queste prime interviste: si tratta di altri 41 attori-chiave attivi nel “settore gioventù”. Anche in questo caso sono state condotte interviste face to face (solo in cinque casi si è ricorsi a quella telefonica) ma questa volta focalizzate su oggetti e contenuti specifici relativi all’ambito di lavoro dell’interlocutore. Tali interviste hanno permesso la raccolta di dati, materiali, informazioni e riflessioni che hanno completato e arricchito la prima fase. Sono stati intervistati 12 referenti di APQ regionali, i responsabili dei principali network nazionali istituzionali e del Terzo settore attivi in materia, alcuni Assessori

209


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IL CASO ITALIA Nota metodologica

comunali, giovani impegnati in organizzazioni di tutta Italia, docenti e testimoni autorevoli di alcuni fenomeni giovanili. In questo caso la durata dell’intervista è stata più breve, mediamente di 30 minuti e quando si è ricorso all’intervista telefonica (sempre su appuntamento) di 20/25 minuti. Le 41 persone contattate sono state: N.

Nome

Ruolo

Livello regionale 1

Abagnato Fabio

Collaboratore dell’Assessorato alle Politiche Giovanili della Regione Emilia

2

Andolfo Claudio

Referente APQ della Provincia Autonoma di Bolzano

3

Andorlini Carlo

Referente APQ della Regione Toscana

4

Bonsuan Carla

Referente APQ della Regione Veneto

5

Castelnovo Marinella

Dirigente Regione Lombardia e referente APQ

6

Genesin Anna Doris

Referente APQ della Regione Liguria

7

Ghedini Orsola Patrizia

Dirigente dell’Assessorato alle Politiche Giovanili della Regione Emilia Romagna

8

Palomba Cristofaro

Referente APQ della Regione Campania

9

Unterweger Viani Terzo Dirigente Regione Friuli Venezia Giulia e referente APQ

10

Volpone Antonio

Collaboratore dell’Assessorato alle Politiche Giovanili della Regione Emilia Romagna

11

Zaccaron Giorgina

Dirigente della Regione Liguria

Livello provinciale 12

de Angelis Pina

Comunità di pratiche delle Marche

13

Letizia Dini Maria

Formatrice UPI

14

Pecci Piero

Unione Province dell’Emilia Romagna

15

Ramazza Stefano

Collaboratore dell’Assessorato alle Politiche giovanili della Provincia di Bologna

Livello comunale 16

Bramati Luca

Ancitel Lombardia

17

Cattozzi Giovanni

Assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Rovigo

18

Longoni Egidio

Ancitel Lombardia

19

Melgiovani Rosanna

Responsabile Informagiovani del Comune di Torino

20

Noli Daniela

Assessore alle Politiche Giovanili del Comune Cagliari

21

Salivotti Giulio

Anci Piemonte Giovani

22

Taverniti Achille

ANCI Lombardia

23

Vernelli Francesco

Responsabile Informagiovani di Ancona

Terzo settore ed organizzazioni giovanili 24

De Cesari Paola

Presidente consorzio nazionale CGM- Luoghi per crescere

25

De Napoli Antonio

Portavoce del Forum Nazionale giovani, Roma

26

Destefani Stefano

Associanimazione, org. meeting nazionale spazi giovanili, Rovigo

27

Gagliardo Michele

Gruppo Abele – Progetto Albachiara Provincia di Pistoia

28

Gaviota Rosario

Associazione Landieri, Scampia, Napoli

29

Giannachi Massimo

Presidente Associazione I saturnali, Goito (Mantova)

30

Mattiello Davide

Consiglio direttivo Libera, Roma e Presidente di Acmos, Torino

31

Moneta Stefano

Presidente Cooperativa Sociale Lotta e CNCA

32

Pellegatta Milena

Junior Achievement, Milano

33

Preite Laura

Presidente Associazione Terra del Fuoco, Bari


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

34

Ravanese Livio

Presidente Cooperativa Sociale Goal, Locri

35

Riccobono Dario

Presidente di AddioPizzo Travel, Palermo

36

Volani Dario

Responsabile Centro studi La Strada, Bolzano

Altro 37

Caio Giulio

Università degli Studi di Bergamo

38

Colleoni Maurizio

Referente Sentieri di futuro (Sondrio e Trento)

39

Grassi Riccardo

Istituto IARD RPS, Milano

40

Laffi Stefano

Codici e Ricerche, Milano

41

Nava Sergio

Giornalista di Radio 24

Complessivamente, dunque, questo modulo ha riguardato 50 incontri realizzati su tutto il territorio nazionale. Tutte le interviste sono state condotte con la finalità comune di approfondire sia il contesto generale attuale sia alcuni fattori specifici delle politiche giovanili, anche al fine di elaborare un documento di sintesi in materia. La matrice SWOT Nel lavoro si è fatto spesso ricorso alla metodologia di analisi SWOT (conosciuta anche come Matrice SWOT) che è uno strumento di analisi e valutazione (al fine di una pianificazione strategica su obiettivi fissati) usata per valutare i punti di forza (Strengths), i punti di debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un ambiente interno ed esterno in cui si agisce come organizzazione (o ente), progetto (o singolo): minacce e opportunità fanno riferimento all’ambiente esterno e al sistema in cui si agisce; i punti di forza e le criticità sono elementi più interni. In ogni Capitolo vi è un paragrafo (o due) con un documento di sintesi costruito con questa matrice. Tempi Nel complesso questo modulo di ricerca ha avuto una durata di circa 3 mesi, tra ottobre e dicembre 2009.

211


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IL CASO ITALIA Le fonti utilizzate

Il caso Italia: le fonti utilizzate Arianna Bazzanella e Giovanni Campagnoli

Di seguito si riportano le fonti consultate per la stesura dei Capitoli dedicati all’Italia. Come si vedrà, si tratta di un insieme eterogeneo di contributi cui corrisponde un altrettanto variegato insieme di tipi di informazioni: 1. Siti web 2. Leggi e regolamenti europei 3. Leggi e regolamenti italiani 4. Leggi e regolamenti regionali 5. Leggi regionali sul riconoscimento della funzione aggregativa e sociale degli Oratori 6. Gli Accordi di Programma Quadro 7. Ricerche, relazioni, convegni 8. Articoli 9. Altri documenti 10. Volumi

1  SITI WEB

http://adnkronos.giovani.it http://bollentispiriti.regione.puglia.it/ http://consiglio.regione.abruzzo.it/commv/ lavori.asp http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/ index_it.html http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/ publ/mag_en.html http://ec.europa.eu/youth http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/ page/portal/eurostat/home http://europa.eu.int/comm/public_opinion/ index_en.htm http://europa.eu/youth/ http://patto.basilicatanet.it/pcgcda/home.jsp http://roma.corriere.it http://temi.provincia.milano.it/giovani/ osservatorio.htm http://www.audipress.it/dati.html. http://www.demo.istat.it/

www.acli.it www.agenziagiovani.it www.almalaurea.it www.anci.it www.arci.it www.associanimazione.org. www.avvisopubblico.it www.azioneprovincegiovani.it www.borghiautenticiditalia.it www.censis.it www.cnca.it www.csi-net.it www.democraziainerba.it www.erasmusmundus.it www.eurispes.it www.eurodesk.it www.forunnazionaledeigiovani.com www.giovani.basilicata.it www.gioventu.it www.ilsole24ore.it


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

http://www.dg3molise.it http://www.giovani.regione.campania.it http://www.harrisinteractive.com http://www.invalsi.it http://www.lavoce.info http://www.lila.it http://www.medinews.it http://www.oecd.org http://www.oecdbookshop.org http://www.politichegiovaniliesport.it http://www.provincia.milano.it http://www.regione.calabria.it http://www.regione.fvg.it http://www.regione.liguria.it http://www.regione.lombardia.it http://www.regione.toscana.it http://www.repubblica.it http://www.scuolaedidattica.com http://www.sigo.it/ http://www.sip.it/ http://www.teenager.somedia.it/ http://www.vivoscuola.it/ www. fugadeitalenti.wordpress.com www.pyounews.it www.regione.emilia-romagna.it www.regione.lazio.it www.regione.liguria.it www.regione.sardegna.it/ www.regione.sicilia.it www.regione.toscana.it www.regione.vda.it www.regioni.it www.repubblica.it

www.indire.it www.infanziaediritti.it www.informagiovani.anci.it. www.iprase.tn.it www.istat.it www.istitutoiard.it www.iterwelfare.it www.lacittadeibambini.org www.lavoce.info www.luoghipercrescere.it www.minori.it www.miur.it www.oratori.org www.osservatorio.it www.pogas.marche.it www.politichegiovanili.it www.politichegiovanili.provincia.tn.it/ www.portaledeigiovani.it www.provincia.bz.it www.sardegnasociale.it www.serviziocivile.it www.sociale.regione.umbria.it www.svimez.it www.upinet.it www.vedogiovane.it www.venetogiovani.org www.venetosociale.it www.youthforum.org

213


214

IL CASO ITALIA Le fonti utilizzate

2  LEGGI E REGOLAMENTI EUROPEI

Risoluzione n.15131/09 del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea (Sessione Gioventù), “Un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il periodo 2010-2018”, Bruxelles, 17 nov. 09 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Nuove competenze per nuovi lavori - Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, Bruxelles, 4 nov ‘09 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. “Una strategia dell’Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità. Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù”, Bruxelles, 27 aprile 2009 Commissione delle Comunità europee: “Raccomandazione del Consiglio sull’aggiornamento nel 2009 degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e sull’attuazione delle politiche per l’occupazione degli Stati membri”, Bruxelles, 28.1.2009 COM(2009) 34 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente - (2006/962/CE) - Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 30.12.2006 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente - (2006/962/CE) - Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 30.12.2006 Commissione Europea:Comunicazione al Consiglio “Seguito del Libro Bianco della Commissione Europea”, Bruxelles, 27.03.2003 Consiglio d’Europa: “Nuova Carta europea dell’informazione della gioventù”, Bratislava, 19 Novembre 2004, Quindicesima Assemblea Generale dell’Agenzia europea per l’informazione e le consulenze ai giovani (ERYICA) Consiglio d’Europa, Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa: “Carta Europea riveduta della partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale”, Strasburgo 2003 Commissione Europea: “Libro Bianco della Commissione Europea: un nuovo impulso per la gioventù europea”, Bruxelles 2001 Raccomandazione del Parlamento europeo n. 1.437 del 2000 “Il ruolo dell’educazione non formale” Trattato europeo di Maastricht, 7 febbraio 1992


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

3  LEGGI E REGOLAMENTI ITALIANI

Decreto Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù, 29 ottobre 2008, “Riparto delle risorse finanziarie del Fondo per le politiche giovanili, per l’anno 2008” Legge 206/2003. “Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari” Legge 64/2001 “Istituzione del Servizio Civile Nazionale” Legge 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” D. lgs. 28 agosto 1997 n. 281 “Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali” Legge 285/1997, ”Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza” Disegno di legge: “Norme in materia di riconoscimento e sostegno alle comunità giovanili e disposizioni in tema di gioventù” Legge 216/91: “Primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose” DPR: 309/90: “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” Costituzione della Repubblica italiana, 1 gennaio 1948

215


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IL CASO ITALIA Le fonti utilizzate

4  LEGGI E REGOLAMENTI REGIONALI

Le leggi regionali in materia di politiche giovanili Regioni

Legge

Abruzzo

L.R. 19/2002

Basilicata Calabria Campania

Emilia Romagna

Friuli Venezia G. Lazio

Liguria Lombardia Marche Molise P.A. Bolzano P.A. Trento

Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Valle d’Aosta Veneto

Titolo

Disposizioni in materia di Comunità giovanili e istituzione della Consulta regionale dei giovani L.R. 11/2000 Riconoscimento e promozione del ruolo delle giovani generazioni nella società regionale L.R. 8/1988 Istituzione dei centri polivalenti per i giovani L.R. 2/2000 Progetto Giovani L.R. 14/1989 Istituzione del Servizio per le politiche giovanili e del forum regionale della gioventù L.R. 14/2000 Promozione ed incentivazione dei Servizi Informagiovani e Istituzione della rete territoriale delle strutture L.R. 21/1996 (poi abrogata) Promozione e coordinamento delle politiche rivolte ai giovani 14/2008 Norme in materia di politiche per le giovani generazioni L.R. 12/2007 Promozione della rappresentanza giovanile, coordinamento e sostegno delle iniziative a favore dei giovani L.R. 29/2001 Promozione e coordinamento delle politiche in favore dei giovani L.R. 20/2007 Promozione degli strumenti di partecipazione istituzionale delle giovani generazioni alla vita politica e amministrativa locale L.R. 6/2009 Promozione delle politiche per i minori e i giovani L.R. 45/1986 Interventi regionali per la promozione degli scambi socioculturali giovanili L.R. 46/1995 e modifiche con Promozione e coordinamento delle politiche di intervento le L.R. 2/1997 e 9/2003 in favore dei giovani e degli adolescenti L.R. 21/80 Istituzione della consulta regionale giovanile L.P. 13/1983 Promozione del servizio giovani nella Provincia di Bolzano L.P. 5/2007 Sviluppo, coordinamento e promozione delle politiche giovanili, disciplina del servizio civile provinciale L.R. 7/2009 Istituzione del consiglio provinciale dei giovani L.R. 16/1995 (e integrazioni Coordinamento e sostegno delle attività a favore dei con L.R. 5/2001) giovani L.R. 11/1999 Iniziative e coordinamento delle attività a favore dei giovani L.R. 22/1999 (poi abrogata) Interventi educativi per l’infanzia e gli adolescenti L.R. 27/1995 Istituzione del Forum della Gioventù e dell’Osservatorio regionale giovani L.R. 8/1997 Promozione di iniziative sociali, formative e culturali a favore dei giovani. Istituzione della Consulta giovanile L.R. 29/1988 e modifiche con Iniziative e coordinamento delle attività a favore dei giovani L.R. 37/1994 L.R. 17/2008 Promozione del protagonismo giovanile e della partecipazione alla vita sociale


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

5  LEGGI REGIONALI SUL RICONOSCIMENTO DELLA FUNZIONE AGGREGATIVA E SOCIALE DEGLI ORATORI Legge Regione Abruzzo

“Riconoscimento della funzione sociale ed educativa svolta dagli oratori parrocchiali e valorizzazione del ruolo nella Regione Abruzzo”. Anno 2001 Legge Regione Calabria “Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale svolta dalla comunità cristiana e dagli operatori parrocchiali nell’ambito del percorso formativo della persona”. Anno 2001 Legge Regione Friuli Venezia Giulia L.R. n. 2/02 Legge Regione Lazio “Riconoscimento della funzione sociale ed educativa degli oratori”. Anno 2001 Legge Regione Liguria Interventi regionali per la valorizzazione della funzione sociale ed Legge del 5 agosto 2004 educativa svolta dagli oratori e da enti religiosi che svolgono attività similari. Anno 2004 Legge Regione Lombardia “Azioni di sostegno e valorizzazione della funzione sociale ed educativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori”. Anno 2001 Legge Regione Marche “Interventi per la valorizzazione della funzione sociale ed educativa svolLegge n. 31/2008 ta dagli oratori e dagli enti religiosi che svolgono attività similari”. Anno 2008 Legge Regione Molise Riconoscimento della funzione educativa svolta dalle Parrocchie e valorizzazione del loro ruolo nella Regione Molise. Anno 2001 Legge Regione Piemonte “Riconoscimento e valorizzazione della funzione educativa, formativa, aggregatrice e sociale svolta dalle Parrocchie, dagli istituti cattolici e dagli altri enti di culto riconosciuti dallo Stato attraverso le attività di oratorio.” Anno 2001 Legge Regione Puglia “Sistema integrato d’interventi e servizi sociali in Puglia”. Anno 2001 Regione Sardegna “Norme in materia di valorizzazione e riconoscimento della funzione soLegge 27 gennaio 2010 ciale ed educativa degli oratori e delle attività similari”. Anno 2010 Legge Regione Umbria “Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori”. Anno 2001 Legge Regione Valle d’Aosta Interventi regionali per la valorizzazione della funzione sociale ed educativa svolta attraverso le attività di oratorio o attività similari e modificazione alla legge regionale 19 dicembre 2005, n. 34 (Legge finanziaria per gli anni 2006/2008) Legge Regione Veneto L.R. 3/03

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IL CASO ITALIA Le fonti utilizzate

6  GLI ACCORDI DI PROGRAMMA QUADRO Regione

Titolo APQ

Abruzzo

Protagonismo giovanile e partecipazione attiva

Basilicata

I Giovani come risorsa per lo sviluppo, l’attrattività e l’apertura dei territorio

Calabria

La Calabria ricomincia dai giovani

Campania

Accordo di Programma Quadro sulle politiche giovanili regionali

Emilia Romagna

Giovani Evoluti e Consapevoli” (GECO)

Friuli Venezia G.

Accordo di Programma Quadro sulle politiche giovanili regionali.

Lazio

Programma triennale degli interventi a favore dei giovani

Liguria

Giovani protagonisti

Lombardia

Nuova generazione di idee

Marche

Giovani Ri-cercatori di senso

Molise

Giovani al Lavoro

Provincia Autonoma di Bolzano

Interventi nel settore del Servizio Giovani

Provincia Autonoma di Trento

Accordo di Programma Quadro sulle politiche giovanili regionali

Piemonte

Passione da vendere – Un patto per la gioventù - Pyou

Puglia

Bollenti spiriti

Sardegna

Accordo di Programma Quadro sulle politiche giovanili regionali

Sicilia

Giovani protagonisti di sé e del territorio

Toscana

Sviluppo delle politiche giovanili della Regione Toscana

Umbria

I giovani sono il presente

Valle d’Aosta

La Valle d’Aosta per i giovani

Veneto

La sostenibilità del futuro – i giovani del Veneto


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

7  RICERCHE, RELAZIONI, CONVEGNI Censis (2009), 43° Rapporto Annuale, Roma Censis (2009), Verso un nuovo protagonismo delle Province, Upi, Roma Censis/Ucsi (2009), “Ottavo Rapporto sulla comunicazione”, Roma Novembre 2009 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (2005),

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I country reports



INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Capitolo 5 Danimarca Hans Jørgen Hanghøj Dam

5.1 I PRINCIPALI ATTORI NEL CAMPO DELLE POLITICHE GIOVANILI 5.1.1 Responsabilità per le politiche giovanili

Dal 1997 le politiche giovanili a livello nazionale sono coordinate dalla Commissione governativa sulla gioventù (Regeringens Ungdomsudvalg, www.uvm.dk/ungdom/generelt/regeringudvalg.htm), i cui membri sono il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero dei beni culturali, il Ministero del lavoro, il Ministero della finanza, il Ministero per gli affari sociali, il Ministero della giustizia, il Ministero delle politiche abitative, il Ministero degli interni ed il Ministero della sanità. L’amministrazione centrale ha creato una commissione parallela denominata Commissione interministeriale per la gioventù (www.uvm.dk/ungdom/ generelt/ dtu.htm), che comprende funzionari statali provenienti dagli stessi ministeri. Questa commissione ha il compito di supervisione, documentazione e valutazione dei programmi delle politiche giovanili in corso (Regeringens Børneudvalg, 1997). Il Ministro dell’Istruzione presiede la commissione interministeriale ed è inoltre responsabile del coordinamento delle politiche giovanili del governo. La struttura di coordinamento interministeriale è ancora attiva, tuttavia la sua rilevanza è andata scemando a partire dal 2001, quando il governo liberal-conservatore è salito al governo, succedendo a quello social-democratico. Il nuovo governo non ha dimenticato i giovani, ma ha sviluppato, come si vedrà, un approccio diverso. Non si sono registrati cambiamenti di rilievo in questi assetti istituzionali, dal 2007 a oggi. Il coordinamento delle politiche giovanili del governo risale a circa vent’anni fa. È il risultato di un aggiornamento delle politiche pubbliche per la gioventù che ha preso una forma definitiva a metà degli anni 90. Nel 1994, la Commissione governativa sull’infanzia (Regeringens Børneudvalg) ha dato inizio ad un lungo processo, il cui esplicito obiettivo era di sviluppare un programma governativo di politiche per la gioventù. Una revisione del lavoro già svolto (Zeuner, 1994) e poi una conferenza (Det tværministerielle børneudvalg, 1995), sono state organizzate di conseguenza. È stata inoltre realizzata un’indagine tra i giovani, per raccogliere le loro idee intorno alle politiche giovanili del futuro (Udviklingscenteret for folkeoplysning og voksenundervisning, 1995). In molte scuole è stata organizzata una giornata a tema (18sept-sekretariatet, 1995). I rappresentanti della gioventù danese sono quindi stati invitati a una conferenza governativa (Undervisningsministeriet, 1995), fino a che il governo non ha presentato il primo programma generale sulle politiche giovanili (Regeringens Børneudvalg, 1996). Questo primo programma è stato in seguito riformulato e utilizzato per delineare un certo numero di obiettivi

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I COUNTRY REPORTS Capitolo 5 _ Danimarca

ed iniziative (Regeringens ungdomsudvalg, 1997b; Regeringens ungdomsudvalg, 1997c). Allo stesso tempo alcuni Comuni hanno cominciato a delineare delle politiche per la gioventù su scala locale (compreso il comune di Copenhagen - cfr. Københavns Kommune, 1996; vedi anche Gade Nielsen, 1995). Queste iniziative hanno segnato un buon punto di partenza quando, nel 1995, è stata pubblicata la relazione sulle politiche giovanili nei paesi membri dell’UE (Commissione Europea, 1995: 18ff). Tale relazione non affidava la responsabilità per il coordinamento delle attività socio-ricreative indirizzate ai giovani a nessun ministro, né a servizi specializzati. Non delineava, inoltre, alcuna politica giovanile specifica. Vari aspetti delle politiche giovanili, al tempo, erano attuati da singoli ministeri, senza alcun tipo di coordinamento trasversale. Questo stato di cose era in qualche modo giustificato dall’idea che le politiche per la gioventù fossero più efficaci laddove realizzate a livello locale - dai Comuni e dalle organizzazioni giovanili - e che la questione giovanile ricadesse tra le responsabilità primarie della famiglia, prima che dello Stato (Nissen, 2000; Wandall, 2000). Ci sono tre spiegazioni plausibili per i cambiamenti che si sono poi verificati nelle politiche giovanili nazionali, a metà degli anni 90. Prima di tutto, un approccio integrale e globale alle politiche giovanili era da tempo la strada auspicata dagli esperti (Regeringens Ungdomsudvalg, 1984), e anche le rivendicazioni delle organizzazioni dei giovani spingevano nella stessa direzione (Danmarks Socialdemokratiske Ungdom et al., 1996; Dansk Ungdoms Fællesråd, 1992). In secondo luogo era appena stato avviato un nuovo regime di coordinamento nazionale nelle politiche per l’infanzia, con risultati molto positivi (Helmer Petersen, 2000). In terzo luogo, l’allora Ministro dell’Istruzione era particolarmente sensibile alle tematiche relative alla condizione giovanile, che sarebbero diventate un asse portante della sua azione politica (Stavnsager, 2000). Non si registravano tuttavia, in quel momento, problematiche di particolare urgenza legate alla condizione giovanile, che potessero giustificare cambiamenti significativi nelle politiche pubbliche. Il tasso di disoccupazione giovanile da alto stava nettamente scendendo. La contrazione numerica delle nuove generazioni, inoltre, sembrava poter risolvere i limiti quantitativi nell’offerta di corsi universitari e postdiploma. L’unico fattore critico che probabilmente ha pesato è stata la crescente consapevolezza della diminuzione del coinvolgimento politico e della partecipazione sociale dei giovani. Tale questione era percepita, e lo è tuttora, come una minaccia per il futuro della democrazia rappresentativa. 5.1.2 La “divisione del lavoro” nel coordinamento delle politiche giovanili

In Danimarca non esiste un Ministero della gioventù. Le relative competenze rientrano nel campo d’azione del Ministro dell’istruzione. Ciò significa che il Ministro dell’istruzione è responsabile del coordinamento delle politiche giovanili a livello nazionale e che lo stesso Ministro rappresenta la Danimarca a livello internazionale, rispetto alle questioni giovanili.


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All’interno del Ministero, il coordinamento delle politiche giovanili è assegnato alla Divisione per altri programmi di istruzione secondaria superiore. Conseguentemente, le politiche nazionali in tema di gioventù non godono di una divisione ministeriale dedicata e solo una parte dei fondi assegnati alla divisione sono riservati alle politiche giovanili; inoltre solo 2-3 funzionari del ministero hanno come incarico principale questioni di politica giovanile (Wandall, 2000). Le politiche giovanili non rappresentano un’area politica di grande interesse e non hanno una grande priorità. Sebbene una politica giovanile nazionale sia stata introdotta formalmente, le misure prese in quest’ambito rimangono in capo ai diversi ministeri, che se ne dividono le responsabilità. La nuova politica giovanile in Danimarca è più un coordinamento leggero delle misure relative ai giovani tra i vari ministeri che un programma di pianificazione e attuazione di una politica nazionale onnicomprensiva (Wandall, 2000). Il coordinamento delle politiche nazionali in tema di gioventù, affidato ad una commissione governativa per la gioventù coadiuvata da una commissione interministeriale e da una piccola segreteria, senza fondi propri, è inglobato in una struttura fragile. Tale struttura dipende dalle iniziative e dalle dinamiche del Ministero dell’istruzione e dall’interesse che i suoi funzionari vi ripongono. Dodici anni dopo la creazione di questa struttura, è evidente che i due Ministri dell’istruzione provenienti dal governo liberal-conservatore - al contrario del loro predecessore - non hanno dato particolare priorità al coordinamento delle politiche giovanili. Inoltre esistono diversi esempi di nuove politiche giovanili che sono state avviate senza una discussione preventiva con la commissione interministeriale per la gioventù.1 La Commissione governativa per la gioventù è ancora operante e coordinata dal Ministro dell’istruzione, ma buona parte delle iniziative si sono spostate - in special modo per quanto concerne il Ministero - dalla sfera della partecipazione a quella dell’istruzione. Il Ministero degli affari sociali è ancora impegnato sul tema della partecipazione giovanile, ma con un’ottica più “contrattuale”: «something for something» (dare per ricevere).

5.2 INIZIATIVE REALIZZATE A PARTIRE DAL 2000 NELL’AMBITO DELL’ISTRUZIONE

Gli Studi PISA hanno portato a intense discussioni in Danimarca, come peraltro in altri paesi Europei. In conclusione, non si è trovato accordo sulle cause, ma si è trovato accordo sul fatto che molti allievi lasciavano la scuola con scarse abilità nel campo della lettura e della matematica. Il Governo ha deciso, nonostante le proteste del sindacato danese degli insegnanti, di introdurre dei test nazionali in tutte le scuole dell’obbligo danesi. Tutto ciò è avvenuto all’inizio dell’anno scolastico 2006/2007. Altri esempi in cui si nota come gli aspetti dell’istruzione pubblica siano stati messi 1

È stato questo il caso di due recenti programmi: le Iniziative del Governo per il disadattamento giovanile (1999) e l’Iniziativa del Governo per la devianza giovanile (2000) (vedi paragrafo 3).

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in primo piano sono, per esempio, la riforma dei licei approvata il 28 Maggio 2003 con effetto a partire dall´anno scolastico 2005/2006. Lo sforzo di rafforzare le discipline e la preparazione dei piani di studio sono solo alcune delle principali motivazioni che hanno portato il Governo a compiere questi cambiamenti. 5.2.1 La riforma dell’affidamento dei minori (2006)

Il 1 gennaio 2006 è entrata in vigore una nuova legge: la riforma sull’affidamento di minori. La legge contiene una lunga lista di piccoli e grandi cambiamenti, con particolare riguardo al sostegno di bambini e giovani che hanno bisogno di specifiche attenzioni. Si prevede ad esempio che tutti i Comuni avviino una politica all’infanzia e alla gioventù, coerente con la suddetta legge. Per quanto riguarda il trattamento ed il controllo del benessere dei bambini e dei giovani, le competenze sono principalmente demandate all’amministrazione comunale, con un invito a porre attenzione particolare al loro diretto coinvolgimento nei processi decisionali che li riguardano. Occorre che i minori a rischio di emarginazione siano aiutati concretamente, ogni qualvolta ne hanno bisogno. La nuova legge ha come focus l’intervento precoce, nel senso che i Comuni devono stabilire una politica che assicuri continuità tra gli interventi ordinari e quelli rivolti specificatamente ai giovani. I Comuni devono per di più, alla luce delle condizioni familiari che il minore ha alle spalle, valutare l’eventuale necessità di controllare altri membri minorenni del nucleo familiare. Infine si forniscono maggiori informazioni ai vari soggetti che si occupano di tutela minorile. Tramite questa nuova legge si sono rafforzate le responsabilità in capo agli operatori pubblici che si occupano di questi casi. Si deve sempre redigere un piano d’azione prima di mettere in atto le iniziative a favore di bambini e giovani che abbiano bisogno di aiuti particolari. Il piano d’azione e le ricerche devono coprire 6 aspetti fondamentali, e più precisamente: 1. Lo sviluppo e il comportamento del bambino. 2. Le relazioni all’interno della famiglia. 3. Le relazioni a scuola. 4. Il suo stato di salute. 5. Il modo in cui trascorre il tempo libero e le sue amicizie. 6. Altre relazioni rilevanti. Molti Comuni hanno approfittato di questa occasione per coinvolgere i bambini e i giovani nel processo di formulazione delle politiche che li riguardano. Vedi per esempio, www.grenaakommune.dk o www.rk.dk/det_politiske_liv/ politikker0/boern_ og_ unge_politik. Questo processo di ideazione delle politiche assieme ai ragazzi ha preso forma per la prima volta solamente ora, ma c’è ragione per nutrire delle aspettative positive. In ogni caso, in futuro se si vorranno fare delle ricerche in questo campo, o altre iniziative democratiche che abbiano come focus i bambini ed i giovani, si dovrà guardare più a livello comunale che nazionale.


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5.2.2 I Consigli comunali dei ragazzi

Oltre alla legge sopra descritta e alle iniziative prese da molti Comuni, dovrebbero essere creati i Consigli comunali dei ragazzi. Si tratta di organizzazioni locali che comprendono giovani tra i 15 e i 25 anni. In alcuni Comuni il consiglio è eletto da tutti i giovani all’interno del comune, in altri è nominato dal consiglio comunale, dalle organizzazioni locali per la gioventù o eletto tra i membri dei consigli scolastici o dalle organizzazioni giovanili. I consigli sono finanziati per lo più attraverso fondi comunali, ma sono indipendenti dall’amministrazione comunale. Nella maggioranza dei casi, i consigli comunali dei ragazzi lavorano senza alcuna interferenza da parte degli adulti. I consigli locali e rappresentativi esistono sin dalla metà degli anni 80, ma non si conosce il loro numero esatto. Con il 1 gennaio 2007, per effetto della riforma degli assetti organizzativi dei Comuni, il numero totale dei Comuni stessi è passato da 275 a 92. Questo cambiamento rappresenta una nuova sfida per i consigli dei ragazzi; bisognerà attendere per vedere cosa accadrà. La Federazione dei Consigli dei ragazzi in Danimarca (U-Nettet; http://www.u-nettet.dk) rappresenta un osservatorio privilegiato per seguire i cambiamenti in atto. I consigli comunali dei ragazzi rappresentano una variabile piuttosto instabile, nell’ottica delle politiche giovanili. Prima di tutto perché i loro membri sono rinnovati molto spesso. Ciò causa una certa discontinuità nella composizione dei consigli, nelle conoscenze e nelle reti. In secondo luogo il ruolo politico dei consigli a carattere rappresentativo è incerto in molti Comuni, ed è diverso da comune a comune. Non è quindi possibile determinare il ruolo di questi consigli nella definizione e nell’attuazione delle politiche in generale. Alcune esperienze positive ed alcuni esempi sono descritti sul sito www.uvm.dk/pub/2001/ ungdom oppure su www.cvustork.dk/filer/ 32210nn 64ungpolf.pdf. Un esempio pratico recente (riferito al 2007), in cui i giovani hanno ottenuto maggior libertà d’azione per la realizzazione delle loro attività, proviene dal comune di Herlev. Il comune ha creato un contesto locale dove i giovani possono esprimere i propri interessi, ma anche lasciare la loro impronta sulla città. Un luogo che ”coltiva una cultura giovanile democratica, che si riflette sulla volontà e la motivazione dei giovani a promuovere attività rivolte a loro e create da loro senza che essa sia limitata da una cornice socio-pedagogica”. Altri esempi sono il centro giovanile del comune di Køge, Tapperiet Multihus nel comune di Frederikshavn ed il “Teaterhus” nel comune di Copenhagen. I dati dimostrano che i giovani che partecipano all’attuazione locale di diversi programmi/progetti non fanno generalmente parte dell’establishment politico. Per meglio dire, si attivano in parallelo ai sistemi politici e amministrativi e spesso non hanno ambizioni politiche. Trovano interessanti i progetti a breve termine, in cui mettono alla prova la propria capacità di influire sugli eventi senza grandi condizionamenti di tipo burocratico.

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L’esperienza del programma Politiche giovanili in una prospettiva comunale dimostra che quei Comuni, in cui il programma abbraccia diversi progetti minori con un forte investimento partecipativo, sono riusciti a coinvolgere gran parte dei giovani. Tuttavia questi progetti sono poco sostenuti politicamente, dal punto di vista amministrativo e finanziario, e rischiano quindi di esaurirsi una volta terminato il periodo di durata del progetto. Vie più tradizionali di empowerment della gioventù locale - dai consigli giovanili ai meccanismi di distribuzione di fondi - sono tasselli più stabili per una politica giovanile strutturata su scala locale. Mancano però del dinamismo dell’approccio orientato al progetto, e fanno appello primariamente ai membri giovani dei partiti politici o delle organizzazioni giovanili (Bach, 2000c). Altre esperienze locali indicano che una politica giovanile comunale non è - in prima istanza - definibile dal prodotto, nella forma di eventi, circoli, centri giovanili, consigli giovanili, ma piuttosto dal processo di avanzamento della politica giovanile locale: i dibattiti, la pianificazione, il coinvolgimento della gioventù impegnata e la cooperazione tra le amministrazioni comunali e i giovani. Il processo di articolazione di una politica giovanile locale esaustiva e coerente è un processo di apprendimento non solo per i ragazzi coinvolti, ma anche per le amministrazioni locali (Gade Nielsen, 2000). 5.2.3 Le prove di voto ai minorenni (16-17 anni)

In 31 delle 98 municipalità del Paese si sono inoltre tenute, di recente, delle elezioni di “prova” per i giovani sedicenni e diciassettenni. Queste votazioni hanno avuto luogo nelle settimane precedenti le elezioni locali del 17 novembre 2009. L’obiettivo era di tentare un’esperienza nuova sul fronte delle motivazioni elettorali dei giovani, anche per valorizzare il loro contributo alla formulazione delle politiche. Non c’è stata omogeneità, tra una municipalità e l’altra, nei tempi di pubblicazione dei risultati di queste elezioni-prova. Alcune hanno divulgato i risultati prima delle elezioni locali, altre il giorno stesso. Altre ancora non hanno reso noti i risultati sino alla fine delle elezioni, per impedire che i partiti politici ne facessero un impiego strumentale durante la campagna elettorale. In diverse municipalità, inoltre, le elezioni locali sono state precedute da una serie di eventi pubblici dedicati ai giovani: ad esempio riunioni elettorali, laboratori di discussione, tavole rotonde tra i giovani e i politici, e così via. Grazie all’evento elettorale varie municipalità hanno potuto ricostituire i consigli comunali dei ragazzi, dando così nuovo slancio alle politiche giovanili. Maggiori informazioni in merito sono reperibili al sito del Dansk Ungdoms Fællesråd e di Ungvalg ‘09. 5.2.4 Il parlamento giovanile di Folketinget

Anche il parlamento giovanile di Folketinget si è tradotto, negli ultimi anni, in un’iniziativa di grande rilievo. Questo forum offre ai ragazzi delle scuole di tutto il Paese l’opportunità di far sentire attivamente la loro voce, rispetto alle decisioni


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assunte dai politici. Gli studenti scrivono disegni di legge relativi alle materie che, a loro giudizio, avrebbero bisogno di riforme. Su questa base vengono selezionati per partecipare alla giornata del parlamento giovanile di Folketinget. In quell’occasione, 178 studenti delle scuole superiori danesi, groenlandesi e delle isole Faroe si trovano per discutere delle loro proposte legislative. Alcuni ministri e rappresentanti del parlamento partecipano all’evento, in qualità di coordinatori. Alla fine della giornata, i disegni di legge approvati vengono sottoposti al Ministero dell’istruzione. 5.2.5 Il Comitato parlamentare per la gioventù

In Danimarca non esiste un comitato parlamentare per la gioventù, comunque le questioni inerenti ai giovani, ove necessario, sono gestite dal comitato parlamentare appropriato (per esempio i problemi riguardanti l’istruzione, la formazione e le attività ricreative sono gestiti dal Comitato parlamentare sull’istruzione, il problema della casa per i giovani è affidato al Comitato parlamentare sulle politiche abitative, e così via). Inoltre, i partiti politici rappresentati in Parlamento non hanno portavoce separati sulle questioni giovanili; la legislazione riguardante i giovani è introdotta e discussa dal portavoce dell’istruzione o delle politiche abitative, etc. 5.2.6 Altre istituzioni pubbliche responsabili di misure relative alla gioventù

I Comuni sono responsabili per le questioni giovanili più importanti: l’istruzione primaria e secondaria inferiore, alloggi, istruzione, risorse e attività ricreative, consulenza ed orientamento per i giovani, assistenza finanziaria e attivazione dei giovani disoccupati. Anche se i Comuni detengono la responsabilità amministrativa di queste misure relative alla gioventù, il modo in cui affrontano queste responsabilità differisce a seconda del campo di azione. Per esempio, mentre i Comuni possiedono e gestiscono le scuole per l’istruzione primaria e secondaria inferiore, le attività ricreative e istruttive per il tempo libero sono organizzate dalle organizzazioni locali, sebbene tali attività siano sostenute dalle infrastrutture pubbliche (scuole, strutture per lo sport, centri culturali, centri giovanili). Anche il finanziamento delle misure indirizzate ai giovani assume varie forme: alcune sono finanziate dallo stato ma amministrate dai Comuni, alcune sono finanziate e amministrate dai Comuni, altre sono cofinanziate dallo stato, dai Comuni e dalla domanda pagante degli utilizzatori. Dal 2007 la responsabilità dei percorsi formativi e di passaggio all’istruzione secondaria superiore è stata affidata alle singole istituzioni competenti, nell’ambito della politica nazionale e del Ministero dell’istruzione. La formazione professionale dei giovani rientra tra le responsabilità del Ministro dell’istruzione. Tuttavia, nella definizione e nell’attuazione delle politiche nazionali, il ministro è affiancato dal Consiglio nazionale per la formazione professionale, composto da rappresentanti delle varie organizzazioni nazionali di datori di lavoro e dipendenti, da rappresentanti delle associazioni, delle autorità locali e regionali, da sindacati degli insegnanti, da presidi e da varie altre autorità.

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5.2.7 Una commissione per i giovani?

Si è fatta sempre più strada, negli ultimi anni, l’idea di dare vita a una nuova commissione per i giovani. Diverse organizzazioni politiche giovanili, al pari di alcuni partiti, ritengono sia giunto il momento per una totale revisione delle condizioni dei giovani, e delle relative misure politiche. Tra gli argomenti addotti dai fautori di questa svolta figurano i seguenti: le pressioni della globalizzazione, il calo demografico della popolazione giovanile, i tassi di abbandono scolastico ancora troppo alti, la disoccupazione indotta dalla recessione e l’inquietante aumento dei casi di diagnosi psichiatriche, stress e depressione nelle fila dei giovani. Ad oggi, tuttavia, queste rivendicazioni non hanno incontrato risposte favorevoli tra i politici.

5.3 ALTRI ATTORI DELLE POLITICHE GIOVANILI 5.3.1 I comitati comunali sull’istruzione generale

Il sostegno finanziario per le attività ricreative dei ragazzi e l’assegnazione delle infrastrutture pubbliche per questi tipi di attività sono gestiti dai comitati comunali sul ‘Folkeoplysning’.2 Secondo la Legge sul sostegno finanziario per il ‘Folkeoplysning’ (Lov nr. 480 af 31/05/2000, 2000), i Comuni sono responsabili per la definizione delle condizioni generali che riguardano i fondi da assegnare in questo settore, ma i comitati comunali gestiscono i fondi attribuiti loro in accordo con le politiche comunali. I comitati sono composti da una maggioranza di rappresentanti dello sport locale, dalle organizzazioni giovanili, dalle associazioni di istruzione e da una minoranza di membri provenienti dal consiglio comunale. 5.3.2 Sindacati e associazioni

Altri attori importanti nell’ambito delle politiche giovanili sono le varie associazioni sindacali che lavorano con i giovani, con le associazioni professionali dei presidi e con le associazioni delle istituzioni giovanili. Le associazioni sindacali comprendono l’Associazione danese degli operatori sociali (DS), il Sindacato danese degli insegnanti (DLF), il Sindacato danese nazionale degli insegnanti delle scuole secondarie superiori (GL), la Federazione nazionale degli educatori sociali (SL) e la Federazione danese degli insegnanti dell’infanzia e dei giovani educatori (BUPL). Anche la Confederazione danese dei Sindacati (LO) è un attore di rilievo, per quanto riguarda le politiche giovanili (LO ungdom, 1999). 2

Il significato del termine ‘Folkeoplysning’ era ‘l’illuminazione delle genti’, ma può essere tradotto con ‘l’istruzione adulta liberale’ - cioè metodi di insegnamento e di istruzione che non fanno parte del sistema di istruzione pubblico e formale. Il ‘Folkeoplysning’ come concetto ha origine nei movimenti religiosi e sociali del diciannovesimo secolo. Uno dei maggiori esponenti è stato N.F.S. Grundtvig, filosofo, poeta, pedagogista e religioso danese.


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Queste associazioni non prendono in genere parte alle discussioni generali, ma si concentrano su tematiche di rilevanza diretta per i loro membri. L’Associazione danese dei circoli giovanili (Ungdomsringen) è un’eccezione a questa regola generale. Tale associazione (www.ungdomsringen.dk) ha più di 1.400 circoli affiliati con circa 140.000 ragazzi e giovani come membri. L’associazione organizza diversi eventi per i ragazzi e per i giovani: tornei, festival teatrali e musicali, ma anche seminari e corsi di formazione per giovani lavoratori. L’Associazione danese dei circoli giovanili è da tempo in stretto contatto con il sistema politico - specialmente con il movimento laburista - e dispone di un programma di politiche giovanili esaustivo e globale (Ungdomsringen, 1996). Essa promuove attivamente la propria immagine nell’opinione pubblica, attraverso dichiarazioni su diversi problemi di pertinenza delle politiche giovanili. 5.3.3 Il Consiglio nazionale per l’infanzia

Il Consiglio nazionale per l’infanzia (www.boerneraadet.dk) è un consiglio interprofessionale istituito per promuovere e favorire i diritti e gli interessi dei bambini nella società (in questo caso per bambini si intendono tutti i minorenni, adolescenti compresi) in aree come sviluppo del bambino, vita nella scuola, attività ricreative, salute, bisogni speciali e diritti. Il Consiglio è stato costruito sulla base di una decisione presa dal Parlamento danese ed è finanziato da fondi pubblici. Nonostante ciò il Consiglio è indipendente dal governo (Lovbekendtgørelse nr. 560, 1996). Il Consiglio nazionale per l’infanzia fa parte della Rete europea di difensori civici per i bambini (European Network of Ombudsmen for Children - ENOC). Il Consiglio nazionale per l’infanzia si è confrontato con problematiche quali la tutela degli adolescenti contro lo sfruttamento a scopo pornografico, la tutela dei ragazzi appartenenti a minoranze etniche, il consumo di alcol, l’esposizione a forme di marketing aggressivo, lo sviluppo di leggi adeguate a proteggere i giovani e l’inclusione scolastica degli adolescenti. 5.3.4 Il Centro di ricerca per la gioventù

Nel gennaio 2000, è stato creato Il Centro danese di ricerca per la gioventù - www. cefu.dk/english_intro - su iniziativa del Consiglio danese per la gioventù e affiliato all’Università di Roskilde. Un’associazione, che rappresenta i membri delle istituzioni centrali, delle organizzazioni e delle imprese, sostiene il Centro. Tale associazione è stata creata ancora prima del centro. Il Centro danese di ricerca per la gioventù si è associato con il Laboratorio di apprendimento di Danimarca nell’Università degli Studi danese nell’estate 2004. Il Centro di ricerca vuole analizzare le nuove forme di partecipazione dei giovani alla società e alle sue istituzioni. Vuole inoltre raccogliere esperienze in merito a questioni come le scelte di studio, l’utilizzo dei mass media, la criminalità, l’appartenenza etnica, la salute e gli atteggiamenti politici dei giovani.

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5.4 LE PRINCIPALI ASSOCIAZIONI GIOVANILI 5.4.1 Il Consiglio danese per la gioventù (DUF) (www.duf.dk)

Le più importanti organizzazioni per bambini e giovani in Danimarca sono rappresentate nel Consiglio danese per la gioventù. Tale organismo comprende 70 organizzazioni, ciascuna delle quali deve soddisfare un certo numero di requisiti, per entrare a farne parte. Prima di tutto, processi decisionali democratici in virtù dei quali i leader di ogni organizzazione vengono scelti dai suoi membri. Metà dei membri dell’organizzazione devono inoltre avere meno di 30 anni. L’organizzazione deve avere sezioni nella maggioranza delle regioni danesi e, infine, le sue attività devono essere in linea con gli obiettivi ideologici e sociali del Consiglio danese per la gioventù. Le organizzazioni giovanili affiliate al Consiglio danese per la gioventù possono essere divise in cinque categorie: 9 organizzazioni politiche giovanili, 13 organizzazioni di interscambio tra giovani, 5 organizzazioni culturali giovanili, 6 organizzazioni scout e 12 organizzazioni studentesche. Le altre sono organizzazioni per giovani disabili, ecologisti, volontari e circoli giovanili. Il gruppo di membri del Consiglio danese per la gioventù è molto ampio. Questo ne complica l’operatività esterna come organizzazione unica, ma la sua coesione è facilitata dal grande sostegno statale per il lavoro volontario giovanile: la quasi totalità delle entrate del Consiglio proviene dallo Stato. Questi fondi pubblici rendono il Consiglio relativamente indipendente dal sostegno da parte delle organizzazioni membri. D’altra parte le organizzazioni hanno un ovvio interesse nell’essere membri del Consiglio danese per la gioventù, in quanto esso gestisce più di 13.500.000 euro l’anno provenienti da fondi pubblici.3 Appartenere a questo organismo non è un prerequisito per ricevere parte dei fondi e tuttavia è l’unico modo per esercitare una certa influenza sulla loro distribuzione. Pertanto, il mutuo interesse nella distribuzione del sostegno finanziario statale per le attività socio-educative di volontariato, oltre all’influenza e le informazioni che il Consiglio possiede - più che una visione condivisa delle politiche per la gioventù - rappresentano la forza di coesione del Consiglio danese per la gioventù (Buksti e Svensson, 1982: 162f). Tradizionalmente, la politica giovanile del Consiglio è stata segnata da forti limiti. Tuttavia, intorno alla fine degli anni 90 questa situazione ha dato segnali di cambiamento. I conflitti politici interni al Consiglio danese per la gioventù sono diminuiti e c’è sempre maggiore accordo sul fatto che il Consiglio dovrebbe incidere di più sul dibattito pubblico intorno alle politiche giovanili. Questa nuova situazione è stata favorita dalla cosiddetta “ribellione degli anziani”, cioè dalla crescente mobilitazione degli anziani. È cresciuto altresì il bisogno di una rappresentanza più incisiva degli interessi dei giovani (Stavnsager, 2000). Questa è la ragione per cui il Consiglio danese per la gioventù ha cominciato a intervenire più attivamente nel dibattito sulla distribuzione della ricchezza tra le generazioni (Lund, 1998). 3

Il sostegno finanziario per il lavoro di volontariato non è ricavato dai fondi derivanti dalle tasse. Deriva dai profitti dell’Azienda Lotteria e Totocalcio danese Srl, un’azienda di proprietà dello stato e delle maggiori federazioni sportive nazionali.


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Nella vita politica danese di oggi - e in una certa misura anche nelle istituzioni nazionali - c’è un forte interesse per il Consiglio danese per la gioventù. Nonostante i massicci finanziamenti pubblici a favore delle attività socio-educative volontarie, è assai diffusa la rappresentazione ideale dell’indipendenza delle organizzazioni di volontariato. Una volta attribuita al Consiglio danese per la gioventù la gestione pratico-amministrativa dei fondi statali per tali attività, l’interferenza statale nell’operato delle organizzazioni di volontariato è risultata irrilevante. Dal punto di vista del governo nazionale, è vantaggioso che le organizzazioni per la gioventù siano riunite in un solo consiglio dal quale si possano ottenere dichiarazioni su proposte e relazioni e dal quale possano essere selezionati i membri dei consigli e delle commissioni.4 Consigli, commissioni e diversi canali di contatto informali con politici e con l’amministrazione centrale rappresentano la base della forza politica del consiglio danese per la gioventù. Il Consiglio possiede una rete molto ampia nel sistema politico come nell’amministrazione centrale ed ha accesso a tutte le informazioni più importanti riguardo le questioni della gioventù e le politiche giovanili. 5.4.2 Organizzazioni sportive

L’Associazione della ginnastica e degli sport danesi (DGI) e la Confederazione sportiva di Danimarca (DIF) non sono associazioni giovanili, ma associazioni di bambini, ragazzi e adulti coinvolti in attività sportive. L’Associazione danese della ginnastica e degli sport (www.dgi.dk/index2.htm) ha più di 1.3 milioni di membri distribuiti in circa 5.300 circoli giovanili. La Confederazione sportiva di Danimarca (www.dif.dk/main3.asp) è un’organizzazione-ombrello di 56 federazioni sportive nazionali ed ha approssimativamente 1.6 milioni di membri distribuiti in 11,000 circoli giovanili. Nessuna delle due ha espresso una visione specifica delle politiche giovanili, ma sono entrambe attori importanti nelle politiche di organizzazione delle attività ricreative. Mentre la Confederazione sportiva di Danimarca è tradizionalmente molto gerarchizzata e orientata verso il raggiungimento di risultati sportivi, le questioni legate all’influenza democratica dei giovani sulle organizzazioni sportive e al ruolo sociale e culturale delle organizzazioni sportive sono invece di particolare importanza per l’Associazione danese della ginnastica e degli sport. L’influenza politica di queste due organizzazioni-ombrello è esercitata attraverso i consigli comunali sul ‘Folkeoplysning’ (che distribuisce il sostegno comunale per le attività ricreative), attraverso la comproprietà della Lotteria e Totocalcio danese e attraverso le reti formali e informali con i politici, i funzionari statali e comunali (Ibsen e Sørensen, 1980). 4

Il Consiglio danese per la gioventù ha nominato membri di più di 30 diversi consigli governativi e commissioni governative, tra cui il Consiglio per gli alloggi per la gioventù, il consiglio dell’Azienda Lotteria e Totocalcio danese, il Consiglio per le scuole primarie, il Consiglio per le tecnologie ed il Consiglio per la consulenza sull’istruzione e sulle professioni.

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5.4.3 Terzo settore e attori orientati al mercato

Le attività realizzate a favore dei giovani in Danimarca - specialmente per quanto riguarda i circoli giovanili, misure preventive indirizzate ai giovani a rischio, ma anche l’istruzione - sono in larga parte (anche se non si sa esattamente in che misura) fornite da operatori privati nella forma di fondazioni private, scuole private e organizzazioni di volontariato. Tuttavia questi attori privati, tranne qualche rara eccezione, sono istituzioni o organizzazioni indipendenti di dimensione ridotta, finanziate e gestite da gruppi di interesse a sfondo ideologico.5 Sebbene il terzo settore svolga un ruolo importante nelle attività socio-educative, dell’istruzione e del sociale, è anche piuttosto disorganizzato e non esercita una forte influenza politica sulle questioni giovanili. A parte alcuni fondi culturali privati, non ci sono grandi aziende o altri attori orientati verso il mercato coinvolti nella promozione delle politiche giovanili in Danimarca. All’interno di alcuni circoli sportivi si è verificata una crescente professionalizzazione e apertura al mercato, ma lo stesso non è accaduto all’interno delle organizzazioni per la gioventù, maggiormente orientate verso lo stato e i Comuni, più che verso il mercato. Le organizzazioni di volontariato in Danimarca non si sono trasformate in fornitori servizi commerciali e non hanno fatto richiesta di contratti volti a fornire diversi tipi di servizi. Tutti i fornitori conosciuti di attività socio-educative sono senza fine di lucro. Le maggiori aziende e industrie mostrano generalmente interesse verso il segmento giovanile della popolazione, sia perché si tratta di un gruppo di consumatori molto significativo, sia perché il declino nel numero di giovani potrebbe causare una mancanza di forza-lavoro. Inoltre, la gioventù evoca valori positivi e il settore produttivo vuole esservi associato. Questo è il motivo per cui le aziende sono importanti sponsor per le squadre sportive e per gli eventi culturali giovanili - sia a livello nazionale sia locale - anche se non esistono esempi di aziende impegnate in politiche rivolte ai giovani. Inoltre, al momento, non ci sono esempi di concessione di contratti commerciali per attività socio-educative pubbliche realizzate in favore dei giovani. I fornitori di servizi commerciali cercano di trasformare i servizi di cura quotidiana per l’infanzia in un prodotto commerciale, ma sia il settore pubblico giovanile sia il settore privato giovanile in Danimarca sono probabilmente troppo piccoli per suscitare interesse nei fornitori di servizi profit-oriented.

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L’eccezione più importante è la società Tvind che gestisce 41 scuole e istituzioni di prevenzione dell’illegalità. La società fu fondata negli anni 70 da pedagogisti di sinistra. Negli anni 90 fu accusata di sfruttamento del sostegno pubblico a favore delle scuole private e servizi sociali privati. Lo stato ha interrotto la cooperazione con la Tvind, ma i Comuni utilizzano ancora le sue scuole.


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5.5 I PROCESSI DI POLICY MAKING NEL CAMPO DELLE POLITICHE GIOVANILI

Come menzionato, il Consiglio danese per la gioventù svolge un ruolo importante nel coordinamento delle politiche giovanili tra i diversi settori e livelli. Il Consiglio danese per la gioventù gode di una rete di contatti ben sviluppata con i politici e con l’amministrazione centrale. Allo stesso tempo le organizzazioni membri del Consiglio sono rappresentate nelle commissioni comunali locali sul ‘Folkeoplysning’. Esiste inoltre una lunga tradizione di stretti contatti tra i politici locali e leader locali della gioventù e dello sport. Pertanto il Consiglio danese per la gioventù possiede le informazioni, la struttura organizzativa e le reti di contatti necessarie ad influenzare il coordinamento verticale delle politiche giovanili tra le istituzioni e gli enti locali e nazionali. 5.5.1 Gruppi giovanili e rappresentanza

Il problema della rappresentanza dei giovani è un tema ricorrente sia a livello locale che nazionale: chi dovrebbe rappresentare i giovani, su scala locale o nazionale, in relazione alle autorità? Il problema della rappresentanza riveste un’importanza speciale per quei giovani che sono esclusi dalle normali istituzioni democratiche a causa della giovane età, oppure - se hanno raggiunto l’età per il diritto al voto - coloro che si astengono (ciò che è più frequente tra i giovani che nella popolazione adulta). Anche quando i ragazzi raggiungono l’età per poter essere eletti, ne viene eletta solo un’esigua percentuale: dei 4,685 assessori comunali, solo l’1,5% è sotto i 26 anni (Danmarks Statistik, 1999: no. 8, tabella 10). Lo stesso problema della rappresentanza giovanile è evidente nei dibattiti pubblici, i quali, nella maggior parte delle occasioni, sono dominati da gruppi di età più avanzata. D’altra parte la gioventù è - o è percepita come - un problema sociale, che non può essere ignorato o semplicemente controllato. Questo spiega perché la rappresentanza dei giovani sia un problema costante. Come anticipato nel primo paragrafo di questo capitolo, il Consiglio danese per la gioventù è un’organizzazione ombrello che abbraccia una serie di entità più che un’organizzazione di giovani. Circa il 30% dei giovani non è affiliato ad alcuna organizzazione e persino tra i membri di organizzazioni sono molto pochi quelli che partecipano in modo attivo. Ciò nonostante, il Consiglio danese per la gioventù è stato designato come legittimo rappresentante dei giovani in generale e ne ha rappresentato gli interessi in diverse commissioni e consigli nazionali. Analoghe procedure di rappresentanza sono state realizzate su scala locale, nei singoli Comuni. Negli ultimi anni (parallelamente al coordinamento statale delle politiche giovanili a livello nazionale), si è tentato di diminuire questo monopolio della rappresentanza della gioventù. Alcuni segnali suggeriscono che il Consiglio danese per la gioventù e le organizzazioni che ne fanno parte non occupino più la posizione centrale nella politica giovanile come in passato.

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In primo luogo il Consiglio danese per la gioventù godeva di un posto nella delegazione ufficiale danese negli incontri internazionali e nelle conferenze sulle politiche giovanili: nel Consiglio d’Europa, nell’Unione Europea e nell’UNESCO. I rappresentanti del Consiglio danese per la gioventù erano o membri della delegazione o prendevano parte ai negoziati in qualità di esperti nazionali. Oggi c’è una differenza ben delineata tra i rappresentanti ufficiali dello stato e le varie organizzazioni non governative come il Consiglio danese per la gioventù (Wandall, 2000). In secondo luogo, molti esperimenti all’interno dei consigli giovanili locali o in altri sistemi volti ad aumentare il grado di influenza dei giovani a livello locale, si sono realizzati senza alcuna partecipazione di organizzazioni locali per la gioventù. Sia perché queste ultime considerano i consigli come organizzazioni rivali, sia perché le autorità locali hanno cercato attivamente di estendere gli esperimenti per includere la gioventù non organizzata a discapito di quella organizzata (Bach, 2000b). In terzo luogo in alcuni Comuni le organizzazioni giovanili hanno perso la loro influenza rispetto a enti con rappresentanza elettiva diretta. Questo è stato il caso di Copenhagen, dove l’ex Consiglio consultivo giovani (con membri provenienti dalle organizzazioni politiche e altre organizzazioni per la gioventù) è stato sostituito dal Consiglio cittadino per la gioventù, comprendente 55 rappresentanti eletti attraverso elezioni generali tra i giovani (Velling, 2000). Questo tipo di delegazioni direttamente elette non sono necessariamente più democratiche - a causa del numero ridotto di seggi elettorali - rispetto alle precedenti delegazioni delle tradizionali organizzazioni per la gioventù, ma la popolarità che hanno raggiunto in questi anni dimostra un interesse nel trovare soluzioni alternative al problema della rappresentanza dei giovani. 5.5.2 Il quadro normativo delle politiche giovanili

Non ci sono leggi specifiche sui giovani in Danimarca, ma la legislazione pertinente al tema abbraccia gli ambiti seguenti: • Legislazione relativa ai ragazzi, che copre tutti i minori (ossia sotto i 18 anni di età). Ne sono un esempio: la Legge sullo status legale dei bambini (Lovbekendtgørelse 1995-05-02 nr 293, 1995); Legge sulla custodia dei bambini (Lov 1995-06-14 nr 387, 1995); Legge sulla tutela dei minori (Lov 1995-06-14 nr 388, 1995); Legge sulla salute dei bambini (Lov 1995-06-14 nr 438, 1995). • Legislazione generale con misure specifiche per ragazzi tra i 15 e i 18 anni, o giovani sotto i 21 anni, o giovani sotto i 25 anni. Ne sono importanti esempi: la Legge sulla politica sociale attiva (Lovbekendtgørelse 2000-04-12 nr. 266, 2000); Legge sui servizi sociali (Lovbekendtgørelse 1998-08-06 nr 581, 1998 & 2006); il Codice penale danese (Lovbekendtgørelse 1997-08-12 nr 648, 1997); la Legge sull’amministrazione della giustizia (Lovbekendtgørelse 1996-08-15 nr 752, 1996); la Legge sull’ambiente di lavoro (Lovbekendtgørelse 1998-06-29 nr 497, 1998); la Legge sul sostegno finanziario al ‘Folkeoplysning’ (istruzione libera per gli adulti) (Lov nr. 480 af 31/05/2000, 2000); la


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Legge sullo stato di diritto nel lavoro sociale (Lovbekendtgørelse 2000-04-12 nr 267, 2000 & 2006). • Legislazione sulle istituzioni o attività indirizzate ai giovani. Ne sono un esempio: la Legge sul Folkeskole (le scuole primarie e secondarie inferiori in Danimarca) (Lovbekendtgørelse 1999-09-06 nr 714, 1999); Legge sulle scuole secondarie superiori e sui corsi secondari (Lovbekendtgørelse 1999-11-04 nr 820, 1999); Legge sugli esami preparatori superiori (Lovbekendtgørelse 1999-11-04 nr 821, 1999); Legge sulle scuole professionali (Lovbekendtgørelse 1999-09-03 nr 704, 1999); Legge sull’istruzione professionale di base (Lovbekendtgørelse 1999-06-25 nr 532, 1999); Legge sulle scuole per la gioventù (Lovbekendtgørelse 1995-08-01 nr 679, 1995); Legge sulle università (Lovbekendtgørelse 1999-12-22 nr 1177, 1999). 5.5.3 Enti internazionali e di ispirazione internazionale

La Danimarca nel campo della cooperazione nella politica giovanile è rappresentata nel Nordic Council nell’Unione Europea e nel Consiglio d’Europa; tuttavia la cooperazione nelle questioni giovanili non ha alta priorità. Dal momento in cui la Svezia e la Finlandia sono divenuti membri dell’UE, la cooperazione nell’area scandinava ha perso importanza e altrettanto è avvenuto per la cooperazione con il Consiglio d’Europa. Sebbene ci sia un vivace scambio di idee e di informazioni all’interno della cooperazione internazionale in tema di politiche giovanili, nel Nordic Council, nel Consiglio Europeo, nell’Unione Europea e nelle Nazioni Unite (Consiglio d’Europa, 1988; Commissione Europea, 1995; Comitato direttivo europeo per la cooperazione intergovernativa nell’ambito della gioventù (CDEJ), 1998; Nissen, 1995; UN, 1999) non ci sono esempi evidenti di ispirazione estera per le politiche giovanili in Danimarca (Nissen, 2000; Wandall, 2000).

5.6 LE POLITICHE GIOVANILI IN DANIMARCA 5.6.1 La storia delle politiche giovanili in Danimarca

Le politiche nazionali per i giovani in Danimarca risalgono alla fine della Seconda guerra mondiale. L’occupazione tedesca aveva provocato malcontento sociale e politico, insoddisfazione tra i giovani e, una volta finita la guerra, nacquero aspettative di grandi cambiamenti politici, dimostrati per esempio dal sostegno al partito comunista. In questa situazione il governo ad interim, che comprendeva membri del movimento di resistenza del periodo di occupazione, decise di introdurre una legislazione volta al miglioramento delle condizioni di vita dei giovani e, allo stesso tempo, di costituire una Commissione per la gioventù. Nel periodo 1945-1952, la commissione - che comprendeva rappresentanti delle organizzazioni giovanili, par-

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titi politici e dell’amministrazione centrale - pubblicò 15 libri bianchi sulle condizioni di vita dei giovani e sulle politiche giovanili. Tra questi figura la relazione finale sulla società e sulla gioventù (Ungdomskommissionen, 1952). Furono attuate solamente alcune delle raccomandazioni specifiche della Commissione per la gioventù, poiché furono in qualche modo superate dal rapido sviluppo della società durante questo periodo di prosperità. Il lavoro della Commissione per la gioventù fu caratterizzato da un aspetto molto positivo: le relazioni prodotte sottolineavano le potenzialità della gioventù invece delle preoccupazioni - che altrimenti sarebbero state predominanti - sull’immoralità e la devianza dei giovani. La commissione criticava le attività socio-educative centralizzate e organizzate dallo stato e proponeva che le organizzazioni del terzo settore - organizzazioni di volontari - dovessero occuparsi delle attività realizzate a favore dei giovani. Le autorità pubbliche avrebbero dovuto esclusivamente creare la struttura generale, mentre le misure pratiche dovevano essere affidate ai giovani stessi. Inoltre la commissione evidenziò le responsabilità e le opportunità d’intervento dei genitori, in relazione ai giovani. Questi temi - la relazione tra i volontari ed i professionisti e tra le attività socio-educative pubbliche e private - sono tuttora importanti nelle politiche giovanili in Danimarca. L’orientamento politico predominante vedeva le politiche giovanili come responsabilità non necessariamente dello stato, ma, in misura sostanziale, delle stesse organizzazioni dei giovani. Sosteneva inoltre che il sostegno pubblico, ove ce ne fosse stato bisogno, doveva provenire dai Comuni e non dallo Stato. Questa impostazione può essere riscontrata anche negli attuali programmi di politica giovanile (Regeringens ungdomsudvalg, 1997b: 8) il cui motto è ‘politiche giovanili da una prospettiva locale’ (Regeringens ungdomsudvalg, 1997a). Un’ulteriore caratteristica delle politiche giovanili danesi è la connessione tra politiche giovanili e politiche per le attività ricreative che si può far risalire già al tempo della Commissione per la gioventù, durante gli anni ‘40 e ‘50. Nelle discussioni sulle politiche giovanili negli anni 80 e 90 le “attività socio-educative”, i “programmi per la gioventù” e le “politiche giovanili” sono stati considerati quasi sinonimi delle attività ricreative. Le altre misure relative alla gioventù, non erano definite come “youth work” (attività socio-educative realizzate a favore dei giovani), ma erano descritte come “istruzione”, “formazione” o “interventi sociali”. Questa situazione deve essere intesa come risultato delle relazione specifica - e della divisione del lavoro - tra lo stato e le organizzazioni del terzo settore durante l’imponente crescita del sistema di welfare nell’era del Dopoguerraa. Al tempo, le organizzazioni del terzo settore attente alle necessità dei giovani erano inserite nel sistema scolastico, nell’assistenza sociale e nell’istruzione extrascolastica dei giovani. La crescita del sistema di welfare durante gli anni ‘50 e ‘60 ha portato ad una riduzione della distinzione tra pubblico e privato nelle attività rivolte ai giovani all’interno del sistema scolastico e nei servizi sociali (gli attori privati divennero a sostegno statale al 100% ed erano soggetti alle stesse regolamentazioni delle istituzioni pubbliche). Al tempo stesso, la relazione tra gli enti pubblici e le or-


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ganizzazioni private coinvolte nell’istruzione extrascolastica (ossia la socializzazione ideologica, morale e politica dei bambini e dei ragazzi) toccava un ambito in cui il welfare state non poteva intervenire senza evocare paragoni con i regimi totalitari. L’istruzione extrascolastica era fornita dalle organizzazioni per la gioventù (e non della gioventù) e divenne ovvio che esse offrivano un contributo molto utile alla socializzazione dei giovani, non solo come contrappeso all’ideologia totalitaria, ma anche alla pericolosa influenza della cultura popolare di massa che, al tempo, era percepita come un grave problema. Si realizzava così, tacitamente, una ideale divisione del lavoro tra le organizzazioni per i giovani e lo stato: le organizzazioni di terzo settore, chiamate a fare il lavoro sul campo, dovevano essere sostenute dallo stato in termini economici e dalle pubbliche autorità in termini di infrastrutture. Questo ideale di divisione del lavoro non è stato però applicato al sistema scolastico e agli interventi sociali per i giovani. Dal momento in cui i fornitori di servizi socio-educativi in questi due settori non erano così ben organizzati ed erano più orientati verso i loro settori specifici piuttosto che alla gioventù, le attività socioeducative del terzo settore sono divenute quasi sinonimi delle attività ricreative e delle politiche culturali (i settori dove le organizzazioni volontarie giovanili avevano i propri capisaldi in Danimarca). In questa prospettiva, peraltro, le attività ricreative non erano fini a se stesse; si trattava piuttosto di un mezzo per raggiungere un fine. Per esempio lo scopo delle palestre non era l’attività fisica in se stessa, ma l’esercizio salutare del corpo e della mente. Lo scopo primario dei boy scout non erano le attività all’aperto, ma l’apprendimento dei valori militari, religiosi o morali. Tuttavia, nei decenni del dopoguerra il processo di modernizzazione ha cambiato il ruolo delle attività ricreative da “mezzi” a “fini”: le attività ricreative sono diventate sempre più indipendenti dalla socializzazione religiosa o morale dei giovani partecipanti. Questo mutamento ha assunto particolare evidenza con lo sport, ma tende ad estendersi anche alle altre forme di attività socio-educativa. Nel 1959 il governo nominò il Comitato di contatto tra le organizzazioni per i giovani e i ministeri governativi. il comitato era in primo luogo un canale di mutua informazione, ma alla fine degli anni 60 valutava le misure giovanili dello Stato e dei Comuni e suggeriva le revisioni del caso (Betænkning nr. 559, 1970). Durante gli anni 70, il comitato perse la sua importanza e nel 1981 fu sostituito da un nuovo ente temporaneo, la Commissione governativa sui giovani. Questa commissione, attiva nel periodo 1981-84, pubblicò diversi libri bianchi (Regeringens Ungdomsudvalg, 1984), ma le raccomandazioni prodotte ebbero scarsa influenza in quanto il governo non-socialista in carica nel 1982 non diede alcuna priorità alle politiche giovanili. Una delle più importanti raccomandazioni della Commissione governativa sui giovani riguardava un migliore coordinamento delle misure rivolte ai giovani. Tale coordinamento sarebbe stato poi introdotto grazie alla nomina del Comitato governativo sulla gioventù e del Comitato interministeriale per la gioventù nel 1997 (si veda il paragrafo 1).

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5.6.2 Obiettivi dichiarati e concetti chiave delle politiche giovanili

Le politiche giovanili del governo danese comprendono una dichiarazione generale di intenti e dieci obiettivi ad essa subordinati. La dichiarazione generale di intenti è la seguente: “Tutti i giovani dovrebbero godere di una gioventù ricca di contenuti che li renda pronti ad una vita indipendente e diversificata e che li faccia contribuire attivamente allo sviluppo della società.” (Regeringens ungdomsudvalg, 1997b) Leggendo l’obiettivo generale diviene chiaro che in Danimarca il Ministro dell’istruzione è anche il ministro della gioventù ed è responsabile delle politiche giovanili. Grande importanza è conferita al concetto di gioventù come periodo di preparazione in vista della vita adulta - una preparazione personale come cittadino indipendente, una preparazione professionale per una vita diversificata e una preparazione sociale per un contributo attivo allo sviluppo della società. Tre anni dopo la pubblicazione delle linee guida del governo sulla gioventù, il Comitato interministeriale per la gioventù ha valutato lo stato d’insieme delle politiche giovanili (Det tværministerielle Ungdomsudvalg, 2000). Questa valutazione è pervasa da una critica indiretta dell’obiettivo generale delle politiche giovanili nazionali. Al contrario, la relazione di valutazione del Comitato interministeriale per la gioventù enfatizza che i giovani non sono esclusivamente una risorsa sociale futura, ma anche una risorsa in loro stessi in quanto ‘gioventù’. Il periodo della gioventù non deve essere quindi considerato solamente come periodo di preparazione per la futura vita adulta. Al contrario, alla gioventù va offerta l’opportunità di godere della propria indipendenza (Det tværministerielle Ungdomsudvalg, 2000: 33). Tuttavia questa riformulazione dell’obiettivo delle politiche giovanili del governo non è stata approvata dal Comitato governativo sulla gioventù (Mejlvang Sørensen, 2000). 5.6.3 Principali problemi affrontati dalle politiche giovanili esplicite

I problemi principali possono essere descritti nei 10 specifici obiettivi delle politiche del governo in tema di gioventù: Influenza e responsabilità: le politiche giovanili devono formare basi migliori per la partecipazione attiva dei giovani nello sviluppo della democrazia e per la loro influenza diretta e responsabile sulle questioni che li riguardano. 2. Istruzione per tutti i giovani: tutti i giovani devono godere della possibilità, teorica e reale, di completare la propria istruzione. 3. Piena occupazione per la gioventù: l’obiettivo è la piena occupazione dei giovani (cioè un tasso di disoccupazione massimo del 5%). 4. Qualifiche internazionali: tutti i giovani dovrebbero essere adeguatamente preparati per soddisfare i requisiti e utilizzare le possibilità offerte dalla comunità internazionale. 1.


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Accesso alle tecnologie informatiche per i giovani: i giovani devono avere la possibilità di acquisire la preparazione di base nelle tecnologie informatiche e della comunicazione, per dare loro la possibilità di arricchire le proprie conoscenze in modo indipendente, attraverso l’uso dell’informatica. 6. Migliori servizi di orientamento e consulenza: tutti i giovani devono avere accesso a servizi di orientamento e consulenza completi, coerenti e diretti. 7. Stabilire dei punti fermi per la vita futura: tutti i giovani, compresi quelli con difficoltà specifiche, devono avere le possibilità reali di creare una base stabile per la loro vita futura. 8. Aree abitative soddisfacenti: uno degli obiettivi delle politiche giovanili è far sì che i giovani possano vivere in aree residenziali soddisfacenti, che facilitino il loro sviluppo e permettano loro di fare sempre nuove esperienze. 9. Diversità culturale: le politiche giovanili devono contribuire ad offrire ai giovani una conoscenza di base del loro background culturale, promuovendo la mutua comprensione tra diversi gruppi etnici. 10. Conoscenza dei giovani: l’aggiornamento e lo sviluppo delle politiche giovanili dovrebbe essere un processo dinamico, al cospetto delle oportunità e delle sfide con cui i giovani si confrontano. Le politiche giovanili debbono quindi assicurare una sistematica raccolta di dati conoscitivi sulle condizioni di vita e sui punti di vista dei giovani (Regeringens ungdomsudvalg, 1997b: 6-7). 5.

5.6.4 I principali gruppi-obiettivo delle politiche giovanili esplicite

Le politiche del governo in tema di gioventù sono indirizzate a tutti i giovani tra i 15 e i 25 anni: “È importante assicurare che la generazione dei giovani venga a patti con la società del futuro. La nostra politica giovanile deve contribuire fornendo la struttura portante e rendendo le opportunità visibili e concrete. Tutti i giovani devono avere la possibilità di affrontare sfide e cogliere occasioni che possano gestire” (Regeringens ungdomsudvalg, 1997b:11) Questo obiettivo di inclusione di tutti i giovani nelle politiche che li riguardano è nuovamente sottolineato quando si descrivono le questioni specifiche delle politiche giovanili: “L’istruzione per tutti i ragazzi (…): Dobbiamo raggiungere tutti i giovani se vogliamo davvero una società ricca e nel benessere e se vogliamo mantenere la nostra forte posizione in campo internazionale. È quindi importante che tutti i ragazzi completino i percorsi scolastici” (p. 15). “Le qualifiche internazionali (…): è un obiettivo del Governo che sia fornita l’opportunità a tutti i giovani di partecipare ad attività internazionali” (p. 19). “L’accesso alle tecnologie informatiche per i giovani (…): È necessario che tutti i giovani siano preparati con le competenze richieste in modo da evitare gruppi ‘di serie A’ e gruppi ‘di serie B’, in termini di tecnologie”

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(p. 21). “Tutti i giovani devono avere accesso a servizi di orientamento e consulenza completi, coerenti e diretti” (p. 22). I problemi di emarginazione giovanile sono affrontati in relazione all’obiettivo che mira a fornire la possibilità di creare nuove condizioni di vita - anche per i giovani devianti, con problemi di salute mentale o di tossicodipendenza: “Le misure volte ad aiutare i gruppi svantaggiati saranno tali da offrire anche a questi giovani una possibilità reale di ristabilirsi in una vita più regolare. Uno degli obiettivi principali di tali misure è di assicurare che nessuno in una posizione marginale sia né dimenticato, né lasciato ai margini” (p. 25). I gruppi etnici dei giovani sono ricompresi nell’obiettivo riguardante la varietà culturale: “Le politiche giovanili devono contribuire ad offrire ai giovani di Danimarca un punto di partenza a livello culturale (…) Le politiche giovanili sosterranno le possibilità dei giovani di creare una sana comprensione delle proprie tradizioni, che, a loro volta, contribuiranno a promuovere la comprensione interculturale” (p. 29). Come risulta evidente dalle citazioni sopra, i gruppi-obiettivo sono definiti in maniera molto ampia. I gruppi speciali come giovani immigrati, giovani donne o uomini, giovani senzatetto, giovani che lasciano istituti di cura ecc., sono tutti inclusi negli ampi obiettivi delle politiche giovanili centrali, ma i loro bisogni particolari non sono affrontati esplicitamente a questo livello, sebbene diverse misure specifiche siano a loro dirette.

5.7 LA PARTECIPAZIONE GIOVANILE NEI PROCESSI DI COSTRUZIONE DELLE POLITICHE

Il primo dei dieci obiettivi dell’attuale politica giovanile del governo è di “formare basi migliori per la partecipazione attiva dei giovani nello sviluppo della democrazia e per la loro influenza diretta e responsabile sulle questioni che li riguardano”. Il Governo ha cercato di raggiungere questo obiettivo in diversi modi. Nel 1998 ha presentato un piano in parlamento riguardante la democrazia rappresentativa nel sistema scolastico (Undervisningsministeren, 1997). Più di recente, il parlamento ha approvato una legge sulla democrazia nel sistema dell’istruzione (Lov nr. 263 af 12. April 2000, 2000). L’obiettivo è di assicurare un’influenza formale degli studenti sui consigli scolastici in tutti gli ambiti dell’istruzione e della formazione. Di questi stessi principi si tiene conto nel Programma istruzione secondaria superiore per il futuro (Folketingsbeslutning nr. B 46 af 29. April 1999, 1999) e anche nel Progetto pilota sulle politiche giovanili nella prospettiva comunale (Regeringens ungdomsudvalg, 1997a) che, lanciato nel 1997, contiene diversi progetti che coinvolgono i giovani nella pianificazione, realizzazione e valutazione di misure locali.


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5.7.1 Parlamenti Giovanili

Traendo ispirazione dalle esperienze della Francia e della Svezia, la Danimarca ha creato il suo primo Parlamento giovanile nel 1999, che, a partire da allora, si è riunito quasi ogni due anni. L’obiettivo del Parlamento giovanile è di aiutare i giovani a comprendere meglio i processi democratici e di coinvolgerli, facendo sì che delineino personalmente delle proposte di legge, da discutere nei comitati e nelle sedute plenarie del parlamento. Sono state invitate tutte le ottave e none classi (14-16 anni) nelle scuole secondarie inferiori in Danimarca, nelle isole Fær Øer e in Groenlandia. 5.7.2 Elezioni test per bambini e ragazzi

In corrispondenza delle elezioni generali del Parlamento danese (Folketinget) nel 1998, una rete televisiva nazionale ha organizzato una ‘elezione test’ per bambini e ragazzi. Più di 121.000 giovani nella fascia di età 7-17 anni (pari al 19% del totale) hanno dato il loro voto ad uno degli 11 partiti politici nella lista parlamentare (Bykilde, 2000). Prima dell’elezione di prova c’erano una serie di trasmissioni televisive indirizzate specificamente ai giovani sotto l’età di voto. Molte scuole hanno sostenuto il progetto, includendo informazioni sulle elezioni, sul sistema politico e sui partiti politici nel piano di studi. 5.7.3 Partecipazione nei programmi di livello europeo

La Danimarca partecipa nei seguenti programmi europei per la gioventù: Leonardo, Comenius, Erasmus, Lingua, Minerva, i Giovani per l’Europa e Youthstart. La gestione a livello nazionale di questi programmi è confluita in un’organizzazione: il Cirius (Centro di informazione e consulenza su attività di interscambio e di istruzione internazionali - www.ciriusonline.dk). I dati sulla partecipazione dei giovani in questi programmi dimostrano un trend crescente, che non è ancora stato oggetto, tuttavia, di analisi e interpretazioni specifiche. 5.7.4 Programmi di valutazione e monitoraggio

Le iniziative locali di politica giovanile sono spesso lanciate senza fondi o senza risorse sufficienti per la valutazione dei relativi programmi. Se poi viene pianificata una valutazione, avviene spesso che essa si realizzi a programma già in corso o dopo il suo completamento. Ciò significa che non è possibile valutarne gli effetti reali, dal momento che non si dispone di dati sulla situazione prima dell’inizio del programma. La mancanza di fondi sufficienti porta a forme di valutazione meno ambiziose, come valutazioni interne, valutazioni da pari o le semplici raccolte di esperienze. Un altro problema è che le valutazioni non sono abitualmente pubblicate e rimangono, di conseguenza, inaccessibili. Un database centrale dei programmi e progetti giova-

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nili svolti a livello locale, e delle loro valutazioni, rappresenta quindi una impellente necessità. Le valutazioni scientifiche sui programmi nazionali per la gioventù rappresentano oggi la procedura standard. Per esempio il programma di “Rafforzamento delle misure del governo relativamente ai giovani” del 1996 (vedi sotto) è stato valutato approfonditamente (Nord-Larsen, 1997). Tuttavia anche a livello nazionale le valutazioni a volte vengono svolte troppo tardi: la valutazione del Progetto pilota sulle politiche giovanili in una prospettiva comunale (dal 1997, vedi sotto) non è cominciata che di recente.

5.8 LE POLITICHE SPECIFICAMENTE INDIRIZZATE AI GIOVANI 5.8.1 Politiche per il mercato del lavoro

La più importante iniziativa indirizzata alla promozione della partecipazione giovanile nel mercato del lavoro è il cosiddetto programma di “Rafforzamento delle misure del governo relativamente ai giovani”, avviato nel 1996. Questo programma fu lanciato prima che si desse inizio ad una politica giovanile indipendente, tuttavia trova la sua collocazione nel terzo obiettivo delle politiche giovanili del governo: la piena occupazione giovanile. Lo scopo di tale programma (Lov nr. 897 af 16. dicembre 1998, 1998; Lov nr. 1058 af 20. dicembre 1995, 1995; Lov nr. 1059 af 20. dicembre 1995, 1995) è quello di (ri)portare i ragazzi nel mondo della scuola, o del lavoro, nel tempo più rapido possibile. Il gruppo-obiettivo è formato dai disoccupati sotto i 25 anni che ricevono le indennità di disoccupazione e che sono stati disoccupati per sei mesi negli ultimi nove mesi. Prima di tutto il programma implica un obbligo (e un diritto) di partecipare ad un corso di formazione di 18 mesi, preferibilmente all’interno del sistema di formazione professionale ordinario. L’orientamento professionale e le attività volte al lavoro, anch’esse della durata di 8 mesi, sono altre possibilità offerte ai ragazzi. Se ci si rifiuta di accettare un’offerta di formazione o altre forme di attività, si perde completamente il diritto alle indennità di disoccupazione. I ragazzi che ricevono assistenza sociale non sono inclusi nel programma in oggetto. Devono tuttavia partecipare ai programmi di istruzione o formazione per un minimo di 30 ore settimanali. Durante il periodo si riceve un’indennità che, per la maggior parte dei ragazzi, corrisponde solo al 50% dell’assegno di disoccupazione ordinario. L’esperienza dimostra che, in virtù dell’applicazione del programma di “Rafforzamento delle misure del governo relativamente ai giovani”, il numero di giovani disoccupati è fortemente diminuito (Det tværministerielle Ungdomsudvalg, 2000: 16).


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5.8.2 Politiche scolastiche

Il Parlamento danese ha adottato un nuovo programma sull’istruzione secondaria (Folketingsbeslutning nr. B 46 af 29. April 1999) il cui obiettivo è che il 95% dei giovani completi l’istruzione secondaria e il 50% quella universitaria. Grazie a questo programma quasi tutti i giovani potranno continuare il loro percorso di formazione dopo il completamento dell’istruzione obbligatoria. Inoltre il tasso di abbandoni dovrebbe essere ridotto il più possibile. Il programma vuole creare maggiore flessibilità nel sistema di istruzione, al fine di fornire ai giovani la possibilità di passare da un corso ad un altro senza perdite di tempo. Inoltre il programma affronterà il problema degli elevati tassi di abbandono connessi al passaggio dalle scuole secondarie inferiori alle secondarie superiori e dall’istruzione di secondo livello a quella di terzo livello. La transizione dalle scuole secondarie inferiori alle secondarie superiori è stata affrontata in molti altri programmi. Tra questi, il Progetto di costruzione del ponte, che comprende una combinazione di corsi di orientamento e formazione per coloro che non intraprendono un corso di istruzione secondaria superiore e per coloro che abbandonano un corso di istruzione secondaria (Lbk nr. 786 af 14/10/1999, 1999). Un progetto simile mira a creare piani di istruzione individuali, sotto forma di contratti firmati dalla scuola, dal giovane e dai genitori (Bekendtgørelse nr. 501 af 6. juni 2000, 2000). La riforma della decima classe rappresenta un ulteriore tentativo di ridurre il tasso di abbandoni in corrispondenza alla transizione dalle scuole secondarie inferiori alle secondarie superiori: la decima classe cambierà status, non sarà più l’ultima classe delle scuole secondarie inferiori, ma la prima delle scuole secondarie superiori (Lov nr 406 af 2. juni 1999, 1999). Attualmente, la riforma del sistema secondario superiore riguarda esclusivamente la formazione professionale (Lov nr. 234 af 21. april 1999, 1999). Questa riforma riduce drasticamente il numero di corsi, facilitando l’orientamento dei giovani all’interno di questo sistema. La riforma farà sì che i giovani con qualifiche diverse possano completare la loro formazione professionale in diversi livelli. 5.8.3 Politiche per giovani a rischio

Sebbene il tasso di delinquenza tra i giovani sia in costante diminuzione, nell’ultimo decennio la delinquenza giovanile e i reati commessi dai minori sono stati oggetto di un’ampia discussione nei dibattiti pubblici e nelle politiche giovanili. Inoltre sono state lanciate diverse iniziative politiche e sono stati rivisti i programmi esistenti. L’età di assunzione della responsabilità penale, in Danimarca, è pari a 15 anni. I giovani sotto questa età accusati di un reato avranno una riduzione della pena o ne saranno esonerati tout court, in virtù della giovane età. In alcuni casi l’esonero è vincolato al lavoro in comunità, in altri casi alla firma di un “Contratto per il giovane”.

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Questo tipo di contratti rappresenta una alternativa ai sistemi penali tradizionali. Il contratto viene firmato dal giovane, dai genitori, dall’organo di polizia e dai servizi sociali e sottoposto al tribunale locale, dove il giovane confessa e la corte approva i termini e il contratto. Il periodo di validità del contratto è compreso fra i 3 e i 12 mesi. Nel corso di questo periodo il giovane deve partecipare a diverse attività, che possono essere legate al tempo libero, al lavoro, all’istruzione, a corsi, alla riabilitazione e al risarcimento. Se tiene fede al contratto, il giovane otterrà la cancellazione del reato, che non risulterà più nella sua fedina penale. Lo scopo dei contratti per i giovani è di agire più velocemente e con maggiore decisione e di adattare l’azione alle necessità individuali (Vejledning nr. 119 af 03-07-1998, 1998). 5.8.4 Iniziative del Governo per i giovani disadattati

Il panico causato dai problemi derivanti dalle gang di giovani immigrati, ha portato il governo a lanciare le Iniziative per i giovani disadattati (Regeringens ministerudvalg vedrørende integration og utilpassede unge, 1999). Questo programma contiene 14 diverse iniziative, tra cui un servizio di ambulanze dedicato ai Comuni con problemi legati alle gang, più posti in istituti controllati (simili a carceri) per i giovani autori di reati, maggiore applicabilità di misure coercitive per bambini a rischio nelle loro famiglie, una riforma del sistema di counseling giovanile e di prevenzione dei reati ambientali nei quartieri degradati. Per molti anni i servizi sociali, le autorità scolastiche e le forze di polizia a livello comunale hanno cooperato con i Comitati locali per la prevenzione della delinquenza giovanile. Oggi la maggior parte dei Comuni dispone di uno o più di tali Comitati. Molti Comuni si avvalgono di operatori di strada, per mettersi in diretto contatto con i giovani più esposti alla criminalità. Secondo le valutazioni fatte (Mehlbye, 1989; Watt-Boelsen, 2000), questo modello di intervento si è rivelato efficace, sebbene si criticasse l’eccessivo avvicinamento dell’operato delle forze di polizia a quello degli assistenti sociali, soprattutto per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni sui giovani. Il gruppo-obiettivo di questa iniziativa era quello dei giovani sotto i 18 anni, tuttavia le iniziative del Governo per i giovani disadattati prevedono l’estensione dei provvedimenti ai giovani tre i 18 e i 24 anni (Det Kriminal-præventive Råd, 2000). Tradizionalmente le misure riguardanti i bambini ed i ragazzi decadono con la maggiore età - 18 anni - ma negli ultimi anni la categoria dei giovani nella legislazione sociale è stata estesa per comprendere anche i giovani adulti. Per certi versi, anche l’impostazione delle Iniziative del governo per i giovani disadattati ha seguito questa linea: un giovane assistito in un contesto residenziale può - se è d’accordo essere curato in famiglia, o negli istituti preposti, fino all’età di 23 anni, con diritto allo stesso tipo di sostegno pubblico assicurato ai minorenni (Lov nr. 466 af 31-052000, 2000). Gli obiettivi dell’estensione di queste misure sono di assicurare una migliore reintegrazione nella società dei giovani in istituti di cura.


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5.8.5 Iniziative governative per i giovani devianti

L’esempio più recente del rigore manifestato dal Governo nella lotta contro la criminalità è rappresentato dalle Iniziative per i giovani devianti (Justitsministeren, 2000). Il piano comprende più posti in istituti controllati (simili alle carceri), più case di cura per i giovani, la nomina di un comitato di esperti sulla criminalità giovanile e nuove sanzioni legali e sociali per i giovani trasgressori. Estende, inoltre, il campo delle competenze dei servizi sociali, di fronte a ragazzi che commettono atti che, se avessero avuto l’età per la responsabilità penale, sarebbero stati definiti reati. 5.8.6 Politiche per le associazioni giovanili e le attività ricreative

Le attività ricreative per i giovani sono sostenute dallo stato ai sensi di una serie di disposizioni emesse dal Ministero dei beni culturali, dal Ministero degli affari sociali, dal Ministero dell’istruzione. In questa sede saranno presentate solo due forme di sostegno, entrambe dirette alla vita associativa dei giovani. Secondo la Legge sul Totocalcio e la Lotteria (Lovbekendtgørelse nr 765 af 14/08/2000, 2000), il governo finanzia le organizzazioni nazionali per la gioventù e le fonti di questo finanziamento sono il totocalcio e la lotteria nazionale. Per poter godere del finanziamento statale le organizzazioni giovanili devono soddisfare dei requisiti, come la rappresentanza, la distribuzione geografica e le strutture gestionali democratiche. Il Consiglio per la gioventù danese gestisce i fondi allocati alle organizzazioni giovanili secondo i criteri delineati dal Consiglio per la gioventù ed il Ministero dell’istruzione. Tutte le organizzazioni giovanili di livello nazionale (definite secondo le dimensioni, la rappresentanza, il numero di membri) hanno diritto ai maggiori finanziamenti statali. Fondi minori sono riservati alle organizzazioni che non soddisfano i requisiti. Il sostegno finanziario si traduce nella copertura dei costi operativi dell’organizzazione nazionale, così come di quelli legati alla creazione di nuove strutture (uffici, impianti per seminari, ecc.) e al sostegno per lavori di sviluppo, progetti pilota, ecc. Il sostegno comunale per le attività ricreative gestite da organizzazioni sportive o giovanili locali è regolato dalla Legge sul sostegno finanziario per il ‘Folkeoplysning’ (Lov nr. 480 af 31/05/2000, 2000). Associazioni sportive e giovanili, circoli giovanili e di formazione per gli adulti rientrano tutti nel campo applicativo di questa legge, che stabilisce delle linee guida per l’allocazione di fondi da parte delle autorità locali. I principi fondamentali e unificanti del ’Folkeoplysning’ sono: libera scelta delle attività, accesso universale, libera iniziativa e libera scelta degli istruttori. Il comune è libero di stabilire la distribuzione generale dei fondi. Tuttavia deve comprendere il sostegno per le attività dei bambini e dei giovani, strutture per lo sport, associazioni e circoli giovanili. Circa i 2/3 di tutti i bambini e dei giovani par-

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tecipano in associazioni o in altre forme di attività organizzate, quasi interamente gestite da staff di volontari.

5.9 TASSI DI PASSAGGIO ALLE SCUOLE SECONDARIE SUPERIORI

Mentre il sistema di formazione professionale è stato radicalmente rivisto in diverse occasioni - nel 1999 (Lov nr. 234 af 21. april 1999, 1999) e di nuovo con l’introduzione dei test nazionali nel 2006 - il sistema di istruzione secondaria superiore e la struttura del flusso accademico dell’istruzione secondaria superiore (il ginnasio) sono rimasti quasi inalterati per diversi decenni. Nel 2003, peraltro, è stata attuata una riforma. Tale riforma intendeva rafforzare le competenze di base e preparare meglio gli scolari agli studi futuri. Il 50-55 % di tutti i giovani partecipano al sistema di istruzione secondaria superiore, ma questo segmento del sistema formativo, delineato quando solo il 5% dei giovani vi accedeva, non è ora in grado di accogliere l’ingente flusso. La riforma del 2003 fondamentalmente non ne ha rivisto la struttura, ma ha aggiunto nuovi elementi e maggiore flessibilità che, si spera, porteranno ad una riduzione degli abbandoni. Bisogna solo attendere e vederne i risultati. Tuttavia nel caso in cui il tasso degli abbandoni, attualmente del 20%, dovesse realmente scendere nei prossimi anni, molti esperti ne rimarrebbero sorpresi. Le cause del flusso accademico stagnante nell’istruzione secondaria superiore sono molteplici: è il settore dell’istruzione maggiormente conservatore e legato alle tradizioni, la maggior parte dei membri dell’elite politica hanno ricevuto la loro istruzione di base in questa sezione del sistema di istruzione e, nonostante il numero crescente di iscrizioni, il “ginnasio” evoca ancora nostalgia e prestigio.

5.10 NUOVE TENDENZE DELLE POLITICHE GIOVANILI: L’ESTENSIONE DELLA CATEGORIA DI “GIOVANI”

Come menzionato nella Relazione nazionale sulle condizioni dei giovani in Danimarca, sul piano normativo la categoria di giovani si applica a ragazzi di età compresa tra i 15 e i 17 anni. Secondo la normativa, l’età minima in relazione ad alcuni ambiti formali (ad esempio: occupazione e responsabilità penale), è di 15 anni, mentre la maggior parte dei diritti si acquisisce a 18 anni (il diritto al voto, il diritto al matrimonio, diritti di età completi). Nonostante ciò, negli ultimi anni c’è stata una tendenza a superare queste linee di divisione tra l’infanzia, la gioventù e l’età adulta, elemento questo integrato nell’attuale politica giovanile di alto profilo del governo. Il limite della maggiore età, in particolare, è stato in qualche modo superato. Il programma di Rafforzamento delle misure del governo relativamente ai giovani e le leggi che lo accompagnano, comportava la possibilità di una perdita dell’as-


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sistenza sociale per i giovani adulti - tra i 18 e i 25 anni - allo stesso livello degli adulti. Il cosiddetto Programma SSP (cooperazione tra i servizi sociali, le autorità scolastiche e la polizia per la prevenzione della criminalità rivolta ai giovani) è stato esteso al fine di abbracciare anche i giovani tra i 18 e i 24 anni. I giovani soggetti a misure sociali preventive possono ora vivere nelle apposite residenze fino ai 23 anni anziché 18, che era il precedente limite di età per i servizi sociali pubblici ai minori. La tendenza all’estensione della categoria dei giovani anche verso il basso non è così evidente, ma ci sono tenui tendenze in questa direzione: sin dalla metà degli anni 80, in alcuni casi i giovani sopra i 12 anni avevano il diritto di essere ascoltati dalle autorità prima che fossero prese misure di assistenza sociale, ma durante gli anni 90 questo diritto di consultazione è stato esteso anche a varie altre misure. Durante lo stesso periodo, la questione dell’abbassamento del limite di età per la responsabilità penale è stata discussa in varie occasioni, finora (2007) senza alcun cambiamento. Questo dibattito dimostra, nondimeno, come i limiti di età previsti dalla legislazione siano ancora messi in discussione. 5.10.1 Il coordinamento delle politiche giovanili

Non era chiaro, ancora nel 2000, se il coordinamento di una politica giovanile intersettoriale, introdotto a metà anni 90, fosse una tendenza o solo un cambiamento temporaneo di politiche. Il coordinamento delle politiche giovanili aveva avuto inizio con il governo social-democratico (sebbene i Ministri della gioventù provenissero dal Partito di coalizione, il Partito social-liberale). Era tuttavia incerto se, in futuro, un governo non socialista avrebbe continuato a sostenere questo tipo di coordinamento delle politiche giovanili. Ebbene, la storia danese mostra che le politiche giovanili vengono tipicamente promosse dai governi social-democratici, mentre i governi di estrazione diversa non investono più di tanto in questo ambito Ora, dopo 6 anni di governo non-socialista, la tendenza è chiara: sebbene il Comitato del governo sui giovani e il Comitato interministeriale per la gioventù siano ancora in essere, la priorità data e le iniziative intraprese in ambito giovanile, se messe in confronto a quelle degli anni 90, sono poche e ridimensionate. Nel governo liberal-conservatore le politiche per la gioventù e per l’infanzia sono una questione interministeriale, di competenza del Ministero dell’istruzione e del Ministero degli affari sociali. 5.10.2 La partecipazione politica dei giovani

Dal 1990 al 2001 una delle aree di intervento più importanti delle politiche giovanili - se non la più importante - era la partecipazione politica e l’influenza dei giovani. Il primo dei dieci obiettivi delle politiche giovanili del governo dal 1997 era di migliorare la “base per la partecipazione attiva dei giovani nello sviluppo della democrazia e la loro influenza diretta e la loro responsabilità sulle questioni che li interessano”. La legge sulla democrazia nel sistema di istruzione, il programma

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istruzione secondaria superiore per il Futuro, il Progetto pilota sulle politiche giovanili in una prospettiva comunale e i Parlamenti giovanili del 1999 e del 2001, erano tutti tentativi di coinvolgimento dei giovani nei dibattiti politici sulle questioni della gioventù e su altre tematiche pertinenti. Inoltre le molteplici iniziative comunali piani locali giovanili e consigli locali giovanili - devono essere intesi come elementi in linea con questa tendenza di coinvolgimento dei giovani nei processi democratici con nuove modalità. Questa tendenza si può interpretare come reazione a un fenomeno preoccupante, quale il declino percepito nell’impegno politico e nella partecipazione sociale tradizionale tra i giovani. Tale fenomeno è in effetti considerato una minaccia al futuro della democrazia rappresentativa. Come già esposto, la maggior parte delle iniziative, forum politici ed altri tentativi formulati ed attuati prima dell’avvento del nuovo governo liberal-conservatore godevano di riconoscimenti e appoggi diffusi, essendo riconosciuti come interventi all’avanguardia. In particolare, l’importanza dell’ascolto dei bambini e dei giovani è stata esplicitamente riconosciuta nella politica nazionale dedicata del 2005, e poi riaffermata dalla legge. Si sono inoltre fissate delle procedure che permettono, di fronte a situazioni familiari problematiche, il coinvolgimento e l’ascolto attivo dei bambini e dei ragazzi potenzialmente a rischio, prima che possano essere prese importanti decisioni per loro o varati piani al loro posto. Tuttavia il governo liberalconservatore non ha dato la dovuta priorità alla sollecitazione di ulteriori dispositivi per le politiche giovanili e per la partecipazione dei giovani. Tale impegno è stato demandato (ma non sovvenzionato) ai Comuni, alle scuole e alle altre istituzioni educative. Al contrario gli obiettivi e le politiche sono stati modificati al fine di promuovere più alti livelli di istruzione, e per favorire migliori forme di pianificazione e di monitoraggio dello stato di avanzamento dei processi intrapresi.


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Capitolo 6 Germania René Bendit

6.1 INTRODUZIONE

In Germania i giovani stanno crescendo in condizioni di accelerato mutamento sociale ed economico, indotti dai processi di modernizzazione tecnologica. Uno degli indicatori più significativi di cambiamento sociale nelle società europee si riferisce alla situazione demografica. Come in altre società europee, tra cui Italia e Spagna, anche in Germania il tasso di natalità sta calando sistematicamente da decenni di modo che anche la proporzione dei giovani nella società e la loro importanza politica calano in maniera corrispondente. Il numero complessivo di giovani sul totale della popolazione tedesca nel 2005 era di 17.199.929 pari al 20,85% della popolazione totale. In altri termini, i giovani in Germania stanno crescendo in una società che sta diventando sempre più vecchia. Questo ha conseguenze importanti per i rapporti intergenerazionali presenti e futuri ma anche per il futuro dello Stato sociale. I processi di globalizzazione e di europeizzazione hanno un ulteriore impatto diretto sulle condizioni di vita dei giovani dato che la vita familiare, l’istruzione, il lavoro, i comportamenti sociali e culturali sono influenzati direttamente da questi cambiamenti. Come in altri paesi europei, anche in Germania i giovani stanno crescendo nel contesto di percorsi di istruzione e formazione prolungati che, a loro volta, sono fortemente collegati ad aspettative di carriera professionale più elevate. In molti casi, queste aspettative risultano frustrate dalle effettive condizioni economiche e sociali. Aumenta il divario tra i livelli di istruzione raggiunti da un lato e il mercato del lavoro (cioè le possibilità di lavoro) dall’altro. Questa situazione è particolarmente problematica per i giovani che crescono in condizioni di vita svantaggiate. Come in altri Paesi, anche in Germania i processi di globalizzazione ed europeizzazione stanno condizionando i cambiamenti strutturali dei mercati del lavoro a livello nazionale, regionale e locale, creando per i giovani (e in particolare per i giovani adulti) la necessità di adattarsi a condizioni di lavoro flessibili e insicure. A questo proposito possiamo osservare che sono soprattutto i giovani ad avere contratti a tempo determinato, posti di lavoro precari, lavori part-time, ecc. Tutto ciò ha conseguenze sui processi di indipendenza ed emancipazione dei giovani dalle famiglie d’origine ma anche sulla percezione delle loro reali possibilità di partecipazione nella società. Le decisioni economiche e politiche prese a livello locale, regionale, nazionale o europeo, al di là della possibilità di influire su di esse, danno loro l’impressione che gli “adulti” in Europa stiano regolamentando la loro


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vita senza dare loro possibilità reali di influire su tali processi decisionali che, ai loro occhi, non sono realmente democratici. Diventare adulti oggi in Germania, come in altre società moderne, non è più com’era una volta: non ci sono più vie chiare e standardizzate all’età adulta, bensì traiettorie uniche e individualizzate per diventare persone indipendenti, cioè membri della società. Per raggiungere questo obiettivo i giovani devono sviluppare nuove capacità e abilità che li aiutino ad affrontare tutte le sfide associate ai processi di transizione all’età adulta. Riassumendo, nelle società in via di modernizzazione come quella tedesca, le biografie normali diventano sempre di più biografie a “patchwork”, un processo in cui i giovani non solo hanno un certo grado di libertà per prendere delle decisioni, ma oltre a ciò si confrontano con la necessità assoluta di prendere tali decisioni rischiose da soli (Beck, 1986; Keupp, 1994). È nell’ambito di queste accelerate trasformazioni che le politiche giovanili in Germania devono trovare e dare risposte alle esigenze e ai problemi dei giovani. Il sistema delle politiche giovanili e ciò che si sta facendo, verrà descritto in questo capitolo. Prima ancora, però, si forniranno dei dati e delle informazioni chiave, di carattere generale sui giovani in Germania.

6.2 ALCUNI DATI STATISTICI SUI GIOVANI IN GERMANIA

Struttura demografica della popolazione giovane in Germania: Tab. 6.1 - Percentuale di giovani per gruppi d’età 13-15 anni

16-18 anni

19-21 anni

22-24 anni

25-27 anni

28-30 anni

16,25%

16,9%

16,4%

17,4%

16,75%

16,3%

Tab. 6.2 - Percentuale di giovani per sesso Maschi

Femmine

50,97%

49,03%

Tab. 6.3 - Percentuale di giovani per sesso e per gruppi d’età Età

13-15

16-18

19-21

22-24

25-27

28-30

Femmine

7,92%

8,21%

8,05%

8,60%

8,25%

8,00%

Maschi

8,34%

8,66%

8,37%

8,82%

8,5%

8,28%

Definizioni ufficiali di gioventù/giovani adulti/giovani Il Kinder- und Jugendhilfegesetz (KJHG; Legge per il benessere dei bambini e dei giovani) fa una distinzione tra i seguenti gruppi d’età per i giovani: • Ragazzi: oltre 14 anni, ma meno di 18.

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• Giovane adulto: oltre 18 anni, ma meno di 27. • Giovane: quelli al di sotto dei 27 anni. Tab. 6.4 - Istruzione: La popolazione giovane nelle istituzioni educative (n. assoluto di studenti e % di studenti tedeschi e non-tedeschi) (a.s 2005/2006) Educazione pre-scolare 30.048 • Tedeschi: 24.255 (80,7%) • Non tedeschi: 5.793 (19,3%) Scuola Primaria 3.212.096 • Tedeschi: 2.855.343 (88,9%) • Non tedeschi: 356.753 (11,1%) Educazione Secondaria – Livello I 4.984.371 (ISCED – Livello 2) • Tedeschi: 4.524.867 (90,8%) • Non tedeschi: 459.504 (9,2%) Educazione Secondaria – Livello II 862.513 (ISCED – Livello 2) • Tedeschi: 820.582 (95,1%) • Non tedeschi: 41.931 (4,9%) Educazione Secondaria Livello II 2.770.813 (Scuola Preparatoria per/o Scuole Professionali) • Tedeschi:2.582.275 (93,2%) (ISCED – Livello 2) • Non tedeschi:188.538 (6,8%) Educazione Superiore Tutte assieme: 1.976.978 (Università; Politecnici; Istituzioni per l’Istruzione • Università: 1.353.199 e la Preparazione degli Insegnanti diverse dalle • Tedeschi: 1.171.755 Università; Scuole d’Arte ecc.) (ISCED – Livello 3) • Non tedeschi: 95.971 Tab. 6.5 - Mercato del lavoro e Disoccupazione Giovanile (Bundesagentur für Arbeit, Sett. 2006) Popolazione attiva totale (settembre 2006)

39.522.000

Popolazione impiegata (con obbligo di Previdenza Sociale)

26.904.100

Popolazione disoccupata Disoccupati con meno di 25 anni Disoccupati con meno di 20 anni Tasso di disoccupazione totale (Arbeitslosenquote) al di sotto dei 25 anni

4.237.371 527.069 (10,4%) 123.217 (2,1%) 8,6%

Cittadinanza • Il voto non è obbligatorio. Età minima per votare: 18 (in due Stati Federali e per le elezioni locali: 16). Chi ha diritto di voto? • Tedeschi: dall’età di 18 anni, che abbiano vissuto per almeno tre mesi in Germania o in qualunque altro stato dell’Unione Europea e che non siano esclusi dal registro elettorale. • Tedeschi all’estero: che abbiano vissuto per almeno tre mesi in Germania dopo il 1949, che vivono in uno stato membro del Consiglio d’Europa, che


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abbiano vissuto per meno di 25 anni in uno stato terzo e che siano registrati nel registro elettorale. Età minima per essere candidato: • Dai 18 anni in poi. Chi può essere candidato? • Tedeschi: dai 18 anni, che non abbiano precedenti penali e che non siano esclusi dal registro elettorale. Partecipazione politica effettiva dei giovani: • Numero di giovani che votano tra i 18 anni (o l’età minima per votare) e i 30 anni: 6.673.300 persone (2005). • Numero di giovani tra i 18 anni (o l’età minima per votare) e i 30 anni registrati nelle liste elettorali: 9.498.200 persone (2005). • Elezioni nazionali, percentuale di giovani rispetto alla partecipazione al voto dell’intera popolazione: 13,6%. Indicatori nazionali di partecipazione nelle votazioni. • Elezioni nazionali, percentuale di votanti giovani rispetto al numero di Giovani in età per votare registrati: 70,3% (2005). Tab. 6.6 - Elezioni nazionali, percentuale di votanti giovani rispetto al numero di giovani in età per votare e registrati, per gruppo d’età (2005) 18-21anni

22-25 anni

26-30 anni

70,2%

68,1%

72,1%

Tab. 6.7 - Elezioni nazionali, percentuale di votanti giovani rispetto al numero di giovani in età per votare e registrati, per sesso (2005) Femmine

Maschi

70,5%

69,9%

Tab. 6.8 - Numero di giovani eletti (sotto i 30 anni) a livello nazionale (15 persone), per sesso Femmine

Maschi

6 persone

9 persone

Nella democrazia rappresentativa, un meccanismo di partecipazione istituzionalizzato è ad esempio l’Ente Consultivo per il Servizio Civile Nazionale (www.bmfsfj. de/Kategorien/Ministerium/beiraete,did=10562.html). Quattro membri dell’Ente

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Consultivo corrispondono a giovani che stanno facendo il servizio civile obbligatorio. Per rappresentare gli interessi di coloro che fanno il servizio civile obbligatorio vi è anche l’istituto dell’Ombudsman. Anche i partiti politici, le loro organizzazioni giovanili e le fondazioni politiche hanno un ruolo molto importante nella promozione e nel sostegno della partecipazione nel sistema della democrazia rappresentativa.

6.3 PROFILO GENERALE DEI PRINCIPALI ATTORI POLITICI NEL CAMPO DELLE POLITICHE GIOVANILI 6.3.1 Gli attori pubblici: le istituzioni e le autorità espressamente responsabili delle politiche giovanili a livello nazionale

Le istituzioni e le autorità espressamente responsabili per le politiche giovanili a livello nazionale sono: il Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani (Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend, BMFSFJ, www.bmfsfj.de) e il Dipartimento per i giovani del BMFSFJ. 1

La funzione, il ruolo e le competenze del Dipartimento per i giovani del BMFSFJ sono le seguenti: • È responsabile delle leggi federali che riguardano i giovani (ad es.: SGB VIII e Legge per la protezione dei giovani). • Rappresenta gli interessi dei bambini e dei ragazzi in tutti i settori della politica, soprattutto nei settori dell’istruzione, della salute e del mercato del lavoro come compito intersettoriale per mantenere uno stretto contatto con altri ministeri, con gli stati federali (Länder) e i comuni e per l’organizzazione di servizi pubblici per i giovani. • Sostiene e promuove organizzazioni sovraregionali e federali non-statali nell’ambito dei servizi ai bambini e ai giovani nella loro vasta gamma di orientamenti, contenuti, metodi e forme di lavoro. • Prende parte all’ulteriore sviluppo e all’esecuzione di programmi giovanili europei. • Si avvale della consulenza di esperti indipendenti sulla situazione dei giovani in Germania e sostiene vari progetti di ricerca. I funzionari che lavorano sulle politiche giovanili nel BMFSFJ sono 80. 6.3.2 Altri enti pubblici o semi-pubblici a livello nazionale

Tra questi troviamo: 1

Da qui in avanti definito sinteticamente BMFSFJ.


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Autorità subordinate al BMFSFJ: • Il Bundesjugendkuratorium (Comitato consultivo federale sulle problematiche giovanili, www.bundesjugendkuratorium.de). Il Comitato consultivo federale sulle problematiche giovanili consiglia il Governo federale su questioni di base dei servizi ai giovani (come espresso nell’SGB VIII) e in compiti intersettoriali delle politiche riguardanti bambini e ragazzi. Per ogni sessione parlamentare vengono convocati nel Comitato 15 esperti di servizi ai giovani. Nella sua attività il Comitato prende posizione e dà raccomandazioni riguardo alle priorità presenti nelle politiche del governo federale relative a bambini e giovani. Inoltre, evidenzia i temi rispetto a cui ritiene necessario intraprendere nuove azioni. • Bundesprüfstelle für jugendgefährdende Medien (Dipartimento federale per i media dannosi per i giovani, www.bundespruefstelle.de), è un’autorità amministrativa ufficiale del governo tedesco. Il suo compito è proteggere i bambini e gli adolescenti in Germania da qualunque media che possa presentare contenuti dannosi o pericolosi. Quest’attività è autorizzata dalla “Legge sulla protezione dei giovani”. • Bundesamt für den Zivildienst (Ufficio federale per il servizio civile alternativo, www.zivildienst.de), incaricato della corretta attuazione del processo di applicazione dell’obiezione di coscienza e del servizio civile alternativo. È responsabile del reclutamento, della preparazione e dell’istruzione degli obiettori di coscienza. • La Commissione di esperti per la relazione sui bambini e i giovani del Governo federale, composta da rappresentanti di università, organizzazioni non governative nel settore dei servizi ai bambini e ai giovani e da città e cittadine invitate dal BMFSFJ per essere co-responsabili delle relazioni che la Commissione produce. Commissioni parlamentari responsabili delle questioni giovanili: • Commissione per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani (Ausschuss für Familie, Senioren, Frauen und Jugend) presso il Parlamento federale tedesco (Bundestag). Si occupa di leggi, applicazioni, relazioni, risoluzioni, leggi dell’UE con controllo totale o funzione consultiva; controlla attività governative del Ministero federale responsabile dei giovani come autorità parlamentare. Persegue, nel campo delle politiche giovanili, gli obiettivi seguenti: rafforzare i diritti e la partecipazione dei bambini e dei giovani, la protezione dei giovani dai media; combattere la tratta di minori, la prostituzione infantile e il turismo sessuale. • Commissione per la percezione dei bisogni dei minori (Kinderkommission), sottocommissione del Comitato per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani, impegnata come “lobby” dei minori in parlamento (in relazione ai diritti dei minori, alla loro protezione all’interno delle pubblicità, alla lotta

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contro la pornografia infantile). Esamina le disposizioni delle leggi e i loro effetti sui minori. Se necessario, suggerisce emendamenti. Altre autorità pubbliche nazionali Le tre principali associazioni municipali a livello nazionale rappresentano attivamente gli interessi dei propri membri, le città, i comuni e i distretti amministrativi verso il Governo federale, il Parlamento federale (Bundestag) e il Consiglio federale (Bundesrat) e molte organizzazioni, associazioni e istituzioni. • Deutscher Städtetag (Associazione tedesca di città e cittadine). • Deutscher Städte und Gemeindebund (Associazione tedesca di città e comuni). • Deutscher Landkreistag (Associazione delle contee tedesche). 6.3.3 Gli attori pubblici: le istituzioni e le autorità espressamente responsabili delle politiche giovanili a livello regionale (stati federali)

Le principali autorità responsabili delle politiche giovanili degli Stati federali variano da Stato a Stato. In alcuni Stati federali l’organizzazione delle competenze pubbliche regionali sulle questioni giovanili sono concentrate in un Ministero, ad esempio in un Dipartimento per i giovani, in altri è divisa tra diversi ministeri. La Commissione di studio delle autorità giovanili degli Stati federali ha competenze in merito alle questioni legali, ai servizi ai giovani, a questioni politiche specialistiche dei servizi ai giovani. Oltre a decidere sulle questioni di politica giovanile, prepara le risoluzioni a riguardo per i Ministri della Conferenza dei Giovani. Opera per uno sviluppo equo delle istituzioni e dei programmi, sostiene gli uffici giovanili locali e regionali e le principali autorità giovanili degli stati federali. A livello regionale anche 17 uffici giovanili degli stati federali sono espressamente responsabili delle politiche giovanili (eseguono lavori intersettoriali nei rispettivi bacini di utenza). I loro compiti sono: ulteriore formazione del personale nei servizi giovanili; assistenza e consulenza per gli uffici e le organizzazioni locali di servizi volontari ai giovani; protezione dei minori e dei giovani nelle istituzioni; organizzazione, incentivazione, promozione e gestione di programmi pilota. 6.3.4 Gli attori pubblici: le istituzioni e le autorità espressamente responsabili delle politiche giovanili a livello locale

A livello locale gli uffici giovanili municipali (Jugendämter) sono le istituzioni centrali per le politiche giovanili che offrono servizi ai minori e ai giovani. Vi è una differenza tra l’Ufficio per la Gioventù del Distretto Amministrativo (a livello del distretto amministrativo), l’Ufficio Giovanile Cittadino (città che sono distretti amministrativi indipendenti), l’Ufficio Giovanile Regionalizzato (in una municipalità che appartiene ad un distretto amministrativo) così come gli Uffici Giovanili di Distretto (nei distretti


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delle città stato). Agli uffici giovanili è stata data l’autorità di eseguire/garantire i compiti e i servizi presentati nel Codice sociale, Volume Otto (SGB VIII), Servizi ai minori e ai giovani. Il Codice sociale, al Volume Otto2 decreta che il lavoro degli uffici giovanili verrà eseguito dal Comitato per i servizi giovanili (Jugendhilfeausschuss) e dall’amministrazione dell’Ufficio giovanile. L’amministrazione dell’ufficio giovanile esegue le risoluzioni/leggi con la competenza specialistica del suo personale. Il Comitato per i servizi giovanili ha la funzione guida dei servizi a bambini e giovani a livello locale, si occupa di tutti gli aspetti dei servizi giovanili specialmente attraverso la discussione di problemi attuali dei giovani e delle loro famiglie e la proposta di nuove idee e di suggerimenti per l’ulteriore sviluppo dei servizi ai giovani, la programmazione dell’assistenza ai giovani e la promozione di servizi volontari ai giovani. La sua struttura si basa sull’intenzione di promuovere la partecipazione di ampia portata di cittadini ben informati. La rappresentanza degli interessi politici di bambini/giovani nei Comitati dei servizi giovanili ha un ruolo centrale. I Comitati dei servizi ai giovani sono responsabili per la programmazione dei servizi ai giovani (Jugendhilfeplanung) e sono il punto di partenza per impiantare, promuovere e modificare le offerte dei servizi a bambini e giovani. I servizi offerti ai giovani comprendono, tra gli altri: • programmi: lavoro giovanile, lavoro sociale giovanile, protezione educativa di minori e giovani; educazione dei minori in famiglia; inserimento dei bambini negli asili e nei canali di assistenza; • assistenza: educazione dei bambini e servizi complementari; bambini e giovani con problemi psicologici e servizi complementari; giovani oltre i 18 anni e assistenza; • cura dei minori e dei giovani; • allontanamento dei minori o dei giovani dall’ambiente familiare; • partecipazione alle procedure di tutela, presso i tribunali minorili, nelle forme previste dalla legge per il tribunale dei minori; • consulenza e spiegazioni nelle procedure di adozione di un bambino; • orientamento e sostegno ai genitori affidatari e ai tutori. 6.3.5 Gli attori non pubblici: attori e strutture di consultazione a livello nazionale, regionale e locale (consultazione obbligatoria e facoltativa)

Consigli giovanili (nazionali e regionali) A livello nazionale, il Consiglio giovanile federale (DBJR) (Deutscher Bundesjugendring, www.dbjr.de), raggruppa le organizzazioni giovanili. A livello di stati federali (Länder), i Consigli giovanili regionali e le organizzazioni affiliate perseguono diversi obiettivi e diversi orientamenti; i membri variano da associazioni religiose, di scout/guide, ecologiche, culturali e umanitarie fino ad arrivare alle associazioni di giovani lavoratori. I loro nomi ufficiali e i siti internet sono: 2

D’ora in avanti sinteticamente denominato SGB VIII.

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• Bavarian Jugendring, www.bjr.de • Consiglio Giovanile di Brema/Commissione di studio regionale delle organizzazioni giovanili di Brema, www.bremerjugendring.de • Consiglio Giovanile di Hesse, www.hessischer-jugendring.de • Consiglio dei bambini e dei giovani di Sassonia www.jugendinfo.net • Consiglio dei bambini e dei giovani di Sassonia-Anhalt www.kjr-lsa.de • Consiglio giovanile regionale di Schleswig-Holstein, www.ljrsh.de • Consiglio giovanile regionale di Baden-Württemberg, www.ljrbw.de • Consiglio giovanile regionale di Berlino, www.ljrberlin.de • Consiglio giovanile regionale di Baden-Württemberg, www.ljr-brandenburg.de • Consiglio giovanile regionale di Amburgo, www.ljr-hh.de • Consiglio giovanile regionale di Mecklenburg-Western Pomerania, www.jugend.inmv.de • Consiglio giovanile regionale della Bassa Sassonia, www.ljr.de • Consiglio giovanile Regionale del Nord Reno-Westfalia, www.ljr-nrw.de • Consiglio giovanile regionale Rhineland-Palatinate, www.ljr-rlp.de • Consiglio giovanile regionale Saarland, www.landesjugendring-saar.de • Consiglio giovanile regionale di Turingia, www.landesjugendring-thueringen.de Le più grandi ONG giovanili (a livello nazionale) • Le maggiori ONG giovanili sono: • Consiglio delle organizzazioni politiche giovanili, infos@jdjl.org • Djo – Gioventù tedesca in Europa, www.djo.de • Fondazione federale della gioventù dell’associazione del benessere dei lavoratori, www.awo-jugendwerk.de • Federazione della gioventù cattolica tedesca, www.bdkj.de • Federazione della gioventù protestante nella Repubblica Federale di Germania, www.evangelische-jugend.de • Consiglio federale tedesco della gioventù www.dbjr.de • Federazione tedesca della gioventù rurale, www.landjugend.de • Pompieri Tedeschi Junior, www.jugendfeuerwehr.de • Gioventù della Croce Rossa tedesca, www.jrk.de • Gioventù Schreber tedesca, www.deutsche-schreberjugend.de • Gioventù tedesca sportiva nella federazione sportiva tedesca www.dsj.de. • Gioventù maltese, www.malteser.de • Gioventù socialista di Germania – I falchi, www.wir-falken.de • Gioventù sindacalista nella federazione dei sindacati tedeschi, www.dgbjugend.de • Commissione di studio delle organizzazioni giovanili centrali, www.azj.de • Giovani federalisti europei, www.jef.de • Giovani amici della natura di Germania, www.naturfreundejugend.de • Giovani federalisti europei, www.asj-bj.de


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• Gioventù della Società tedesca per la protezione della vita, www.dlrg-jugend.de • Gioventù dell’Associazione per l’aiuto tecnico, www.thw-jugend.de • Sezione giovanile degli Amici della terra tedeschi, www.bundjugend.de Organismi non pubblici nel campo delle politiche giovanili, a consultazione obbligatoria Devono essere consultati dal BMFSFJ durante lo sviluppo delle politiche giovanili e delle politiche dei servizi ai giovani (Jugendhilfepolitik) a livello nazionale: • L’Associazione per il benessere dell’infanzia e della gioventù (Arbeitsgemeinschaft für Jugendhilfe) (AGJ), (www.agj.de), fondata nel 1949, ha assunto il suo nome attuale nel settembre del 1971. È un’unione di organizzazioni federali centrali per la gioventù e di consigli giovanili regionali, guida organizzazioni volontarie per il benessere sociale, organizzazioni centrali specializzate, autorità giovanili principali degli stati federali (ministeri), uffici giovanili degli stati federali. AGJ opera a vari livelli: esercita pressioni sui poteri legislativo ed esecutivo del Governo con dichiarazioni, raccomandazioni e relazioni che si basano su conclusioni valutate congiuntamente dai membri. Presentando raccomandazioni e proposte a servizi per l’infanzia e la gioventù e organizzando eventi di vario genere, la AGJ agisce continuamente per migliorare le condizioni nel settore dei servizi ai minori e ai giovani. Tiene conferenze specialistiche e congressi sia per esperti che per il pubblico coinvolto in questo tipo di lavoro. Dal 1995 la AGJ è diventata la persona giuridica che ha funzioni di Direttore esecutivo della Coalizione nazionale (National Coalition für die Umsetzung der Rechte der Kinder in Deutschland) fondata per applicare i diritti dei bambini in Germania. • L’Associazione tedesca dei servizi pubblici e privati per il benessere (Deutscher Verein für öffentliche und private Fürsorge (DV) (www.deutscher-verein.de), fondata nel 1880, accorpamento centrale di organizzazioni pubbliche e private coinvolte nel lavoro sociale. Le funzioni principali sono: avvio di e aiuto nella formulazione di miglioramenti alle politiche sociali; raccomandazioni relative al funzionamento del lavoro sociale governativo e indipendente; esame di tutto il settore della legislazione sociale; fornitura di informazioni regolari per persone che lavorano in questi settori; promozione delle scienze sociali; monitoraggio e valutazione degli sviluppi dei servizi sociali in altri paesi; promozione del lavoro dell’ISS (Servizio Sociale Internazionale) di Ginevra, promuovendo la cooperazione internazionale e pubblicando lavori su questioni sociali. • L’Unione tedesca delle associazioni federali per l’istruzione culturale dei giovani (BKJ) (Bundesvereinigung Kulturelle Jugendbildung e V.), accorpamento di organizzazioni nazionali specializzate nell’istruzione di bambini e giovani.

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Le strutture di consultazione facoltativa I seguenti attori non-pubblici sono rilevanti per lo sviluppo delle politiche giovanili. Non devono ma possono essere consultati dal BMFSFJ nel processo di costruzione delle politiche di settore. • Associazione per i servizi di supervisione all’educazione AFET – Unione Federale (www.afet-ev.de). Associazione nazionale di aiuto alla gioventù che si concentra su “servizi di supervisione” in Germania. • Associazione federale per la protezione dei bambini e dei giovani (www.bag. jugendschutz.de). Accorpamento di importanti organizzazioni assistenziali, associazioni giovanili e singoli individui che difendono gli interessi di bambini e giovani all’interno della cornice legislativa per proteggere attivamente i bambini e i giovani. • Associazione federale per il lavoro sociale giovanile (www.bag-jugendsozialarbeit.de). Accorpamento di organizzazioni di servizi volontari ai giovani e associazioni regionali di lavoro sociale giovanile. • Conferenza federale di servizi di consulenza educativa e orientamento dei bambini (www.bke.de). Organizzazione centrale per la consulenza all’istruzione, la famiglia e la gioventù. • Consiglio federale tedesco della gioventù (www.dbjr.de). Conferenza permanente di organizzazioni giovanili e dei Consigli giovanili regionali attiva in tutta la Germania. • Gioventù tedesca sportiva nella federazione sportiva tedesca (www.dsj.de). Organizzazione giovanile della federazione sportiva tedesca. • Unione tedesca delle associazioni federali per l’istruzione culturale dei giovani (www.bkj.de). Partner principale del Governo federale tedesco in materia di educazione culturale dei minori e dei giovani. • Federazione internazionale delle associazioni volontarie del lavoro sociale giovanile e della formazione professionale (www.internationaler-bund.de). Organizzazione di portata nazionale nel campo della gioventù e del lavoro sociale e della formazione professionale. • Servizio allo scambio giovanile internazionale e ai visitatori della Repubblica federale di Germania (IJAB, www.ijab.de). Ufficio centrale federale specializzato in politiche giovanili internazionali, lavoro giovanile e informazione giovanile. • Associazione di servizi sociali di welfare volontari (www.bagfw.de). Accorpamento delle organizzazioni leader di assistenza sociale. Gruppi di esperti, comitati, tavole rotonde, gruppi di consultazione nel settore giovanile • Associazione del welfare per bambini e giovani (www.agj.de), associazione di organizzazioni giovanili federali centrali, consigli giovanili regionali, specifiche organizzazioni centrali, principali organizzazioni di volontariato sociale, principali autorità (Ministeri) e Uffici degli Stati fdeali.


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• Consiglio Giovanile federale tedesco (www.dbjr.de), conferenza permanente delle organizzazioni giovanili e dei consigli giovanili regionali, rappesenta gli interesi dei giovani e delle organizzazioni memmbri presso le autorità pubbliche, in particolare nel trattare con il Parlmento e il Governo; mantiene il flusso di informazioni tra le organizzazione membri; è coinvolto in plotiche, commissioni e gruppi di lavoro internazioni; rende dichiarazioni sulla legislazioni e i rapporti nazionali. • Il Researcher-Practitioner-Dialogue sugli scambi giovanili internazionali (www.forscher-praktiker-dialog.de), organizza e aiuta il dialogo interdisciplinare e interorganizzativo tra le scienze sociali e la pratica dei programmi negli scambi internazionali. • Circolo di studio sociale scientifico per problemi internazionali (www.ssipweb.de), rete per lo scambio di conoscenze specialistiche; forum per lo scambio interdisciplinare e lo sviluppo di iniziative; indirizzato agli scienziati e ai professionisti sociali nell’amministrazione, le aziende, la politica, la cultura, l’istruzione. • Gruppo di lavoro su conferenze di esperti sui servizi ai giovani dell’Associazione scientifica per gli studi urbani (www.vfk.de/agfj), organizzazione e gestione di conferenze di specialisti nazionali su nuove richieste, sviluppi recenti e problemi nel benessere giovanile. Altri attori/strutture non pubblici • Associazione tedesca dei servizi sociali pubblici e privati (Deutscher Verein für öffentliche und private Fürsorge (DV) (www.deutscher-verein. de)), accorpamento centrale di organizzazioni pubbliche e private coinvolte nell’assistenza sociale. • Istituto tedesco per i servizi alla gioventù e i diritti della famiglia (www.dijuf. de), forum per questioni speciali; promuove il dialogo specifico tra istituzioni e gruppi di professionisti che lavorano con questioni di servizi giovanili e di diritti della famiglia. • Associazione dell’assistenza sociale (www.gilde-soziale-arbeit.de), associazione di esperti provenienti da movimenti giovanili indirizzati verso l’assistenza sociale; si occupa di: rinnovamento dell’educazione dei giovani sotto l’assistenza degli enti locali; sistema penale giovanile; formazione di chi lavora nell’area dell’assistenza sociale; lavoro regionale in circoli, conferenze annuali, newsletter.

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6.4 LE PROCEDURE DI COSTRUZIONE DELLE AZIONI DI POLITICA GIOVANILE 6.4.1 Il coordinamento delle politiche giovanili

Il BMFSFJ (Dipartimento della Gioventù) con altri enti locali e regionali ha sviluppato diverse strutture e meccanismi di raccordo delle politiche giovanili nazionali con quelle degli stati federali, ma anche con le politiche collegate alla gioventù di altri settori (coordinamento transettoriale delle politiche giovanili). Tra queste strutture finalizzate al coordinamento dei processi decisionali, le più rilevanti sono quelle che seguono: • Conferenza dei Ministri della gioventù (Jugendministerkonferenz). La Presidenza della Conferenza cambia regolarmente; nel 2005/2006 è stata assunta dal Bayerisches Staatsministerium für Arbeit und Sozialordnung, Familie und Frauen. I membri sono i Ministri degli stati federali responsabili di questioni di servizi ai giovani e il Ministro federale della gioventù. La Conferenza stimola e promuove: le organizzazioni governative e volontarie di assistenza ai giovani; l’ulteriore sviluppo dei servizi ai giovani nei settori del lavoro giovanile, così come gli interventi delle associazioni giovanili; il lavoro con le ragazze, i minori e i giovani immigrati o appartenenti a minoranze etniche; l’assistenza sociale ai giovani e i servizi di formazione professionale a loro indirizzati; la protezione minorile; i problemi dell’affidamento; i servizi di assistenza per la giustizia minorile e familiare; l’adozione e la relativa assistenza; la tutela legale. La Conferenza opera per uno sviluppo equo delle istituzioni e dei programmi, sostiene gli uffici giovanili locali e gli uffici giovanili degli Stati federali. • La Commissione di studio delle più alte autorità degli stati federali (Arbeitsgemeinschaft der obersten Landesjugendbehörden, presieduta nel 2005 dal Sozialministerium del Baden-Württemberg). Il sistema organizzativo della Commissione di studio è variabile. In alcuni Stati le questioni giovanili sono concentrate in un Dipartimento, in altri fanno capo a diversi Ministeri. La Commissione di studio decide riguardo alle questioni legali, ai servizi ai giovani, ad aspetti specialistici dei servizi ai giovani, a questioni di politica giovanile. Prepara inoltre le risoluzioni per la Conferenza dei Ministri della gioventù. La Commissione di studio opera per uno sviluppo equo delle istituzioni e dei programmi, sostiene gli uffici giovanili locali/regionali e le principali autorità giovanili degli stati federali. • Commissione di studio degli uffici giovanili degli Stati federali (Bundesarbeitsgemeinschaft der Landesjugendämter). Il coordinamento generale varia, nel 2005 la presidenza è stata del Bayerisches Landesjugendamt; è un accorpamento dei 17 uffici giovanili dei Länder. • Commissioni interministeriali ad hoc: istituite periodicamente per sviluppare strategie politiche in riferimento a problematiche giovanili complesse, che devono essere affrontate in prospettiva intersettoriale. Una commissione di questo genere è stata istituita, ad esempio, per mettere in atto gli scopi e gli


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obiettivi del “Percorso per la gioventù” europeo, nel contesto della strategia di Lisbona della UE. • Dialogo transettoriale: l’Istituto tedesco per la gioventù (www.dji.de) coopera come agenzia di consulenza con il Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani. Il Comitato consultivo federale sulle questioni giovanili (Bundesjugendkuratorium) organizza un dialogo ben sviluppato tra professionisti, politici e ricercatori. Consiglia il governo federale su questioni di base dei servizi ai giovani e su compiti intersettoriali delle politiche riguardanti bambini e ragazzi. Per ogni sessione parlamentare vengono convocati nel Comitato 15 esperti del servizio giovanile. Nella sua attività il Comitato prende posizione e dà raccomandazioni sulle priorità attuali nelle politiche del governo federale riguardanti bambini e giovani. 6.4.2 Il quadro legale delle politiche giovanili

Il quadro costituzionale La Costituzione della Repubblica Federale di Germania si applica a tutti i cittadini. Alcuni articoli sono destinati specificatamente ai giovani. Essi sono: • Articolo 5: Libertà di espressione • Articolo 11: Libertà di movimento • Articolo 12a: Servizio militare o civile obbligatorio • Articolo 13: Inviolabilità della casa (interferenze e restrizioni saranno permesse solo per poter proteggere giovani a rischio). La legislazione nazionale sui giovani o con un impatto diretto sui giovani Con la Legge su Servizi a Bambini e Giovani del 26 Giugno 1990 emendata per l’ultima volta il 20 giugno 2002, si è creata una nuova base legale per i servizi a bambini e giovani nella Repubblica Federale di Germania: la SGB VIII. La nuova legge ha preso il posto della Legge per il benessere dei giovani (risalente al 1922), è entrata in vigore il 1 gennaio 1991 e nei nuovi stati federali già il 3 ottobre 1990. Molte altre leggi generali (Codice civile tedesco, Codice penale tedesco, Legge per l’assistenza sociale federale) sono di particolare importanza per i bambini, i giovani e le famiglie. Le leggi che trattano i problemi specifici di bambini e giovani sono: • Legge sull’ulteriore miglioramento dei diritti dei bambini • Legge sulla protezione legale delle madri incinte e madri che allattano • Legge sull’obiezione di coscienza • Legge sull’estensione degli asili infantili • Legge sull’ulteriore sviluppo dei servizi ai bambini e ai giovani • Emendamento alla promozione della legge sull’anno sociale volontario e altre leggi • Legge sul servizio civile alternativo • Legge sulle procedure e la realizzazione dell’adozione

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Diritti dell’infanzia Legge sul Servizio non-militare obbligatorio Legge per la protezione dell’educazione a distanza Legge per la protezione dei lavoratori Legge per l’uguaglianza dei diritti Legge per l’uguaglianza per i disabili Legge per l’assistenza infantile federale Legge per il sussidio per l’educazione infantile federale Legge federale per il sostegno all’educazione Legge sulle armi da fuoco Legge Job-AQTIV Legge per i tribunali minorili Legge per il partenariato per la vita Legge sui narcotici Legge per l’aiuto allo sviluppo estero Legge per la riforma dell’assistenza alla gravidanza e alla famiglia Legge per la promozione di ulteriore istruzione per l’avanzamento professionale Legge sulla prostituzione Legge per la protezione dei giovani Legge per la protezione dei giovani al lavoro Ordine governativo sulla protezione dei bambini al lavoro Legge per la protezione dalla violenza Legge per la formazione professionale Legge per l’assistenza alla formazione professionale SGB VIII

La legislazione regionale e locale sui giovani o con un impatto diretto sui giovani L’SGB VIII attribuisce la responsabilità generale dei servizi diretti a bambini e giovani ai distretti amministrativi (contee) e alle città che sono distretti amministrativi indipendenti. Contee e città sono tenute ad aprire un ufficio per la gioventù. La legge offre anche un sistema di servizi in collaborazione con organizzazioni governative e organizzazioni volontarie locali per i servizi a bambini e giovani. L’unità organizzativa a livello locale è l’ufficio giovanile municipale come istituzione centrale dei servizi a bambini e giovani. Si tratta di una struttura di tipo amministrativo. Vi è una differenza tra l’ufficio per la gioventù del distretto amministrativo (a livello del distretto amministrativo), l’ufficio giovanile cittadino (città che sono distretti amministrativi indipendenti), l’“ufficio giovanile regionalizzato” (in una municipalità che appartiene ad un distretto amministrativo) così come gli uffici giovanili di distretto (nei distretti delle città stato). Gli uffici giovanili (Jugendämter) nel loro lavoro fanno riferimento all’SGB VIII ed hanno l’autorità di eseguire e garantire i compiti e i servizi presentati nell’SGB VIII. Il lavoro degli uffici giovanili viene quindi eseguito dal Comitato per i servizi giovanili, oltre che dall’amministrazione dell’ufficio giovanile stesso. L’amministra-


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zione dell’ufficio giovanile esegue le risoluzioni e le leggi con la competenza specialistica del suo personale. Il Comitato per i servizi giovanili (Jugendhilfeausschuss) ha la funzione di guidare i servizi a bambini e giovani a livello locale. Legislazione internazionale La Repubblica Federale di Germania ha ratificato la Convenzione europea dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel 1952 e l’ha trasposta nella legge nazionale. La Convenzione europea per l’attuazione dei diritti dei bambini è stata sottoscritta il 25 ottobre del 2000 e ratificata il 10 aprile 2002. È entrata in vigore il 1 agosto 2002. Secondo l’articolo 1, comma 4 della Convenzione, la Repubblica Federale di Germania applica la Convenzione europea per l’attuazione dei diritti dei bambini a procedimenti nei tribunali familiari e nei tribunali per la tutela secondo le disposizioni del Codice civile per quanto riguarda la protezione dei bambini, compresi:3 • trasferimento del diritto di determinare il nome del bambino; • sostituzione del consenso dell’altro genitore per quanto riguarda l’attribuzione del nome; • trasferimento del diritto di decidere in casi in cui vi siano differenze di opinione tra i genitori riguardo l’esercizio della custodia dei minori; • ritiro del potere di rappresentare i bambino da parte di un genitore, un tutore o di un curatore; • decisioni sulle differenze di opinione tra i genitori e un tutore; • trasferimento di questioni relative alla custodia parentale a persone incaricate della tutela del bambino; • assistenza dei genitori nella tutela del bambino; • decisioni che implicano la privazione della libertà dei minori; • abbandono di un bambino, determinazione dell’accesso di persone terze, allontanamento da una persona incaricata della tutela o dal coniuge o dalla persona avente diritto all’accesso; • rischio al benessere del bambino; • custodia parentale in caso di separazione dei genitori; • sospensione della custodia parentale; • custodia parentale in seguito alla morte di un genitore; • custodia parentale in seguito al ritiro della custodia; • diritto a stare con il minore; • restrizione o esclusione del potere di decidere su questioni che influiscono sulla vita quotidiana o sull’assistenza vera e propria; • misure nel caso in cui i genitori non siano in grado di agire; • nomina di un tutore, di un tutore supervisore o di un curatore; • decisione su differenze di opinione o sulla divisione dei doveri tra tutori o curatori diversi. 3 Fonte: http://conventions.coe.int/treaty/Commun/QueVoulezVous.asp?NT=160&CM=8&DF=02 /03/04&CL=ENG

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6.5 UN PROFILO DELLE QUESTIONI POLITICHE NEL CAMPO DELLE POLITICHE GIOVANILI 6.5.1 Origine delle politiche giovanili in Germania

La politiche giovanili ed in particolare i servizi per i giovani e per l’infanzia, sono stati codificati per la prima volta nel 1922, quando è stato introdotta la “Jugendwohlfahrtsgesetz (JWG)” (Legge per l’assistenza giovanile). Questa legge stabiliva il “diritto all’istruzione in termini di competenze fisiche, emozionali e sociali” (paragrafo 1 della legge dei servizi nazionali per i ragazzi e i giovani). Tra gli altri elementi costitutivi vi era la regolamentazione per costituire uffici per i giovani, così come i principi di sussidiarietà e di pluralità (si veda C.W. Müller 1994, J. Peukert/R. Münchmeier 1990). Nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale, le attività politiche nella Repubblica Federale Tedesca sono state incentrate ad educare i giovani alla democrazia e ad inserirli nel mercato del lavoro. In questo periodo, le politiche giovanili della rinascente Germania furono fortemente influenzate dalle idee educative provenienti dagli Stati Uniti. Man mano che la democrazia progrediva, l’economia prosperava (“il miracolo economico”) e la tecnologia si sviluppava, la questione della riforma del sistema educativo si poneva con maggiore urgenza. Tra il 1970 ed il 1989 furono testati e applicati nuovi standard nel campo dei servizi ai giovani e all’infanzia; ad esempio, “provvedere piuttosto che intervenire”, “prevenire piuttosto che reagire”, “più flessibilità” e “più democrazia”. Questi standard sono stati stabiliti nella Legge dei servizi per i ragazzi e i giovani del 1990. Tramite programmi-modello in vari campi (disoccupazione, criminalità, integrazione dei ragazzi e degli adolescenti immigrati), sono quindi stati sviluppati, testati ed attuati progetti di buone prassi. 6.5.2 Scopi dichiarati delle politiche giovanili nazionali (come risultano nei documenti politici)

Nella prefazione alla brochure “Children and Youth Policy – Legge dei servizi per i ragazzi e i giovani – lavoro giovanile nella Repubblica Federale Tedesca – (IJAB (ed), 1994), il precedente Ministro federale delle donne e dei giovani ha affermato: “Le politiche per i ragazzi e i giovani della Repubblica Federale Tedesca sono caratterizzate dal desiderio di assistere i giovani nella formazione della personalità sviluppando le abilità sociali, proteggendo ed aiutando gli svantaggiati. La politica per i ragazzi e i giovani è un’area politica a se stante, così come la politica per la famiglia, per l’istruzione e la salute, la politica sociale e la politica del lavoro. Allo stesso tempo, passando attraverso molti campi differenti, cerca di assicurare ciò è giusto ed un futuro nella comunità alla nuova generazione …


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…La politica per i ragazzi e i giovani non è la soluzione a tutti i problemi e bisogni che hanno i giovani. Essa ne fornisce la struttura e crea le condizioni nelle quali i membri delle giovani generazioni possono trovare le proprie soluzioni” (Citazione, p. 5). Nello stesso documento ufficiale presentato dal Ministro ed elaborato dallo scambio internazionale di giovani e visitors service (servizio ai visitatori) della Repubblica Federale Tedesca (IJAB) è affermato in seguito: “Le politiche per i ragazzi e i giovani (…) hanno il compito di costruire i ponti per portare i giovani nella società. Non possono e non devono rimpiazzare né la scuola, né i genitori, ma possono e devono fornire servizi che completino queste aree. Lo scopo delle politiche per i ragazzi e i giovani è quello di facilitare l’arduo processo del crescere in una società aperta e pluralista e in un mondo sempre più complesso. Le politiche per i ragazzi e i giovani sono quindi più di una legge per i giovani, più di una protezione o di una offerta di servizi. Molte cose che influenzano le opportunità dei ragazzi e dei giovani interagiscono in varie aree politiche. Anche la politica ambientale influisce sugli interessi vitali dei ragazzi e dei giovani. Ciò diventa anche più evidente nella politica familiare, nella politica dell’istruzione, nella politica per l’occupazione e in molte altre aree di politica sociale. Dai problemi relativi alla parte di ragazzi provenienti da famiglie che dipendono dall’assistenza sociale e da famiglie con disoccupati a lungo termine o senza tetto, o dai problemi relativi ai maltrattamenti, di abbandono o di abusi sessuali sui bambini, si può immaginare la complessità delle questioni che devono essere risolte contemporaneamente nelle diverse aree politiche. Sotto questo aspetto, le politiche per i ragazzi e i giovani in Germania attraversano diverse aree politiche” (Citazione, pp. 9-10) Questa comprensione e definizione degli scopi generali delle politiche per i ragazzi e i giovani in Germania continua ad essere molto attuale. Nella brochure edita dal Ministero federale della famiglia, degli anziani, delle donne e dei giovani (SGB VIII, 1996), gli scopi e le mete formulate nel 1994 sono state ulteriormente rinforzati ed integrati: “Il Governo Federale persegue gli scopi delle proprie politiche per i ragazzi e i giovani, ponendo particolare enfasi su alcune aree più importanti. Dopo l’unificazione della Germania, è stato promosso il programma di politiche giovanili della Federazione per l’affermazione e l’espansione nella Germania dell’Est delle agenzie dei servizi di volontariato giovanile (programma AFET). Il fatto che soprattutto i giovani siano coinvolti nella crescente violenza dell’estrema destra in Germania, è una sfida nuova e molto seria per le politiche giovanili. La politica da sola non può arrestare questo pericoloso sviluppo, ma deve essere supportata da tutte le altre istituzioni sociali e politiche, in particolare dalla politica educativa, che ha delle responsabilità particolari. La risposta della politica per i ragazzi e i giovani può essere quella di facilitare l’apprendistato e

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le opportunità di lavoro, e di offrire attività educative e ricreative che differiscono dai metodi tradizionali del classico lavoro giovanile. I punti principali e le aree di azione di questo campo sono state tracciate, ad esempio, nel programma BMFSFJ contro la violenza” (Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani ed., 1996, p. 9). Questa definizione degli scopi generali delle politiche per i ragazzi e di aiuto ai giovani in Germania continua ad essere attuale ancora oggi (2006). Tutti i governi federali perseguono gli scopi delle loro politiche giovanili ponendo particolare enfasi su alcune aree più importanti. La realizzazione di questi scopi specifici è stata inclusa negli obiettivi e negli scopi specifici del Progetto federale per i ragazzi e giovani del BMFSSJ, strumento principale di supporto per le politiche giovanili nazionali, in termini di riferimento al BMSFFJ. Nella struttura di questo Progetto federale, il precedente programma governativo federale di politiche giovanili per l’istituzione e la diffusione delle agenzie di servizi di volontariato giovanile nella Germania dell’Est (programma AFT) era volto allo sviluppo della società civile. Ad esempio, uno dei suoi fini principali era lo sviluppo di una fitta rete di organizzazioni giovanili e assistenziali, come le organizzazioni non governative. Il fatto che fossero (e continuino ad essere) soprattutto i giovani ad essere coinvolti nella crescente violenza dell’estrema destra in Germania, ha portato gli ultimi due governi alla decisione politica di continuare e di migliorare le attività iniziate dal “Programma di azione contro l’aggressività e la violenza” nella metà degli anni novanta. Oggi (2006), le politiche giovanili a livello federale continuano a rafforzare gli obiettivi sopra menzionati per il miglioramento delle opportunità di crescita, educative, professionali e occupazionali dei ragazzi e dei giovani, soprattutto nei Länder dell’ex Germania Est. Sono state investite nuove risorse finanziarie in diversi programmi di prevenzione della violenza e in campagne contro il razzismo, l’antisemitismo e la xenofobia. Sono stati lanciati anche nuovi programmi-pilota e nuovi programmi per la formazione-lavoro giovanile per raggiungere questi obiettivi (si veda anche “Rassegna delle buone prassi”). 6.5.3 Concetti chiave nella politica dei servizi giovanili e altre politiche relative ai giovani

Alcuni dei concetti chiave più importanti delle politiche dei servizi giovanili (Jugendhilfe), così come sono presentati nei documenti politici sono: • Rafforzamento dei diritti dell’infanzia, inclusa la partecipazione istituzionale nel processo decisionale (limiti di età di eleggibilità, parlamenti dei ragazzi e dei giovani, ecc.). • Promozione di uguale status di ragazzi e ragazze, giovani donne e uomini. • Protezione dei ragazzi e dei giovani dagli abusi sessuali. • Protezione dei giovani dai contenuti pericolosi dei mass-media (internet).


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• Lavoro sociale che promuove l’inserimento dei giovani svantaggiati nel mercato del lavoro. • Integrazione dei giovani stranieri e degli immigrati tedeschi dall’Europa dell’Est. • Cittadinanza: partecipazione, promozione del volontariato, coraggio di esprimere le proprie convinzioni, educazione politica (Politische Bildung). • Combattere la xenofobia, il razzismo, l’anti-semitismo e la violenza; combattere l’estremismo di destra. • Prevenzione della delinquenza giovanile ed infantile. • Partecipazione dei ragazzi e dei giovani alle decisioni nella struttura dei servizi giovanili, specialmente nell’offerta socio-educativa statutaria e sul diritto di custodia. • Cooperazione e diffusione tra i servizi sociali per i giovani. • Tipi di organizzazione dei servizi pubblici giovanili (nuovo management pubblico). • Responsabilizzazione dei giovani. • Lavoro giovanile internazionale e politiche giovanili. • Giovani ed Europa: scambio bilaterale ed internazionale; identità europea e cittadinanza europea; programmi europei. Altri concetti chiave rilevanti nelle aree politiche correlate ai giovani sono: • Creazione di una società della conoscenza, apprendimento lungo l’intero corso della vita (Lifelong learning). • Facilitazioni nel passaggio dalla scuola alla vita professionale; istituzione e diffusione dei sistemi di formazione professionale. • Diminuzione della disoccupazione giovanile e integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. • Promozione della mobilità geografica dei giovani tedeschi in Europa. • Benessere e prevenzione dei rischi della salute (profilassi sanitaria, specialmente contro l’abuso di droghe e AIDS; comportamenti pericolosi alla guida, fumo, ecc.). • Politica del consumo per i giovani. • Conflitti generazionali: giovani e adulti, il futuro della previdenza dello stato; dibattito sulla riforma pensionistica e sull’assistenza sanitaria. 6.5.4 Scopi dichiarati e principali aree della politiche giovanili a livello locale

Gli argomenti più importanti della politiche giovanili locali - limitate dalla grande varietà di peculiarità regionali - possono essere descritte come segue: • Miglioramento delle offerte dell’assistenza quotidiana all’infanzia. • Disposizioni socio-educative (supporto alla famiglia, incoraggiamento e disposizioni residenziale su piccola scala).

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• Supporto familiare attraverso politiche domestiche e supporto ai quartieri rivolto a ragazzi ed adolescenti (es. ambiente salutare, luoghi per giocare, scuole, asili nido, controlli volti ai ragazzi, centri giovanili, ecc.). • Traduzione dell’SGB VIII in azione (compresa la promozione giovanile e altro ancora, il che significa offrire lavoro ai giovani, creare infrastrutture per il tempo libero, creare le possibilità per i giovani di realizzare loro stessi attività ricreative, come anche realizzare forme di partecipazione e di rappresentanza dei giovani nella politica locale). • Politica del mercato del lavoro locale e supporto economico. • Prevenzione della criminalità giovanile. • Integrazione delle famiglie di migranti. • Progetti di Agenda 21. • Modelli di assistenza. • Sviluppo locale dei progetti per i giovani. 6.5.5 Le questioni più importanti e i principali gruppi-target delle politiche giovanili esplicite (settoriali e intersettoriali) a livello nazionale, regionale e locale

Fondamentalmente, le politiche giovanili tendono all’integrazione di tutti i giovani nella società. Ciò nonostante le priorità politiche sono sempre legate a gruppitarget specifici. Anche se i principali gruppi-target delle politiche giovanili in Germania variano secondo le aree di attuazione, si può dire che generalmente sono concepiti per promuovere lo sviluppo e l’integrazione, soprattutto per i giovani svantaggiati: disoccupati, giovani migranti, giovani donne, giovani a rischio (i senzatetto, giovani coinvolti in storie di droga, giovani delinquenti, ecc.). In questa parte saranno presentate alcune questioni politiche correlate a tutti i giovani in alcuni casi, ad un gruppo target specifico in altri. Combattere l’emarginazione sociale dei bambini e degli adolescenti La povertà mette a rischio la salute dei bambini, riduce le loro possibilità di una buona istruzione e porta all’emarginazione sociale. In Germania, circa un decimo dei bambini vive in famiglie povere, con entrate al di sotto del 50% della media del loro paese. I programmi di intervento sociale, come pure le iniziative politiche e legali della Commissione europea, sono volte alla protezione di una larga parte delle giovani generazioni europee contro la stigmatizzazione sociale. Il programma tedesco “Sviluppo e opportunità dei giovani in aree socialmente disagiate - (E&C)” (si veda “Rassegna delle buone prassi”) corrisponde alla risoluzione del Consiglio europeo e del Consiglio dei Ministri per la gioventù riguardo l’integrazione sociale dei giovani, adottata dallo stesso Consiglio dei ministri l’11/09/00.


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Uguali diritti per ragazze e giovani donne Nelle politiche giovanili tedesche realizzare il principio della parità dei diritti è parte integrante delle iniziative e dei programmi. Il paragrafo 9 dell’SGB VIII obbliga tutte le iniziative dei servizi giovanili a promuovere la parità dei diritti tra ragazzi e ragazze e obbliga ad occuparsi delle loro diverse condizioni di vita. Di conseguenza, gli sforzi specifici per entrambi i sessi sono seguiti da molte altre offerte di servizi per i giovani e per l’infanzia. Nella gamma delle offerte socio-educative sono stati intrapresi buoni tentativi orientati al sostegno del lavoro femminile. Nel campo del lavoro giovanile, tentativi riusciti, come i girl-café, i gruppi femminili, corsi di autodifesa ecc., sono diventati parte integrante dell’offerta di servizi ordinaria (si veda “Rassegna delle buone prassi”). Protezione dei bambini dagli abusi sessuali Prevenire la violenza contro i bambini ed in particolare combattere gli abusi sessuali è uno dei punti enfatizzati dalle politiche giovanili federali. In questo contesto il Governo federale ha intrapreso alcune iniziative a livello nazionale (si veda “Rassegna delle buone prassi”) ed internazionale. A livello nazionale, ad esempio, è stato istituito presso il Deutsches Jugendinstitut un centro di informazione sulle “Crudeltà contro i bambini e l’abbandono dei bambini” (IKK). L’IKK è un punto di informazione nazionale ed un centro di diffusione istituito come parte del “Addendum al programma del Governo Federale contro la crudeltà verso i bambini, la pedo-pornografia ed il turismo sessuale da essere attuato secondo la dichiarazione ed il piano di azione del Congresso Mondiale contro lo sfruttamento commerciale sessuale dei bambini”. Su queste basi, l’IKK gioca un ruolo centrale negli sforzi per definire e prevenire la violenza contro i bambini. Inoltre, l’IKK è un contatto nazionale del Network, supportato da internet contro lo sfruttamento sessuale dei bambini, il “Centro per l’infanzia per bambini a rischio nella regione del Mar Baltico” (e-mail: ikk@dji.de, Internet: http://www.dji.de/ikk). A livello internazionale, il Ministero federale della famiglia, degli anziani, delle donne e dei giovani, organizzerà la conferenza nazionale di verifica “Sfruttamento sessuale commerciale dei bambini” tenuta dal Congresso Mondiale di Stoccolma nel 1996. Il ministro ha incaricato l’IKK di elaborare un concept per questa conferenza e metterlo in pratica. Protezione dei bambini da contenuti dannosi nei media La globalizzazione è legata ai sistemi di diffusione dell’informazione in tutto il mondo e, di conseguenza, può ostacolare un adeguato controllo dei contenuti razziali e pornografici e di quelli che esaltano la violenza. Nel mondo multimediale odierno, la protezione del pubblico più giovane richiede nuovi standard nazionali ed internazionali (si veda anche la “Rassegna delle buone prassi”).

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Infrazione delle leggi da parte dei ragazzi e dei giovani Negli ultimi anni, in Germania le infrazioni delle leggi da parte dei ragazzi e dei giovani hanno assunto particolare visibilità pubblica, quindi le sanzioni e le misure preventive sono sempre più al centro delle politiche giovanili. I gruppi-target di queste misure sono: nella struttura di prevenzione primaria, tutti i ragazzi ed i giovani; per quanto riguarda la prevenzione secondaria, coloro che si sono già messi in luce per aver violato le regole e che devono sopportarne le conseguenze. Le misure di prevenzione terziaria sono volte a prevenire recidive. C’è una vasta gamma di tali misure che vanno dal sostegno allo sviluppo della personalità e delle competenze sociali a misure di correzione specifiche (es. mediazione offensore-vittima) e al supporto per chi è stato rilasciato dalla detenzione. Giovani coinvolti in atti di violenza e di razzismo (combattere il razzismo, l’anti-semitismo e la xenofobia) Fin dalla metà degli anni novanta, sempre più giovani e giovani-adulti restano coinvolti in questo tipo di comportamento. Al fine di prevenirlo, sono stati creati programmi mirati, così come attività giovanili culturali e politiche, attività sportive, forme di lavoro giovanile internazionale e lavoro sociale giovanile, per effetto di politiche giovanili su scala nazionale, internazionale, di Länder (stati federali) e locale. Tali misure sono specificamente indirizzate ai giovani a rischio di derive xenofobe. Allo stesso tempo, si sta avviando un intenso dibattito sul radicalismo politico di estrema destra e sono state discusse nuove misure preventive e repressive. Come menzionato sopra, esistono già molte iniziative contro la violenza, l’estremismo di destra, la xenofobia e il razzismo a livello nazionale, di Länder, di comunità e di organizzazioni giovanili (specialistiche). A livello nazionale, è stato istituito di recente il programma “XENOS” (si veda la “Rassegna delle buone prassi”). Inoltre, nel contesto degli sforzi per prevenire l’estremismo e la violenza, sono state supportate in Germania un gran numero di ricerche, di informazioni e di misure pilota per combattere le ideologie estremiste e la xenofobia nei giovani. Lo scopo è di investigare sulle cause, di tentare nuovi approcci e metodi di contrasto. Partecipazione ed educazione politica La partecipazione fa parte dei diritti fondamentali dei bambini e degli adolescenti, è uno dei prerequisiti per la loro crescita nella democrazia e per avere la possibilità di esprimere la loro opinione quando sono in gioco i loro problemi. La partecipazione assicura che gli interessi dei giovani siano presi nella debita considerazione. Perciò, la partecipazione è uno dei diritti che dovrebbe essere rafforzato. È una condizione essenziale per una politica giovanile efficace, atta a coinvolgere i minori e gli adolescenti in tutte le decisioni che li riguardano. Tuttavia, essi non si impegneranno se non sono convinti che il loro coinvolgimento abbia effetto sul loro futuro, che ciò che essi decidono oggi incida sulle loro condizioni di vita di domani. In Germania, il problema della partecipazione è stato defi-


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nito come un compito di interesse generale che deve tenere conto degli interessi dei bambini e degli adolescenti. L’educazione politica è apprendimento democratico nel senso più ampio ed è strettamente legata alla partecipazione politica e sociale; trasmette ai giovani conoscenze fondamentali per responsabilizzarli ad agire. Veicola i valori del civismo, tenendo anche conto delle grandi potenzialità dei giovani, dei loro desideri, delle fantasie, della curiosità, del piacere della scoperta e dello sperimentare. Si rivolge a tutti i giovani, organizzati e non. Pianificazione locale per i giovani Un elemento importante delle politiche giovanili locali è lo sviluppo dei “progetti per ragazzi e giovani”, a livello delle municipalità locali. Nella struttura della pianificazione dei servizi giovanili, i distretti urbani e rurali sono tenuti per legge (paragrafo 80 SGB VIII) a prendere in considerazione tutti i servizi e le istituzioni per i giovani, al fine di prevederne la domanda futura e per verificare in che misura la domanda giovanile di servizi sia soddisfatta. Anche gli enti di rappresentanza volontaria, costituiti per legge, devono essere coinvolti in questa programmazione. Gli scopi particolari della programmazione, in linea di principio, sono da considerare come equivalenti. In molti casi la pianificazione è limitata ad aree particolari, come quella dell’assistenza diurna ai minori. Il coordinamento con le altre forme di pianificazione locale non sembra avvenire regolarmente e non si verifica ovunque. Giovani e istruzione Al giorno d’oggi l’istruzione è uno degli argomenti decisivi per il futuro della nostra società. In vista delle tante sfide imposte non solo ai giovani dalla rivoluzione tecnologica, dalla globalizzazione e dal processo di unificazione europea, è l’istruzione a decidere sempre più sulle opportunità di sviluppo degli individui e sulla loro partecipazione alla vita sociale. In questo contesto, la politica ha una doppia responsabilità: da un lato deve assicurare che i giovani acquisiscano le competenze necessarie per progredire sul piano sociale ed economico; dall’altro lato, deve prevenire la marginalità sociale dei giovani non sufficientemente istruiti o qualificati. Poiché l’istruzione sta diventando sempre più importante per avere la propria parte di opportunità nella vita e, quindi, è un elemento centrale di giustizia sociale, assicurare una equa partecipazione alle opportunità d’istruzione e, di conseguenza, al progresso e alla prosperità, è un compito importante per coloro che organizzano la politica educativa e giovanile. Sviluppare le prospettive dei giovani significa oggi, prima di tutto, dare loro le competenze essenziali per pianificare e formare la loro vita nella democrazia e creare per loro una via d’accesso nel mercato del lavoro. Molto spesso le nuove opportunità di formazione sono decisive per quei giovani che hanno poche qualifiche e che vogliono essere assunti, realizzarsi e partecipare attivamente alla vita sociale. Questa, per il sistema educativo, è una della grandi sfide per superare le barriere che spesso si risolvono in esperienze negative di appren-

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dimento. Un’altra opportunità, per l’apprendimento continuo, risiede nei percorsi formativi informali, al di fuori dell’ambito scolastico, sul posto di lavoro o nella vita di ogni giorno. Numerosi programmi che supportano i giovani in questi tre obiettivi stanno per essere messi in atto dai Ministeri incaricati a livello federale e dai Länder (si veda questa parte nella “Rassegna delle buone prassi”). Istruzione e misure di formazione professionale per i soggetti svantaggiati Uno scopo dichiarato del Governo Federale, dei Länder e delle municipalità, è quello di combattere risolutamente la disoccupazione e di ridurre quella a lungo termine, in costante crescita. L’enfasi è posta sulla prevenzione. L’obiettivo spiegato chiaramente nelle linee guida per la politica del mercato del lavoro (ad esempio, che nessun giovane rimanga disoccupato per più di sei mesi), è stato affrontato con un gran numero di provvedimenti. La politica del mercato del lavoro e dell’assistenza ai giovani con problemi professionali, è rivolta a giovani disoccupati incapaci di trovare un luogo dove fare il tirocinio di apprendistato o a giovani troppo poco qualificati, per assisterli nella ricerca di un impiego con offerte socio-educative e di qualificazione mirata. Inoltre, sono previsti incentivi economici per i datori di lavoro per la formazione di apprendisti, e per poter poi subentrare una volta terminato l’apprendistato (si veda anche la “Rassegna delle buone prassi”). Programmi di pari opportunità per i soggetti svantaggiati In questa parte del capitolo ci concentreremo sulle politiche nazionali, regionali e locali che aiutano i giovani a far fronte alle difficoltà nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. A livello internazionale, questo sistema di transizione ha la reputazione di essere ben organizzato, standardizzato e abbastanza consolidato: - Orientamento professionale: è istituzionalizzato come parte dei servizi per l’impiego. Di norma, comincia ad intervenire due anni prima che i giovani lascino la scuola (dipende dal tipo di scuola). Il primo contatto consiste nella presentazione dei servizi e nelle visite di classe presso i centri di informazione professionale, un centro di documentazione con video, materiali cartacei su tutti i tirocini professionali e apparecchiature informatiche per l’autoorientamento. Tutti i giovani che richiedono un appuntamento individuale sono consigliati da esperti specialisti e l’80% dei contratti d’apprendistato sono stilati proprio grazie alla partecipazione durante l’orientamento professionale. Per i giovani che non riescono ad ottenere una regolare formazione professionale, il centro di orientamento professionale organizza dei corsi pre-professionali. I rappresentanti dell’orientamento professionale affermano di raggiungere il 100% dei ragazzi che terminano la scuola e di considerare l’orientamento individuale e le condizioni di vita in maniera sufficiente. Nondimeno, molti interlocutori di questo sistema (insegnanti, assistenti sociali, giovani lavoratori), come anche i giovani stessi, criticano il trattamento standardizzato e credono che uno dei principali obiettivi dell’orientamento


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professionale sia semplicemente quello di distribuire i giovani nei posti di apprendistato vacanti (Nuglisch/Pfendner 1998). - Formazione pre-professionale: per quei giovani che non fanno un tirocinio regolare dopo l’istruzione secondaria (Level I) si offre un corso di un anno di istruzione pre-professionale in una scuola professionale (Berufs-vorbereitungsjahr - BVJ; Berufsgrundbildungsjahr - BGJ). Perciò, l’istruzione obbligatoria è stata estesa a 10 anni di scuola, con l’introduzione di un anno obbligatorio di istruzione professionale per coloro al di sotto dei 18 anni che non frequentano una scuola secondaria di istruzione generale. Sebbene sia obbligatoria, la BVJ è stata considerata una potenziale trappola poiché non porta ad un’ulteriore qualificazione, tranne per coloro che hanno lasciato l’istruzione secondaria senza una certificazione e che hanno l’opportunità di recuperare il certificato di un’istruzione secondaria inferiore. Molti professionisti e ricercatori hanno aspramente criticato la BJV di essere solo una “sala d’attesa”. Il carattere altamente fuorviante della BJV è enfatizzato anche da una elevata segregazione di genere (maschile o femminile, a seconda del tipo di scuola). In molte regioni le sole scuole professionali che forniscono BJV, sono quelle per la manifattura e per l’economia domestica, con concentrazioni di genere che sfiorano il 100%.4 Ma il BGJ corrisponde a un anno di scuola specializzata, basata sulla formazione professionale, che potrebbe essere accreditata come primo anno di normale tirocinio in quel campo. Politiche giovanili internazionali (bilaterali) e lavoro giovanile Una questione importante per la politiche giovanili tedesche è la cooperazione internazionale o bilaterale. Nel contesto internazionale delle politiche giovanili, il Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani, promuove i programmi nei quali i giovani e i giovani specialisti del lavoro, si incontrano per cooperare. Da un lato ciò ha, in generale, un effetto di stimolo sul lavoro giovanile; dall’altro lato, le misure dei servizi locali possono essere supportate con una cooperazione inter-Länder e la conseguente responsabilità del Governo Federale. Le politiche giovanili internazionali rendono possibile l’incontro con altri paesi e altre culture. Il loro scopo è quello di migliorare le competenze dei partner, di scambiare esperienze e di cooperare su scala transfrontaliera nei servizi all’infanzia e ai giovani. Giovani ed Europa Alcuni sondaggi svolti in Germania mostrano chiaramente che i giovani, come gli adulti, hanno sviluppato un atteggiamento piuttosto scettico e distante nei confronti dell’Europa negli ultimi anni. Tuttavia ottenere una conoscenza pratica di pri4

Come dato di fatto, la frequenza al BJV cresce al diminuire delle opportunità di formazione professionale. Tuttavia, i risultati del BJV in termini di passaggio ad un regolare tirocinio, in periodi di mercato ristretto per il tirocinio, sono abbastanza scarsi: nel 1994 solo il 26% dei partecipanti al BJV ha avuto un posto per un regolare tirocinio in seguito (BMBF 1997: 65). Tuttavia, tra il 1992 e il 1997 il numero dei partecipanti al BJV è cresciuto del 76% (BMBF 1998: 67).

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ma mano dell’Europa, accumulare esperienza internazionale viaggiando all’estero, ricevere visitatori stranieri nel proprio paese, conoscere le altre culture, costruire relazioni e amicizie con giovani di altri paesi o lavorare insieme per lunghi periodi su scala europea, sono eventi biografici rilevanti per i giovani, che stimolano interesse emotivo ed entusiasmo per l’Europa. A questo riguardo, espandere le misure di supporto a mobilità e cittadinanza europea è un aspetto importante delle politiche giovanili nazionali (e senza dubbio l’elemento chiave di un programma per la gioventù europea). Le istituzioni dell’Unione Europea hanno confermato spesso l’importanza di questo campo politico, ma i giovani che partecipano ai programmi di mobilità devono ancora affrontare molti ostacoli, come il garantirsi viaggi all’estero, il diritto di permanenza all’estero, la sicurezza sociale e le questioni fiscali. Spesso ci sono problemi finanziamento, di abilità linguistiche insufficienti, ecc. Le politiche giovanili tedesche sono fortemente interessate a superare questi ostacoli. 6.5.6 Scopi dichiarati e concetti chiave dei documenti ufficiali di politica giovanile

Le ricerche sul mondo giovanile tedesco hanno dimostrato che i giovani vedono criticamente la vita democratica quotidiana, in special modo le istituzioni politiche nazionali. I giovani reagiscono ai cambiamenti politici ed economici, formulano problemi concreti e aspettative di vedere soluzioni al riguardo. I giovani desiderano maggiori opportunità di intervento e la possibilità di potersi esprimere democraticamente sui problemi scolastici, sull’istruzione superiore, sul lavoro e le altre questioni che li toccano direttamente. Molti sono pronti ad essere coinvolti socialmente e politicamente. Questa voglia di partecipare, tuttavia, è indirizzata meno verso le organizzazioni e le forme di azione politica tradizionali, che verso le forme di partecipazione non convenzionale. Rafforzare la partecipazione e la cooperazione dei ragazzi e dei giovani nei processi sociali e politici è in ogni caso molto importante. Una sfida di particolare rilevanza è impedire che la nostra democrazia sia messa a rischio dall’estremismo di destra, dall’anti-semitismo, dalla xenofobia e dalla violenza. Il dibattito critico e la lotta contro l’estremismo di destra sono uno dei compiti più importanti nel campo delle politiche giovanili. Così come le necessarie misure repressive, i programmi per la lotta contro l’estremismo di destra sotto la protezione della “alleanza per la democrazia e la tolleranza, contro l’estremismo e la violenza” insistono soprattutto sul rafforzamento della cultura democratica e sull’educazione dei giovani alla democrazia e alla tolleranza. Anche ai livelli politici più alti è importante affermare le politiche giovanili come compito di interesse generale. Non vi è alcun campo politico di azione nel quale gli effetti delle misure politiche sulla situazione dei ragazzi e dei giovani possano essere trascurati. Le aree nelle quali questo è più evidente sono, ad esempio, la politica familiare, l’educazione politica, la politica del lavoro. Anche i provvedimenti in altre


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aree hanno, a lungo andare, una influenza diretta sulle possibilità dei giovani di organizzarsi la propria vita. Una sfida speciale per le politiche giovanili è creare per tutti i giovani, senza tener conto delle origini sociali, culturali ed etniche, uguali possibilità di partecipazione sociale, ed in particolare l’accesso alle condizioni necessarie per una vita lavorativa dignitosa. Promuovere maggiori opportunità per i giovani con condizioni iniziali svantaggiose, che non dipendono da loro, è un compito politico rilevante. È importante che tutti i giovani possano trarre vantaggio dalle opportunità di mutamento sociale. Questo implica anche un’apertura alla possibilità per tutti i ragazzi e i giovani di godere del progresso tecnologico, della continua internazionalizzazione della vita educativa e lavorativa e delle opportunità dell’Europa, senza confini interni. Possono fare questo, ad esempio, nel processo di apprendimento di una lingua o nell’accelerato apprendimento di nuove abilità professionali. È importante anche che i giovani imparino a capire gli alti paesi e le altre culture. È più difficile, a queste condizioni, che insorgano la xenofobia e il razzismo. Questo dialogo interculturale ha una importanza particolare nei tempi moderni. I giovani dovrebbero sviluppare la conoscenza delle uguaglianze e delle differenze dalle quali può nascere mutuo rispetto, comprensione ed interesse reciproco per i diversi background culturali e religiosi. 6.5.7 Priorità e problemi maggiori trattati dalle politiche giovanili

Le politiche giovanili sono una questione di interesse generale, che richiede lo sviluppo di nuove forme di cooperazione tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti. Lo strumento di promozione centrale per la politica e i servizi giovanili è il Kinderund Jugendplan des Bundes con un totale di 18 aree principali di supporto. Figurano tra queste l’educazione politica, culturale e sociale, lo sport, i servizi sociali giovanili, la parità tra ragazzi e ragazze, il lavoro con i disabili, l’assistenza per i giovani e le famiglie, l’assistenza ai bambini, la protezione dei ragazzi e dei giovani, il miglioramento della gestione dei media, la formazione continua, i programmi di studio internazionale per chi lavora nei servizi all’infanzia e ai giovani, l’integrazione dei ragazzi e dei giovani di famiglie di migranti, lo sviluppo delle opportunità per giovani in aree socialmente disagiate. I gruppi target rilevanti nelle politiche giovanili esplicite sono: • Ragazzi e giovani che crescono in condizioni di vita disagiate. • Ragazze e giovani donne (pari opportunità). • Giovani migranti e giovani di origine straniera. • Giovani con difficoltà ad entrare nella formazione professionale.

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• Ragazzi e giovani a rischio (rischi su internet; rischi di salute; estremismo politico e violenza xenofoba, delinquenza giovanile, ecc.). Alcuni dei programmi sviluppati a livello nazionale per questi gruppi target sono: • Programma “Sviluppo e opportunità per giovani in zone socialmente disagiate” (E & C - www.eundc.de). • Programma “Integrazione dei giovani con esperienze di migrazione” (www. jugendmigrationsdienste.de). • Programma “modello”: Lavoro sociale giovanile (istituzione delle cosiddette “agenzie di competenza” - www.kompetenzagenturen.de). • Piano di azione nazionale per la protezione dei ragazzi e dei giovani dagli abusi sessuali e dallo sfruttamento (www.bmfsfj.de/Politikbereiche/kinderund-jugend,did=5898.html). • Programma di intervento “Giovani per la tolleranza e la democrazia – contro l’estremismo di destra, la xenofobia e l’anti-semitismo” (www.bmfsfj.de/Politikbereiche/kinder-und-jugend,did=4732.html). 6.5.8 Il possibile ruolo della rappresentanza e della partecipazione giovanile

La partecipazione dei ragazzi e dei giovani tedeschi è prevista da precise disposizioni normative. Perciò attuare e promuovere la loro partecipazione, in forme appropriate, è una responsabilità di tutte le autorità. Il Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani ha un compito speciale al riguardo. Tuttavia, la responsabilità per la partecipazione dei ragazzi e dei giovani dipende da tutte le autorità e istituzioni che possono rendere possibile la partecipazione dei giovani. Queste sono: • le scuole, nel campo dell’istruzione formale; • le autorità giovanili, in tutte le aree dei servizi giovanili e all’infanzia; • le città e le municipalità, per tutte le questioni che riguardano le comunità locali. In generale è necessario puntualizzare che in Germania non solo gli Stati federali hanno un alto livello di autonomia, ma lo hanno anche le municipalità, le scuole e le organizzazioni non-governative attive nel campo dei servizi all’infanzia e ai giovani. I partiti politici, i loro movimenti giovanili e le organizzazioni giovanili in genere, giocano un ruolo molto importante nella promozione e nel supporto alla partecipazione nel sistema della democrazia di rappresentanza (ad esempio, promuovendo la partecipazione alle elezioni). I documenti legislativi più importanti per la promozione di interventi volti ad imparare a partecipare, sono: • La Costituzione, le rispettive Costituzioni degli stati federali che garantiscono le regole fondamentali per la partecipazione giovanile.


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• La Convenzione ONU sui Diritti per l’Infanzia, come parte integrante della legislazione tedesca (vedi l’art. 12 concernente la partecipazione). • SGB VIII: paragrafo 8 concernente la partecipazione dei ragazzi e dei giovani in tutte le decisioni nel campo dei servizi giovanili che riguardano loro, secondo la loro fase di crescita; paragrafo 11 concernente il supporto al lavoro giovanile; paragrafo 12 concernente il supporto del lavoro delle associazioni giovanili; paragrafo 14 concernente il lavoro e le offerte degli uffici locali per i giovani; paragrafo 17 sul diritto dei ragazzi di essere coinvolti quando i genitori si riuniscono in organizzazioni attive in servizi all’infanzia e ai giovani; paragrafo 36 sulla decisione, la pianificazione e l’attuazione di forme di assistenza individualizzata; paragrafo 80 sulla disponibilità di offerte dalle istituzioni di servizi all’infanzia e alla gioventù secondo i desideri, i bisogni e gli interessi dei giovani. • Progetto di relazioni industriali lavorative: costituisce il presupposto legislativo per la rappresentanza degli interessi dei giovani e di coloro che offrono loro una istruzione professionale. • Legge sulla rappresentanza degli interessi per il personale della federazione e degli stati federali, per le amministrazioni della federazione e degli Stati federali. I giovani con più di 18 anni che lavorano in imprese e pubbliche amministrazioni hanno gli stessi diritti di partecipazione degli adulti. • La legislazione scolastica degli stati federali: la responsabilità è dei Ministeri della cultura. • Lo strumento finanziario più importante per il supporto agli interventi di promozione della partecipazione giovanile, è il Kinder und Jugendplan des Bundes. Ci sono fondi per la promozione degli interventi volti ad imparare a partecipare anche dai progetti giovanili regionali e dalle municipalità. Come possiamo vedere, i problemi di rappresentanza e partecipazione giovanile devono trovare risposta nelle differenti aree politiche ed istituzionali interessate. L’istruzione formale ed informale, i giovani e gli aiuti ai giovani, le politiche occupazionali, ecc., sono tutti campi in cui la partecipazione giovanile gioca un ruolo importante. Dalla prospettiva delle politiche giovanili, il Ministero federale della famiglia, degli anziani, delle donne e giovani ritiene che i ragazzi ed i giovani siano essi stessi degli esperti e abbiano, quindi, il diritto di intervenire e partecipare attivamente. Devono avere la possibilità di portare i loro bisogni, interessi, speranze, paure e problemi nella programmazione e nel processo decisionale, all’interno degli ambienti in cui vivono; devono poter esercitare influenza a tutti i livelli politici. Tuttavia, i giovani hanno anche dei doveri e degli obblighi. Questo è il compito e la sfida dei politici che operano per rafforzare la partecipazione e per creare le precondizioni ad essa necessarie. Per quanto riguarda la partecipazione giovanile a livello locale (distretti, città, municipalità), molti degli Stati federali hanno una regolamentazione regionale spe-

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cifica, in conformità alle Costituzioni regionali o delle regolamentazioni sull’istituzione dell’SGB VIII. I meccanismi locali sono: • Petizioni degli abitanti: un certo numero di abitanti può portare un corpo di auto-governo di municipalità e distretti regionali per trattare o decidere su una certa questione. Questo diritto può essere usato, negli Stati Federali che conoscono questo strumento, dai giovani che hanno compiuto 16 anni (in alcuni stati 14 anni). • Gli “Uffici per i ragazzi”: come punti di contatto per gli interessi specifici dei ragazzi e dei giovani. • Gli ombudsman (avvocati) dei ragazzi. Un’altra regolamentazione speciale per i processi di pianificazione locale è quella sulla pianificazione della costruzione nel paragrafo 3 del codice della legge sulla costruzione (Baugesetzbuch). Qui si dice che i bisogni sociali e culturali dei giovani devono essere considerati nei piani di costruzione. Accanto a questo tipo di partecipazione sociale, i giovani hanno il diritto di votare all’età di 18 anni e, naturalmente, di partecipare alle associazioni giovanili a livello locale, regionale e nazionale. 6.5.9 La partecipazione nei sistema dell’istruzione formale

La partecipazione degli alunni e degli studenti nelle commissioni nate per loro è una parte concettuale integrante dell’istruzione formale, stabilita negli accordi della Conferenza permanente dei ministri dell’istruzione degli Stati federali della Germania, in data 3 ottobre 1968. A questo riguardo, alunni e studenti dovrebbero essere in grado di imparare come prendersi delle responsabilità e doveri ed esercitare i loro diritti. In Germania l’istruzione formale è volta a: • diffondere idee di libertà e democrazia nelle menti dei ragazzi e dei giovani; • aiutarli a crescere come persone tolleranti che rispettano gli altri e le loro convinzioni; • risvegliare sentimenti di pace nello spirito di comprensione internazionale, partecipazione alle questioni sociali e alla responsabilità politica; • rendere loro capaci di esercitare i loro diritti e doveri nella società. Poiché l’istruzione formale rientra nelle competenze dei 16 Stati federali, i sistemi d’istruzione formale che tendono a sviluppare e approfondire l’apprendimento della partecipazione differiscono l’uno dall’altro. Dipende anche dal tipo di coinvolgimento del corpo docenti. La partecipazione e l’apprendimento della cittadinanza dipendono molto l’una dall’altra e, allo stesso tempo, da una maggiore apertura delle scuole al riguardo (in termini di rivalutazione della responsabilità degli alunni, loro rappresentanza, loro diritto a prendere parte a decisioni sui contenuti delle lezioni, ecc.). Le scuole dovrebbero anche essere aperte alla cooperazione con


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le imprese, le organizzazioni e le associazioni, le comunità ecclesiali, ecc. Laddove si promuove la partecipazione giovanile, per questi tramiti, si promuove anche l’apprendimento della cittadinanza. 6.5.10 Occupazione e partecipazione giovanile

Nel campo dell’occupazione, le parti sociali sono coinvolte nel processo decisionale (ad esempio, in qualità di auditori al processo di formulazione delle leggi). Esse mandano i loro rappresentanti anche al consiglio amministrativo dell’Agenzia federale per l’impiego e nelle commissioni amministrative delle agenzie per l’impiego. Le questioni socio-politiche della parità tra i sessi connesse all’occupazione sono prese in considerazione in maniera crescente dalle altre organizzazioni giovanili e, quindi, incluse nel dialogo con la politica e l’amministrazione. La partecipazione dei giovani gioca un ruolo importante anche nel campo delle campagne educative politico-sanitarie. 6.5.11 Partecipazione giovanile e rappresentanza in contesti informali

Nella gamma dei servizi per i giovani, il lavoro e le politiche giovanili esistono molte possibilità di partecipazione attiva. L’istruzione informale in Germania è soprattutto il campo di azione delle organizzazioni giovanili e delle associazioni specialistiche di istruzione informale, compresa la politica, l’educazione artistica e culturale come anche lo sport. La partecipazione nelle rispettive organizzazioni sta prendendo piede con dibattiti ed i normali processi decisionali, nelle organizzazioni giovanili, attraverso apposite commissioni. Nell’ultima decade sono state sviluppate nuove forme di partecipazione, complementari alle strutture più “tradizionali” di politiche giovanili: • Parlamenti giovanili. • Uffici per i giovani. • Programmi elettorali giovanili. • Progetti di partecipazione locale. • Commissioni di quartiere per la pianificazione urbana. Parlamenti giovanili Non esiste una definizione precisa di parlamento giovanile, condivisa da tutti. Ne esistono, in effetti, diverse forme e modelli. In Germania operano circa 300 parlamenti giovanili, consigli locali di giovani, consigli giovanili, uffici e programmi politici giovanili che si incontrano regolarmente.

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Consigli giovanili locali Ci sono più di 200 consigli giovanili locali in Germania, inclusi i consigli giovanili distrettuali e cittadini. Consigli giovanili regionali • Consiglio giovanile regionale del Baden-Wuerttemberg, www.ljrbw.de • Consiglio giovanile regionale della Baviera, www.bjr.de • Consiglio giovanile regionale di Berlino, www.ljrberlin.de • Consiglio giovanile regionale del Brandeburgo, www.ljr-brandenburg.de • Consiglio giovanile do Brema, www.bremerjugendring.de • Consiglio giovanile regionale di Amburgo, www.ljr-hh.de • Consiglio giovanile di Hesse, www.hessischer-jugendring.de • Consiglio giovanile regionale del Mecklenburg- Pomerania occidentale, www.jugend.inmv.de • Consiglio giovanile regionale della Bassa Sassonia, www.ljr.de • Consiglio giovanile regionale del Nord Rhine-Westfalia, www.ljr-nrw.de • Consiglio giovanile regionale del Rhineland-Palatinate, www.ljr-rlp.de • Consiglio giovanile regionale della Saarland, www.landesjugendring-saar.de • Consiglio giovanile regionale della Sassonia, www.jugendinfo.net • Consiglio giovanile regionale della Sassonia- Anhalt, www.kjr-lsa.de • Consiglio giovanile regionale del Schleswig-Holstein, www.ljrsh.de • Consiglio giovanile regionale della Turingia, www.ljrt.de Consiglio giovanile nazionale Consiglio giovanile federale tedesco (DBJR). Parlamenti giovanili regionali Ci sono più di 30 centri di risorse regionali che promuovono i gruppi di partecipazione giovanile esistenti come punti di contatto ed incoraggiano nuovi progetti che propongono altre idee. Parlamenti giovanili nazionali Ad oggi, non esiste un parlamento giovanile nazionale. È stata inviata una petizione alla commissione del parlamento federale ma non si è ancora arrivati ad una decisione. C’è una iniziativa del parlamento della Germania federale chiamata “Giovani in Parlamento” dove i giovani di tutta la Germania sono invitati ad osservare come si lavora in parlamento. In giochi di simulazione, i giovani prendono anche il posto dei membri del parlamento. Altri canali di partecipazione • Associazione regionale per i giovani e la partecipazione politica: Jupp 21 (www.jupp-21.de) rappresenta circa 100 parlamenti e progetti di partecipazione giovanile locale e distrettuale.


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• Servicestelle Jugendbeteiligung (Centro risorse per la partecipazione giovanile, www.jugendbeteiligung.info): in Germania è il punto di contatto per i progetti di partecipazione giovanile dal mese di agosto del 2001. Qui i giovani possono avere informazioni sui progetti di partecipazione giovanile e sulle opportunità. • YoungAvenue.de: è un centro virtuale di protezione giovanile per ragazzi e a giovani. È un misto tra un portale e diversi moduli di terapia interattiva nel campo della protezione dei giovani. La terapia è offerta da professionisti (psicologi, terapeuti dell’infanzia e della famiglia) e volontari (giovani e giovani-adulti). La partecipazione e la competenza informatica dei giovani sono i punti più importanti di questa proposta. • Network U18 è un gruppo di istituzioni, associazioni e singole persone a cui piacerebbe dare ai ragazzi e ai giovani la possibilità di essere attivamente coinvolti nei processi democratici, di apprendere di più sulle strutture democratiche, sui loro diritti e sulle opportunità per partecipare. Nella struttura delle elezioni per il parlamento federale, ragazzi e giovani con meno di18 anni possono partecipare ad elezioni “fittizie” e votare (www.u18.org). • “Get up” è una campagna di partecipazione nella Sassonia-Anhalt volta ad incoraggiare i ragazzi ed i giovani a un maggiore coinvolgimento nel loro ambiente (nella loro municipalità, nella scuola, nel loro tempo libero o nelle scuole professionali) (www.getup-info.de). 6.5.12 Ulteriori forme di partecipazione e rappresentanza

I ragazzi e i giovani possono anche essere invitati presso le conferenze internazionali come delegati. Ad esempio: come membri della delegazione tedesca al Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini nel 2001, al World Children Summit; a New York nel 2002; come giovani delegati eletti dalla Commissione nazionale tedesca per il lavoro giovanile internazionale (DNK), alla sessantesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2005; alla sessione della Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile (CSD-14) nel 2006. L’istituzione del “Nationaler Aktionsplan für ein kindergerechtes Deutschland” (Piano d’azione nazionale per una Germania adatta ai ragazzi), 2005-20105 ha avuto luogo coinvolgendo i ragazzi e i giovani nel processo decisionale. Il “Project P” è l’iniziativa per la promozione della partecipazione politica dei ragazzi e dei giovani. Il Ministero Federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani ha istituito l’Agenzia Federale per l’educazione civica ed il Consiglio federale tedesco giovanile che hanno formato un’alleanza. Il Project P promuove la partecipazione politica concreta di migliaia di ragazzi e giovani in Germania. Agli inizi del 2005, quasi 6.000 persone sono state coinvolte attivamente in circa 200 progetti. 5

http://www.bmfsfj.de/Politikbereiche/kinder-und-jugend,did=31372.html

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6.5.13 Il servizio militare e il servizio civile obbligatorio

Il servizio militare (durata: 10 mesi e 2 mesi di servizio di scorta) è obbligatorio per gli uomini dai 18 ai 40 anni ed è stato oggetto di un acceso dibattito negli ultimi anni. Al momento, però, non è prevista alcuna riforma al riguardo. È possibile obiettare al servizio militare per ragioni di coscienza ed effettuare un servizio obbligatorio alternativo presso istituzioni sociali, nel campo della protezione ambientale o in uffici di servizi convenzionati con l’estero. I giovani sono sottoposti al servizio militare obbligatorio oppure a servizio comunitario nazionale non-militare obbligatorio all’età di 18 anni. Non esiste ancora nessun servizio obbligatorio per le donne, che possono comunque arruolarsi per fare il servizio militare oppure di volontariato sociale o ecologico. Ci sono alcune regolamentazioni specifiche che danno diritto all’esenzione dal servizio militare obbligatorio. Ad esempio: essersi impegnati a lungo termine nei Vigili del fuoco o in altre organizzazioni di protezione civile; essere entrati nelle forze di polizia o lavorare per un progetto di aiuto allo sviluppo previsto nella legge. Possono portare all’esenzione dal servizio militare obbligatorio anche particolari circostanze personali, come il rischio concreto di perdere i propri mezzi di sostentamento con la chiamata al servizio militare (es. contadini). La Legge del Servizio comunitario non-militare obbligatorio (Zivildienstgesetz) afferma che gli obiettori di coscienza ammessi al servizio non-militare comunitario – soprattutto nel settore sociale – dovrebbero eseguire compiti di promozione di benessere pubblico. La realizzazione di servizi alla comunità è possibile solo per i casi previsti dalla Legge del Servizio comunitario non-militare obbligatorio. Il servizio comunitario è svolto da coloro che hanno l’obbligo del servizio con meno di 28 anni alla data fissata per il servizio. Il servizio civile è basato sul modello del servizio militare obbligatorio. È un servizio regolato dallo Stato ed è considerato (al pari della leva) come servizio sanzionato dalla legge, con una specifica regolamentazione. Le leggi che regolano questi servizi determinano gli standard minimi per la protezione dei volontari. Gli obiettori di coscienza possono anche svolgere il servizio civile all’estero.6 6.5.14 Le politiche giovanili implicite

Tratteremo ora le politiche, i piani d’azione e i programmi che, anche se non rientrano in modo specifico sotto l’etichetta di politiche giovanili, hanno i giovani tra i loro gruppi target più importanti (politiche orizzontali direttamente correlate ai giovani: ad esempio il piano d’azione di occupazione giovanile).

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Si veda BMFSFJ (Editor). Perspektiven für Freiwilligendienste und Zivildienst in Deutschland. Bericht der Kommission Impulse für die Zivilgesellschaft. Berlin, 2004.


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• “Ausbildungsprogramm Ost 2005”, Piano di azione per l’occupazione giovanile del Ministro dell’istruzione e la ricerca: promozione dell’istruzione professionale negli stati federali orientali (www.bmbf.de). • Programma di intervento “Umwelt und Gesundheit” (Ambiente e Salute), dei Ministri della salute, per l’ambiente e la protezione dei consumatori. Argomenti rilevanti per i ragazzi: formazione ai problemi della verifica e della valutazione dei rischi sanitari dei ragazzi dovuti all’inquinamento ambientale; segnalazione dei rischi di salute dovuti all’inquinamento ambientale (www.apug.de). • Programma di investimento di capitali “Zukunft Bildung und Betreung” (Istruzione futura e assistenza), del Ministero dell’istruzione e la ricerca: costruire/ingrandire le scuole a tempo pieno. • Programma federale “LOS - Lokales Kapital für soziale Zwecke” (Capitale locale per fini sociali). Promozione e supporto dei soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro (www.los-online.de).

6.6 L’IMPATTO IN GERMANIA DELLE DECISIONI E DEI PROGRAMMI DELL’UNIONE EUROPEA E DEL CONSIGLIO D’EUROPA 6.6.1 I principali programmi europei applicati in Germania

L’impatto delle decisioni e dei programmi dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa (es. il Libro Bianco “Un nuovo impulso per la gioventù europea”; il Metodo aperto di coordinamento durante l’applicazione delle priorità del Libro Bianco; gli eventi giovanili europei in ogni presidenza dell’UE; le attività nel quadro della Convenzione UE – Consiglio d’Europa, ecc.) influenzano sempre più i discorsi interni sulle politiche giovanili in Germania. Passo dopo passo vengono considerati dai politici, da chi gestisce le politiche giovanili e dagli operatori giovanili nel corso dello sviluppo di programmi nazionali propri e misure nel quadro dei o in associazione con i programmi europei. I programmi europei principali applicati in Germania sono: • Socrates/Erasmus • Leonardo da Vinci • Fondo Sociale Europeo • YOUTH L’applicazione nazionale di questi programmi è sotto la responsabilità di: • Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD) (Servizio tedesco di scambio accademico); • Bundesinstitut für Berufsbildung (BIB) (Istituto federale per la formazione professionale);

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• Agenzia nazionale per il Programma YOUTH; • Eurodesk; • Ministeri federali e dei Länder per il lavoro e gli affari sociali. Per una migliore applicazione delle politiche giovanili europee e soprattutto del metodo aperto di coordinamento (OMC), il Dipartimento giovanile del BMFSFJ ha costituito un organo consultivo chiamato “Task Force per la politica giovanile europea”, i cui membri, oltre ai giovani stessi, vengono dal settore pubblico e privato-sociale, e rappresentano organizzazioni pubbliche e istituzioni a livello federale, regionale e locale, associazioni giovanili e di welfare che lavorano con i giovani e rappresentanti dai settori di ricerca, informazione e documentazione. YOUTH per l’Europa (JfE) L’Agenzia tedesca per il programma d’azione dell’UE YOUTH è responsabile di sostenere la Commissione europea nel mettere in pratica il programma d’azione YOUTH. Come agenzia nazionale per la Germania, assegna borse di studio per attività extrascolastiche e per iniziative giovanili. L’agenzia nazionale agisce anche con una funzione di consulenza nel programmare, gestire ed organizzare progetti e fornisce informazioni su sviluppi e possibilità nel programma d’azione YOUTH. Ogni anno l’agenzia nazionale offre una vasta gamma di corsi di formazione e istruzione. Ulteriori iniziative sono indirizzate al personale che si specializza nell’assistenza ai giovani su scala internazionale. Il programma Gioventù per l’Europa offre sostegno nella ricerca di partner internazionali e, come il centro SALTO (Supporto per l’apprendimento avanzato e le opportunità di formazione), coordina attività di formazione ulteriore che vengono offerte da tutte le agenzie nazionali della rete. Nel corso del 2005 e del 2006 l’Agenzia nazionale ha anche partecipato attivamente alla BMFSFJ - Task Force e assieme ad altre istituzioni del settore non-pubblico. Arbeitgemeinschaft für Jugendhilfe (AGJ), ad esempio, ha organizzato diverse conferenze nazionali con lo scopo di divulgare informazioni sul processo di realizzazione del Libro Bianco e sul “patto per la gioventù”. 6.6.2 Applicazione delle direttive del Libro Bianco in Germania: la partecipazione

Le priorità principali del Libro Bianco “Un nuovo impulso per la gioventù europea” e del metodo aperto di coordinamento sono: • Partecipazione; • Informazione; • Attività di volontariato dei giovani; • Maggiore e migliore conoscenza (dei giovani). Osserviamo innanzitutto come è stato declinato il tema della partecipazione.


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Strutture di partecipazione a livello locale, regionale o nazionale Il rafforzamento delle strutture esistenti (associazioni giovanili; consigli giovanili; parlamenti giovanili; parlamenti giovanili regionali e locali; ONG e altre organizzazioni giovanili) è stato uno dei modi in cui le direttive del Libro Bianco sono state attuate in Germania. Ora ci concentreremo solo sulle misure direttamente collegate alle istruzioni del Libro Bianco. Azioni di sostegno, di portata nazionale o regionale, per promuovere la partecipazione dei giovani alla vita locale e relativi meccanismi di controllo A volte in maniera indipendente, ma in parte anche in collegamento con l’attuazione delle direttive del Libro Bianco dell’UE e con una delle sue priorità (“Partecipazione”), si sono sviluppati nuovi interventi e piani di sostegno di portata nazionale e regionale, per promuovere la partecipazione dei giovani alla vita locale. Tra queste iniziative possiamo menzionare: • Offerte e lavoro della rete di organizzazioni giovanili a livello nazionale, regionale, locale. • Fornitura di mezzi finanziari da parte dello stato per progetti di partecipazione. • Offerte/sconti per persone che lavorano volontariamente in organizzazioni giovanili (leggi regionali speciali su vacanze, card nazionale leader della gioventù JuLeiCa). • Sviluppo di agende 21 locali, scambio di informazioni tra i decisori pubblici locali; iniziative con organizzazioni non governative orientate alla partecipazione, programmi di formazione sulla partecipazione per gli esperti nelle amministrazioni. • Programma federale “Entimon – assieme contro la violenza e l’estremismo di destra”: lotta per la promozione della democrazia e della tolleranza e per una nuova cultura della partecipazione tra i giovani. • Coinvolgimento dei giovani nella pianificazione di attività internazionali; • Partecipazione di organizzazioni giovanili e di esperti nel lavoro giovanile internazionale in comitati governativi bilaterali di esperti sullo scambio giovanile. • “Progetto P” – promozione della partecipazione politica dei bambini e dei giovani (www.projekt-p.de). • Partecipazione dei bambini e dei giovani a livello locale. • Promozione dello sviluppo di Consigli giovanili cittadini, parlamenti di bambini e giovani (nel 20% delle municipalità). • Promozione dello sviluppo di piattaforme di bambini e giovani, incontri cittadini di giovani cittadini, conferenze di bambini, udienze giovanili (nel 35% delle municipalità). • Promozione dei progetti di partecipazione: creazione di parchi giochi, e zone pedonali, pianificazione del traffico, cartine per bambini, progetti collegati

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alla scuola, progetti con i media, pianificazione di club giovanili (nel 70% delle municipalità). • Rafforzamento della partecipazione dei giovani a gruppi di pianificazione del vicinato, partecipazione ad azioni dei cittadini, discussioni di commissioni; • Promozione di contatti con politici (cassette postali per “lamentele”, orari di ufficio speciali, visite a municipi). • Promozione di campagne di partecipazione come la campagna di partecipazione “Get Up” nella Sassonia-Anhalt (www.getup-info.de). L’attuazione di “Progetto P” e del “Piano d’azione nazionale per una Germania adatta ai bambini” (Nationaler Aktionsplan für ein kindergerechtes Deutschland 2005-2010) sono due iniziative che hanno avuto luogo coinvolgendo i bambini e i giovani nel processo decisionale. Tali iniziative devono essere viste in stretta connessione con le priorità dell’UE nel campo della partecipazione: • Concentrandosi sui bambini, il Piano d’azione nazionale per una Germania adatta ai bambini (Nationaler Aktionsplan “Für ein kindergerechtes Deutschland 2005 - 2010) si focalizza sull’istruzione, la rinuncia all’uso della forza, la salute e l’ambiente, l’uguaglianza sociale, la partecipazione e le questioni internazionali; • Il “Progetto P” è invece l’iniziativa per la promozione della partecipazione politica dei bambini e dei giovani. È stato avviato dal Ministro federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani, dall’Agenzia federale per l’educazione civica e dal Consiglio giovanile federale tedesco, che hanno formato un’alleanza ad hoc. Tale iniziativa è stata progettata al fine di applicare i suggerimenti del Libro Bianco in riferimento ai processi di partecipazione dei giovani che non partecipano ad alcuna organizzazione. Il Progetto P sostiene la partecipazione politica concreta di migliaia di bambini e giovani in Germania. Quindi le iniziative locali, regionali e nazionali sono sostenute finanziariamente e nuove iniziative vengono continuamente avviate. All’inizio del 2005 circa 6.000 giovani erano coinvolti attivamente in circa 200 progetti. Nell’ambito del Progetto P, l’iniziativa per la promozione della partecipazione politica di bambini e giovani, un grande evento ha avuto luogo a Berlino (dal 10 al 12 Giugno 2005) chiamato “Berlino 05 - Festival per la politica giovane”. 11.200 giovani da tutto il Paese hanno avuto la possibilità di presentare i loro progetti, di andare a concerti, partecipare a gare e laboratori e discutere idee per nuovi progetti. Hanno inoltre avuto l’opportunità di discutere direttamente con i politici.7 Imparare a partecipare La partecipazione di alunni e studenti ai comitati ideati per loro è una parte concettuale integrale dell’istruzione formale, stabilita nell’accordo della Commissione 7

Ulteriori informazioni: www.berlin05.de.


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permanente dei Ministri dell’istruzione degli stati federali di Germania del 3 ottobre 1968. Attraverso questi mezzi gli alunni e gli studenti dovrebbero essere in grado di imparare come prendersi responsabilità e doveri e come esercitare i propri diritti. 6.6.3 Applicazione delle direttive del Libro Bianco in Germania: informazione

Servizi di informazione Dal punto di vista della politiche giovanili, e a differenza di molti altri stati membri dell’UE, lo stato delle informazioni sui giovani in Germania non gode di particolare attenzione. Non c’è, tra le altre cose, un quadro legale nazionale esplicito per l’informazione dei giovani in Germania. Produrre informazioni a favore dei giovani è soprattutto un compito degli Stati federali (Länder) e delle municipalità (Kommunen). Ciononostante, il diritto del libero accesso all’informazione è espresso nell’articolo 5 della Costituzione, uno dei diritti di base di ogni cittadino. Le regole legali che governano le iniziative all’interno dei servizi ai bambini e ai giovani sono fissate nell’SGB VIII. I paragrafi 1 e 11 definiscono l’obbligo da parte dello Stato di fornire informazioni. Tale obbligo rappresenta una delle priorità per il lavoro giovanile. Le istituzioni che lavorano in questo ambito seguono soprattutto argomenti e standard fissati dall’Agenzia europea di informazione e consulenza ai giovani (ERYICA). I servizi si basano sulla Carta europea per l’informazione giovanile. A livello nazionale, il Servizio allo scambio giovanile internazionale e ai visitatori della Repubblica Federale di Germania (IJAB) cerca di assumere un ruolo di coordinamento in certe aree dell’informazione giovanile. Inoltre 10 portali giovanili gestiti dai giovani stessi diffondono informazioni relative ai giovani. A livello regionale esistono 49 punti di informazione e 22 portali per la gioventù. Tutti questi servizi di informazione sono gratuiti. Le informazioni trasmesse da questi punti di informazione e portali per la gioventù si riferiscono all’istruzione superiore, alla scuola e agli scambi scolastici, alla formazione, ma anche ad aspetti diversi: amicizia, salute, amore, partenariati, lavoro giovanile internazionale, educazione ai media e protezione dei giovani, abusi su bambini e ragazze, ambiente, genere, diritti, questioni sociali, violenza, Europa, tempo libero, cultura, mobilità, sport e così via. I sistemi di monitoraggio sulla qualità della distribuzione di informazione Finora non esistono sistemi di monitoraggio sulla produzione e la comunicazione di informazioni dirette ai giovani. Il BMFSFJ ha chiesto al Servizio allo scambio giovanile internazionale e ai visitatori della Repubblica Federale di Germania (IJAB) di dare inizio a tre gruppi di lavoro su “Sviluppo della qualità nell’informazione ai giovani”, “formazione ed istruzione superiore” e “Partecipazione nell’informazione ai giovani”. Gli scopi sono: raggiungere risultati concreti nelle singole aree di lavoro,

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e predisporre ulteriori prospettive per lo sviluppo in questi campi che possono essere valutati dal BMFSFJ. La partecipazione dei giovani nella creazione e distribuzione di informazioni Sono due i principali meccanismi organizzati dalle organizzazioni giovanili, al fine di coinvolgere i giovani nella creazione di informazioni: Stampa giovanile Germania (Jugendpresse Deutschland, www.jugendpresse.de) e Centro risorse per la partecipazione giovanile (Servicestelle Jugendbeteiligung, www.jugendbeteiligung. info). Forniscono informazioni di e per giovani. Sostengono la partecipazione dei giovani alla creazione e distribuzione di informazioni fino al livello dei Consigli giovanili regionali e il lavoro giovanile a livello locale e di comunità. Ulteriori (esempi di) meccanismi esistenti sono: a. Portali giovanili nazionali e regionali, comunità on-line: • www.netzcheckers.de – portale giovanile dell’Iniziativa federale “Jugend ans Netz” in cui i giovani possono prendere parte attivamente alla creazione di informazioni (chat, up-/download di foto, diari online, ecc.); • www.youthreporter.de - portale Internet dell’Agenzia nazionale tedesca YOUTH, chiede ai giovani di scrivere relazioni, racconti brevi, temi e qualunque altro tipo di composizione su certi argomenti definiti sul sito web; • www.projekt-p.de – piattaforma di partecipazione per i giovani. b. Riviste per giovani (online e/stampate) fatte dai giovani per i giovani: • www.schekker.de – rivista online gestita dal Governo federale, articoli su politica e società; • www.fluter.de – rivista giovanile di Bundeszentrale für politische Bildung, articoli su politica e cultura; • www.yaez.de – rivista giovanile. c. Altri meccanismi: • programmi radio (www.dasding.de; www.jugendradio-nrw.de); • L’Iniziativa federale “I Giovani e la rete” (Jugend ans Netz, www.jugend. info) fornisce l’attrezzatura tecnica ai centri giovani per facilitare l’accesso a Internet dei giovani; • Anche la peer education tra pari è uno dei meccanismi che vengono usati per coinvolgere i giovani nella diffusione delle informazioni. Però in Germania non ha ancora raggiunto le dimensioni che ha in Gran Bretagna o negli USA. Tra gli esempi di progetti di peer education figurano il progetto Europeers (www.europeers.de) e la diffusione delle informazioni sull’Europa e la possibilità di essere attivi in Europa – peer to peer – durante la settimana di azione giovanile, nel dicembre del 2005. Nel 2005 il Portale giovanile dell’iniziativa federale, “I Giovani e la Rete” (Jugend ans Netz), ha intensificato i suoi sforzi per raggiungere la partecipazione attiva dei giovani nella creazione di informazioni sul portale. Come piattaforma federale online Netzcheckers interlinks offre consulenza, informazione e divertimento nei campi dell’istruzio-


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ne e dell’apprendimento. I giovani possono partecipare, e sono invitati a farlo, alla creazione di un sito web e possono essere coinvolti attivamente nelle community online. Canali di informazione per attività di volontariato dei giovani (organizzazioni, link, persone di contatto, ecc.) • BMFSFJ: www.bmfsfj.de (informazioni sui programmi sul servizio civile). • Servizio allo Scambio giovanile internazionale e ai visitatori della Repubblica Federale di Germania (IJAB, e. V.): info@ijab.de, www.ijab.de, www.rausvonzuhaus.de (informazioni su attività di volontariato all’estero). • Eurodesk: eurodeskde@eurodesk.org, www.eurodesk.de (informazioni su attività di volontariato all’estero). • Bundesnetzwerk Bürgerschaftliches Engagement – Bundesgeschäftsstelle: info@b-b-e.de, www.b-b-e.de (consigli pratici per la promozione dell’impegno civico e volontariato; sostegno delle buone pratiche; scambio di esperienze). • Bundesarbeitsgemeinschaft der Freiwilligenagenturen e.V. bagfa: bagfa@ bagfa.de, www.bagfa.de (progetti e attività per promuovere l’accettazione sociale del lavoro volontario, soprattutto per persuadere i giovani e le imprese a impegnarsi volontariamente). Informazioni su e offerte di servizi volontari all’estero • Aktionsgemeinschaft Dienst für den Frieden e.V., www.friedensdienst.de. • Arbeitsgemeinschaft der Evangelischen Jugend e.V., www.evangelische-jugend.de. • Arbeitskreis Internationaler Gemeinschaftsdienste e.V., www.aig-ev.de.. • Bundesarbeitsgemeinschaft Internationale Soziale Dienste e.V., Phone: + 49 221 20701-0. • Bund Ostdeutscher Gemeinschaftsdienste e.V., www.vjf.de. • Internationale Jugendgemeinschaftsdienste e.V., www.ijgd.de. • Bundesarbeitskreis Freiwilliges Soziales Jahr, www.pro-fsj.de. 6.6.4 Applicazione delle direttive del Libro Bianco in Germania: le attività di volontariato

Alcuni dati sullo stato attuale delle attività di volontariato in Germania Secondo il “2. Freiwilligensurvey” (2004) il 35% dei giovani dai 14 ai 25 anni si impegnano in attività di volontariato.8 Anche Il 14° Studio Shell (Indagine sui Giovani) del 2002 ha scoperto che il 35% dei giovani tedeschi dai 12 ai 25 anni sono impegnati in modo regolare in questo tipo di attività.9 8

Fonte: BMFSFJ/tns infratest (ed.). 2. Freiwilligensurvey 2004 – Ehrenamt, Freiwilligenarbeit, Bürgerschaftliches Engagement. Kurzzusammenfassung. 2005. www.bmfsfj.de/RedaktionBMFSFJ/ Arbeitsgruppen/Pdf-Anlagen/2.freiwilligensurvey-kurzzusammenfassung.pdf 9 Fonte: Jugend 2002 – Zwischen pragmatischem Idealismus und robustem Materialismus. 14. Shell-

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Dati ulteriori si riferiscono al numero di giovani che si impegnano nel servizio civile volontario nazionale (dove esiste) per anno: • Totale 18.400 persone10 • Totale femmine 13.800 persone11 • Totale maschi 4.600 persone Nel 2006 il governo ha sostenuto 19.100 posti per giovani nel campo del servizio civile. Circa 15.600 giovani donne e uomini hanno preso parte al programma “Anno volontario del servizio sociale (FSJ)” e “Anno volontario del servizio ecologico (FÖJ)”. Questo ha avuto luogo in aree del servizio sociale ed ecologico, nei club sportivi, nelle arene culturali o nel campo della conservazione dei monumenti storici. Inoltre, circa 3.500 giovani uomini, riconosciuti come obiettori di coscienza, hanno deciso di eseguire un servizio civico invece del servizio civile.12 Il numero totale di giovani che fanno il servizio civico all’estero è di circa 1.600 comprese le persone che eseguono un servizio civico all’estero invece del servizio civile (2003).13 Il ventaglio delle attività di volontariato: • Attività nella comunità • Partecipazione/auto-gestione • Risposte di emergenza • Attività di mantenimento della pace nella comunità • Assistenza sociale • Assistenza personale • Bambini e giovani • Ambiente • Diritti umani, patrocinio e politica • Giustizia economica • Aiuto allo sviluppo • Aiuto umanitario • Volontariato religioso • Istruzione Jugendstudie, www.shell-jugendstudie.de 10 Fonte: BMFSFJ (Hrsg.). Perspektiven für Freiwilligendienste und Zivildienst in Deutschland. Bericht der Kommission Impulse für die Zivilgesellschaft. Berlin, 2004 11 Fonte: Rauschenbach, Thomas. Freiwilligendienste – von einem generationsspezifischen zu einem generationsübergreifenden Angebot. Impulsreferat auf der Fachtagung „40 Jahre FSJ/10 Jahre FÖJ“, 02.07.04 in Berlin, organised by the BMFSFJ; www.bmfsfj.de/doku/jubilaeum-fsj-foej/impulsreferate/ referat4.htm 12 Fonte: BMFSFJ; www.bmfsfj.de 13 Fonte: Arbeitskreis “Lernen und Helfen in Übersee” e.V. (ed.) “Teilnehmer/innen an internationalen Freiwilligendiensten, entsandte Fachkräfte und Entwicklungshelfer/innen im Jahre 2003”. Bonn 2004: www.entwicklungsdienst.de


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• Arte/Cultura • Sport • Svago Il “1. Freiwilligensurvey” espone altre Attività di volontariato, che sono comunque comprese per la maggior parte nelle succitate attività:14 • salute pubblica • scuola, asilo infantile • istruzione non formale/istruzione degli adulti • protezione degli animali • rappresentazione di interessi professionali L’importo totale dei mezzi finanziari disponibili per attività di volontariato ha raggiunto attualmente i 16 milioni di Euro. Questo importo è speso esclusivamente per il finanziamento dell’Anno volontario del servizio sociale (FSJ; 12.429.000 euro) e del Servizio ecologico (FÖJ; 3.796.000 euro). I servizi volontari sono spesso finanziati da lavoratori volontari e dai loro genitori, da organizzazioni e associazioni private, da chiese (per i servizi volontari all’estero), dagli introiti delle lotterie, e (sempre più) da fondazioni come soci co-finanziatori. Il finanziamento di servizi di interesse civico come gli anni volontari del servizio sociale/del servizio ecologico (FSJ/FÖJ) è solitamente assicurato dalle organizzazioni ospitanti e dagli stati federali (per circa 90% del totale), ma anche da fondi di parti terze e da fondi federali (Piano per bambini e giovani della federazione, servizio civile). Nel 2005 è stato creato un nuovo programma federale “Generationsübergreifende Freiwilligendienste” (servizi volontari che comprendono tutti i gruppi di età), sostenuto con 10 milioni di euro per il 2005. Altri servizi di interesse civico non sono coperti finanziariamente dalla Federazione ma dai Dipartimenti responsabili e dagli organismi di previdenza sociale15. 14

Fonte: Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend (ed.). Freiwilliges Engagement in Deutschland – Freiwilligensurvey 1999. Ergebnisse der Repräsentativerhebung 1999 zu Ehrenamt, Freiwilligenarbeit und bürgerschaftlichem Engagement. Band 1 (Bernhart von Rosenbladt): Freiwilliges Engagement in Deutschland. Gesamtbericht, Band 2 (Joachim Braun, Helmut Klages): Zugangswege zum freiwilligen Engagement und Engagementpotenzial in den neuen und alten Bundesländern, Band 3 (Sibylle Picot): Frauen und Männer, Jugend, Senioren und Sport, Kohlhammer, Stuttgart, Berlin, Köln 2000. Short version: www.kiju-web.de/pdf/kurzform.pdf 15 Fonti: BMFSFJ (ed.). Perspektiven für Freiwilligendienste und Zivildienst in Deutschland. Bericht der Kommission Impulse für die Zivilgesellschaft. Berlin, 2004); Deutscher Bundestag (ed.). Bericht der Enquete-Kommission “Zukunft des Bürgerschaftlichen Engagements”.Bürgerschaftliches Engagement: auf dem Weg in eine zukunftsfähige Bürgergesellschaft. Bundestagsdrucksache 14/8900, 3.6.2002; http://dip.bundestag.de/btd/14/089/1408900.pdf); BMFSFJ (ed.).; BMFSFJ: www.bmfsfj. de/Politikbereiche/Freiwilliges-Engagement/impulse-fuer-die-zivilgesellschaft.html), RuhenstrothBauer, Peter, Politische Perspektive. Impulsreferat auf der Fachtagung “40 Jahre FSJ/10 Jahre FÖJ”, 2.7.04 in Berlin, organised by the BMFSFJ; www.bmfsfj.de/doku/jubilaeum-fsj-foej/impulsreferate/ referat1.htm

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Le principali fonti pubbliche e private che finanziano le attività di volontariato Fonti pubbliche: • BMFSFJ • Stati federali (e distribuite dai Ministeri federali). Fonti private: • Fondi privati (esempi): • Bertelsmann Stiftung (www.bertelsmann-stiftung.de) • Deutsche Kinder- und Jugendstiftung (www.dkjs.de) • Heinz Nixdorf Stiftung, Arbeitsstelle “Bürgerschaftliche Initiative – freiwilliges • Engagement – Ehrenamt” (www.heinz-nixdorf-stiftung.de) • Körber-Stiftung (www.stiftung.koerber.de) • Robert-Bosch-Stiftung (www.bosch-stiftung.de) • Stiftung Bürger für Bürger (www.buerger-fuer-buerger.de) • Stiftung Deutsche Jugendmarke (www.jugendmarke.de) • Stiftung Mitarbeit (www.mitarbeit.de) Imprese (esempi):16 • Progetti di patriocinio gratuito: www.mckinsey.de/profil/firm/ unternehmerischeverantwortung.htm • Gara nazionale “startsocial”: www.startsocial.de Attori principali delle attività di volontariato I Ministeri e gli altri attori governativi: • BMFSFJ: fornisce fondi per l’anno volontario del servizio sociale e l’anno volontario per il servizio ecologico.17 • Ufficio federale per il servizio civile alternativo obbligatorio (Bundesamt für den Zivildienst) Attori non governativi: a. Organizzazioni “ombrello”: • Deutsches Rotes Kreuz (Croce Rossa Tedesca): www.drk.de • Arbeiterwohlfahrt (Associazione federale per il benessere degli uomini lavoratori): www.awo.org • Internationaler Bund (Federazione internazionale): www.internationalerbund.de • Der Paritätische Wohlfahrtsverband (Associazione per il benessere equamente rappresentato): www.paritaet.org 16

Fonte: Deutscher Bundestag (Hrsg.). Bericht der Enquete-Kommission “Zukunft des Bürgerschaftlichen Engagements”.Bürgerschaftliches Engagement: auf dem Weg in eine zukunftsfähige Bürgergesellschaft. Bundestagsdrucksache 14/8900, 3/6/2002. http://dip.bundestag.de/btd/14/089/1408900.pdf 17 Informazioni e download della brochure (disponibile anche in inglese): www.bmfsfj.de/bmfsfj/ static/broschueren/fsj/index.htm


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• Jugendaufbauwerk Berlin (Agenzia di promozione della gioventù di Berlino): www.jawberlin.de • Organizzazione della gioventù delle chiese cattoliche e protestanti: www.dasparlament.de/2005/44/Thema/017.html b. Anno volontario ecologico: • Unione tedesca delle associazioni che offrono un anno ecologico volontario (Bundesarbeitskreis FÖJ (www.foej.de). c. Anno volontario sociale nel campo della cultura: • Unione tedesca delle associazioni federali per l’istruzione culturale dei giovani (Bundesvereinigung Kulturelle Jugendbildung, BKJ, fsjkultur.bkj.de). d. Anno volontario sociale nel campo dello sport: • Gioventù tedesca sportiva (Deutsche Sportjugend, DSJ) e. Anno volontario sociale nel campo della conservazione dei monumenti storici:18 • Servizi alla comunità giovanile internazionale (IJGD) f. Reti: • Bundesarbeitsgemeinschaft der Freiwilligenagenturen e V. (bagfa -www.bagfa.de) • Bundesnetzwerk Bürgerschaftliches Engagement - Bundesgeschäftsstelle (BBE - www.b-b-e.de). • Verbund der Freiwilligen-Zentren im Deutschen Caritasverband (www.caritas.de/14765.html). Legislazione per le attività di volontariato in generale e per i giovani in particolare • Attività di volontariato e servizio volontario In questo momento non esiste uno specifico profilo giuridico per i volontari. Costoro devono attenersi alle regole di carattere generale, che possono servire a proteggerli dai rischi specifici insiti nelle loro attività; a compensare gli svantaggi [finanziari] derivanti dal volontariato; a promuovere il volontariato attraverso le possibilità di qualificazione o di offerte di consulenza; a creare incentivi individuali per i volontari, per facilitare le attiviità di volontariato. • Servizio Civico Sebbene il rapporto tra i volontari del servizio civico e le organizzazioni ospitanti e/o le sedi incaricate non sia considerato come un impiego, è trattato in modo equivalente per quanto riguarda le forme di protezione previste dalla legge pubblica. Si applicano le relative regolamentazioni della protezione del lavoratore, quali la legge sul lavoratore, il decreto sul posto di lavoro, la legge per la protezione del lavoro giovanile e la legge per la protezione della maternità. I partecipanti agli FSJ/FÖJ saranno coperti dalla previdenza sociale e godranno di contributi previdenziali, di assicurazione contro gli infortuni, di assistenza sanitaria e di sussidi di disoccupazione. • Servizio Civile19 18

Ulteriori informazioni su come impegnarsi in un servizio volontario in Germania: www.pro-fsj.de Fonti: Igl, Gerhard, Jachmann, Monika, Eichenhofer, Eberhard. Ehrenamt und bürgerschaftliches Engagement im Recht – ein Ratgeber, Lesek + Budrich, Opladen 2002; (fonte: Ministero Federale

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Per il Servizio civile è in atto la “Legge sul servizio civile alternativo per gli obiettori di coscienza”. Secondo questa legge, i giovani che fanno il servizio alternativo non avranno nessuno svantaggio nel campo dei diritti sociali o della previdenza sociale. Possono quindi ricevere i contributi previdenziali e altre sovvenzioni (www.zivildienst.de). Situazione legale dei giovani disoccupati che partecipano ad attività di volontariato I disoccupati possono partecipare alle attività di volontariato per un massimo di 15 ore la settimana senza avere svantaggi rispetto ai loro benefici legati al reddito. Questo è regolamentato dalla legge “JobAQTIV”. Protezione sociale dei volontari • Attività di volontariato La maggior parte delle persone impegnate in attività di volontariato ha un’assicurazione contro gli infortuni, che è pagata dall’organizzazione in cui è attivo il volontario. Ogni volontario può proteggersi con un’assicurazione di responsabilità personale, ma non tutte le attività di volontariato sono comprese in queste assicurazioni private. In questo caso l’organizzazione in cui lavorano è responsabile per l’assicurazione. • Servizio Volontario I volontari che eseguono un servizio volontario devono preoccuparsi da soli della propria assicurazione. Spesso l’organizzazione che offre i posti aiuta anche a stipulare le assicurazioni necessarie. • Servizi Volontari all’estero Per coloro i quali svolgono un servizio volontario all’estero, sono necessarie assicurazioni aggiuntive e misure per il benessere sociale a seconda delle condizioni del Paese ospitante. Le domande al riguardo trovano risposta nel fid Services- und Beratungsstelle del AGEH (www.ageh.de/fid/grundl_recht.htm) • Servizio Civico Nel corso del servizio civico (Anno volontario di servizio sociale – FSJ: Anno volontario di servizio ecologico - FÖJ) generalmente i partecipanti sono assicurati come membri indipendenti nel piano assicurativo del Governo. Per i partecipanti che eseguono il FSJ o il FÖJ all’estero, le organizzazioni che li mandano all’estero sono obbligate a occuparsi della copertura assicurativa essenziale nel Paese straniero. Ai volontari all’estero continua ad essere corrisposta la detrazione per i figli a carico. • Servizio Civile Per il servizio civile è valida la “Gesetz über den Zivildienst der Kriegsdienstverweigerer (ZDG)” (www.zivildienst.org/a/a1.htm). Secondo questa legge, i giovani che fanno il servizio alternativo non avranno nessuno svantaggio nel per la Famiglia, gli Anziani, le Donne e i Giovani (ed.). Per Me e per gli Altri. Anno Volontario di Servizio Sociale/Anno Volontario di Servizio Ecologico. Marzo 2003.


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campo dei diritti sociali o della previdenza sociale. Quindi, possono ricevere sovvenzioni per la previdenza sociale e altri benefici. Programmi di attività di volontariato L’Anno volontario di servizio sociale (FSJ) e l’Anno volontario di servizio ecologico (FÖJ) offrono a chiunque abbia finito il proprio periodo obbligatorio di scuola a tempo pieno, abbia meno di 27 anni e abbia voglia di fare il volontario per un periodo da 12 a 18 mesi la possibilità di fare domanda per fare un anno di volontariato in Germania o all’estero. FSJ e FÖJ sono sostenuti dalla legge e dal Governo federale (brochure disponibile anche in inglese): www.bmfsfj.de/bmfsfj/static/broschueren/fsj/index.htm). Nella primavera del 2005 il Governo ha dato inizio al nuovo programma “Generationsübergreifende Freiwilligendienste” (Servizi volontari che comprendono tutti i gruppi di età): www.bmfsfj.de. Le attività di volontariato hanno luogo soprattutto a livello locale. Vi è una grande varietà di offerte innovative per attivarsi nel volontariato e vi è una vasta gamma di organizzazioni locali il cui obiettivo è promuovere attività di volontariato. Ulteriori informazioni sulle attività locali sono disponibili sui siti web degli stati federali (si vedano le informazioni sui programmi regionali) o delle comunità in questione (www.nomedellacittà.de). Valutazione della legge sull’anno di volontariato sociale e della legge sull’anno di volontariato ecologico La valutazione delle attività di volontariato dei giovani e dei programmi corrispondenti ha avuto inizio a metà degli anni ‘90. Il primo studio sulle attività di volontariato in Germania (1. Freiwilligensurvey, 1999) stima che il 34% delle persone intervistate fossero coinvolte in attività di volontariato, mentre il secondo studio (2004) ipotizza una quota del 36%. Nel gruppo d’età 14-25 la percentuale è scesa dal 36% nel 1999 al 35% nel 2004.20 Il numero di partecipanti dei programmi del servizio civico (anno volontario di servizio sociale – FSJ: anno volontario di servizio ecologico - FÖJ) è aumentato costantemente dalla metà degli anni ‘90. A partire dalle modifiche alla “Legge sul servizio civile alternativo degli obiettori di coscienza” che permette ai giovani di partecipare al servizio civico invece di fare il servizio civile, la percentuale dei giovani è salita fino ad oltre un quarto di tutti i partecipanti nel 2004.21 La valutazione dei programmi di lavoro volontario è una questione collegata anche al tema degli standard di qualità. In Germania finora non vi sono standard di qualità generali e vincolanti per le attività di volontariato. Si continua tuttavia a 20

Fonte BMFSFJ/tns infratest (ed.). 2. Freiwilligensurvey 2004 – Ehrenamt Freiwilligenarbeit, Bürgerschaftliches Engagement. Kurzzusammenfassung, 2005: www.bmfsfj.de/RedaktionBMFSFJ/ Arbeitsgruppen/Pdf-Anlagen/2.freiwilligensurvey-kurzzusammenfassung.pdf 21 Fonte Rauschenbach, Thomas. Freiwilligendienste – von einem generationsspezifischen zu einem generationsübergreifenden Angebot. Impulsreferat auf der Fachtagung „40 Jahre FSJ/10 Jahre FÖJ“ am 02.07.04 in Berlin, veranstaltet vom BMFSFJ; www.bmfsfj.de/doku/jubilaeum-fsj-foej/impulsreferate/ referat4.htm

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discutere, da ormai un decennio, sull’opportunità di introdurre degli standard di qualità. Maggiori informazioni sui termini della discussione, e sui soggetti coinvolti, sono reperibili nel sito web della rete BBE. La rete organizzativa delle agenzie volontarie, Bagfa, ha sviluppato standard di qualità per il lavoro di queste agenzie, usando ad esempio i risultati del progetto “Qualität in Freiwilligendiensten – Quifd” (www.quifd.de). Formazione e valutazione In conformità con le istruzioni del Libro Bianco sono state intraprese diverse attività che mirano a migliorare la qualità delle attività di volontariato per i giovani. Sono state sviluppate soprattutto misure di valutazione per i giovani o per coloro che coordinano le attività di volontariato giovanile. Le misure di formazione e valutazione sono proprie di ogni progetto. L’Accademia per il volontariato è un’istituzione di formazione specifica per il volontariato, l’impegno dei cittadini e le cariche onorarie. Offre programmi di istruzione avanzati per personale onorario e professionista e volontari del terzo settore in tutta la Germania. L’accademia è un progetto del fondo per la gioventù e il lavoro sociale (Fjs, Förderverein für Jugend und Sozialarbeit e.V.), che si trova a Berlino. Il Fjs è un’organizzazione non-profit di secondo livello, che ne comprende molte altre attive nei progetti riguardanti bambini, giovani e lavoro sociale e anche su applicazioni multimediali per istruzione e lavoro sociale. Facilitare l’impegno volontario dei giovani I giovani sono incoraggiati a svolgere attività di volontariato attraverso varie campagne di informazione e, recentemente, in alcuni Stati federali attraverso l’inserimento di attività di volontariato nei curricula scolastici. Si possono citare i seguenti esempi: • Con lo slogan “Engagement macht stark” (“Essere attivo ti rende forte”) la rete federale Bürgerschaftliches Engagement (bbe) ha iniziato una campagna per promuovere e aumentare le attività di volontariato in Germania. Alcuni dei punti principali sono: le giornate e le settimane d’azione, le pubblicità con i poster, le campagne attraverso le cartoline.22 • In molte comunità si festeggia il “giorno del volontario”. In questa giornata si festeggiano le persone che sono particolarmente impegnate. • L’iniziativa “Für mich, für uns, für alle” (per me, per noi, per tutti) mira alla promozione di attività di volontariato in Germania e vuole ringraziare tutti i volontari di cui nessuno conosce il nome. I volontari otterranno sostegno, le persone interessate verranno coinvolte per attività di volontariato e si migliorerà l’area delle relative attività di volontariato. L’iniziativa ricompensa i cittadini che hanno mostrato un impegno straordinario nel campo del lavoro volontario (www.buerger-engagement.de/1_initiative/index.php). 22

Ulteriori informazioni: www.engagement-macht-stark.de


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• Soprattutto, per coinvolgere i giovani nel volontariato, il Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani e il Consiglio federale tedesco della gioventù annunciano ogni due anni il Heinz|Westphal|Preis, ricompensato con 15.000 Euro (http://heinz-westphal-preis.de). • Il Progetto “EmS – Engagement macht Schule” in Sassonia-Anhalt, ad esempio, sostiene e accompagna le scuole che desiderano introdurre il concetto di “apprendimento del servizio”. L’apprendimento del servizio combina l’insegnamento della conoscenza nella scuola con la soluzione di compiti concreti nella comunità. Il progetto è parte del programma federale “Lebenswelt – Jugend leistet sich Gesellschaft” del DKJS e del Jacobs Stiftung (www. projektems.de). In conformità con le raccomandazioni del Libro Bianco, si sono intraprese diverse misure per eliminare gli ostacoli al volontariato dei giovani. Così, ad esempio, nel 2005 hanno avuto luogo molte campagne che miravano al riconoscimento delle attività di volontariato e dell’impegno onorario. Sono state accompagnate dalla campagna con poster “Engagement macht stark” che stimolava i cittadini tedeschi ad impagnarsi in attività di volontariato (www.engagement-macht-stark.de). Per trasporre in azione le raccomandazioni del comitato “Impulse für die Zivilgesellschaft – Perspektiven für Freiwilligendienste und Zivildienst in Deutschland” nel 2005 si è iniziato il nuovo programma “Generationsübergreifende Freiwilligendienste” (Servizi volontari che coprono tutti i gruppi d’età) (periodo: 3 anni). Persone di ogni età hanno la possibilità di partecipare ad un servizio volontario. Ciononostante, una serie di ostacoli frena ancora la partecipazione dei giovani nelle attività di volontariato. Soprattutto per quanto riguarda il Servizio Volontario si può affermare che non ci sono posti a sufficienza. Ogni anno il numero di domande è molto superiore al numero di posti. In media, c’è circa il doppio di persone interessate rispetto ai posti nel programma. Reti che promuovono la cooperazione, lo scambio di volontari, la cooperazione transnazionale e internazionale • Il Servizio allo scambio giovanile internazionale e ai visitatori della Repubblica Federale di Germania (IJAB) e. V. (www.ijab.de, www.rausvonzuhaus. de). Si tratta di una agenzia centrale specializzata in politiche giovanili internazionale, lavoro giovanile e informazione giovanile; promuove il lavoro giovanile internazionale e la cooperazione. • Eurodesk (www.eurodesk.de). Rete europea di servizi di informazione che fornisce l’accesso alle informazioni europee ai giovani e a coloro che lavorano con essi.

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• Bundesarbeitsgemeinschaft der Freiwilligenagenturen e.V. (bagfa - www. bagfa.de). Organizzazione di una rete di agenzie volontarie locali e regionali, mira alla promozione dell’accettazione sociale del volontariato. • Bundesnetzwerk Bürgerschaftliches Engagement (BBE - www.b-b-e.de). Rete a livello nazionale che collega organizzazioni della società civile con corporazioni e fondazioni e anche organi governativi. • Bundesarbeitskreis Freiwilliges Soziales Jahr der bundeszentralen Trägerverbände und Zentralstellen (www.pro-fsj.de). Collega gli organi governativi centrali e i promotori dell’Anno volontario di servizio sociale; si occupa del coordinamento e dello sviluppo dell’Anno Volontario di Servizio Sociale. • Arbeitskreis “Lernen und Helfen in Übersee” e.V. (AK LHÜ), (www.entwicklungsdienst.de, www.oneworld-jobs.org). Orienta le persone interessate a lavorare all’estero in ambito sociale; organizza l’inserimento professionale di specialisti e la partecipazione a breve o lungo termine di giovani e adulti in servizi volontari e di mediazione dei conflitti. • Aktionsgemeinschaft Dienst für den Frieden e.V. (AGDF) (www.friedensdienst.de). Promuove e applica misure che sostengono la causa della pace coordinando le organizzazioni di servizio sociale a lungo e breve termine, acquisendo riconoscimento e fondi per servizi volontari nel lavoro giovanile internazionale. Ulteriori possibilità per lo scambio per giovani volontari (transnazionale, nazionale, regionale, tra comunità) • Servizi volontari internazionali: ulteriori informazioni da Arbeitskreis “Lernen und Helfen in Übersee” e.V. (www.entwicklungsdienst.de). • Servizio volontario europeo (EVS): ulteriori informazioni dall’Agenzia nazionale del programma d’azione dell’UE YOUTH: www.go4europe.de • Anno volontario di servizio sociale/Anno volontario di servizio ecologico in Germania o all’estero.23 • Servizio volontario a livello regionale e locale attraverso progetti modello federali “Generationsübergreifende Freiwilligendienste” (Servizi volontari che coinvolgono tutti i gruppi d’età).24 Progetti di volontariato collettivo Quelli che seguono sono progetti di volontariato collettivo selezionati, in cui vi sono molti volontari che contribuiscono ad avvenimenti culturali o sportivi o collaborano in situazioni di disastro umanitario o naturale: • La Giornata mondiale della gioventù a Cologna (Weltjugendtag Köln 2005), dal 16 al 21 agosto 2005, sono stati coinvolti attivamente 23.000 volontari a breve termine (18.000 dalla Germania) e 138 volontari a lungo termine (www.wjt2005.de). 23 24

Ulteriori informazioni su www.bmfsfj.de/Politikbereiche/Freiwilliges-Engagement/fsj-foej.html Ulteriori informazioni su www.fsj-web.org/deutsch/pdf/Kurzbeschreibung%20Projekt.pdf


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• Il 96° Giorno della Chiesa cattolica tedesca (Deutscher Katholikentag) 2006 ha avuto luogo a Saarbrücken, dal 24 al 28 maggio. Sono stati necessari circa 1.400 volontari. Sono stati coinvolti anche volontari da paesi stranieri con una buona conoscenza del tedesco. I volontari hanno ricevuto sistemazione e vitto gratuiti e un rimborso delle spese di viaggio (in Germania). L’età minima era di 18 anni o 16 se la persona faceva parte di un gruppo con un capogruppo di oltre 18 anni e aveva il permesso dei genitori (www.katholikentag.de) • Per la Coppa del mondo di calcio 2006 sono stati necessari in tutto 15.000 volontari. La formazione dei volontari è iniziata nell’aprile del 2006. Erano necessari i seguenti requisiti: età minima di 18 anni compiuti entro il 1 giugno 2006, buona conoscenza del tedesco, per la maggior parte dei lavori conoscenza di base dell’inglese, disponibilità minima a lavorare tutti i giorni delle partite. L’esperienza nel mondo dello sport e/o del volontariato, rappresentava un fattore preferenziale. Assieme a questi requisiti, il fattore decisivo erano il desiderio e la passione di vivere in prima persona i Mondiali. Le domande per il programma dei volontari sono state accettate esclusivamente via internet da gennaio a febbraio 2006. Ogni volontario ha ricevuto in omaggio un’uniforme della Adidas. Il Centro volontari era aperto per relax e ristoro durante le pause e il Comitato organizzativo della Coppa del mondo ha coperto i costi dei trasporti pubblici da e verso il posto di lavoro. Dopo il torneo, gli sforzi compiuti dai volontari sono stati riconosciuti con un diploma (http://fifaworldcup.yahoo.com/06/en/o/volunteers/index.html). • Il 31° Giorno della Chiesa protestante tedesca (Deutscher Evangelischer Kirchentag) ha avuto luogo dal 6 al 10 giugno 2007 a Colonia (http://www.kirchentag.de). Servizio volontario di solidarietà internazionale • Servizio volontario Circa il numero di giovani impegnati volontariamente nel campo della solidarietà internazionale non esistono dati molto precisi. La Arbeitskreis “Lernen und Helfen in Übersee” e.V. (AK LHÜ) (un accorpamento di organizzazioni che reclutano volontari) ha calcolato il numero di partecipanti ai servizi volontari internazionali nel 2003. Vi è un grosso punto di domanda, tuttavia, riguardo al numero di persone che organizzano servizi volontari in maniera indipendente (www.oneworld-jobs.org). • Servizio Civico I servizi civici (FSJ/FÖJ) possono essere eseguiti all’estero, se l’organizzazione ospitante ha uffici sul territorio tedesco. • Servizio Civile Gli obiettori di coscienza riconosciuti possono eseguire il servizio civile all’estero. Possono anche fare un cosidetto “Altro servizio all’estero” (Anderer Dienst im Ausland) nel settore della solidarietà internazionale o della cooperazione allo sviluppo per almeno due anni.

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• Le ONG e/o le piattaforme di ONG attive nel settore della solidarietà internazionale nei paesi non UE La AK LHÜ è la rete di organizzazioni coinvolte nel reclutamento per lo sviluppo della cooperazione, dei servizi volontari alla comunità e di attività non-formali educative e giovanili. Dà consigli sull’introduzione dei giovani e degli adulti in comunità giovanili e sulle attività per la promozione della pace (Arbeitskreis “Lernen und Helfen in Übersee” e.V.). La AGDF (Aktionsgemeinschaft Dienst für den Frieden e.V.) è un’organizzazione che raggruppa organizzazioni e istituzioni per la pace e il lavoro volontario ad orientamento ecumenico. Le sue attività comprendono la pianificazione, la promozione e la messa in atto di misure che sostengono la causa della pace coordinando organizzazioni di servizi volontari a lungo e breve termine il cui scopo è la promozione della pace. Lotta per acquisire riconoscimento e fondi per i servizi volontari nel lavoro giovanile internazionale. 6.6.5 L’applicazione delle raccomandazioni del Libro Bianco in Germania: verso una migliore conoscenza e comprensione dei giovani

Molto prima che apparisse il Libro Bianco dell’Unione europea, nel 2001, si era stabilito uno scenario molto differenziato di ricerca sui giovani e le politiche giovanili. Le istituzioni e le organizzazioni di ricerca e valutazione esistenti – sia accademiche, come gli istituti universitari più orientati alla ricerca di base, sia istituti extra-universitari che combinano la ricerca di base con quella applicata o che si concentrano principalmente sulla ricerca applicata, avevano già realizzato progetti di valutazione e sviluppo. L’istituto più grande e più importante per la ricerca sui giovani e sulle politiche giovanili in Germania è l’Istituto Tedesco per la Gioventù (Deutsches Jugendinstitut), finanziato principalmente dal BMFSFJ e dal Ministero federale per l’istruzione e la scienza (BMBF). Va peraltro ricordato che la Germania non ha un unico organismo governativo responsabile per la raccolta di informazioni sui giovani. Le questioni che riguardano i giovani sono gestite da molte fonti diverse nei 16 stati della Federazione. Strutture e attori che portano a una maggiore comprensione e conoscenza dei giovani e delle politiche giovanili Dipartimenti universitari /istituti (esempi principali): • Libera Università di Berlino, Scienze empiriche educative. Ricerca: Ragazzi e utilizzo di internet, ruolo del genere nell’adolescenza, sviluppo di programmi scolastici, traiettorie di crescita e di sviluppo dei giovani. • Università di Bielefeld, Istituto per la ricerca interdisciplinare sui conflitti e la violenza (IKG). Ricerca: integrazione, interazione, sviluppo dei pregiudizi e propensione alla violenza nei giovani; valutazione di iniziative sull’integrazione dei ragazzi a rischio di espulsione dalla scuola; prevenzione della violenza con l’utilizzo di risorse tra pari; riconoscimento sociale dei proble-


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mi della violenza giovanile; esame comparativo di ambienti sociali ad alta eterogeneità etnica. Università di Dortmund: gruppo di ricerca. Università di Mannheim, Psicologia pedagogica II. Ricerca: valori e motivazioni tra gli alunni tedeschi; l’amicizia nelle reti interetniche; norme di sviluppo nell’adolescenza; scelta delle scuole e qualità scolastica nei sistemi locali. Università di Monaco, Teologia pratica II. Ricerca: giovani e religione. Università internazionale di Brema, Scuola di scienze umanistiche e sociali. Ricerca: Delinquenza, politiche giovanili, uso dei media da parte degli adolescenti, cambiamento dei valori e trasmissione dei valori. Università di Regensburg, Filosofia II, Psicologia, pedagogia e scienze sportive. Ricerca: utilizzo dei media da parte di bambini e giovani, comportamenti dei minori e dei giovani, sul piano morale. Università tecnica di Chemnitz-Zwickau, Sociologia generale I e II, Ricerca sociale empirica. Ricerca: valori dei bambini, relazioni intime e dinamiche familiari (gruppi di età: 15-17, 25-27, 35-37), sociologia educativa, sociologia familiare. Università di scienze applicate (Fachhochschule) Koblenz.

Organismi pubblici e semi-pubblici nazionali, non universitari, che trattano questioni giovanili: • Istituto tedesco per la gioventù (DJI, www.dji.de). Aree di ricerca: condizioni di vita dei giovani, orientamento dei valori e atteggiamenti dei giovani in Germania (“Jugendsurvey”); estremismo di destra e xenofobia, prevenzione di delinquenza infantile e giovanile, leggi sui servizi giovanili e l’immigrazione, ricerca di accompagnamento dei programmi Entimon (contro la violenza e l’estremismo di destra); processo di transizione dalla scuola al lavoro (“Übergangspanel”) e E&C (sviluppo e opportunità per i giovani in aree socialmente svantaggiate, seconda fase), strategie e concetti di valutazione esterna nei servizi a bambini e giovani; processi di apprendimento informale nell’adolescenza; approfondimento del ruolo del genere nei servizi ai giovani e all’infanzia. • Istituto di ricerca sul mercato del lavoro dell’Agenzia federale del lavoro (IAB) (Institut für Arbeitsmarktforschung der Bundesagentur für Arbeit). Aree di ricerca: nel contesto della ricerca generale sul mercato del lavoro, si stanno sviluppando anche progetti specializzati sulla transizione giovanile al lavoro. • Gruppo di ricerca gioventù e Europa c/o C.A.P. (www.fgje.de). Aree di ricerca: lavoro e istruzione giovanili, ricerca sull’occupazione, capacità interculturali e istruzione alla democrazia, promozione della partecipazione dei giovani in Europa. • Istituto per la pedagogia dei media nella ricerca e in pratica (www.jff.de). Aree di ricerca: aree problematiche nel campo dei media e contenuti contro-

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versi (es. violenza) e loro importanza per bambini e giovani; analisi, in una specifica ottica di genere, dei media e dei loro contenuti; analisi dell’offerta dei media e del loro significato per gli adolescenti; importanza della protezione dei giovani dai media per l’istruzione e l’educazione. Istituto tedesco per la ricerca pedagogica internazionale (www.dipf.de). Aree di ricerca: diversi aspetti dell’istruzione formale (qualità dell’istruzione e relativa valutazione; guida e finanziamento del settore educativo; istruzione e cultura). Istituto regionale sulla ricerca sociale (www.sfs-dortmund.de). Aree di ricerca: occupazione e lavoro, i giovani come argomento intersettoriale, es. “Attuazione di nuovi strumenti politici per l’integrazione dei giovani nell’istruzione professionale e sul mercato del lavoro. Attuazione di ‘Hartz IV’ – dove stanno i giovani”. Gruppo di ricerca elezioni e. V. (www.forschungsgruppe.de): Aree di ricerca: tra le altre, orientamenti elettorali dei giovani. Centro per l’istruzione della comunità (ECCE). Ricerca sul lavoro giovanile internazionale.

Uffici statistici che raccolgono informazioni statistiche sui giovani: • Uffici statistici federali (Destatis, www.destatis.de): statistiche sulla popolazione che comprendono i giovani, nei gruppi di età 6-15, 15-25, 25-45; giovani immigrati gruppi di età 6-14, 14-15, 15-18, 18-21, 21-40; indagini regolari sulla popolazione, che includono la popolazione giovanile; indagini sull’occupazione e sulla disoccupazione giovanile. • Uffici regionali di statistica, indagini regolari sulla popolazione (compresa la popolazione giovanile) e sull’occupazione (compresa la disoccupazione giovanile). I gruppi di età variano a seconda del tipo di indagine considerata. Ulteriori informazioni: www.destatis.de/allg/d/link/link981.htm. • Istituto federale per la ricerca sulla popolazione (BiB), statistiche sulla popolazione, compresi gli atteggiamenti e le condizioni di vita dei giovani. • Ufficio per le statistiche sui servizi ai bambini e ai giovani dell’Università di Dortmund (akj, www.akj-stat.fb12.uni-dortmund.de). Rassegna sistematica delle statistiche sui servizi ai bambini e ai giovani. Aziende private che trattano questioni giovanili: • Servizio ai giovani della Shell Company tedesca, commissiona indagini e studi sui giovani a istituti di ricerca. Limita il suo ruolo all’attuazione di queste indagini sui giovani, alla fornitura dei finanziamenti necessari e alla divulgazione dei risultati. www.shell-jugendstudie.de (Indagine sui Giovani in Germania). • B.A.T. Istituto di ricerca sul tempo libero (British American Tobacco B.A.T. Freizeit-Forschungsinstitut GmbH, www.bat.de). Sostiene ricerche scientifiche sulle attività del tempo libero e sul turismo. Tra gli studi recenti: la mo-


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bilità in termini di qualità della vita (su persone dai 14 anni d’età), il tempo libero (su persone dai 14 anni). Bauer Media KG (www.bauermedia.com). Promuove ricerche di mercato sui giovani come gruppo target di consumatori (Bravo Faktor Jugend). Istituto per la ricerca sui giovani (IJF) del Roland Berger Group. Svolge ricerche di mercato e di opinione su bambini e giovani. Youngcom!, agenzia per la comunicazione giovanile integrata (www. youngcom.de). Fa ricerche su abitudini e atteggiamenti dei giovani. Iconkids & youth (www.iconkids.com). Si occupa di atteggiamenti, comportamenti e motivazioni dei giovani. ProKids-Institute, appartenente a PROSOZ Herten (www.prokids-institut. de). Fa ricerca applicata sull’infanzia, sul rapporto tra giovani e istruzione, su altre questioni di interesse locale e regionale. Tfactory (www.tfactory.com). Svolge ricerche di mercato sui giovani e sulle tendenze giovanili.

Nuove strutture e attori fondati negli ultimi anni La Rete per la ricerca e il lavoro dell’associazione giovanile interculturale (NiJaf) è stata fondata nel 2005. La nuova rete collega ONG di ricerca e giovanili e mira ad una più forte cooperazione tra la ricerca e i professionisti nel campo dell’apertura interculturale delle organizzazioni giovanili. L’intenzione della NiJaf è iniziare la ricerca sulle organizzazioni giovanili che sia attinente al lavoro pratico. Ulteriori informazioni: www.dbjr.de/index.php?m=2&id=218 Finanziamenti per eseguire attività mirate a una migliore conoscenza e comprensione dei giovani Fonti di finanziamento pubblico: • BMFSFJ, attraverso il Piano federale per bambini e giovani (si veda: www.bundesfinanzministerium.de/bundeshaushalt2005/pdf/epl17/s1702101.pdf). • Ministero federale per l’istruzione e la ricerca (BMBF, www.bmbf.de). • Fondazione di ricerca tedesca (DFG, www.dfg.de). • Fondi dagli Stati federali (Ministeri dei Länder per il lavoro e gli affari sociali/ giovani, genere e famiglie, ad esempio in Wesfalia del Nord, in Baviera, Baden Württenberg, ecc.). • Municipalità (piani regionali per bambini e giovani). • Fondazione tedesca per l’impronta giovanile (Stiftung Deutsche Jugendmarke e.V., www.jugendmarke.de), sostiene attività per il benessere dei giovani. Può operare in tutti i campi dei servizi ai giovani. • Risorse finanziarie proprie delle istituzioni di ricerca. Fonti di finanziamento privato: • Bertelsman Stiftung. • Stiftung Sozialpädagogisches Institut “Walter May” (www.stiftung-spi.de).

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• Fondazione Hertie (www.ghst.de), le cui aree di interesse comprendono l’integrazione europea e la democrazia dell’apprendimento. • Fondazione Volkswagen (www.volkswagen-stiftung.de). Appoggia le scienze umane e sociali e la scienza e la tecnologia nell’educazione superiore e la ricerca. Sostiene giovani ricercatori in ambito universitario, promuove lo scambio internazionale e migliora le condizioni strutturali per la ricerca e l’istruzione superiore. • Fondazione Aktion Mensch (www.aktion-mensch.de). • Fondazione Robert Bosch. • Finanziamenti forniti da aziende (Stifterverband für die Deutsche Wissenschaft) e chiese. Finanziamenti internazionali: Vi sono alcuni programmi che sono aperti ai ricercatori indipendentemente dall’area di ricerca, ad esempio: • Il programma di borse di studio per ricercatori tedeschi in Giappone (www. daad.de/ausland/de/3.4.2.38.html). • Il programma di scambio bilaterale per ricercatori tedeschi nella Corea del Sud (www.daad.de/ausland/de/3.4.2.40.html). • Il programma di borse di studio internazionali dell’École normale supérieure de Cachan/France (www.ens-cachan.fr/bourses_internationales.html). Finanziamenti dell’UE: • Il 7° Programma quadro europeo per lo sviluppo della ricerca e della tecnologia (2002-2006), come strumento principale per la creazione dell’area di ricerca europea, comprende la ricerca sulla società civile, le scienze sociali e i giovani. È aperto a ricercatori di ogni età e livello di esperienza, indipendentemente dalla nazionalità. • Il programma di azione YOUTH della Commissione Europea, Azione 5. • Altri programmi dell’UE che finanziano la ricerca (si veda www.eurodesk. org > Search for funding > Theme search > Research) ma non specifici per la ricerca sui giovani. Diffusione di documenti sulla conoscenza nel campo della gioventù Vi è una grande varietà di pubblicazioni nel campo dei giovani in Germania. • Relazioni regolari sui giovani Nell’SGB VIII, il Governo federale deve presentare una relazione sulla situazione dei giovani e gli sforzi e i risultati dei servizi ai giovani al Bundestag tedesco (Parlamento) e al Bundesrat (Consiglio Federale), in ogni legislatura. La relazione deve comprendere valutazioni, analisi e suggerimenti in vista dell’ulteriore sviluppo dei servizi ai giovani. I report sui bambini e i giovani del Governo federale rappresentano una forma di documentazione particolare, al punto di intersezione tra la ricerca scientifica, la politica e la


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società in generale. Le relazioni sui giovani sono prodotte da commissioni indipendenti di esperti nominati dal BMFSFJ e sostenuti dal punto di vista logistico (con database, ricercatori, finanziamenti, ecc.) dall’Istituto tedesco per la gioventù. Vi sono relazioni su bambini e giovani compilate dagli stati federali (Länder) e anche dalle municipalità. L’Istituto tedesco per la gioventù (www.dji.de) ha a sua volta condotto un’indagine sui giovani (gruppo target 16-29 anni, dal 1° gennaio 1989 al 30 settembre 2006). Il terzo round di tale indagine (realizzato tra l’agosto del 2003 e il gennaio del 2004) è stato esteso al gruppo di età da 12 a 15 anni e a giovani con una nazionalità non tedesca, a patto che la loro conoscenza del tedesco permettesse loro di partecipare alla ricerca. Si concentra sui seguenti argomenti: famiglia di origine e scuola, appartenenza etnica, condizioni di vita, valori e orientamenti valoriali, relazioni di genere e orientamenti di genere, piani per il futuro, atteggiamenti politici e civici. Ulteriori informazioni: http://cgi.dji.de/cgi-bin/projekte/output.php?projekt=66 Riviste che pubblicano studi relativi al lavoro sociale, ai giovani, alla ricerca sui giovani e ad altre forme di conoscenza dei giovani a. Risultati degli scambi nel campo della ricerca applicata e la conoscenza pratica nelle aree del lavoro giovanile, socio-pedagogico e del lavoro sociale con i giovani: • Blätter der Wohlfahrtspflege, Editore: Nomos-Verlag, bimestrale. • deutsche jugend, Editore: Juventa-Verlag, mensile. • Forum Jugendhilfe. Editore: Arbeitsgemeinschaft für Jugendhilfe e.V., trimestrale. • Jugendhilfe. Editore: Luchterhand-Verlag, bimestrale. • neue praxis - Zeitschrift für Sozialarbeit, Sozialpädagogik und Sozialpolitik. Editore: Luchterhand-Verlag, bimestrale. • Soziale Arbeit. Editore: Deutsches Zentralinstitut für soziale Fragen, mensile. • Unsere Jugend. Editore: Ernst Reinhardt Verlag, mensile. • Zeitschrift für Sozialpädagogik. Editore: Juventa Verlag GmbH, trimestrale. b. Politiche giovanili, organizzazioni giovanili, discussione sui servizi ai giovani: • BDKJ-Journal. Editore: Bund der Deutschen Katholischen Jugend, mensile. • Betreff. Editore: Deutsche Beamtenbund-Jugend, bimestrale. • Hessische Jugend. Ed.: Hessischer Jugendring, trimestrale. • IJAB-Informationen. Editore: Internationaler Jugendaustausch- und Besucherdienst der Bundesrepublik Deutschland (IJAB) e.V., trimestrale-bimestrale. • Jugend Nachrichten - Zeitschrift des Bayerischen Jugendrings. Editore: Bayerischer. • Jugendring, mensile.

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• Jugend-Beruf-Gesellschaft. Editore: BAG Jugendsozialarbeit, trimestrale. • Jugendpolitik. Editore: Deutscher Bundesjugendring, trimestrale. • jugendpolitischer dienst – jpd. Editore: Marion Moesta Verlag Politische Dienste, settimanale. • Sozialmagazin - Zeitschrift für soziale Arbeit. Editore: Juventa-Verlag, mensile. Riviste sulla ricerca giovanile a. Risultati delle ricerche sul tema e discussioni tra esperti • Diskurs. Ed.: Deutsches Jugendinstitut e.V., semestrale (è stato chiuso alla fine del 2005). • DJI-Bulletin (online). Ed.: Deutsches Jugendinstitut e.V., semestrale. • Forum Erziehungshilfen. Ed.: Internationale Gesellschaft für erzieherische Hilfen, 5 volte l’anno. • Kind Jugend Gesellschaft. Ed.: Bundesarbeitsgemeinschaft - Kinder- und Jugendschutz/Luchterhand-Verlag, trimestrale. • Migration und Soziale Arbeit. Ed.: Institut für Sozialarbeit und Sozialpädagogik e.V., trimestrale. • Praxis Politische Bildung. Ed.: Juventa-Verlag, trimestrale. • Recht der Jugend und des Bildungswesens. Ed.: Luchterhand-Verlag, trimestrale. b. Politiche giovanili e organizzazioni giovanili, discussione sui servizi ai giovani: • Überblick. Ed.: Informations- und Dokumentationsstelle gegen Gewalt, Rechtsextremismus, semestrale. • Zukunftsforum Jugend 2000. Ed.: Evangelische Akademien in Deutschland e.V., semestrale. Altre pubblicazioni che diffondono informazioni sui giovani • Forum Jugendarbeit International, Editore: Internationaler Jugendaustausch- und Besucherdienst der Bundesrepublik Deutschland (IJAB) e.V., pubblicato dal 1996, annuale/ogni due anni. Diffusione informatica della conoscenza nel campo della gioventù Database e links: • www.kinder-jugendhilfe.info/db, breve descrizione e indirizzi (con link) di tutte le istituzioni e organizzazioni nazionali attive nel settore delle politiche infantili e giovanili e i servizi a bambini e giovani, in inglese e tedesco, aggiornato costantemente. • www.promix.de, (solo) indirizzi di progetti e organismi e organizzazioni non governative su servizi a bambini e giovani nella parte orientale della Germania (sei Stati federali), in tedesco, aggiornato costantemente. • www.dija.de, database complesso sulla politica e il lavoro giovanile in circa 30 paesi, in tedesco, informazioni sulla Germania disponibili in altre 9 lingue


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(olandese, inglese, francese, giapponese, spagnolo, ceco, polacco, russo, turco), aggiornato costantemente. • www.dji.de, un database complesso sulla ricerca su famiglia, bambini e giovani e sulle politiche bambini-famiglia e giovanili in Germania. Informazioni e dati su oltre 60 DJI – progetti di ricerca. Portali: • www.kinder-jugendhilfe.info, politiche e servizi ai giovani e all’infanzia, leggi pertinenti, schede di presentazione, in tedesco/inglese (alcune schede in spagnolo/francese), aggiornato regolarmente. • www.jugendschutz.net, informazioni sulla protezione di bambini/giovani, si concentra principalmente su: new media/internet, aggiornato regolarmente. • www.familienhandbuch.de, informazioni professionali su famiglia, adolescenza, giovani, processi di crescita nella società moderna, aggiornato regolarmente. • www.jugendforschung.de, informazioni su istituti, organizzazioni e fonti di ricerca, database, aggiornato regolarmente. • www.jugendszenen.com, ricerca sulla condizione giovanile, aggiornato regolarmente. Statistiche, relazioni, riviste, giornali o altre pubblicazioni disponibili su internet • www.bmfsfj.de/Politikbereiche/kinder-und-jugend.html - sito web del BMFSFJ, sezione sui bambini e i giovani con informazioni pertinenti sulla politica infantile e giovanile, servizi a bambini e giovani in Germania. • www.akj-stat.fb12.uni-dortmund.de – sito web dell’Ufficio di statistica su bambini e giovani. • www.destatis.de - sito web dell’Ufficio federale di statistica (Destatis), statistiche sulla popolazione compresi i giovani. • www.bib-demographie.de - sito web dell’Istituto federale per la ricerca sulla popolazione (BiB), statistiche sulla popolazione, compresi gli atteggiamenti e le condizioni di vita giovanili. • www.jugendhilfeportal.de - Portale per professionisti nel settore dei servizi a bambini e giovani in Germania (progetto di cooperazione tra IJAB e AGJ). Strumenti per la promozione dei giovani ricercatori, per il rinnovamento generazionale nella ricerca e altri attori che lavorano per una migliore comprensione dei giovani Strumenti che facilitano lo scambio di esperienze e pratiche (esempi): • Conferenze periodiche dell’Istituto tedesco per la gioventù (DJI) per esperti nel settore dell’istruzione e della gestione dei servizi sociali per politici, giornalisti, scienziati. DJI esegue progetti di ricerca internazionali, partecipa a conferenze internazionali, mantiene contatti con ricercatori e politici sia nazionali che stranieri. • Il Researcher-Practitioner-Dialogue sugli scambi giovanili internazionali (Forscher-Praktiker-Dialog Internationale Jugendbegegnung, www.for-

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scher-praktiker-dialog.de). Finanzia la mobilità dei giovani ricercatori nel quadro dei programmi UE YOUTH, LEONARDO e SOCRATES. • Partecipazione agli incontri del 6° (2002-2006) e adesso del 7° (2007-2011) Programma quadro europeo per lo sviluppo della ricerca e della tecnologia “Risorse umane e mobilità”. • Finanziamento internazionale da parte del Servizio tedesco per lo scambio accademico (DAAD, www.daad.de). Non sono previsti, però, finanziamenti specifici per giovani ricercatori. • DJI- Borse di studio – programma per giovani ricercatori non solo tedeschi. Altri finanziamenti per la ricerca (in ambito metodologico, linguistico, culturale…) • Finanziamento dei dottorati (PhD) con fondi della Fondazione tedesca per la ricerca (DFG). • Finanziamento internazionale per studenti fornito dal servizio tedesco per lo scambio accademico (DAAD; www.daad.de). Metodi per assicurare scambi e dialogo tra tutti gli attori nel campo giovanile Seminari, gruppi di lavoro per una migliore conoscenza e comprensione dei giovani: • Dialogo tra ricercatori e operatori, serie di seminari che si tiene a cadenza periodica (si veda: www.ssip-web.de/html/veranstaltungskalender.html - Sozialwissen-schaftlicher Studienkreis für Internationale Probleme e.V). • Convegno annuale della Società tedesca di sociologia, sezione sociologia giovanile. • Giornata tedesca per il sostegno ai giovani; si tiene ogni quattro anni, la più recente nel 2009. • Symposium annuale del Deutsches Jugendinstitut (annuale, una serata a Berlino).

6.7 UNA RASSEGNA DELLE BUONE PRASSI

Partecipazione • Wahl-O-Mat dell’Agenzia federale per l’educazione civile prima delle elezioni del settembre 2005 (www.bpb.de/methodik/VKWM02, WahlOMat.html). • U 18 2005. Elezioni simboliche per i minorenni, organizzato dalla rete U18. Informazioni: www.u18.org. • “Summit dei Ragazzi” “Kinder reden – Erwachsene hören zu” (“I ragazzi parlano – gli adulti ascoltano”), 25-28 maggio 2006 a Duisburg, per i ragazzi dai 12 ai 15 anni che vogliono trovare un accordo sulle proprie esigenze e i propri doveri per il futuro (www.kindergipfel.de).


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Informazioni per i giovani • Iniziativa federale “Jugend ans Netz, www.jugend.info” (“Giovani in Rete”): mira a una più ampia diffusione dei servizi di informazione/orientamento giovanile. Attività di volontariato • Nella primavera del 2005 il governo ha iniziato il nuovo programma “Generationsübergreifende Freiwilligendienste” (“Servizi di volontariato per tutte le fasce d’età”), finanziato con 10 milioni di euro per il 2005. Il fondi sono utilizzati per più di 50 progetti (www.bmfsfj.de). • Progetto “EmS - Engagement macht Schule” in Sassonia- Anhalt. Supporta e accompagna le scuole che desiderano presentare il concetto di “imparare il servizio”. • Imparare il Servizio: combina l’insegnamento della conoscenza nella scuola con lo svolgimento di compiti concreti nella comunità. Il progetto è parte del programma federale “Lebenswelt – Jugend leistet sich Gesellschaft” del DKJS e di Jacobs Stiftung (www.projektems.de). • Con lo slogan “Engagement macht stark” (“essere attivi vi rende forti”) il network federale Bürgerschaftliches Engagement ha iniziato una campagna per promuovere e incrementare le attività di volontariato in Germania. Alcuni dei punti più importanti sono: giornate e settimane di azione, pubblicità con volantini, campagna con cartoline (cartoline con scritto “grazie” a tutti i volontari distribuite in pub e luoghi pubblici) (www.engagement-machtstark.de). • L’Accademia civile 2005: offre formazione per i giovani tra i 18 e i 28 anni che hanno una buona idea per un progetto e vogliono essere attivi nell’ambito del volontariato (www.b-b-e.de/civil_academy.html). • La “Sympathiekampagne 2005: Hingehört – hergeschaut: Jugendfreiwilligendienste hautnah!” dovrebbe informare i politici sul significato e l’importanza sociale del volontariato giovanile. Maggiori informazioni: Bundesarbeitskreis FSJ: info@pro-fsj.de, Bundesarbeitskreis FÖJ: goos@oeko-jahr.de. • Il Giorno sociale è un giorno speciale per molti alunni in Germania. In questo giorno, le lezioni non si tengono a scuola, ma sull’orario c’è scritto “aiuto”. Gli alunni lavorano in diversi posti e donano la loro paghetta per i progetti giovanili in tutto il mondo. Le organizzazioni “Aktion Tagwerk” e “Schüler Helfen Leben” nel 2006 hanno organizzato il primo Giorno sociale nazionale, previsto per il 22 giugno (www.sozialertag.de). • La “Jugendleiter/in-Card (Juleica)” è un documento per i volontari nel campo del lavoro giovanile, che lavorano per una organizzazione di volontariato o per un’istituzione pubblica e hanno una qualificazione standardizzata e almeno 16 anni. Questa Carta documenta l’impegno e la qualificazione dei giovani leaders e offre varie riduzioni per servizi comunitari, offerte culturali, ecc. (www.juleica.net).

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• Il “Qualipass” per i ragazzi (dai 12 ai 15 anni) è una campagna dello Stato federale di Baden-Württemberg. Documenta le varie attività dei giovani al di fuori delle loro classi, con le quali essi imparano qualcosa- non solo attività di volontariato, ma anche lavori, lezioni di computer, scambio di esperienze, ecc. (www.qualipass.info). • Per attrarre i giovani al lavoro di volontariato, il Ministero Federale della famiglia, degli anziani, della donna e dei giovani ed il Consiglio giovanile della Germania Federale (Deutscher Bundesjugendring) ogni due anni indice il premio Heinz|Westphal|Preis, remunerato con 15.000 Euro (http:// heinz-westphal-preis.de). • Iniziativa “für mich, für uns, für alle” (“Per me, per noi, per tutti”) è volta alla promozione delle attività di volontariato in Germania e intende celebrare tutti i volontari che si impegnano nell’ombra, lontano dalle luci della ribalta. L’iniziativa premia i cittadini che mostrano un impegno straordinario nel campo del lavoro volontario (www.buergerengagement.de/1_initiative/index.php). • Competizione del volontariato “Echt gut” (“Davvero buono”): i gruppi, le associazioni e le singole persone, che sono attive nel volontariato nel BadenWürttemberg, nel 2005 hanno potuto partecipare alla competizione “Echt gut” – “Impegno dei Volontari nello stato di Baden-Württemberg”. La competizione era divisa in sette categorie. Una giuria ha selezionato tutti i partecipanti che venivano presentati su internet e in tutte le sedi locali della Sparkasse (banca di risparmio). Quindi, tutti gli abitanti del Baden-Württemberg hanno potuto votare per i loro preferiti (www.echt-gut-bw.de). • Con la “Ehrenamtscard” offerta dallo stato federale di Hessen, i volontari impegnati ad alto grado (almeno 5 ore a settimana), potevano usufruire di riduzioni per offerte pubbliche e private. Molto simile a “Juleica”, ma aperto ai gruppi di tutte le età (www.gemeinsam-aktiv.de/ehrenamts_card.cfm).

6.8 TENDENZE DELLE POLITICHE GIOVANILI E PROVVEDIMENTI 6.8.1 Nuove tendenze nelle politiche giovanili e sviluppi attesi

A partire dal 2001 (come documentato anche dal primo report dell’Istituto Iard), si sono registrati alcuni cambiamenti e nuovi sviluppi nelle politiche giovanili (strutture, attori, legislazioni, piani di azione, programmi…), legati a diverse tendenze e a svariati fattori. Nei paragrafi seguenti se ne illustreranno i principali. La riforma dello Stato federale La legge sul nuovo sviluppo dei servizi per ragazzi e giovani (KICK) - promulgata nel luglio del 2005, con modifica dell’SGB VIII - sta avendo un certo impatto sullo status attuale degli aiuti ai giovani e alle politiche giovanili a livello locale. Le


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questioni più importanti regolate da questa legge sono: gli aiuti finanziari alle municipalità con la semplificazione dei processi amministrativi negli uffici giovanili; la partecipazione dei genitori abbienti ai costi dei servizi resi dagli uffici giovanili; il miglioramento della protezione dei ragazzi/giovani; le competenze alla base di un orientamento efficiente e professionale negli uffici giovanili; l’efficienza degli interventi dei servizi all’infanzia e ai giovani; lo stato dell’arte nei servizi per giovani e ragazzi. Dall’attuale dibattito sulla riforma strutturale dello Stato federale possiamo aspettarci un certo numero di cambiamenti e sviluppi rilevanti sull’“architettura” del sistema attuale di politiche giovanili, come ad esempio: • Un maggiore decentramento nell’attuazione delle leggi dei servizi federali ai ragazzi e ai giovani, con la conseguenza che le municipalità potranno anche abolire le sedi locali di certe istituzioni centrali (come l’Ufficio giovani municipale), per poi ristrutturare e distribuire i diversi servizi che oggi sono dell’Ufficio giovani, inglobandoli nei Dipartimenti municipali (istruzione, giustizia, salute, mercato del lavoro, ecc.). Con questo processo ci sarà grande eterogeneità nel modo in cui saranno organizzati i servizi municipali per i giovani e questo potrebbe avere effetti importanti sugli standard di qualità di tali servizi. Se alcune municipalità decidessero di chiudere l’Ufficio giovani centrale (ad esempio, per risparmiare sui costi), i giovani del luogo perderebbero una istituzione-partner importante che rappresenta i loro interessi all’interno dell’amministrazione locale. • L’impossibilità di promulgare a livello federale ovvero nazionale – tramite il Parlamento federale e il Consiglio degli stati federali – nuove leggi che obblighino le municipalità ad assumere nuove responsabilità in materia di servizi ai giovani e, di conseguenza, impegni finanziari maggiori. • Cambiamenti nelle modalità amministrative nelle quali i Länder e le municipalità dovranno attuare le leggi federali rivolte ai ragazzi e ai giovani come nell’SGB VIII. • L’ampliamento delle possibilità di controllo del Consiglio degli Stati federali (Bundesrat) sulle nuove leggi (anche quelle rivolte ai servizi all’infanzia e ai giovani) decise dal Parlamento Federale (Bundestag), ma che hanno conseguenze finanziarie anche per i Länder. La rilevanza crescente delle politiche giovanili europee in Germania La maggior parte degli esponenti politici giovanili ha acquisito la consapevolezza che a livello europeo si registrano importanti impulsi legati alle politiche giovanili. Tali impulsi vengono ripresi e discussi su piani diversi. Nel 2006, oltre all’offerta dell’Agenzia tedesca per il programma d’azione YOUTH (www.jugendfuereuropa. de), è stata aperta una nuova piattaforma internet sulle politiche giovanili nei Paesi membri dell’Unione Europea (http://www.nabuk-europa.de). E già adesso si riconoscono i preparativi per la presidenza del Consiglio tedesca. Come sempre, comunque, sussiste ancora un problema informativo rispetto alle politiche giovanili

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europee, soprattutto per le numerose attività di volontariato nell’ambito del sostegno all’infanzia e ai giovani. Inoltre la discussione tedesca tende a riporre l’enfasi sulle procedure anziché sui contenuti. Dopo l’euforia iniziale, poi, negli attivisti del sostegno all’infanzia e ai giovani, sul campo, è subentrata una certa disillusione rispetto sia alle varie procedure che al Metodo aperto di coordinamento. Le scuole continuano a discriminare i giovani svantaggiati ed in particolare i giovani immigrati; i concetti di integrazione diventano sempre più relativi Nel sistema scolastico tedesco continua – come documentato da molteplici studi - la penalizzazione sistematica di bambini e ragazzi provenienti da famiglie socialmente disagiate o con problemi legati all’immigrazione. Questi bambini vengono emarginati e non sono stimolati a sufficienza. Si tratta quindi di apportare cambiamenti che, a oggi, non sono ancora stati intrapresi (OECD, 2006). Rafforzamento del legame tra l’apprendimento formale (scuole) e quello informale (lavoro giovanile); attività per i giovani organizzate e non organizzate Si registra anche una migliore collaborazione tra la scuola e le attività svolte per i giovani, al di fuori della cornice scolastica. La circostanza è degna di nota, perché in Germania scuola e attività giovanili sono due settori rigorosamente separati. La situazione sta cambiando, per effetto dei mutamenti intercorsi sia nelle politiche alla famiglia, sia nelle politiche di formazione e regolamentazione. Da un lato si devono delineare proposte affidabili di assistenza a tempo pieno per bambini e ragazzi, in modo che i genitori possano recarsi al lavoro senza preoccupazioni. Dall’altro occorre trovare nuove strategie di azione (per es. con il lavoro sociale) per poter fronteggiare i crescenti problemi sociali nella scuola (svogliatezza; violenza; conflitti interculturali ecc.). In ciò giocano un ruolo fondamentale i principi dell’integrazione dei figli degli immigrati in determinati tipi di scuola (per esempio nelle scuole superiori) e in determinati luoghi (“punti focali”). Rivalutazione dei processi di apprendimento informale Da tempo in Germania non si dà particolare valore alle competenze acquisite nell’ambito di processi di apprendimento informale. Il sistema tedesco si fonda soprattutto sulla dimostrazione delle qualifiche e meno sulle capacità effettive. Negli ultimi anni la situazione è un po’ cambiata: il significato dei processi di apprendimento al di fuori delle istituzioni scolastiche tradizionali ha guadagnato terreno. A tal proposito si possono citare due esempi: • Il riconoscimento nonché la certificazione delle competenze che si acquisiscono nell’ambito dell’impegno volontario nelle attività per i giovani. A tal proposito occorre menzionare in particolare la JULEICA (Jugendleiter Card – carta dei giovani) che in alcune regioni è legata a particolari agevolazioni per i giovani e facilita, almeno in parte, l’accesso ai posti universitari. • L’anno di training in volontariato sociale. Con questo progetto pilota ci si è rivolti a giovani che, soprattutto in quartieri cittadini con infrastrutture scadenti e molti problemi sociali, non hanno un titolo di studio e non trovano


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un posto di formazione professionale. Nell’ambito dell’anno di training in volontariato sociale, i giovani possono fare esperienze significative nel campo di attività desiderato, ricevere un nuovo input a conseguire titoli di studio formali e, rispetto ai futuri datori di lavoro, dimostrare che dispongono appieno di qualità primarie come puntualità, diligenza e tenacia. Insufficiente integrazione nel mercato del lavoro L’integrazione di molti giovani nel mercato del lavoro rappresenta da sempre un problema irrisolto. In Germania ci sono regioni con un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 20%. Nemmeno il patto formativo, stipulato con le associazioni economiche, ha variato di molto la situazione. Anche in questo ambito i giovani delle famiglie immigrate sono fortemente penalizzati. Come strategia per arginare il problema si lavora in modo intensivo presso aziende gestite da immigrati per ottenere posti di formazione. Ci si domanda tuttavia se ciò sia auspicabile dal punto di vista dell’integrazione o se tali misure non favoriscano una crescente emarginazione. Lo scarso coordinamento tra politica del mercato del lavoro e politiche giovanili costituisce un ulteriore problema. Le due leggi guida di settore seguono filosofie completamente diverse e pertanto è prevedibile che nascano conflitti tra questi due campi d’azione. Si può anche delineare una tendenza ad individualizzare i problemi inerenti la ricerca di uno sbocco nel mercato del lavoro: coloro che non trovano un posto vengono etichettati come non idonei al lavoro e non intenzionati a lavorare. In alcuni documenti politici emerge, implicitamente o esplicitamente, l’impressione che il problema sia destinato a risolversi da solo con lo sviluppo demografico. E questa potrebbe essere una falsa conclusione. La crescente rilevanza della partecipazione giovanile La partecipazione è diventata un argomento importante nelle politiche giovanili e infatti in questo ambito si contano numerosi progetti e iniziative. Un esempio, riportato dettagliatamente dai mass media, è stato un invito del Bundestag (Camera dei deputati tedesca) a oltre 300 giovani a immergersi per tre giorni nel mondo del Parlamento tedesco e addirittura a sviluppare e a varare una legge, potendo in tal modo farsi un’idea delle procedure politiche. I parlamenti giovanili a livello comunale sono molto diffusi in Germania. A volte funzionano, a volte no. Ma d’altra parte si ha la tendenza a trasferire sempre più decisioni agli esperti e quindi a ridurre la possibilità dei giovani di esercitare direttamente la propria influenza. Rafforzamento dei programmi e dei provvedimenti nel campo della prevenzione dei rischi (in particolare prevenzione della violenza) Sono ampiamente diffusi progetti, misure e interventi volti alla prevenzione della violenza. Nei loro punti chiave si basano prevalentemente su concetti psicologici e meno su strategie repressive come è successo ad esempio nel Regno Unito e in Francia. Come esempi di tale approccio psicologico vanno citati i programmi di

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mediazione e conciliazione delle liti nelle scuole, i progetti legati alla tifoseria nelle principali associazioni calcistiche e una stretta collaborazione tra scuola, assistenza ai minori a rischio e polizia. Le condizioni fondamentali, perché tali interventi di prevenzione della violenza risultino efficaci, sono: • un orientamento fortemente contestualizzato; • il coinvolgimento dei pari, come strategia di “de-escalation”; • lo sviluppo di forme di prevenzione della violenza specifiche per i giovani; • il riconoscimento della rilevanza del background culturale degli immigrati; • una maggiore attenzione per le vittime; • il coinvolgimento dei genitori; • il miglioramento della formazione e dell’aggiornamento degli specialisti. La promozione della salute sta diventando un tema delle politiche giovanili Negli ultimi anni è nata la discussione su quale dovesse essere il contributo che le offerte in materia di sostegno all’infanzia e ai giovani avrebbero dato alla promozione della salute. Ciò ha portato almeno a discutere una stretta concatenazione degli interventi. Al momento, tuttavia, dal punto di vista contenutistico e settoriale non si è ancora deciso in che direzione si muoverà la tematica della promozione della salute nel sostegno all’infanzia e ai giovani. Una parte sottolinea gli aspetti del controllo e del divieto, della prevenzione mirata e rivolta a quadri clinici specifici. Un’altra parte invece è più orientata ai principi della Carta di Ottawa che pone in primo piano, oltre all’assenza di malattie, anche il benessere psicologico, l’autodeterminazione dello stato di salute e altri punti fondamentali. L’importanza di concetti e politiche integrati In Germania, almeno a livello di discussioni concettuali, si è riconosciuta la necessità di interventi in ambito sociale (ad es. community building) in cui si integrino competenze e offerte di diversi campi sociali, per poter reagire adeguatamente alle situazioni problematiche attuali. Ci sarebbero una serie di esempi in merito ma manca ancora una sistematicità di tali interventi. Esempi di un’integrazione di tali approcci differenziati si trovano in: • cooperazione tra società di edilizia abitativa e opere giovanili; • apertura di scuole per l’infanzia di quartiere (ad es. pensionati che leggono le favole ai bambini); • coinvolgimento dei giovani nella pianificazione sociale locale. Le politiche finanziarie dominano le politiche giovanili Il potere degli esponenti della politica finanziaria, i quali esigono una maggiore disciplina in bilancio (perché anche questo può far parte di una politica durevole per il giovani), e le relative discussioni su cosa deve e può fare lo Stato sociale, portano intanto a svolte considerevoli e in effetti non giustificate nelle attività rivolte ai giovani. Il fenomeno avanza a tal punto che in alcune regioni dei raggruppamenti


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estremisti, in particolare di estrema destra, sfruttano la mancanza di infrastrutture e attirano nuove leve per i loro gruppi con programmi mirati per il tempo libero. 6.8.2 Nuove linee di azione

Nell’ambito di una più incisiva politica per la famiglia, il governo tedesco ha pianificato le seguenti misure: • Intensificare il dialogo con le chiese e le comunità religiose. • Valutare gli effetti dei cambiamenti dell’SGB VIII, agendo su un ulteriore sviluppo dei servizi (KICK) entro la fine del 2006 e, dove necessario, fare degli adattamenti. • Colmare i divari e le lacune nel campo della ricerca sull’efficacia dei servizi. • Ulteriore sviluppo delle attività di partecipazione insieme alle associazioni, maggiore investimento diritti dell’infanzia, ma anche nella formazione per i genitori, gli insegnanti e gli esperti in pedagogia. • Considerazione della dimensione europea nella pianificazione di attività locali, regionali e nazionali per i ragazzi ed i giovani. • Promuovere uguale accesso all’istruzione per tutti i giovani. • Migliorare le condizioni ed incoraggiare i giovani degli Stati dell’ex Germania est a rimanere nella loro regione. • Ampliare la scelta delle professioni per ragazzi e ragazze, anche al fine di superare gli stereotipi legati al genere. • Combattere l’abuso e l’abbandono infantile con modelli di programmi preventivi ed innovativi, per la prevenzione della delinquenza ed il miglioramento della protezione delle vittime. • Valutare le nuove regolamentazioni nel campo della protezione giovanile prima del marzo 2008. • Combattere l’indebitamento tra i giovani. • Combattere la disoccupazione giovanile (prima priorità). Gruppi target principali sono i giovani che hanno difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro a causa di problemi sociali e giovani che hanno lasciato la scuola. • Combattere la crescente diffusione di atti di violenza tra i giovani; migliorare la cooperazione tra gli stati del Paese, le municipalità locali, i media, le chiese, le aziende, i sindacati, lo sport, le associazioni giovanili e altro ancora. • Sviluppare concetti adatti ad analizzare l’integrazione delle nuove generazioni.

6.9 IL MODELLO TEDESCO DI POLITICA GIOVANILE: CAMBIAMENTI STRUTTURALI E TEMATICI TRA IL 2006 E IL 2009

Il moderno sistema delle politiche giovanili in Germania ha preso il nome di “Kinder und Jugendhilfe” (“Welfare sociale dei minori e dei giovani”). Al fine di analizzare i mutamenti strutturali e strategici, avvenuti all’interno di questo sistema,

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si sono presi in considerazione quattro elementi che si prestano a caratterizzare, più degli altri, il modello tedesco di politica giovanile: anzitutto il fatto che i servizi e i programmi del sistema di welfare giovanile tedesco sono indirizzati, in via prioritaria, alla popolazione nella fascia d’età 0-27 anni.25 Va poi ricordato che le politiche giovanili, in Germania, sono fortemente istituzionalizzate. Di conseguenza sono orientate più a rafforzare il ruolo delle istituzioni, nel lavoro con i minori e i giovani, che a promuovere l’auto-organizzazione dei giovani stessi, come attori politici di primissimo piano nella configurazione delle politiche pubbliche. Un terzo elemento caratteristico sta nel fatto che l’organizzazione delle politiche giovanili del Paese si articola su molteplici livelli (su scala federale, di singoli stati o locale), con una dimensione trasversale relativamente debole – in termini di integrazione di obiettivi, politiche, servizi e risorse, tra Ministeri e istituzioni diverse. È infine necessario considerare, come quarta peculiarità del caso tedesco, che le politiche giovanili del Paese sono sempre frutto di una complessa cooperazione tra istituzioni pubbliche (lo Stato nazionale, i singoli stati della federazione e gli enti locali) e società civile (associazioni giovanili e di welfare; consigli dei giovani; ONG, sindacati, chiese e così via). Per alcuni autori, un modello cooperativo di questo tipo si presta a essere definito come “neocorporativistico” (cfr., ad esempio, Der Bundesminister für Jugend, Familie, Frauen und Gesellschaft 1990). Nella Repubblica federale di Germania, le condizioni di vita dei giovani sono normate da varie leggi anche in funzione dell’età dei soggetti considerati. Tali leggi fanno riferimento alla prima infanzia e alle istituzioni che offrono sostegno alle famiglie e servizi per bambini in età prescolare; alle varie tappe del percorso di istruzione; alla formazione professionale; alla protezione dei giovani sul luogo di lavoro; al sistema della giustizia minorile e via discorrendo. Questa diversificata produzione normativa regola gli interventi pubblici e privati nel settore, anche in funzione degli attori coinvolti. La legge principale, in tema di politiche di welfare ai minori e ai giovani (e quindi di programmi, servizi e misure che ne soddisfino i bisogni e i diritti, e che ne promuovano lo sviluppo), è la “Legge per l’assistenza dei minori e dei giovani” (“Kinder- und Jugendhilfe Gesetzt”). Questa disposizione normativa, che risale al 2001, è stata poi inclusa nel Libro VIII del Codice sociale (Bendit 2007). Nel corso di queste pagine, al fine di aggiornare il quadro già presentato in precedenza, seguiremo essenzialmente tre filoni tematici: 1) Un riassunto dello sviluppo storico delle politiche giovanili in questo Paese; 2) Un’analisi documentale delle principali fonti informative, in relazione alle diverse tappe dello sviluppo delle politiche di welfare per i giovani, specie nell’arco di tempo 2006-2009; 3) Un’analisi delle indicazioni emergenti da tre interviste a esperti, realizzate tra settembre e ottobre del 2009. Gli intervistati sono ricercatori dell’Istituto giovanile tedesco (Jugendinstitut e.V.- DJI), 25

All’interno di questa ampia fascia d’età, è possibile poi distinguere quattro categorie: i bambini, in età 0-12 (o 0-14); i giovani-adolescenti (15-17 anni) e post-adolescenti (18-24 anni); le persone giovani (tutti coloro che hanno meno di 27 anni). Più di recente si è cominciato a parlare anche di “giovani adulti”; categoria che, tuttavia, non è ancora riconosciuta ufficialmente nelle leggi di settore.


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che si occupano di assistenza ai giovani (attraverso studi longitudinali che ricostruiscono lo sviluppo dei programmi e dei servizi per la popolazione giovanile tedesca; cfr. Pluto/Gragert/van Santen/ Seckinger 2007; van Santen/ Mamier/ Pluto/Seckinger/Zinkk 2003), ma anche di politiche per i giovani, per il tramite di un Osservatorio specializzato (Betz/ Rauschenbach 2009).26 La trattazione di queste pagine, in altre parole, è frutto delle informazioni e dei dati ottenuti per via di una “triangolazione”, a queste molteplici fonti. 6.9.1 Lo sviluppo delle politiche di welfare all’infanzia e ai giovani in Germania: un quadro storico

Per meglio comprendere il significato dei possibili cambiamenti a cui si è assistito in Germania, nel periodo 2006-2009, è utile anzitutto fare riferimento alla tradizione culturale, politica e organizzativa delle politiche di welfare ai giovani, nella storia del Paese. Lo sviluppo storico Le politiche sociali per i giovani, in Germania, vantano una lunga tradizione. Le radici di tali politiche si possono rintracciare addirittura nel 1839, anno in cui venne stabilito il primo “Regolamento per l’impiego dei giovani in ambito industriale”. Tale regolamento fu concepito come una sorta di legge ante litteram, avente lo scopo di proteggere i bambini e i giovani dagli eccessi di sfruttamento, tipici del lavoro industriale. Veniva infatti definita – in corrispondenza ai nove anni – l’età minima in cui era consentito cominciare a lavorare. I giovani potevano essere impiegati, in ogni caso, solo dopo aver frequentato almeno tre anni di scuola (Nikles 1976). Anche il concetto di “Jugendhilfe” (Politiche di assistenza ai giovani o – come oggi diremmo – Politiche di welfare giovanile) ha una lunga storia alle spalle. Il termine è stato impiegato per la prima volta all’inizio del secolo XX, in un periodo in cui i canali di istruzione esterni alla famiglia e alla scuola cominciavano ad assumere rilievo e faceva i primi passi il dibattito pubblico sul diritto infantile all’istruzione (Münch 2001). A partire da allora, il concetto di Jugendhilfe è stato applicato ad ogni attività indirizzata ai giovani all’esterno del sistema scolastico formale, purché finalizzata – da un lato – a influenzare le loro prospettive di vita, mettendoli nelle condizioni di esercitare i loro diritti e doveri; dall’altro lato, a proteggerli dai rischi più comuni per i giovani. Il termine, in altre parole, è diventato sinonimo. Già allora, tuttavia, la giovinezza era percepita come una fase della vita particolarmente rischiosa e potenzialmente problematica. I giovani stessi erano trattati alla stregua di un potenziale “gruppo-problema”, che necessita aiuto e “assistenza educativa” (Münchmeier 2005). A partire dagli anni Venti del secolo scorso, le politiche giovanili (intese nel senso sia dell’assistenza sia del controllo) si sono via via configurate come un campo di 26

Gli esperti intervistati sono: Liane Pluto, Mike Seckinger e Tanja Betz.

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azione pubblica a se stante (Anweiler 2001). Questo nuovo status si è tradotto, in concreto, in una serie di decreti governativi al riguardo, così come nella legge nazionale sul welfare giovanile (Reichsjugendwohlfahrtsgesetz – RJWG) del 1924. Tale legge ha inaugurato un lungo processo di elaborazione legislativa, offrendo altresì nuovi stimoli allo sviluppo dei concetti e delle strategie portanti delle politiche giovanili (Rauschenbach 2000). La legge del 1924 ha inoltre gettato le basi per una nuova strategia nazionale di sviluppo del welfare giovanile, in quanto componente relativamente autonoma del più ampio regime di welfare tedesco. Accanto al riconoscimento e all’istituzionalizzazione della responsabilità dell’ente pubblico per il benessere e la crescita dei minori, la legge ha facilitato l’emergere di nuovi profili professionali all’interno dei servizi socio-assistenziali. Cosa non meno importante, la legge ha definito le condizioni date le quali lo Stato e le associazioni di assistenza giovanile dovrebbero intervenire di fronte a casi problematici, enfatizzando la priorità del diritto a essere educati da parte dei genitori (Münch 2001; Sachße 1996). Dopo il periodo di dodici anni in cui il nazismo ha ridotto le politiche giovanili a strumento di controllo e di propaganda, imponendo alle istituzioni sociali e alle associazioni giovanili sopravvissute l’egemonia del Partito nazista e della Hitler Jugend, nell’immediato secondo dopoguerra – specie dopo la fondazione della Repubblica Federale Tedesca (1949) – sono nate nuove strutture e istituzioni democratiche, anche nell’ambito della politica giovanile: per garantire ai giovani assistenza e istruzione, ma anche al fine di rappresentarne in modo adeguato gli interessi. La legge sul welfare giovanile approvata ai tempi della Repubblica di Weimar ha trovato nuovo impulso e nuove associazioni giovanili democratiche sono state fondate. Tra le altre, spiccano il Consiglio giovanile della Germania federale (Deutscher Bundesjugendring) e associazioni di welfare specializzate nel lavoro con i giovani, come il Partito per lo sviluppo e l’assistenza dei giovani (“Arbeitsgemeinschaft für Jugendpflege undfürsorge”; attualmente ribattezzato “Arbeitsgemeinschaft für Kinder- und Jugendhilfe AGJ”, ovvero Partito per l’assistenza ai minori e ai giovani). Quest’ultima istituzione aveva e ha tuttora il ruolo di rappresentare le opinioni e gli interessi della società civile di fronte allo Stato e alle politiche pubbliche. Nel 1950 il sistema del welfare giovanile è poi stato ulteriormente potenziato, a livello federale, grazie alla creazione del Piano federale per i giovani: uno strumento che promuove innovazioni, su scala nazionale, nel campo dell’assistenza ai giovani e delle politiche giovanili. Una nuova fase nello sviluppo del sistema tedesco di “Jugendhilfe” ha quindi avuto avvio nel 1961, quando la vecchia legge sul welfare giovanile del 1924 è stata parzialmente rivista, benché le sue caratteristiche essenziali siano rimaste intatte. La nuova legge ha assunto il nome di “Jugendwohlfahrtsgesetz” (Legge per il welfare giovanile – cfr. Münchmeier 2005). La riforma del 1961 ha anche introdotto l’obbligo, in capo allo Stato, di produrre un “Rapporto federale sulla situazione dei giovani e dei servizi per i giovani”, in corrispondenza di ogni legislatura. Tali rapporti andrebbero commissionati a esperti autonomi e poi presentati in Parlamento dall’Esecutivo (insieme con i suoi commenti al riguardo) in ogni legislatura.


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Ulteriori cambiamenti di rilievo, nelle politiche giovanili tedesche, hanno avuto luogo tra la fine degli anni Sessanta e il decennio successivo. Nel corso di quegli anni, Jugendhilfe (il sistema dei servizi di assistenza giovanile) e Jugendpolitik (il sistema delle politiche giovanili) hanno assunto contorni sempre più differenziati. Per la prima volta, in virtù dell’intenso dibattito politico di quegli anni sulle questioni giovanili (dalla rivolta studentesca del 1968 al movimento giovanile in senso lato, che rivendicava nuovi spazi per i giovani e la democratizzazione delle istituzioni ad essi indirizzate), l’opinione pubblica ha preso consapevolezza dell’esistenza di questo “nuovo” campo politico (Hornstein 2007a). In questo stesso periodo sono stati introdotti e poi sviluppati aspetti delle politiche giovanili come l’assistenza pubblica ai tossicodipendenti (Drogenhilfe); il lavoro giovanile all’interno di centri dedicati ai giovani (“Jugendarbeit in Jugendzentren”); il lavoro di strada (“Straßensozialarbeit”) e il lavoro socio-pedagogico con i giovani (“Sozialpädagogische Arbeit”). Al tempo stesso, si è fortemente investito nella professionalizzazione del personale operante in tali servizi. Già nel 1974 erano ben 220mila le persone che lavoravano nelle istituzioni e nelle organizzazioni di assistenza ai minori e ai giovani (Rauschenbach 2004). La nuova legge per l’assistenza ai minori e ai giovani e le attuali politiche sociali in materia Una nuova stagione di trasformazioni radicali e strutturali, nelle politiche giovanili tedesche, è stata avviata dall’approvazione della nuova legge sull’assistenza ai giovani e ai minori (“Kinder- und Jugendhilfegesetz (KJHG)” nel 1990, e poi dalla sua attuazione nella ex Germania est, a seguito della riunificazione del Paese. Con l’avvento della nuova legge, l’orientamento delle politiche giovanili a produrre servizi assistenziali ha trovato nuova enfasi, mentre l’impostazione più direttiva e accentratrice delle normative precedenti è stata molto ridimensionata. Per la prima volta, inoltre, i minori sono stati esplicitamente considerati come un gruppo target delle politiche giovanili a se stante. Il sistema del welfare e delle politiche giovanili al giorno d’oggi è esplicitamente indirizzato anche alle fasce d’età inferiore, entro la più ampia popolazione giovanile. Il welfare e le politiche per i giovani, in altre parole, sono sempre più diventati politiche per i minori. Ciò tiene conto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, che riconduce a questa categoria tutte le persone che hanno meno di 18 anni. Questi cambiamenti sono stati messi in piena evidenza dal Decimo Rapporto Giovani, ideato e definito come “Rapporto sull’infanzia e sulla gioventù” (s. BMFSFJ 1998). Per effetto della nuova legge, inoltre, le politiche e i servizi ai giovani e ai minori devono coprire non soltanto i ragazzi tedeschi in condizioni di bisogno, ma tutti i ragazzi cresciuti in Germania, compresi i figli degli immigrati e di altri gruppi con particolari problemi di integrazione. I cambiamenti nell’impostazione delle politiche si sono rispecchiati in un rilevante incremento dell’offerta di servizi. Se nel 2002 le persone impiegate a vario titolo nel sistema del welfare giovanile erano già 574mila, alcuni più tardi – tra il 2006 e il 2007 – l’ammontare degli addetti era ormai pari a 587mila, nelle stime dell’Ufficio delle statistiche federali (Statistisches Bundesamt). Al di là dell’aumento numerico,

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i servizi e le politiche sociali ai giovani hanno assunto la forma di un settore professionale specifico, interno al più ampio sistema di welfare, ma non riducibile al settore dell’istruzione. Questo processo evolutivo si è reso visibile già nei primi anni Novanta, periodo in cui si è affermata una visione di Jugendhilfe innovativa: quella, appunto, di un sistema a se stante, come evidenziato dai risultati dell’Ottavo Rapporto Giovani, ampiamente discussi e fatti circolare nell’intero sistema di welfare tedesco. A partire da quel momento, il sistema del welfare giovanile non è più stato inteso come un mero correttivo o un “servizio cuscinetto” a sostegno delle politiche della scuola, della famiglia o dell’assistenza, bensì come uno strumento autonomo a favore della tutela e dello sviluppo dell’infanzia e della gioventù. Nondimeno, pur con questa nuova enfasi discorsiva, il sistema di welfare giovanile tedesco ha mantenuto una posizione relativamente debole e uno status secondario rispetto ad altri ambiti e settori della politica sociale. Questa breve rassegna storica è utile a sintetizzare gli aspetti più importanti del sistema delle politiche di welfare giovanili in Germania: • le politiche di welfare e di assistenza per i giovani si sono sviluppate con un certo grado di indipendenza da altre politiche, specie da quelle relative all’istruzione. • le politiche sociali per i giovani sono sempre più diventate, nell’ultimo ventennio, politiche all’infanzia e alla gioventù. Si tratta di un sistema di politiche che investe soprattutto sull’assistenza e la protezione ai minori e ai giovani. L’obiettivo è potenziare le istituzioni che operano a favore di questo target di popolazione, piuttosto che affrontare in modo diretto le sue specifiche esigenze (anche se, in apparenza, le cose non stanno esattamente così; cfr. Hornstein, 2007b). Le politiche di welfare ai minori e ai giovani, in Germania, rappresentano quindi una “espressione istituzionalizzata” del più ampio insieme delle politiche giovanili (Scheffold 2007). • il legame tra le politiche di assistenza ai giovani e le altre youth policies affonda le radici nella tradizione delle politiche pubbliche tedesche. Ne deriva una strategia di fronteggiamento dei problemi dell’infanzia e della gioventù, di impianto protettivo e paternalistico. È un’impostazione che si distingue sotto molteplici aspetti da quella dei Paesi scandinavi, come pure dai Paesi dell’Europa mediterranea, con le rispettive tradizioni e strategie in questo campo. In tali Paesi le politiche giovanili hanno come target, tipicamente, la popolazione di età compresa tra i 15 e i 25, massimo 29 anni. Si devono misurare, di conseguenza, con temi come i rapporti intergenerazionali, la transizione dei giovani al mercato del lavoro, l’emancipazione giovanile, l’uscita dalla casa dei genitori, l’acquisizione di stili di vita distinti e la conquista dell’autonomia abitativa, fino alle sfide della partecipazione e della cittadinanza. In Germania, viceversa, le politiche giovanili hanno un orientamento protettivo e passivo, tutto centrato sull’assistenza, il controllo e l’integrazione della popolazione giovanile (Bendit, 2008).


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Riassumendo, il sistema tedesco delle politiche sociale all’infanzia e alla gioventù si è sempre caratterizzato per un focus su quegli aspetti dell’assistenza ai minori e ai giovani che permettono di minimizzare i rischi a cui sono esposti e di ottimizzare la loro protezione (Münchmeier 2005). Si potrebbe perfino affermare che la politica di welfare giovanile, in Germania, rappresenti uno “strumento di governo istituzionale” teso a gestire il sistema delle istituzioni, delle organizzazioni, dei programmi e dei servizi esistenti, con un duplice obiettivo: permettere ai giovani di crescere in condizioni positive e offrire attività correttive, di aiuto o di prevenzione per i giovani che vivono in situazioni problematiche o svantaggiate. Viceversa, le opportunità di dare vita a un sistema davvero moderno di politiche all’infanzia e alla gioventù, secondo l’impostazione del welfare scandinavo, sono ancora assai scarse, sotto ogni punto di vista (Schefold 2007). Le politiche giovanili, in Germania, rimangono strettamente subordinate al sistema delle politiche assistenziali, quali sono definite nella legge sull’assistenza ai giovani e ai minori, negli ambiti seguenti: il “lavoro giovanile” (nel tempo libero, nelle associazioni giovanili, ma anche sul piano dei rapporti internazionali e interculturali); il “lavoro sociale giovanile” e la “tutela educativa dell’infanzia e della gioventù”; il “sostegno educativo all’interno delle famiglie” e “nei centri diurni”; “l’integrazione dei disabili mentali” e “l’assistenza ai giovani adulti”. Oltretutto, la politica giovanile tedesca si basa sulle istituzioni autonome e private della società civile, come le associazioni di welfare giovanile e le altre organizzazioni non governative e le associazioni professionali che operano in questo campo. Un altro aspetto tipico delle politiche giovanili tedesche risiede nel doppio ruolo delle associazioni politiche giovanili: da un lato, chiamate a coordinare il quadro delle attività sociali, politiche, culturali o artistiche dei giovani; dall’altro, attori politici autonomi, che rappresentano gli interessi dei giovani stessi, nell’ambito dei processi decisionali. Occorre infine evidenziare che le politiche sociali per i giovani, in Germania, si articolano su molteplici livelli. Nell’ambito del governo nazionale, la politica giovanile è di competenza di quello che è attualmente il Ministero per le famiglie, gli anziani, le donne e i giovani; un Ministero che ha un ruolo tipicamente marginale nei processi decisionali e legislativi. Le sue competenze in materia sono delineate dal Piano federale per i giovani, che promuove lo sviluppo di modelli innovativi di welfare e di lavoro sociale giovanile, almeno per quanto riguarda le iniziative di interesse nazionale, non riconducibili all’implementazione dei singoli stati della Federazione. È invece a questi ultimi che compete, secondo le previsioni della legge sull’assistenza ai giovani e ai minori, l’attuazione di buona parte delle politiche giovanili concrete. Ciò riguarda i Ministeri degli affari sociali, dei giovani o delle famiglie dei singoli stati, così come le commissioni parlamentari, e soprattutto – in sede attuativa – i singoli enti locali. A livello locale agiscono anche gli Uffici giovanili municipali, i Consigli per il welfare giovanile, così come le associazioni di welfare giovanile, le organizzazioni non governative e altre organizzazioni private che operano a favore dei giovani.

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Questa distribuzione verticale delle competenze nelle politiche all’infanzia e alla gioventù, accanto alla necessità di forme di coordinamento orizzontale e intersettoriale, ha alimentato, fin dagli anni Settanta, una domanda di nuove politiche giovanili, di impianto trasversale e generazionale: azioni, cioè, incentrate non soltanto sulle istituzioni, i servizi o le competenze, ma anche – e prima di tutto – sulle specifiche condizioni di vita dei giovani (Hornstein 2007b). 6.9.2 I cambiamenti politici e strutturali tra il 2006 e il 2009

I cambiamenti recenti che si possono osservare nelle politiche sociali tedesche in generale, e in quelle per i giovani in particolare, vanno contestualizzati in un duplice quadro di riferimento: quello, già descritto, della tradizione storica del sistema di Jugendhilfe, e quello dei processi di modernizzazione societaria, culturale e istituzionale che attraversano tutte le società della conoscenza europee, per effetto dei mutamenti tecnologici, della globalizzazione e dell’europeizzazione. Nel caso della Germania, l’attuale dibattito sulle politiche sociali – ovvero sulle misure di welfare alle famiglie, ai minori e ai giovani, ma anche sulle politiche dell’istruzione, del lavoro e della salute – deve tenere conto di alcune importanti trasformazioni della società: • la crescita demografica negativa della popolazione, che ha importanti conseguenze sull’economia, sugli assetti dello Stato sociale e sulle prospettive delle generazioni future (basti pensare ai problemi di sostenibilità finanziaria delle pensioni e delle altre politiche sociali, legati alla struttura dei rapporti intergenerazionali); • i problemi di conciliazione tra la partecipazione al mercato del lavoro (specie per le donne) e la vita familiare, soprattutto sul piano dell’educazione e dell’accudimento dei figli; • la (in)efficienza del sistema dell’istruzione attuale, come documentato dai risultati insoddisfacenti degli studenti tedeschi nei test internazionali di comparazione del rendimento scolastico (tra cui le indagini PISA). Questi deficit hanno alimentato un ampio dibattito pubblico circa gli standard di qualità della scuola tedesca nello scenario globale. Ne sono anche scaturite varie iniziative di riforma del sistema dell’istruzione a livello dei singoli stati della Federazione, che detengono la maggior parte delle competenze al riguardo. A questo dibattito si è accompagnata una nuova consapevolezza pubblica intorno ai limiti del sistema dei servizi all’infanzia, in età prescolare; • la necessità di modernizzare l’apparato amministrativo del sistema federale tedesco, adeguandolo alle sfide dei tempi. Ciò ha portato a una riforma costituzionale (Federalismus Reform), strettamente legata a una nuova distribuzione di poteri, competenze e risorse finanziarie tra la Federazione (Bund), i singoli stati e gli enti locali.


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Questi quattro punti critici corrispondono alle principali dimensioni dei processi di modernizzazione della società e della scuola tedesca, in corso negli ultimi anni. Per ciascuna dimensione sono stati individuati alcuni obiettivi strategici, a cui orientare le nuove politiche pubbliche.27 Ne deriva un quadro di cambiamenti fortemente interrelati tra loro, che sortiscono effetti diversi e talvolta contraddittori, sulle varie fasi del corso di vita dei giovani. 6.9.3 I cambiamenti nella famiglia, nelle politiche all’infanzia e nel sistema dell’istruzione formale

A partire dal quadro storico che abbiamo tracciato e tenendo conto dei mutamenti sociali indotti dai processi di modernizzazione, possiamo ora discutere i principali cambiamenti nelle politiche sociali ai minori e ai giovani dal 2006 a oggi. Poiché, nell’approccio integrato del sistema di welfare tedesco, le politiche per la famiglia sono strettamente legate a quelle per i giovani e a quelle dell’istruzione (Bendit, 2007), presenteremo i principali punti di discontinuità che hanno caratterizzato tutti questi ambiti di policy. Nel campo delle politiche familiari si sono registrati, negli ultimissimi anni, cambiamenti considerevoli. A fronte del trend demografico negativo e delle difficoltà dei giovani adulti nel conciliare un efficace inserimento lavorativo con una piena autonomia familiare, vanno segnalate alcune decisioni politiche importanti. Con la nuova “Legge per il congedo annuale” (Erziehungsurlaubgesetz), i neogenitori possono contare sul mantenimento del posto di lavoro (se occupati) e su rilevanti trasferimenti monetari, per occuparsi della cura e dell’accudimento dei figli, nei dodici mesi successivi alla nascita (nel caso delle madri) o per un periodo di 14 mesi (se entrambi i genitori si occupano della cura dei figli) (cfr. BMFSFJ: www.bmfsfj.de). Durante il periodo di congedo, i datori di lavoro privati sono tenuti a mantenere il posto del proprio dipendente. A giudicare dalla prima fase di valutazione, questo programma ha raccolto notevole gradimento tra i neogenitori e tende ad essere sempre più accettato anche da parte dei padri e delle imprese in cui essi lavorano (vedi anche www.destatis.de). Accanto a questo, nell’ambito delle politiche di assistenza all’infanzia è stata potenziata, in termini quantitativi e qualitativi, l’offerta di servizi prescolastici. Anche questo fattore dovrebbe facilitare le mansioni di accudimento da parte dei genitori e la loro conciliazione con il lavoro retribuito. Notevoli investimenti pubblici sono stati dedicati, in particolare, al rafforzamento dei centri di assistenza diurna (Kinderkrippen), dei programmi di sostegno per le madri e di altre forme di assistenza alla prima infanzia, al di fuori della sfera familiare. Un’altra tendenza significativa degli ultimi anni, per quanto riguarda i servizi pre-scolastici, è rappresentata da un dibattito pubblico sempre più vivace circa 27

Altrettanto è avvenuto negli altri Stati membri dell’Unione, poiché tali obiettivi rientrano nella cosiddetta Strategia di Lisbona.

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l’introduzione di forme di apprendimento formale (in tema di lingue straniere, ma anche matematica, ecologia, biologia, ecc.) all’interno dei servizi stessi. Secondo i fautori di questa riforma, l’introduzione di simili “curricoli” dovrebbe avvenire il più presto possibile nella vita dei bambini; in certi casi anche all’età di due o tre anni. In parallelo con questo acceso dibattito, le politiche tedesche per la prima infanzia hanno fortemente investito nello sviluppo degli asili nido e delle scuole materne. Va detto al riguardo che la situazione della Germania, a paragone di Paesi come l’Olanda, la Francia o l’area scandinava, è ancora deficitaria. Non si può negare, però, che negli ultimi anni siano stati compiuti dei progressi importanti. Il dibattito si è attualmente spostato sull’opportunità di rendere obbligatoria anche l’istruzione pre-scolastica, a partire dai quattro o dai cinque anni di età. In realtà la proposta riguarda soprattutto i figli di stranieri privi di competenze linguistiche sufficienti, nel momento in cui entrano nel sistema scolastico formale. Nondimeno, la finalità politica che la ispira è valida per tutti i bambini di quella fascia di età. Diversi stati della Federazione hanno inoltre introdotto dei test di lingua obbligatori, come requisito per l’accesso alle scuole elementari da parte dei figli degli stranieri. Chi non supera il test è rimandato alle istituzioni prescolastiche, fino a che non acquisisca una adeguata conoscenza del tedesco. Resta da capire, tuttavia, come sarà possibile coprire i costi di questa innegabile espansione del sistema pre-scolastico: provvederà il governo federale? O lo faranno i singoli stati? I genitori? O, ancora: una combinazione tra tutte queste fonti? Parecchi stati, in ogni caso, stanno già contemplando la possibilità di anticipare l’inizio della scuola dell’obbligo a cinque anni, sostenendo che ciò favorirà, a tempo debito, l’integrazione sociale e professionale dei giovani. Nel campo dell’istruzione scolastica formale, riforme importanti erano già state messe in atto in precedenza, ma il dibattito circa i problemi sul tavolo rimane molto acceso. Si discute molto, ad esempio, dell’inefficienza del sistema scolastico tedesco tradizionale o delle disuguaglianze create dal sistema di selezione e di diversificazione della popolazione studentesca.28 Diversi stati della Federazione hanno già messo in atto delle riforme delle “tre colonne” del sistema scolastico tedesco, introducendo il modello della scuola a tempo pieno. Tale modello offre agli studenti più opportunità di passare – anche a un’età “avanzata” – da un tipo di percorso scolastico all’altro, in relazione al loro ritmo di sviluppo personale e alle loro competenze pratiche o astratte. 28

Dopo 4 anni di scuola elementare, che riguardano tutti i bambini in modo indifferenziato, si verifica una selezione assai prematura degli studenti (ad appena dieci anni di età), che li indirizza verso i nove anni di istruzione secondaria del Gymnasium (e poi verso l’istruzione universitaria), oppure verso la “Hauptschule”, un percorso di istruzione secondaria di cinque anni che si conclude nell’apprendistato all’interno del sistema della formazione professionale, in cui convivono due componenti: una pratica, legata all’apprendimento di specifiche competenze professionali in azienda, e una teorica, all’interno delle scuole professionali (Berufschulen). A metà tra le due opzioni di fondo, una terza strada percorribile è quella di passare, finito il settimo anno, alla “Realschule”: una scuola intermedia che prevede sei anni di istruzione secondaria. Possono accedere a questa scuola gli studenti che ottengono buoni voti in una “Hauptschule”, o quelli del Gymnasium che, dopo i primi due anni, non si trovano bene o non ottengono buoni voti, e preferiscono optare per questa soluzione intermedia.


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Un’altra importante riforma, che riguarda gli ultimi anni della scuola secondaria, consiste nella riduzione di un anno della durata del Gymnasium, da nove a otto anni, lasciando tuttavia inalterata l’articolazione dei curricoli preesistenti. Tale riforma, finalizzata a portare la Germania nella stessa posizione di altri paesi europei (come la Francia), si è tradotta in un forte carico di lavoro aggiuntivo per gli studenti, limitandone la possibilità di partecipare ad attività sociali, artistiche e culturali, che pure sono importanti per il loro sviluppo. Lo stesso orientamento a rafforzare i processi di apprendimento formale può essere riscontrato nel sistema universitario. Nel caso tedesco, l’implementazione del “processo di Bologna” ha comportato una riduzione dei tempi necessari per ottenere la laurea, o il master; una “segmentazione per moduli” dei contenuti; il ricorso sistematico agli esami anche durante i corsi e l’obbligo di frequenza dei corsi stessi. Una volta di più, gli studenti si trovano privi del tempo per partecipare ad altre attività culturali, sociali o politiche, esterne al curricolo universitario ma utili per i processi di apprendimento informale. Nell’insieme il discorso pubblico sulla riforma del sistema scolastico ha seguito quasi sempre la logica unilaterale degli adulti. Genitori, docenti e decisori politici pongono l’accento su ciò che i giovani dovrebbero apprendere e ottenere per sé e per la “società della conoscenza” in cui oggi vivono. Per contro, i bisogni, gli interessi, le visioni soggettive e gli obiettivi biografici dei giovani stessi non godono di grande considerazione nel dibattito pubblico. 6.9.4 La riforma costituzionale e le altre riforme politico-legali: quali conseguenze per le politiche giovanili?

Anche se gli assetti organizzativi del sistema delle politiche giovanili sono rimasti quasi immutati, dalla riforma del 1991 a oggi, alcune delle riforme approvate negli ultimi anni sono gravide di conseguenze anche nel campo delle youth policies. Il primo di questi cambiamenti è legato alla riforma costituzionale del sistema federale tedesco, introdotta nel 2006. La riforma costituzionale del sistema federale La riforma costituzionale del sistema politico federale (“Föderalismus Reform”), del settembre 2006, è destinata a condizionare anche la struttura organizzativa del sistema del welfare ai giovani e ai minori. Per effetto di questa riforma costituzionale, il rapporto tra lo Stato nazionale, i singoli stati della Federazione (Bundesländer) e gli enti locali come i comuni (“Kommunen”) è stato riarticolato, in funzione di una nuova distribuzione di competenze, responsabilità e risorse finanziarie. In virtù della riforma, il governo nazionale non ha più titolo a imporre la costituzione degli Uffici giovanili, da parte dei singoli stati. I quali potrebbero senz’altro mantenere in vita gli uffici esistenti (come erano obbligati a fare in precedenza), ma potrebbero anche sostituirli con enti diversi. Lo Stato centrale non ha più nemmeno le competenze per definire le caratteristiche distintive degli uffici giovanili o delle istituzioni

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destinate a rimpiazzarli. Ciò ha conseguenze non indifferenti per il duplice ruolo di cui questi uffici si fanno carico attualmente: coordinamento dei servizi per i giovani e rappresentanza dei giovani stessi, all’interno dei “Consigli per il welfare giovanile”. Le implicazioni della riforma costituzionale per i servizi all’infanzia e alla gioventù sono state recepite all’interno del VIII Libro del Codice sociale, e fanno ormai parte della legislazione in materia a tutti gli effetti. Benché tale riforma non abbia ancora avuto conseguenze a livello pratico (la maggior parte degli uffici giovanili è rimasta inalterata), i governi dei singoli länder potrebbero anche – teoricamente – eliminarli, o ridurne le competenze. Lo stesso potrebbe avvenire con l’offerta di servizi assistenziali ai minori e ai giovani. Se questo è vero, la riforma costituzionale crea le condizioni per una possibile riduzione della spesa pubblica nel welfare giovanile, a livello nazionale e locale. I cambiamenti derivati da altre riforme legislative Cambiamenti amministrativi e organizzativi di un certo rilievo sono anche quelli che discendono dalla nuova legge sull’“Ulteriore sviluppo del sistema di welfare ai minori e ai giovani” (“Kinder- und Jugendhilfe Weiterentwicklungsgesetz) (s. Arbeitsgemeinschaft für Jugendhilfe (AGJ) 2008; 2009). Va evidenziata, in particolare, la disposizione normativa che autorizza una più forte azione di controllo sul comportamento dei genitori, visti gli effetti che questo sortisce sul benessere dei figli e sulle loro condizioni di vita familiare. Si tratta di una disposizione adottata a seguito di alcuni casi estremi di negligenza dei genitori, sfociati nella morte dei figli. Questa stessa regola prevede un ruolo più incisivo degli Uffici giovanili, sotto questo specifico profilo, imponendo loro di siglare dei contratti di collaborazione con tutti gli attori co-responsabili del benessere dei minori: asili nido, centri diurni, scuole, centri di aggregazione giovanile, polizia, ecc. Gli uffici giovanili sono inoltre tenuti a elaborare nuovi metodi di prevenzione e di intervento, laddove ci sia motivo di presumere che il benessere dei minori sia a rischio. Per effetto di queste nuove disposizioni di legge, gli enti pubblici o privati che lavorano con i giovani sono tenuti a informare le istituzioni competenti o ad intervenire direttamente, in tutti i casi in cui hanno “l’impressione” che il benessere dei minori sia messo a repentaglio. Operatori professionali, ma anche privati cittadini che abbiano motivo di crederlo (o ne abbiano anche solo “l’impressione”) dovrebbero informare i genitori e/o l’Ufficio giovanile o le altre autorità, affinché sia verificata l’effettiva sussistenza del rischio. La legge vieta, e sanziona, ogni omissione al riguardo. Nel caso di certe figure professionali, come il personale ospedaliero che assiste minori feriti o giovani alcolizzati, questa riforma ha generato molte preoccupazioni e perfino disorientamento. Ne è derivato, nelle fila degli addetti ai lavori, un dibattito serrato. Per mettere davvero in pratica i “contratti di collaborazione”, di conseguenza, bisognerebbe prima rispondere ad alcune domande fondamentali: • Come è possibile individuare i rischi a cui sono esposti i minori con il necessario anticipo?


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• Come possono le istituzioni dei servizi sociali, sanitari e scolastici – sistemi assai diversi tra loro, per logica di funzionamento e assetti organizzativi –, cooperare tra di loro e con le altre istituzioni (polizia, tribunali, ecc.), entro un unico sistema di monitoraggio preventivo? • Come è possibile scambiare dati e informazioni sui minori e sulle famiglie presumibilmente a rischio, senza danneggiare la riservatezza delle famiglie, e nel pieno rispetto delle regole che proteggono le famiglie e i minori? Tutte queste domande non hanno ancora trovato, a oggi, risposte soddisfacenti. Il dibattito al riguardo, tra gli addetti ai lavori, rimane acceso e controverso. Altri importanti cambiamenti normativi discendono dalla riforma della “Legge per la protezione dei minori e dei giovani” (Kinder- und Jugendschutzgesetze). Tale riforma ha risposto alla necessità di affrontare i problemi di un utilizzo inappropriato e incontrollato dei nuovi media elettronici, da parte dei minori, ma anche dal loro consumo eccessivo di alcol e sigarette. Tra gli altri provvedimenti messi in campo, in questa stessa direzione, figurano i seguenti: • nuove regole per il controllo della pornografia e soprattutto della pornografia infantile, specie nell’ambito di Internet (nel quale la Germania sta cercando di promuovere un accordo di validità europea); • nuovi limiti alla distribuzione, all’uso e al consumo di certi programmi televisivi, in DVD o per computer, per determinati gruppi di età; • restrizioni della promozione e nella diffusione dei War Games e di altri mezzi e programmi che promuovono la violenza; • divieto di utilizzo di Paint Bell; • aumento delle tasse sugli alcolici e maggiore controllo sull’accesso dei minori a questi prodotti. Come si può vedere, gran parte delle riforme legislative degli ultimi anni rispecchia le reazioni politiche ai “rischi” che possono minacciare il benessere dei minori. Risponde inoltre all’obiettivo di prevenire i problemi che i giovani stessi si potrebbero creare. Accanto a queste riforme, si discute attualmente circa la possibilità di introdurre una “licenza internet” per i minori, di proibilire l’utilizzo dei cellulari in certe situazioni (ad esempio a scuola), o di vietare le pubblicità sessuali o pornografiche nei nuovi media. È in aumento, rispetto a tutti questi problemi, la consapevolezza dell’opinione pubblica. 6.9.5 I cambiamenti nelle basi, nelle priorità e nei temi chiave delle politiche giovanili tedesche

Accanto alle riforme normative già descritte, vanno evidenziati anche i cambiamenti che si sono registrati nelle priorità delle politiche giovanili e nelle strategie pedagogiche. Si tratta di cambiamenti indotti dai processi di modernizzazione che hanno

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influenzato, in Germania e altrove, i giovani, le famiglie e le scuole. Più precisamente, i fattori che hanno dato luogo a tali cambiamenti si possono sintetizzare come segue: • le crescenti aspettative sociali circa la necessità di migliorare il rendimento scolastico degli studenti di ogni età, per consentire loro di partecipare con successo all’attuale società della conoscenza. Il dibattito pubblico e le riforme legislative avviate in Germania, a questo riguardo, rispecchiano l’orientamento dell’Unione europea a rafforzare il capitale umano a ogni livello, anche attraverso misure di apprendimento continuo; • la consapevolezza dei decisori politici e degli altri attori del sistema dell’istruzione e delle politiche giovanili, circa la sempre maggiore importanza dell’apprendimento informale e non formale (praticato, ad esempio, nel lavoro sociale con i giovani), anche per migliorare l’apprendimento scolastico; • l’andamento cumulativo dei problemi e dei conflitti sociali: dall’abbandono scolastico, ai conflitti interculturali e ai problemi di integrazione degli studenti stranieri, fino al bullismo e ad altri comportamenti antisociali di cui sono vittima gli stranieri; • l’abuso di alcol e di droga, così come le gravi violenze che si possono verificare dentro e fuori dalle scuole. Al cospetto di questi fattori, vanno sempre più emergendo nuove strategie di fronteggiamento. Al tempo stesso, visioni pedagogiche che parevano ormai obsolete sembrerebbero tornare improvvisamente di moda. I cambiamenti di visione e di strategia • La riscoperta dell’“approccio del deficit” Un cambiamento importante, nelle recenti politiche giovanili tedesche, riguarda la riscoperta del cosiddetto “approccio del deficit”. I giovani, in questa prospettiva, sono considerati un gruppo sociale con molteplici problemi e carenze, che occorre compensare sia sul piano dell’istruzione sia in termini di azioni assistenziali. Detto diversamente, le strategie d’intervento orientate a promuovere lo sviluppo e l’autonomia giovanile hanno perso terreno e risultano meno attrattive agli occhi dei decisori politici e degli altri stakeholder del welfare giovanile. Il mainstream, al giorno d’oggi, è semmai rappresentato dalle strategie di prevenzione e di contenimento dei problemi, che godono di finanziamenti molto più cospicui. Misure di tipo socio-pedagogico come il rafforzamento delle competenze educative dei genitori o il miglioramento del rendimento scolastico dei ragazzi o anche la prevenzione della devianza tra i giovani, non sono che un tassello delle strategie politiche messe a punto dal governo nazionale e da buona parte dei Länder. Strategie socio-pedagogiche come il lavoro con i giovani, il servizio sociale ai giovani in condizioni svantaggiate o problematiche, il lavoro giovanile interculturale, ecc., non sono più considerate come componenti (seppur indipendenti tra loro) delle politiche giovanili, bensì come strumenti di sostegno rispetto a politiche


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diverse: istruzione formale, formazione e qualificazione per l’inserimento lavorativo, prevenzione della devianza. Oggi vanno infatti per la maggiore concetti come “sostegno istituzionale”, “standard di qualità” o “valutazione di efficienza” delle misure di welfare giovanile e delle organizzazioni che le realizzano. Coerentemente con queste tendenze, le strategie di finanziamento del lavoro con i giovani tendono a fare leva su opportunità di breve respiro, “a progetto”, più che su una dotazione di risorse strutturale. A questi cambiamenti si sono accompagnati, come prevedibile, nuovi problemi. In luogo degli investimenti in programmi e strutture stabili, con un orientamento al lungo periodo, le risorse finanziarie vengono canalizzate su progetti a breve termine, con un forte impatto mediatico, come i progetti di “formazione per presentare domande di lavoro” o di “formazione contro la violenza e i comportamenti anti-sociali” e così via. Simili iniziative, benché promosse con l’intento dichiarato di rimediare a certi aspetti negativi della società, hanno una funzione simbolica e “sedativa”, più di quanto non servano a risolvere i problemi stessi. • Il rafforzamento della cooperazione tra le politiche di welfare giovanile e le istituzioni scolastiche Nel quadro delle tendenze sino a qui descritte, una migliore cooperazione tra i servizi ai giovani e le scuole è diventata un obiettivo prioritario tanto per le politiche giovanili quanto per le politiche scolastiche. Nel campo del welfare giovanile, specie per i ragazzi in età scolastica, la realizzazione di tale obiettivo ha facilitato la collaborazione tra Uffici per la scuola e per i giovani, a livello locale, e quindi tra le singole scuole e i vari servizi diretti ai giovani. Sulla base di questi accordi di cooperazione, formali o informali, sono stati sviluppati tipi e modelli diversi di lavoro sociale con i giovani, all’interno e all’esterno delle scuole. Ciò è vero soprattutto per le scuole a tempo pieno, collocate in quartieri relativamente svantaggiati. In questo tipo di contesti, assistenti sociali e insegnanti collaborano all’interno di équipe multidisciplinari, per gestire gli specifici problemi degli studenti, delle scuole, delle comunità locali. In diverse aree del Paese è stata rafforzata anche la cooperazione tra le scuole e le associazioni giovanili. I cambiamenti nelle priorità e negli interessi tematici delle politiche sociali per i giovani Se ora riconsideriamo le priorità politiche del sistema tedesco di welfare giovanile, in un’ottica longitudinale, ci troviamo davanti a forti elementi di continuità e di innovazione. Aspetti come l’assistenza, la protezione e il controllo dei giovani, pur essendo predominanti, procedono sempre di pari passo con le priorità definite di volta in volta dalla politica: autonomia, indipendenza, creatività. Nelle condizioni politiche attuali, le principali priorità si potrebbero descrivere nei termini seguenti. • La protezione dei giovani: proteggere i giovani da se stessi Tra le nuove priorità del sistema di welfare giovanile tedesco, a partire dal 2005/2006, dobbiamo ricordare il miglioramento delle leggi e degli strumenti fi-

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nalizzati a proteggere i giovani da danni esterni, ma anche da danni fisici o mentali causati da altri ragazzi, o anche dai diretti interessati. Questa priorità politica, con le innovazioni normative ad essa collegate, si è tradotta in diversi progetti pilota che hanno sperimentato nuove forme di counseling ai genitori, ma anche di controllo sociale ed educativo dei genitori stessi. Simili progetti, come si è detto, sono nati per reazione ai casi più eclatanti di negligenza genitoriale. In altri casi, essi hanno invece simboleggiato la reazione contro la violenza e la delinquenza giovanile, eventi che hanno suscitato una forte reazione dell’opinione pubblica (chiamata a mobilitarsi) e degli stessi decisori politici. • L’orientamento lavorativo a favore dei giovani Lo sviluppo dei servizi socio-pedagogici a sostegno dei giovani svantaggiati, in chiave preparatoria o complementare al sistema pubblico di formazione professionale, sta oggi raccogliendo nuova attenzione, dopo un periodo in cui era stato trascurato. Particolari sforzi vengono oggi indirizzati ai giovani che vivono direttamente o indirettamente (in virtù dell’appartenenza familiare) in stato di povertà e quindi dipendono dai sussidi pubblici. Questa priorità di policy si traduce in programmi o progetti specifici che non rientrano in alcuna strategia coerente di lungo periodo di valenza strutturale. In tali iniziative, gli obiettivi psico-sociali e pedagogici – come l’assistenza e il sostegno cognitivo, emotivo e strumentale ai giovani coinvolti – assumono peso del tutto limitato e secondario. La priorità politica risiede, più semplicemente, in una rapida inclusione dei giovani svantaggiati nel mercato del lavoro. Non è facile, al momento, farsi un’idea più precisa della qualità e della reale “efficienza inclusiva” di questi programmi, che comprendono una varietà di iniziative diverse. Altrettanto difficile è valutare le performance dei giovani che vi prendono parte. A giudicare dai resoconti ufficiali, nondimeno, il loro successo è inferiore alle aspettative. Oltretutto, molti degli enti che producono questi servizi di preparazione professionale sono organizzazioni for-profit che non rientrano in alcun modo nel sistema del welfare giovanile. Giacché gli enti che operano in questo campo – quale che sia la forma giuridica – devono dimostrare di aver conseguito risultati positivi nell’inserimento lavorativo dei giovani, ogni qualvolta partecipano a nuovi bandi pubblici, si innescano evidenti dinamiche di “scrematura”: gli enti tenderanno a selezionare i partecipanti ai corsi tra i candidati meglio qualificati ed escluderanno i più svantaggiati, fino a creare un nuovo segmento di giovani emarginati. Oltre ai già citati corsi di preparazione alla formazione professionale (riconducibili ai servizi sociali), un’altra strategia avviata a livello federale – anch’essa finalizzata a un miglior inserimento lavorativo dei giovani in condizioni di svantaggio – è il “Programma di rafforzamento dei punti di forza dei giovani, nella transizione al lavoro” (“Starken Stärken: Übergänge in die Arbeit”). Rispetto ai programmi del passato, di cui valorizza i risultati positivi, tale iniziativa ripone più enfasi sulle difficoltà sociali, psicologiche e di apprendimento dei giovani svantaggiati.


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• Migliorare la partecipazione sociale e politica e la cittadinanza attiva A livello nazionale, a fronte delle priorità delineate dal Libro Bianco dell’Unione europea “Un nuovo impulso per la gioventù europea” (2001), e degli obiettivi definiti nel Metodo aperto di coordinamento nel campo delle politiche giovanili (Open Method of Coordination 2002), il governo tedesco ha cominciato a investire di più nella partecipazione sociale e politica dei giovani, per renderli meglio informati sulle questioni che li riguardano e sulle opportunità di fare volontariato. A partire dal 2004/2005 sono state avviate delle campagne nazionali ad hoc. Uno specifico programma federale sulla partecipazione giovanile (il Programma P) è stato lanciato dal Ministero della famiglia, degli anziani, dei giovani e delle donne, e poi messo in atto dall’Agenzia federale per l’educazione politica (Bundeszentrale für Politische Bildung). Il programma era mirato soprattutto ai giovani che non partecipano ad associazioni, al fine di promuovere scambi di esperienze locali sui temi di interesse dei giovani e poi di realizzare un “Meeting federale”: un evento politico-culturale da tenere a Berlino, che permettesse ai giovani di discutere con i coetanei di tutto il Paese (ma anche con i politici e con personalità della vita sociale e culturale) delle loro opinioni e aspettative, così come dei loro problemi. Ne è anche derivata la creazione di nuovi portali web e di reti di scambio virtuale tra i giovani. Lo scambio di opinioni e di proposte ha toccato non solo la politica, ma anche le pratiche della cittadinanza e il volontariato a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Con queste strategie, ma anche con il sostegno ai parlamenti dei giovani e ad altre forme di auto-organizzazione, lo Stato federale – al pari di molti singoli stati ed enti locali – cerca di dare risposta alle reazioni critiche dei giovani verso le forme tradizionali di partecipazione sociale e politica. A tale scopo, anche sulla base delle indicazioni tratte dai molti progetti di partecipazione giovanile dell’ultimo decennio, è stato da poco avviato un programma innovativo che incentiva la partecipazione sociale e il volontariato dei minori e dei giovani: il programma “Il tempo degli eroi” (“Zeit für Helden”), che comprende una serie di “Giornate speciali” in cui i minori e i giovani si possono impegnare per altre persone in condizioni di bisogno (giovani o anziani) e per la comunità in cui vivono. I progetti sostenuti all’interno del programma possono essere avviati nelle scuole o nelle associazioni giovanili, ma anche nei club sportivi o in altre organizzazioni. Azioni partecipative di questo tipo sono promosse nel quadro di una duplice strategia. Da un lato mirano a rafforzare la partecipazione giovanile, offrendo ai ragazzi opportunità pratiche e legate all’ambiente in cui vivono; dall’altro lato, aiutano i giovani a riflettere sul proprio ruolo nella società e alimentano la discussione sul loro contributo al riguardo. • Una svolta interculturale nelle associazioni giovanili Tra le attuali priorità delle politiche giovanili tedesche, su scala nazionale, figura anche il rafforzamento delle capacità di integrazione dei giovani stranieri, o di

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minoranze etniche, da parte delle associazioni giovanili. A questo scopo è necessario investire di più e meglio nella formazione e nella qualificazione dei membri attivi di tali associazioni, così da rafforzarne le competenze interculturali. Occorre diffondere più informazioni intorno al background culturale dei giovani stranieri, investendo altresì nei metodi della pedagogia interculturale, nelle competenze linguistiche e così via. A favore di questa svolta interculturale nelle associazioni giovanili, è stato recentemente avviato un programma di ampio respiro, attuato in cooperazione tra il Ministero federale e il “Consiglio giovanile federale della Germania” (Deutscher Bundesjugendring). • Promuovere la cittadinanza e la tolleranza: campagne antirazziste e progetti contro l’attivismo dell’estrema destra Un altro aspetto importante delle strategie odierne risiede nella promozione di atteggiamenti più tolleranti, da parte dei giovani, nei confronti delle minoranze etniche, culturali e razziali. In vista di questa priorità il Ministero ha finanziato un’ampia gamma di iniziative, campagne e progetti di antirazzismo. Altrettanto hanno fatto gli enti locali e le organizzazioni non governative. Tali progetti mirano a stimolare la consapevolezza della popolazione maggioritaria, intorno all’importanza della tutela dei diritti umani dei gruppi minoritari, compresi quelli dei giovani stranieri o di minoranze etniche. Tali campagne servono anche a rafforzare l’impegno civico contro l’etnocentrismo, il razzismo, l’antisemitismo e le discriminazioni in generale. Nel quadro di queste attività, giovani e anziani di diversa estrazione socio-culturale e religiosa possono cooperare, a livello locale, regionale o nazionale, al fine di migliorare i valori democratici, la tolleranza e la comprensione tra gruppi diversi. Diverse esperienze hanno provato il successo di questa strategia, che stimola giovani e meno giovani a dimostrare pubblicamente i propri valori umanisti e democratici, anziché tollerare discorsi o comportamenti razzisti e discriminatori, contrastando inoltre la visibilità pubblica dei gruppi xenofobi di estrema destra. Anche i risultati delle elezioni politiche locali, in diversi casi, hanno testimoniato l’efficacia di queste iniziative, che soffrono tuttavia – specie laddove contrastano l’estremismo di destra – di una dotazione di fondi insufficiente e scontano gli effetti della riduzione delle infrastrutture a favore dei giovani (come i centri giovanili) che hanno avuto luogo, specie in Germania dell’est, negli anni successivi alla riunificazione. 6.9.6 Riepilogo, conclusioni e nuove prospettive

Riepilogo e conclusioni Come si è visto in queste pagine, le politiche giovanili tedesche rientrano nel sistema integrato delle politiche di welfare e di assistenza alla famiglia e ai minori, regolate dalla Legge sull’assistenza e il welfare per i minori e i giovani. Le politiche di questo settore, finalizzate al benessere, alla protezione e allo sviluppo di tutta la popolazione di età compresa da 0 a 27 anni, sono organizzate secondo diversi livelli di


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intervento. Ne deriva, in base al principio di “sussidiarietà”, una stretta e sistematica cooperazione tra gli enti pubblici e gli attori della società civile. Al tempo stesso, il sistema delle politiche di welfare giovanile fa parte del più ampio sistema delle politiche sociali tedesche che comprende svariati altri campi: istruzione, lavoro, sicurezza sociale, salute, giustizia. All’interno di questo quadro, come abbiamo già avuto modo di sostenere, le politiche giovanili occupano una posizione ambigua. Si tratta inoltre di un settore relativamente “debole”, che ha bisogno di trovare una propria autonomia di ruolo e di identità. Assistiamo infatti, al giorno d’oggi, a una relazione carica di tensioni – in cui convivono spinte cooperative e competitive – tra i discorsi, i programmi e gli interventi messi a punto in ciascuno dei settori menzionati. I principali cambiamenti delle politiche giovanili, nel periodo 2006-2009, riguardano le fasce di età inferiore all’interno della popolazione target, ovvero le politiche alle famiglie e all’infanzia. In quest’ambito si possono documentare degli importanti processi di modernizzazione finanziaria, strutturale e organizzativa. La nuova visione che orienta i servizi educativi alla prima infanzia, la crescente cooperazione tra i servizi per i giovani e i minori e il sistema scolastico, nonché i nuovi scambi tra le istituzioni di welfare giovanile e le comunità locali di riferimento, sono altrettante trasformazioni che meritano di essere evidenziate (Pluto/ Gragert/ van Santen/ Seckinger 2007). Si potrebbe aggiungere che, al di là dei processi di modernizzazione già discussi, le politiche giovanili tedesche non hanno dato prova di grande efficacia di fronte alle conseguenze della povertà, per i minori e per i giovani. A parte “motivare” i giovani e le loro famiglie nella ricerca di vie d’uscite alla povertà, soprattutto attraverso la scuola, le politiche pubbliche non hanno fornito alcuna risposta adeguata e innovativa, in grado di aiutare realmente le fasce della popolazione più svantaggiate. Nello specifico campo delle politiche per i giovani, aventi come target gli adolescenti e i giovani adulti, la situazione – in quanto a priorità politiche, programmi e misure effettive – è piuttosto statica. Non si sono registrate particolari innovazioni e trasformazioni, negli ultimi anni, al riguardo. Vanno segnalate, al più, le disposizioni normative che puntano a rafforzare i minorenni da una serie di rischi e di comportamenti a rischio. A giudizio degli esperti da noi intervistati, in alcuni degli stati dell’ex Germania est sono nate di recente iniziative tese a dare un nuovo protagonismo ai giovani, nell’ambito dei processi di sviluppo regionale, economico e socio-culturale. Alcuni di questi stati hanno avviate misure finalizzate contrastare la “fuga dei giovani” – una sorta di youth drain – a cui si è assistito a partire dalla riunificazione, per effetto della deindustrializzazione di quelle aree del Paese. Sino a pochi anni or sono, in effetti, era possibile documentare un’emigrazione diffusa di giovani e adulti, in cerca di migliori opportunità negli stati dell’ex Germania ovest e soprattutto nella parte meridionale del Paese. Il fenomeno è dovuto anche alla mancanza di opportunità di formazione e di lavoro, oltre che di prospettive di un futuro economicamente migliore. Al giorno d’oggi, alcuni di questi stati promuovono misure orientate a invertire il trend, come percorsi di formazione qualificata e nuove opportunità partecipative per i giovani, nonché nuo-

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ve prospettive di realizzazione professionale per i giovani più qualificati. C’è poi Hallo Money, un sussidio per incentivare il rientro dei giovani emigrati nelle loro comunità locali d’origine. Attraverso queste misure gli stati dell’ex Germania orientale sperano di contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti demografici e della migrazione interna, che provocano un crescente invecchiamento della loro popolazione. È comunque possibile documentare cambiamenti di segno positivo, negli ultimi anni, nel campo della partecipazione, della cittadinanza attiva e del volontariato. In tutti questi ambiti, il governo federale ha promosso svariati programmi (come il “Programma P”) e progetti pilota. Anche il dibattito sulla cittadinanza e la partecipazione si è riacceso, ma senza sortire, in generale, innovazioni particolari a livello locale o regionale. Basti dire che non si conoscono casi di enti locali – ovvero di Uffici giovani comunali – che abbiano promosso consultazioni e discussioni allargate con i giovani, organizzati e non, nell’elaborazione dei piani giovanili locali. In un’ottica di sociologia dei giovani, si può concludere evidenziando la sostanziale assenza di una una politica giovanile moderna, in grado di integrare i diversi settori delle politiche sociali, così da fornire risposte coerenti alle svariate esigenze scolastiche, formative, lavorative, socio-culturali, abitative e psicologiche – e più in generale, alle aspirazioni – dei giovani di età tra i 15 e i 27-29 anni, nonostante le sollecitazioni del Comitato consultivo. In altre parole, le politiche giovanili tedesche continuano a puntare sulla promozione dei servizi assistenziali più che sull’empowerment dei giovani stessi, quali attori e co-decisori delle politiche che li riguardano. Va segnalata, da ultimo, la sempre più diffusa tendenza a orientare le politiche giovanili in termini meramente strumentali: ciò che conta, al giorno d’oggi, è aumentare le chance di inserimento lavorativo dei giovani, più che la prospettiva di aiutarli a sviluppare una propria identità soggettiva, che li renda in grado di fronteggiare le sfide sollevate da una società più complessa e differenziata che mai. Le politiche sociali per i giovani, al pari delle politiche scolastiche, sembrano aver interiorizzato sempre di più gli standard economici dell’“efficienza” e della “valutazione”, mutuandoli da settori diversi. Agli occhi degli esperti in politiche giovanili (ricercatori, operatori dei servizi, pedagogisti, ecc.), non può essere questo il principio fondante delle politiche e del lavoro con i giovani. Oltretutto, le politiche giovanili dovrebbero essere nelle condizioni di riflettere criticamente sulle finalità, le strategie e le pratiche che le caratterizzano, dando così ai giovani la possibilità di esprimere le proprie opinioni sulla società e anche di criticare lo status quo. È necessaria, in altre parole, una maggiore autoriflessività da parte degli stakeholder istituzionali delle politiche giovanili, ma anche degli operatori che le traducono in realtà: se le politiche e il lavoro sociale con i giovani non permettono loro di fare esperienze diverse (e perfino opposte) rispetto allo stile di vita degli adulti, le motivazioni e l’interesse a partecipare dei giovani stessi diminuiranno ulteriormente. Rallenteranno, per ciò stesso, i processi di mutamento sociale che tipicamente si accompagnano al passaggio da una generazione all’altra. Se le cose stanno così, occorre farsi una domanda: che senso ha mettere in atto politiche giovanili inte-


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ressate non già ai giovani, bensì alle istituzioni e ai servizi che si occupano di loro, con l’unico risultato di riprodurre la società esistente, accelerando l’integrazione dei giovani nel mondo degli adulti? Senza dimenticare un altro aspetto: i giovani che rifiutano o evitano una precoce integrazione nel mercato del lavoro e nella vita adulta tendono a essere etichettati e poi discriminati ed emarginati da ogni opportunità di partecipare in modo attivo alla vita della comunità locale e della società tout court. In definitiva, questi giovani rimangono ai margini del loro stesso futuro. Prospettive Non sono molte le proposte coerenti e stimolanti, elaborate dai giovani stessi (in quanto attori delle politiche), per introdurre cambiamenti strutturali nelle politiche di welfare giovanile. Le idee più innovative, in vista dello sviluppo di un sistema di politiche più moderno e coerente, sono emerse all’interno del “Comitato federale consultivo sui problemi dei giovani” (Bundesjugendkuratorium). Facendo leva su audizioni con diversi esperti, in cui si è analizzato lo scenario attuale delle politiche giovanili, il Comitato federale consultivo ha pubblicato una serie di proposte e di suggerimenti al riguardo (2009). In primo luogo, il Comitato ha presentato alcuni criteri di particolare rilevanza per orientare le nuove politiche giovanili. Si tratta dei criteri seguenti: • la necessità di tenere conto di tre dimensioni, per elaborare politiche innovative e coerenti: una temporale, una legata all’oggetto della politica stessa (e alle priorità che ne derivano), una operativa; • la capacità di contestualizzare queste dimensioni in modo coerente; • la capacità di considerare sia l’insieme dei bisogni, degli interessi e delle aspettative dei gruppi di giovani coinvolti, sia gli aspetti positivi e negativi delle politiche già esistenti. A partire da questi criteri, il Comitato consultivo propone di integrare tipi di politiche diversi, per gettare le basi di un nuovo modello di politica giovanile: • le politiche giovanili come fonte di protezione e di sostegno (ivi comprese le tipiche politiche socio-assistenziali); • le politiche giovanili come fonte di qualificazione (ciò che comprende lo sviluppo giovanile, l’istruzione, la formazione e la qualificazione professionale); • le politiche giovanili come fonte di partecipazione e di cittadinanza (con riferimento ai diritti politici, alle svariate forme di partecipazione, alla cittadinanza attiva); • le politiche giovanili come fonte di identificazione generazionale (e quindi come terreno in cui trattare le relazioni intra- e intergenerazionali, i rapporti di potere e l’equità tra generazioni). Se le prime due dimensioni esprimono il modello classico delle politiche giovanili e di quelle per l’istruzione formale, in cui predomina la categoria psicologica di “sviluppo” e l’orientamento temporale al “futuro”, la terza dimensione – partecipazione e cittadinanza – contribuisce a una visione di welfare giovanile più innovativa e

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moderna. Si tratta di una condizione necessaria, benché non sufficiente, per modernizzare le politiche giovanili, in un’ottica sociologica. Di qui la necessità di includere anche la prospettiva generazionale, per dare il giusto rilievo al rapporto (temporale) tra passato, presente e futuro. Integrare le quattro dimensioni entro un paradigma politico unitario dovrebbe permettere, secondo il Comitato consultivo, di superare i riferimenti esclusivi alle politiche socio-assistenziali, a favore di politiche sociali che guardino ai giovani “al futuro”, anziché al tempo presente o passato. È sostanzialmente impossibile, in questa sede, analizzare in dettaglio gli obiettivi e gli assi tematici individuati dal Comitato, per ciascuna delle quattro dimensioni. Almeno per alcuni di essi, tuttavia, vale la pena fare qualche breve cenno riassuntivo. Le politiche per i giovani, in quanto politiche di protezione e di sostegno, dovrebbero: • stimolare e accompagnare i processi di crescita e di transizione all’età adulta dei giovani tenendo sempre conto delle forme di disuguaglianza sociale in cui essi si inseriscono; • saper affrontare i nuovi rischi e fattori critici a cui i giovani sono sovraesposti: tra gli altri, i pericoli legati all’utilizzo di internet, la violenza, i rischi per la salute e l’incerta transizione dalla scuola, al lavoro, alla vita adulta; • puntare anche sulla formazione dei giovani a un corretto utilizzo dei nuovi media (“competenze nei media”, “controllo dei dati”); • promuovere azioni trasversali, che tengano simultaneamente conto – più di quanto oggi avviene – della promozione della salute, dello sport, di stili di vita salutari; • stimolare, in ogni caso, una crescente autonomia dei giovani. Le politiche per i giovani, in quanto politiche di qualificazione, dovrebbero: • stimolare le competenze critiche dei giovani, affinché sappiano riflettere sulla società in cui vivono, e riconoscano l’importanza dell’istruzione come diritto civile, ma anche come capitale su cui investire al meglio; • dare ai giovani il diritto e la possibilità di qualificarsi, in vista di una partecipazione sociale attiva; • sostenere i giovani nel fronteggiamento dei problemi che emergono nei processi di transizione dall’istruzione obbligatoria, alla formazione professionale, al lavoro; • aiutare i giovani a investire nella formazione continua, in una società che è oggetto di cambiamenti continui; • favorire l’accesso dei giovani alle pari opportunità, all’interno del sistema scolastico. In questo senso, le politiche giovanili dovrebbero riconoscere l’importanza dell’istruzione (formale e informale) come fattore di inclusione sociale e come strumento di partecipazione alla società.


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Le politiche per i giovani, in quanto politiche di partecipazione e di cittadinanza, dovrebbero: • puntare a migliorare e a qualificare la partecipazione dei giovani alla società attuale, a tutti i livelli e in tutte le forme possibili; • contribuire al potenziamento dei diritti dei giovani, come risorsa per definire in modo autonomo e inequivocabile il loro status, distinguendolo da quello dei bambini, ma anche da quello degli adulti; • rivisitare, in senso critico, la legittimità e la pertinenza dei limiti alla partecipazione fondati sull’età. Si tratta di limiti che contraddicono la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, basata sull’interdipendenza tra opportunità partecipative e apprendimento di competenze adeguate; • raccordare sistematicamente le politiche di partecipazione e cittadinanza con quelle di qualificazione, affinché i giovani sviluppino le competenze e le abilità necessarie per partecipare in tutti i diversi ambiti della società. Le politiche per i giovani, in quanto politiche di identificazione generazionale, dovrebbero: • promuovere il dibattito sociale intorno all’equità della distribuzione intergenerazionale delle risorse e divulgare il concetto di “equità produttiva”, orientato al futuro, per rivendicare maggiori investimenti a favore delle generazioni future. L’equità generazionale, se praticata in termini sincronici, non può che portare in primo piano – tra i temi “scottanti” delle politiche giovanili – il problema della distribuzione delle risorse, in ogni dato momento; • analizzare le disuguaglianze e le iniquità intergenerazionali, in termini di partecipazione alla ricchezza materiale della società e valutare l’eventuale legittimità delle disuguaglianze riscontrate. Una realizzazione effettiva di queste quattro dimensioni, entro un modello coerente di policy, richiede – a giudizio del Comitato consultivo – due condizioni ulteriori: • una lista di criteri di controllo (in termini concreti, di “domande di verifica”), come parametri per valutare se i programmi e le misure messe in atto, per ciascuna dimensione delle politiche, corrispondano realmente al modello integrato e unitario che si propone; • in secondo luogo, alcuni criteri strategici di governance, necessari per tradurre il concetto stesso nelle sue declinazioni operative. Il Comitato consultivo ha quindi elaborato una serie di undici “domande di verifica”, di cui tenere conto nei processi di implementazione del nuovo modello di policy. Accanto alle domande, il Comitato suggerisce di tenere conto dei seguenti criteri di governance: • solo i programmi e le misure che rispondano in termini concreti e soddisfacenti alle “domande di verifica”, per ciascuna dimensione delle politiche, si possono far legittimamente rientrare nel nuovo modello di politica giovanile;

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• le istituzioni e gli addetti ai lavori, responsabili dell’elaborazione e dell’attuazione delle politiche giovanili, devono essere consapevoli della necessità di integrare ogni specifica misura nel quadro più ampio delle politiche giovanili tout court; • occorre inoltre lavorare sul miglioramento dei requisiti istituzionali necessari per sviluppare strategie comuni e trasversali, ma anche per la cooperazione e il lavoro di rete. Si tratta di rafforzare la comunicazione e gli scambi tra settori e ambiti di policy diversi, al fine di integrare le diverse prospettive strategiche, in funzione delle questioni di interesse comune; • per ideare e progettare politiche giovanili trasversali e coerenti vanno anche considerati gli aspetti operativi, comunicativi e di rilevanza pubblica, così come i diversi livelli di azione in cui si articolano le politiche stesse. Sul piano operativo, inoltre, l’attuazione di questo nuovo modello di politica giovanile, nel contesto tedesco, dovrà tenere conto delle seguenti precondizioni: • ampliare le aree di competenza trasversale delle politiche giovanili, così come le responsaibilità dei Ministeri competenti. In altre parole, ampliare e migliorare la cooperazione interministeriale; • sviluppare progetti strategici, basati sulla partecipazione di attori rappresentativi di tutti i diversi settori coinvolti; • ideare e realizzare un sistema di monitoraggio regolare delle condizioni giovanili, che permetta di raccogliere le conoscenze necessarie per lo sviluppo di politiche saldamente ancorate ai dati di realtà. Questi lineamenti di una nuova politica giovanile per la Germania sono stati inoltrati dal Comitato consultivo al Ministero della gioventù, e poi pubblicati e fatti circolare tra tutti gli attori rilevanti delle politiche giovanili del Paese (Bundesjugendkuratorium. 2009). Alla luce della diversa influenza politica di cui godono i vari attori (e i diversi ministeri) interessati alle politiche sociali per i giovani, e tenuto conto dell’attuale dibattito sui giovani e sulle politiche giovanili in Germania, non è verosimile che l’agenda di riforme prospettata dal Comitato trovi attuazione, in termini di cambiamenti strutturali, in un prossimo futuro. Dato il “potere inerziale” esercitato dalle istituzioni attuali, è ragionevole aspettarsi che esse non siano in grado, nel breve periodo, di aprirsi a orizzonti e a prospettive politiche di più ampio respiro.


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BIBLIOGRAFIA

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Capitolo 7 Regno Unito Andy Biggart e Andy Furlong

7.1 INTRODUZIONE

Nel Regno Unito il concetto specifico di ‘politiche giovanili’ continua a non trovare forte riscontro nei discorsi politici. Nonostante i cambiamenti che attraversano i diversi settori delle politiche che riguardano i giovani, in una prospettiva comparativa con il resto delle politiche europee, la “gioventù” come concetto continua ad essere inteso in senso piuttosto stretto e spesso è usato per intendere ragazzi fino ai 18 o 19 anni. La transizione dei giovani verso la vita adulta si è protratta e spesso implica periodi di dipendenza o semidipendenza. Tuttavia, in termini comparativi, nel Regno Unito i giovani si inseriscono molto velocemente nel mercato del lavoro e raggiungono presto anche l’indipendenza economica. Oggi quasi la metà dei giovani nel Regno Unito raggiunge livelli di istruzione superiore, ma anche all’interno di questo gruppo maggiormente qualificato l’ingresso nel mondo del lavoro avviene intorno ai 21/22 anni. Negli ultimi anni il Regno Unito ha sperimentato una lenta ma sostenuta crescita economica e i livelli di disoccupazione sono molto al di sotto delle medie europee con un tasso di disoccupazione nel gruppo di età 15-24 anni del 12,5% nel 2004 (OIL). Le politiche giovanili a livello nazionale riflettono per lo più le preoccupazioni rappresentate dai giovani visti come “un problema” piuttosto che come “una risorsa”. Ne deriva una politica interna che si concentra su problemi di esclusione sociale e criminalità giovanile e una politica giovanile che è diventata quasi sinonimo di queste problematiche sociali.

7.2 GLI ATTORI DELLE POLITICHE GIOVANILI 7.2.1 Quadro generale delle politiche

Al di là del settore dei servizi sociali rivolti ai giovani, non esiste – nel Regno Unito – una chiara definizione del campo di azione delle politiche giovanili. Si può affermare che esse rientrino nelle competenze di molti settori di intervento, tra i quali istruzione e formazione, esclusione sociale, previdenza e politiche per il lavoro, sanità, lavoro giovanile e giustizia penale. Le politiche concernenti queste aree di intervento si sono concentrate sui risultati negativi ed hanno adottato sempre più frequentemente approcci preventivi ed interventi precoci. Ne è derivata una crescente attenzione sugli adolescenti piuttosto che sui giovani. La politica in quest’area è, inoltre, influenzata dalle preoccupazioni sulla competitività economica del Regno Unito. Ciò sposta ulteriormente l’attenzione sull’innalzamento del livello di istruzio-

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ne e formazione e sulla diminuzione dell’esclusione sociale e della dipendenza dai servizi assistenziali. Le misure di “civismo” collegano, infatti, i diritti alle responsabilità, quindi i giovani hanno accesso al sostegno sociale attraverso la previdenza o la formazione, ma questo tipo di sostegno è molto spesso condizionale e può comportare sanzioni punitive per la mancata osservanza di quanto pianificato per loro. Grazie al lavoro svolto dall’Unità contro l’esclusione sociale (Social Exclusion Unit), che ha sottolineato la frammentazione e la mancanza di coordinamento nel campo delle politiche giovanili, si è recentemente tentato un approccio più coordinato e condiviso. Nel 2000 il Regno Unito ha nominato il suo primo Ministro del Governo per la Gioventù. Negli ultimi anni le competenze di questa figura si sono maggiormente orientate verso l’infanzia e l’adolescenza, da cui la nuova denominazione di “Ministro per l’infanzia, i giovani e le famiglie”. Di fatto, le competenze del nuovo ministero si collocano pur sempre all’interno del Ministero della pubblica istruzione. Dal 1999 gran parte delle politiche nazionali sono state affidate ai parlamenti regionali, ma questo particolare settore rimane competenza del governo nazionale, sebbene la Scozia e l’Irlanda del Nord dispongano di un proprio Ministro per l’infanzia e la gioventù. Il Galles ha invece un Ministro per l’istruzione, l’apprendimento permanente e le competenze. La costituzione di un Ministero per l’infanzia, i giovani e le famiglie rappresenta un passo in avanti nella creazione di un approccio politico più coerente verso le problematiche giovanili. Ciononostante le politiche per la gioventù rimangono una questione secondaria per la generalità degli uffici ministeriali e degli enti governativi. Il Ministero della pubblica istruzione riveste un ruolo importante rispetto a molte questioni giovanili in Inghilterra, tuttavia il problema dei confini ministeriali del governo tradizionale rappresenta una barriera nel raggiungimento di una politica giovanile coordinata e coerente. In alcuni casi questo limite è stato superato spostando alcuni aspetti delle politiche da un ufficio governativo ad un altro. Per esempio in Inghilterra l’Unità per le gravidanze in adolescenza (Teenage Pregnancy Unit) era collocata all’interno del Ministero della sanità ed è stata spostata nel Ministero della pubblica istruzione, sotto la responsabilità del Ministro per l’infanzia, i giovani e le famiglie. Mentre la politica nazionale in tema di gioventù rimane frammentata tra i vari ministeri e parzialmente coordinata, nell’implementazione delle varie strategie, il governo centrale ha posto un’enfasi considerevole sull’approccio di partenariato e condivisione a livello locale. Ciò prevede la promozione di metodi di lavoro condivisi tra i vari enti e accordi di associazione tra il settore pubblico, privato e di volontariato e, ancora, una maggiore flessibilità nell’assegnazione di fondi. Dalla redazione dell’ultima relazione, un ulteriore passo in avanti è rappresentato dalla nomina di Commissari per l’infanzia e la gioventù in tutte le regioni del Regno Unito (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord). La nomina è seguita direttamente alla Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia. Questi commissari indipendenti sono stati introdotti per tutelare e promuovere i diritti dei minorenni.


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Di particolare importanza tra gli attori in questo campo sono i vari enti nazionali per la gioventù (Ente nazionale per la gioventù, Ente del Galles, Forum giovanile dell’Irlanda del Nord, Youthlink della Scozia) che continuano ad agire come organizzazioni di ampio respiro volte a conferire ai gruppi di giovani delle comunità e del volontariato una cassa di risonanza a livello nazionale. Children’s Trusts – Fondazioni per l’Infanzia In Inghilterra le autorità locali hanno testimoniato la nascita dei Children’s Trusts, Fondazioni per l’infanzia il cui compito è di monitorare il coordinamento di tutte le politiche locali legate ai bambini e ai giovani sotto i 18 anni. Sono state studiate per fornire un approccio più coerente alla pianificazione e alla fornitura di servizi locali attraverso un’associazione tra le autorità locali ed i settori del volontariato e delle comunità. Ministeri governativi Ci sono stati molti cambiamenti nei nomi dei ministeri governativi. In Inghilterra il Ministero della pubblica istruzione (da poco rinominato “Department for Education and Skills- DfES”) rappresenta il ministero governativo più importante per quanto concerne le questioni giovanili. Ma anche il Ministero del lavoro, il Ministero dei beni culturali, il Ministero della salute, il Ministero dell’interno, il Gabinetto, l’Ufficio del Vice Primo Ministro, il Ministero per l’ambiente, la nutrizione e l’agricoltura, contribuiscono sotto diversi profili alle politiche per la gioventù. Dal 1999, a seguito della devoluzione dei poteri ai parlamenti regionali di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, le varie regioni del Regno Unito hanno bilanciato i poteri in merito alle specifiche aree politiche e hanno quindi sviluppato i loro distinti ministeri. Le politiche in merito all’istruzione al di fuori dell’Inghilterra sono di competenza delle assemblee nazionali (cui è stato devoluto il potere) che hanno continuato a sviluppare le loro specifiche iniziative in questo ambito. Al contrario le politiche occupazionali ed i servizi sociali in generale rimangono competenza del governo nazionale del Regno Unito. Partecipazione giovanile La partecipazione giovanile nei processi politici sia a livello nazionale che locale è un aspetto che ha visto uno sviluppo particolarmente rapido negli ultimi anni. In questo processo ha influito l’attuazione da parte del Regno Unito degli impegni presi nell’Articolo 12 della Convenzione sui diritti dell’infanzia, ma di nuovo si riscontra la tendenza a restringere il campo di azione ai ragazzi sotto i 18 anni con pochi meccanismi di partecipazione formale per i giovani adulti, oltre a quelli conferiti a tutti gli adulti. Nel 2005 in Inghilterra è stato creato un Consiglio per i bambini e per i giovani al fine di coinvolgerli nei processi decisionali e di offrire sostegno consultivo al Ministro per l’infanzia e la gioventù. La gestione di questo processo è stata affidata

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alla associazione composta dall’Ufficio nazionale per l’infanzia e dal Consiglio britannico per la gioventù e nel Consiglio sono stati inseriti 25 giovani tra gli 8 e i 18 anni che ne sono membri. A livello delle autorità locali in Inghilterra, il Ministero della pubblica istruzione ha inoltre fortemente promosso la rappresentanza degli adolescenti e dei giovani nelle associazioni delle Connexions locali e all’interno dei Children’s Trusts, compresa la partecipazione dei giovani “difficili da raggiungere”. Il Parlamento dei giovani del Regno Unito (UK Youth Parliament) è stato lanciato nel 1999 ed ha tenuto la sua prima seduta nel 2001 con 300 membri eletti in Inghilterra. Attualmente non ci sono membri eletti in Galles, Scozia e Irlanda del Nord, ma il Parlamento dei giovani lavora in partenariato con i rispettivi enti per la gioventù di queste regioni per assicurare la rappresentanza dei giovani anche in queste aree. Il Parlamento punta a dare voce ai ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, affinché siano ascoltati dai governi locali e nazionali e dalle altre entità che forniscono servizi per i giovani. La Scozia ha il suo Parlamento per i giovani costituito da quasi 200 giovani ed ha una copertura di età più ampia, dai 14 ai 25 anni. Punta a creare una voce comune dei giovani scozzesi in relazione al Parlamento scozzese e agli affari devoluti alla Scozia dal Governo nazionale. A livello locale invece il Dialogue Youth (Gioventù Dialogo) è un partner tra lo Young Scot (Giovani Scozzesi), la Convention delle autorità locali scozzesi (COSLA), le autorità locali, l’Esecutivo scozzese ed i giovani. L’idea è che i giovani (12-18 anni) abbiano una voce in capitolo reale ed effettiva in tutti i servizi che li riguardano direttamente e nelle modalità con cui questi sono delineati e forniti. Nel marzo 2005 il Dialogue Youth è divenuto attivo in tutte le autorità locali in Scozia, grazie a questa entità i giovani sono coinvolti nella pianificazione e nella gestione locale del Dialogue Youth e si interfacciano con i forum giovanili locali, i consigli per l’adolescenza e con i membri locali del Parlamento per i giovani scozzese. Come parte integrante della sua strategia decennale per gli adolescenti e per i giovani, il governo dell’Irlanda del Nord è impegnato nella creazione di una Rete per i giovani dell’Irlanda del Nord, il cui scopo sarà quello di coinvolgere totalmente i giovani nei processi politici. Dal 1999 dopo una serie di iniziative pilota la ‘YouthBank’ (Banca dei Giovani) ha preso forma e si è sviluppata all’interno del Regno Unito coinvolgendo direttamente i giovani nelle decisioni sui fondi da destinare alle iniziative delle comunità locali dirette ai giovani. Le iniziative locali della rete della YouthBank variano per natura e struttura, sebbene molte siano state create all’interno di strutture di autorità locali preesistenti. Per offrire flessibilità secondo le esigenze locali, non esiste un quadro prescrittivo per la costituzione di una YouthBank. Tuttavia, le iniziative locali devono aderire a una serie di principi guida, primo fra tutti che siano gestite


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da giovani, siano aperte a tutti i giovani e siano responsabili del come e dove sono impiegate le risorse economiche. Sostenuta da un consorzio di organizzazioni giovanili, la ‘YouthBank UK’ del Regno Unito è il corpo centrale di sviluppo preposto al coordinamento e al sostegno dello sviluppo e del lavoro delle iniziative locali che fanno parte della rete della YouthBank. È un ente di beneficenza registrato che è riuscito ad ottenere un considerevole sostegno economico dal governo centrale e da altre fonti di finanziamento. Il primo incontro ha avuto luogo nel 2004. I fiduciari della YouthBank UK, tutti giovani, si sono assunti la responsabilità di gestire l’organizzazione centrale al posto dei partner originari del consorzio.

7.3 LE PROCEDURE DI DEFINIZIONE DELLE POLITICHE 7.3.1 Il coordinamento delle politiche giovanili

Abbiamo già avuto modo di sottolineare la mancanza di coordinamento all’interno del Regno Unito in tema di politiche giovanili. La recente nomina per la prima volta dei Ministri per l’infanzia, i giovani e le famiglie, all’interno di ciascuna regione del Regno Unito, rappresenta un passo in avanti per un migliore coordinamento delle politiche e per un approccio più coerente ai diversi campi di azione politica che riguardano i giovani. Tuttavia permane una sostanziale restrizione della fascia di età: ci si rivolge, infatti, soltanto ai minorenni. Il lavoro dell’Unità contro l’esclusione sociale (Social Exclusion Unit), un gruppo di esperti stanziato all’interno dell’Ufficio del Vice Primo Ministro, ha influito molto nella promozione di un approccio olistico e coerente nelle politiche rivolte alla gioventù svantaggiata, rispetto all’approccio disgiunto tra i vari uffici governativi che tendeva a predominare in passato. Di particolare influenza è stata la relazione prodotta nel 1998 ’Bridging the Gap’ (restringere il divario), che ha fornito un’analisi di ricerca dettagliata del gruppo NEET1 e che ha portato alla creazione del Connexions Service in Inghilterra (si veda sotto). Sebbene l’analisi dell’Unità contro l’esclusione sociale riguardasse un gruppo più ampio di quello dei giovani, le strategie da essa sviluppate e diffuse hanno rappresentato il tentativo più importante nel Regno Unito di coordinamento e di collegamento di diverse politiche all’interno del governo. L’Unità contro l’esclusione sociale è stata abolita nel 2006 e sostituita dalla più modesta Unità operativa interministeriale contro l’esclusione sociale. È troppo presto per giudicare se questa nuova unità operativa manterrà o meno il forte impegno sulle tematiche giovanili che era così evidente nella ex Unità contro l’esclusione sociale. Le misure politiche sono introdotte per la maggior parte dall’alto verso il basso, le maggiori strategie politiche vengono, infatti, create a livello di Gabinetto. Il processo 1

NEET è l’acronimo di “Not in Employment, Education or Training” che identifica soggetti non impegnati in alcuna attività lavorativa, di istruzione, di formazione professionale.

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di definizione della maggior parte delle misure più importanti è inoltre caratterizzato da un ampio periodo di consultazioni. Una grande varietà di entità interessate vi prende parte, compresi i vari enti per la gioventù che spesso contribuiscono al processo decisionale con le loro opinioni. Esiste sempre maggiore consapevolezza che il processo decisionale centralizzato deve essere più flessibile secondo le circostanze locali. Diverse misure chiave delle politiche giovanili sono state, infatti, adottate con un approccio più flessibile all’interno del contesto delle strutture nazionali ufficiali e centrali. Per esempio all’interno del New Deal (nuovo patto) il Ministero del Lavoro ha sperimentato un nuovo sistema per fornire una maggiore flessibilità ai manager locali, al fine di considerare le circostanze locali e le necessità individuali e di snellire la burocrazia centralizzata, ma anche per creare nuovi fondi locali (DWP, 2004). Nel riconoscere la necessità di una politica giovanile più coerente, il Ministero della pubblica istruzione ha promosso con decisione il partenariato tra i vari enti che operano al livello delle autorità locali in Inghilterra. Inizialmente il Connexions Service era fornito da 47 associazioni locali monitorate e finanziate direttamente da un ufficio del Ministero. Le partnership locali consistono di un Consiglio di alto livello responsabile della pianificazione strategica e che comprende i direttori degli enti locali, delle comunità, pubbliche, private e di volontariato coinvolti nel sostegno ai giovani, mentre i Comitati di management locale monitorano l’attuazione quotidiana dei programmi a livello locale. Le partnership locali sono controllate dall’ispettorato per gli standard di istruzione (OFSTED). I nuovi assetti, tuttavia, hanno portato alla devoluzione sia del potere di pianificazione sia del potere di finanziamento delle Connexions da un’unità all’interno del Ministero della pubblica istruzione ai Children’s Trusts locali, con l’obiettivo di integrare tutti i servizi chiave per i ragazzi e per i giovani a livello locale. L’Unione europea È difficile comprendere il livello di penetrazione di entità internazionali come l’Unione europea o il Consiglio d’Europa nelle politiche per la gioventù nel Regno Unito. Sebbene il Regno Unito abbia incoraggiato attivamente la partecipazione dei giovani nelle varie forme di interscambio giovanile europeo, di volontariato come di istruzione e formazione, l’impatto europeo nelle politiche interne in tema di gioventù è meno chiaro. C’è stata una lunga tradizione di influenza politica da parte degli Stati Uniti, tuttavia ciò non significa che gli sviluppi a livello europeo non abbiano avuto nessuna influenza sulla politica interna. A livello di governo centrale sembra esserci poca consapevolezza sugli sviluppi dell’UE e ovviamente non c’è stata nessuna discussione sul Libro Bianco dell’Unione: “Un nuovo impulso per la gioventù europea”. Nel settembre 2002 dopo la prima pubblicazione del Libro Bianco dell’UE, il Ministero della pubblica istruzione ha realizzato delle limitate consultazioni con i giovani (11-17 anni) via web, ma l’uni-


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co argomento di approfondimento riguardava la ‘partecipazione’ e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, piuttosto che l’ampia gamma di raccomandazioni trattate nel Libro Bianco. Nel settore delle politiche giovanili si può percepire anche un certo livello di esitazione da parte del governo del Regno Unito ad ampliare le obbligazioni formali verso la Commissione europea, oltre a quelle già introdotte grazie al metodo di coordinamento aperto (attualmente in uso). Sembra quindi esserci un certo livello di resistenza alle proposte della Commissione volte alla quantificazione di obiettivi comuni nel campo delle politiche giovanili, compresa la richiesta rivolta a tutti gli Stati membri di produrre Piani di azione nazionali. La politica interna in materia di gioventù è stata influenzata dall’UE nei settori dell’occupazione e dell’inclusione sociale, dove esiste una formale base normativa di cooperazione costituita dal Trattato delle comunità europee. Nonostante il governo centrale abbia riposto scarso interesse diretto nel Libro Bianco dell’UE, le politiche giovanili si stanno sviluppando proprio nelle aree di intervento individuate da quel documento. Oltre all’accento posto sulla partecipazione dei giovani ci sono stati grandi sviluppi anche nell’area del volontariato. Nel 2004, il Ministro dell’interno e il Ministro del tesoro hanno creato la Commissione Russell, volta alla creazione di un nuovo quadro nazionale per l’azione e l’impegno dei giovani. Dopo la pubblicazione della relazione della Commissione (Russell, 2005), il governo annunciò la creazione di un nuovo ente di beneficenza chiamato ‘V’ e investito del compito di ampliare le opportunità di volontariato per i giovani tra i 16-25 anni. Lo scopo è quello di suscitare l’interesse di un milione in più di giovani a fare volontariato nel Regno Unito ed è finanziato tramite un sistema misto di fondi governativi e fondi del settore privato.

7.4 IL QUADRO NORMATIVO: CAMBIAMENTI FONDAMENTALI NELLA LEGISLAZIONE DAL 2000

Il Children Act del 2004 non sostituisce, né modifica di molto il Children Act 1989, ma stabilisce i processi volti ad integrare i servizi per l’infanzia in Inghilterra, in modo che ogni ragazzo possa raggiungere i cinque risultati definiti nel Libro Verde “Ogni bambino è importante” (Every Child Matters) (Ministero della pubblica istruzione, 2003): • Essere in salute • Essere sicuro • Divertirsi e raggiungere determinati obiettivi • Contribuire positivamente alla vita sociale • Raggiungere il benessere economico. Oltre a creare la carica di Commissario per l’infanzia dell’Inghilterra, il Children Act 2004 affida un compito alle autorità locali, ossia nominare un direttore e un

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capo membro eletto per i servizi all’infanzia che saranno responsabili per l’effettiva fornitura dei servizi. Affida un compito alle autorità locali e ai loro partner (comprese le forze di polizia, il servizio sanitario e il sistema di giustizia giovanile), ossia di cooperare per promuovere il benessere del bambino e del giovane e di creare i presupposti per la salvaguardia e la promozione del benessere dei ragazzi. Istituisce il nuovo “Consiglio per la tutela locale dei ragazzi” (LSCBs – Local Safeguarding Children Boards) su una base normativa (sostituendo il Comitato di tutela dei ragazzi non legalizzato – ACPCs) e prepara i presupposti per la creazione di strumenti volti alla condivisione di database informativi tra i principali enti. La legge citata, inoltre, aggiorna le disposizioni di contrasto alle punizioni fisiche degli adulti su minori/giovani e le trasforma in reati qualora la percussione causi danno mentale o lasci un segno sulla pelle, respingendo la sezione della Legge sui bambini e sui giovani (Children and Young Persons Act) del 1933, che forniva ai genitori la difesa per “ragionevole punizione”. La legislazione volta alla nomina di Commissari per l’infanzia nelle altre aree del Regno Unito è stata introdotta grazie alla legge sul Commissario per l’infanzia per il Galles del 2001, all’ordine per il Commissario per i ragazzi e i giovani (Irlanda del Nord) del 2003 e alla legge sul Commissario per i ragazzi e per i giovani (Scozia) del 2003. Il quadro normativo: i reati Uno sviluppo importante, ma in qualche modo controverso, è rappresentato dall’introduzione delle diffide per comportamento anti-sociale (ASBOs - Anti-social behaviour orders). Furono introdotte dalla legge sui reati e sui disordini (1998), ma la nuova legislazione ha rafforzato questi poteri attraverso la legge sui comportamenti antisociali (2003) in Inghilterra e in Galles. Una legislazione simile è stata introdotta anche in Scozia e nell’Irlanda del Nord. Le diffide per comportamento anti-sociale non sono sanzioni penali e non sono volte alla punizione del trasgressore, ma proibiscono a quella data persona di continuare a tenere specifici comportamenti antisociali o di entrare in una zona definita per tutelare i cittadini in codeste aree. Ciò significa che sono diffide di natura civile e sono prese in procedimenti civili. Il quadro normativo: l’istruzione La legge sull’istruzione e sulle ispezioni (Education and Inspections Act – 2006) in Inghilterra conferisce una nuova responsabilità alle autorità locali per assicurare ai giovani un’adeguata istruzione e per fornire delle attività per il tempo libero, importanti per il loro benessere, a patto che siano ragionevolmente pratiche. Si applica ai ragazzi tra i 13-19 anni ed ai ragazzi fino ai 24 anni con difficoltà di apprendimento. Il governo ha stabilito gli standard minimi che le autorità locali dovrebbero soddisfare.


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La legge sulle esigenze educative speciali e la disabilità (Special Educational Needs and Disability Act – 2001) ha rafforzato i diritti dei diversamente abili in tema di istruzione, permette infatti loro di essere istruiti nelle istituzioni principali.

7.5 LE QUESTIONI APERTE NELLE POLITICHE GIOVANILI 7.5.1 L’approccio politico

Nel contesto più ampio delle politiche per la gioventù, si tende oggi a investire soprattutto sulla prevenzione dei possibili effetti negativi degli svantaggi legati alla classe sociale d’appartenenza o al livello di istruzione. Si tende quindi a sostenere coloro che sono più a rischio. Particolare preoccupazione suscita il gruppo Status Zero/NEET e altrettanto preoccupante è l’alto livello di paternità/maternità in età adolescenziale nel Regno Unito. Queste problematiche non sono legate solo alla disoccupazione, ma anche alla criminalità tra i giovani, al rischio di esclusione sociale a lungo termine e alla dipendenza dai servizi assistenziali. Le politiche sull’occupazione e sull’esclusione sociale hanno agito prevalentemente sull’aspetto preventivo, cercando di affrontare le carenze percepite dei giovani, a livello di capacità e di competenze. L’ultimo gradino della scala di gruppi socialiobiettivo è occupato da una minoranza di giovani che lasciano la scuola con il livello minimo di istruzione; un livello, questo, inferiore alla soglia minima richiesta per l’occupabilità nel moderno mercato del lavoro. I datori di lavoro hanno criticato frequentemente la mancanza di competenze di base tra coloro che abbandonano la scuola prima del tempo. Il governo mira a combattere la bassa partecipazione nell’istruzione dopo i 16 anni e si è posto l’obiettivo di aumentare la partecipazione dei ragazzi di 17 anni dal 75% al 90% nei prossimi dieci anni. La strategia mira a ridurre lo svantaggio attraverso l’occupazione, avvalendosi di un’analisi che sottolinea l’importanza dell’istruzione e della formazione, nonché il bilanciamento dei diritti con i doveri. Sebbene il nuovo governo laburista non avesse esplicitamente indicato politiche di riduzione della disuguaglianza tra le classi sociali, i dibattiti sulla disuguaglianza sono stati condotti nei contesti di esclusione sociale e di costruzione di un’economia di livello internazionale. Si ripete spesso, nel discorso politico, che la povertà non è una giustificazione per il basso rendimento scolastico e che se alcuni ragazzi hanno un rendimento soddisfacente potrebbero averlo anche gli altri. Tuttavia i documenti strategici per l’istruzione tendono sempre più ad ammettere che esiste un legame tra la povertà e il rendimento scolastico. Alla luce di questo, sono stati fatti considerevoli sforzi politici in senso preventivo, per affrontare gli svantaggi nell’età scolare e pre-scolare. Gli operatori di counseling e le associazioni del territorio hanno ricoperto ruoli di primo piano nell’attuazione di molti dei nuovi interventi. I counselors hanno fornito un sostegno personale importante, giacché si sono rivelati un punto di contatto prezioso per i giovani svantaggiati. L’obiettivo era quello di svolgere un ruolo

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di intermediazione, in vista della creazione di nuovi servizi che rispondessero alle necessità dei giovani attraverso una serie di partenariati locali tra il settore pubblico, il privato e il volontariato. Le riforme delle politiche hanno sempre più cercato di fare leva sui risultati delle esperienze passate; i programmi più importanti sono stati introdotti a livello nazionale solo a seguito di progetti pilota e a valutazioni di ricerca. Questo ha portato a un approccio politico incrementale, basato su un continuo miglioramento delle politiche, modificate all’emergere di problemi e difficoltà. Il risultato è stata una maggiore flessibilità nell’attuazione delle misure in base alle circostanze locali, sempre all’interno dei limiti posti dai quadri prescrittivi nazionali. L’identificazione degli obiettivi e la condivisione delle buone pratiche sono state le caratteristiche principali delle strategie recenti. Nondimeno, l’eccessiva enfasi sugli obiettivi è stata talvolta criticata per aver creato troppa preoccupazione, tra gli addetti ai lavori, per il raggiungimento degli obiettivi, piuttosto che per la promozione di un approccio maggiormente personalizzato. 7.5.2 Politiche per il mercato del lavoro per i giovani disoccupati

Il New Deal per i giovani, introdotto nel 1998, è stato la prima di una lunga serie di riforme dell’assistenza al lavoro volte a combattere la disoccupazione. Da allora sono stati sviluppati altri programmi all’interno del New Deal rivolti soprattutto ad altri gruppi sociali come i genitori singoli, gli adulti disoccupati a lungo termine e i disabili. Il programma, inizialmente finanziato grazie a una tassa “inaspettata” sui profitti dei servizi privatizzati, opera in tutte le regioni del Regno Unito. È un programma per il mercato del lavoro attivo a livello nazionale e copre tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno alle spalle almeno 6 mesi di disoccupazione. La partecipazione al New Deal per i giovani è obbligatoria; in caso di non osservanza può essere applicato un sistema di sanzioni progressive, che prevede la sospensione dell’assistenza da 2, 4 e 26 settimane. Il programma è attuato a livello locale attraverso una serie di associazioni locali coordinate dal Job Centres Plus (l’ex Employment Service). Gli obiettivi principali del programma sono aumentare l’occupabilità dei giovani disoccupati e inserirli in contesti lavorativi utili a ridurre la dipendenza a lungo termine dai servizi assistenziali. Si cerca inoltre di bilanciare i diritti dei disoccupati con le loro responsabilità, e le sanzioni di sospensione si applicano a chi rifiuta l’offerta di aiuto. La premessa fondamentale del programma è aiutare i disoccupati a divenire più “occupabili” attraverso programmi di formazione e di occupabilità, che a loro volta dovrebbero ridurre la pressione salariale, creando le basi per un livello superiore di occupazione totale senza creare pressioni inflazionistiche. Il New Deal consiste in una complessa miscela di attività, tra cui l’assistenza individualizzata, in termini di counseling e di orientamento formativo. Dopo 6 mesi di disoccupazione continua tutti i ragazzi tra i 18-24 anni devono entrare nel programma, pena interventi sanzionatori. Il programma si compone di 3 passi principali:


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• Il Gateway (L’Ingresso) • Le azioni di New Deal vere e proprie • Il sostegno Follow-Through. I dati raccolti nel maggio 2005 dimostrano che in Gran Bretagna 82.550 giovani hanno partecipato al New Deal. La maggior parte di loro si trovava nella fase Gateway (54.810); 2.270 si trovavano nella fase occupazionale; 14.640 partecipavano a una delle altre azioni del New Deal e 11.820 erano arrivati alla fase di Follow-Trough (DWP, 2005). I fondi nazionali stanziati per il 2004 erano di 170 milioni di sterline (pari, allora, a 246 milioni di euro). La fase Gateway Entrando a far parte del New Deal ciascun partecipante accede alla fase Gateway, che può durare fino a quattro mesi. Durante questa fase a ciascun partecipante è assegnato un “consulente personale” che fornisce un servizio di orientamento personalizzato e assiste il partecipante nella definizione di un piano di azione mirato, anche in base alle esigenze contingenti. I livelli di sostegno variano in base alle qualifiche e all’esperienza, a partire da un aiuto nella ricerca di lavoro o consulenze di percorso professionale fino ad arrivare a forme di sostegno più impegnative. Dopo il periodo di Gateway coloro che necessitano di ulteriore aiuto debbono inserirsi in uno dei canali del New Deal. I consulenti personali cercano di valutare le esigenze individuali e i desideri dei partecipanti, per poi inserirli in uno dei canali previsti. La scelta dipende anche dalle offerte disponibili, sebbene – in mancanza di un previo accordo – l’assegnazione a un determinato canale possa anche essere obbligatoria. I canali del New Deal • Un impiego sovvenzionato: sei mesi di lavoro sovvenzionato con un datore di lavoro che riceve un indennizzo di 60 sterline a settimana sulle buste paga ed è tenuto a fornire come minimo un giorno a settimana di formazione professionale per qualifiche riconosciute a livello nazionale. • Formazione full-time o formazione di 30 ore settimanali fino ad un anno (52 settimane) per raggiungere qualifiche riconosciute a livello nazionale. Questo tipo di formazione è volta ad affrontare le barriere delle qualifiche professionali e delle competenze. • Lavoro volontario: un programma di volontariato per il quale viene pagata una soma addizionale di 15,38 sterline, oltre a qualsiasi indennizzo di disoccupazione già percepito per almeno un giorno a settimana di istruzione o formazione. • Unità operativa per l’ambiente: un programma ambientale che prevede un pagamento come sopra e il diritto a tempo libero da impiegare in istruzione o formazione.

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Follow Through È previsto il sostegno continuativo di un consulente personale durante il periodo di inquadramento in uno dei canali, per favorirne il completamento e la ricerca di un’occupazione. Tale sostegno è previsto anche nel caso in cui un partecipante ricada nella disoccupazione dopo il processo del New Deal. Il programma si è adattato ed è cambiato durante la sua evoluzione con le modifiche apportate in risposta a valutazioni di ricerca ed a altri dati raccolti. Tra queste modifiche troviamo lo sviluppo di un New Deal per i Musicisti, creato per favorire i musicisti in erba considerando l’importanza dell’industria musicale nel Regno Unito e considerando che i provvedimenti obbligatori del New Deal potevano sfavorire lo sviluppo di una carriera musicale di successo. Il New Deal per i musicisti è rivolto a coloro che ripongono un forte e serio interesse nello sviluppo di una carriera musicale. Mette in contatto il giovane musicista con un mentore dell’industria musicale e lo inserisce in un corso apposito per fornirgli competenze musicali e commerciali. In secondo luogo, a fronte della scarsa flessibilità della pianificazione centralizzata del programma, che non dava sufficiente spazio ai mercati del lavoro locali, è stata conferita maggiore capacità di scelta e maggiore flessibilità in termini di finanziamento ai manager di distretto. Costoro possono dunque decidere che tipo di formazione e sostegno è necessario per affrontare i problemi a livello locale e per soddisfare le necessità individuali. Sebbene la maggioranza dei partecipanti siano indirizzati verso il programma dopo 6 mesi di disoccupazione, alcuni gruppi possono accedere al New Deal anche prima di questo termine su base volontaria. I gruppi in oggetto comprendono ex malviventi, rifugiati, senza tetto, alcolisti e tossicodipendenti, ex-membri delle forze armate e persone con difficoltà linguistiche, di alfabetizzazione o problemi di discalculia. Le valutazioni hanno dimostrato che una percentuale significativa di giovani non è riuscita a trovare occupazione attraverso il New Deal e molti sono rientrati nel programma per la seconda o la terza volta. Come risultato sono state prese una serie di iniziative specifiche in aree pilota per assistere coloro che hanno problemi specifici o multipli associabili alla loro occupabilità. Lo StepUp, per esempio, è un programma di occupazione sovvenzionata della durata di un anno indirizzato alle aree con alto tasso di disoccupazione, mentre il Progress2work è stato inizialmente studiato per soggetti con trascorsi di abuso di droghe, ma è stato poi esteso anche agli altri gruppi con problemi specifici, come per esempio ex malviventi, senza tetto e alcolisti. Il programma fornisce a coloro che devono superare delle barriere significative per entrare nel mondo del lavoro un sostegno profondo e un servizio di consulenza mirato, attraverso una squadra di sostegno dedicata. Nello scorso anno sono state introdotte ulteriori modifiche nelle aree pilota al fine di valutare l’efficacia dell’attuale gamma di programmi offerti dal New Deal. Tra i cambiamenti apportati c’è il conferimento di una maggiore flessibilità ai consulenti,


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volta a fornire un sostegno mirato a ciascun partecipante attraverso un’azione modulare. I moduli contemplati sono: • Ricerca di occupazione: aiuto per l’individuazione di risorse per la ricerca di occupazione, compilazione CV e lettere di presentazione. • Orientamento professionale: consulenza e orientamento sui tipi di lavoro disponibili a livello locale. • Assistenza motivazionale (Mentoring): sostegno nell’abbattimento delle barriere motivazionali individuali. • Competenze per l’occupazione: formazione di competenze generiche come auto-presentazione, lavoro di squadra o comprensione del servizio al cliente. • Passaggio al mondo del lavoro: un corso intensivo di due settimane per istruire i partecipanti sulle qualità, le attitudini, le esperienze e i comportamenti che i datori di lavoro si aspettano dai propri dipendenti. Il corso è combinato con attività di ricerca di occupazione, consulenza e orientamento. • Formazione di competenze: formazione incentrata sul lavoro e collegata alla domanda attuale e prevista del mercato del lavoro. • Esperienza lavorativa: opportunità di accumulare esperienza lavorativa e competenze in occupazioni temporanee. • Alfabetizzazione e sviluppo di abilità matematiche: insegnamento di competenze basilari richieste per lavorare, leggere e scrivere. • Corsi di inglese per gli stranieri. • Lavoro autonomo: formazione e consulenza per coloro che desiderano avviare un’attività propria e opportunità di intraprendere un periodo di ‘test’ per sperimentare la realtà del lavoro autonomo, durante il periodo di sostegno. • Sostegno di specialisti per coloro con condizioni di salute particolari e per i disabili. • Sostegno di specialisti per i gruppi più svantaggiati: valutazioni dei consulenti, pianificazione di azione e pacchetti ad hoc per coloro che debbono superare forti barriere o barriere multiple per entrare nel mondo del lavoro, come ex alcolisti o ex tossicodipendenti, ex malviventi e senza tetto. Sebbene il New Deal sia un programma nazionale gestito dal Ministero del lavoro, la sua attuazione è coordinata dai Job Centre’s Plus locali, mentre le opzioni offerte e gli altri servizi vengono forniti da associazioni locali che coinvolgono datori di lavoro, autorità locali, organizzazioni di volontariato e altri soggetti. L’attuazione a livello locale è stata spesso ampliata attraverso fondi addizionali forniti dal Fondo Sociale Europeo. Sono inoltre emersi diversi modelli di attuazione all’interno della struttura nazionale prescritta. I consulenti personali sono assunti dal Job Centre Plus e sono la colonna portante per l’attuazione del programma. Affinché il servizio sia efficace necessitano di un’ampia gamma di competenze generiche, di capacità di consulenza, di orientamento nei percorsi professionali, di lavoro in associazione, di conoscenza del mercato del lavoro locale e di capacità di istruire e formare gli assistiti.

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La durata del processo attraverso il New Deal dei giovani dipende fondamentalmente dal successo o meno nel trovare un’occupazione non sovvenzionata. Circa un giovane su dieci lascia il New Deal anche prima del primo colloquio con il consulente personale e una piccola percentuale lascia il programma durante i primi 4 mesi nel Gateway. In realtà il Gateway dura più dei 4 mesi prescritti, dopo i quali i ragazzi sono inseriti in uno dei canali del New Deal; circa un beneficiario su cinque lascia il programma nella fase “follow through”, al completamento del canale scelto. Il New Deal per i giovani è stato valutato con vari metodi, in particolare nei primi anni di operatività. I metodi usati includevano studi econometrici dell’impatto sulla disoccupazione, valutazioni dei giovani, esperienza dei datori di lavoro e dei consulenti. Il New Deal è soggetto al programma “Obiettivi di performance essenziali” del governo centrale ed è sotto costante monitoraggio attraverso il database statistico nazionale. Il programma è stato introdotto in un momento in cui l’economia del Regno Unito era relativamente florida. Il modello econometrico dei risultati in tema occupazionale nei primi due anni è stato usato per la valutazione dell’impatto immediato del programma. Lo studio ha dimostrato che il programma ha significativamente innalzato il tasso di uscita dalla disoccupazione senza effetti collaterali sui gruppi di lavoratori, con una riduzione di 35-40.000 unità nella disoccupazione giovanile e una stima di 15.000 posti di lavoro come risultato del New Deal (White e Riley, 2002). In generale le macrovalutazioni hanno indicato un aumento del benessere nell’economia nella sua totalità, grazie per esempio alla riduzione degli assegni di indennizzo e all’aumento del volume di tasse incassate attraverso le nuove occupazioni. Si parla di un ritorno pari a 3 sterline per ogni 5 sterline spese; si è inoltre stimato che il costo annuale per ciascun lavoratore in più fosse compreso tra le 3.000 e le 7.000 sterline (White e Riley, 2002). I risultati delle valutazioni qualitative con i partecipanti, i datori di lavoro e tutte le altre figure coinvolte dimostrano che lo schema è valutato positivamente da tutti gli interessati (O’Connor et al, 2001; O’Connor et al, 2000; Elam e Snape, 2000). Le critiche hanno riguardato principalmente l’inserimento non sempre appropriato dei giovani nei vari canali del New Deal. I consulenti rappresentano l’aspetto più innovativo del programma e sono stati molto apprezzati dai partecipanti. Tuttavia l’efficacia dei consulenti è stata a volte pregiudicata dal carico di clienti a loro affidati, che poteva variare dai 40 ai 90. È stato inoltre criticato l’obiettivo di performance, in relazione all’inserimento nelle occupazioni non sovvenzionate. Tale obiettivo, secondo le critiche, incentiverebbe i consulenti personali a privilegiare i soggetti più competitivi, a discapito dei soggetti che presentano maggiori difficoltà di inserimento lavorativo. Il più grande successo del programma è stato assistere coloro che erano pronti ad entrare nel mondo del lavoro, attraverso l’ulteriore assistenza offerta loro nella ricerca di occupazione. Infatti, anche se molti di questi ragazzi avrebbero comunque trovato lavoro senza assistenza, la macrovalutazione ha confermato che alcuni posti di lavoro sono stati creati direttamente attraverso il programma e che il periodo di


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disoccupazione è stato notevolmente ridotto. Il programma è stato meno efficace nell’aiuto ai disoccupati con “barriere multiple”. Anche nel caso delle minoranze etniche i risultati ottenuti sono stati alquanto discutibili. L’evoluzione del programma ha poi promosso azioni più incisive a favore dei disoccupati con barriere multiple, attraverso iniziative come StepUp e Progess2work. È inoltre emersa una imprevista gerarchia de facto tra i diversi canali offerti: i giovani preferivano le occupazioni sovvenzionate e i canali di istruzione e formazione, rispetto alle unità operative per l’ambiente che erano considerate una scelta di riserva per coloro che non riuscivano ad entrare nei canali preferiti. A causa dell’alta domanda dei giovani per l’inserimento nel canale dell’occupazione sovvenzionata, una delle sfide principali è stata quella di promuovere il coinvolgimento dei datori di lavoro. Nelle prime fasi del programma alcuni datori di lavoro si sono lamentati della scarsa preparazione dei ragazzi inseriti nel canale dell’occupazione sovvenzionata. Questo è ciò che è risultato in un programma intensivo di 4 settimane inserito nella fase Gateway, al fine di migliorare la preparazione dei giovani disoccupati. Sono stati fatti vari tentativi per coinvolgere maggiormente i datori di lavoro; tra questi, la creazione di una loro unità operativa a livello nazionale. I requisiti per la formazione sono stati resi più flessibili, come richiesto dagli stessi datori di lavoro. C’è stato quindi un ammorbidimento del requisito iniziale che prevedeva la formazione volta al raggiungimento di una qualifica riconosciuta a livello nazionale. Il canale dell’istruzione e formazione a tempo pieno ha avuto un impatto ambivalente. Una delle difficoltà è stata riscontrata nell’offerta di corsi da parte dei college (istruzione superiore), che doveva rispondere alla flessibilità richiesta dal programma in termini di inizio-fine percorsi, diversa dalle normali tempistiche dei corsi di studi (Tavistock Insititute, 1999). Sebbene ci siano stati esempi di buona riuscita, alcune critiche sono state indirizzate alla preparazione e alla valutazione della idoneità di alcuni partecipanti all’inserimento in alcuni contesti formativi. I corsi tendevano ad essere a breve termine e a concentrarsi sulle competenze di base, in vista di un livello di preparazione pre-professionale. Era oltretutto difficile inoltre completare alcuni corsi professionali nell’arco delle 52 settimane per cui i fondi erano disponibili. Alcuni giovani con qualifiche superiori si sono detti delusi per non aver potuto usufruire di questa opzione al fine di raggiungere competenze più elevate. Questo canale formativo, infatti, è generalmente dedicato a corsi di livello NVQ2 (ISCED 3) o inferiori (Millar, 2000). La partecipazione obbligatoria e le sanzioni previste in caso di non ottemperanza hanno rappresentato un altro punto controverso del programma, anche se queste sanzioni sono applicate solamente nei casi estremi. In totale circa 13.000 giovani ricevono sanzioni ogni anno, principalmente per aver perso il posto in un corso di formazione o in un programma di inserimento al lavoro per assenteismo o per cattiva condotta (DWP, 2005).

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Il Servizio Connexions La relazione Bridging the Gap (“restringere il divario”) dell’Unità contro l’esclusione sociale rappresenta il riconoscimento da parte del governo del gruppo NEET,2 e ha individuato due serie principali di fattori associati alla non partecipazione: rendimento scolastico insoddisfacente e malcontento, disagio familiare e povertà. Ciò ha portato allo sviluppo del Servizio Connexions (Unità contro l’esclusione sociale, 1999). Il Servizio Connexions è un programma rivolto ai ragazzi dai 13 ai 19 anni. La base di questo servizio è rappresentata da una nuova figura professionale: il consulente personale, il quale viene selezionato congiuntamente dall’ex-Servizio alle carriere (Careers Service), dai giovani e dagli assistenti sociali. Il compito dei consulenti personali è di fornire un unico punto di contatto per il sostegno ai giovani su un’ampia serie di tematiche. È un sistema universale ed il sostegno viene fornito su tre livelli: sostegno intenso e continuativo per soggetti con problematiche multiple, orientamento in profondità per soggetti a rischio di abbandonare gli studi e consulenza sull’istruzione e sulle scelte professionali per coloro che hanno bisogno di un livello di intervento minimo. Oltre a fornire servizi di consulenza sulle professioni in generale per la maggior parte dei ragazzi, per coloro che si trovano nei primi due livelli lo scopo è quello di fornire un sostegno condiviso e coordinato ponendo fine alla frammentazione dei servizi per i giovani a rischio. I consulenti personali rappresentano un punto di contatto unico per un ragazzo e si interfacciano con un’ampia gamma di enti, grazie alle associazioni locali, per consulenza o sostegno, in funzione delle necessità del giovane. I consulenti si rendono disponibili all’interno di molteplici strutture: scuole, college, centri Connexions o sportelli unici. Diffusi sono anche gli interventi di avvicinamento (outreach work: lavoro svolto al di fuori delle strutture preposte). I consulenti possono quindi trovarsi ad orientare dei giovani verso le loro future carriere, o a lavorare su casi più complicati di giovani con problemi specifici, o ancora su progetti speciali come parte di un’équipe più ampia. Oltre alla fornitura su base locale del servizio attraverso le associazioni, il servizio diretto Connexions centralizzato fornisce un’ampia gamma di prestazioni direttamente ai giovani. Si tratta di un punto di informazione su svariate tematiche (professioni, istruzione e formazione, salute, case, diritti, denaro, relazioni ecc.), basato sul web. I consulenti diretti Connexions sono disponibili dalle 8.00 alle 14.00, sette giorni a settimana per fornire consulenze ai giovani su molteplici questioni rilevanti per la loro vita quotidiana. Dispongono di vari strumenti di comunicazione come telefono, SMS, chat in internet. Se lo ritengono opportuno, i consulenti diretti Connexions possono indicare ai ragazzi i consulenti personali più vicini a loro. I ragazzi possono inoltre richiedere una carta Connexions, che serve come carta sconto e come carta punti per partecipare ad attività di istruzione e formazione e ad attività di volontariato riconosciute. 2

Vedi nota precedente.


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Connexions nasce dal lavoro dell’Unità contro l’esclusione sociale e il suo compito principale è quello di superare i tradizionali confini dipartimentali per far convergere più risorse sugli obiettivi perseguiti. Sebbene la direzione generale e le politiche per le Connexions siano state elaborate dal Ministero della pubblica istruzione, sono state poi diffuse a livello locale da 47 associazioni in Inghilterra. I Comitati di gestione locale sono responsabili del confronto tra le associazioni e del servizio quotidiano nelle aree locali. Le diverse valutazioni di questo servizio hanno sempre evidenziato un giudizio positivo sia da parte dei giovani che degli altri interessati (DfES 2004a; DfES 2004b; Deakin et al, 2004; Joyce & White, 2004). Alcuni dati dimostrerebbero, tuttavia, che in alcuni casi la cattiva attuazione del servizio ha provocato attriti con figure importanti come alcuni presidi di scuola e alcuni settori delle organizzazioni di lavoro giovanile. Si sono effettivamente verificati molti problemi durante l’attuazione del progetto, forse anche a causa della sua impostazione di fondo, che vuole essere universalistica e mirata al tempo stesso. La selezione ed il numero dei consulenti personali si è rivelata un punto controverso; tale numero, infatti, è di gran lunga inferiore a quello indicato nelle prime fasi del progetto pilota. Questo fattore avrebbe avuto un grande impatto sulla effettiva universalità del servizio. Nell’insieme, le valutazioni hanno dimostrato che l’orientamento professionale è risultato squilibrato e insoddisfacente. I consulenti personali e i giovani hanno spesso segnalato la mancanza di tempo per poter affrontare i problemi in modo efficace a causa dell’ingente carico di lavoro (Auditor General, 2004; Hoggarth & Smith, 2004). Sebbene le valutazioni abbiano dimostrato che c’è stato un miglioramento nella cooperazione tra gli enti, e sebbene l’efficacia delle associazioni sia stata definita come fondamentale per il successo della strategia, alcune difficoltà sono state riscontrate nei confini tra settori lavorativi tradizionali, nelle diverse priorità degli enti e in alcuni casi nella resistenza a collaborare. Uno degli obiettivi principali del governo attraverso questo programma era di ridurre il numero dei NEET del 10% nel periodo 2002-2004. La stima ufficiale della percentuale di giovani tra i 16 e i 18 anni non inseriti in alcuna forma di occupazione, istruzione o formazione all’inizio del periodo di riferimento era nell’ordine del 10%. Dal 2002 il numero dei NEET, sempre nel periodo di riferimento, è sceso del 14%, anche se con variazioni locali significative (DfES, 2004c). È dubbio, comunque, se sia possibile attribuire questo risultato direttamente alle Connexions, oppure ai cambiamenti più ampi avvenuti nel sistema di istruzione e di formazione o ad altri fattori socio-economici. L’obiettivo stesso della riduzione dei NEET è stato giudicato, ex post, come problematico. Preoccupazioni sono state espresse sull’enfasi posta nell’inserimento a tutti i costi dei disoccupati in una qualsiasi forma di occupazione, istruzione o formazione, a discapito degli interessi a lungo termine dei giovani stessi. Altri risultati di fatto raggiunti dal programma, come il rafforzamento della sicurezza in se stessi e dell’autostima dei giovani, sono stati troppo spesso identificati come semplici

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prerequisiti per il raggiungimento di obiettivi più alti. La condivisione delle informazioni tra i vari enti per l’individuazione dei soggetti a rischio è stata a sua volta criticata sul terreno delle violazioni delle libertà civili individuali. Alcuni enti, non a caso, erano restii alla condivisione delle informazioni, appellandosi alle leggi sulla tutela dei dati personali (Coles et al, 2004). Lo sviluppo più recente delle politiche per la riduzione del numero dei NEET in Inghilterra è il progetto pilota dell’Accordo sull’attività, in alcune associazioni locali della Connexions. I giovani facenti parte del gruppo NEET per almeno 20 settimane hanno diritto a un pacchetto di sostegno economico in cambio dell’impegno in qualche forma di istruzione, occupazione o formazione. L’Accordo sull’attività è un contratto personalizzato, studiato appositamente in base alle necessità individuali dei giovani. Attraverso tale contratto essi acconsentono a partecipare ad un massimo di 20 attività settimanali e in cambio ricevono un assegno settimanale di 20 sterline e un assegno settimanale di ulteriori 30 sterline per i loro genitori o per i loro tutori. In Scozia le politiche per affrontare la questione dei NEET sono state definite nel piano di azione nazionale More Choices, More Chances (“Più scelta, più possibilità”), che mira all’eliminazione dello spreco di capitale umano potenziale dei giovani (Scottish Executive, 2006). Il piano propone una serie di misure a livello scolastico e post-scuole dell’obbligo, con particolare attenzione alle diverse aree locali e allo sviluppo di un approccio di associazione con le leadership, in stretta collaborazione con le figure chiave del mondo dell’istruzione e delle imprese. 7.5.3 La riforma dell’istruzione dai 14 ai 19 anni

Le recenti riforme apportate al sistema delle qualifiche nel Regno Unito hanno portato allo sviluppo di una struttura che offre soluzioni flessibili per il compimento degli studi, attraverso percorsi coerenti all’interno dell’istruzione professionale, generale e accademica post-obbligo. Durante gli studi dell’obbligo, in Inghilterra gli studenti seguono un piano di studi nazionale fino all’età di 16 anni. Gli studi procedono per gruppi di età e gli studenti, di fatto, raramente ripetono o saltano gli anni. Recentemente si è tentato di ridurre l’ammontare delle materie obbligatorie nel piano di studi nazionale per ampliare lo spazio di scelta professionale nel piano di studi dai 14 ai 16 anni. Sono state espresse preoccupazioni in merito all’attenzione che il piano di studi rivolge alla maggioranza di studenti con rendimento più alto, a discapito del gruppo con minore grado di riuscita. Nell’istruzione post-obbligo, nonostante le numerose riforme, il Regno Unito stenta ancora a creare un sistema di formazione professionale coerente e di qualità. Si tratta peraltro di un settore che gode tuttora di bassa considerazione, a paragone dei percorsi accademici tradizionali. Recentemente è stata intrapresa una revisione del sistema di istruzione della fascia di età 14-19. Questa iniziativa è stata in parte influenzata dalle preoccupazioni per il gruppo di giovani più svantaggiati, e ha portato alla stesura del Libro Bianco ’14-19: Istruzione e Competenze’ (14-19 Education and Skills), pubblicato nel febbraio 2005 (DfES, 2005b).


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Le proposte contenute nel Libro Bianco rappresentano una grande riforma del piano di studi dei ragazzi tra i 14-19 anni e le valutazioni di efficacia saranno programmate nel corso dei prossimi 10 anni. Molte di tali proposte si concentrano sui giovani con barriere che impediscono loro una corretta istruzione, come i soggetti che abbandonano gli studi perché le qualifiche esistenti o le modalità di apprendimento non sono adatte a loro, coloro che hanno problemi personali al di fuori della scuola, o i ragazzi con specifiche difficoltà di apprendimento. Il Libro Bianco raccomanda di dedicare più attenzione all’inglese e alla matematica, affinché tutti i ragazzi abbiano raggiunto la preparazione standard in queste materie di base entro i 14 anni di età. Alcune proposte sono state criticate per non aver seguito le raccomandazioni iniziali del gruppo di lavoro che miravano all’eliminazione delle divisioni professionali e accademiche, in vista della creazione di un unico Diploma disponibile su quattro livelli (Tomlinson, 2004). Invece queste proposte mirano a mantenere gli esami accademici (livelli GCSE e A), ma anche a fornire diplomi specialistici alternativi in 14 aree professionali che coprano tutti i settori occupazionali dell’economia, disponibili su tre livelli e sviluppati in collaborazione con i datori di lavoro. La flessibilità della durata degli studi, inoltre, sarà aumentata al fine di tenere conto dei diversi ritmi di apprendimento. Anche i corsi pre-professionali ‘Entrare nel mondo del lavoro’ saranno resi disponibili sin dall’età di 14 anni (laddove, attualmente, interessano i ragazzi dai 16 ai 18 anni). Ci sono state numerose altre riforme negli ultimi anni volte a promuovere la partecipazione iniziale nei sistemi di istruzione e formazione post-obbligatori e a combattere gli abbandoni scolastici tra i giovani svantaggiati. Tra queste troviamo incentivi economici per i giovani secondo il reddito familiare erogati attraverso l’EMA (Educational Maintenance Allowance – “Sussidio di mantenimento agli studi”), recentemente ampliato per coprire la formazione professionale e l’istruzione scolastica. Il sussidio è rivolto ai ragazzi tra i 16 e i 18 anni che intraprendono gli studi dopo la scuola dell’obbligo fino al NVQ3. L’aiuto è offerto su tre livelli in base al reddito familiare (per tutte le famiglie al di sotto dei 44.000 Euro) e circa metà della popolazione nella fascia di età dovrebbe avere diritto a un indennizzo che va dai 15 ai 45 Euro a settimana. In base ai progressi compiuti, il giovane può ricevere fino ad un totale di 740 Euro in più, erogati sotto forma di bonus durante tutto il corso degli studi. Le valutazioni dei programmi pilota sull’impatto dell’EMA stimano circa un 6% di aumento nella partecipazione tra i 16 e i 17 anni, in comparazione con le aree di confronto, con una ancor maggiore partecipazione tra i giovani maschi e tra coloro che provengono da situazioni socio-economiche più svantaggiate (Middleton et al, 2005). Il “Sure Start Plus” fa parte della Strategia nazionale sulla gravidanza in adolescenza (Teenage Pregnancy Strategy) e mira a ridurre il rischio di esclusione sociale a lungo termine per i genitori minorenni. È applicato localmente attraverso le associazioni giovanili e tende ad avere un forte legame con il servizio Connexions. I genitori in età adolescenziale possono godere di un consulente personale specia-

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lizzato, per ricevere consulenze personali e private e un sostegno rispetto alla gravidanza stessa. Il sostegno è fornito nell’ambito dell’assistenza sanitaria durante e dopo la gravidanza, e riguarda molteplici aspetti: la preparazione alle responsabilità dell’essere genitori, l’assistenza economica e per la casa, l’accesso all’istruzione, la formazione, il lavoro e la cura del bambino. 7.5.4 Every Child Matters: Ogni bambino è importante

Il Libro Verde “Every Child Matters” ha identificato i cinque risultati più importanti per i bambini e i giovani: essere in salute, essere sicuri, divertirsi e raggiungere obiettivi rileavnti, contribuire positivamente e raggiungere il benessere economico (Chief Secretary to the Treasury, 2003). L’agenda delle politiche che si è sviluppata seguendo le line guida del Libro Verde è stata varata in Inghilterra attraverso il Children Act del 2004. Sebbene gli enti locali non siano tenuti per legge a istituire i Children’s Trusts, la nuova normativa prevede una serie di misure di assistenza allo sviluppo di tali enti, compresi vasti poteri di assegnazione di fondi e il dovere di cooperazione per gli enti. Il governo richiede che tutte le aree locali abbiano un Children’s Trust entro il 2008 e che queste entità siano create specificamente per risolvere la frammentazione delle responsabilità nel campo dei servizi ai minori. A seguito di questi cambiamenti legislativi, gli enti locali devono oggi sviluppare un Piano per i minori e i giovani, volto a sostituire i precedenti piani prescritti e non prescritti dalla normativa e a produrre un unico piano strategico, comprensivo di tutti i servizi offerti nel territorio locale. Sebbene gli enti locali rappresentino l’entità preposta alla gestione di questi progetti, grande enfasi è stata riposta sulla partecipazione delle comunità e del settore del volontariato, sia nell’organizzazione gestionale che nella fornitura dei servizi. Il piano dovrebbe essere basato su valutazioni accurate della situazione attuale e dovrebbe fornire strategie dettagliate sulle priorità per il miglioramento basate sui risultati, piuttosto che sulla divisione di competenze tra i vari dipartimenti degli enti pubblici. 7.5.5 Youth Matters: la gioventù è importante

Una delle politiche del governo centrale inglese più esplicitamente rivolte alla gioventù è stata delineata nel Libro Verde “Youth Matters” (Ministero della Pubblica Istruzione, 2005), compreso nel più ampio lavoro “Every Child Matters” (vedi sopra). Il Libro Verde “Youth matters” sottolineava la necessità di servizi integrati per le esigenze dei giovani dai 13 ai 19 anni, per poter giungere ai risultati dell’“Every Child Matters”. Dopo un periodo di consultazioni sul Libro Verde, il governo ha pubblicato il ‘Youth Matters: next steps’ (“La Gioventù è Importante: i passi successivi” - Ministero della Pubblica Istruzione, 2006). Il documento conferisce responsabilità legali agli enti locali per assicurare ai giovani l’accesso ad una serie di attività positive, stabilendo degli standard minimi nazionali da osservare. Significativi investimenti economici sono stati effettuati attraverso lo Youth Opportunity Fund (Fon-


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do per le opportunità dei giovani) e lo Youth Capital Fund (Fondo di capitali per la gioventù). Le risorse investite da questi fondi saranno devolute a livello locale e i giovani parteciperanno alle decisioni in merito alle priorità di spesa nelle loro aree locali di riferimento. Sono stati inoltre introdotti una serie di progetti pilota per lo sviluppo di una carta ‘Youth Opportunity’ per tutti i ragazzi tra i 13 e i 19 anni; tale carta offrirà sconti sulle attività e sugli ingressi nei luoghi di interesse dei giovani. I ragazzi più svantaggiati potranno inoltre contare su un sussidio mensile erogato da parte del governo. Sebbene nel Regno Unito non esita l’obbligo alla leva o al servizio volontario, il governo si è infine impegnato nella creazione del primo servizio volontario nazionale britannico. Si vogliono espandere le opportunità di volontariato per i giovani e finanziare un anno sabbatico, sia in patria che all’estero, per i giovani che altrimenti non potrebbero permetterselo. Anche l’Esecutivo scozzese è impegnato nello sviluppo di una strategia per i giovani e per il lavoro giovanile che probabilmente sarà influenzata dalla strategia inglese ‘Youth Matters’. Si è inoltre concluso alla fine del 2006 un ampio processo di consultazioni con i giovani e con gli attori interessati alle politiche giovanili. 7.5.6 Giustizia giovanile e penale

Il ‘New Labour’ ha posto grande enfasi sull’importanza dell’affrontare i comportamenti antisociali tra i giovani. Una misura chiave, in questa direzione, è stata l’introduzione delle diffide ASBO (Anti-social Behaviour Orders – “Diffide per Comportamenti Antisociali”) nel 1999. I provvedimenti ASBO sono diffide civili che possono essere notificate a tutti i ragazzi sopra i 10 anni per tutelare i cittadini da comportamenti che possono causare molestie, allarme o pericolo. Una diffida ASBO può essere notificata da una serie di uffici: polizia, autorità locali e le società registrate presso l’ente per gli alloggi. Le diffide ASBO possono assumere contenuti diversi. Riguardano, di solito, il comportamento dell’individuo interessato, a cui viene fatto divieto di frequentare determinati luoghi in determinati orari, se non – magari – con la supervisione di un adulto. Sebbene le diffide ASBO siano di natura civile, infrangerne una è un reato penale e giustifica qualsiasi provvedimento o sanzione del tribunale per i minori, compresa la detenzione (DTO - Detention and Training Orders), o la carcerazione per i maggiorenni. Sono stati introdotti anche i Contratti di comportamento accettabile (ABC - Acceptable Behaviour Contracts). In base a questo provvedimento, l’individuo firma volontariamente un contratto dove si impegna a modificare il suo comportamento negativo. Infrangere un Contratto di comportamento accettabile non comporta le conseguenze legali delle diffide ASBO. Nondimeno, questa misura è utilizzata come primo passo per cercare di affrontare il comportamento antisociale, prima di notificare una diffida formale. Il nuovo “Piano di azione per il rispetto” (2006) è un’iniziativa del governo centrale finalizzata a coordinare meglio le iniziative di contrasto dei comportamenti

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antisociali secondo un approccio olistico. Il piano evidenzia una serie di tematiche e sostiene pienamente il ‘Youth Matters’ (vedi sopra), come anche una serie di altre misure concernenti la scuola, la vita familiare, le comunità e l’attuazione delle misure contro i comportamenti antisociali. Per quanto riguarda i comportamenti antisociali il piano richiede un maggiore utilizzo dei Provvedimenti per il sostegno individuale (ISO - Individual Support Orders), misure prese da un tribunale che possono essere notificate assieme alle diffide ASBO ai ragazzi da 10 a 17 anni, al fine di riorientarli verso attività positive che li aiutino ad affrontare le cause del loro comportamento antisociale. 7.5.7 Altri aspetti rilevanti delle politiche giovanili

Le borse di studio per le minoranze etniche permettono alle scuole di richiedere fondi addizionali, per sostenere attività specificamente orientate a un migliore rendimento scolastico delle minoranze etniche e dei profughi. Si cerca in particolare di innalzare gli standard di istruzione delle minoranze etniche – che rischiano di non raggiungere i livelli di istruzione prefissati, e di rispondere alle esigenze degli studenti la cui prima lingua non è l’inglese e alle esigenze dei figli dei rifugiati politici. Le politiche giovanili non sono generalmente diverse in base al sesso e ci sono pochi programmi per la gioventù dedicati in modo specifico alle giovani donne, fatta esclusione per quelli sulle gravidanze in adolescenza. Nel Regno Unito le ragazze generalmente raggiungono risultati migliori, sia in termini di rendimento scolastico che di occupazione. Implicitamente, quindi, i ragazzi sono maggiormente considerati nell’obiettivo delle politiche giovanili.

7.6 TREND EMERGENTI E NUOVE MISURE NELLE POLITICHE GIOVANILI

Mentre all’interno del Regno Unito si prende atto della necessità di sviluppare un approccio più coerente e coordinato alle politiche giovanili, particolarmente influenzate dal lavoro dell’Unità contro l’esclusione sociale, molte delle politiche che possono essere definite come giovanili si concentrano sulla prevenzione dei possibili aspetti negativi. Ci si concentra sui problemi dell’esclusione dal mercato del lavoro, della criminalità o dei comportamenti antisociali, delle gravidanze in età adolescenziale o di un rendimento scolastico insoddisfacente. Con l’obiettivo di sradicare questi risultati negativi, le politiche si sono sempre più occupate della prevenzione precoce e di conseguenza le politiche all’infanzia hanno assunto maggior rilievo che in passato. Questo passaggio è particolarmente evidente nel documento inglese ‘Every Child Matters’, seguito scrupolosamente dalle amministrazioni delle altre regioni del Regno Unito. Svariati incentivi e disincentivi economici sono stati adottati, nel corso degli anni, per cercare di modificare il comportamento dei giovani. Gli incentivi sono stati forniti tramite la carta Opportunity e la carta Connexions, che possono premiare i


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giovani svantaggiati nella partecipazione a corsi di formazione o di istruzione dopo la scuola dell’obbligo, o ad altre attività, come il volontariato, considerate positive. Le sanzioni invece sono state applicate in caso di non-osservanza delle condizioni stabilite, come il ritiro degli assegni di indennizzo attraverso i provvedimenti del New Deal. Questa grande enfasi sulla prevenzione dei risultati negativi e sulla modifica dei comportamenti potrebbe aver impedito lo sviluppo di altri aspetti delle politiche per la gioventù. Ciò è evidente nel caso del sevizio Connexions, laddove il forte investimento nella riduzione del numero dei NEET ha di fatto indebolito la copertura universalistica del servizio. I giovani meno svantaggiati si sono infatti trovati in difficoltà a reperire informazioni e consulenze sull’istruzione, sulla formazione, sulle loro prospettive di lavoro. Ci sono inoltre state alcune difficoltà nell’attuazione del servizio Connexions come ibrido tra servizio universale e servizio mirato. La versione mirata della fornitura di sostegno ad ampio raggio ai ragazzi svantaggiati, da parte di consulenti personali generici, è stata segnalata quale esempio di buona prassi nella creazione di politiche di transizione integrate, in uno studio comparativo europeo (Walther et al, 2005). Questa forma di lavoro in associazioni locali è stata alla base di molte delle successive politiche del Regno Unito e le modalità con le quali sono attuate a livello locale è di enorme importanza per il loro successo. Alcune valutazioni hanno evidenziato come la resistenza a superare i confini tradizionali dei rapporti tra gli enti possa anche ostacolare lo sviluppo di azioni più efficaci. Non è del resto chiaro se il conferimento di maggiori obblighi legali agli enti, attraverso il “Children Act” (2004) e la creazione dei Children’s Trusts, abbia realmente permesso di superare queste difficoltà. Un’altra tendenza è stata quella di concentrarsi sui consulenti personali generici (come i consulenti personali Connexions in Inghilterra o i key workers in Scozia), per fornire un sostegno su un ampio spettro di problematiche relative ai giovani, anziché limitare il sostegno a problemi specifici o affidare i giovani con problemi multipli a professionisti qualificati. Un’eccezione a questo quadro d’insieme, tutto centrato sulla prevenzione dei risultati negativi, risiede forse nell’enfasi sulla partecipazione dei bambini e dei giovani: un’area di intervento che ha guadagnato molta importanza negli ultimi sei anni. La partecipazione dei giovani nell’arena delle decisioni politiche è una tematica che ha trovato ampia eco nelle scuole, nei territori locali e nel governo nazionale. Sebbene sia recente l’inclusione dei giovani nella pianificazione e nell’attuazione dei servizi, non è chiaro fino a che punto essi saranno inclusi veramente in tutti i processi di costruzione delle politiche che li riguardano direttamente. Esiste comunque un impegno reale del governo centrale per tradurre questa idea in realtà. Le linee guida prevedono che la rappresentanza giovanile abbracci anche i giovani ‘difficili da raggiungere’. L’Ente nazionale per la gioventù ha prodotto delle linee guida di buona prassi intitolate Hear by Right (“Ascoltare di diritto”), che sono degli standard esaminati e collaudati per le organizzazioni dei settori istituzionali e del volontariato,

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al fine di valutarne e migliorarne la prassi. La struttura di Hear by Right è basata sul modello delle “Sette S” del cambiamento organizzativo: Shared values (valori condivisi); Strategia; Strutture; Sistemi; Staff; Skills and knowledge (competenze e conoscenze); Stile di leadership. Questo modello si basa sull’autodeterminazione degli individui, a tre livelli: ‘emergente’, ‘stabile’ e ‘avanzato’, ciascuno dei quali è cumulativo rispetto al precedente. Ciò assicura che il coinvolgimento dei giovani sia costruito dall’interno e non improvvisato (Badham e Wade, 2005). A quanto emerge dalla relazione, per quanto concerne le politiche giovanili, il Regno Unito non adotta la definizione di gioventù dell’UE (15-25 anni). Al contrario, a seconda del settore specifico, sono considerate diverse fasce di età per lo più al di sotto dei 18-19 anni. La comunità e i settori del volontariato adottano più spesso la definizione che corrisponde alla fascia di età fino ai 25 anni. L’esigenza di definire meglio gli specifici bisogni dei ragazzi, in funzione delle loro fasce d’età, richiede maggiore attenzione, come è stato recentemente riconosciuto dall’Unità contro l’esclusione sociale del governo. La mancanza di provvedimenti per i giovani adulti (venti-venticinque anni d’età), ovvero per i ‘i ventenni invisibili’, è un altro argomento a cui di recente è stata dedicata attenzione (SEU, 2005). Un certo grado di flessibilità è stato comunque introdotto a favore di di gruppi specifici con problemi particolari, come coloro che lasciano gli istituti di cura, che possono ricevere sostegno attraverso Connexions fino all’età di 21 anni. Per gli altri il sostegno può terminare bruscamente una volta raggiunti i 18-19 anni, indipendentemente dall’effettiva situazione di bisogno. Questa definizione per fasce di età si manifesta inoltre nel sostegno della previdenza sociale, laddove le politiche assumono che la dipendenza dai genitori dipenda strettamente dall’età. Eccetto per coloro che sono in seria difficoltà, il diritto ai sussidi si raggiunge con la maggiore età, ma gli assegni pieni si acquisiscono a 25 anni. In una prospettiva di comparazione europea i giovani diventano economicamente autonomi precocemente, in funzione dei loro guadagni. Tuttavia, dal momento in cui l’autonomia tende ad essere raggiunta in età più tarda, per la maggiore partecipazione ai corsi di formazione e di istruzione superiore dopo le scuole dell’obbligo, si è verificata un’erosione del livello del sostegno statale per i giovani, in termini di sussidi e di borse di studio. Implicitamente, i genitori si trovano a rivestire ancora un ruolo di sostegno dei giovani adulti dipendenti o semidipendenti. Nel Regno Unito, tuttavia, non esistono obblighi legali espliciti per il mantenimento dei ragazzi superati i 16 anni di età da parte dei genitori. La volontà dei genitori di continuare a mantenerli dipende da una serie di fattori, come le loro convinzioni e le loro risorse. Se c’è sempre stata una tradizione culturale di sostegno economico prolungato tra le famiglie della classe media, questa tradizione non si riscontra nelle classi operaie (Jones et al, 2004).


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7.7 I CAMBIAMENTI NELLE POLITICHE GIOVANILI, DAL 2006 A OGGI

Nell’insieme, i cambiamenti delle politiche giovanili nel Regno Unito, nell’arco degli ultimi anni, sono nel segno della continuità, senza stravolgimenti radicali. Questo non significa che non siano stati introdotti cambiamenti di rilievo, anzitutto per quanto riguarda lo sviluppo delle politiche. Rimangono irrisolti, però, i principali nodi critici evidenziati nelle pagine precedenti: la frammentazione delle politiche giovanili, la tendenza a vedere i giovani come “il problema”, l’adozione di misure a rischio di produrre stigmatizzazione. Nonostante la nomina di uno specifico Ministro per la gioventù, le politiche giovanili soffrono ancora di scarso coordinamento, di indeterminatezza circa i gruppi d’età di riferimento, di una tendenza a condizionare ogni sostegno alla conformità, come se i giovani – questo è il tacito assunto – non si sapessero attivare da soli. Sotto questo profilo non si registrano, dal 2006 a oggi, novità significative. Anche se non si è assistito ad alcun cambiamento di direzione, segnali di innovazione importanti sono venuti dal campo delle nuove politiche all’infanzia e ai giovani. Nel corso degli ultimi 21 anni sono stati adottati oltre 400 documenti pubblici – tra leggi, strategie, iniziative – aventi come target i minori e i giovani. Oltre la metà dei documenti in questione è stata prodotta negli ultimi sei anni (Action for Children, 2008). Il settore di massima produzione normativa è stato probabilmente quello del diritto penale, a conferma della particolare attenzione dedicata dal governo attuale ai rapporti fra giovani, criminalità e “comportamenti antisociali”. Eppure si è trattato fondamentalmente di politiche reattive – e guidate dalle ondate di “panico pubblico” diffuse dai mass-media – più che di azioni di prospettiva, elaborate nel quadro di una strategia coerente. Tracciare un bilancio è sempre difficile. Il pendolo oscilla di continuo, in un senso o nell’altro. Basta una crisi, o una tragedia con una copertura mediatica adeguata, per attrarre risorse e servizi verso i casi estremi, benché si riconosca che l’unico modo per ridurre il bisogno di servizi d’emergenza (spesso estremamente costosi) è quello di investire di più nei servizi di prevenzione. (Action for Children, 2008: 6). A fronte di queste critiche, e a partire dalla legge sui minori del 2004, i Children’s Trusts sono stati oggetto nel 2008 di modifiche rilevanti, volte a rimediare al problema della frammentazione dei servizi. Gli enti locali sono oggi tenuti a mettere a punto un piano strategico per tutti i servizi (pubblici o privati) indirizzati ai minori, nei territori di loro competenza. È ancora presto, tuttavia, per valutare l’efficacia di questa innovazione normativa. Quella che proporrò in queste pagine è una sintesi dei principali mutamenti delle politiche giovanili negli ultimi anni, almeno a mio giudizio. Farò riferimento a molteplici settori: istruzione, formazione e lavoro, giustizia penale, sanità, servizi ai giovani. Da ultimo, formulerò alcune riflessioni in tema di inclusione sociale e di disuguaglianze.

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7.7.1 Istruzione

Tra le priorità delle politiche scolastiche britanniche, negli ultimi anni, figura la lotta alla dispersione scolastica. Il governo ha preso una serie di misure per contenere sempre di più il numero dei ragazzi che abbandonano la scuola all’età minima consentita dalla legge (16 anni). L’indennità di mantenimento scolastico consiste in una somma che può arrivare a 30 sterline a settimana, per consentire agli adolescenti (16-18 anni) di famiglie a basso reddito di continuare a frequentare la scuola postobbligo. I sussidi vengono meno ogni qualvolta i ragazzi siano assenti da scuola senza una buona giustificazione. Nel 2007 il governo ha introdotto ulteriori norme per realizzare, entro il 2013, un obiettivo rilevante: che tutti i giovani dell’Inghilterra frequentino la scuola a tempo pieno fino a 17 anni o seguano corsi di formazione professionale a tempo pieno, o comincino a lavorare, in percorsi che offrano loro un adeguato supporto formativo. Entro il 2015, poi, si prevede di innalzare la soglia d’età a 18 anni. Anche in questo caso sono previste sanzioni per garantire l’efficacia della norma. Tra queste figura anche l’ipotesi di un ritiro della patente di guida. A fronte degli impegni politici che erano stati assunti in precedenza, l’obiettivo di far accedere il 50% dei giovani all’istruzione superiore entro il 2010 non è stato raggiunto, benché l’incidenza relativa degli studenti universitari sia lievemente aumentata dal 2006 a oggi (Hughes, 2009). A seguito delle elezioni generali del 2010 si prevedono, tuttavia, forti cambiamenti nel regime di finanziamento delle università, compreso l’aumento delle tasse di iscrizione che potrebbe disincentivare la partecipazione dei giovani provenienti da famiglie meno abbienti. Sono stati fatti anche alcuni passi nella direzione di espandere la gamma dei servizi offerti ai giovani da parte delle scuole. Nell’ambito dell’iniziativa delle “Scuole prolungate”, tutti i ragazzi dovrebbero poter aver accesso, entro il 2010, a svariate attività extracurricolari, tra cui il sostegno allo studio, la sport, la musica, internet e i nuovi media, e i servizi di sostegno alla famiglia. L’obiettivo principale di questa iniziativa è di ridurre l’esclusione dei ragazzi e aumentarne il rendimento, la fiducia in se stessi e la partecipazione alla vita scolastica. 7.7.2 Formazione e lavoro

Il contesto occupazionale, nel Regno Unito, è notevolmente cambiato dal 2006 a oggi. Ciò ha influenzato anche le priorità dell’azione di governo. Nel 2006 la disoccupazione giovanile era relativamente bassa, ed è anche per questo che si è deciso di terminare l’esperienza dell’Unità sull’esclusione sociale, sostituendola con una semplice Task Force. Mentre le politiche lavorative guardavano soprattutto ai giovani più svantaggiati, senza offrire più di tanto (se non consulenze periodiche) a chi cercava di migliorare la propria posizione lavorativa attraverso la formazione, sono state introdotte anche nuove misure, indirizzate ai lavoratori che non accedono ad alcuna risorsa formativa e per questo appaiono più vulnerabili a periodi di interruzione del rapporto di lavoro.


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Negli ultimi anni, al tempo stesso, è aumentata la consapevolezza del fatto che i servizi di orientamento al lavoro sono spesso inefficaci e che occorre lavorare nella direzione di innalzare le aspettative dei giovani. Per certi versi il problema è legato agli obiettivi fin troppo rigidi e impegnativi che vengono prescritti allo staff degli uffici del lavoro, in termini di giovani da inserire nel lavoro e nella formazione. Ne può derivare la pressione a trovare opportunità di lavoro subito e a qualunque costo, senza tenere in grande considerazione le aspirazioni o i progetti dei giovani stessi. La definizione di obiettivi di rilevanza nazionale, al fine di ridurre il numero dei NEET (ovvero i ragazzo che non vanno a scuola, non lavorano e non fanno formazione), ha avuto un certo successo. Di fatto, tuttavia, gli addetti dei servizi all’impiego hanno avuto forti incentivi a privilegiare i giovani meno svantaggiati, di più facile inserimento nel mercato del lavoro o nei percorsi formativi. Tra gli altri cambiamenti importanti, in relazione al mercato del lavoro, figurano le garanzie di nuovi percorsi formativi per chi lascia la scuola a 16 o a 17 anni, a partire dall’inizio dell’anno scolastico successivo; nonché, a partire dal 2010, l’introduzione di una “Garanzia per i giovani”, in virtù della quale i ragazzi di età tra i 18 e i 24 anni, beneficiari dei sussidi di disoccupazione da almeno 12 mesi, potranno accedere a un lavoro ordinario, a un percorso di formazione mirato o comunque a un’esperienza di tipo lavorativo. Va segnalato, infine, il recente incremento delle risorse dedicate ai tirocini (con l’obiettivo di garantire, entro il 2013, questa opportunità a tutti i giovani che abbiano le qualifiche per accedervi). 7.7.3 La giustizia penale

Nel sistema della giustizia penale si continua ad assistere allo sviluppo di nuove misure legislative dedicate ai giovani. Le Diffide per i comportamenti anti-sociali, pur oggetto di pesanti critiche, sono ancora utilizzate nei confronti dei ragazzi che, benché non abbiano commesso reati, sono ritenuti autori di comportamenti molesti. La violazione di una diffida continua a rappresentare un reato, come tale penalmente perseguibile. Si vanno facendo sempre più incerti, di conseguenza, i confini dei campi di competenza del sistema della giustizia, della scuola e dell’assistenza sociale. Cambiamenti di rilievo si sono invece registrati nelle leggi sulla droga, legati soprattutto ai timori per le nuove forme di consumo dei giovani. Nel gennaio del 2009 sono state aggravate le pene previste per la detenzione di cannabis, fino a un massimo di quattro anni di carcere (a fronte del “tetto” di due anni, previsto in precedenza). Nel 2009 è stata inoltre avviata una nuova strategia decennale sulle droghe, esplicitamente finalizzata a prevenire il danno per i minori, i giovani e le famiglie affetti dall’abuso di stupefacenti. La strategia, che promuove il raccordo tra i diversi soggetti interessati al problema, prevede la definizione di nuove priorità per l’azione delle forze dell’ordine, l’introduzione di nuovi approcci terapeutici e lo sviluppo di nuove campagne di informazione pubblica (tendenzialmente focalizzate sui giovani, come target privilegiato). Uno dei programmi informativi modello, noto con l’acronimo di FRANK, si è rivelato particolarmente efficace: la linea telefonica dedicata ha

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ricevuto, tra il 2007 e il 2008, una media di 969 chiamate giornaliere, mentre il sito web è stato oggetto – nell’arco di un anno – di 5 milioni di accessi. FRANK mira a rendere i giovani ben consapevoli dei rischi e dei pericoli insiti nella droga, oltre a offrire loro un punto di riferimento per aiuto e consigli. 7.7.4 La sanità

Le politiche sanitarie, nel Regno Unito, prevedono linee di intervento differenziate tra i minori, i giovani e gli adulti. Solo in alcuni ambiti particolari, però, esistono politiche specificamente dedicate ai giovani. Tra questi figurano la salute mentale, la salute sessuale e riproduttiva, l’abuso di alcol e droga, la lotta contro il tabagismo e gli stili alimentari salutari. In tutte queste aree i comportamenti dei giovani, e le loro ricadute in termini di salute, sono da tempo un oggetto di particolare interesse. Nell’insieme, però, non si sono registrati grandi cambiamenti negli ultimi anni, al di là del programma “Prego!” (You’re welcome), avviato nel 2007. Tale iniziativa, indirizzata al personale dei servizi sanitari, ha l’obiettivo di rendere più accoglienti i servizi stessi, soprattutto nella visuale dei giovani. 7.7.5 I servizi per i giovani

Nel 2009 è stato nominato, per la prima volta, un Ministro per i giovani e la partecipazione giovanile. Questa figura dovrà elaborare nuove strategie per incrementare la partecipazione dei giovani nelle comunità locali, promuovendo la cittadinanza attiva anche nelle fila dei giovani svantaggiati. Coordinerà, inoltre, le riposte del governo alle raccomandazioni del Comitato per la cittadinanza giovanile, previste – sotto forma di report ufficiale – entro la fine del 2009. La creazione di questa figura ministeriale è senz’altro un passo in avanti, ma si tratta pur sempre di un ministero “a part time”, giacché la persona che se ne occupa svolge anche svariate altre funzioni all’interno del governo. Non è chiaro, in altre parole, quanto tempo potrà realmente dedicare alle questioni giovanili. Una volta di più, le politiche giovanili del Regno Unito hanno dimostrato di godere di scarso riconoscimento nell’azione di governo e nella divisione di competenze dell’esecutivo. Questa critica trova ulteriori riscontri nel fatto che gran parte del lavoro con i giovani è svolta all’interno del volontariato, o comunque con finanziamenti locali, all’esterno della cornice dei servizi pubblici. Tra le iniziative più promettenti degli ultimi anni va in ogni caso segnalata “Puntare in alto” (Aiming high), avviata nel corso del 2007. Si tratta di una strategia decennale che conta (per il periodo 2008-2011) su un budget di 679 milioni di sterline, da investire nel miglioramento dei servizi per i giovani, nel potenziamento dell’offerta di servizi esistente e nell’avvio di nuove misure. La strategia prevede anche forme di sostegno mirato al volontariato e alla qualificazione delle competenze degli addetti ai lavori. Si prevede, in altre parole, di rafforzare anche il settore più vulnerabile dei servizi ai giovani.


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7.7.6 Conclusioni

Negli ultimi anni, come si può vedere, sono state promosse svariate misure di legge indirizzate ai giovani, comprese alcune iniziative promettenti. Non è esagerato affermare, però, che manca qualsiasi visione strategica d’insieme, al di là dei singoli interventi. La filosofia di fondo delle politiche pubbliche è ancora quella dei “giovani come problema”, anziché dei “giovani come risorsa”. Con l’attuale recessione, e con le sfide che ne sono derivate, i giovani – specie quelli meno avvantaggiati, per origine familiare – avranno senz’altro bisogno di nuove forme di sostegno, in vista di una loro inclusione sociale effettiva.

BIBLIOGRAFIA

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Capitolo 8 Slovenia Hajdeja Iglič

8.1 INTRODUZIONE

Questo capitolo persegue tre obiettivi principali. In primo luogo presenta la struttura istituzionale all’interno della quale le politiche giovanili sono formulate ed attuate in Slovenia. Descrive gli attori del settore pubblico e privato attivi nel campo delle politiche giovanili e i principi di base ai quali si attengono nelle loro azioni. In secondo luogo riassume la ricerca esistente sulla situazione dei giovani in Slovenia negli ultimi anni (dopo il 2000), con attenzione particolare ai seguenti aspetti: istruzione, occupazione, situazione economica e la questione abitativa. Come terzo punto presenta le politiche rilevanti negli aspetti sopra menzionati per la vita dei giovani in Slovenia. Mentre alcune di queste politiche sono formulate specificatamente per i giovani, le altre li considerano all’interno di categorie più ampie di gruppi sociali a rischio che meritano una particolare attenzione da parte dello stato. Quando possibile la situazione attuale è valutata alla luce delle tendenze negli ultimi quindici anni, dopo il raggiungimento da parte della Slovenia dello status di paese indipendente. Questo ci permette di trarre conclusioni per quanto concerne l’efficacia delle politiche indirizzate ai giovani, negli ultimi anni. 8.1.1 Il metodo di lavoro

Il nostro metodo di lavoro ha previsto l’utilizzo di documenti ufficiali, relazioni e fonti statistiche. Le fonti principali sono state “Giovani in Slovenia”,1 “Gioventù 2000”2 e “Ragazzi e giovani nella società in transizione”.3 Abbiamo inoltre utilizzato documenti recenti pubblicati dall’Ufficio per la gioventù del Ministero dell’istruzione e dello sport, come la “Strategia dell’Ufficio per la gioventù 2006-2010”4 e la “Analisi comparativa sui regolamenti per la gioventù in Europa con le raccomandazioni per la Slovenia”.5 Questi due documenti stanno alla base del “Programma nazionale per la gioventù” e della “Legge sulla gioventù”, in fase di preparazione a cura dell’Ufficio per la gioventù. 1

Mirjana Ule e Tanja Rener, Giovani in Slovenia: Nuove prospettive dagli anni Novanta, Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la Gioventù, Lubiana, 1998. 2 Vlado Miheljak, Gioventù 2000: Giovani in Slovenia nella Transizione verso il Terzo Millennio, Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, Lubiana, 2002. 3 Andreja Črnak-Meglič, Ragazzi e Giovani nella Società di Transizione: Analisi della Situazione in Slovenia, Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, Lubiana, 2006. 4 http://www.uradzamladino.gov.si/si/zakonodaja_in_dokumenti/ 5 http://www.uradzamladino.gov.si/si/zakonodaja_in_dokumenti/

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I COUNTRY REPORTS Capitolo 8 _ Slovenia

8.1.2 Definizione di gioventù

Le politiche giovanili in Slovenia sono basate sulla definizione di “giovani” che comprende il gruppo di età dai 15 ai 29 anni. Le analisi statistiche sulla condizione giovanile, specialmente quelle che riguardano l’istruzione e l’occupazione, distinguono inoltre tra due gruppi di età: 15-24 (giovani) e 25-29 (giovani adulti). Il limite di età dei 15 anni contraddistingue l’età minima perché un ragazzo possa iniziare a lavorare in modo regolare, mente il limite dei 24 anni si riferisce all’età in cui dovrebbe essere raggiunto il livello più alto di istruzione. Il numero di giovani in Slovenia è sceso negli ultimi 25 anni. Nel 1991 componevano il gruppo 15-29 anni 450.173 persone, nel 2002 430.994 e nel 2004 423.425. La percentuale di giovani nella popolazione totale è sceso dal 22,5% nel 1991 al 21,6% nel 2002 e al 21,2% nel 2004.6

8.2 LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELLE POLITICHE GIOVANILI 8.2.1 Attori a livello locale e nazionale

Diversi attori pubblici e privati condividono le responsabilità per lo sviluppo e l’attuazione delle politiche giovanili in Slovenia. Tra questi troviamo: Ufficio per la gioventù

Questo ufficio è parte del Ministero dell’istruzione e dello sport. Le sue principali responsabilità e attività riguardano: • la pianificazione, organizzazione e attuazione di misure nell’area delle politiche giovanili; • il monitoraggio dell’attuazione delle norme e degli altri atti che si rivolgono ai giovani in generale; • la formulazione e la supervisione dell’attuazione dei programmi per i giovani (lavoro giovanile, informazione, istruzione informale, mobilità); • il miglioramento delle condizioni per le attività organizzate e delle organizzazioni giovanili; • il monitoraggio del ruolo e delle posizioni dei giovani nella società; • la creazione di condizioni per la loro inclusione nei processi sociali; • la cooperazione internazionale7. L’ufficio svolge il suo ruolo in stretta collaborazione con il settore non governativo. Rappresenta la prima fonte di sostegno economico per diverse organizzazioni, iniziative e 6

Milivoja Šircelj e Tina Žnidaršič, Ragazzi e Giovani da un punto di vista demografico, in Ragazzi e giovani nella società in transizione: analisi della situazione in Slovenia, di Andreja Črnak-Meglič, Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, Lubiana, 2006, pp. 39-56. 7 http://www.mss.gov.si/en/about_the_ministry/


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reti. Il piano finanziario dell’Ufficio per la gioventù per il 2007 è di circa 2 milioni di euro, dei quali 1.7 milioni saranno usati per il finanziamento dei programmi per la gioventù.8 Consiglio giovanile nazionale della Slovenia (Mladinski svet Slovenije MSS)

È una struttura nazionale di coordinamento per le organizzazioni giovanili nazionali in Slovenia, rappresenta gli interessi delle organizzazioni nella sfera politica. È il partner principale dell’Ufficio per la gioventù nel settore non governativo. Ad esso partecipano 16 organizzazioni, diverse per orientamenti politici e ideologici, nonché per interessi perseguiti (per esempio, Democrazia liberale giovanile, Gioventù democratica slovena, Associazione dei giovani sloveni delle aree rurali, Centro di cultura studentesca, Associazione scout di Slovenia e altri). L’iscrizione è volontaria, collettiva e rivolta a tutte le organizzazioni a livello nazionale, ha una struttura democratica e la partecipazione è su base volontaria. Le aree di lavoro del Consiglio sono: • la formazione e l’istruzione (l’organizzazione di diverse attività di formazione ha lo scopo di fornire le capacità di base per giovani leader delle organizzazioni membri); • l’informazione; • la cooperazione internazionale (il Consiglio è membro a pieno titolo del Forum giovani europeo e prende parte alle azioni giovanili internazionali di quest’ultimo, offrendo inoltre la possibilità alle organizzazioni iscritte di partecipare alle attività del Consiglio d’Europa); • gli affari sociali (promuove il lavoro volontario e prende parte alla rete del Servizio volontario europeo); • lo sviluppo di organizzazioni e strutture locali giovanili.9 Il Consiglio nazionale della Slovenia coopera in stretto contatto con l’Ufficio per la gioventù su diversi progetti e i rappresentanti di entrambe le istituzioni formano un organo consultivo chiamato Consiglio dell’ufficio per la gioventù. Creato nel settembre 2006, ha sostituito la Commissione congiunta per le questioni giovanili. Il Consiglio deve contribuire ad una migliore collaborazione tra le due istituzioni, cosa che in passato non accadeva spesso. Consigli giovanili locali

Sono degli organi di coordinamento per diverse organizzazioni giovanili a livello locale. Il loro ruolo è rappresentare gli interessi dei giovani nei contesti locali. L’iscrizione ai consigli locali è su base volontaria. Al momento i consigli giovanili locali sono attivi solamente in 37 comunità. Non sono distribuiti equamente sul territorio e la costituzione di un maggior numero di tali entità, specialmente nelle comunità più ampie, dovrebbe rappresentare uno degli obiettivi futuri per le politiche giovanili. 8 9

http://www.gov.si/mf/slov/proracun/kontakt.htm http://www.mss.si/

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Le organizzazioni giovanili a livello locale e nazionale

Sono organizzazioni che realizzano direttamente diversi programmi per ragazzi e giovani. Un requisito ulteriore è che i ragazzi tra i 15-29 anni siano pari almeno al 70% degli iscritti e dei leader dell’organizzazione. Queste organizzazioni sono importantissime per lo sviluppo di diversi aspetti delle politiche giovanili. Possono assumere varie forme (da associazioni locali a rappresentanze locali di associazioni nazionali fino a organismi a livello nazionale) e sono attive in tutti gli aspetti della vita dei giovani (sport, cultura, istruzione informale, informazione, politica, ecc). Le organizzazioni giovanili consentono ai ragazzi di soddisfare i loro interessi in modo attivo. Il lavoro per/con i giovani è considerato di cruciale importanza per la diffusione del sapere informale, delle esperienze e competenze necessarie per la loro integrazione nella società. Nonostante l’importanza delle organizzazioni giovanili e dei loro membri, il loro numero è in diminuzione. Una delle ragioni potrebbe essere che le organizzazioni giovanili non sono ancora state completamente riconosciute come partner nei processi decisionali in cui sono formulate le politiche riguardanti la vita dei giovani a livello locale e nazionale. I centri giovanili (club ed iniziative giovanili)

Sono spazi fisici che assolvono varie funzioni (da quella di prevenzione a quella dell’istruzione, fino all’offerta di informazioni, al sostegno alle associazioni, e così via). I centri giovanili possono godere del sostegno dell’Ufficio per la gioventù a patto che soddisfino le condizioni stabilite per legge (attività regolare, presenza di più programmi, leadership competente, infrastrutture adeguate). Il numero di centri, come l’interesse dei giovani nelle opportunità offerte, sta crescendo rapidamente. Le organizzazioni per la gioventù

All’interno di queste organizzazioni i giovani sono consumatori di servizi forniti da professionisti veri e propri. Come avviene per i centri giovanili, l’Ufficio per la gioventù sostiene economicamente i programmi di queste organizzazioni. Le reti

Al fine di raggiungere un miglior coordinamento e una più efficace comunicazione con l’Ufficio per la gioventù, varie organizzazioni e centri stanno costruendo delle reti a livello nazionale (per esempio il MAMA, una rete di centri giovanili, la MOVIT, istituto di promozione della mobilità giovanile; il MISSS, Centro di consulenza e informazione giovanile in Slovenia). Le organizzazioni studentesche

Sono le organizzazioni giovanili più influenti. Attualmente ne esistono 3 a livello universitario (l’organizzazione studentesca dell’Università di Lubiana, quella dell’Università di Maribor e quella dell’Università di Primorska) e altre 45 su scala regionale. Ciascuna organizzazione studentesca ha un parlamento composto da rappresentanti eletti tra gli studenti di diverse facoltà ed un “governo studentesco” i cui ministri sono


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responsabili di diverse aree della vita degli studenti. Le tre organizzazioni studentesche a livello universitario, assieme ai rappresentanti delle organizzazioni studentesche regionali, hanno creato un’organizzazione studentesca slovena che coordina svariate attività: dai programmi di istruzione agli eventi culturali, nonché il sistema di borse di studio per gli studenti economicamente svantaggiati e per le loro famiglie. Problemi e questioni aperte

La Strategia dell’Ufficio per la gioventù 2006-201010 e l’Analisi comparativa sui regolamenti per la gioventù in Europa, con le Raccomandazioni per la Slovenia,11 pongono l’accento su alcuni problemi e questioni aperte per le politiche giovanili nel Paese. In primo luogo, la questione della normativa. Attualmente l’area delle politiche giovanili e del lavoro è solo parzialmente regolamentata (la legge sui consigli giovanili, 2000;12 la legge sulle associazioni studentesche, 199413). La legge sui giovani, attualmente in elaborazione, dovrebbe distinguere più chiaramente le diverse forme del lavoro giovanile nonché il ruolo dei giovani nelle politiche giovanili. Attualmente diversi attori (organizzazioni, centri, iniziative, reti, consigli…) troppo spesso portano avanti gli stessi compiti e sono in competizione per le stesse risorse. Quindi nella futura regolamentazione della struttura delle politiche, particolare attenzione dovrebbe essere posta nella complementarità di ruoli dei diversi tipi di attori a livello locale e nazionale. In secondo luogo, la questione economica. Secondo le attuali normative i consigli giovanili e le organizzazioni studentesche sono finanziate dai fondi locali e nazionali. Ulteriori risorse vengono ricavate dalle quote di iscrizione, donazioni, vendita di servizi e prodotti sul mercato e, nel caso delle organizzazioni studentesche, anche dal lavoro degli studenti. I programmi delle organizzazioni giovanili, delle reti e dei centri sono finanziati dai fondi dell’Ufficio per la gioventù e delle comunità locali. Le principali problematiche collegate a questo sistema sono diverse: • si tratta di una struttura top-down, dove le organizzazioni e i centri giovanili non hanno potere di partecipazione nella distribuzione delle risorse, • è un sistema eccessivamente orientato al breve termine e non garantisce la continuità dei programmi più importanti e impegnativi, • le comunità locali non sono obbligate a sostenere economicamente il lavoro dei giovani, • alcune restrizioni presenti nelle disposizioni normative degli enti locali, rispetto al lavoro dei giovani, non permettono un finanziamento a larga scala. Si sta attualmente discutendo circa varie nuove possibili fonti di finanziamento per le politiche giovanili: la lotteria nazionale, il lavoro degli studenti, e così via. 10

Strategia dell’Ufficio per la gioventù 2006-2010, novembre 2005, Ufficio per la gioventù del Ministero dell’istruzione e dello sport, Lubiana, pp. 9-14. 11 Analisi comparativa sui regolamenti giovanili in Europa con le Raccomandazioni per la Slovenia, novembre 2005, Ufficio per la gioventù del Ministero dell’istruzione e dello sport, Lubiana, pp. 30-35. 12 “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Slovena”, no. 70/2000. 13 “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Slovena” no. 38/1994.

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Terzo, la questione della cooperazione/coordinamento. C’è accordo diffuso sul fatto che la politica giovanile non è efficiente come potrebbe essere, a causa della mancata cooperazione tra i diversi livelli del sistema. La creazione del Consiglio dell’Ufficio per la gioventù nel 2006, in cui attori non governativi (il Consiglio giovanile nazionale della Slovenia) e governativi (l’Ufficio per la gioventù) hanno lo stesso numero di rappresentanti, è un primo passo verso il miglioramento dello stato delle cose. Secondo la legge istitutiva dei consigli giovanili, il governo, i ministri e le altre istituzioni governative, come anche le istituzioni a livello locale, sono obbligati ad informare il Consiglio giovanile nazionale della Slovenia sulle politiche relative ai giovani e alla loro condizione. Allo stesso tempo, però, gli enti pubblici mantengono la possibilità di decidere in merito a tali questioni senza una previa consultazione con le organizzazioni giovanili. Per questa ragione è stato proposto che la legge sui giovani, in fase di preparazione, fornisca le basi normative per la creazione di un organo consultivo congiunto che comprenda i rappresentanti dei ministeri, dell’Ufficio per la gioventù e delle organizzazioni non governative. Questo organo dovrebbe coordinare le attività, le politiche, i finanziamenti, gli appalti etc. che riguardano i giovani. Quarto, la questione della rappresentanza. Il tema del coordinamento è strettamente connesso al problema della rappresentanza, ossia a come garantire un’adeguata presenza dei giovani nella sfera politica. Chi dovrebbe rappresentare la società civile nei vari organi di rappresentanza? Fino ad ora è stata una responsabilità del Consiglio giovanile nazionale della Slovenia (Mladinski svet Slovenije - MSS). In ogni caso, le grandi organizzazioni giovanili a livello nazionale e i membri del MSS non hanno una base sociale così ampia da comprendere la maggioranza della popolazione giovanile slovena. Di conseguenza la loro capacità di rappresentare gli interessi dei giovani nell’arena nazionale potrebbe rivelarsi inadeguata. Per questo motivo andrebbero sviluppate nuove forme di rappresentanza che tengano in considerazione anche gli interessi dei giovani che partecipano a forme locali di lavoro giovanile, o che non sono coinvolti in questo tipo di organizzazioni giovanili. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso il rafforzamento del ruolo dei consigli giovanili locali e la creazione di una loro rete nazionale, ma anche attraverso l’allargamento delle basi da cui sono scelti i rappresentanti. Ciò significa che i partner non governativi nell’organo consultivo congiunto dovrebbero essere rappresentativi rispetto alle organizzazioni giovanili, ma anche verso la generalità della popolazione giovanile. Quinto, la questione del lavoro giovanile. I dati recenti segnalano che il numero delle organizzazioni giovanili e dei loro membri è in diminuzione, mentre aumentano i centri giovanili e le iniziative locali. Secondo alcuni autori queste tendenze indicano che i giovani sono sempre meno interessati a impiegare il proprio tempo libero in modo attivo, come nelle varie forme di istruzione informale. L’offerta dei centri giovanili, basata ancora prevalentemente su esibizioni ed eventi per i giovani, promuove una partecipazione più passiva (associazioni di fruizione) e non contribuisce sufficientemente alla formazione di capitale sociale tra i giovani, in particolare alla formazione di forme di partecipazione e appartenenza di tipo associativo.


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I principi di base delle politiche giovanili

I principi di base delle politiche giovanili in Slovenia, stabiliti nella Strategia dell’Ufficio per la gioventù 2006-2010,14 sono: • Aumentare la partecipazione giovanile, specialmente con azioni locali, per migliorare il coordinamento delle varie iniziative e fare sì che i giovani divengano gli attori più importanti dello sviluppo locale. • La creazione e lo sviluppo di reti sociali di giovani e di iniziative collettive a livello locale. • Contribuire a una crescita e a una vita adulta di maggiore qualità grazie ai principi di autonomia e auto-attivazione. • Promuovere la coesione sociale, la tolleranza, la cooperazione e la solidarietà intergenerazionale, anche attraverso il volontariato. • Favorire lo sviluppo di forme di pensiero critico e creativo, capaci di alimentare la riflessione sugli eventi sociali del mondo moderno. • L’integrazione dei gruppi a rischio di esclusione sociale e dei giovani “passivi”. • Lo sviluppo di metodi di lavoro preventivi e alternativi per affrontare i problemi dei giovani.

8.3 L’ISTRUZIONE

La Slovenia investe circa il 6% del PIL in istruzione. Dal confronto con gli altri Paesi europei si deduce che essa stanzia meno risorse per l’istruzione rispetto ai Paesi nordici, ma ne stanzia di più rispetto a molti altri. La metà delle risorse sono spese per le scuole materne ed elementari (istruzione obbligatoria), e metà per l’istruzione di secondo e terzo livello. L’inserimento di giovani nei sistemi di istruzione è notevolmente aumentato negli ultimi dieci anni. Alla metà degli anni ‘90 circa il 77% di giovani tra i 15-19 anni di età erano immatricolati in strutture di istruzione formale, mentre nel 2002 la percentuale era intorno al 97%. Nel gruppo di età tra i 20-24 anni la percentuale di giovani immatricolati è aumentata dal 40% al 68% nello stesso arco di tempo. L’aumento nel gruppo di età 25-29 è stato dal 5% al 24%. Questi numeri dimostrano chiaramente una tendenza al prolungamento degli anni di istruzione tra i giovani. 8.3.1 Istruzione secondaria

Dal 1998 in poi la percentuale di ragazzi inseriti nel circuito dell’istruzione secondaria dopo aver concluso l’istruzione primaria obbligatoria si è mantenuta nell’ordine del 98%. L’89.5% dei giovani che hanno oggi 22 anni ha concluso il percorso di istruzione secondaria: questo dato inserisce la Slovenia al fianco dei Paesi europei più sviluppati. 14

Strategy of the Office for Youth 2006-2010, November 2005, Ufficio per la gioventù del Ministero per l’istruzione e lo sport, Lubiana, pp. 15-16.

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La percentuale di abbandoni in Slovenia è bassa se comparata agli altri paesi europei: solamente il 3,4% degli studenti si è ritirato dalla scuola secondaria a partire dal 1995 e la metà di questi si sono inseriti in forme di istruzione alternativa (altri percorsi di scuola secondaria o i medesimi percorsi, ma in scuole diverse). Si prevede di ridurre ulteriormente il livello di abbandoni entro il 2010, specialmente nei percorsi di istruzione professionale e tecnica, laddove il tasso di abbandono è più alto rispetto a quelli generali. L’azione più significativa per prevenire gli abbandoni scolastici dei giovani fino ai 26 anni è stata il PUM (Progetto di apprendimento per giovani adulti). Si tratta di un progetto del Servizio per l’occupazione della Slovenia, volto a fornire ai giovani servizi di istruzione e di formazione professionale (aggiornamento), permettendo loro di tornare a scuola o di trovare un’occupazione. Il programma consente di coprire i costi di vitto, trasporto, acquisto degli strumenti necessari (per esempio libri), assicurazione medica e inoltre, ove necessario, provvede all’erogazione di borse di studio. Nonostante la crescente percentuale di allievi inseriti nelle scuole secondarie, il numero assoluto degli iscritti tende a decrescere, in virtù delle attuali tendenze demografiche. Conseguentemente si stanno riducendo o addirittura abolendo i limiti di entrata per numero chiuso nelle scuole secondarie. Il 96,4% dei ragazzi riesce ad entrare nel corso corrispondente alla sua prima scelta ed il 99,8% soddisfa, in ogni caso, una delle tre opzioni che aveva avuto modo di esprimere. Prevalgono, nell’insieme, i programmi di studio di quattro anni. La percentuale di studenti iscritti a scuole professionali o tecniche più brevi è in calo dalla metà degli anni ‘90. Nel 2003 essa corrispondeva ad appena il 25% del totale delle iscrizioni nelle scuole secondarie. I programmi quadriennali (gymnazije) forniscono sia istruzione tecnica sia generale. I Gimnazije sono in costante aumento, mentre alcuni percorsi di studio tecnici non vengono più offerti a causa di una domanda ormai insufficiente. La maggior parte degli studenti provenienti dai gimnazije e dalle scuole tecniche quadriennali decidono di continuare gli studi a livello universitario. La struttura del sistema di istruzione secondaria sloveno, attualmente, è in fase di valutazione complessiva: ci si è resi conto, infatti, che i programmi di studio sono ancora disegnati in funzione di un sistema occupazionale diverso da quello attuale, mentre le nuove occupazioni richiedono una maggiore dotazione di conoscenze e competenze di tipo generale. 8.3.2 Istruzione universitaria

Il programma nazionale per l’istruzione universitaria (2000) persegue due obiettivi fondamentali. Il primo è quello di portare la percentuale di giovani iscritti all’istruzione terziaria al 55% della popolazione di riferimento. Il secondo è quello di portare la percentuale di coloro che hanno completato l’istruzione universitaria nella popolazione adulta al 25% entro il 2007. La percentuale di giovani iscritti a programmi di istruzione universitaria è cresciuta dal 24% del 1991 al 42% del 2000


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e al 45% del 2003. La percentuale di persone che ha completato l’istruzione universitaria ha raggiunto il 20% nel 2004. Tra il 2000 ed il 2004 è stata creata una nuova università. Fino ad allora esistevano due sole strutture universitarie: una a Lubiana e una a Maribor, oggi ne è stata aggiunta un’altra nella regione costiera (Primorska). Ci sono anche nuove facoltà che sono state aperte al di fuori di Lubiana. Inoltre il numero di istituti e corsi professionali (o di istruzione professionale) di terzo livello è cresciuto molto: dalle 8 (sette pubbliche e una privata) del 2000 alle 42 (21 pubbliche e 21 private) del 2005. Il numero di posti disponibili in questi istituti e corsi professionali (o di istruzione professionale) è aumentato da 2.670 a 6.917 nello stesso periodo di riferimento. Quindi nel 2005 è stato offerto il 159% di posti in più rispetto al 2000. In Slovenia si può inoltre constatare un aumento significativo di strutture private di livello universitario. Gli studi sono gratuiti per tutti gli studenti full-time. Il Ministero dell’alta istruzione, scienza e tecnologia ha recentemente proposto l’introduzione di una retta per l’istruzione universitaria. Una delle ragioni di questa scelta è che attualmente esiste un dualismo tra gli studenti full-time e quelli part-time. Lo studio part-time, per il quale gli studenti pagano una retta, era stato pensato per lavoratori che decidevano di combinare studio e lavoro. Oggi è più una scelta obbligata per i giovani che non riescono ad accedere all’istruzione full-time a causa dei limiti in ingresso fissati dal Ministero dell’istruzione e dello sport. La proposta di introdurre una retta ha incontrato il netto rifiuto delle organizzazioni degli studenti. Oltre ad aumentare il numero di posti nelle strutture scolastiche, il governo incoraggia le iscrizioni dei giovani ai livelli di istruzione più alti offrendo borse di studio, buoni pasto parziali e più alloggi per gli studenti. Il governo offre borse di studio (republiška štipendija) agli allievi/studenti al secondo o terzo livello di studi che si trovano in difficoltà economiche e che differentemente non sarebbero in grado di proseguire.15 Nel 1987 c’erano a disposizione 16.000 borse di studio, mentre a metà anni ‘90 sono aumentate fino a circa 47.000 per poi scendere nuovamente a 40.000 nel 2000. Questo dato è rimasto relativamente stabile fino al 2006, quando è sceso di altre 2.000 unità. Il governo offre anche borse di studio per merito (Zoisova štipendija) agli studenti più promettenti, premiati in base ai risultati raggiunti e a test attitudinali. La disponibilità di questo tipo di borse di studio è aumentata gradualmente negli ultimi dieci anni. Nel 1995 circa 7.500 studenti ricevevano le Zoisova štipendija, mentre nel 2006 i beneficiari sono stati 13.000. Il terzo tipo di borse di studio sono quelle private, offerte ad allievi/studenti dalle aziende. Nel 1987 circa 44.000 ragazzi hanno ricevuto questo tipo di borse di studio. Nel 1995 la quantità è scesa drasticamente a 8.000. Dopodiché il numero di borse di studio è rimasto relativamente stabile fino al 2006, quando è nuovamente sceso a 5.000 circa. 15

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Il programma nazionale per l’istruzione universitaria prevede di diminuire il numero di studenti che si dedicano a scienze sociali, giurisprudenza ed economia. Nel 2002 il 45% di tutti gli studenti in Slovenia era iscritto a queste facoltà, ma nel 2004 la percentuale era già scesa al 42%. Si registra quindi un incremento relativo delle iscrizioni a corsi universitari di scienze naturali e tecniche, incentivato dalle politiche scolastiche (per esempio i “Giorni per la Tecnologia” nelle scuole primarie). Attualmente circa l’80% degli studenti che accede al livello di istruzione terziaria è in grado di scegliere di studiare nel settore che preferisce. Il programma nazionale per l’istruzione universitaria presenta dei principi base, finalizzati al raggiungimento di alcuni obiettivi: efficacia, intensità, qualità, libera scelta, apprendimento continuo e competitività internazionale. Nel 2004 una nuova legge sul sistema scolastico di terzo livello ha significativamente aperto le transizioni tra i diversi livelli di istruzione. Nel 2006 un emendamento su questa legge ha fornito una completa classificazione statistica dei livelli di istruzione. Prima del 2006, viceversa, la classificazione era abbastanza arbitraria. La “Riforma di Bologna”, introdotta in alcuni programmi già nell’anno 2005/2006, dovrebbe aumentare l’efficacia degli studi, che è stata sempre abbastanza bassa: una ricerca ha evidenziato che otto anni dopo l’iscrizione solo il 50% degli studenti aveva completato il corso di studi, il 6% stava ancora studiando, mentre il 44% aveva abbandonato gli studi.16 Nel 1999 è stato introdotto un programma che co-finanziava le rette post lauream. La percentuale di studenti postuniversitari che hanno ricevuto il co-finanziamento sulla retta è aumentata dal 29% del 1999 al 50% del 2005. Il numero di studenti postuniversitari nello stesso periodo di riferimento è aumentato del 134%.

8.4 IL MERCATO DEL LAVORO17

Una delle conseguenze sociali del prolungamento degli anni di studio è il declino del tasso di attività giovanile (in termini di partecipazione al mercato del lavoro). Come gli altri nuovi paesi dell’UE, la Slovenia ha un tasso di attività abbastanza basso nel gruppo età 15-24 in confronto ai “vecchi” paesi dell’UE. Il tasso di attività di tutti i giovani (15-24) nel 1993 era del 41,6%, del 38,2% nel 2000 e del 39,6% nel 2004. Il tasso di attività delle giovani è considerevolmente più basso rispetto a quello dei pari età maschi (35,7% contro 43,3% nel 2004). Le donne, pur godendo di un li16

M. Bevc, L’efficacia degli studi universitari in Slovenia: Secondo studio longitudinale, IER, Lubiana, 2002. 17 Questo paragrafo è basato su: Martina Trbanc, Occupazione e disoccupazione, la situazione dei giovani, pp. 171-200 in Ragazzi e giovani nella società in transizione: analisi della situazione in Slovenia, di Andreja Črnak-Meglič, pubblicato dal Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, Lubiana, 2006; Martina Trbanc, La task force per la disoccupazione dei giovani olandesi – la prospettiva slovena, 2005, revisione: La task force per la disoccupazione, Paesi Bassi, http://www. mutual-learning-employment.net/peerreviews/netherlands/


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vello superiore di partecipazione universitaria rispetto agli uomini, hanno maggiori probabilità di rimanere disoccupate. 8.4.1 Disoccupazione

Come nella maggior parte dei paesi dell’UE il tasso di disoccupazione dei giovani è circa il doppio di quello della popolazione in generale. Il tasso di disoccupazione generale (percentuale di disoccupati sulla popolazione attiva) era più alto nella prima metà degli anni ‘90, dopo la disgregazione dell’ex-Jugoslavia (9,1% per la popolazione in generale e 24,2% per i giovani). Nella seconda metà degli anni ‘90 ed in particolar modo dopo il 2000, la disoccupazione è scesa molto sia nella popolazione totale sia tra i giovani. Il tasso di disoccupazione nella popolazione totale era del 7,2% nel 2000 e del 6,1% nel 2004, mentre il tasso di disoccupazione giovanile era del 16,6% nel 2000 e del 14,2% nel 2004. C’è una profonda differenza tra il tasso di disoccupazione delle donne e degli uomini. Nel 2004 l’11,2% degli uomini del gruppo di età 15-24 erano disoccupati, mentre tra le donne il tasso era del 18%. Dal momento in cui il numero di persone che finiscono gli studi dopo i 26 anni ha cominciato ad aumentare, la percentuale di giovani disoccupati è calata (dal 32,2% nel 1995 al 26,2% nel 2004), ma la percentuale di coloro che sono in cerca di prima occupazione è in aumento (dal 19,7% nel 1995 al 25,2% nel 2004).18 Nel periodo che va dal 2001 al 2004 la percentuale di giovani disoccupati che rimangono tali per più di un anno e quella di coloro che rimangono disoccupati per più di sei mesi sono scese rispettivamente dal 27,7% al 25,7% e dal 40,5% al 37,9%. La stessa tendenza è stata osservata tra i disoccupati in generale. Tuttavia la situazione è peggiorata per coloro che cercano una prima occupazione. Nel 2003 quasi un quinto dei disoccupati a lungo termine in Slovenia era composto da persone in cerca di prima occupazione e che non avevano esperienze lavorative rilevanti. Una delle ragioni che spiega la posizione di svantaggio dei giovani nel mercato del lavoro è che i datori di lavoro cercano candidati con esperienza lavorativa. Infatti, nel 46,2% dei casi i datori di lavoro danno la priorità all’esperienza lavorativa rispetto all’istruzione; e tra tutte le richieste di lavoratori nel 2003 solo il 3,4% dei datori di lavoro cercava candidati per l’apprendistato. Nel 2004 questa percentuale è scesa ancora fino al 2,6%. La domanda di apprendisti è continuata a calare dal 2002 in poi, quando il parlamento ha abolito l’apprendistato obbligatorio. 8.4.2 Lavoro studentesco

La forma più diffusa di attività tra i giovani è il lavoro studentesco (študentsko delo), forma di lavoro disponibile per gli studenti con un livello di istruzione secondaria o superiore (sopra i 15 anni). Viene fornita attraverso agenzie specifiche 18

Dati raccolti dall’Ufficio per l’Occupazione in Slovenia in riferimento a individui tra i 15 ed i 26 anni.

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chiamate študentski servis. Le aziende riferiscono il loro fabbisogno di lavoratori a questi agenti, che poi li mettono in contatto gli studenti. La maggior parte del lavoro offerto è a breve termine, poco impegnativo e slegato dal settore di studio dello studente. Questo tipo di reclutamento è molto diffuso tra i datori di lavoro perchè è economico e flessibile. Gli studenti possono essere assunti e licenziati in un solo giorno senza nessuna conseguenza legale. Lo Študentsko delo è in crescita in Slovenia: nel 1999 c’erano 45 študentski servis, mentre nel 2002 ce ne erano già 81. Gli Študentski servis sono aziende private molto redditizie, parte delle cui entrate viene investito nelle organizzazioni studentesche. Il problema principale di questa forma di lavoro è che non è riconosciuta come esperienza lavorativa ufficiale. Lo Študentsko delo ha un forte effetto negativo sull’efficienza e sul successo dell’istruzione degli studenti, che attualmente è molto basso (vedere la sezione sull’istruzione). Inoltre riduce significativamente il numero di assunzioni regolari, a tempo determinato e indeterminato. Le aziende preferiscono assumere studenti piuttosto che lavoratori in regola, perché ciò offre loro un forte risparmio; tuttavia questa attività riduce fortemente la possibilità per i giovani di trovare un’occupazione una volta terminati gli studi. Nel 2006 il governo ha deciso di fare il primo passo verso l’inclusione dello študentsko delo nel sistema di occupazione regolare. I piani più radicali proponevano l’abolizione del lavoro studentesco e dei servizi per gli studenti lavoratori, proposte però fortemente rifiutate dagli studenti. Tuttavia il governo ha cambiato il livello di tassazione di questo tipo di lavoro rendendolo molto più simile ai contratti di lavoro ordinari. 8.4.3 Politiche occupazionali

Durante tutti gli anni ‘90 le politiche occupazionali della Slovenia erano orientate al rafforzamento della domanda. Per esempio, gli imprenditori venivano incentivati, attraverso agevolazioni, a creare nuovi posti di lavoro. Dal 1991 in poi è stata offerta agli imprenditori un’agevolazione sugli stipendi per l’intero periodo di tirocinio (dai 6 ai 12 mesi) qualora avessero assunto giovani senza esperienza. Nel 1993 circa l’88% dei primi impieghi è stato ottenuto grazie a questa misura. Negli anni successivi, la misura è stata utilizzata sempre più selettivamente (per disoccupati a lungo termine e per coloro in cerca di prima occupazione), fino alla sua abolizione nel 1996. Non molti giovani riuscivano a mantenere il posto di lavoro dopo il periodo di tirocinio (solo il 24% nel 1993, per esempio), ma quantomeno accumulavano l’esperienza lavorativa utile per la ricerca di un’occupazione futura. Dalla seconda metà degli anni ‘90 le politiche occupazionali hanno cominciato a orientarsi di più verso l’offerta di lavoro. Le agevolazioni erano comunque utilizzate, ma solo in aree dove il tasso di disoccupazione era sopra la media (per esempio il programma per incoraggiare nuove assunzioni portato avanti dal Ministero del lavoro, famiglia e affari sociali). L’enfasi è stata posta sull’istruzione, sulla formazione e su programmi atti a sviluppare la capacità di ricerca di lavoro dei disoccupati. I


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programmi occupazionali in Slovenia sono più generali che mirati, sebbene il Ministero del lavoro, famiglia e affari sociali, nel programma di misure e politiche per l’occupazione attiva per il 2005, rivolga particolare attenzione ai problemi specifici dei giovani disoccupati e di coloro che cercano prima occupazione. Prima di tutto si agisce tramite azioni mirate al miglioramento dell’occupabilità degli studenti, prima che entrino effettivamente nel mercato del lavoro. Per esempio il Ministero offre un supplemento alla borsa di studio Republiška štipendija per gli studenti che scelgono di studiare nei settori a cui corrisponde una maggiore domanda di lavoro. Inoltre la nuova legge sulle borse di studio, che è in lavorazione, definisce gli incentivi per i datori di lavoro che offrono borse di studio agli studenti e opportunità di fare esperienza durante gli studi.19 Il collocamento di coloro che cercano prima occupazione, che hanno meno di 25 anni ed hanno concluso gli studi meno di due anni prima o coloro che hanno meno di 25 anni e sono stati disoccupati per almeno 6 mesi negli ultimi 8 mesi, è menzionato come obiettivo di alta priorità nel programma delle misure di politica attiva (2005). I programmi offerti ai disoccupati sono volti ad aiutare la pianificazione delle carriere e le attività di ricerca di lavoro, all’apprendimento di nuove conoscenze e competenze, alla formazione sul posto di lavoro e a programmi di occupazione locali, compresi i lavori pubblici. In questa serie di politiche sono inoltre previsti gli incentivi (sussidi) per i lavoratori autonomi e l’occupazione di categorie difficili da collocare. Tutti questi programmi sono attuati dall’Ufficio nazionale per l’occupazione. La caratteristica dell’occupazione giovanile è la flessibilità. Nel 2001 la percentuale di contratti a tempo determinato era del 10,5% per la generalità dei lavoratori, ma tra i giovani la percentuale arrivava al 42,9%. Tra tutti i lavoratori, nel 2003, i contratti a part-time incidevano per il 6,6%, ma tra i giovani la percentuale saliva al 13,7%.20 Nel 2003 circa il 75,9% di tutte le nuove assunzioni veniva concluso con un contratto a tempo determinato. La situazione occupazionale dei giovani è in netto contrasto con le generazioni precedenti. L’insieme delle normative sui rapporti di lavoro garantisce ancora una sicurezza occupazionale relativamente alta a coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato. Di conseguenza la flessibilizzazione del mercato del lavoro ricade quasi interamente sui giovani. I disoccupati si trovano in una posizione migliore nella ricerca del lavoro se sono maggiormente istruiti. Nel 2003 il tasso di disoccupazione per i giovani tra i 15-24 era del 26% nella categoria con livello di istruzione più basso e del 12% nella categoria con livello di istruzione medio. L’istruzione dei disoccupati, specialmente tra i giovani, è attualmente in crescita costante grazie a programmi governativi come il 19

Jakob Krištof Počivalšek, Stanje zaposljivosti in zaposlovanja mladih v Republiki Sloveniji, trad it. L’occupabilità e il collocamento dei giovani in Slovenia, in Zaposlovanje in socialno vključevanje: Dvigovanje zaposlitvenega potenciala mladih, Office for Youth and Mladinski ceh-Nefix, Lubiana, 2005. 20 Kanjuo-Mrčela Aleksandra e Miroljub Ignjatović, Neprijazna fleksibilizacija dela in zaposlovanja – potreba po oblikovanju varne fleksibilnosti, in Ivan Svetlik e Branko Ilič (ed.), Razpoke v zgodbi o uspehu, Lubiana, Založba Sophia, 2004.

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Programma 10.000 (ex-Programma 5.000), che riporta i disoccupati sui banchi di scuola e potenzia i loro livelli di istruzione. Un’altra tendenza è stata osservata dal 2000, ossia che la percentuale di giovani laureati nella categoria di disoccupazione in età 25-30 sta aumentando. La maggior parte sono donne e laureate in scienze sociali, economia e giurisprudenza, senza esperienza lavorativa.21

8.5 LA SITUAZIONE ECONOMICA22

Negli ultimi dieci anni è aumentata l’estensione dei diritti sociali, che tocca direttamente la situazione “materiale” dei giovani (assegni per figli a carico e assistenza sociale). Grazie ai cambiamenti riscontrabili sia nei livelli di assistenza economica sia nel numero dei beneficiari, dal 1998 è aumentata l’importanza dell’assistenza sociale nel bilancio delle famiglie. 8.5.1 Indennità per figli a carico

Nel 2001 è stata adottata la legge sulla “tutela dei genitori” e sulla “assistenza alle famiglie” e sono state introdotte ampie modifiche nella sfera dell’assistenza alle famiglie e ai minori. Da una parte sono stati introdotti nuovi diritti, come l’aspettativa per paternità, ampi sussidi familiari e il rimborso parziale per mancato reddito legato all’accudimento dei figli. Dall’altra parte alcuni diritti preesistenti – come quelli legati all’assegno di “paternità”, all’assegno di nascita e di assistenza al bambino, e gli assegni per i bambini in età prescolare non inclusi nei programmi di assistenza prescolare, e di assistenza per i bambini con esigenze particolari – sono stati ridefiniti con l’obiettivo di migliorare la situazione globale delle famiglie e dei loro figli. Uno dei programmi che tocca direttamente la situazione economica delle famiglie è quello dell’assistenza all’infanzia. Il limite di reddito per il diritto all’assistenza è il 99% dello stipendio lordo medio per membro della famiglia. L’ammontare dell’assegno familiare per figli a carico dipende dalla categoria di reddito in cui rientra il bambino e dal suo anno di nascita. L’entità dell’assegno è andata aumentando dalla metà degli anni ‘90 ed oggi corrisponde ad una percentuale che va dal 2,2% al 15,3% dello stipendio netto medio (l’assegno è particolarmente alto per le famiglie più bisognose). Dopo l’introduzione di questi cambiamenti nel 1996, il numero dei 21

Verša.D. in V. Spruk, Mladi diplomanti na trgu delovne sile, Zavod RS za zaposlovanje, Ljubljana, 2004, p.14. 22 Questo paragrafo è basato su: Andreja Černak-Meglič, Sviluppo dello stato assistenziale negli anni 90 e all’inizio del nuovo secolo, pp. 17-38 in Ragazzi e giovani nella società in transizione: analisi della situazione in Slovenia, di Andreja Črnak-Meglič, pubblicato dal Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, 2006; Nada Stropnik, Qualità materiale della vita di ragazzi e giovani, pp. 57-76 in Ragazzi e giovani nella società in transizione: analisi della situazione in Slovenia, di Andreja ČrnakMeglič, pubblicato dal Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, 2006.


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beneficiari è aumentato dell’80% in confronto al 1995. La spesa per gli assegni familiari per figli a carico come percentuale del PIL è aumentata quasi del 100% tra il 1990 e il 2001. 8.5.2 Assistenza sociale

Con assistenza sociale si intende l’attuazione di programmi che assicurino la copertura di costi minimi di vita a coloro che ne hanno bisogno. La legge di tutela sociale, adottata nel 1992, ha reso più rigidi i criteri per gli aventi diritto e ha spostato il limite di reddito minimo, così come i requisiti minimi necessari (il reddito minimo era stato definito al 52% dello stipendio minimo). A causa di queste modifiche, il campo dei beneficiari di queste misure si è ridotto drasticamente. Alla fine degli anni ‘90 il governo ha deciso di aumentare il numero di aventi diritto in quanto il livello di assistenza sociale era troppo basso. Nel 2001 sono stati introdotti degli emendamenti alla legge di tutela sociale, in virtù dei quali il livello di reddito minimo è stato ridefinito in termini di costi di vita minimi anziché di stipendio minimo. Il livello di reddito minimo è dunque aumentato (il nuovo livello era più alto del 26% per singola persona rispetto al precedente). Inoltre anche il numero di beneficiari dell’assistenza sociale è cresciuto. Questo risultato è da attribuire sia all’aumento del limite di reddito, che ha comportato in incremento del numero di aventi diritto, sia all’irrigidimento dei criteri per il diritto all’indennità di disoccupazione, che ha provocato un alto numero di richieste soprattutto da parte dei giovani disoccupati e di coloro che erano in cerca di prima occupazione. Grazie a questi cambiamenti la spesa pubblica per l’assistenza sociale, come percentuale del PIL, è passata dallo 0,24% del 1998 allo 0,48% del 2002. 8.5.3 Povertà

Dalla fine degli anni ‘90, l’assistenza sociale ha avuto un grande impatto sulla riduzione della povertà e sul miglioramento della qualità materiale di vita dei ragazzi e dei giovani. Le ragioni vanno ricercate in cambiamenti importanti apportati alla legislazione. Nel periodo di tempo che va dal 1998 al 2002 il tasso di povertà è sceso dal 14,0% al 11,9%. Il calo è stato anche maggiore nelle famiglie con figli fino a 21 anni (del 2,4%). Nello stesso tempo, il peso dei sussidi pubblici nel reddito familiare di nuclei con figli fino a 21 anni è aumentato notevolmente. È stato calcolato che nel 1998 l’assistenza sociale ha ridotto la povertà dei ragazzi nel gruppo di età 14-18 del 10% e del 7,6% nel gruppo di età 19-21. Nel 2002 l’assistenza sociale ha ridotto la povertà dell’11,2% nel gruppo di età 14-18 e dell’11,6% nel gruppo di età 19-21.

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8.5.4 Previdenza sociale per i disoccupati

Negli ultimi quindici anni i livelli delle indennità di disoccupazione e di assistenza ai disoccupati sono stati ridotti e i criteri per averne diritto sono stati irrigiditi. L’indennità di disoccupazione è basata su un sistema assicurativo e dipende dalla durata e dallo stipendio medio dell’ultimo impiego del beneficiario prima del periodo di disoccupazione. L’assistenza ai disoccupati si traduce in un aiuto economico che i disoccupati possono ricevere dopo il periodo di indennizzo di disoccupazione. Dal 1998 l’idoneità per l’indennizzo di disoccupazione è stata limitata alle persone che sono state assunte per almeno 12 mesi negli ultimi 18 mesi (prima del 1998 il requisito era di almeno nove mesi di occupazione anche discontinua). La durata dell’indennizzo dipende dalla durata dell’assunzione prima del periodo di disoccupazione, ma è limitata ad un massimo di un anno (prima del 1998 l’indennizzo di disoccupazione durava dai 3 ai 24 mesi). L’eccezione è rappresentata dai disoccupati più anziani (oltre i 50 anni di età), che possono ricevere l’indennizzo di disoccupazione fino a due anni. L’ammontare dell’indennizzo è rimasto lo stesso rispetto al 1998 (70% della base per i primi tre mesi e 60% nei mesi successivi) ma i supplementi per gli altri membri della famiglia sono stati aboliti. Inoltre il periodo di assistenza per disoccupazione è stato ridotto a 15 mesi al massimo (prima del 1998 era di 12-33 mesi). Il piano di azione per l’occupazione richiede che il disoccupato si impegni attivamente nella ricerca di un nuovo lavoro, che faccia anche lavori di pubblica utilità, che partecipi ai programmi di istruzione e formazione, e che sia effettivamente disponibile ad accettare le possibilità di lavoro che gli vengono offerte. Nel 2006 il governo ha approvato una nuova legge sull’occupazione, che tra le altre cose asserisce che il disoccupato è obbligato ad accettare qualsiasi lavoro offerto dal Servizio per l’occupazione, anche se richiede uno o due livelli di istruzione inferiori a quello da lui raggiunto. Se invece non accetta il lavoro offerto, perde il diritto al sostegno sociale. In generale la legge irrigidisce ancora gli indennizzi per i disoccupati e li sprona ad assumere un ruolo più attivo nel processo di ricerca di un nuovo lavoro. I giovani in cerca di prima occupazione e che hanno un curriculum lavorativo breve non possono accedere né agli indennizzi né all’assistenza per disoccupazione. Dipendono in questo caso dall’assistenza sociale. Grazie alla diminuzione del numero di disoccupati dall’inizio degli anni ’90 e ai criteri più rigidi per l’idoneità, la percentuale di spesa sui programmi di indennizzo per disoccupazione sul PIL nel periodo 1992-2002 è stata ridotta del 34%. Questa riduzione è stata ottenuta prevalentemente grazie al risparmio sugli indennizzi e sui sussidi, più che alle misure per l’occupazione attiva.


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8.6 LA QUESTIONE ABITATIVA23

Sebbene i giovani sloveni aspirino alla costruzione di una famiglia, la procreazione dei figli viene posticipata a causa del problema della casa e dei redditi bassi e discontinui. La transizione dalla famiglia di provenienza a un nucleo indipendente è un problema molto importante dal momento che un’ampia percentuale di giovani non è in grado di raggiungere la propria autonomia e costruire una propria famiglia. Circa il 97,4% dei giovani tra i 15-19 anni vive con i genitori. Nel gruppo di età di 20-24 anni la percentuale scende all’84,7 e nel gruppo 25-29 al 51,2%. La maggior parte di coloro che hanno lasciato la casa dei genitori ha dato vita a una famiglia propria: costoro o vivono con il proprio partner, o sono sposati, oppure sono genitori single (0,6% nel gruppo 15-19 anni, 9,8% nel gruppo 20-24 anni e 39,5% nel gruppo 25-29 anni). Sebbene lo stesso numero di donne e uomini intraprenda i percorsi formativi, le donne mettono su famiglia molto prima. Nella classe d’età 20-24 anni le donne sposate sono tre volte più numerose degli uomini. Nel 2002 meno donne (79%) rispetto agli uomini (90%) vivevano ancora con i genitori. L’età media con cui i giovani lasciano le rispettive famiglie di origine è 24,2 anni per le donne e 26,9 anni per gli uomini, il che si traduce in “molto tardi” in confronto alla maggior parte dei “vecchi” membri dell’UE. La mancanza di abitazioni adeguate è un problema molto urgente per i giovani in Slovenia, specialmente per coloro che non ricevono un sostegno dai genitori. La caratteristica principale del mercato immobiliare in Slovenia è che c’è una predominanza di abitazioni di proprietà occupate dai proprietari (circa l’80% nel 2002). Circa il 10% delle famiglie sono locatarie, a vario titolo, in alloggi popolari. Il restante 10% delle famiglie sono “utilizzatrici”. In altre parole è permesso loro di utilizzare un alloggio senza l’onere dell’affitto, sebbene non ne siano proprietari. Frequentemente questa categoria è formata da ragazzi che vivono in case di proprietà dei genitori. Questa assetto del mercato immobiliare è il risultato di un processo che ha avuto luogo all’inizio degli anni ‘90. La legge sulle abitazioni, adottata nel 1991, ha aperto le porte alla privatizzazione delle abitazioni pubbliche. Prima della privatizzazione il rapporto tra le abitazioni in affitto (sia statali che private) e le case di proprietà era 35:65. Dopo la privatizzazione il rapporto si è spostato a 10:90. Mentre la privatizzazione ha allargato la base sociale per le case in proprietà ed ha migliorato la situazio23

Questo paragrafo si basa su: Maša Filipović, Condizioni abitative e standard abitativi di famiglie con bambini e giovani, pp. 201-218, in Ragazzi e giovani nella società in transizione: analisi della situazione in Slovenia, di Andreja Črnak-Meglič, pubblicato dal Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la gioventù, Lubiana, 2006; Maša Filipovič, I senza tetto in Slovenia: aggiornamenti politici, Relazione nazionale per la FEANTSA, Università di Lubiana, Facoltà di Scienze Sociali, 2005; Milivoja Šircelj e Tina Žnidaršič, Ragazzi e giovani da un punto di vista demografico, pp. 39-56 in Ragazzi e giovani nella società in transizione: analisi della situazione in Slovenia, di Andreja Črnak-Meglič, pubblicato dal Ministero dell’istruzione e dello sport, Ufficio per la Gioventù, Lubiana, 2006.

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ne della classe media, ha allo stesso tempo ridotto la capacità delle comunità locali di assistere i gruppi sociali a rischio, come quelli a basso reddito con famiglie numerose o giovani. Inoltre il numero di nuove case pubbliche è diminuito drasticamente durante gli anni ‘90. Dal 1991 al 1996 la media annuale di nuovi alloggi popolari e non a scopo di lucro era solo del 5% della media annuale di nuove abitazioni messe a disposizione dalle comunità e dalle aziende durante gli anni ‘80.24 Inoltre, tra i richiedenti di case popolari, solo il 7% di coloro che avevano i requisiti ha effettivamente ricevuto un’offerta di alloggio.25 8.6.1 Politiche per le case

Nella legge sulla casa del 1991 sono stati ridefiniti gli obiettivi della politica abitativa slovena. Dal “fornire una casa” si è passati al “fare in modo che le persone possano soddisfare da sole il proprio fabbisogno abitativo”. Come descritto nel paragrafo precedente, per tutti gli anni ‘90 la politica abitativa è stata profondamente insoddisfacente; ciò è stato riconosciuto anche dai decisori politici. Nel 2000 è stato adottato il Programma nazionale sulla casa, in cui si fissano ambiziosi obiettivi da perseguire entro il 2009. Gli obiettivi sono stati fissati in base al fabbisogno abitativo attuale della popolazione, e a quello previsto per il futuro: 2.000 appartamenti in case popolari, 2.500 appartamenti senza scopo di lucro, 5.000 appartamenti di proprietà e 500 appartamenti a canone di mercato ogni anno. Se confrontiamo questi dati con i nuovi 900 appartamenti in case popolari forniti dal 1991 al 1998, è chiaro che la politica abitativa slovena si trova di fronte ad una grande sfida. Tuttavia anche se le misure prese dovessero avere successo e gli obiettivi fossero centrati entro il 2009, i richiedenti continuerebbero comunque ad aspettare sette anni prima di ricevere un appartamento. Il ruolo più importante nell’attuazione del Programma nazionale sulla casa spetta al Fondo nazionale per la casa, creato già nel 1991. Durante tutto il corso degli anni ‘90, il Fondo ha offerto mutui agevolati e ha quindi sostenuto ulteriormente le politiche per la casa di proprietà. Secondo il Programma nazionale sulla casa (2000), il Fondo dovrebbe essere più attivo nell’offerta del sostegno economico (prestiti) ai fondi comunali e alle organizzazioni no-profit per la casa, al fine di espandere il mercato delle case popolari e no-profit. Il Fondo è responsabile anche della Strategia nazionale sui risparmi (1999), volta a promuovere risparmi a lungo termine e prestiti agevolati in collaborazione con le banche. I giovani, specialmente le giovani famiglie, sono uno dei gruppi-obiettivo principali delle politiche per la casa in Slovenia, assieme alle famiglie numerose, ai genitori singoli, ai disabili e agli anziani. Anche in passato le giovani famiglie hanno sempre avuto la priorità dal Fondo: circa il 64% dei mutui per la casa sono stati concessi alle 24

Srna Mandič et al., Misure politiche per assicurare l’accesso alla casa per gli immigrati e le minoranze etniche: relazione nazionale slovena, Facoltà di Scienze Sociali, Università di Lubiana, Lubiana 2004. 25 B. Černič Mali, Oskrba s socialnimi stanovanji: novejši koncepti in trendi, in Srna Mandič (ed.) Pravica do stanovanja, Visoka šola za socialno delo, Ljubljana, 1999.


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giovani famiglie fino al 2000. Nonostante le condizioni favorevoli offerte dal Fondo, un’ampia fetta delle giovani famiglie non riusciva comunque a sobbarcarsi un mutuo per la casa; il Fondo ha attuato quindi nel 2006 un programma di indennizzi per i mutui delle giovani famiglie. Un’altra misura sociale importante, nell’ambito delle politiche per la casa, sono gli indennizzi per gli affitti. Gli affitti delle case pubbliche sono stati ridefiniti negli ultimi anni: gli affitti delle case popolari sono scesi rispetto alla fine degli anni ‘90, mentre gli affitti degli appartamenti no-profit sono saliti. Coloro che si trovano in posizioni economiche svantaggiate possono richiedere l’indennizzo per l’affitto. Uno dei problemi connessi al sistema di indennizzi è che i requisiti sono molto restrittivi.

8.7 LA DIMENSIONE EUROPEA

I giovani sloveni appaiono alquanto riluttanti nello sfruttare lo status della Slovenia di membro dell’UE: il 35,6% di loro dichiara di non avere intenzione di vivere in nessun altro stato membro. Sta peraltro crescendo il numero di giovani che partecipano ai programmi di interscambio dell’UE (come l’Erasmus o il Socrates), che permettono ai giovani di viaggiare all’estero. Il sostegno ai programmi di mobilità giovanile e ai programmi internazionali di interscambio di volontari è una delle priorità dell’Ufficio per la gioventù. I giovani (come anche il resto della popolazione) si servono sempre più del Centro Europa di Lubiana, dove si può attingere a tutte le informazioni necessarie sull’UE, sui programmi di interscambio, programmi linguistici o dove è possibile partecipare alle tavole rotonde e alle discussioni che riguardano l’Unione europea. Il JEF (Giovani Federalisti Europei), un’Associazione giovanile europea che ha una filiale molto forte in Slovenia, lavora in stretta collaborazione con il Centro. In estate, da qualche anno, questa associazione organizza una scuola estiva chiamata “Brave New Europe” (Nuova Europa Coraggiosa). I giovani possono inoltre richiedere informazioni (o consigli) sull’UE negli uffici internazionali delle organizzazioni studentesche e nelle università. Esiste anche un fondo pubblico chiamato ‘Ad Futura’, creato nel 2001 con l’obiettivo di fornire borse di studio e prestiti per gli studenti sloveni che desiderano studiare all’estero (in special modo nei paesi dell’UE), o per gli studenti dell’UE che desiderano studiare in Slovenia. Da due anni ‘Ad Futura’ offre solo borse di studio per scienze tecniche, mentre gli studenti di scienze sociali possono solo ottenere dei prestiti per studiare all’estero.

8.8 GLI SVILUPPI RECENTI IN SLOVENIA: 20062009

Il periodo successivo al 2007, anno a cui fanno riferimento le pagine precedenti, è stato caratterizzato dalla crisi economica globale, che ha aggravato alcuni dei pro-

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blemi con cui si confrontano i giovani in Slovenia: la segregazione occupazionale, il prolungamento della transizione scuola – lavoro, il difficile raggiungimento dell’autonomia abitativa. Nelle pagine che seguono proporremo un approfondimento di questi tre temi: lavoro, istruzione, casa. Guarderemo ai mutamenti avvenuti nel corso della crisi, ma anche alle politiche avviate dal governo sloveno nell’ultimo anno e mezzo, al fine di attenuare l’impatto negativo, per i giovani, della crisi stessa. Lavoro.26 Nell’arco di tempo 2002-2007 il tasso di attività dei giovani è costantemente aumentato, fino ad arrivare, nel 2007, ai livelli medi della UE a 27 Stati membri (dal 31,1% del 2002 al 37,6% del 2007; Eurostat 2009a). In questi stessi anni, però, il mercato del lavoro sloveno è stato caratterizzato da una crescente segregazione tra posti di lavoro ad alta flessibilità, in cui si sono insediati soprattutto i giovani, e posti di lavoro più stabili e tutelati, per lo più riconducibili ai lavoratori più anziani. Nel primo segmento occupazionale predominano i contratti di lavoro temporaneo e a part time, così come i lavori per studenti e i contratti a breve termine. Nel 2008 circa il 70% dei giovanissimi con un lavoro (età 15-24 anni) aveva un impiego di tipo temporaneo; tra i lavoratori giovani nel loro complesso, invece, la percentuale era pari al 47%. (Eurostat, 2009a). Anche l’incidenza dei lavoratori a part time, tra i giovani occupati, è aumentata dal 2000 in poi, fino a raggiungere la soglia del 31,4% nel 2008. A questo si potrebbe aggiungere la categoria dei lavori per studenti, che nel 2008 riguardava ormai il 32% dei giovanissimi occupati (età 15-24 anni) (SURS, ADS 1993-2009). Anche se tali lavori dovrebbero corrispondere ad attività di brevissimo termine, legate – per l’appunto – alla condizione studentesca, va considerato che due studenti sloveni su tre (65%) lavorano durante il loro percorso di studio, e che tali lavori sono tutt’altro che brevi: nel periodo 2005-2008 ogni studente lavoratore ha lavorato, mediamente, per un periodo di 9 mesi (SURS, ADS 1993-2009). I posti di lavoro temporaneo hanno assunto un ruolo di primo piano nella nuova domanda di lavoro, da metà anni novanta in poi, giacché rendono l’assunzione e il licenziamento dei lavoratori più agevoli e meno costosi di quanto non avvenga con i contratti di lavoro “tipici”. Non deve quindi sorprendere che quando la crisi economica si è abbattuta sulla Slovenia, nella seconda metà del 2008, i primi a perdere il lavoro siano stati i soggetti con contratti atipici, tra i quali predominano i giovani. Le imprese hanno operato tagli anche sul lavoro studentesco e su quello a part time. L’espulsione dal mercato del lavoro, peraltro, ha investito anche lavoratori più anziani per effetto del crollo o del drastico rallentamento economico delle loro aziende. Tale processo, tuttavia, è stato considerevolmente attenuato dai sussidi governativi alle aziende disposte a ridurre gli orari di lavoro standard (legge per il rimborso parziale in caso di lavoro non a tempo pieno, del gennaio 2009), o a parziale copertura 26

Per un approfondimento sulle condizioni occupazionali dei giovani in Slovenia, dal 2000 in poi, rimandiamo a Miroljub Ignjatović e Martina Trbanc, Employment and unemployment of youth: Active, flexible and adjustable; pp. 39-56 in Tatjana Rakar e Urban Boljka (eds.) Between the childhood and adulthood: The analysis of the situation of youth in Slovenia, Ministero dell’istruzione e dello sport - Istituto nazionale per la sicurezza sociale, Lubiana 2009.


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dei salari dei lavoratori temporaneamente disoccupati (legge sul rimborso parziale dei salari, giugno 2009). Dopo tre anni consecutivi di riduzione, la disoccupazione ha ripreso a crescere nell’ultimo trimestre del 2008, sia nella generalità della popolazione slovena, sia tra i giovani. Tra ottobre 2008 e ottobre 2009 i soggetti iscritti nel registro dei disoccupati sono aumentati del 51%. Il dato è anche più alto per i giovanissimi disoccupati (15-25 anni, incremento del 57,7%). Nello stesso periodo di riferimento, il peso relativo dei giovanissimi disoccupati (15-25 anni) sul totale dei disoccupati si è accresciuto dal 15,7% al 16,4%, mentre l’incidenza dei soggetti di età compresa tra i 26 e i 39 anni è aumentata dal 30,1% al 33,3% (ZRSZ, 2009). Proprio come nel resto dell’Unione europea a 27, il tasso di disoccupazione giovanile ha avuto una crescita più accelerata del tasso di disoccupazione totale. Tra giugno 2008 e giugno 2009, infatti, il tasso di disoccupazione totale è mediamente aumentato di 1,7 punti percentuali (dal 4,4% al 6,1%), mentre la disoccupazione giovanile si è accresciuta di 5,5 punti (dal 10,5% al 16,0%) (Eurostat, 2009b). La flessibilità del mercato del lavoro è stata al centro del dibattito sui mutamenti da introdurre nella nuova legge sui rapporti di lavoro del 2007. A seguito del negoziato fra datori di lavoro, governo e sindacati, la tutela dei dipendenti a tempo indeterminato è rimasta intatta, mentre i contratti di lavoro temporaneo, tipici dei giovani, si sono fatti ancora più flessibili. Il sistema della sicurezza sociale, invece, non ha registrato alcun cambiamento nella direzione della “flessicurezza” [flexicurity], che dovrebbe aiutare i giovani a fronteggiare i frequenti passaggi dal lavoro alla disoccupazione. I negoziati tra le parti sociali hanno dimostrato l’indisponibilità dei sindacati a sacrificare i benefici garantiti alla forza lavoro stabile, anche se ciò ha notevolmente penalizzato gli interessi dei giovani, nell’ambito del lavoro precario. I giovani disoccupati possono beneficiare di gran parte dei programmi pubblici legati alle politiche attive del lavoro, finalizzati ad aiutarli a trovare un’occupazione. Tali programmi comprendono quattro tipi diversi di misure: servizi pubblici all’impiego, corsi di formazione, sussidi occupazionali e azioni di inclusione sociale. Ciascuna di queste linee prevede iniziative indirizzate ai giovani disoccupati. C’è chi ritiene che i giovani siano sovra-rappresentati tra i beneficiari di queste misure, rispetto ad altre categorie di disoccupati. Ciò indicherebbe il loro maggiore impegno nella ricerca di un lavoro. Nell’arco di tempo 2004-2008, l’occupazione giovanile è stata incentivata con incentivi fiscali alle aziende che assumessero giovani al primo impiego con meno di 26 anni, o disoccupati di lungo periodo (da più di 24 mesi) di età inferiore ai 28 anni. Nel 2008 il Ministero per il lavoro, la famiglia e gli affari sociali ha avviato un ulteriore programma di sussidi all’occupazione dei giovani (fino a 25 anni) e dei neo-entrati nel mercato del lavoro, nell’ordine di 3.700 Euro a persona. Nel dicembre del 2009 lo stesso Ministero ha presentato un disegno di legge per introdurre una nuova regolazione del lavoro studentesco. Il progetto, peraltro, ha incontrato una fiera resistenza da parte degli studenti stessi. La motivazione dichiarata del progetto di riforma è che la normativa attuale incentiva i datori di lavoro ad abusare di questo profilo contrattuale, sottoposto a un regime fiscale meno oneroso

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I COUNTRY REPORTS Capitolo 8 _ Slovenia

di altri contratti di lavoro (14%). Gli studenti interessati, d’altra parte, non pagano i contributi per l’assicurazione sanitaria e pensionistica, benché, in media, lavorino per più di 14 ore a settimana. L’obiettivo del Ministero è quello di riunificare entro lo stesso impianto normativo i contratti di lavoro a breve termine per gli studenti, i pensionati e i disoccupati, laddove il “breve termine” dovrebbe corrispondere a un massimo di 672 ore lavorative all’anno. Dall’altro lato, la principale obiezione degli studenti è che il loro contratto di lavoro dà conto appena del 3,7% del mercato del lavoro sloveno, e che permette agli studenti di origine familiare svantaggiata di mantenersi nel corso degli studi, data la mancanza di un numero adeguato di borse di studio. Le risorse ricavate dalla tassazione del lavoro studentesco servono a finanziare borse di studio, ma anche per il funzionamento delle organizzazioni studentesche e per le attività extra-curricolari degli studenti, oltre che per l’edilizia abitativa (dormitori) a loro favore. In ogni caso, quale che sia l’esito del dibattito attuale, non c’è dubbio che la diffusione di questo tipo di lavoro rappresenti un’anomalia del mercato del lavoro sloveno. Ne deriva infatti una perdita di posti di lavoro per i neo-laureati, così come un allungamento della durata degli studi, che in Slovenia è superiore alla media europea. Ritorneremo su questo aspetto nel prossimo paragrafo. Istruzione.27 La Slovenia può vantare un elevato tasso di partecipazione dei giovani all’istruzione secondaria e terziaria. La quota di adolescenti (15-19 anni) iscritti alle scuole superiori è tra le più alte d’Europa (79,5% nel 2005, contro una media europea del 57%) (UMAR 2009, Eurostat 2009a). Al tempo stesso il tasso di dispersione, in questo ordine di scuole, è molto basso: quasi il 97% della popolazione scolastica di 18-19 anni conclude positivamente il proprio percorso. Lo scenario non è altrettanto positivo, invece, nel caso dell’istruzione universitaria. Da un lato i tassi di partecipazione universitaria sono molto alti; dall’altro l’incidenza di chi completa gli studi, e di chi lo fa nel tempo previsto, è del tutto insoddisfacente. Nel 2006 il 45% degli sloveni tra i 20 e i 29 anni risultava iscritto all’università. Sotto questo il profilo il Paese occupa una posizione di primo piano in Europa (la media dell’Unione a 27, in quello stesso anno, corrispondeva al 28,8%). Nondimeno, la lunghezza degli studi universitari è eccessiva. Occorrono in media da sei a sette anni, in Slovenia, per completare l’università; un lasso di tempo tra i più elevati d’Europa. Anche la quota di chi arriva a laurearsi è piuttosto modesta (nell’ordine del 65%, al 2006) (UMAR 2009). Gli alti tassi di iscrizione all’università, insieme con la prolungata permanenza universitaria, determinano anche un rapporto insoddisfacente tra il numero di insegnanti disponibili e l’ammontare della popolazione studentesca. Nondimeno, la quota del PIL dedicata al sistema universitario è più alta della media europea. Queste linee di tendenza sono legate all’inefficienza del sistema universitario stesso, ma dipendono anche dai benefici che gli studenti traggono dall’iscrizione all’università. Alcuni di loro prolungano gli studi esattamente per questo. Gli stu27

Una delle più dettagliate analisi recenti sul sistema scolastico sloveno si trova in Tatjana Rakar: Education and educational achievements of youth, pp. 25-38 in Tatjana Rakar and Urban Boljka (eds.) Between the childhood and adulthood: The analysis of the situation of youth in Slovenia, Ministero dell’istruzione e dello sport - Istituto nazionale per la sicurezza sociale, Lubiana, 2009.


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denti, infatti, hanno titolo a rilevanti agevolazioni nei pasti, nei trasporti, nell’alloggio, e così via. La Slovenia si colloca ben al di sopra della media europea, in quanto a trasferimenti per le famiglie e a sostegno finanziario per gli studenti universitari (UMAR 2009, Eurostat 2009c). Queste politiche hanno il grande merito di garantire una certa indipendenza degli studenti dalle condizioni professionali e dall’istruzione dei genitori. Benché l’università slovena non arrivi ad essere inclusiva come quella scandinava, il gap tra i tassi d’accesso degli studenti di diversa estrazione socio economica è inferiore a quello di molti altri Paesi europei (Eurostat, 2009c). Casa.28 La Slovenia è uno dei Paesi europei in cui i giovani raggiungono più tardi l’autonomia abitativa. Secondo i dati della European Equality of Life Survey (EQLS, 2003), circa il 48% dei giovani sloveni (18-34 anni) vive ancora con i genitori. Soltanto l’Italia e Malta presentano un’incidenza superiore. Assai alta è anche la quota di giovani che vivono da soli, in una casa – però – di cui non pagano l’affitto (e che quindi è di proprietà dei genitori). Tra le ragioni di questa spiccata dipendenza dalla casa di proprietà figurano la debolezza del mercato degli affitti, ma anche la residualità delle politiche abitative. Va segnalata, in particolare, la penuria di misure atte a regolare l’offerta abitativa agevolata per i giovani e per le loro famiglie (Mandič, 2009, p. 87). Nell’accesso al mercato abitativo dei giovani pesa molto, di conseguenza, il sostegno delle famiglie di appartenenza. Ciò si rivela problematico per tutti coloro che non possono contare su particolari sostegni familiari, e devono rivolgersi al mercato privato o al settore residuale dell’housing pubblico. Giacché i prezzi degli alloggi, nuovi oppure no, sono costantemente aumentati nell’ultimo quindicennio, sono sempre più numerosi i giovani che faticano a trovare una sistemazione alloggiativa adeguata. Questo vale soprattutto per chi ha un lavoro precario, o comunque flessibile, e non può accedere ai mutui. Tra le principali misure di politiche per la casa adottate negli ultimi anni, vanno segnalate le iniziative del Fondo nazionale per le politiche abitative, che – investendo nel mercato privato – offre contributi a integrazione del canone di locazione, e a favore di chi acquista la prima casa, o la costruisce ex novo, o ristruttura la casa in cui abitava. Tra il 2000 e il 2008 il Fondo ha garantito la disponibilità di 2.317 appartamenti. I prezzi di tali appartamenti sono generalmente inferiori a quelli di mercato, tali da facilitare l’accensione di un mutuo, per i potenziali acquirenti. L’accesso prioritario alla nuova offerta abitativa è stato dato alle famiglie di giovani, alle famiglie con bambini piccoli e alle giovani coppie di studenti di dottorato, o di lavoratori dell’università. Nonostante l’orientamento privilegiato ai giovani, queste misure si sono rivelate del tutto insufficienti, poiché non hanno inciso sull’offerta di abitazioni in affitto (ad esempio nel settore del non-profit e dell’economia sociale), ma hanno sostanzialmente rafforzato la centralità (anche nei desideri della popolazione!) della casa in proprietà. 28

Questo paragrafo si basa sull’analisi di Andreja Cirman, Trends in the housing policy for youth, Paper non pubblicato, Facoltà di Economia, Università di Lubiana, Lubiana, 2009.

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I COUNTRY REPORTS Capitolo 8 _ Slovenia

Nel corso del terzo trimestre del 2008 i prezzi del mercato privato sono calati per effetto della nuova offerta di alloggi pubblici, ma anche del decremento della domanda, strettamente legato alla crisi economica e finanziaria. Tra il 2007 e il 2009 l’ammontare degli acquisti immobiliari è calato dell’85% per gli edifici, e del 64% per i singoli appartamenti. Questo brusco calo è derivato dalla stretta creditizia, sfociata in criteri più selettivi per l’accesso al credito, ma anche in una riduzione della domanda abitativa dei giovani, viste le incertezze relative ai loro redditi futuri. Nella prima parte del 2009 il governo sloveno ha promosso la legge sullo schema di garanzia della Repubblica slovena, per facilitare l’accesso ai prestiti bancari da parte di alcune componenti della popolazione. Si tratta, tra gli altri, di gruppi a rischio come le giovani famiglie, i neoproprietari di casa, gli assunti a tempo determinato e coloro che hanno perduto il lavoro dopo il 1 ottobre del 2008. Tuttavia, poiché il calo della domanda va ascritto all’incertezza dei potenziali acquirenti più che alle restrizioni creditizie, non stupisce che il nuovo schema di garanzia abbia suscitato poco interesse. Si tratta di vedere se ne deriverà un aumento relativo degli appartamenti in affitto, sul medio periodo, o se questo trend rappresenta soltanto una reazione estemporanea alle condizioni economiche negative.


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BIBLIOGRAFIA

Cirman Andreja (2009). Trends in the housing policy for youth. Paper non pubblicato. Lubiana, Facoltà di Economia, Università di Lubiana. EQLS – European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions and Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung (2003). Database European Quality of Life Survey 2003. Colchester, Essex: UK Data Archive, February 2006, SN:5260. Eurostat (2009a). Eurostat Statistics Database. Disponibile al sito http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/search_database (16.12.2009). Eurostat (2009b). Newsletter, 112/2009. Disponibile al sito http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-31072009-BP/EN/331072009-BP-EN.PDF Eurostat (2009c). The Bologna Process in Higher Education in Europe. Eurostat Statistical Books. Luxemburg: Office for Official Publications of the European Union. Ignjatović Miroljub e Martina Trbanc (2009). “Employment and unemployment of youth: Active, flexible and adjustable”. Pp. 39-56 in Tatjana Rakar e Urban Boljka (eds.) Between the childhood and adulthood: The analysis of the situation of youth in Slovenia 2009; Lubiana, Ministero dell’istruzione e dello sport - Istituto nazionale per la sicurezza sociale. Mandič Srna (2009). Housing conditions of youth. Pp. 77-94 in Tatjana Rakar e Urban Boljka (eds.) Between the childhood and adulthood: The analysis of the situation of youth in Slovenia 2009; Lubiana, Ministero dell’istruzione e dello sport - Istituto nazionale per la sicurezza sociale. Rakar Tatjana (2009). Education and educational achievements of youth. Pp. 25-38 in Tatjana Rakar e Urban Boljka (eds.) Between the childhood and adulthood: The analysis of the situation of youth in Slovenia 2009; Lubiana, Ministero dell’istruzione e dello sport - Istituto nazionale per la sicurezza sociale. SURS – Statističniurad republike Slovenije (Ufficio statistico della Repubblica slovena) (1993-2009). Database: ADS Anketa o delovni sili 1993-2009. UMAR – Urad Republike Slovenije za makroekonomske analize in razvoj (Istituto di analisi e di sviluppo macroeconomico della Repubblica di Slovenia) (2009). Poročilo o razvoju 2009. Ljubljana: UMAR. ZRSZ – Zavod republike Slovenije za zaposlovanje (Ufficio per l’impiego della Repubblica di Slovenia) (2009). Informativa Trg dela (2.2.2009). Disponibile al sito http://www.ess.gov.si/slo/predstavitev/dogodki/ZaposlitveniSejmi/2009/Informativa/Informativa09trgdela_datoteke/frame.htm

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Giovani in Europa: una visione d’insieme



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Capitolo 9 Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico Virginio Amistadi

9.1 DATI DEMOGRAFICI

Al primo gennaio 2008 la popolazione complessiva dei 27 paesi dell’Unione Europea ammontava a 497.645.455 abitanti di cui poco più della metà residenti in Germania, Francia, Regno Unito e Italia. I giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni superavano di poco i 62 milioni (62.012.444 ab.) rappresentando il 12,5% della popolazione totale con tassi variabili all’interno degli stati membri dal 15,8% della Lituania al 10,2% dell’Italia. Fig. 9.1 – Incidenza popolazione tra 15 e 24 anni su totale – Anno 2008 Incidenza della popolazione tra 15 e 24 anni sul totale - A2 14,7 12,4 12,7

13,1 14,9 15,3 15,8

11,8 13,7 13,7

13,4 13,4

12,1 11,5 12,1 11,8 12,7

11,5

più del 16% tra 15% e 16% tra 14% e 15% tra 13% e 14% tra 12% e 13% meno del 12%

15,2 12,9

15,1 12,3 12,6 12,1 12,5 10,2

11

14,5 12,9 11

17,5

14,1 15,3

(1) (5) (4) (3) (11) (7)

Valore Anno 2008 Popolazione totale (milioni) Popolazione tra 15 e 24 anni (milioni) % giovani su popolazione totale

UE

ITA

497,6

59,6

62

6,1

12,5

10,2

Indice di ricambio

105,5

84,6

Indice di vecchiaia

108,8 142,8

Anno 2025 Popolazione totale (milioni) Popolazione tra 15 e 24 anni (milioni) % giovani su popolazione totale

517,8

61,7

54,8

6,1

10,6

9,8

Fonte:Elaborazioni daEUROSTATDatabase.Population.Averagepopulation bysexand five-year agegroups.Last update21.10.2009.

Tra le nazioni più popolose, con oltre 30 milioni di abitanti (Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna e Polonia), si incontrano notevoli disparità sia nei tassi di incidenza della fascia giovanile sulla popolazione totale sia nei principali indicatori relativi alla struttura demografica quali l’indice di vecchiaia1 e l’indice di ricambio.2 1

L’indice di vecchiaia esprime il grado di invecchiamento della popolazione e viene calcolato rapportando la popolazione anziana con più di 65 anni alla popolazione dei giovanissimi con meno di 15 anni. Valori di tale indice superiori a 100 indicano la prevalenza degli anziani rispetto ai giovanissimi. 2 L’indice di ricambio in questo caso viene calcolato “al contrario” come rapporto tra quanti stanno per entrare nel mondo del lavoro (popolazione tra 15 e 24 anni) e quanti sono prossimi ad uscirne

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Francia e Regno Unito e Polonia presentano tassi di incidenza della popolazione giovanile compresi tra 12,8% e 15,5% (12,8% FR; 13,4% UK; 15,5% PL) con indici di vecchiaia inferiori a 100 (89 FR; 91,7 UK; 87 PL) e indici di ricambio elevati o comunque positivi (133,1 PL; 107 FR; 113,2 UK). Italia e Germania presentano tassi di incidenza rispettivamente al 10,2% e 11,6% con indici di vecchiaia particolarmente elevati che le collocano ai primi due posti in Europa (142,8 IT; 146,4 DE) e indici di ricambio inferiori a 100 (84,6 IT; 99,8 DE) con l’Italia all’ultimo posto assoluto. La Spagna si colloca in una posizione intermedia con una popolazione giovanile all’11,2% e indici di vecchiaia e di ricambio rispettivamente a 113,6 e 104,7. Estendendo l’analisi a tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea attraverso una rappresentazione grafica basata sui valori degli indici di vecchiaia e ricambio, si può notare come, sebbene collocate in quadranti diversi, Regno Unito, Francia e Spagna occupino una posizione “centrale” che evidenzia un certo equilibrio tra gli indicatori mentre Polonia, Italia e Germania assumono posizioni più “estreme” e caratterizzanti. Fig.9.2 - Indice di ricambio e indice di vecchiaia per nazione – Anno 2008 LT 150 IE CY

LV

140 EE

SK PL

RO

130

Indice di ricambio

416

120 UK

LU

AT

110

FR ES BE

MT 100

SI

HU SE

NL

DE BG EL

PT

CZ 90

DK

FI IT

80 50

60

70

80

90

100

110

Indice di vecchiaia

120

130

140

150

AT BE BG CY CZ DE DK EE ES FI FR EL HU IE IT LT LU LV MT NL PL PT RO SE SI SK UK

Indice Indice di ricambio di vecchiaia 109,5 111,5 102,1 101,1 97,3 129,3 142,3 71,5 92,6 102,4 99,8 146,4 87,5 84,5 135,4 116,0 104,7 113,6 87,5 97,8 107,0 89,0 95,5 130,6 100,9 107,6 145,4 52,9 84,6 142,8 152,8 103,1 112,4 77,1 140,7 125,1 100,6 85,3 95,1 82,3 133,1 87,0 99,8 113,6 132,4 97,8 97,8 104,3 101,2 116,6 135,0 76,0 113,2 91,7

Fonte:Elaborazioni daEUROSTATDatabase.Population.Averagepopulation bysexand five-year agegroups.Last update21.10.2009. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

(popolazione con età compresa tra 55 e 64 anni). Un valore dell’indice inferiore a 100 segnala la difficoltà a ripristinare le componenti del sistema produttivo in uscita.


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Nel caso della Polonia, così come tutti i paesi collocati nella parte alta dello stesso quadrante, a fronte di una significativa presenza di giovani e giovanissimi rispetto alla popolazione anziana (bassi indici di vecchiaia) si riscontra un significativo squilibrio tra l’alto numero di giovani in entrata nel mondo del lavoro e lo scarso numero di adulti in uscita con conseguenti ripercussioni negative sui tassi di disoccupazione giovanile. Al contrario, Italia e Germania, unitamente ai paesi collocati immediatamente alla loro sinistra, in particolar modo Bulgaria e Grecia, presentano indici di vecchiaia elevati uniti ad indici di ricambio in calo (Germania) o già drammaticamente bassi (Italia). In questo caso le problematiche da affrontare sono prevalentemente legate alla difficoltà di coniugare la scarsa percentuale di persone in età lavorativa alla continua espansione di coloro che ricevono la pensione. In prospettiva, con i tassi di fertilità in calo dal 1970 e la progressiva fuoriuscita dal mercato del lavoro per anzianità delle generazioni del Baby Boom che hanno costituito per decenni una parte sostanziale della popolazione in età lavorativa, le situazioni di Italia e Germania sembrano precorrere una tendenza comune alle nazioni europee. Per il 2025, infatti, a fronte di una crescita della popolazione stimata in circa 20 milioni di unità, i giovani tra i 15 ed i 24 anni mancanti all’appello saranno più di 7 milioni con una incidenza sulla popolazione totale ridotta al 10,6%. Alla diminuzione complessiva dei tassi di incidenza giovanili corrisponderà una ulteriore diminuzione degli indici di ricambio. Tale fenomeno è ben osservabile nelle figure proposte di seguito. Gli assi rappresentano la collocazione dei tassi di incidenza della popolazione giovanile e degli indici di ricambio per ogni singola nazione al primo gennaio 2008 e alla stessa data nel 2025. In entrambi i casi la diagonale rappresenta una assenza di variazione del dato. Il quadrante sottostante una variazione negativa, il soprastante una variazione positiva. In nessun caso i valori stimati al 2025 superano gli attuali collocandosi nel quadrante superiore.

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Fig. 9.3 - Evoluzione della popolazione giovanile 2008 - 2025

Fig. 9.4 - Evoluzione dell’indice di ricambio 2008 - 2025 ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds (Baseline variant, Base Year 2008) [2025]

170

17

% of 15/24-yr-olds (Baseline variant, Base Year 2008) [2025]

418

16

15

14

IE

13

FR 12

DK

11

LU

NO NL BE FIN

ES PT

SE

UK

CY EE RO

AT HU EL 10

IT

SI

CZ BG

MT

SK

LV PL

DE

LT

9 9

10

11

12

13

14

% of 15/24-yr-olds [2008]

15

16

17

165 160 155 150 145 140 135 130 125

IE

120 115 110 105 100 90 85

DK

HU

NL

PT BG EL SI

75 70 60

SE

FIN CZMT

80

65

CY

FR

95

UK

NO BE

LU

ES

EE PL RO SK

LV

AT

LT

IT DE

55 50 45 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 120 125 130 135 140 145 150 155 160 165 170

ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds [2008]

Fonte: Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population Projections. Convergence year 2150 - 1 January population by sex and single year of age. Basedata 2008. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Alla luce di quanto riscontrato, in assenza di riforme del mercato del lavoro e delle pensioni, risulta sempre più evidente il rischio di delegare alle future generazioni il sostegno della spesa sociale legata all’invecchiamento della popolazione, in forma di pensioni, sanità e assistenza. Mentre le riforme pensionistiche sono già state avviate in diversi Stati membri, sono allo studio soluzioni sia per ritardare l’età media all’uscita dal mercato del lavoro che per la creazione di opportunità di lavoro flessibili ed interessanti per gli anziani, nell’assunto che solo attraverso l’aumento della partecipazione alla forza lavoro si possano conciliare evoluzione demografica e onere delle spese sociali. A questo proposito, la Commissione Europea si è già espressa sulla necessità improrogabile di un nuovo patto tra generazioni3 che renda sostenibile un contesto sociale in cui i figli vivono sempre più a lungo con i genitori che sempre più spesso devono a loro volta sostenere i propri anziani non autosufficienti.

3

Libro Verde del Marzo 2005, Confronting demographic change: a new solidarity between the generations.


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9.2 FAMIGLIA, MATRIMONIO, FERTILITÀ4

Il percorso che porta dall’infanzia all’età adulta è scandito in una serie di tappe e scelte di vita. Tra le più significative, si possono elencare l’uscita dalla casa dei genitori per vivere in maniera indipendente, la costruzione di una famiglia e la nascita del primo figlio. Queste tappe possono essere descritte attraverso una serie di indicatori strutturali che permettono inoltre di ottenere alcune interessanti indicazioni sulle condizioni di vita dei giovani europei. 9.2.1 L’uscita dalla casa dei genitori

Nel 2007, seppure a fronte di forti disparità, in tutti i paesi per i quali sono disponibili i dati, le donne sono uscite dalla casa dei genitori ad un’età inferiore rispetto agli uomini. In Finlandia le donne hanno lasciato la casa dei genitori mediamente sette anni prima rispetto a paesi quali Italia (29,5), Malta (29,3), Slovenia (29,6) e Slovacchia (29,8). Per gli uomini, l’età media di indipendenza è variata dai 23,1 anni della Finlandia ai più di 30 anni di Bulgaria (31,5), Grecia (30), Italia (30,9), Malta (31), Romania (30,3), Slovenia (31,5) e Slovacchia (31,5).

4

L’uscita del volume Youth in Europe, 2009 Edition a metà dicembre 2009, in contemporanea alla scrittura del capitolo, ha completamente ridefinito in corso d’opera le informazioni disponibili rispetto a Famiglia, matrimonio e fertilità. Il lavoro è stato quindi ritarato sulla nuova pubblicazione ricostruendo ed integrando alcuni dati con fonti aggiornate, dove possibile, ma anche utilizzando direttamente i dati inediti e alcuni grafici e tabelle vista l’impossibilità di accedere ai dati puntuali non ancora disponibili online.

419


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Fig. 9.5 - Età media all’uscita dalla casa dei genitori per genere - Anno 2007 34 32 30 28 26 24 22

Maschi

SK

UK

SI

RO

PL

PT

NL

LV

MT

LT

LU

IT

EL

HU

FI

FR

EE

ES

DE

CY

CZ

BE

BG

20 AT

420

Femmine

Maschi Femmine

AT 26,9 25,1

BE 26,7 25,4

BG 31,5 27,7

CY 28 26,2

CZ 28,5 27

DE 25,1 23,9

DK : :

EE 26 25,1

ES 29,3 28,3

FI 23,1 22

FR 24,2 23,1

EL 30 27,9

HU 29,4 27,6

Maschi Femmine

IT 30,9 29,5

LT 29,1 27,8

LU 27,1 26

LV 28,8 27,7

MT 31 29,3

NL 24,2 23,2

PL 30 28

PT 29,5 28,5

RO 30,3 27,1

SE : :

SI 31,5 29,6

SK 31,5 29,8

UK 24,6 23,6

Fonte: Youth in Europe 177/2009 - A statistical portrait of the lifestyle of young people 10 December 2009. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Bulgaria e Romania (rispettivamente con 3,8 e 3,2 anni) hanno presentato gli scostamenti più alti tra le età medie di maschi e femmine all’uscita di casa. Nella maggior parte degli Stati membri, tra cui l’Italia (1,4 anni), questo divario risultava compreso tra 1 e 2 anni. Estonia, Spagna e Regno Unito sono i soli paesi in cui la differenza tra uomini e donne è risultata inferiore ad un anno. Prendendo a riferimento l’età media in cui tra il 20% è l’80% delle donne dell’Unione Europea lasciano la casa dei genitori, si possono evidenziare ulteriori differenze tra i vari paesi in esame. Nel 2007 una donna francese su cinque ha lasciato la casa dei genitori a 18 anni; quattro donne finlandesi su cinque a 22 anni. Nello stesso anno a Malta l’età media in cui almeno il 20% delle ragazze hanno lasciato casa è arrivata a 25 anni e la soglia dell’80% per le giovani di Lituania, Polonia e Slovacchia è arrivata solo dai 34 anni in poi.


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In meno della metà dei 24 Stati Membri di cui sono disponibili i dati, hanno lasciato la casa dei genitori prima dei 20 anni due giovani donne su dieci e prima dei 30 anni otto su dieci. Fig. 9.6 - Età media all’uscita dalla casa dei genitori delle donne. Anno 2007. (Percentile 20, mediana, Percentile 80) 35

Età

30

25

20

15 BE BG CZ

DE EE

EL

ES FR

Percentile 20

IT

CY LV

Età media

LT LU HU MT NL

Percentile 80

(

AT PL PT RO SI

SK

FI

UK

Percentile 80 supera i 34 anni)

Fonte: Youth in Europe, 2009 Edition, Figure2.2. Legenda: AT Austria, BEBelgio, BG Bulgaria, CY Cipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DK Danimarca, EE Estonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HUUngheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LULussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SK Slovacchia, UKRegno Unito.

Ci sono vari motivi per cui i giovani ritardano la partenza dalla casa dei genitori. Dalle indagini di Eurobarometro5 emerge comunque la prevalenza di ragioni materiali. Alla domanda su quali siano le ragioni per cui i giovani vivono in casa con i genitori più a lungo rispetto al passato, gli intervistati di età compresa tra i 15 ed i 30 hanno indicato le ragioni economiche nel 43,7% dei casi e l’impossibilità di accedere ad alloggi a prezzi accessibili in un altro 27,8%.

5

Flash Eurobarometer 202 - 2007.

421


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Fig. 9.7 - Principali motivi per cui i giovani rimangono a lungo nella casa dei genitori 70 60 50 40 30 20 10 0 EU27 AT BE BG CY CZ DE DK EE ES FI FR EL HU IE IT LT LU LV MT NL PL PT RO SE SI SK UK

422

% Non possono a rontare la spesa % Non ci sono abbastanza alloggi disponibili a prezzi abbordabili % Vogliono tutti i comfort domestici senza tutte le responsabilità

Quale pensi sia la ragione principale per cui i giovani vivono in casa con i genitori più a lungo rispetto al passato? Fonte: Flash Eurobarometer, N.202, Analytical Report 2007. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HUUngheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito

La carenza di risorse finanziarie è stata indicata da più della metà dei giovani di Ungheria (63,6%), Portogallo (61,6%), Grecia (60,5%), Germania (57,3%), Polonia (54,7%) e Bulgaria (51,4%) mentre le difficoltà nel trovare alloggi a prezzi accessibili sono state citate da almeno un terzo degli intervistati in più dei due quinti degli Stati membri. Tra questi i valori più elevati vengono riscontrati in Lituania (53,9%), Spagna (47,7%), Regno Unito (44,1%), Francia (42,5%) e Paesi Bassi (41,4%). Oltre a considerazioni di carattere finanziario, il 16,3% dei giovani europei ritengono che rimanere nella casa dei genitori, permetta loro di vivere più comodamente, senza le dovute responsabilità. Questa posizione è stata sostenuta da oltre il 20% dei giovani intervistati in un terzo dei paesi in esame tra cui spiccano Belgio (29,7%), Danimarca (27,5%), Finlandia (26,6%), Italia (26,1%) e Austria (25,5%) Nella grande maggioranza dei paesi (21 su 27), meno del 10% dei giovani ritiene che la ragione principale di rimanere con i loro genitori sia da attribuire all’attesa del matrimonio. Questo aspetto viene invece sottolineato dai giovani di Malta (15,3%), Repubblica Ceca (13,5%), Italia (12,8%), Polonia (11,5%) e Austria (11,4%).


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La necessità di fornire sostegno economico ai propri genitori viene indicata complessivamente da meno del 3% degli intervistati (2,8%). La percentuale supera il 4% in soli 4 paesi: Lussemburgo (6,4%), Romania (5,4%), Portogallo (4,3%) e Italia (4,3%). 9.2.2 L’età al matrimonio

Nel 2006 i giovani europei di età compresa tra i 15 ei 29 anni che convivevano con il partner, in unione consensuale6 con o senza basi legali, erano rappresentati da poco meno del 30% delle femmine e dal 18% dei maschi. In tutti i paesi in esame la quota femminile risultava in ogni caso maggiore rispetto alla quota maschile. Nel 2006 oltre il 40% delle giovani donne di età compresa tra i 15 ed i 29 anni di Francia, Finlandia, Islanda e Norvegia vivevano in un’unione consensuale mentre i coetanei maschi raggiungevano la quota del 25% in soli quattro paesi (Danimarca, Francia, Finlandia e Svezia). I tassi più elevati di convivenze senza vincoli legali sono stati osservati nei paesi nordici mentre in Grecia, Italia, Cipro, Lituania, Malta, Polonia e Slovacchia meno del 5% delle giovani donne sono risultate conviventi prive di vincoli coniugali. Nel 2007 l’età media al primo matrimonio all’interno degli stati membri dell’Unione Europea è risultata compresa tra i 25,4 anni (Polonia) e i 32,2 (Svezia) per le donne e tra i 26,4 (Lettonia) ed i 34,9 (Svezia) per gli uomini. 9.8 Età media al primo matrimonio per genere e nazione – Anno 2007 36 34 32 30 28 26 24 22

SI

SK

SE

RO

MT

PL

LV

LT

LU

IT

EL

Femmine

HU

FR

FI

ES

DK

EE

DE

CY

CZ

BG

AT

BE

20

Maschi

Fonte: UNECE– Data Online: Mean Age at First Marriage by Sex, Country and Year. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito. 6

Partners conviventi nella stessa abitazione con o senza vincoli di tipo legale.

423


424

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I primi matrimoni hanno coinvolto in netta prevalenza spose più giovani di 30 anni nella maggior parte dei paesi analizzati. Alcune eccezioni si riscontrano nei paesi nordici quali Danimarca, Islanda e Svezia dove le percentuali di spose sotto i 30 anni al primo matrimonio non hanno superato la metà del totale con percentuali rispettivamente del 49%, 48% e 44%. Diversa la situazione per i maschi. Questi, infatti, si sono sposati per la prima volta in età superiore ai 30 anni in quasi la metà dei paesi per i quali i dati sono disponibili. In Danimarca, Grecia, Svezia, Islanda e Norvegia meno del 40% dei primi matrimoni hanno coinvolto uomini di età inferiore ai 30 anni. In controtendenza, in Lituania e Polonia i tre quarti o più dei primi matrimoni hanno riguardato giovani maschi con meno di 30. L’analisi della distribuzione dei primi matrimoni delle donne di età inferiore ai 30 anni indica come nella maggior parte dei paesi, oltre il 50% dei primi matrimoni coinvolga donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni. In Danimarca, Spagna e Islanda, la percentuale supera il 70%. In alcuni paesi il matrimonio tende a verificarsi in età più giovane. Le giovani donne di età compresa tra i 16 ed i 19 anni di Romania (19%) e Bulgaria (10%), hanno rappresentato una quota elevata di tutti i primi matrimoni di donne under 30. In questi paesi, così come in Polonia e in Slovacchia, la proporzione di donne in età tra 20 e 24 anni si è collocata in un intervallo tra il 44% (Croazia) e il 54% (Lituania) di tutti i primi matrimoni di donne sotto i 30. 9.2.3 La nascita dei figli

In Europa negli ultimi decenni le tendenze demografiche hanno evidenziato, unitamente all’aumento dell’età media delle madri alla nascita del primo figlio, un netto calo dei tassi di fertilità totale, ben al di sotto del tasso di sostituzione.7 Sebbene tra il 2000 ed il 2008 si noti una lieve ripresa del numero medio di figli per donna in diversi Stati membri - ciò è particolarmente vero in Svezia (+0,37), Repubblica Ceca (+0,36), Estonia (+0,27) e Spagna (+0,23) - nessun paese della UE, fatta eccezione per l’Irlanda (2,1), riesce a raggiungere il livello di sostituzione (stimato a 2,1 figli per donna).

7

Ossia il valore di 2,1 figli per donna. Questo valore rappresenta il numero medio di figli che ciascuna donna dovrebbe avere per rimpiazzare nella generazione successiva se stessa ed il proprio partner.


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Fig. 9.9 - Tassi di fertilità in Unione Europea. Confronti 2000 e 2008

2,50

2,00

1,50

1,00

IE FR SE DK FI UK NL BE EE LU SI EL CZ BG LT ES CY LV MT AT PL DE IT PT HU RO SK

0,00

2,10 2,00 1,91 1,89 1,85 1,84 1,77 1,76 1,65 1,61 1,53 1,51 1,50 1,48 1,47 1,46 1,46 1,44 1,44 1,41 1,39 1,38 1,37 1,37 1,35 1,35 1,32

0,50

2008

2000

Fonte: EUROSTATDatabase. Tables on EU policy. Demograpy. [tsdde220] - Total fertility rate. Legenda: AT Austria, BEBelgio, BG Bulgaria, CY Cipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DK Danimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, IT Italia, LT Lituania, LU Lussemburgo, LV Lettonia, MT Malta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PT Portogallo, RO Romania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

È interessante notare come questa situazione rappresenti un dato di fatto che non coincide con i desideri manifestati nei sondaggi di Eurobarometro dove i valori ideali dichiarati sono sempre superiori a quelli osservati e sono addirittura superiori al livello di sostituzione. Alla domanda su quale sia il numero ideale di figli per una famiglia8 si ottiene una media di 2,3 figli con un valore leggermente più elevato rilevato per i giovani tra i 15 ed i 24 anni rispetto alla popolazione più anziana.

8

Eurobarometer N.253, Childbearing Preferences and Family Issues in Europe, 2006.

425


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Fig. 9.10 - Tassi di fertilità e numero di figli ideale per genere. Anno 2006 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0

1,38 1,33 1,85 1,33 1,55 1,93 1,4 1,38 2 1,35 1,45 1,35 1,31 1,65 1,34 1,39 1,72 1,41 1,27 1,36 1,32 1,31 1,24 1,84 1,85 1,84

426

BG CZ DK DE EE

IE

EL

ES FR

IT

CY LV

Tassi di fertilità totale

LT LU HU MT NL AT PL

Ideale donne

PT RO

SI

SK

FI

SE UK

Ideale uomini

Ideale donne Ideale uomini

BG 2,12 2,19

CZ 2,08 1,77

DK 2,61 2,47

DE 2,25 2,24

EE 2,43 2,33

IE 2,91 2,91

EL 2,36 2,47

ES 2,25 2,27

FR 2,67 2,45

IT 2,21 2,18

CY 2,76 2,89

LV 2,28 2,27

LT 2,32 2,11

Ideale donne Ideale uomini

LU 2,27 2,23

HU 2,19 2,2

MT 2,15 2,01

NL 2,51 2,41

AT 1,65 1,88

PL 2,15 2,41

PT 2,13 2,04

RO 1,99 1,81

SI 2,34 2,16

SK 2,01 2,01

FI 2,89 2,56

SE 2,63 2,43

UK 2,64 2,48

Source: Eurobarometer No 253 Childbearing Preferences and Family Issues in Europe, 2006. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

I paesi in cui i giovani tra i 15 ei 24 anni di entrambi i generi hanno indicato un numero medio di figli per famiglia più elevato (più di 2,7) sono stati Irlanda e Cipro. I valori più bassi sono stati invece riscontrati nella Repubblica Ceca, Austria, Slovacchia e Romania. Tra il 1995 ed il 2006 l’età media delle donne al primo figlio è aumentata in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Questo aumento è stato più significativo nella Repubblica ceca (+3,15), Lettonia (+3,2) e Slovenia (+2,58). Nel 2006, l’età media per diventare madre per la prima volta ha superato i 30 anni in sette paesi: Spagna, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Finlandia. In soli due paesi l’età media non ha superato i 27 anni: Bulgaria e Romania.


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26,9

LT

RO

25

24,6

27,8

27,7

LV

28,3

27,9

PL

EE

SK

28,7

28,4

HU

29,2

28,9

AT

CZ

29,2

PT

UK

29,6

29,5

DE

29,7

29,6 SI

CY

FR

29,9

29,8

EL

30,0

29,9

FI

30

LU

30,5

30,3

SE

30,7

30,6

IE

NL

DK

30,9

30,9 IT

35

ES

Fig. 9.11 - Età media alla nascita del primo figlio. Confronti 2006 e 1995

20 15 10 5

2006

BG

0

1995

Fonte: Eurostat Database - Mean age of women at childbearing - [tps00017]. Legenda: AT Austria, BEBelgio, BG Bulgaria, CY Cipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DK Danimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, IT Italia, LT Lituania, LU Lussemburgo, LV Lettonia, MT Malta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PT Portogallo, RO Romania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

La quota di figli nati fuori dal matrimonio nell’Unione Europea tra il 1997 e il 2006 è passata dal 23,7% al 36,1%. Il fenomeno, seppure con qualche eccezione, ha riguardato la grande maggioranza dei paesi europei ed è osservabile attraverso un confronto longitudinale tra l’andamento dei i tassi di natalità9 e la percentuale dei nati vivi fuori dal matrimonio.10

9

Il tasso di natalità è il rapporto tra il numero delle nascite nel corso dell’anno e la media della popolazione, il valore è espresso per 1 000 abitanti. 10 I nati vivi fuori dal matrimonio sono definiti come nascite in cui lo stato civile della madre al momento della nascita è diverso da sposata.

427


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Fig. 9.12 - Nati vivi fuori dal matrimonio e tassi di natalità EU-27 10,8

38

10,6

34

10,4

30

10,2

26

\

10,0

22 1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

Tasso di natalità (‰ , scala a sinistra) (1) Nati vivi fuori dal matrimonio (%, scala a destra) (2)

Fonte: Europe in Figures, 2009. Figure 3.14: Live births outside marriage and crude birth rate, EU-27.

In Bulgaria, Estonia, Francia e Svezia la percentuale di bambini nati fuori dal matrimonio nel 2007 ha superato la metà del totale (50%) mentre in Grecia e Cipro non ha superato il 10%. Fig. 9.13 - Nati vivi fuori dal matrimonio – Anno 2007

28,8

43,6

54,8 50,8 19,5

26,7

33,6

39,5

43

5,8

10

8,7

20

24,9

29,2 29,2

37,5

40,6

20,7

30

28,4

34,5 30,8

40

38,3 39

50

46,1

50,2

60

51,7

57,8

70

0 AT BE BG CY CZ DE DK EE ES FI FR EL HU IT LT LU LV MT NL PL PT RO SE SI SK UK

428

Fonte: Eurostat - Live births outside marriage - [tps00018] Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, ELGrecia, HUUngheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LV Lettonia, MT Malta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PT Portogallo, RO Romania, SE Svezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.


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La percentuale di nascite fuori del matrimonio nei vari paesi europei risulta particolarmente elevata tra il gruppo delle madri più giovani. Questo fenomeno tuttavia appare in realtà piuttosto limitato in quanto i nati per le donne di età compresa tra 15-19 sono relativamente poco numerosi così come i matrimoni prima dei 20 anni. Nel 2006 più del 90% dei bambini di giovani madri di età compresa tra i 15 ed i 19 anni in Danimarca, Irlanda e Regno Unito sono nati fuori dal matrimonio. In quasi la metà dei paesi per i quali i dati sono disponibili, più del 50% delle nascite tra i 20 ei 24 anni, erano fuori del matrimonio. In questa fascia d’età, le quote più elevate (oltre il 70%) sono state raggiunte in Danimarca e Irlanda mentre non hanno superato il 10% in Grecia e a Cipro. Considerando le donne di età compresa tra 25 e 29 anni, più della metà dei nati nel 2007 erano fuori del matrimonio in Danimarca, Estonia, Svezia, Islanda e Norvegia. In Grecia e a Cipro rappresentavano meno del 4%.

9.3 SISTEMA EDUCATIVO

Nel 2007 gli studenti di tutte le fasce di età in Europa (EU27) superavano di poco i 93 milioni. Di questi, poco meno della metà (45,6%) risultavano impegnati in percorsi di Istruzione secondaria superiore (ISCED11 3-4) o universitaria (ISCED 5-6). Tab. 9.1 - Popolazione studentesca e composizione per livello di studio EU27 Anno 2007 Pop. Totale ISCED 1-6 (x 1 000)

% Educazione Primaria ISCED 1

% Secondaria di primo grado ISCED 2

% Secondaria di secondo grado ISCED 3-4

Università ISCED 5-6

EU27

93.158

30,5

23,9

25,3

20,3

Italia

9.500

30,0

18,5

30,1

21,4

Fonte: elaborazione da Eurostat database: Students by ISCED level, age and sex.

Sebbene l’età modale per l’obbligo scolastico nell’Unione Europea si attesti attorno ai 16 anni, l’analisi dei tassi di iscrizione per singolo anno di età non evidenzia una relazione diretta tra la fine della scuola dell’obbligo e il calo dei tassi di iscrizione. Nel 2007 più dei tre quarti dei diciottenni dell’Unione Europea (EU 76,5%) risultavano iscritti all’interno di un percorso formativo in 18 paesi su 27 con il dato italiano (78,1%) collocato al sedicesimo posto, prima della Francia (76,6%) e dopo la Danimarca (80%). 11

L’ISCED, International Standard Classification of Education, è uno standard creato dall’UNESCO come sistema internazionale di classificazione per l’istruzione. È basato su 6 livelli di classificazione dove 3 e 4 corrispondono all’Istruzione secondaria di secondo grado e corsi pre o para universitari, 5 e 6 a laurea e dottorato di ricerca.

429


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Fig. 9.14 - Percentuale diciottenni iscritti nel sistema formativo rispetto alla popolazione teorica - Anno 2007 100

75

50

25

0 SE IE PL FI LT BE SI CZ LV DE SK HU EE NL DK IT FR BG AT ES RO LU EL PT MT UK CY

430

Fonte: elaborazione da Eurostat: 18-year-olds in education. Legenda: AT Austria, BEBelgio, BGBulgaria, CY Cipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, IT Italia, LT Lituania, LU Lussemburgo, LV Lettonia, MT Malta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PT Portogallo, RO Romania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Nella maggior parte dei paesi OCSE,12 il calo più netto nei tassi di iscrizione si verifica al termine degli studi secondari superiori. I tassi di iscrizione all’istruzione secondaria nei paesi OCSE passano infatti da una media del 91% all’età di 16 anni all’ 83% a 17 anni, 53% a 18 anni e il 27% all’età di 19 anni. Utilizzando i tassi di incidenza all’interno di ogni singola nazione con i valori medi delle fasce di età riferibili rispettivamente alla istruzione secondaria di secondo grado (15/19 anni) e alla istruzione terziaria (20/29 anni) è possibile costruire una mappa sintetica di confronto e classificazione tra le varie nazioni europee.

12

L’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – OCSE, conta 30 paesi membri: Australia, Austria, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Corea, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti. Per OCSE 19 si intende la media non ponderata dei valori riscontrati nei 19 paesi membri dell’Unione Europea.


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Fig. 9.15 -Incidenza percentuale di studenti per fascia di età – Anno 2007 100 BE CZ IE HU

% di15/19enni che sono studenti

90

FR

media

NL DE LV

SI FI

SE

EE

SK

DK ES

80

IT

AT

EL

PT

BG

LU

PL

LT

UK 70 RO MT CY 60 0

10

20

media

30

% di 20/29enni che sono studenti

Fonte: Education at a Glance 2009: OECD Indicators.

40

50

Incidenza studenti 15-19 20-29 anni (%) anni (%) AT 79,0 21,6 BE 94,4 28,3 BG 74,6 15,7 CY 62,6 13,7 CZ 90,1 21,8 DE 88,1 28,7 DK 83,3 38,2 EE 85,1 26,8 ES 80,4 21,5 FI 87,9 43,0 FR 85,7 19,5 EL 79,7 26,6 HU 88,8 25,1 IE 89,7 20,8 IT 80,0 21,0 LT 93,0 30,0 LU 73,6 5,7 LV 88,2 26,5 MT 64,0 13,7 NL 89,3 28,0 PL 93,1 31,0 PT 77,3 20,6 RO 66,6 16,7 SE 87,0 34,5 SI 90,9 33,0 SK 85,5 18,5 UK 71,4 17,3 EU27 84,4 24,8

Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HUUngheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LULussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Nel 2007 la percentuale degli studenti nella popolazione tra i 15 ed i 19 anni ha superato il 60% in ogni paese europeo ed è risultata inferiore al 70% in sole tre nazioni: Romania, Malta e Cipro. Il 90% di popolazione studentesca è stato raggiunto in cinque paesi: Belgio, Polonia, Lituania, Slovenia e Repubblica Ceca. L’Italia, seppure con un valore di pochi punti inferiore alla media europea (80%) si colloca al 18°posto. Gli studenti della popolazione tra i 20 ed i 29 anni hanno superato il 30% in sei nazioni: Finlandia, Danimarca, Svezia, Slovenia, Polonia e Lituania e non hanno raggiunto il 20% in otto nazioni tra cui Francia e Regno Unito. Anche in questo caso l’Italia presenta un valore (21%) lievemente inferiore alla media e si colloca in 17ma posizione. Nei paesi OCSE appartenenti all’Unione Europea (EU19) i tassi di partecipazione al sistema dell’istruzione da parte dei giovani con un’età compresa tra i 15 e i 19 anni sono passati mediamente dal 77,2% del 1995 all’84,4% del 2007. A fronte di un miglioramento di oltre 20 punti percentuali in 12 anni di Repubblica Ceca e Ungheria, i tassi di Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito sono rimasti praticamente invariati. L’Italia tra il 2000 ed il 2007 ha registrato un miglioramento di 8,3 punti percentuali (da 71,8% a 80,0%).

431


432

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Tra il 1995 e il 2007 i tassi di iscrizione della fascia di riferimento dell’istruzione terziaria con età compresa tra 20 ed i 29 anni sono aumentati mediamente di 5,9 punti percentuali con tassi di incremento superiori ai 14 punti percentuali in Grecia, Finlandia, Ungheria e Polonia. L’Italia tra il 2000 ed il 2007 ha registrato un miglioramento di 3,9 punti percentuali (da 17,1% a 21,0%). Nella maggior parte dei paesi OCSE con sistemi formativi a doppio canale (Austria, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi) ma anche in Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia, Italia, Norvegia, Slovacchia, Svezia e Slovenia più della metà degli studenti della scuola secondaria superiore sono iscritti a programmi classificati come preprofessionali o professionali. Sebbene nella maggioranza dei paesi OCSE l’istruzione professionale sia basata sulla frequenza scolastica, in Austria, Repubblica Ceca, Islanda e Slovacchia, più del 40% degli studenti in programmi di formazione professionale partecipano a programmi che prevedono percorsi misti tra scuola e lavoro. La percentuale sale a circa il 75% in Danimarca, Germania, Ungheria, Irlanda e Estonia. Fig. 9.16 - Paesi con più della metà degli studenti iscritti a programmi classificati come pre-professionali o professionali

In paesi quali Grecia, Ungheria, Irlanda, Portogallo e Estonia più del 60% degli studenti della scuola secondaria superiore frequentano invece istituti ad indirizzo generale (Licei), seppure in presenza di un’adeguata offerta di programmi di formazione professionale o pre-professionale. Tra il 1995 ed il 2007 i tassi d’iscrizione a percorsi universitari specialistici (ISCED 5A) nei paesi OCSE appartenenti all’Unione Europea (EU19) sono aumentati mediamente di 20 punti percentuali passando dal 35% al 55%. Solo in Polonia, Slovac-


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

chia, Svezia e Finlandia superano il 70%. L’Italia si colloca all’undicesimo posto con un valore, 53%, lievemente inferiore alla media. Nel 2007 si stima che mediamente i giovani europei (OCSE 19) diplomati e laureati (ISCED 5A) abbiano rappresentato rispettivamente l’84,7% ed il 36,7% della propria coorte di nascita. Fig. 9.17 - Laureati e diplomati rispetto alla popolazione teorica. Anno 2007 – Val % DE

100

FI

EL

% diplomati Scuola Secondaria Superiore

SI 90 media

HU

CZ

UK

IT

SK

IE DK PL

80 ES

SE

70

CZ DE DK ES FI EL HU IE IT PL PT SE SI SK UK EU19

% Diplomati % Laureati 88,0 34,9 99,5 23,4 85,4 47,3 74,3 32,4 96,8 48,5 96,2 17,7 84,3 29,4 89,6 45,0 84,9 35,0 83,7 49,0 65,1 42,6 74,1 39,9 91,4 20,2 84,7 38,9 88,7 38,7 84,7 36,7

PT

60 10

20

30

media

40

50

% laureati (ISCED 5A)

Fonte: Education at a Glance 2009: OECD Indicators. Legenda: CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, ESSpagna, FI Finlandia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, IT Italia, PL Polonia, PTPortogallo, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

La percentuale di giovani diplomati ha raggiunto o superato la soglia del 90% in cinque paesi con in testa la Germania seguita da Grecia, Finlandia, Slovenia e Irlanda. Spagna e Svezia non hanno superato l’80% e solo il Portogallo non ha raggiunto il 70%. I laureati hanno superato il 45% in Irlanda, Danimarca, Finlandia e Polonia. Grecia e Slovenia non hanno superato il 20% mentre Germania e Ungheria non hanno raggiunto il 30%. L’Italia rispetto ai due indicatori si è collocata in una posizione intermedia con l’incidenza dei giovani diplomati praticamente coincidente con il dato medio europeo (84,9% contro 84,7%) e l’incidenza dei laureati solo lievemente inferiore (35% contro 36,7%). Cinque paesi si sono collocati in un’area di eccellenza con valori di diplomati e laureati entrambi superiori alla media. Prima assoluta la Finlandia, seguita da Irlanda, Danimarca, Regno unito e Slovacchia. Per l’Ungheria e soprattutto per la Spagna i valori riscontrati sono stati in ogni caso inferiori alla media.

433


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

9.4 CRISI ECONOMICA E IMPATTO SULLA POPOLAZIONE GIOVANILE. UN PRIMO SGUARDO D’INSIEME

La crisi economica mondiale ha avuto un impatto pesantissimo sulla vita lavorativa dei cittadini europei. In soli due anni, tra il 2008 ed il 2009, gli indicatori economici hanno subito mutamenti radicali. La particolare sensibilità alle variazioni del ciclo economico del tasso di disoccupazione giovanile rispetto al generale, unita alla scarsa disponibilità di dati ufficiali, in uscita, permettono solo una prima ricostruzione parziale della situazione attuale. Nel paragrafo si è cercata una prospettiva di comparazione tra il periodo del terzo trimestre 2008, in una situazione di inizio crisi e lo stesso periodo del 2009 in situazione post-crisi o comunque in cui gli effetti della crisi si sono manifestati pienamente. Tab. 9.2 - Tassi di disoccupazione giovanile13 e differenza con popolazione adulta.14 Terzo trimestre 2008 e 2009 Giovani

Di . adulti

Giovani

Di . adulti

Giovani

Di . adulti

2009

Di . adulti

2008

Giovani

2009

Di . adulti

2008

Giovani

2009

Di . adulti

2008 Giovani

434

EU27

15,5

9,5

20,2

12,4

LU

18,0

13,9

17,1

12,8

PL

16,4

10,6

22,1

15,3

BE

18,8

12,7

22,3

15,6

HU

20,2

13,4

27,3

18,1

PT

17,2

10,2

20,1

10,9

BG

11,3

6,5

16,7

10,6

MT

11,8

7,2

14,6

9,0

RO

18,6

14,2

21,2

15,5

CZ

9,6

5,8

17,8

11,4

NL

5,2

3,0

6,9

3,9

SI

10,2

6,7

14,4

8,9

DK

8,1

5,7

11,5

6,3

ES

25,2

15,0

39,9

23,5

SK

18,7

10,7

28,1

17,1

DE

9,4

2,6

10,6

3,4

FR

19,3

12,8

23,6

15,6

FI

16,7

11,8

22,5

15,8

EE

14,1

8,7

28,6

15,1

IT

21,6 16,0 25,5 19,0

SE

19,9

15,8

26,6

20,5

IE

14,6

9,0

25,3

14,5

CY

8,7

5,7

14,8

10,1

UK

15,3

11,2

19,6

13,8

EL

22,2

15,8

25,7

17,1

LV

12,8

6,0

36,1

19,8

LT

14,6

9,1

32,8

20,3

AT

7,5

4,4

10,5

6,3

Fonte: Elaborazioni da Eurostat Database. une_rt_q-Unemployment rate, quarterly average, by sex and age groups (%). Seasonally adjusted data. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Nel 2008 la popolazione attiva dell’Unione Europea con un’età compresa tra i 15 ed i 24 anni rappresentava il 44,5% del totale con tassi di disoccupazione che per la popolazione con meno di 25 anni arrivavano al 15,5% contro il 6,0% della popolazione adulta. I tassi di disoccupazione giovanile nell’Unione Europea superavano il 20% in sole quattro nazioni (Spagna, 25,2%; Grecia, 22,2%; Italia, 21,6%; Ungheria, 20,2%). Nello stesso anno il tasso di disoccupazione giovanile non superava il 10% in sei paesi (Germania, 9,4%; Repubblica Ceca, 9,6%; Cipro, 8,7; Austria, 7,5%; Danimarca, 9,4%; Paesi Bassi, 5,2%). 13 14

Nel paragrafo per popolazione giovanile si intendono tutti coloro che hanno meno di 25 anni. Nel paragrafo per popolazione adulta si intendono tutti coloro che hanno più di 25 anni.


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Le differenze tra i tassi di disoccupazione giovanile e quelli della popolazione con più di 25 anni raggiungevano i 15 punti percentuali in quattro casi: Svezia (15,8%), Italia (16,0%), Grecia (15,8%) e Spagna (15,0%). In altri 10 paesi la differenza superava comunque i 10 punti percentuali ad indicare la difficoltà generalizzata dei giovani rispetto al mondo del lavoro. Utilizzando i tassi di disoccupazione giovanile e la differenza tra questi ultimi e il dato degli adulti, è possibile ottenere una mappa su cui assegnare una posizione ad ogni singola nazione. Fig. 9.18 - Tassi di disoccupazione giovanile e differenza con popolazione adulta. Terzo trimestre 2008

Tasso di disoccupazione giovanile- Anno 2008

40,0

30,0 ES

20,0

DE

10,0

NL

EL HU IT SK FR RO SE PT FI BE EU27 LU IE PL UK LV MTEE LT BG CZ SI AT DK CY

0,0 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Di erenza tassi popolazione adulta - Anno 2008

Fonte: Elaborazioni da Eurostat Database. une_rt_q-Unemployment rate, quarterly average, by sex and age groups (%). Seasonally adjusted data. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

I dati relativi alla situazione del mercato del lavoro nel 2009, ad oggi solo parzialmente disponibili, mettono subito in evidenza come la crisi economica, oltre ad aver provocato un innalzamento generalizzato dei tassi di disoccupazione, abbia modificato profondamente la geografia economica europea.

435


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

Il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 20,2% con 16 paesi oltre la soglia del 20% di cui Spagna, Lettonia e Lituania oltre il 30% rispettivamente con il 39,9%, 36,1% e 32,8%. Le differenze tra i tassi di disoccupazione giovanile e della popolazione adulta hanno superato i 15 punti in dieci casi con percentuali che in Spagna, Lituania e Lettonia hanno raggiunto rispettivamente i 23,5; 20,3 e 19,8 punti percentuali. Fig. 9.19 - Tassi di disoccupazione giovanile e differenza con popolazione adulta. Terzo trimestre 2009

ES

40,0 LV Tasso di disoccupazione giovanile- Anno 2009

436

LT 30,0

EE IE FR PL PT EU27 UK CZ LU

20,0

DK

DE 10,0

BE FI RO

SK

HU IT

SE

EL

MT BG SI CY

AT

NL

0,0 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Di erenza tassi popolazione adulta - Anno 2009

Fonte: Elaborazioni da Eurostat Database. une_rt_q-Unemployment rate, quarterly average, by sex and age groups (%). Seasonally adjusted data. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Sovrapponendo le due mappe, riferite rispettivamente ai dati 2008 e 2009, si nota come ad una traslazione verso l’alto di tutti gli indicatori, le posizioni relative siano rimaste immutate solo in alcuni casi. Uno di questi è rappresentato dal gruppo in basso a sinistra composto da Germania, Paesi Bassi, Austria e Danimarca che già partivano da una situazione positiva ed hanno comunque mantenuto una posizione favorevole rispetto al contesto europeo. Altre nazioni hanno invece cambiato radicalmente posizione collocandosi nella parte in alto a destra con tassi elevati di disoccupazione giovanile e forti differenze rispetto alla popolazione adulta. Tra queste spicca la Spagna che ha visto una brusca


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accelerazione di una situazione che già nel 2008 dava segni di difficoltà e paesi quali Lettonia e Lituania, ma anche, in misura minore, Estonia e Irlanda. Tutti questi paesi prima della crisi si collocavano in una posizione favorevole con tassi di disoccupazione giovanile inferiori rispetto alla media europea. In questo contesto, l’Italia ha mantenuto sostanzialmente la propria posizione con un peggioramento dei propri tassi ancorato comunque alla media europea. Fig. 9.20 - Tassi di disoccupazione giovanile e differenza con popolazione adulta. Confronto terzo trimestre 2008 e 2009

ES

40,0 LV LT 30,0

EE

SK

IEES FR EL HU PL FIBE PT EU27 RO ITGR SK UK SE CZ FR FI BE RO EU27PT BG LU SI PL DK LU ATLV EE LT CY UK MT IE MT DE CZ BG SI DE AT CY DK

20,0

10,0

HU

SE IT

NL NL

0,0 0,0

5,0

10,0

Tasso di disoccupazione giovanile anno 2008 Di erenza tassi popolazione adulta

15,0

20,0

25,0

Tasso di disoccupazione giovanile anno 2009 Di erenza tassi popolazione adulta

Fonte: Elaborazioni da Eurostat Database. une_rt_q-Unemployment rate, quarterly average, by sex and age groups (%). Seasonally adjusted data. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Le considerazioni prettamente numeriche riportate sopra, seppure utili in una prospettiva comparativa, non devono in ogni caso far dimenticare i diversi impatti determinati dalla disoccupazione giovanile all’interno di nazioni dalla composizione demografica e sociale profondamente diversa. Ricordiamo ad esempio che l’incidenza della popolazione tra i 15 ed i 25 anni di Lettonia e Lituania nel 2008 superava

437


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

il 15% con indici di ricambio15 rispettivamente al 140,7% e 152,8% mentre in Spagna non superava l’11% con un indice di ricambio del 104,7%. Da questo punto di vista lasciamo gli approfondimenti a ricerche più specifiche in attesa dei dati completi e alla luce di un arco temporale di osservazione più ampio. Per quanto riguarda le differenze di genere, la crisi sembra aver colpito i maschi in una proporzione maggiore rispetto alle coetanee femmine. Confrontando i dati relativi ai tassi di disoccupazione del terzo trimestre 2008 e 2009, si è passati dal 15,9% al 21,6% per i maschi e dal 15,2% al 18,9% per le femmine. Nel 2008 i tassi di disoccupazione femminile superavano i tassi di disoccupazione maschile in quindici paesi su ventisette; nel 2009 questi paesi sono rimasti soltanto in cinque: Grecia (-15,2), Lussemburgo (-5,6), Portogallo (-4,7), Italia (-4,9) e Polonia (-0,6). Nel caso dell’Italia la situazione tra il 2008 ed il 2009 è rimasta sostanzialmente immutata. Fig. 9.21 - Divario di genere nei tassi di disoccupazione. Confronti terzo trimestre 2008 e 2009

BG

5

IE

UK

MT Di erenza M-F tassi disoccupazione 2008

438

DE FI RO FREU27 EE

NL AT CZ BE SI DK SE ES CY SK

0

LT LV HU

PL IT

-5

PT LU -10 EL

-20

-10

0

10

20

Di erenza M-F tassi disoccupazione 2009

Fonte: Elaborazioni da Eurostat Database. DS-072008-Unemployment rates - quarterly data by sex and age group (%). Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito. 15

L’indice di ricambio in questo caso viene calcolato “al contrario” come rapporto tra quanti stanno per entrare nel mondo del lavoro (popolazione tra 15 e 24 anni) e quanti sono prossimi ad uscirne (popolazione con età compresa tra 55 e 64 anni). Un valore dell’indice inferiore a 100 segnala la difficoltà a ripristinare le componenti del sistema produttivo in uscita.


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Il confronto dei tassi di attività della popolazione femminile tra i 15 ed i 25 anni nel terzo quadrimestre del 2008 e del 2009 non evidenzia alcun cambiamento sostanziale e permette di scartare l’ipotesi di una tenuta dei tassi di disoccupazione femminile dovuta ad un ritiro nella popolazione in area inattiva. Fig. 9.22 - Popolazione femminile tra 15 e 24 anni attiva nel terzo trimestre. Anno 2008 e 2009 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 EU 27 BE BG CZ DK DE EE IE EL ES FR IT CY LV LT LU HU MT NL AT PL PT RO SI SK FI SE UK

0,0

2008Q03

2009Q03

Fonte: Eurostata: Database. DS-071630-Population, activity and inactivity - Quarterly data. Legenda: ATAustria, BEBelgio, BGBulgaria, CYCipro, CZ Repubblica Ceca, DEGermania, DKDanimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, ITItalia, LTLituania, LU Lussemburgo, LVLettonia, MTMalta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PTPortogallo, RORomania, SESvezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.

Qualche spiegazione potrebbe essere individuata nella maggiore scolarità raggiunta dalla componente femminile all’entrata nel mondo del lavoro e nelle diverse tipologie di impiego prevalenti. Il confronto della distribuzione delle differenze tra i tassi di disoccupazione del 2008 e del 2009 per livello di istruzione non sembra comunque avvalorare la prima ipotesi vista la forte disomogeneità tra i vari paesi dell’Unione Europea.

439


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Capitolo 9 _ Mappe ed indicatori sulla condizione giovanile in Europa: lo scenario analitico

9.23 - Differenza in punti percentuali tra i tassi di disoccupazione 2009 e 2008 per titolo di studio conseguito 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 -5,0 -10,0 EU 27 Belgium Bulgaria Czech Denmark Germany Estonia Ireland Greece Spain France Italy Cyprus Latvia Lithuania Luxembourg Hungary Malta Netherlands Austria Poland Portugal Romania Slovenia Slovakia Finland Sweden United

440

< Istruzione Superiore

Istruzione Superiore

UniversitĂ

Fonte: Eurostat. Database. DS-071261-Unemployment by educational attainment, age and sex. Legenda: AT Austria, BE Belgio, BG Bulgaria, CY Cipro, CZ Repubblica Ceca, DE Germania, DK Danimarca, EEEstonia, ESSpagna, FI Finlandia, FRFrancia, EL Grecia, HU Ungheria, IEIrlanda, IT Italia, LT Lituania, LU Lussemburgo, LV Lettonia, MT Malta, NL Paesi Bassi, PL Polonia, PT Portogallo, RO Romania, SE Svezia, SI Slovenia, SKSlovacchia, UKRegno Unito.


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Appendice Gli indicatori europei sulla condizione giovanile Virginio Amistadi

Lo studio1 svolto nel 2001 dall’ Istituto IARD, su commissione UE, nell’ambito del progetto “Gioventù per l’Europa”, ha individuato per la prima volta una serie di indicatori specifici, sulla condizione giovanile in Europa, tratti direttamente dalle numerose basi dati istituzionali che raccolgono le principali indagini svolte a livello europeo. La successiva sistematizzazione degli indicatori, seguita all’aggiornamento dei dati svolta nel 2006 dall’Istituto IARD Franco Brambilla in collaborazione con l’Osservatorio Giovani dell’IPRASE del Trentino, ha permesso di procedere nell’idea di creare un sistema di indicatori, affidabili e aggiornabili nel tempo, suddivisi per area tematica e raccolti all’interno di una “tavola degli indicatori sulla condizione giovanile” oggi riproposta in versione estesa e aggiornata.

L’ORGANIZZAZIONE DEI DATI

I 61 indicatori individuati sono organizzati all’interno delle seguenti aree tematiche: 1. dati demografici 2. educazione e formazione 3. situazione economica: posizione nel mercato del lavoro 4. situazione economica: fonti di reddito 5. situazione economica: povertà 6. famiglia 7. valori e atteggiamenti 8. fiducia nelle istituzioni 9. partecipazione politica ed associazionismo 10. devianza 11. salute e rischio 12. tempo libero 13. dimensione europea. Per semplificare un successivo aggiornamento dei dati e per mantenere la massima adesione alle fonti secondarie utilizzate, le etichette degli indicatori non sono state tradotte in italiano e sono quindi riproposte nell’inglese originale. 1

The state of young people and youth policy in Europe - January 2001 (http://ec.europa.eu/youth/ archive/info/study_en.html)

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Sebbene la tendenza dei più recenti studi sulla condizione giovanile arrivi a considerare fasce di età fino ai 35 anni, gli indicatori proposti risultano vincolati dalle opzioni di interrogazione offerte dai Data warehouse istituzionali di riferimento impostati per uso generico e per fasce di età particolari non sempre adatte allo studio della condizione giovanile. Tra queste, la più utile ai nostri fini risulta essere quella compresa tra i 15 ed i 24 anni, disponibile per gran parte degli indicatori strutturali. L’origine campionaria della maggior parte delle informazioni ha sconsigliato ulteriori manipolazioni rispetto ai risultati delle interrogazioni in mancanza di informazioni dettagliate sulla gestione dei dati originali raccolti.

LE FONTI UTILIZZATE

La tavola degli indicatori è stata composta utilizzando basi-dati istituzionali e di pubblico accesso fornite da enti facenti capo direttamente all’Unione Europea o associati ad organismi internazionali riconosciuti che riportiamo di seguito unitamente ad una breve descrizione. EUROSTAT

è l’ufficio statistico che raccoglie ed elabora dati dell’Unione Europea a fini statistici, promuovendo il processo di armonizzazione dell’approccio statistico tra gli Stati membri. La sua missione è quella di fornire all’Unione Europea un servizio informativo statistico che permetta di effettuare comparazioni affidabili tra le diverse nazioni o aree geografiche di interesse. Eurostat dispone di una banca dati online che permette di estrarre tabelle standard con relativi grafici e mappe e creare tavole multidimensionali in diversi formati attraverso una applicazione proprietaria denominata Data Explorer. (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/search_database) OECD

l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, da cui l’acronimo OCSE (o Organisation for Economic Cooperation and Development - OECD in sede internazionale), produce annualmente la pubblicazione “Education at a Glance” (uno sguardo sull’educazione), che offre una ricca serie di indicatori comparabili e aggiornati sulle prestazioni dei sistemi di istruzione. (http://www.oecd.org/edu/eag2009) Eurobarometro

svolge indagini nei paesi membri dell’Unione Europea (2 wave ogni anno, a partire dal 1973) per conto della Commissione Europea su su numerosi temi di interesse europeo che riguardano direttamente il cittadino, il processo di integrazione europea, la situazione sociale, la salute, l’ambiente, la cultura, l’informazione, la difesa, la moneta unica, etc.


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Dal 2001 ad oggi le pubblicazioni focalizzate esplicitamente sulla condizione giovanile sono tre: • Eurobarometro “speciale” 55.1 (“The young Europeans in 2001”), specificatamente condotto sulla popolazione giovanile dei paesi membri. • Eurobarometro CCEB (Candidate Countries Eurobarometer): realizzata nei paesi candidati all’ingresso nell’Unione Europea (edizione 2003.1 - “Youth in new Europe”). • Eurobarometro Flash 202 condotta sulla popolazione giovanile dei paesi membri attraverso intervista telefonica. (Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization Youth survey among people aged between 15-30 in the European Union 2007). (http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm) European and World Values Surveys

un’indagine sui cambiamenti socioculturali e politici realizzata a livello mondiale (in diverse ondate, a partire dal 1990), condotta da un network di scienziati sociali delle migliori università. Dal sito di riferimento è possibile scaricare liberamente le basi dati originali compatibili con alcuni tra i più utilizzati software statistici (SPSS, Stata or SAS). Nello specifico, sono stati utilizzati i seguenti files in formato SPSS: • WVS official 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 • WVS 4 wave integrated data file 1981-2004 v.20060423 (http://www.worldvaluessurvey.org) European health for all database (HFA-DB) e European detailed mortality database (DMDB)

database di statistiche nazionali sul tema della salute e della mortalità nei paesi europei gestiti dall’Ufficio Regionale Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). I database possono essere interrogati online oppure scaricati in locale. Le versioni utilizzate nella raccolta degli indicatori per HFA-DB e per DMDB sono rispettivamente la Offline e la Online entrambe Updated August 2009. (http://www.euro.who.int/HFADB) (http://data.euro.who.int/dmdb) Young people’s health in context. Health Behaviour in School-aged Children (HBSC) study: international report from the 2001/2002 survey

è una ricerca sovra-nazionale condotta, a partire dal 1982, in collaborazione con l’Ufficio Regionale Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Gli obiettivi dello studio sono l’osservazione dei comportamenti legati alla salute nel loro contesto sociale, lo sviluppo di nuove prospettive di analisi e l’aumento della comprensione dello stato di salute e benessere della popolazione giovanile. Questa fonte è stata utilizzata esclusivamente per un confronto temporale tra alcuni indi-

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

catori attualmente presenti nel database HFA-DB ma inclusi solo successivamente all’international report from the 2001/2002 survey. (http://www.euro.who.int/InformationSources/publications/catalogue/20040601_1) UNECE STATISTICAL DATABASE

Il database della Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’Europa UNECE (United Nations Economic Commission for Europe) si prefigge lo scopo di fornire una amplia serie di indicatori statistici comparabili tra Europa, Nord America e Asia Centrale. Questa fonte è stata utilizzata per l’aggiornamento del solo indicatore F2b relativo all’età media al primo matrimonio.

INDICE DEGLI INDICATORI A. Demographics

• • • • •

A1: millions of 15/24-yr-olds A2: % of 15/24-yr-olds A3: % of 15/24-yr-olds 2025(Baseline variant, Base Year 2008) A4: ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds A5: ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds 2025(Baseline variant, Base Year 2008)

B. Education and Training

• • • •

B1: normal age (in years) at end of full-time compulsory education B2: % of 15/19-yr-olds who are students B3: % of 20/29-yr-olds who are students B4: upper secondary education copletion rate (graduates x 100 / corresponding theoretical population) • B5: Percentage of tertiary graduates ISCED 5A to the population at the typical age of graduation • B6: % of 15/19-yr-olds who are both students and employed (incl. workstudy programs) C. Economic Situation: Position in labour Market

C1: % of 15/24-yr-olds who are: employed, unemployed (general), not active C2: difference M-F (in percentage points), employed C3: difference M-F (in percentage points), unemployed (general) C4: % of 15/24-yr-olds who are in education at corresponding age population • C5: difference M-F (in percentage points) in education • C6: under-25 unemployment rates, male (%) • C7: under-25 unemployment rates, female (%) • • • •


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• • • •

C8: overall under-25 unemployment rates (%) C9: Overall employees with temporary contracts (%) C10: Unemployment rates among 15/24-yr-olds (%) C11: 15/30-yr-olds: What to do if unemployed - most probable possibility (%) - 6 modalities • C12: Unemployment rates among 15/24-yr-olds, according to level of education (%) - 3 modalities D. Economic Situation: Income Sources

• D1: financial situation of 15/30-yr-olds (major income source %) - 6 modalities E. Economic Situation: Poverty

• E1: %16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-off point: 40% of median equivalised income) • E2: %16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-off point: 50% of median equivalised income) • E3: %16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-off point: 60% of median equivalised income) F. Family/Generational Relationships and Housing Arrangements

• • • • • • •

F1: % of 20/24-yr-olds living together as married F2: Mean age at first marriage - females F3: total fertility rate F4: Abortions/1000 live births, age under 20 years F5: Year of first legislation about abortion F6: % of 20/24-yr-olds living with parents F7: Reasons for living longer at their parents’ homes (%) - 6 modalities

G. Values and Attitudes

• G1: distribution on materialism/postmaterialism index (18/25-yr-olds) - 3 modalities • G2: %of 18/25-yr-olds who say that is “very important” - 6 modalities H. Trust in Institutions

• H1: % of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or “quite a lot” of confidence in - 12 modalities I. Group Membership and Political Participation

• • • •

I1a: % of 15/24-yr-olds members of an organisation I1b: % of 15/24-yr-olds participating/belonging to associations - 4 modalities I2: left-right self-placement (10 point-scale) I3: % of 18/25-yr-olds who discuss political matters “frequently” with friends

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

J. Deviance and Tolerance

• J1: % of 18/24-yr-olds “tend to be against” “ the right of homosexuals to: - 2 modalities • J2: % of 18/24-yr-olds agreeing with following statements concerning foreigners: - 2 modalities • J3: % of 18/25-yr-olds who say they would not like to have as neighbours - 3 modalities K. Health and Risk

• • • • • • • • • • • •

K1a: life expectancy at 15 yrs, male K1b: life expectancy at 15 yrs, female K2a: overall mortality rates (x 100.000) of 15/24-yr-olds, males K2b: overall mortality rates (x 100.000) of 15/24-yr-olds, females K3a: motor traffic mortality rates (x 100.000), males K3b: motor traffic mortality rates (x 100.000), females K4a: self-inflicted and suicide mortality rates (x 100.000), males K4b: self-inflicted and suicide mortality rates (x 100.000), females K5: % of 15-yr-old males who report smoking daily K6: % of 15-yr-old females who report smoking daily K7: % of 15-yr-old males who report having been drunk at least twice K8: % of 15-yr-old females who report having been drunk at least twice

L. Leisure Activities

• L1: % of 15/30-yr-olds who regularly engage in following leaisure activities - 12 modalities M. European Dimension - Mobility

• M1: % of 15/24-yr-olds who speak a language other than mother tongue well enough to take part in a conversation - 3 modalities • M2: % of 15/24-yr-olds who visited a foreign country in the last two years • M3: The meaning of the European Union - 5 modalities • M4: % of 15/24-yr-olds who feel that the following statements best describe what the European Union personally means for them - 2 modalities


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Variables Index A. DEMOGRAPHICS A1: millions of 15/24-yr-olds A2: % of 15/24-yr-olds A3: % of 15/24-yr-olds 2025 (Baseline variant, Base Year 2008) A4: ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds A5: ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds 2025 (Baseline variant, Base Year 2008)

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV

A1 2008 1,3 1,3 0,6 9,5 0,2 1,3 5,1 8,2 0,6 6,1 1,0 0,1 0,4

A2 2008 12,1 13,0 11,7 11,6 15,2 11,2 11,2 12,8 14,1 10,2 12,3 15,4 15,6

A3 2025 11,2 10,1 11,8 9,3 10,9 10,2 10,9 12,1 13 9,8 10,4 11,1 10,1

A4 2008 102,1 92,6 87,5 99,8 135,4 95,5 104,7 107,0 145,4 84,6 109,5 142,3 140,7

A5 2025 84,4 81,6 88,7 56,7 88,3 72,9 78,8 95,0* 121,3 64,5 68,6 97,2 76,6

Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

0,5 0,1 1,3 0,1 2,0 5,9 1,2 0,2 0,8 0,7 1,2 8,2 1,0 3,2 0,6 0,0 0,6 12,4

15,9 11,8 12,7 14,1 12,1 15,5 11,6 12,2 15,3 12,4 13,0 13,4 13,1 14,6 12,6 14,7 12,7 17,6

9,5 11,8 10,4 9,9 11,4 9,8 10,7 9,7 9,9 10,8 11,1 11,3 10,1 10,4

152,8 112,4 100,9 100,6 95,1 133,1 99,8 101,2 135,0 87,5 97,8 113,2 97,3 132,4 106,2 147,8 105,3 255,3

67,4 88,6 88,1 82,4 80,3 83,3 79,2 68,3 78,2 85,6 90,7 89,4 75,4 80,9

11,7

93,4

Sources: A1: EUROSTATDatabase. Population and social conditions. DS-071171-Population by sex and age on 1. January of each year A2: EUROSTATDatabase. Population and social conditions. DS-071173-Population structure indicatorson 1st January A4: Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and social conditions. DS-071171-Population by sex and age on 1. January of each year A3, A5: Elaborazioni da EUROSTATDatabase. Population Projections. Convergenceyear 2150 - 1 January population by sex and single year of age. Basedata 2008. * 2007

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

B. EDUCATION AND TRAINING B1: normal age (in years) at end of full-time compulsory education B2: % of 15/19-yr-olds who are students B3: % of 20/29-yr-olds who are students B4: upper secondary education copletion rate (graduates x 100 / corresponding theoretical population) B5: Percentage of tertiary graduates ISCED 5A to the population at the typical age of graduation B6: % of 15/19-yr-olds who are both students and employed (incl. work-study programs)

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

B1 2007 18 15 16 18 15 14,5 16 16 16 15 15 15* 16* 16* 15 18 16* 18 16 14 14 16 16 16 16 16* 16* 16 16 14

B2 2007 94,4 90,1 83,3 88,1 85,1 79,7 80,4 85,7 89,7 80 79 62,6* 88,2 93,0* 73,6 88,8 64,0* 89,3 93,1 77,3 90,9 85,5 87,9 87 71,4 74,6* 66,6* 89,1* 84,4 87,4 47,2

B3 2007 28,3 21,8 38,2 28,7 26,8 26,6 21,5 19,5 20,8 21 21,6 13,7* 26,5 30,0* 5,7 25,1 13,7* 28 31 20,6 33 18,5 43 34,5 17,3 15,7* 16,7* 13,7* 36,2 29,9 11,9

B4 2007

B5 2007

88,0 85,4 99,5

34,9 47,3 23,4

96,2 74,3

17,7 32,4

89,6 84,9

45,0 35,0 22,1

B6 2007 3,6 20,4 47,1 25,6 21 1,6 3,7 7,6 11 0,7 29,9

74,6 84,3

29,4

5,3 0

83,7 65,1 91,4 84,7 96,8 74,1 88,7

42,8 49,0 42,6 20,2 38,9 48,5 39,9 38,7

46,1 3,9 1,4 7,2 12 13,4 10,4 20,2

63,1 43,4

41 24,3 2,7

85,9 91,9 58,4

Sources: B1: Education at a Glance2009: OECD Indicators- OECD © 2009 - ISBN 9789264024755 Indicator C1 Version 1 - Last updated: 19-Aug2009 Table C1.1. Enrolment rates, by age (2007) Full-time and part-time students in public and private institutions. *Le cifre chiave dell’istruzione in Europa 2005 -Eurydice B2: Education at a Glance 2009: OECD Indicators- OECD © 2009 - ISBN 9789264024755 Indicator C1Version 1 - Last updated: 19-Aug2009 Table C1.1. Enrolment rates, by age (2007) Full-time and part-time studentsin public and private institutions. *2004 B3: Education at a Glance 2009: OECD Indicators- OECD © 2009 - ISBN 9789264024755 Indicator C1Version 1 - Last updated: 19-Aug2009 Table C1.1. Enrolment rates, by age (2007) Full-time and part-time studentsin public and private institutions. *2004 B4: Education at a Glance2009: OECD Indicators- OECD © 2009 - ISBN 9789264024755 Indicator A2 Version 1 - Last updated: 19-Aug2009 Table A2.1. Upper secondary graduation rates(2007) Sum of graduation ratesfor single year of age, by programme destination, programme orientation and gender B5: Education at a Glance2009: OECD Indicators- OECD © 2009 - ISBN 9789264024755 Indicator A3 Indicator A3: How many students


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finish tertiary education? Version 1 - Last updated: 3-Sep-2009 Table A3.2. Trends in tertiary graduation rates (1995-2007) Sum of graduation ratesfor single year of age, by programme destination B6: Education at a Glance 2009: OECD Indicators- OECD Š 2009 - ISBN 9789264024755 Indicator C3 Indicator C3: How successful are studentsin moving from education to work?Version 1 - Last updated: 3-Sep-2009 Table C3.2a. Percentage of the youth population in education and not in education (2007) By age group and work status

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GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

C. ECONOMIC SITUATION: POSITION IN LABOUR MARKET 1 C1: % of 15/24-yr-olds who are: • C1a: employed • C1b: unemployed (general) • C1c: not active C2: difference M-F (in percentage points), employed C3: difference M-F (in percentage points), unemployed (general) C4: % of 15/24-yr-olds who are in education at corresponding age population C5: difference M-F (in percentage points) in education

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

C1a 2008 27,4 28,0 67,0 47,0 36,4 23,5 36,0 32,0 46,1 24,3 55,9 37,9 37,3 26,7 23,8 20,0 45,8 69,3 27,4 34,8 38,4 26,2 44,7 42,1 52,5 26,3 24,7 27,1 71,7 57,4 30,2

C1 C1b 2008 6,0 3,1 5,5 5,5 5,0 6,7 11,7 7,2 6,6 6,6 4,9 3,8 5,6 4,1 5,2 5,0 6,4 3,9 5,7 6,8 4,5 6,2 8,8 10,7 9,2 3,8 5,7 7,6 6,4 4,6 6,7

C1c 2008 66,6 68,9 27,5 47,5 58,6 69,8 52,3 60,8 47,3 69,1 39,2 58,3 57,1 69,2 71,0 75,0 47,8 26,8 66,9 58,4 57,1 67,6 46,5 47,2 38,3 69,9 69,6 65,3 21,9 38,0 63,1

C2

C3

C4

C5

2008 4,8 8,9 2,5 3,7 6,2 9,9 6,9 5,6 1,6 9,7 7,3 2,7 10,5 8,8 6,4 6,2 3,8 0,9 7,2 7,7 9,8 9,4 -0,9 0,1 2,8 6,2 8,9 12,6 -3,4 -1,6 21,5

2008 0,4 0,9 -0,9 1,1 1,5 -1,7 0,9 1,4 3,5 0,5 0,4 -0,1 1,6 0,6 -2,6 1,1 2,6 0,2 -0,3 -1,9 0,5 1,7 0,8 -0,6 3,6 1,7 2,3 -0,2 1,0 1,1 4,8

2007 68,6 62,1 66,9 65,4 62,1 60,1 55,4 59,2 58,1 56,3 53,8 41,2 62,5 68,7 41,8 63,7 44,5 67,5 70,3 53,0 70,1 56,3 70,9 66,6 47,3 52,4 53,6 50,8 66,6 66,1 32,5

2007 -6,3 -5,0 -6,0 0,1 -8,9 -4,7 -7,9 -4,0 -1,4 -6,8 -3,4 -1,3 -9,6 -7,1 -0,8 -4,4 -3,2 -0,5 -3,8 -7,3 -12,4 -5,3 -6,1 -7,0 -5,0 -1,5 -6,4 -6,1 -8,1 -4,6 7,6

Sources: C1, C1a, C1b, C1c: Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and Social Conditions. DS-071629-Population, activity and inactivity - Annual averages C2, C3: Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and Social Conditions. DS-071629-Population, activity and inactivity - Annual averages C4, C5: Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and Social Conditions. DS-071272-Participation rates in education by age and sex


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C. ECONOMIC SITUATION: POSITION IN LABOUR MARKET 2 C6 (C6a, C6b, C6c): under-25 unemployment rates, male (%) C7 (C7a, C7b, C7c): under-25 unemployment rates, female (%) C8 (C8a, C8b, C8c): overall under-25 unemployment rates (%) C9: Overall employees with temporary contracts (%) C10: Unemployment rates among 15/24-yr-olds (%)

C6a Country \ Year 2002 Belgium- BE 17,2 Czech Republic - CZ 16,6 Denmark - DK 7,3 Germany - DE 11,4 Estonia - EE 14,3 Greece - GR 19,9 Spain - ES 19,2 France - FR 17,8 Ireland - IE 9,2 Italy - IT 19,4 Austria - AT 6,4 Cyprus - CY 7,9 Latvia - LV 20,4 Lithuania - LT 22,6 Luxembourg - LU 5,8 Hungary - HU 13,2 Malta - MT 17,6 Netherlands - NL 5,2 Poland - PL 41,9 Portugal - PT 9,8 Slovenia - SI 15,0 Slovakia - SK 39,5 Finland - FI 21,2 Sweden - SE 17,7 United Kingdom - UK 13,7 Bulgaria - BG 40,1 Romania - RO 24,3 Croatia - HR 34,7 Iceland - IS Norway - NO 11,9 Turkey - TR

C6 C6b 2005 21,0 19,3 8,6 15,8 16,6 18,7 16,7 20,0 9,1 21,5 10,7 11,9 11,8 15,9 12,3 19,6 16,6 8,0 35,7 13,6 14,5 31,0 20,6 23,0 14,4 23,4 21,6 30,2 12,0

C6c 2008 17,3 9,8 6,9 10,7 12,6 17,0 23,7 19,2 15,3 18,9 7,9 8,3 13,2 12,6 13,5 19,1 13,6 5,4 15,2 13,3 9,9 18,5 17,1 19,8 17,0 13,7 18,8 18,5

C7a 2002 18,3 17,2 7,5 6,7 22,5 35,3 31,1 21,1 7,6 27,8 7,1 8,3 24,2 22,2 8,6 11,9 16,7 4,8 43,3 13,9 18,6 35,5 20,9 15,5 10,2 33,2 21,8 36,2

C7 C7b 2005 22,1 19,1 8,6 12,4 14,9 34,8 23,4 22,4 8,0 27,4 9,9 14,2 16,2 15,3 16,9 19,0 15,8 8,4 38,3 19,1 17,8 28,8 19,5 22,8 11,1 21,0 18,4 35,1

7,9 18,3

9,6

10,9

C7c 2008 18,7 9,9 8,4 9,0 11,3 28,9 25,8 19,0 9,8 24,7 8,2 9,3 13,1 14,6 22,0 20,9 9,8 5,2 19,9 20,2 11,3 19,8 15,8 20,8 12,7 11,4 18,3 27,2

C8a 2002 17,7 16,9 7,4 9,1 17,6 26,8 24,2 19,3 8,5 23,1 6,7 8,1 22,0 22,4 7,0 12,7 17,1 5,0 42,5 11,6 16,5 37,7 21,0 16,6 12,0 37,0 23,2 35,4

C8 C8b 2005 21,5 19,2 8,6 14,2 15,9 26,0 19,7 21,1 8,6 24,0 10,3 13,0 13,6 15,7 14,3 19,4 16,2 8,2 36,9 16,1 15,9 30,1 20,1 22,9 12,8 22,3 20,2 32,3

6,5 18,8

10,8

11,4

C8c 2008 18,0 9,9 7,6 9,9 12,0 22,1 24,6 19,1 12,7 21,3 8,0 8,8 13,1 13,4 17,3 19,9 11,9 5,3 17,3 16,4 10,4 19,0 16,5 20,3 15,0 12,7 18,6 21,9 7,2 18,5

C9

C10

2008 8,3 8,0 8,4 14,7 2,4 11,5 29,3 14,2 8,5 13,3 9,0 13,9 3,3 2,4 6,2 7,9 4,3 18,2 27,0 22,8 17,4 4,7 15,0 16,1 5,4 5,0 1,3 12,1 9,5 9,1 11,8

2008 18,0 9,9 7,6 10,5 12,0* 22,1 24,6 18,3 12,7 21,3 8,0 9,0 13,1 13,4* 17,9* 19,9 12,2 5,3 17,3 16,4 10,4 19,0 16,5 20,2 15,0 12,7 18,6 21,9 8,2 7,5 18,1

Sources: C6 (C6a, C6b, C6c), C7 (C7a, C7b, C7c), C8 (C8a, C8b, C8c), C9: Elaborazioni da EUROSTATDatabase. Population and Social Conditions. DS-072006-Unemployment rates- yearly averagesby sex and age group (%) C10: Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and Social Conditions. DS-071628-Unemployment rates by sex, age groups and nationality (%). *unreliable/uncertain data

451


452

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

C. ECONOMIC SITUATION: POSITION IN LABOUR MARKET 3 C11: 15/30-yr-olds: What to do if unemployed - most probable possibility (%): • C11a: Accept any job, without conditions • C11b: Accept any job, with conditions(like stable, well paid etc) • C11c: Do voluntary work, social activitieswithout being paid • C11d: Try to set up my own company • C11e: Work in the “black economy”, that is, without declaring my earnings • C11f: Try to do an apprenticeship/ traineeship, or training courses • C11g: Keep on looking for the job appropriate for me

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

C11a 2007 10,1 8 11,1 12,8 6,1 10,9 9,3 10,8 5 12,7 10 9 8 3,5 8,5 7,6 10,9 10,2 6,5 8,6 13,3 4,6 5,4 21,3 8,8 10,2 8

C11b 2007 28,4 40,9 34,9 37,1 29,8 42,4 39,1 28,8 35,3 28,5 36,4 33,9 28,1 38,9 26 46,4 30,1 38,4 32,2 37,2 38,3 35,5 35,9 35,2 24,5 37,4 31,9

C11c 2007 3,4 1 5 2 2 3,5 1,1 3,1 5,8 3,2 2,1 2,5 2 3,2 5,5 2,2 3,2 5 2,3 2,6 1,8 0,7 2,5 3,6 8,5 0,3 1,7

C11 C11d 2007 12,2 11,7 9,4 8,7 11,2 20,2 10,8 17,7 12,3 12,7 8,5 30,6 13,6 18,6 13,4 12 7,7 13,6 20,7 12,1 16,7 17,8 10,9 13,9 13,1 14,8 19,1

C11e 2007 4,3 3,7 3,5 2,5 6,4 8,2 3,2 4,6 2,6 4,7 3,1 4,4 6,1 3,3 1,9 4 2,8 4,3 6,7 0,7 6,8 2,4 2,8 4 1,6 3,2 5,6

C11f 2007 26,7 27,8 23,8 35,5 31,1 10,8 27,3 33 38,6 33,5 34,6 15,8 23,5 28,2 34,6 22,3 35,3 20,5 28,2 32,5 19,9 29,9 33,2 18,3 40,7 21,5 24,1

C11g 2007 11,8 4,5 7,3 0,8 10,2 2,3 7,2 0,7 0,2 2,8 2,5 1,3 16,8 0,7 6,3 4,3 6,8 6,8 2,3 5 1,8 7,1 5,6 0,7 0,8 9,9 6,2

Sources: C11 (C11a, C11b, C11c, C11d, C11e, C11f, C11g): Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization Youth survey among people aged between 15-30 in the European Union 2007. 15/30-yr-olds. QUESTION: Q16. If you are/were unemployed, which of the following would you MOSTprobably do?


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

C. ECONOMIC SITUATION: POSITION IN LABOUR MARKET 4 C12: Unemployment rates among 15/24-yr-olds, according to level of education (%): • C12a: < upper secondary • C12b: upper secondary • C12c: tertiary

C12 C12a Country \ Year

C12b

C12c

2009Q02 2009Q02 2009Q02

Belgium- BE

29,7

18,8

9,2

Czech Republic - CZ Denmark - DK

41,3 13,0*

11,6 9,2*

11,9*

Germany - DE

15,1

8,5

Estonia - EE

55,4

16,6*

Greece - GR

22,2

24,9

28,6

Spain - ES

45

31,7

24,7

France - FR

35,3

20,2

9,7

Ireland - IE

42,4

24,4

16,6

Italy - IT

26,4

22,1

31,1

Austria - AT

13,4

8,3

Cyprus - CY

10,5*

11,5

16,9

Latvia - LV

54,6

21,2

22,4

Lithuania - LT

43,0*

30,2

Luxembourg - LU

27,3*

Hungary - HU

44,5

Malta - MT

19,2

21,0

16,2

Netherlands - NL

8,7

3,9

4,4*

Poland - PL

22,9

19,2

15,1

Portugal - PT

20,5

15,1

Slovenia - SI

17,9*

10,9*

Slovakia - SK

67,7

22,0

Finland - FI

40,9

19,1

Sweden - SE

46,3

19,9

12,3*

United Kingdom - UK

32,3

15,8

10,5

Bulgaria - BG

31,6

11,8

Romania - RO

21,1

18,3

Croatia - HR

42,2*

22,1*

Iceland - IS

23,9

18,1

Norway - NO

12,1

7,3

Turkey - TR

19,8

27,3

18,2*

17,7*

26,7

Sources: C12 (C12a, C12b, C12c): Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and Social Conditions. DS-071261-Unemployment by educational attainment, age and sex. *unreliable/uncertain data

453


454

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

D. ECONOMIC SITUATION: INCOME SOURCES • D1: financial situation of 15/30-yr-olds (major income source %): • D1a: My regular job • D1b: Unemployment or social security benefits • D1c: Training allowance or educational grant • D1d: Relatives, partner • D1e: Casual work • D1f: Work in the “black economy” D1 Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

D1a 2007 42,4 804 56,9 35,2 44,4 38,7 47,5 45,3 54,4 37 52,3 48,3 47,8 41,2 45,1 37,8 51,7 46,2 41,4 44,1 33,9 40,2 38,1 39,9 55,8 40,5 38,5

D1b 2007 5,2 44,9 4,6 6,3 3 1 2,6 5,8 6 0,2 3,8 0,6 2 3,6 3,2 2,7 2,3 3,4 2,6 1,9 3,5 4,2 7,9 5,3 11,3 1,3 3

D1c 2007 3,7 3,9 21,7 13,2 4 0,7 1,6 3,8 5,2 1,5 8,9 2,1 2,8 5,9 1,6 6,3 13,6 10,6 6,1 3,1 13,8 2,2 19,5 37,2 11,4 1,2 5,2

D1d 2007 31,9 1,1 5,4 25,9 36,8 48,8 34 30,3 19,3 49,8 24 38,2 36,3 36,4 39,6 41,6 22,7 16,9 35,5 44,4 23,8 36,5 16,6 5,9 13,8 48,7 36,9

D1e 2007 12,2 26,4 5 15 5,9 6,8 12,7 12,1 13,7 8,9 6,1 6,5 7,7 7 8,1 6,3 8,5 17,9 7,1 4,2 20,9 12,7 12,8 6,4 4,9 6,1 6,9

D1f 2007 2 18,5 1,2 0,5 2,5 2,4 0,7 0,8 1 1,6 0,7 0,7 1,4 2,3 0,7 0,8 0 1,1 2,9 1 0,8 0,6 0 0,6 0,3 1 3,6

Sources: D1 (D1a, D1b, D1c, D1d, D1e, D1f): Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization. Youth survey among people aged between 15-30 in the European Union 2007. 15/30-yr-olds: QUESTION: Q18. Where do you get MOSTof your money from?


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E. ECONOMIC SITUATION: POVERTY E1 (E1a, E1b): %16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-off point: 40% of median equivalised income) E2 (E2a, E2b): %16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-off point: 50% of median equivalised income) E3 (E3a, E3b): %16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-off point: 60% of median equivalised income)

E1 Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

E1a 2007 7 4 8 8 7 10 9 6 5 10 5 2 8 7 3 5 3 5 9 7 2 4 7 11 7 16 14 3 21

E2 E1b 2001 2

9 8 5 12 3

6

4

E2a 2007 11 7 16 13 12 16 14 11 10 16 7 5 12 12 9 11 5 9 15 12 5 8 13 16 13 21 19 7 27

E3 E2b 2001 5

14 15 9 17 6

11

12

E3a 2007 17 14 28 20 19 25 20 20 18 24 13 10 19 18 17 17 11 16 22 17 9 14 21 24 20 25 25

E3b 2001 12 10 21 16 21 19 20 18 12 25 11

21 20 13 17 19 18 10 18 18 18 22 20

11 33

Sources: E1 (E1a, E1b), E2 (E2a, E2b), E3 (E3a, E3b): Elaborazioni da EUROSTAT Database. Population and Social Conditions. DS-071488-At risk of poverty ratesby age and gender

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456

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

F. FAMILY / GENERATIONAL RELATIONSHIPS AND HOUSING ARRANGEMENTS 1 F1 (F1a, F1b): % of 20/24-yr-olds living together as married F2 (F2a, F2b): Mean age at first marriage - females F3 (F3a, F3b): total fertility rate

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

F1 F1a F1b 2005 Ref. 1995 Ref. 2008 year 2001 year

F2a

F2b

F3a

2007

16,5 1998

27,4

22,7 1996

27 28,6

2003 27,8 25,9 30,4* 29 25,8 27,6 28,9 29,1

2002 1,66 1,17 1,72 1,34 1,37 1,27 1,26 1,88 1,97 1,27 1,39 1,49 1,23 1,24 1,63 1,30 1,45 1,73 1,25 1,47 1,21 1,19 1,72 1,65 1,64 1,21 1,25 1,34 1,93 1,75

4,2 2007 37,4 2006 3,7

2005

1,4

2006

4,2

F2

2000

13,4 1996 3,3 1997

26,4 25,5

6,8

1998

27,5

8

1997

25,4

10,7 2005 15,7 1995

28,3 26,1

26,5 2006 1,9 2005

29,8 31 13,8 13,8 5,5

2005 41,4 1996 2006 17,2 1999

F3

29,1 27,8* 27,2* 25,4 24,5 28,0* 26,1 26,4* 28,6* 24,3 26,3* 27,5 24,6 27,9* 30,8*

2006 12,1 1998 2006 2005

6,3 5 6,1

1997 1998 1996

22,4 2008 28,7 1996 0 2007 0,8 2001

25,9 26,3 26,7

25,2 24,4 25,8 30,7* 29,1* 22,6

F3b 2005 Ref. 2008 year 1,76 2005 1,50 2008 1,89 2008 1,38 2008 1,65 2008 1,51 2008 1,46 2008 2,00 2008 2,10 2008 1,37 2007 1,41 2008 1,46 2008 1,44 2008 1,47 2008 1,61 2008 1,35 2008 1,44 2008 1,77 2008 1,39 2008 1,37 2008 1,53 2008 1,32 2008 1,85 2008 1,91 2008 1,84 2006 1,48 2008 1,35 2008 1,46 2008 2,15 2008 1,96 2008

Sources: F1 (F1a, F1b): World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 F2a: EUROSTATPopulation statistics2006 Edition. NUPTIALITY: G-6 Mean age at first marriage, females, 1960-2004 F2b: UNECESTATISTICAL DATABASEGender Statistics, Fertility, Families and Households Mean Age at First Marriage by Country, Sex and Year F3 (F3a, F3b): EUROSTATDatabase. Tableson EU policy. Demograpy. [tsdde220] - Total fertility rate


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

F. FAMILY / GENERATIONAL RELATIONSHIPS AND HOUSING ARRANGEMENTS 2 F4 (F4a, F4b): Abortions/1000 live births, age under 20 years F5: Year of first legislation about abortion F4 F4a Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

2002 715,68 2163,84 761,2 1257,24 185,32 898,28 1819,61

F5

F4b 2003 Ref. 2007 year 676,29 2742,92 845,93 1104,95 164,48 1014,31 1883,26

2007

1097,27 1077,87

2003

1050,96 309,1

697,36 359,21

2007

939,92

883,49

2007

1407,85

1653,2

2006

1518,13 1393,33 448,25 377,73 1447,79 1520,79 3769,86 3989,1 812,97 834,55 461,95 368,25 744,33 598,06 223,98 238,04 1073,68 1149,7 1634,83 1856,42

2007

2006 2007 2007 2003 2006 2003

2007

2007 2007 2003 2003 2007 2006 2007 2003 2007

1990 1986 1973 1992 1955 1986 1985 1975 1975 1974 1974 1991 1955 1978 2000 1981 1993 1984 1977 1986 1970 1974 1967 1990 1989 1952 1975 1975 1983

Sources: F4 (F4a, F4b): Abortions/1000 live births, age under 20 years. European health for all database (HFA-DB). World Health Organization Regional O ce for Europe. Updated: August 2009 F5: Reproductive health behaviour of young Europeans- Volume 1 (Population studiesNo. 42) (2003)

457


458

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

F. FAMILY / GENERATIONAL RELATIONSHIPS AND HOUSING ARRANGEMENTS 3 F6 (F6a, F6b): % of 20/24-yr-olds living with parents F7: Reasons for living longer at their parents’ homes (%): • F7a: They can’t a ord to move out • F7b: They get married later than they used to • F7c: There’snot enough a ordable housing available • F7d: They want all the home comfortswithout all the responsibilities • F7e: They have to support their parentsfinancially • F7f: Other reasons/ no answer F6

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

F6a 2005 Ref. 2008 year

76,1

2007

84

2005

78,6

2006

84,2

2005

94,2

2005

14,9 19,2

2005

70,9 75,4

2006

32 63,3

2006

2005

2008 2007

F6b 1995 Ref. 2001 year 51,6 1999 58,2 1998 1999* 40 33,1 1999* 46,9 1999* 70,7 1999* 75,4 2000 59,5 1999* 76,8 1999* 90,1 1999* 64,8 1999* 52 60,9 68,3 80,3 84,6 30 71 63,9 81,4 88,4 11,7 39,8 27,9 68,8 79,9 81,5 53,5 24,5 71

1996 1997 1999* 1998 1999* 1999* 1997 1999* 1995 1998 1996 1999* 1999* 1997 1998

F7a

F7b

F7c

F7 F7d

F7e

F7f

N.Tot.

2007 26 23,7 31,2 57,3 35 60,5 32,8 29,6 49,1 49,3 44,3 36,5 33,8 27,4 20,8 63,6 39,1 27,9 54,7 61,6 47,7 39 36 45,5 38,4 51,4 43,3

2007 8,9 13,5 2,3 9,3 5,6 4,4 1,9 5,3 2,7 12,8 11,4 9,3 7,6 3,6 9,4 9,4 15,3 4,2 11,5 11 9,6 9,5 2,7 0,5 1 4,2 3,3

2007 26,5 39,3 31,8 8 37,7 12 47,7 42,5 37 5,6 12,5 19,2 34,4 53,9 35 15,3 29,5 41,4 23,1 2 26,3 35,8 30,7 34,9 44,1 24,7 36,2

2007 29,7 19,3 27,5 21,7 13 18,2 12,8 16 9,6 26,1 25,5 28,7 13,1 7 22,5 7,2 12,1 21,4 7,1 16,6 11,1 10,2 26,6 13,1 11,7 13 8,5

2007 2,4 1,6 1,7 2,2 3,9 3,3 2,7 2,4 1,1 4,3 2,2 3,6 6,6 2,8 6,4 2,6 1,3 2,8 2 4,3 3,2 2,5 0,7 2,3 2,2 3,8 5,4

2007 6,5 2,5 5,5 1,6 4,9 1,7 2,1 4,1 0,4 1,9 4 2,7 4,6 5,4 5,9 1,9 2,7 2,4 1,6 4,5 2 3 3,2 3,7 2,4 2,9 3,2

2007 807 804 802 803 504 801 803 806 815 800 802 506 502 502 504 812 501 809 808 805 500 800 811 800 802 809 807

1996 1999* 1996 2001

Sources: F6 (F6a, F6b): World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914. *European and World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVS4 wave integrated data file 1981-2004 v.20060423 F7 (F7a, F7b, F7c, F7d, F7e, F7f): Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization. Youth survey among people aged between 15-30 in theEuropean Union 2007. 15/30-yr-olds: QUESTION:Q14. What do you think istheMAIN reason that young adultslivein their parents’ homeslonger than they used to?


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

G. VALUES AND ATTITUDES 1 G1 (G1a, G1b): distribution on materialism / postmaterialism index (18/25-yr-olds) • G1a1, G1b1: %materialists • G1a2, G1b2: %mixed • G1a3, G1b3: %postmaterialists G1

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

G1a1 2005 2008

G1a G1a2 G1a3 2005 2005 2008 2008

Ref. year

34,7 25,1

49,8 55,5

15,4 19,4

2007

10,7

65,6

23,8

2005

32,2

56,3

11,5

2006

13,5 21,0

69,9 65,1

16,7 13,9

2006

2006 2005

14,0

66,4

19,6

2005

25,6 4,4 8,0 43,8 38,8

56,7 72,1 64,1 52,4 52,8

17,6 23,6 27,9 3,8 8,4

2005

7,8 26,2

73,0 56,4

19,1 17,3

2006 2006 2006 2005

2008 2007

G1b1 1996 2001 14,6 25,4 10,3 14,6 32,6 15,3 14,8 19,7 19,0 8,3 7,4 33,3 34,6 15,9 57,9 20,6 9,5 33,3 18,7 12,2 35,4 9,6 9,6 6,9 38,2 37,6 16,2 19,8 12,8 19,0

G1b G1b2 G1b3 1996 1996 2001 2001 60,5 24,9 58,5 16,2 77,8 11,9 61,8 23,6 58,5 8,9 64,7 19,9 61,4 23,8 58,2 22,1 67,0 14,0 58,7 33,0 51,2 41,4 61,0 61,4 69,2 37,7 69,4 69,8 59,2 57,4 64,0 51,0 55,1 60,3 65,7 53,5 52,9 60,0 67,9 76,2 56,5

5,7 3,9 15,0 4,4 10,0 20,6 7,5 23,9 23,8 13,6 35,4 30,0 27,4 8,3 9,5 23,8 12,3 11,0 24,5

Ref. year 1999* 1998 1999* 1999* 1996 1999* 2000 1999* 1999* 1999* 1999* 1996 1997 1999* 1998 1999* 1999* 1997 1999* 1995 1998 1996 1999 1998 1997 1998 1996 1999* 1996 2001

Sources: G1 (G1a, G1b): World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 * G1b (G1b1, G2b2, G3b3): European and World Value Survey. Elaborazioni SPSS da WVS 4 wave integrated data file 1981-2004 v.20060423

459


460

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

G. VALUES AND ATTITUDES 2 G2 (G2a, G2b): %of 18/25-yr-olds who say that : • G2a1: “family” is“very important” • G2a2: “friends” are “very important” • G2a3: “leisure time” is“very important” • G2a4: “politics” is“very important” • G2a5: “work” is“very important” • G2a6: “religion” is“very important”

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

G2a1 2005 2008

G2a2 2005 2008

G2a3 2005 2008

G2a G2a4 2005 2008

G2a5 2005 2008

G2a6 2005 2008

83,6 85,0

63,5 67,7

55,1 52,9

5,6 10,6

49,6 70,8

5,0 10,5

2007

86,7

72,7

49,6

4,0

54,0

22,2

2005

90,2

69,5

60,1

10,4

50,3

45,0

2006

75,4 89,0

72,3 55,0

53,2 31,1

6,6 4,2

32,2 62,1

8,2 34,7

2006

86,0 83,1 86,0 88,1 93,1 84,7 89,0

60,7 50,0 75,7 83,7 69,5 54,8 39,8

50,0 37,8 43,7 57,3 34,2 39,7 37,7

2,7 ,7 4,4 14,7 4,3 4,3 2,6

30,2 34,7 43,6 49,9 48,1 45,6 50,5

7,4 11,7 10,7 4,6 21,5 16,6 48,9

2005

78,0 98,2

77,1 63,7

51,7 51,7

4,2 9,8

40,7 60,6

6,8 70,3

2008

Ref. year

2006

2005

1998 2005 2006 2006 2006 2005

2007

Sources: G2a1, G2a2, G2a3, G2a4, G2a5, G2a6, G2b1, G2b2, G2b3, G2b4, G2b5, G2b6: World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVS o cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

G. VALUES AND ATTITUDES 3 G2 (G2a, G2b): %of 18/25-yr-olds who say that : • G2b1: “family” is“very important” • G2b2: “friends” are “very important” • G2b3: “leisure time” is“very important” • G2b4: “politics” is“very important” • G2b5: “work” is“very important” • G2b6: “religion” is“very important”

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

G2b1 1996 2001 86,3 83,9 75,2 56,7 75,9 78,1 72,1 79,6 92,3 83,0 77,7

G2b2 1996 2001 65,8 59,9 67,7 63,3 41,1 58,8 58,4 62,4 70,2 49,1 65,7

G2b3 1996 2001 42,7 38,7 47,7 46,2 30,3 53,1 51,0 45,2 46,6 39,0 56,0

G2b G2b4 1996 2001 5,6 0,7 4,6 4,3 0,7 8,3 8,0 4,6 3,0 6,2 5,1

G2b5 1996 2001 64,6 40,9 36,8 53,3 53,9 58,2 54,3 66,4 45,6 54,2 63,0

G2b6 1996 2001 14,4 3,8 5,3 4,4 6,9 25,2 10,4 5,5 6,9 19,6 6,9

61,3 66,3 82,1 77,4 90,6 70,3 83,9 84,7 75,4 75,9 79,2 73,2 91,3 81,2 83,9 71,8 93,7 81,1 96,2

41,9 43,1 63,3 58,3 38,1 79,7 30,9 44,4 51,1 32,5 71,8 80,6 70,2 57,0 27,1 63,9 64,7 65,9 73,6

26,4 32,1 50,0 36,5 55,6 62,5 27,6 29,4 41,1 35,7 37,7 54,3 47,7 34,7 37,5 42,8 31,1 33,5 45,7

3,9 0 5,0 1,7 5,6 6,3 2,7 4,9 1,1 3,6 1,6 9,3 4,7 4,1 2,8 2,8 4,2 2,4 12,8

43,3 33,1 53,9 44,3 77,4 56,3 64,9 56,4 38,3 39,8 46,7 52,3 43,0 49,0 46,5 42,6 36,3 50,6 70,3

8,8 6,3 8,6 13,9 41,3 7,8 41,2 11,7 8,9 10,8 5,5 7,6 11,5 7,5 30,2 14,8 5,8 9,1 77,5

Ref. year 1999* 1998 1999* 1999* 1996 1999* 2000 1999* 1999* 1999* 1999* 1996 1997 1999* 1998 1999* 1999* 1997 1999* 1995 1990 1996 1999 1999* 1997 1998 1996 1999* 1996 2001

Sources: G2b (G2b1, G2b2, G2b3, G2b4, G2b5, G2b6): World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 * G2b (G2b1, G2b2, G2b3, G2b4, G2b5, G2b6): European and World ValueSurvey. Elaborazioni SPSSda WVS4 waveintegrated data file 1981-2004 v.20060423

461


462

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

H. TRUST IN INSTITUTIONS 1 H1 (H1a, H1b): % of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or “quite a lot” of confidence in: • H1a1: Confidence: Churches

• H1a7: Confidence: The Government

• H1a2: Confidence: Armed Forces

• H1a8: Confidence: The Political Parties

• H1a3: Confidence: Justice System

• H 1a9: Confidence: Parliament

• H1a4: Confidence: The Press

• H1a10: Confidence: Major Companies

• H1a5: Confidence: Labour Unions

• H1a11: Confidence: The European Union

• H1a6: Confidence: The Police

• H1a12: Confidence: The United Nations

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

H1a H1a1 H1a2 H1a3 H1a4 H1a5 H1a6 H1a7 H1a8 H1a9 H1a10 H1a11 H1a12 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 Ref. 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 year

17,7 38,4

46,5 69,6

50,7 41,9

34,5 37,4

34,9 41,7

57,2 61,1

41,2 25,1

26,6 14,8

44,1 33,1

33,5 43,7

63,7 49,2

63,5 56,6

2007

57,6

60,9

52,4

29,9

35

69,8

23

16,8

31,7

40,3

68

61,1

2005

62,5

58,2

65

32,9

33,5

51

46,6

24

37,7

40

53,5

39,9

2006

18,7 68,8

50,9 60,6

46,9 42,9

37,6 45,1

51,4 43,3

53,6 36,3

32,4 13,4

28,2 8,8

34,5 13,3

35 33,3

43 60,8

50,9 60,6

2005

34,5

44,1

46,6

24,7

27,3

39,5

20,3

8,6

13,7

30,9

46,5

40,1

2005

65,5 48,6 43,2 55,3 78,7

88,2 47,7 74,3 67,3 64,9

85,8 70,9 54,3 43,5 35,4

24,4 37,5 15,3 62,3 38,8

79,2 80,2 45 19,4 27,6

92,8 76,9 67,8 57,4 40,3

70,5 50 44,7 39,4 23,1

38,3 40,3 26,8 13,8 13,7

60,1 59 43,5 21,8 15,3

56,3 46,1 38,4 40,7 47

55,7 42,7 40,7 68,7 63,5

71,8 84 54,1 67,6 61,8

30,2 64,1

65,8 87

86,2 72,9

43,6 29,5

68,4 45,4

77,8 68,8

43,1 62,2

24,1 34

54,3 63,1

45,7 48,4

45,7 32,2

83,6 31,8

2006

2006

2005 2006 2006 2006 2005

2008 2007

Sources: H1a (H1a1, H1a2, H1a3, H1a4, H1a5, H1a6, H1a7, H1a8, H1a9, H1a10, H1a11, H1a12): World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

H. TRUST IN INSTITUTIONS 2 H1 (H1a, H1b): % of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or “quite a lot” of confidence in: • H1a1: Confidence: Churches

• H1a7: Confidence: The Government

• H1a2: Confidence: Armed Forces

• H1a8: Confidence: The Political Parties

• H1a3: Confidence: Justice System

• H 1a9: Confidence: Parliament

• H1a4: Confidence: The Press

• H1a10: Confidence: Major Companies

• H1a5: Confidence: Labour Unions

• H1a11: Confidence: The European Union

• H1a6: Confidence: The Police

• H1a12: Confidence: The United Nations

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

H1b H1b1 H1b2 H1b3 H1b4 H1b5 H1b6 H1b7 H1b8 H1b9 H1b10 H1b11 H1b12 1996 1996 1996 1996 1996 1996 1996 1996 1996 1996 1996 1996 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2001 35,1 43,5 42,3 39,2 49 58,1 40,8 61 56,4 23,8 38,9 38,8 53,3 38,3 50,4 35,1 22,5 29,9 48 62,6 71,5 45,8 68,2 76,9 32,8 56,7 92,5 54 41 66,7 25,9 43,7 54,4 44,2 41,5 64,4 34,8 38,9 38,3 48,1 54 42,3 58,2 52,9 38,3 52,5 50 22,7 41,4 70,6 69 72,4 47,5 63,8 42,8 34,1 13,7 21 18,3 24,1 27,2 21,5 23,9 32,2 36,4 35,3 50,5 28,3 19,5 36,7 37,9 53,8 54,8 37,3 57,5 50,7 41,1 33,7 60,2 38 49,3 55,5 57,7 30,1 49,5 52,9 24,5 51 79,6 27,7 68,9 67,4 56,2 46,9 30,5 37,4 34,5 63 29,4 54 73,9 74,6 28,1 33,7 71,2 34,7 40,1 70,9 48,8 48,4 44,6 48,1 63,1 57,7

27,1 30,4

38,6 22

52,6 64,8

29,3 17,5

29,6 17,9

31,9 22,4

8,2 7,7

20,1 16,7

54,3 39,3

63 54,2

66,5 56,3

31,2 67,1 14,3 58,3 70,3 34,8 47,9 55,5 37 32,6 53,2 74,4 51 50,3 39,6 68,2

46,8 62,4 50,8 58,9 68 40,1 59 89,7 43,6 68,8 74,1 77,5 66,7 53,2 71,2 82,5

51,3 50,6 58,7 63,4 42 34,3 40,8 80,3

28,3 39,4 59,4 42,8 68,9 41,9 53,7 27,3 57,4 16 47,9 32,9 20,1 49,5 35,4 35,9

26,3 49 72,1 22,9 51,7 23,9 36,4 56,7 57,4 39,3 31,7 30,2 19,1 58,1 75,3 56

50,9 66,3 59,7 54,7 62 43,4 38,1 91,3 66,1 63,1 44,4 36 45,5 77,8 80,5 65,8

45,5

21,8

39,6 48,1 69,8 31,1 47,4 22,1 29,3 35,4 45,3 35,9 42,3 17,9 28,6 64,5 66,5 47,2

36

74,3 63,9 44,4 67,5 80,1 43,4 62,2 47,2 25,4 36,2 78,5 57,1 33,8 57,1 26,5

75,2 70,9 62,5 78,9 80,4 37,5 61,9 64 80 62,1 81 62,9 27,8 80,2 76,7 50,9

49 36,4 43,8 43,1 62,4 69,5

35,5 30,9 39,9 33,3

59,9 19,2 38,1 61 45,8

12,7 11 22,7 14,4

23,7 12,4 12,6 34,1 28,8

41,9 57,9 40,4 37,9 61,6 46,7 40,6 42,5 29,1 50,3 63,3 53,2

Ref. year 1999* 1998 1999* 1999* 1996 1999* 2000 1999* 1999* 1999* 1999* 1996 1997 1998 1999* 1999* 1997 1999* 1995 1998 1996 1999 1999* 1997 1998 1996 1999* 1996 2001

Sources: H1b (H1b1, H1b2, H1b3, H1b4, H1b5, H1b6, H1b7, H1b8, H1b9, H1b10, H1b11, H1b12): World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 * H1b (H1b1, H1b2, H1b3, H1b4, H1b5, H1b6, H1b7, H1b8, H1b9, H1b10, H1b11, H1b12): European and World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVS4 wave integrated data file 1981-2004 v.20060423

463


464

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

I. GROUP MEMBERSHIP AND POLITICAL PARTICIPATION 1 I1a: % of 15/24-yr-olds members of an organisation: I1b: % of 15/24-yr-olds participating / belonging to associations: • I1b1: Sportsclubs/associations • I1b2: Youth organisations • I1b3: Trade unionsor Political parties • I1b4: Religiousor parish organisations I1a Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

2007 35,4 15,5 46,8 46,2 16,5 10,5 11,9 23,1 28 13,4 43,4 14,9 10,1 10,1 29,4 12,8 24,6 41,9 9,1 14,1 18,3 11,5 37,7 44,5 21,2 6,7 7,2

I1b I1b1 2007 56 49 26 71 40 42 23 67 53 27 40 21 14 19 53 23 36 65 26 37 40 29 19 40 18 35 12

I1b2 2007 22 11 7 4 20 7 8 5 7 5 9 24 28 26 13 26 14 4 15 16 13 12 14 5 7 25 26

I1b3 2007 2 2 67 5 14 19 12 5 7 14 8 19 18 17 18 12 5 14 9 17 11 13 38 33 20 19 30

I1b4 2007 1 4 3 4 3 1 17 1 2 9 5 3 0 8 1 2 17 7 7 3 2 9 4 5 3 2 4

Sources: I1a: Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization. Youth survey among people aged between 15-30 in the European Union 2007. 15/30-yr-olds: QUESTION: Q4. Are you a member of an organisation? I1b (I1b1, I1b2, I1b3, I1b4): Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization. Youth survey among people aged between 15-30 in the European Union 2007. 15/30-yr-olds: QUESTION: Q5. Which type of organisationsare you a member of?


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

I. GROUP MEMBERSHIP AND POLITICAL PARTICIPATION 2 I2: left-right self-placement (10 point-scale) • I2a1, I2b1: mean score (18/25-yr-olds) • I2a2, I2b2: %of “Don’t know / No answer” (18/25-yr-olds) I3 (I3a, I3b): % of 18/25-yr-olds who discuss political matters “frequently” with friends I2

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

I2a1 2005 2008

I2a2 2005 2008

Ref. year

4,3 4,6

12,9 6,6

2007

4,8

25,8

2005

4,7

4,5

2006

2006

5,0 5,6

13,7 28,2

2006

5,5

37,3

2005

5,6 5,6 5,1 5,1 6,1

16,6 2,7 26,4 41,1 43,2

2005

5,3 5,8

3,4 17,2

2005

2006 2006 2006 2005

2008 2007

I3 I2b1 1996 2001

I2b2 1996 2001

6,7 5,6 5,1 5,6 5,0 4,3 4,8 5,2 5,5 5,3

19,0 12,0 16,7 26,1 11,7 18,0 27,1 24,0 21,7 18,2

5,5 5,4 5,1 5,4 5,8 4,9 5,5 5,4 5,2 6,0 5,8 5,5 4,6 6,6 5,5 5,2 5,7 5,3 5,5

32,3 38,1 36,0 16,5 5,6 4,7 21,5 23,3 29,4 16,2 13,6 ,0 29,1 12,8 24,3 6,5 15,3 3,7 3,3

Ref. year 1998 1999* 1999* 1996 1999* 2000 1999* 1999* 1999* 1999* 1996 1997 1999* 1998 1999* 1999* 1997 1999* 1995 1998 1996 1999 1999* 1997 1998 1996 1999*

I8a

I8b

1999 4,6 11,1 18,8 20,4 9,8 11,7 11,4 9,1 11,5 7,6 10,8

1990 7,5 18,4 19,7 25,0 19,8

9,0 8,2 5,7 5,5 6,9 12,5 7,6 15,5 5,1 12,7 1,1 12,4 6,8 12,6 7,4 11,1 5,3

23,6 25,1

1996 2001

9,9

7,4 10,0 6,9 7,5 15,8

17,8 7,4 13,9 9,0 9,4 11,3 13,2 10,2 38,9

7,2 22,5 9,1

Sources: I2 (I2a1, I2a2, I2b1, I2b2): World Value Survey.Elaborazioni SPSSda WVSo cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 * I2 (I2b1, I2b2): European and World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVS4 wave integrated data file 1981-2004 v.20060423 I3 (I3a, I3b): European and World Value Survey. Elaborazioni SPSSda WVS4 wave integrated data file 1981-2004 v.20060423

465


466

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

J. DEVIANCE AND TOLERANCE 1 J1: % of 18/24-yr-olds “tend to be against” the right of homosexuals to: • J1a: adopt children • J1b: to get married J2: % of 18/24-yr-olds agreeing with following statements concerning foreigners: • J2a: there are too many • J2b: foreignersliving in [own country] should have the same rightsas[own nationality] J1

Country \ Year

J1a 2001 2003

J1b 2001 2003

Belgium- BE

41,9

J2 Ref. year

J2a 2001 2003

J2b 2001 2003

Ref. year

22,2

2001

37,9

26,1

2001

43

27

2003

Denmark - DK

32,6

12,2

2001

23,6

45,4

2001

Germany - DE

35,6

25,9

2001

32,1

20,9

2001

Czech Republic - CZ

Estonia - EE

52

39

2003

Greece - GR

56,1

42,4

2001

44,0

16,7

2001

Spain - ES

32,4

15,8

2001

27,0

35,2

2001

France - FR

44,7

23,2

2001

20,6

29,1

2001

Ireland - IE

48,6

33,9

2001

20,4

26,6

2001

Italy - IT

59,7

42,5

2001

38,4

22,9

2001

Austria - AT

36,5

19,2

2001

28,5

25,5

2001

Cyprus - CY

73

58

2003

Latvia - LV

63

45

2003

Lithuania - LT

61

48

2003

6,0

35,0

2003

32,9

18,9

2001

21,3

24,0

2001

Hungary - HU

62

48

2003

Malta - MT

77

54

2003

34,0

46,0

2003

21,5

9,5

2001

27,5

44,4

2001

75

55

2003

8,0

60,0

2003

Portugal - PT

60,9

27,0

2001

26,5

14,5

2001

Slovenia - SI

55

39

2003

28,0

53,0

2003

Slovakia - SK

56

44

2003

16,0

53,0

2003

Finland - FI

60,2

28,5

2001

9,9

32,8

2001

Sweden - SE

42,5

15,8

2001

16,0

59,1

2001

United Kingdom - UK

35,2

29,2

2001

28,2

23,7

2001

Bulgaria - BG

56

47

2003

Romania - RO

61

57

2003

17

52

2003

73

75

2003

18

39

2003

Luxembourg - LU

Netherlands - NL Poland - PL

Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

Sources: J1 (j1a, J1b): Eurobarometer 55.1 - The young Europeans in 2001 domanda rivolta ai maggiorenni; Eurobarometer CCEB 2003.1 Youth in new Europe J2(J2a,J2b):Eurobarometer55.1- TheyoungEuropeansin 2001domandarivoltaai maggiorenni;EurobarometerCCEB2003.1- Youth in new Europe


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

J. DEVIANCE AND TOLERANCE 2 J3: % of 18/25-yr-olds who say they would not like to have: • J3a1, J3b1: “people of a di erent race” asneighbours • J3a2, J3b2: “immigrants/foreign workers” asneighbours • J3a3, J3b3: “homosexuals” asneighbours J3

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

J3a1 2005 2008

J3a2 2005 2008

J3a3 2005 2008

Ref. year

7,2 12,7

6,1 30,8

3,4 16,8

2007

5,8

9,1

11,7

2005

15,4

22,6

35,2

2006

8,7 5,2

10,4 10,3

4,5 42,5

2006

2005

13,3

26,0

2005

11,3 ,0 4,6 16,6 7,9

11,5 ,0 8,3 19,8 10,6

13,3 ,9 8,2 38,5 51,9

2005

8,5 30,1

5,1 82,4

J3b2 1996 2000 11,0 25,5 8,3 8,6 14,8 13,1 6,6 9,5 6,7 19,9 10,8

J3b3 1996 2000 17,8 15,3 4,5 8,0 46,5 16,0 8,6 9,0 15,4 26,0 12,5

4,6 11,3 5,3 12,2 12,5

12,0 25,0 9,7 16,5 8,1 1,6 12,8 2,5 13,3 18,9 9,2 3,1 8,3 12,1 34,9 6,9 2,1 7,9 33,8

47,0 66,7 17,4 30,4 27,5 4,7 41,6 13,5 45,6 37,2 20,1 1,9 14,2 34,2 49,1 29,2 3,2 4,9 87,7

2006

6,7

,0 30,3

J3b1 1996 2000 9,1 7,3 4,5 5,9 7,0 11,1 7,1 7,7 6,7 14,8 3,4

2006

6,7 6,1 8,3 14,2 8,2 2,7

2006 2006 2005

2008 2007

11,4 31,2 6,0 1,6 5,5 27,3

Ref. year 1999* 1998 1999* 1999* 1996 1999* 2000 1999* 1999* 1999* 1999* 1996 1997 1999* 1998 1999* 1999* 1997 1999* 1995 1998 1996 1999 1998 1997 1998 1996 1999* 1996 2001

Sources: JJ3 (J3a1, J3a2, J3a3, J3b1, J3b2, J3b3): World Value Survey. Elaborazioni SPSS da WVS o cial 5 wave aggregate 1981-2008 v.20090914 *J3 (J3b1, J3b2, J3b2): European and World ValueSurvey. Elaborazioni SPSSda WVS4 waveintegrated data file1981-2004 v.20060423

467


468

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

K. HEALTH AND RISK 1 K1a: life expectancy at 15 yrs, male K1b: life expectancy at 15 yrs, female K2a (K2a1, K2a2): overall mortality rates (x 100.000) of 15/24-yr-olds, males K2b (K2b1, K2b2): overall mortality rates (x 100.000) of 15/24-yr-olds, females K1a

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

2004 2007 61,6 59,3 61,6 62,6 53 62,6 62,6 63 62,9 64,1 63 63,6 51,7 50,6 62,3 54,4 63,1 63,7 56,7 60,5 60,1 56,1 61,5 64,3 63,3 55,3 56,1

Ref. year 2004 2007 2006 2006 2005 2007 2005 2006 2006 2006 2007 2007 2007 2007 2006 2005 2007 2007 2007 2004 2007 2005 2007 2006 2007 2006 2007

K1b 2004 2007 67,4 65,6 66,1 67,8 63,9 67,4 69,2 70 67,6 69,7 68,6 68 62,5 63 67,6 62,8 68,1 68,1 65,5 67,1 67,6 63,9 68,6 68,5 67,4 62,5 63

Ref. year 2004 2007 2006 2006 2005 2007 2005 2006 2006 2006 2007 2007 2007 2007 2006 2005 2007 2007 2007 2004 2007 2005 2007 2006 2007 2006 2007

K2a K2a1 K2a2 2004 Ref. 1999 Ref. 2007 year 2002 year 80,5 2004 92,1 1999 76,2 2007 82,1 2002 58,3 2006 69,2 2002 51,1 2006 69,7 2002 138,2 2005 216 2002 85,8 2007 83,2 2002 65,1 2005 71,5 2002 63,8 2006 81,7 2002 79 2006 92,7 2002 59,9 2006 72,5 2002 77,6 2007 83,1 2002 92,5 2007 102,4 2002 120,6 2007 178,9 2002 170 2007 189,5 2002 73,2 2006 100,3 2002 66,5 2005 74,1 2002 76,6 2007 59,4 2002 41,7 2007 55 2002 90,3 2007 96,2 2002 81 2004 97,3 2002 90,6 2007 97,2 2002 72,7 2005 82,6 2002 85 2007 88,1 2002 54,9 2006 60,1 2002 58,8 2007 70,9 2002 91,7 2006 83,3 2002 85,4 2007 86,5 2002

K2b K2b1 K2b2 2004 Ref. 1999 Ref. 2007 year 2002 year 23,4 2004 34,7 1999 21,9 2007 31,1 2002 19,7 2006 26,2 2002 21 2006 26,5 2002 42,9 2005 46,7 2002 24,7 2007 22,9 2002 22,3 2005 25,2 2002 24,7 2006 30,1 2002 30,5 2006 31,9 2002 21 2006 23,6 2002 23,9 2007 29,8 2002 30,8 2007 40,7 2002 32,3 2007 52,7 2002 35,1 2007 43,1 2002 22,1 2006 19,8 2002 27,4 2005 27,2 2002 7,1 2007 13,9 2002 20,1 2007 25,5 2002 26,5 2007 29,1 2002 29,7 2004 32,7 2002 30,4 2007 30,8 2002 26,8 2005 28,8 2002 33,9 2007 30,1 2002 26,9 2006 25,4 2002 23,8 2007 27,8 2002 35,7 2006 37,2 2002 34,9 2007 35,8 2002

Sources: K1a, K1b: European Health for All database (HFA-DB). Updated August 2009. O ine version K2a (K2a1, K2a2), K2b (K2b1, K2b2): European detailed mortality database (DMDB). Copenhagen, WHO Regional O ce for Europe, [year] (http://www.euro.who.int/InformationSources/Data/20070615_2)


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

K. HEALTH AND RISK 2 K3a (K3a1, K3a2): motor traffic mortality rates (x 100.000), males K3b (K3b1, K3b2): motor traffic mortality rates (x 100.000), females K3a

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

K3a1 2004 Ref. 2007 year 2004 34,8 25,9 2007 19,5 2006 17,9 2006 20,7 2005 43,9 2007 27,2 2005 24,1 2006 23,4 2006 27,2 2006 24,5 2007 45,9 2007 29,1 2007 52,5 2007 20,9 2006 20,2 2005 10 2007 12,8 2007 27,3 2007 39,4 2003 45,2 2007 19,4 2005 17,5 2007 13,8 2006 16 2007 19 2006 21,9 2007

K3b

K3a2 1999 Ref. 2002 year 36,6 1999 27,6 2002 24,8 2002 28,5 2002 30,7 2002 36,9 2002 31,1 2002 35,8 2002 20,8 2002 36 2002 32,1 2002 41,8 47,7 34,9 21,2 16,6 19,8 26,5 45,3 33,7 23,9 18,6 16,4 18,6 18,5 15

2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002

K3b1 2004 Ref. 2007 year 6,6 2004 5,7 2007 6 2006 5,3 2006 9,7 2005 9,2 2007 6,6 2005 6,1 2006 6,4 2006 7,4 2006 6,6 2007 5,1 2007 8,7 2007 11,1 2007 11 2006 8,2 2005 3,5 2007 3,2 2007 8,5 2007 8,7 2003 7,4 2007 5,3 2005 8,7 2007 3,6 2006 4,1 2007 5,3 2006 7,2 2007

K3b2 1999 Ref. 2002 year 12,1 1999 9,3 2002 5,9 2002 9 2002 8,1 2002 9 2002 8 2002 9,2 2002 7 2002 8,2 2002 11 2002 12,2 14,4 11,9 6,9 3,4 5,8 7,9 8,8 9,7 8,5 5,3 5,1 4,4 8,4 5,1

2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002

Sources: K3a (K3a1, K3a2), K3b (K3b1, K3b2): European detailed mortality database (DMDB). Copenhagen, WHO Regional O ce for Europe, [year] (http://www.euro.who.int/InformationSources/Data/20070615_2)

469


470

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

K. HEALTH AND RISK 3 K4a (K4a1, K4a2): self-inflicted and suicide mortality rates (x 100.000), males K4b (K4b1, K4b2): self-inflicted and suicide mortality rates (x 100.000), females K4a

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

K4a1 2004 Ref. 2007 year 2004 22,2 15,3 2007 9,3 2006 10,5 2006 30,2 2005 4 2007 7,1 2005 13 2006 21,2 2006 5,7 2006 17,6 2007 7,3 2007 22,2 2007 45,3 2007 13,5 2006 16,2 2005 10,7 2007 8,7 2007 19 2007 7,8 2004 16,8 2007 13,3 2005 27,8 2007 12,8 2006 9 2007 10,3 2006 9,8 2007

K4b

K4a2 1999 Ref. 2002 year 20,2 1999 14,9 2002 13,5 2002 13 2002 39,9 2002 3,6 2002 7,9 2002 15,6 2002 29,2 2002 7,5 2002 21,5 2002 36,5 67,1 22 19,9 6,8 9,6 21,4 8,7 21,7 14,7 31,3 14,5 11,6 11,5 13,4

2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002

K4b1 2004 Ref. 2007 year 5,6 2004 2,4 2007 3,5 2006 2,7 2006 4 2005 1,3 2007 2 2005 3,8 2006 5,9 2006 1,5 2006 3,8 2007 1 2007 3,6 2007 4,9 2007 2,1 2006 3,3 2005 0 2007 2,7 2007 2,5 2007 1,4 2004 6,2 2007 1,7 2005 8,9 2007 7,9 2006 2 2007 2,8 2006 1,7 2007

K4b2 1999 Ref. 2002 year 5,8 1999 3,4 2002 2,3 2002 3,3 2002 4,2 2002 0,9 2002 2 2002 3,7 2002 5,3 2002 1,7 2002 3,9 2002 4,8 6,4 2,7 3,6 2,4 3,5 2,5 1,9 3,8 2,2 7,6 5 3,3 4 2,4

2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002 2002

Sources: K4a (K4a1, K4a2), K4b (K4b1, K4b2): European detailed mortality database (DMDB). Copenhagen, WHO Regional O ce for Europe, [year] (http://www.euro.who.int/InformationSources/Data/20070615_2)


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

K. HEALTH AND RISK 4 K5: % of 15-yr-old males who report smoking daily K6: % of 15-yr-old females who report smoking daily K7: % of 15-yr-old males who report having been drunk at least twice K8: % of 15-yr-old females who report having been drunk at least twice

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

K5

K6

2004 27,6 31,6 32,3 40,6 47,1 33,4 34,8 31,3 29,7 28 44,7 38 41,7 37,9

2004 24,4 15,7 26,5 29,8 19 16,5 31,1 24,8 28,5 17,2 37 10,3 18 14,7

45,5 28,9 30,4 23,4 25,9 33,7 23,1 23,4 10,5 31,5 32,1 18,8

31,2 24,2 26,7 10,2 10,6 23 13,3 20,6 17,2 35,7 28,8 8,8

27,1 24,3

21,4 27,2

K7 2001 2002 32 37,5 67,7 44,3 56,7 23,4 24,7 22,2 32,6 22,8 37,8

K8 2001 2002 23,8 29 64,8 34,4 42 16,9 25,9 15 31,7 16,8 34,9

41,4 56,7

25,4 42,2

47,3

26,3

35,3 40 25,5 44,3

21,5 22,7 18,9 33,7

53,3 39,8 55,1

55,7 38,1 54,9

38

21,4

35,8

40,7

Sources: K5, K6: EUROSTATDatabase. Main Tables. Population and Social Conditions. Smokersbetween 15 and 24, by gender - [tps00170] K7, K8: Young people’s health in context; Health Behaviour in School-aged Children (HBSC) study: international report from the 2001/2002 survey

471


472

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

L. LEISURE ACTIVITIES L1: % of 15/30-yr-olds who regularly engage in following leaisure activities: • L1a: Read

• L1g: Go for a walk, a bike ride, sport

• L1b: Go to the cinema, theatre or concerts

• L1h: Meet friends, go dancing, go out to drink, to eat

• L1c: Watch TV

• L1i: Play an instrument

• L1d: Listen to music

• L1l: Participating in voluntary or community work

• L1e: Go shopping

• L1m: Help out in the house

• L1f: Use the Internet, play video games

• L1n: Do some work for money L1

L1a Country \ Year 2007 Belgium- BE 22,1 Czech Republic - CZ 22,3 Denmark - DK 29,1 Germany - DE 23,1 Estonia - EE 14,3 Greece - GR 24,9 Spain - ES 32,9 France - FR 18,1 Ireland - IE 23,6 Italy - IT 33,6 Austria - AT 24,1 Cyprus - CY 27 Latvia - LV 36,8 Lithuania - LT 17,7 Luxembourg - LU 24,5 Hungary - HU 41 Malta - MT 27,1 Netherlands - NL 19,2 Poland - PL 23,7 Portugal - PT 38,2 Slovenia - SI 22,2 Slovakia - SK 26,9 Finland - FI 29,1 Sweden - SE 15 United Kingdom - UK 19 Bulgaria - BG 21,3 Romania - RO 27,7 Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

L1b 2007 19,7 12,9 15 12,6 11,7 16 27,8 19,1 22,4 17,9 15,6 5,4 25,6 10,5 23,2 15,7 13,2 13,5 9,3 28,7 4,9 12,6 9,9 3,5 12,7 7,7 9,1

L1c 2007 20,5 12,2 23,2 7,9 17,4 11,1 25,2 17,8 28,1 19,5 15 25,2 43,3 14,8 24,3 29,8 35,6 16,2 14,9 44,8 17,8 33,6 21,4 11,5 14,3 38,3 37,7

L1d 2007 17,7 16,2 20,2 9,9 17,4 18,2 29,8 10 13,2 24,3 17,1 19 41,5 8,2 10,3 28,3 27,8 12 17,6 28,2 9,6 30,8 13,4 7,3 7,8 24,4 27,5

L1e 2007 12,7 6,9 7,7 3,1 3,5 2,2 14,7 7,4 8,8 4,2 7,4 7,9 16 1,4 9,2 3,5 16,8 11,4 1,9 3,4 1,4 11,8 3,2 2,6 9,2 3,1 9,7

L1f 2007 23,7 19,2 20,5 15,7 19,8 12 28,4 20,8 13,9 21,1 12,4 13,8 29,9 14 14,6 40 39,4 26,6 23,2 32,2 23,1 37,9 15,1 14,4 10,5 24,5 33,5

L1g 2007 40,7 44,3 40,8 62,3 49,4 32,9 40,8 44,8 61,9 43,8 53,4 32,2 51,1 19,2 43,5 48,9 38,3 56,3 32,3 44,6 61,6 47,2 59,4 51,6 36,3 34,7 37,9

L1h 2007 32,4 17,9 44,1 44,9 32,1 25,5 55,9 31 53,3 46,7 37,1 22,1 53,5 32,4 18,8 43,4 42,8 40,4 31,3 42,6 24,6 42,5 27,3 45,9 36,5 42,3 35,1

L1i 2007 3,3 3,6 5,3 4,9 3,4 3,1 6 2,6 6,1 4,6 6,5 3,7 8,2 2,4 3,6 1,8 6 7,3 2,3 1,1 6,3 5,3 7,4 4,2 2 1,1 1,2

L1l 2007 2,5 2,4 5,6 2,3 2,2 0,4 2,1 0,9 0,7 4,4 3,5 0,3 2,5 1,2 1,6 1,3 6,1 2 0,5 1,2 1 3,2 1,4 2,3 1 0,6 0,8

L1m 2007 8,7 12,8 15,9 4,4 24,8 9,2 15,3 10,1 4,8 6,9 8,5 8,2 26,2 9,3 9,5 14,8 22,7 5,2 11 6,2 6,9 24,6 8,6 8 6,1 15 25,9

L1n N.Tot. 2007 2,7 807 7,9 804 13 802 4 803 6,7 504 3 801 4,2 803 3,3 806 1,7 815 4,3 800 3,5 802 3,7 506 6,7 502 2,2 502 4,4 504 2,5 812 6,6 501 4,4 809 3,8 808 2,8 805 3,3 500 8,3 800 2,8 811 3,8 800 0,4 802 2,2 809 4,6 807

Sources: L1, L1a, L1b, L1c, L1d, L1e, 1f, L1g, L1h, L1i, L1l, L1m, L1n: Flash Eurobarometer 202 - The Gallup Organization. Youth survey among people aged between 15-30 in the European Union 2007. 15/30-yr-olds: QUESTION: Q3_01-05. What do you regularly do during your leisure time?


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

M. EUROPEAN DIMENSION  MOBILITY 1 M1: % of 15/24-yr-olds who speak a language other than M3: The meaning of the European Union: mother tongue well enough to take part in a conversation: • M3_1: Freedom to travel, study and work anywherein theEU • M1a: no other language • M3_2: A way to protect the rightsof citizens • M1b: English • M3_3: A meansof improving the economic situation in • M1c: French the EU M2: % of 15/24-yr-olds who visited a foreign country in • M3_4: A European government the last two years • M3_5: A lot of bureaucracy, a waste of time and money • M3_6: The risk of losing our cultural identity/diversity

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

M1a 2001 2003 19,7 4,9 21,7 30 45,3 29,3 31,7 29 23,9 0 5,3 31,6 4,8 3,4 55,4 -

M1b 2001 2003 55,3 50 86,6 68,5 69 64,2 37,6 52,2 13,5 52,6 65,5 91 64 54 40,5 48 97 83 62 51,1 88 50 83,8 82,2 8,4 39 55

-

32

M1 M1c 2001 2003 44 8 10 17 3 10,9 8,6 4,9 36,8 24,7 17,1 18 1 5 59,3 6 31 26,4 6 17,2 5 5 8 13,1 25,4 5 30

1

M2 Ref. year 2001

2001 79,9

2003 2001 2001

85 69,1

2003 2001 2001 2001 2001 2001 2001

21,1 28,4 57,9 61,2 46,7 79,8

2003 2003 2003 2001

75,2

2003 2003 2001

72,6

2003 2001

43,7

2003 2003 2001 2001 2001 2003 2003

77,6 83,9 56,5

M3_1

M3_2

M3 M3_3 M3_4

M3_5

M3_6

2007 92 90 89 92 93 88 89 90 91 92 91 94 92 94 89 85 90 89 95 92 90 94 92 90 80 89 93

2007 76 60 69 76 68 69 69 68 86 66 65 83 65 78 75 63 71 75 77 83 66 73 58 68 77 79 77

2007 71 67 69 70 70 61 71 62 85 68 73 59 62 73 72 66 57 77 80 81 66 81 52 62 72 70 76

2007 40 45 34 46 39 49 30 51 30 30 48 45 51 31 47 23 27 44 37 41 52 34 59 55 44 32 32

2007 27 36 37 31 41 55 25 33 47 30 39 66 47 43 35 26 34 42 27 40 53 31 41 37 50 41 31

2007 59 34 41 60 49 52 56 59 56 62 57 55 49 50 61 52 58 50 57 73 46 48 42 45 43 63 62

2003

Sources: M1, M1a, M1b, M1c: Eurobarometer 55.1 - The young Europeansin 2001. Eurobarometer CCEB2003.1 - Youth in new Europe M2: Eurobarometer 55.1 - The young Europeansin 2001 M3, M3_1, M3_2, M3_3, M3_4, M3_5, M3_6: Flash Eurobarometer 202 - TheGallup Organization. Youth survey among peopleaged between 15-30 in the European Union 2007. 15/30-yr-olds: QUESTION: Q1. I am going to read you a few statements on what the EU meansfor people. Please tell me, for each of them, if the EU meansthisto you personally or not?%of ”Yes, it does”

473


474

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

M. EUROPEAN DIMENSION  MOBILITY 2 M4: % of 15/24-yr-olds who feel that the following statements best describe what the European Union personally means for them: • M4a: a way to create a better future for young people • M4b: a lot of bureaucracy, a waste of time and money

Country \ Year Belgium- BE Czech Republic - CZ Denmark - DK Germany - DE Estonia - EE Greece - GR Spain - ES France - FR Ireland - IE Italy - IT Austria - AT Cyprus - CY Latvia - LV Lithuania - LT Luxembourg - LU Hungary - HU Malta - MT Netherlands - NL Poland - PL Portugal - PT Slovenia - SI Slovakia - SK Finland - FI Sweden - SE United Kingdom - UK Bulgaria - BG Romania - RO Croatia - HR Iceland - IS Norway - NO Turkey - TR

M4a 2001 2003 26,2 65 30,1 30 59 37,1 23,6 31,7 34,4 45,2 39,2 58 55 85 31,8 79 57 19,4 26 34,6 60 68 21,7 22,4 7,9 74 72

M4 M4b 2001 2003 11,2 17 16,1 17,2 19 6,5 12,2 9,9 6,3 4,8 17,5 9 14 8 8,6 7 14 15,8 7 7,8 17 10 22,3 33,6 9,4 8 5

72

16

Ref. year 2001 2003 2001 2001 2003 2001 2001 2001 2001 2001 2001 2003 2003 2003 2001 2003 2003 2001 2003 2001 2003 2003 2001 2001 2001 2003 2003

2003

Sources: M4, M4a, M4b: Eurobarometer 55.1 - The young Europeansin 2001. Eurobarometer CCEB2003.1 - Youth in new Europe


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Trend demografici 1) La presenza di giovani (15-24enni) in europa, in termini assoluti Indicatore A1 - Fonte: EUROSTAT [2008]

Milioni di giovani trai 15 ed i 24 anni - A1 pi첫 di 9 milioni da 8 a 9 milioni da 3 a 6 milioni da 1 a 2 milioni da 500.000 a 1.000.000 fino a 500.000 non disponibile

0,7 0,6

1,2 0,2 0,3 0,5

0,6 0,6

2

8,2

1,3

9,4 0,1

5,8 1,3

0,8 1,3

1 0,2

8,2

(2) (2) (4) (7) (8) (7) (1)

3,1

0,6 6,1 1,2

1

5

1,2

12,4

0,1 0,1

Trend demografici 2) La presenza di giovani (15-24enni) in europa, in termini relativi Indicatore A2 - Fonte: EUROSTAT [2008]

Incidenzadellapopolazione tra 15 e 24 anni sul totale - A2 14,7 12,4 13,1

12,7

14,9 15,3 15,8

11,8 13,7

13,4

12,1 11,5 12,1 11,8 12,7

15,2 12,9

15,1 12,3 12,6 12,1 12,5

14,5

10,2 11,5

pi첫 del 16% tra 15%e 16% tra 14%e 15% tra 13%e 14% tra 12%e 13% meno del 12%

11

12,9 11

17,5

14,1 15,3

(1) (5) (4) (3) (11) (7)

475


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Trend demografici 3) La presenza di giovani (15-24enni), attuale e prevista in futuro Indicatori A2 – A4 - Fonte: EUROSTAT [2008]

% of 15/24-yr-olds (Baseline variant, Base Year 2008) [2025]

17

16

15

14

IE

13

FR 12

DK LU

11

ES

NO NL BE

SE

UK

CY EE

FIN

PT

RO

AT HU EL 10

IT

SI

CZ BG

MT

SK

LV PL

DE

LT

9 9

10

11

12

13

14

15

16

17

% of 15/24-yr-olds [2008]

Trend demografici 4) Il rapporto tra popolazione giovane e popolazione anziana Indicatori A3 – A5 - Fonte: EUROSTAT [2008, 2025] 170 165 160 155

LT

150

ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds [2008]

476

145 140

CY

LV

135

SK RO

130

IE

EE PL

125 120 115

UK AT

110

LU

105 100

DE

SI

95 90 85

IT

PT

ES BE MT

FR NO SE

NL HU BG CZ EL DK FIN

80 75 70 65 60 55 50 45 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 120 125 130 135 140 145 150 155 160 165 170

ratio (x 100) of 15/24-yr-olds to 55/64-yr-olds (Baseline variant, Base Year 2008) [2025]


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Educazione e formazione 5) La popolazione studentesca, tra i 20 e i 29 anni Indicatore B3 - Fonte: Education at a Glance [2007]

Incidenzastudenti tra20 e 29 anni su popolazione totale - B3

36,2 43 29,9

26,8 26,5 30

38,2 20,8

17,3

28 28,3 5,728,7 19,5

(6) (8) (7) (4) (6)

31 21,8

18,5 21,6 25,1 3313,7 21

20,6

pi첫 del 30% tra 25%e 30% tra 20%e 25% tra 16%e 20% meno del 16%

34,5

16,7 15,7

21,5

11,9 26,6 13,7 13,7

Situazione economica: posizione nel mercato del lavoro 6) La condizione occupazionale dei giovani europei Indicatore C1 - Fonte: EUROSTAT [2008]

Condizione occupazionale giovani tra15 e 24 anni - C1 75

Inattivi Occupati Disoccupati

477


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Situazione economica: posizione nel mercato del lavoro 7) Il trend 2002-2008 del tasso di disoccupazione Indicatore C8 - Fonte: EUROSTAT [2002, 2005, 2008] 44 42 40 38 36 34 32 30 28

Valore

26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 PL HR SK EL BG ES IT RO SE FR FIN BE TR HU LT LV CZ EE MT PT SI UK LU DECY IE NO AT DK NL IS

Nation overall under-25 unemployment rates [2008] overall under-25 unemployment rates [2005] overall under-25 unemployment rates [2002]

Situazione economica: posizione nel mercato del lavoro 8) Il rapporto tra studio e tasso di disoccupazione Indicatori B3 e C8c - Fonte: EUROSTAT [2007, 2008] 44 42 40 38 36 34 32 30 28 26

Valore

478

24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 IS FIN SE EL PL BE ES DK HU SI LT IT LV EE FR DE SK NO PT HRRO IE NL UK CZ TR AT BG MT LU CY

Nation overall under-25 unemployment rates [2008] % of 20/29-yr-olds who are students [2008]


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Situazione economica: posizione nel mercato del lavoro 9) Il divario di genere nel tasso di disoccupazione Indicatori C6c – C7c - Fonte: EUROSTAT [2008] 31 30 EL

29 28

HR

27 ES

under-25 unemployment rates, female [2008]

26 IT

25 24 23

LU

22 21

HUSE

PT

PL

20

SK BE TR FR

19 18

RO

17 FIN

16 LT

15 14 13

LV

12

EE BG

SI

11 10

CY DK AT

9

CZ

UK

MT

IE

DE

8 7

NO

6 5

NL

4 4

5

6

7

8

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

under-25 unemployment rates, male [2008]

Situazione economica: posizione nel mercato del lavoro 10) Il divario di genere tra educazione e occupazione Indicatori C2 – C5 - Fonte: EUROSTAT [2007, 2008] 24 22 20

di erence M-F (in percentage points) in education [2007]

18 16 14 12 10 8 TR 6 4 2 DE

NL

0

LU

IE CY

BG MT AT FR UK PL HU CZ EL RO SK DK BE PT IT LT ES LV EE

-2 -4

NO

-6

FIN SE

IS

-8 -10

HR

SI

-12 -14 -16 -16 -14 -12 -10

-8

-6

-4

-2

0

2

4

6

8

10

12

14

16

di erence M-F (in percentage points), employed [2008]

18

20

22

24

479


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Situazione economica: povertà 11) Il rischio di povertà Indicatori E2a – E2b - Fonte: EUROSTAT [2001, 2007]

16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-o point: 50% of median equivalised income) [2007]

18 17 EL

16

IT

15 ES

14 13 PT

12 BE

11

IE

10

LU

9 8 AT

7 6 5 4 4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

16/24-yr old at risk of poverty rate (cut-o point: 50% of median equivalised income) [2001]

Famiglia 12) L’età media al primo matrimonio Indicatori F2a - Fonte: EUROSTAT [2003, 2007] 32

31

30

29

28

Valore

480

27

26

25

24

23

22 SE IS DK FR IT NO DE ES NL EL LU SI FINAT BE CY HU CZ EE MT PT HR LV BG SK RO LT PL TR IE UK

Nation Mean age at first marriage – females [2003] Mean age at first marriage – females [2007]


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Valori e atteggiamenti 13) Il livello di “apertura” agli stranieri Indicatori J2b - Fonte: European and World Value Survey [2001, 2003]

Valore % of 18/24-yr-olds agreeing with following statements concerning foreigners: foreigners living in [own country] should have the same rights as [own nationality] [2001/2003]

60 56 52 48 44 40 36 32 28 24 20 16 12 8 PL SE SK SI RO MTDK NL TR ES LT FINFR IE BE AT LU UK IT DE EL PT BG LV CZ NOCY HU EE IS HR

Nation

Valori e atteggiamenti 14) Il sentimento religioso: le diverse dimensioni Indicatori G2a6 – H1a1 – I1e - Fonte: European and World Value Survey [2008] 80

70

60

Valore

50

40

30

20

10

0 TR RO PL CY IT FINBG UK SE NOMT FR SI ES NL SK LT AT CZ DE PT EE DK IE HU LU BE EL LV IS HR

Nation % of 15/24-yr-olds participating/belonging to Religious or parish organisations [2007] % of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or "quite a lot" of confidence in Churches [2005/2008] % of 18/25-yr-olds who say that “religion” is “very important” [2005/2007]

481


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Valori e atteggiamenti

% of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or "quite a lot" of con dence in Churches [1996/2000]

15) Il trend della fiducia nelle istituzioni religiose Indicatori H1a1 – H1b1 - Fonte: European and World Value Survey [1996,2008]

80 76 RO

72 TR

68 64 60

PL

56

IT

52

FIN

BG

48 44 40

NO

UK

SI

32

SE

FR

36

28 ES

24 20 16

NL

12 8 8

12

16

20

24

28

32

36

40

44

48

52

56

60

64

68

72

76

80

% of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or "quite a lot" of con dence in Churches [2005/2008]

Valori e atteggiamenti 16) Il rapporto tra importanza attribuita al lavoro e disoccupazione Indicatori G2a5 – C8c - Fonte: European and World Value Survey [2007, 2008] 84 80 76 72 68 64 60 56 52 48

Valore

482

44 40 36 32 28 24 20 16 12 8 4 0 -4 FR PL TR IT ES SE RO UK FINCY BG SK NO EL HR SI HU NL BE LU PT LT LV IE EE MTCZ DE AT DK IS

Nation overall under-25 unemployment rates [2008] % of 18/25-yr-olds who say that “work” is “very important” [2005/2007]


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Partecipazione politica e associazionismo 17) L’importanza attribuita alla politica Indicatori G2b4 – Fonte: European and World Value Survey [2005, 2008]

Percentuale di giovani tra18 e 25 anni secondo cui "Lapoliticaè molto importante" - G2a4

4,4 4,2

4,3

14,7

più del 10% tra 5%e 10% tra 4%e 5% tra 2%e 3% meno di 1% non disponibile

6,6 4,2

(3) (3) (6) (2) (1) (16)

0,7 10,6

2,7

2,6

4

4,3

5,6

9,8

10,4

Partecipazione politica e associazionismo 18) Il livello di associazionismo (generale) Indicatore I1a - Fonte: Flash Eurobarometer [2007]

Associazionismo: percentuale 15/24enni partecipanti - I1a 37,7 44,5

28

21,2

16,5 10,1 10,1

46,8 41,9 35,4 46,2 29,4 23,1

9,1 15,5

11,5 43,4 12,8 18,3 13,4

14,1

più di 45% tra 35%e 45% tra 20%e 30% tra 14%e 20% tra 10%e 14% meno del 10% non disponibile

7,2 6,7

11,9 10,5 24,6 14,9

(2) (5) (5) (5) (7) (3) (4)

483


GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Partecipazione politica e associazionismo 19) Il livello di associazionismo (in associazioni di e per i giovani) Indicatore I1b2 - Fonte: Flash Eurobarometer [2007]

Percentuale 15/24enni partecipanti Associazionismo giovanile - I1c 14 5 20 28 26

7 7

7

4 22 13 5

16

tra 20%e 30% tra 11%e 20% tra 7%e 11% tra 4%e 7% non disponibile

15

4

11 9 13

12 26

26

5

25

8

7 14 24

Partecipazione politica e associazionismo 20) La dimensione politica: importanza e comportamenti Indicatori G2a4 – I1d – H1b11 - Fonte: European and World Value Survey [2000, 2007] 85 80 75 70 65 60 55 50

Valore

484

45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 IS DK PT HU EE LV IE LT MTBG HR CZ BE IT RO FIN PL AT SK SE ES FR EL NL DE UK SI LU NOCY TR

Nation % of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or "quite a lot" of confidence in The European Union [1996/2000] % of 15/24-yr-olds participating / belonging to Trade unions or Political parties [2007] % of 18/25-yr-olds who say that “politics” is “very important” [2005/2007]

(8) (8) (6) (5) (4)


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Partecipazione politica e associazionismo

Valore % of 15/24-yr-olds participating/ belonging to associations: any organization [2007]

21) Il livello di associazionismo Indicatore I1a - Fonte: Flash Eurobarometer [2007] 44,0 40,0 36,0 32,0 28,0 24,0 20,0 16,0 12,0 8,0 4,0 0,0 DK DE SE AT NL FIN BE LU IE MTFR UK SI EE CZ CY PT IT HU ES SK EL LV LT PL RO BG TR NO IS HR Nation

Salute e rischio 22) Le aspettative di vita Indicatore K1a – K1b - Fonte: European Health for All database (HFA-DB) [2007] 71 70 69 68 67 66 65 64 63

Valore

62 61 60 59 58 57 56 55 54 53 52 51 50 49 IT FR SE NL ES CY AT MTUK IE DEFIN EL LU BE SI DK PT CZ PL SK RO BG HU EE LV LT TR NO IS HR

Nation life expectancy at 15 yrs, female [2007] life expectancy at 15 yrs, male [2007]

485


486

GIOVANI IN EUROPA: UNA VISIONE D’INSIEME Appendice _ Gli indicatori europei sulla condizione giovanile

Dimensione europea 23) La conoscenza di lingue straniere Indicatore M1a - Fonte: Eurob arometer [2003]

Percentuale 15/24enni in grado di comunicare solo in linguamadre - M1a 4,8 3,4

tra 44%e 60% tra 29%e 32% tra 19%e 25% tra 3%e 7% non disponibile

4,9 31,7

5,3

(2) (5) (3) (4) (17)

55,4 19,7 21,7 23,9

29,3

29 31,6

45,3 30

Dimensione europea 24) La conoscenza dell’inglese Indicatore M1b - Fonte: Eurobarometer [2003]

Percentuale di 15/24enni in grado di comunicare in linguainglese - M1b 83,8 82,2 69 64 54

86,6 13,5

8,4

83 55,3 68,5 40,5 52,2

62 50 65,5 88

50 48

52,6 51,1

più do 80% tra 60%e 70% tra 50%e 60% tra 30%e 50% meno del 30% non disponibile

55 39

37,6

32 64,2 97 91

(7) (6) (6) (7) (2) (3)


INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

Dimensione europea 25) La fiducia nell’Unione Europea Indicatore H1a11 – H1b11 - Fonte: World Value Survey [1996, 2008]

% of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or "quite a lot" of con dence in The European Union [2005/2008]

80

75

70 BG

IT 65

RO ES

PL

60 FIN 55

50

FR SI

45 NL

UK 40

35 35

40

45

50

55

60

65

70

75

% of 18/25-yr-olds who have “a great deal” or "quite a lot" of con dence in The European Union [1996/2000]

80

487



INVESTIRE NELLE NUOVE GENERAZIONI IPRASE del Trentino

L’équipe di lavoro

L’OSSERVATORIO PERMANENTE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DEI GIOVANI

L’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani è un’équipe di sociologi, psicologi e ricercatori sociali istituito presso IPRASE, Istituto Provinciale per la Sperimentazione e la Ricerca Educativa della Provincia Autonoma di Trento, con la Legge Provinciale 5 del 2007. Tale legge all’Art. 11 prevede per l’Osservatorio i seguenti compiti: 1. elaborare, con cadenza biennale, un rapporto sulla condizione dell’infanzia e dei giovani; 2. studiare, approfondire e analizzare la condizione dell’infanzia e dei giovani, al fine di favorire una lettura dinamica e fruibile dei processi riguardanti la condizione dell’infanzia e dei giovani in provincia; 3. concorrere alla verifica del grado di realizzazione delle politiche per l’infanzia e per i giovani; 4. realizzare e gestire servizi informativi e banche dati sulla condizione e sulle politiche per l’infanzia e per i giovani, utilizzando anche i dati acquisiti da altri soggetti che operano in materia, da mettere a disposizione degli organismi pubblici e privati e dell’associazionismo, nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali. Ciò si traduce in attività di ricerca primaria e secondaria di cui questo volume è un esempio. Altre pubblicazione recenti a cura dell’Osservatorio: Amistadi V., Bazzanella A., Buzzi C. (2010), Giovani in Trentino 2009. Analisi e letture della

condizione dell’infanzia e dei giovani. Terzo rapporto biennale, IPRASE, Trento Amistadi V., Buzzi C., Zanutto A. (2007), Giovani in Trentino 2007. Analisi e letture della

condizione giovanile. Secondo rapporto biennale, IPRASE, Trento Buzzi C. (a cura di) (2007), Generazioni in movimento. Madri e figli nella seconda indagine Istituto IARD – IPRASE sulla condizione giovanile in Trentino, Il Mulino, Bologna OGI (2005), Giovani in Trentino 2005. Analisi e letture della condizione giovanile. Primo rapporto biennale, IPRASE, Trento Buzzi C. (a cura di) (2003), Tra modernità e tradizione: la condizione giovanile in Trentino. Un’indagine dell’Istituto Iard per la Provincia Autonoma di Trento, Il Mulino, Bologna CONTATTI

Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani presso IPRASE Via Gilli, 3 – 38121 Trento (Italia) www.iprase.tn.it

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L’ÉQUIPE DI LAVORO

I RICERCATORI DELL’OSSERVATORIO PERMANENTE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DEI GIOVANI

Virginio Amistadi, laureato in Sociologia, esperto in tecniche di analisi multivariata, inizia la propria attività di ricerca nel 1994 collaborando con il dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale presso l’Università degli Studi di Trento. Appassionato di informatica e di nuove tecnologie, nel corso degli anni affianca agli studi sulla condizione giovanile e alle attività di educatore e formatore nell’ambito della cooperazione sociale, attività di consulenza e collaborazione per importanti aziende del triveneto e nazionali. Dal 2004 è coinvolto in qualità di consulente nella realizzazione del progetto Osservatorio Giovani IPRASE di cui segue le principali attività di ricerca. Partecipa alla stesura del rapporto Giovani in Trentino nelle edizioni 2005 e 2007. Dal 2009 è ricercatore presso l’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani della Provincia Autonoma di Trento. Ha svolto la ricerca e la ricostruzione delle mappe e degli indicatori europei e redatto il Capitolo 9 e l’Appendice. Arianna Bazzanella, laureata in Sociologia a Trento nel 2001, è ricercatrice presso IPRASE dove si occupa di ricerche su giovani e scuola all’interno dell’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani della Provincia Autonoma di Trento. Ha coordinato il terzo rapporto biennale Giovani in Trentino 2009. Analisi e letture della condizione dell’infanzia e dei giovani di cui è co-autrice con Virginio Amistadi e Carlo Buzzi e ha collaborato al progetto Insegnare in Trentino. Seconda indagine Istituto IARD e IPRASE sui docenti della scuola trentina di cui ha curato l’omonimo volume con Carlo Buzzi. Precedentemente ha lavorato presso Istituto IARD dove ha coordinato ricerche locali e nazionali sulla condizione giovanile. Ha partecipato alla Sesta indagine dell’Istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia, alla creazione dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Milano, alla realizzazione della Seconda indagine sulla condizione giovanile in Trentino, alla ricerca Giovani italiani e fiducia per conto del Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive (con il Ministro Melandri). Ha curato il volume, coordinato l’équipe di lavoro per l’aggiornamento 2006/2009 e redatto l’Introduzione e il Capitolo 1. Carlo Buzzi, è Direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale presso l’Università degli studi di Trento dove insegna “Metodologia delle scienze sociali” e “Generazioni e differenze di età”. Esperto di condizione giovanile, processi di transizione all’età adulta e fenomeni educativi, è membro del Comitato Scientifico dell’Istituto IARD RPS per il quale ha curato i rapporti sulla condizione giovanile in Italia nel 1997, 2002 e 2007 editi da il Mulino. Insieme a Gabriele Pollini è referente per l’Osservatorio permanente sulla condizione dell’infanzia e dei giovani della Provincia Autonoma di Trento, del quale ha seguito la nascita avvenuta nel 2004 e l’uscita dei rapporti biennali (2005, 2007, 2010). Ha coordinato le prime indagini sulla


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condizione giovanile in Trentino di cui ha curato i rapporti editi anch’essi da il Mulino (2003 e 2007). È stato supervisore scientifico e ha redatto l’Introduzione.

I COLLABORATORI DELL’OSSERVATORIO PERMANENTE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA E DEI GIOVANI

Paolo Boccagni, sociologo e traduttore, dottore di ricerca all’Università di Trento. Svolge attività di ricerca, progettazione e formazione nel campo delle migrazioni, delle politiche sociali, del terzo settore. Recentemente si è occupato anche della condizione giovanile, con particolare attenzione al servizio civile e alle forme di cittadinanza attiva. È curatore, con M. Ambrosini, del Rapporto annuale sull’immigrazione in Trentino. Ha pubblicato saggi in una quindicina di riviste specialistiche, italiane e internazionali. Tra i suoi lavori recenti, “Tracce transnazionali: vite in Italia e proiezioni verso casa tra i migranti ecuadoriani” (Milano, 2009) Ha collaborato alla traduzione dei capitoli a cura degli autori stranieri. Giovanni Campagnoli, è responsabile di Vedogiovane (Arona, Novara) dove lavora dal 1992, occupandosi di politiche giovanili attraverso attività di informazione, formazione, ricerca ed in qualità di relatore a convegni e seminari. Laurea in Bocconi, docente di Economia e consulente per Enti locali sullo sviluppo di interventi per i giovani, ha pubblicato diversi articoli e volumi (anche per “Guida agli Enti Locali” de Ilsole24ore e Gruppo Abele-Animazione Sociale). Tra questi, “Animazione giovanile. L’esperienza di Vedogiovane” (Unicopli) e “Giovani e Idee: percorsi di cittadinanza attiva giovanile”. Nel 1997 ha aperto sul web la net agency www.politichegiovanili.it. Collabora con l’Istituto Iard RPS di Milano in ricerche sulle politiche giovanili nazionali ed europee. Ha coordinato e condotto il case study relativo all’Italia e redatto l’Introduzione e i Capitoli 2, 3, 4. Michela Frontini, laureata in Scienze politiche, è ricercatrice presso GfK Eurisko. In precedenza ha lavorato per l’Istituto IARD presso il quale ha coordinato progetti di ricerca a livello nazionale e trans-nazionale per Enti Pubblici e privati e coordinato attività di monitoraggio e analisi su condizione e culture giovanili, politiche sociali, pari opportunità e ingresso nel mondo del lavoro. Nella fase iniziale, come ricercatrice di Istituto IARD, ha coordinato il gruppo di lavoro e collaborato all’individuazione e all’aggiornamento degli indicatori europei presentati in Appendice.

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L’ÉQUIPE DI LAVORO

I COLLABORATORI PER LA SEZIONE RELATIVA AI PAESI ESTERI

René Bendit, PhD, psicologo e sociologo, è consulente libero professionista, già ricercatore senior presso il German Youth Institute (DJI) e responsabile della cooperazione nelle ricerche internazionali. Ritiratosi dall’attività dal 2009, dal 1994 al 2010 è stato professore e coordinatore del relativo Youth Research Programme presso la FLACSO – Facoltà latinoamericana di scienze sociali di Buenos Aires, in Argentina. Dal 1996 al 2006 è stato ricercatore presso la Libera Università di Berlino e presso l’Università Autonoma di Barcellona (nel 2005, nel 2006 e poi nel 2009). È quindi stato ricercatore presso l’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera (2007-2010). Coordina il International Network of Youth Researchers (INYR) (2008-2010). Ha condotto il case study relativo alla Germania e redatto il Capitolo 6. Andy Biggart, è ricercatore in Sociologia dell’istruzione alla Queen’s University di Belfast (Regno Unito), dove insegna “Questioni etiche e filosofiche nell’istruzione e nella ricerca sociale”, presso il corso di dottorato e “Metodi e metodologie di ricerca sull’istruzione” in un corso di master. È vicedirettore del Centre for Effective Education. Si occupa di questioni legate a svantaggio scolastico, transizioni dalla scuola al mercato del lavoro, istruzione e della formazione post-scuola dell’obbligo, problemi di rendimento e abbandono scolastico e di ricerche comparative, in ambito europeo. Partecipa attualmente a un importante progetto europeo, all’interno del Settimo Programma quadro, su Governance of Educational Trajectories in Europe. Tra le pubblicazioni recenti: Young People’s Subjective Orientations to Education, in A. Furlong (a cura di), Handbook of Youth and Young Adulthood: New perspectives and agendas, Routledge, 2009; Modern Youth Transitions: Choice Biographies and Transitional Linearity (con A. Furlong e F. Cartmel), Bendit, R. and Hahn, M. (Eds.): Youth and the Future: processes of social inclusion and patterns of vulnerability in a globalised world. Farmington Hills-USA: Leverkusen- Opladen & Barbara Budrich, 2009; Participation in Transition: The ambivalences of motivating young people for work in a European Perspective. (con A. Walther e M. Du Bois Reymond), Peter Lang, 2006. Ha condotto il case study relativo al Regno Unito e redatto parte del Capitolo 7. Hans Jørgen Hanghøj Dam, è dirigente presso Capacent ad Århus, in Danimarca. Si occupa di management e di ricerca sociale in tema di politica e mercato del lavoro. Ha condotto l’aggiornamento e la revisione del case study relativo alla Danimarca e redatto il Capitolo 5. Andy Furlong, è professore di “Social Inclusion” e “Sociologia dell’istruzione” presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Glasgow, in Scozia. Ha una lunga esperienza di studio del mondo giovanile, con particolare riguardo al passaggio dalla scuola al mercato del lavoro, alla riproduzione delle disuguaglianze


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e ai processi di inclusione sociale. Tra i suoi libri più recenti: Young People and Social Change e Higher Education and Social Justice (McGraw-Hill), scritti entrambi con Fred Cartmel, e il Handbook of Youth and Young Adulthood (Routledge). È direttore del Journal of Youth Studies. Ha condotto l’aggiornamento 2006 - 2009 del case study relativo al Regno Unito e redatto parte del Capitolo 7. Hajdeja Iglič, è professoressa associata di Sociologia e ricercatrice presso l’Università di Lubiana, in Slovenia. Si occupa principalmente di reti sociali e di capitale sociale. Ha partecipato a progetti di ricerca sui network delle élite e su quelli della gente comune, in rapporto agli atteggiamenti, la partecipazione e la mobilitazione verso la politica. Tra le pubblicazioni recenti: Relational basis of attachment to Europe in Civil society and activism in Europe: Contextualising engagement and political orientation (eds. William A. Maloney and Jan W. van Deth, London, New York: Routledge, 2010), Voluntary associations and tolerance: an ambiguous relationship in American Behavioral Scientist (2010), Social Networks in Citizenship and involvement in European democracies: a comparative analysis (eds. Jan W. Van Deth et al., London, New York: Routledge, 2007); Trust, governance and performance: the role of institutional and interpersonal trust in SME development in International Sociology (entrambi con Andrej Rus, 2005). Ha condotto il case study relativo alla Slovenia e redatto il Capitolo 8. Una prima versione del lavoro è stata realizzata in collaborazione con Istituto IARD: oltre a Michela Frontini citata tra gli autori, si ringraziano Lucia Mattavelli ed Eliana Colombo. Infine, un ringraziamento particolare va a Luisa Mariech di IPRASE per la preziosa collaborazione nell’organizzazione, nella revisione e nell’impaginazione dei testi.

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