Taccuino didattico II

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Paesaggio e paesaggi a scuola SPAZIO E CARTOGRAFIA

Taccuino didattico/2 a.s. 2016/2017

edizioni istituto alcide cervi



Paesaggio e paesaggi a scuola SPAZIO E CARTOGRAFIA

A cura di Gabriella Bonini e Mario Calidoni

Taccuino didattico/2 a.s. 2016/2017

EDIZIONI ISTITUTO ALCIDE CERVI


Volume realizzato in collaborazione con

Associazione di Insegnanti e Ricercatori sulla didattica della Storia

Cura redazionale di Mario Calidoni e Gabriella Bonini Editing e Grafica di Emiliana Zigatti

Copyright Š DICEMBRE 2017 ISTITUTO ALCIDE CERVI - BIBLIOTECA ARCHIVIO EMILIO SERENI via Fratelli Cervi, 9 42043 Gattatico (RE) tel. 0522 678356 - fax 0522 477491 biblioteca-archivio@emiliosereni.it www.istitutocervi.it I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore.

stampato su carta certificata


Sommario Presentazione

Sabina Magrini .................................................................................................................................

L’attualità del Taccuino n. 2

Mario Calidoni .................................................................................................................................

PARTE I Il dibattito culturale per l’insegnamento La carta e il paesaggio

Luisa Rossi .........................................................................................................................................

Cartografia. Storia e linguaggio

Carlo Alberto Gemignani ................................................................................................................

Il paesaggio come una materia della geostoria

Gabriella Bonini ...............................................................................................................................

Dalla rappresentazione dello spazio al paesaggio culturale

Sandra Manara .................................................................................................................................

Cippi confinari e paesaggio

Albino Calori .....................................................................................................................................

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PARTE II I laboratori LABORATORIO 1 Mappe di luoghi immaginati/immaginari

Mario Calidoni - Francesca Cicioni ...............................................................................................

LABORATORIO 2 Mappa di comunità e paesaggio

Andrea Romano - Gabriella Bonini ...............................................................................................

LABORATORIO 3 Il dettaglio: imparare ad osservare, alla ricerca del particolare

Fabrizio Frignani - Luciana Coltri .................................................................................................

LABORATORIO 4 Scopriamo le carte: il paesaggio dell’Emilia-Romagna ieri e oggi

Ilaria Di Cocco - Luciana Amadasi ...............................................................................................

PARTE III Le esperienze e i progetti. Documentare per innovare La visione del mondo medievale in una mappa

Francesca Cicioni ..............................................................................................................................

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I segni del Medioevo

Emilia Carmela Bennardo - Maria Cristina Riccardi .................................................................

Perchè mappare i servizi socio-sanitari

Patrizia Del Rio .................................................................................................................................

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Abitare il paesaggio d’acqua

Le bonifiche, un sogno di trasformazione

Luciana Amadasi - Maria Rosa Mantelli .....................................................................................

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Trame del tempo e grammatiche della narrazione Il presente non ha significato senza la storia

Isabella Calavani ..............................................................................................................................

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Ri-costruire la mappa di un monumento La Cattedrale di Reggio Emilia

Cristina Casoli ..................................................................................................................................

Il disegno del cosmo A carte scoperte Tante carte per una città

Adriana Querzè ................................................................................................................................

PARTE IV Appendice Politiche di sviluppo rurale in Val Pocevera

Luigi Previati .....................................................................................................................................

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I relatori ........................................................................................................................................ 65 Le scuole e i partecipanti ................................................................................................... 67


Presentazione Sabina Magrini MiBACT Segretariato Regionale per l’Emilia Romagna

Ancora una volta il Segretariato regionale dell’Emilia Romagna collabora con l’Istituto Alcide Cervi alla realizzazione di un corso di formazione mirato ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado allo scopo di sollecitare e potenziare tra i ragazzi la riflessione sul significato e la valenza del paesaggio e dei paesaggi. Già in altre occasioni il Segretariato ha lavorato assieme all’Istituto Cervi: per il Forum “Insegnare il paesaggio!” organizzato il 20 settembre 2015 ad Expo Milano 2015 e per alcuni progetti di Alternanza scuola lavoro realizzati nell’anno scolastico 2015/2016 e 2016/2017. La collaborazione, poi formalizzatasi in una convenzione l’8 giugno 2016, si è sempre svolta con grandissimo entusiasmo e nella profonda convinzione dell’importanza della formazione e della educazione per la diffusione di una vera e propria cultura del paesaggio nell’eredità di Emilio Sereni. Nella edizione attuale del modulo formativo si è voluto porre l’accento sul paesaggio quale realtà della materia e dell’anima. Così tecnici ed esperti di diversa estrazione illustrano il paesaggio inteso come spazio del reale e dell’immaginario, sospesi tra storia, geografia, sociologia e storia dell’arte, aprendosi alle domande dei partecipanti e dando vita a tavoli di scambio di idee spunti e riflessioni. I docenti così coinvolti a loro volta sapranno diffondere nelle loro classi il valore del paesaggio e della sua importanza per la conoscenza delle identità territoriali e delle radici culturali delle comunità locali.

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L’attualità del Taccuino n. 2 Mario Calidoni

La pubblicazione del secondo Taccuino didattico dell’Istituto Cervi Paesaggio e paesaggi a scuola, spazio e cartografia incrocia alcuni elementi di cambiamento che si sono presentati e si stanno discutendo a scuola nell’ambito della decretazione per l’attuazione della Riforma della Buona scuola (Legge 107 del 2015). Si tratta di sollecitazioni istituzionali che reinquadrano e danno nuovo senso all’impostazione che sin dall’inizio l’Istituto Cervi ha inteso dare alla proposta formativa per i docenti di ogni ordine e grado in materia di Patrimonio e Paesaggio. Come si integra la proposta in tema di Patrimonio e Paesaggio del nostro Taccuino con la decisionalità della scuola in materia di formazione viste le prospettive aperte dal Piano nazionale triennale per la formazione dei docenti e dal Decreto Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività?

Il Piano nazionale per la formazione “Indicazioni e orientamenti per la definizione del piano triennale per la formazione del personale” (Miur gennaio 2016) Il sistema è complesso e mette in campo la progettazione di ogni singola scuola e/o in rete tra le scuole degli ambiti territoriali per la formazione in servizio, con il duplice scopo di accrescere la competenza professionale del singolo e di migliorare la qualità dell’offerta formativa dell’istituto. Alcune scuole polo gestiscono la formazione secondo le esigenze e i contenuti espressi dai docenti in base alle priorità che il Piano nazionale ha individuato. Il Taccuino si inserisce in questo sistema. Anzitutto, nell’ambito delle priorità formative indicate nel Piano, si inserisce per le “competenze per una scuola inclusiva” ed in particolare per le “competenze di cittadinanza”, focus sul quale il lavoro formativo del Cervi incentra la propria proposta parlando di Patrimonio e Paesaggio. A livello metodologico sin dall’inizio è stata fatta la scelta di adottare il modello di Ricerca/ Azione che consente di rispondere ai bisogni formativi così come li articola il Piano nazionale in funzione del portfolio individuale del docente. Infatti per l’area delle competenze didattiche risulta fondamentale il confronto tra docenti e il supporto in itinere che viene fornito ai corsisti; per le competenze organizzative la proposta formativa apre alla partecipazione della scuola e di realtà esterne come fonti per compiti di realtà e progettazione che può divenire anche condivisa con scuole polo di determinati ambiti. Infine, l’iter formativo prevede sempre input culturali legati alla ricerca più recente sui temi trattati, arricchisce così le competenze professionali cercando di realizzare quel legame tra la ricerca culturale e la trasposizione didattica che sostiene l’efficacia e l’attualità delle esperienze scolastica. In questo scenario Patrimonio e Paesaggio sono concetti chiave, idee forza sulle quali lavorare per raggiungere due essenziali obiettivi: • coinvolgere la scuola nel dibattito culturale che oggi riguarda questi temi forti della cultura, della società e dello sviluppo; • costruire con e per i docenti percorsi di apprendimento sovradisciplinari e continui (dall’infanzia alle superiori). 6


Il Decreto sulla cultura umanistica Decreto legislativo della Buona Scuola (Atto 382 del 7 aprile 2017) Nella storia della scuola italiana da sempre nei Programmi e nelle Indicazioni Nazionali i temi della cultura umanistica sono stati presenti, soprattutto nelle decisioni relative al peso nel curricolo delle varie discipline, quante ore di italiano, di storia dell’arte etc. oppure nelle scelte per la lettura dei classici sin dalle medie con l’epica al primo posto etc… Il Decreto legislativo della Buona Scuola in questione che, per dirla brevemente, rende obbligatori sin dall’infanzia musica arte e spettacolo, sancisce un principio mai messo nero su bianco ed al quale destinare risorse e percorsi aggiuntivi e integrati con insegnanti, progetti e forme strutturate di collaborazioni tra diversi soggetti. Per la scuola di 1 grado pensiamo soprattutto al tema della progettualità triennale del Piano dell’Offerta formativa e per la secondaria di 2 grado alla spinta che pare essere data ai licei musicali, coreutici, artistici ed alle altre tipologie con la possibilità di rimodulare il monte orario complessivo con la quota dell’autonomia e degli spazi di flessibilità. Ma soprattutto il Decreto afferma un principio che assurge a valore pedagogico fondamentale. L’istruzione scolastica dovrà assicurare sin dalla scuola dell’infanzia una formazione che ricomprenda le pratiche delle arti visive, della musica e dello spettacolo oltre che sviluppare la conoscenza storico-artistica del patrimonio culturale e naturale italiano. A questo scopo il successivo Decreto attuativo dovrà contenere un Piano delle Arti pensato di concerto tra Miur e Mibact con misure per il sostegno ai temi della creatività e della conoscenza del patrimonio nelle scuole. Viene forse a maturazione l’intenzione di una stretta collaborazione tra Miur e Mibact che già il Piano nazionale di educazione al patrimonio, appunto del Mibact, ha lanciato dal 2015. Quanto queste ottime intenzioni saranno recepite e attuate nelle singole scuole è una scommessa che incrocia il piano di assunzioni, le responsabilità di una didattica aperta e outdoor, la preparazione dei docenti ad uscire dal guscio della propria disciplina per intraprendere strade di sintesi creativa che comunque approdi ad un apprendimento significativo e duraturo. Il lavoro della formazione su Patrimonio e Paesaggio del Cervi si colloca evidentemente in questo solco e vorrebbe essere un aiuto alla progettualità delle scuole.

Spazio e cartografia, il tema dell’anno Il 16 maggio 2017 è stato celebrato il 150° anniversario della nascita della Società geografica italiana in un momento nel quale questa disciplina tenta di uscire da una marginalità nella quale le ultime riforme curricolari di vari ordini scolastici l’hanno costretta. Il Presidente dell’Associazione insegnanti di geografia, Gino de Vecchis, ha affermato che questa situazione è dovuta semplicemente al fatto che qualcuno pensa ancora che la geografia voglia dire studiare a memoria i nomi di città, fiumi e monti. E invece la geografia è, sin dall’antichità, una sorta di filosofia che tenta di interpretare il mondo e i suoi significati. Si è evoluta nei secoli, ma nella sua grande storia un settore è rimasto sempre vivo e lo è ancora più oggi al tempo della tecnologia e di Google Maps, la cartografia che, con il linguaggio visivo, sia esso iconografico e/o metrico, racconta il mondo in tutti i suoi aspetti. Gli strumenti tecnologici permettono di trovare sempre nuove connessioni e di conoscere sempre meglio la Terra nei suoi significati psicologici, ambientali e territoriali. Aver dedicato alla cartografia l’approfondimento del corso 2016/2017 ha avuto proprio questo significato; ritenere che la cartografia sia la madre e la nutrice di una geografia nella quale l’uomo e il 7


suo rapporto con il territorio e il paesaggio sono al centro dell’interesse della formazione valicando così i confini disciplinari per la formazione, con il grande concetto organizzatore, come direbbe E. Morin, di mappa. La lettura delle belle esperienze didattiche che seguono sono la testimonianza della continuità esistente tra mappa di carta, con le sue avventure, e mappa digitale, ma anche mappa personale come orientamento di sé nello spazio e nel tempo, mappa delle cose che ci stanno attorno, mappa del cambiamento di ciò che vediamo, magari indifferentemente, ogni giorno senza accorgici della densità di senso che abbiamo attorno. Un valore educativo autentico.

le immagini riprodotte nel Taccuino sono contenute nel Faldone 48, Busta cartografia, Archivio di Documentazione Fondo Emilio Sereni, Biblioteca Archivio Emilio Sereni, Istituto Alcide Cervi, Gattatico (RE).

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PARTE I

Il dibattito culturale per l’insegnamento



La carta e il paesaggio Luisa Rossi Università di Parma La carte est un langage qui donne consistance a mon corps, elle lui donne un lieu, le réveille, et lui fait reprendre la route. Jean-Loup Rivière, Cartes et figures de la Terre, 1980.

Voi siete qui Dalla mappa rupestre di Bedolina in Val Camonica (Età del Bronzo) ai pannelli con le piante alle uscite delle Metropolitane delle grandi città, la carta accompagna le comunità umane di ogni epoca, cultura nazione. La mappa consente di superare i limiti spaziali abbracciati dall’occhio; grazie al gioco infinito delle scale permette di visualizzare, e quindi di dominare, lo spazio materiale del nostro agire quotidiano, la casa, la città, le regione...; definisce il Paese nelle sue forme reali e simboliche (l’Exagone, lo Stivale...); visualizza il mondo; prepara le guerre e le paci, fonda i progetti, guida i nostri viaggi, disegna confini e paesaggi ma anche filosofie, religioni, utopie, paesaggi immaginari. Nel 1980 Italo Calvino, “eremita a Parigi” dedica alla grande mostra parigina Cartes et figures de la Terre il breve e indimenticabile scritto “Il viandante e la mappa” (Calvino, 1994, pp. 21-28). Se il corposo catalogo dell’esposizione costituisce tutt’oggi un’opera fondamentale per la conoscenza sintetica eppure approfondita dell’universo della carta in tutta la sua complessità – una complessità che chiama in causa spazio e tempo, scienza ed arte, geometria e filosofia, realtà e immaginazione – lo scritto di Calvino, facilmente reperibile, restituisce in poche pagine il senso di secoli di storia della mappa. Da questo scritto, come dal catalogo, riteniamo qui un concetto fondante, e, se vogliamo, paradossale, che riguarda la carta: il suo essere dispositivo insieme “soggettivo” e “oggettivo”. «La descrizione della terra, scrive Calvino, se da una parte rimanda alla descrizione del cielo e del cosmo [e questo chiama in causa le conoscenze acquisite nel campo dell’astronomia e la matematica, i viaggi compiuti al Polo e all’Equatore per definire la sfericità terrestre ecc.] dall’altra rimanda alla propria geografia interiore» (Ivi, p. 27). Erano, del resto, gli anni in cui la geografia maturava la sua rivoluzione epistemologica. L’azione di decostruzione della carta iniziata da John Brian Harley (1932-1991) arriva, fra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, alle note formulazioni circa la necessità di chiarire le modalità della “retorica cartografica” intrinseca ad ogni prodotto del genere. Su un numero di «The Map Collector» del 1987 Brian Harley pubblica un articolo che indica una possibile traccia per l’interpretazione delle carte. Quella analizzata dall’autore è una carta del Devonshire, il foglio «del tutto ordinario» realizzato a grande scala (1:2534) a fine Ottocento dal Servizio Cartografico dello Stato e poi ristampato più volte nel corso del Novecento. Una carta, dunque, né eccezionale né preziosa che lo studioso acquistò per una ragione molto personale: rappresentava il territorio del suo vissuto. L’articolo è del 1987, assai interessante per l’approccio biografico adottato da questo autore – in controtendenza rispetto alla critica cartografica tradizionale fondata su opposizioni binarie: carte vere/false, esatte/inesatte, oggettive/soggettive, scientifiche/ideologiche, letterali/ simboliche – per sostenere quanto poi avrebbe affermato in via teorica in Maps, knowledge and power: la soggettività della carta e il suo carattere ideologico. Salvo che nel senso euclideo 11


più stretto – scriveva – le carte di per se stesse non sono né vere né false: «per la selettività del loro contenuto, per i simboli e per lo stile di rappresentazione, le carte sono un mezzo di immaginare, articolare, e strutturare il mondo degli uomini» (Harley, 1995, pp. 20-21). Analizzando la “sua” carta, Harley ne individuava ben quattro livelli di lettura:

La mia carta – scriveva – è una biografia in quattro sensi. In primo luogo la carta in sé è una biografia, in quanto oggetto materiale concepito, fabbricato e utilizzato in un certa epoca. In secondo luogo, la carta ci serve da legame con le biografie dei suoi produttori, i disegnatori, gli operai, gli stampatori e i geometri che hanno lavorato per riprodurre la figura. In terzo luogo la carta è una biografia del paesaggio che essa disegna: biografia che, come ha detto F. W. Maitland [uno storico della cartografia] è inoltre «più eloquente dei numerosi paragrafi di un discorso scritto». In quarto luogo, cosa che per me ha più valore, la carta rinvia alla mia biografia personale. Essa è un filone ricco di storia personale che libera un insieme di elementi da carta dei ricordi» (Ivi, p. 12).

A partire da quel momento, le mappe vengono analizzate alla stregua di testi letterari: se ne critica l’ambizione di voler restituire tutto il complesso del sensibile, esaurire per segni l’intera immagine del mondo; si mostra come di per sé essa contenga un progetto, esplicito o implicito, sul mondo, un’intenzione di trasformazione o di dominazione. Da qui la sconfessione del mito dell’oggettività della carta i cui contenuti sono letti o riletti alla luce dei contesti politici e scientifici di produzione, degli usi cui è destinata, delle pratiche di terreno e delle modalità di rappresentazione attraverso le quali essa viene realizzata ed, evidentemente, delle biografie degli autori. Le carte sono una forma di linguaggio: considerarle «discorso» consente di porsi la questione dei loro autori e lettori, della segretezza e della censura, della natura delle affermazioni politiche che esse contengono; consente inoltre di esplicitare i meccanismi per cui esse, come i libri, costituiscono una forza politica nella società. Il sapere cartografico è, come ogni forma di sapere, un prodotto sociale. Come tale Harley riconosce, con Foucault, nella cartografia, i legami fra sapere e potere (Ivi, pp. 20-23). Uscire dall’idea della “trasparenza” della carta, metterne in discussione il mito moderno della veridicità e dell’esattezza, rivelare i rapporti di potere e dominazione che essa include, le manipolazioni (generalizzazione, semplificazione, selezione) operate attraverso l’uso delle scale e dei linguaggi adottati, insomma, iscriverne l’analisi sulla convinzione, ormai generalmente condivisa, della carta come dispositivo “bugiardo”, non significa non riconoscerne le potenzialità cognitive e prospettiche. Riprendere le carte storiche al fine di “rimotivare” il territorio, dare ad esso nuove configurazioni (nuove mappe) facendo apparire nuove relazioni, dimensioni, forme fino a questo momento non viste o considerate. È in questa prospettiva che, ancora oggi, affrontiamo lo studio della carta nel momento in cui ne facciamo la fonte (una delle fonti) per lo studio dell’evoluzione dei paesaggi e un mezzo per la pianificazione territoriale e paesaggistica. La carta resta, insomma, un referente ineludibile.

I linguaggi della carta fra arte e geometria La discussione su come rappresentare il paesaggio nelle carte si è storicamente sviluppata intorno a due nuclei concettuali fondanti: esattezza ed effetto. Due concetti – e due domini di saperi e tecniche – in qualche modo antitetici: il primo fa infatti riferimento alle regole di costruzione della “trama”: il reticolato geografico (il riferimento al cielo e al cosmo di Calvino), la triangolazione, il livellamento; il secondo chiama in causa i sensi: un sistema di di-segni distribuiti su quello che non a caso i francesi definiscono canevas ha il compito di visualizzare le forme del paesaggio (figuré). La storia della carta può essere letta attraverso questa tensione 12


fra imitazione della natura e astrazione, paesaggio “artistico” e paesaggio “geometrico”. A determinare la differenza della grammatica cartografica è il punto di vista adottato: la proiezione verticale permette di distinguere le forme dei fenomeni la cui restituzione richiede più le competenze dell’artista che quelle del cartografo; la proiezione orizzontale schiaccia il paesaggio, gli toglie ogni profondità, ma consente di mostrare l’organizzazione spaziale dei fenomeni in insiemi omogenei e gerarchizzati. Per tutto il Seicento e oltre la questione è “risolta” in una produzione cartografica che cerca di contenere entrambi i punti di vista attraverso quella che per convenzione è stata definita perspective cavalière o “a volo d’uccello”. In un bel saggio in cui affronta precocemente (1982) il tema della percezione geografica del rilievo terrestre, Jean-Pierre Nardy parla di un grande seduzione: il progetto di «combiner sur le même document représentation verticale et répresentation perspective, afin d’embrasser d’un seul regard le réel sous tous ses aspects et de lire simultanément un plan et une table d’orientation panoramique».

Ripartiamo dai Cassini Uno degli aspetti della mostra che aveva colpito Calvino era la carta dei Cassini. La carta dei Cassini (in scala d’una linea per cento tese, cioè di 1 a 86.400) è esposta nella mostra in una riduzione che invade tutto uno stand dilagando dalle pareti al pavimento. Ogni foresta vi è disegnata albero per albero, ogni chiesetta ha il suo campanile ogni villaggio è quadrettato tetto per tetto, cosicché si ha l’impressione vertiginosa di avere sotto gli occhi tutti gli alberi e tutti i campanili e tutti i tetti del Regno di Francia (Calvino, 1994, p. 27). La carta dei Cassini costituisce uno spartiacque nella storia della carta. Si tratta della prima carta topografica geometrica di un grande stato. Il capostipite, Giandomenico Cassini (detto Cassini I : 1625-1712) era originario di Perinaldo (Liguria), aveva lavorato nell’Osservatorio di Panzano (Castelfranco Emilia) e insegnato geometria euclidea e astronomia all’università di Bologna. Chiamato da Colbert, dirige l’Osservatorio di Parigi. Il figlio, Jacques Cassini (Cassini II) è egli stesso astronomo. Nella prima metà del Settecento, i due primi Cassini si dedicano alla misurazione del meridiano di Parigi (Dunkerque – Perpignan, lavoro terminato nel 1718 e verificato nel 1839), base per le future operazioni. Nel 1733, con César-François Cassini (detto Cassini de Thury o Cassini III) inizia la vera e propria impresa della carta con le prime triangolazioni. L’impresa viene portata avanti dal figlio Jean-Dominque Cassini (Cassini IV). I rilievi furono effettuati fra il 1750 e il 1791 sotto la sua direzione e i 181 fogli che compongono la carta furono pubblicati fra il 1756 e il 1815. Nonostante i difetti già riscontrati all’epoca della pubblicazione degli ultimi fogli, la Carta dei Cassini resta una grande opera – di cui si conservano le minute originali – scientifica e artistica che univa in sé esattezza (alla “scala” dell’epoca) ed effetto visuale, pittoresco nella rappresentazione degli elementi del paesaggio (boschi, coltivazioni, giardini etc.). Il maggior limite consisteva nella rappresentazione del rilievo terrestre. Nello sforzo di non tradire la proiezione orizzontale con l’inserimento della rappresentazione delle montagne e delle colline in proiezione verticale o a volo d’uccello, come accade nelle carte di Antico Regime e non di rado ancora nel primo Ottoceno, la Carta di Cassini trascura i movimenti del terreno dandone una visione vagamente percettiva attraverso sommari tratteggi: figure «fantaisistes», «chenilles» (bruchi pelosi) è stato scritto (Dainville, 1955).

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Nascita ed evoluzione della cartografia a curve di livello La restituzione del rilievo nelle carte costituisce un ulteriore fase della transizione della carta dai modelli “pittoreschi”, lontani dall’esattezza ma espressivi del paesaggio, ai modelli geometrici moderni, privi o quasi di elementi capaci di visualizzarlo. Le prime “intuizioni” delle curve parallele ed equidistanti risalgono anch’esse al Settecento e all’ambiente degli idrografi come derivazione delle curve batimetriche, più facili da rilevare: per misurare le profondità di uno specchio marino bastava, evidentemente, gettare in acqua da un battello un filo con un peso. Assai più complicato misurare i rilievi terrestri, per cui negli anni del Settecento Marcelin Du Carla immagina la montagna “tagliata” da piani orizzontali successivi. Dalla teoria alla pratica si passa, nell’ambiente del Genio francese, quando si rilevano le prime carte a curve di livello quotate di siti circoscritti destinati alla realizzazione di fortificazioni. Una precisione nella restituzione del paesaggio a servizio delle operazioni di difesa. La prima esperienza significativa risale al 1801 in Italia, a Rocca d’Anfo (Brescia) ad opera del capo di battaglione François Haxo. Si tratta di interessanti figure a grandissima scala nelle quali la pianta geometrica viene “incastrata” nel paesaggio reso visivamente nell’ardito contesto paesaggistico che deve ospitare la struttura difensiva (tutt’ora esistente). Sarà, pochi anni dopo, la Brigade topographique del dépôt des fortifications diretta dal capitano del Genio Pierre-Antoine Clerc ad affermare con decisione il metodo delle curve di livello di territori piuttosto estesi nelle missioni compiute a partire fra il 1809 al 1814 in Italia (Golfo della Spezia), Francia e anche oltre il Reno. La Carte nivelée par courbes horizontales del promontorio di Porto Venere in scala 1:5000, che conclude il lavoro di terreno effettuato da Clerc e dai suoi allievi fra il 1809 e il 1811, è un magnifico esempio di carta perfettamente geometrica e in proiezione orizzontale che, grazie all’impiego dell’acquarello e all’inserimento di elementi visuali come il disegno minuzioso delle coste, delle falesie etc., non perde la restituzione del paesaggio. Il metodo di Clerc arriverà ad affermarsi a metà Ottocento acquisendo via via precisione e gradualmente “perdendo il paesaggio” fino all’astrazione completa delle carte contemporanee. L’acquisizione della consapevolezza che l’organizzazione territoriale e paesaggistica e la progettazione di manufatti non possono scaturire soltanto da categorie “cartesiane” ma necessitano di considerare, anche attraverso la rappresentazione cartografica, categorie qualitative, ha promosso da qualche decennio da parte degli operatori più illuminati (urbanisti, amministrazioni locali) una variegata produzione cartografica “laterale” espressiva delle forme del paesaggio, delle relazioni spaziali, delle istanze sociali, perfino del legame affettivo fra uomini (e donne, bambini, anziani) e luoghi.

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Bibliografia AA. VV., Cartes et figures de la Terre, Paris, Centre Georges Pompidou, 1980. Burini F., Cartografia partecipativa, Milano, FrancoAngeli, 2016. Calvino I., Il viandante nella mappa in Collezione di sabbia, Milano, Mondadori, 1994, pp. 21-28. Dainville F. (de), La Carte de Cassini et son intérêt géographique, «Bulletin de l’Association des géographes français», a. 1995, vol. 32, n. 251, pp. 138-147. Harley J. B., Le pouvoir des cartes. Bryan Harley et la cartographie, a cura di Peter Gould et Antoine Bailly, Paris, Anthropos, 1995. Quaini M., Gemignani C. A. (a cura di), Cantiere paesaggio, Materiali e strumenti per la costituzione degli Osservatori locali, Milano, Franco Angeli, 2014. Rossi L., Il segno e il colore. Il paesaggio nella lente della topografia fra Sette e Ottocento, «Geostorie. Bollettino e Notiziario del Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici», pp. 11-60. Rossi L., Napoleone e il Golfo della Spezia. Topografi francesi in Liguria tra il 1809 e il 1811, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2008.

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Cartografia. Storia e linguaggio Carlo Alberto Gemignani Università di Parma

Con il mio intervento nell’ambito del Progetto di formazione docenti Spazio e Cartografia ho voluto offrire una rapida panoramica delle potenzialità didattiche offerte dalle mappe, soprattutto in ambito geografico e storico, a patto che esse siano correttamente “lette” (e non solo “osservate”) e criticamente interpretate. A partire dalla più comune definizione di carta geografica – «rappresentazione ridotta, approssimata e simbolica della Terra o di una sua parte» – i partecipanti sono stati chiamati a interrogarsi, innanzitutto, sulle possibilità conoscitive offerte da uno strumento di analisi complesso, utile soprattutto in due prospettive d’azione: • perché dalla “concretezza” della carta possiamo trarre informazioni che ci sono utili a interpretare le relazioni fra ambiente, territorio e paesaggio in una determinata area e le loro trasformazioni storiche1; • perché la carta, al di là delle cose che rappresenta (montagne, fiumi, strade, edifici, campagne coltivate, boschi ecc. ecc.), conserva alle spalle un contesto (politico, sociale, culturale) che vale la pena di decifrare, anche perché si connette alle modalità attraverso cui l’uomo ha sviluppato la capacità di dare forma e legittimare i propri spazi2. A partire da tre punti di ancoraggio – cioè dalla constatazione che: «la capacità che possiede l’uomo di esplorare, raccogliere e osservare i dati ambientali risiede in primo luogo nel sistema visivo» (De Vecchis, 2007, p. 33); che il principale compito della carta, dalla più antica alla più attuale, è quello di collocare il soggetto osservante e gli oggetti che lo circondano nello spazio; che la nostra mente non può (più) fare a meno della mappa per concepire il mondo e le principali relazioni ambientali e politiche che lo reggono, non sapendo l’essere umano “fisiologicamente” cogliere lo spazio oltre i limiti dello sguardo – si è cercato innanzitutto di indagare le potenzialità della cartografia come punto di partenza per lo studio diacronico delle trasformazioni del paesaggio e delle componenti territoriali non immediatamente visibili. Ciò ha consentito di introdurre brevemente il tema della conoscenza del proprio e degli “altri” territori attraverso la verifica dei dati visivi, raccolti e catalogati in insiemi a seconda dello schema interpretativo che è possibile adottare in ambito didattico (morfologico-fisico, naturalisticoecologico, economico-sociale, storico-sociale, ecologico-storico, percettivo-narrativo). Gli esempi trattati hanno ovviamente fatto emergere l’importanza, per il docente, della conoscenza dei principali meccanismi logici alla base del linguaggio cartografico, della sua “grammatica”, rimandando ad una bibliografia specifica (Sturani, 2004; Governa, 2004; Sauro et. al., 2005; Spada, 2007; Lavagna, Lucarno, 2007). Questo ambito di indagine ha consentito di introdurre il tema della storia della cartografia così come è stata interpretata, a partire dalla fine degli anni Settanta del Novecento, da studiosi come J.B. Harvey, David Woodward, Claude Raffestin e, in Italia, Franco Farinelli, Massimo Quaini, Paola Sereno, Vladimiro Valerio, 1 Per la definizione dei concetti chiave di “ambiente, territorio e paesaggio” rimando, oltre che alla sempre valida lezione di Lucio Gambi (2008), ad un recente scritto di Ivo Mattozzi (2016). 2 Per la preparazione di questo contributo, che sostanzialmente ricalca l’intervento svolto presso la Biblioteca-Archivio Emilio Sereni mercoledì 16 novembre 2016, mi sono avvalso dei materiali elaborati da Luisa Rossi (Università di Parma) nell’ambito di un Corso tenuto presso il Dipartimento di Architettura e Design dell’Università di Genova e intitolato Cartografie storiche. Teoria e applicazioni (febbraio 2016). Ho poi ripreso alcuni contenuti da Gemignani, 2016.

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Emanuela Casti, Giorgio Mangani. Una storia non semplicemente tecnica ed evoluzionistica (dai sistemi di rappresentazione e calcolo primitivi al satellite e ai GIS) ma basata al contrario sulla constatazione che le mappe, per ragioni legate alla loro stessa costruzione, “mentono”, e sono sempre costruite per rispondere alle esigenze di una qualche autorità: politica, economica, religiosa. Le carte geografiche sono quindi analizzabili criticamente come prodotti sociali, frutto di conoscenze, intenzioni e pratiche che vanno a investire, “costruendolo”, lo spazio geografico. Ecco allora che la carta – seguendo ancora la lezione di Harvey – può essere interpretata come l’insieme di diverse “biografie”: in quanto oggetto materiale concepito, fabbricato e utilizzato in una certa epoca; perché rappresenta un legame con le biografie dei suoi produttori: committenti, scienziati, topografi, disegnatori, editori ecc.; come “biografia” del paesaggio che essa stessa riproduce e del territorio che essa “rende concepibile”. La sostanza della carta che alla fine emerge è quella di un attrezzo efficace (soprattutto se a grande scala di dettaglio) come strumento analitico di individuazione di oggetti, risorse, criticità e relazioni localizzate nella concretezza dello spazio geografico, ma anche in quanto strumento di legittimazione del potere e di creazione delle identità locali e nazionali, al pari dei trattati, dei discorsi retorici e delle canzoni patriottiche.
 Gli esempi scelti per dare sostanza a questa impalcatura teorica – dedicando quindi un occhio al contesto storico di produzione dei materiali e uno alle informazioni storico-territoriali e paesaggistiche ricavabili dalla loro lettura – sono stati tratti dalle produzioni tecniche di Matteo Vinzoni (Levanto, 6 dicembre 1690 – Levanto, 12 agosto 1773), una delle più significative figure di cartografi di Antico regime operanti in ambito ligure (Quaini, 1986), e da quelle della Brigata topografica napoleonica comandata da Pierre Antoine Clerc (Nantua, 8 novembre 1770 – Metz, 1843), operante nel Golfo della Spezia fra 1809 e 1811 e sperimentatrice del metodo delle curve di livello (Rossi, 2007; Id., 2008). L’analisi di una parte del corpus cartografico prodotto da Vinzoni e dai topografi napoleonici ha consentito poi di gettare un particolare sguardo sull’utilizzo della cartografia storica all’interno di quei processi che sono stati chiamati di “patrimonializzazione” (cfr. Giana, 2013 e la bibliografia citata), cioè al loro uso come strumenti utili al riconoscimento di risorse locali spesso non più attive ma osservabili nei loro effetti ambientali e paesaggistici (si pensi a molte fra le pratiche agricole già descritte nei loro esiti visivi da Emilio Sereni nella Storia del paesaggio agrario italiano) e storicamente conoscibili, quindi possibili futuri oggetti di valorizzazione economica e culturale. Dal modello meno astratto e più figurativo della cartografia storica deriva infatti un ulteriore strumento di rappresentazione del patrimonio locale: la Mappa di comunità, il cui modello è stato recentemente applicato alla stesura degli innovativi piani paesaggistici delle regioni Puglia e Toscana3. Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questo testo

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3 Confronta i testi all’indirizzo: http://paesaggio.regione.puglia.it/images/stories/Mappe_COMUNIT/ mappe_comunita_dossier.pdf

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Bibliografia Gambi L., Un elzeviro per la regione, in Germandi M.P., Tonet G. (a cura di), La cognizione del paesaggio Scritti di Lucio Gambi sull’Emilia Romagna e dintorni, Bologna, Bononia University Press, 2008, pp. 281-317. Gemignani C.A., La didattica della geografia e la prospettiva geostorica/geografico-storica nei cicli TFA/PAS a Parma, «Liguria geografia», Anno XVIII, Supplemento al n° 6-7-8, giugnoluglio-agosto 2016, pp. 113-120, disponibile all’indirizzo: http://www.aiig.altervista.org/ notiziario/2016/Convegno%20Geo-Storia.pdf. Giana L., Percorsi contemporanei di patrimonializzazione: la Robiola di Roccaverano parte II, in Cevasco R. (a cura di), La natura della montagna. Scritti in ricordo di Giuseppina Poggi, Sestri Levante (GE), Oltre ed., pp. 96-111. Governa F., Fonti e dati statistici nella didattica della geografia, in Le fonti cartografiche nella didattica della scuola secondaria: problemi e modalità di impiego, in Sturani M.L. (a cura di), La didattica della geografia, Alessandria, Dell’Orso, 2004, pp.123‐143. Lavagna E., Lucarno G., Geocartografia. Guida alla lettura delle carte geotopografiche, Bologna, Zanichelli, 2007. Mattozzi, I., Epidemia di paesaggite!, «La vita scolastica», 6, 2016. Quaini M., Matteo Vinzoni: la formazione dello sguardo e del linguaggio di un cartografo, in AA.VV., Studi in memoria di Teofilo Ossian De Negri, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, 1986, vol. III, pp. 85-106. Rossi L., La nascita della cartografia a curve di livello in Italia. L’attività della brigata Clerc nel Golfo della Spezia (109-1811), in Cantile A., a cura di, La cartografia in Italia. Nuovi metodi e nuovi strumenti dal Settecento ad oggi, Firenze, Istituto Geografico Militare, 2007, pp. 39-47. Rossi L., Napoleone e il golfo della Spezia. Topografi francesi in Liguria tra il 1809 e il 1811, Cinisello Balsamo (MI), Silvana ed., 2008. Sauro U., Meneghel M., Bondesan A., Castiglioni B., Dalla carta topografica al paesaggio. Atlante ragionato, Vicenza, ZetaBeta, 2005. Spada A., Che cos’è una carta geografica, Roma, Carocci, 2007. Sturani M. L., Le fonti cartografiche nella didattica della scuola secondaria: problemi e modalità di impiego, in Sturani M.L. (a cura di), La didattica della geografia, Alessandria, Dell’Orso, 2004, pp.145‐173.

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Il paesaggio come una materia della geostoria Gabriella Bonini Biblioteca Archivio Emilio Sereni

Per decenni le discipline della storia e della geografia hanno condiviso la stessa stanza disciplinare, ma di fatto l’hanno vissuta in regime di netta separatezza, contribuendo così al consolidamento di una metodologia rassicurante, concordemente utilizzata dalla pressoché totalità dei docenti di questa unica (sulla carta) disciplina: dalla semplice localizzazione dei fatti storici, all’elementare storia illustrata dei luoghi in ambito geografico. In fondo, per semplificare il rapporto fra storia e geografia, basta un luogo e una data! L’introduzione della “Storia e Geografia” nel biennio dei licei (due ore di storia e una di geografia) ha aperto nuove prospettive di rinnovamento non solo formale, sempre che i docenti siano in grado di coglierne le opportunità. Le Indicazioni nazionali sottolineano come non va trascurata la seconda dimensione della storia, cioè lo spazio. La storia comporta infatti una dimensione geografica; e la geografia umana, a sua volta, necessita di coordinate temporali. Le due dimensioni spazio- temporali devono far parte integrante dell’apprendimento della disciplina”. In ambito geografico si afferma: importante a tale riguardo sarà anche la capacità di dar conto dell’importanza di alcuni fattori fondamentali per gli insediamenti dei popoli e la costituzione degli Stati, in prospettiva geostorica. L’abbinamento delle due discipline non deve dunque essere presa come una nuova materia, la Geostoria, ma come l’occasione per costruire percorsi scolastici innovativi, aprendo la strada alla didattica integrata, introducendo, cioè, percorsi a partire da temi e problemi, nella loro evoluzione temporale e nella dimensione spaziale, sociale e culturale. Come costruire una vera complementarità fra storia e geografia? Come incoraggiare la collaborazione interdisciplinare capace di esaltare le valenze educative e formative di entrambe le discipline e di rinnovare i processi di insegnamento e di apprendimento? Quali strumenti possono costituire un valido supporto didattico? Il legame tra le società umane e lo spazio da loro occupato è inscindibile sin dalle età più antiche ed è un’acquisizione concettuale di fondamentale importanza per tutte le scienze dell’uomo. Le società vivono di spazio, lo utilizzano, lo consumano, in un intreccio continuo tra uomo e ambiente, che cambia nel corso del tempo in modo diversificato. L’ambiente, ci dice la scuola francese delle «Annales», è l’insieme di una gamma di possibilità offerte alle diverse società umane: ogni società, in base alla propria storia, alle proprie istituzioni, alla propria cultura e tradizione, si adatta al contesto ambientale, valorizzando o contrastando ciò che esso offre. In quest’ottica, una più attenta lettura retrospettiva del territorio, lo spazio antropizzato frutto dell’azione dell’uomo, e una più sfaccettata visione del tempo storico hanno permesso nuove riflessioni, fermo restando i diversi approcci metodologici. Si è giunti così a leggere il territorio come una rete di simboli, di valori, di risorse materiali e immateriali riconosciute da una comunità, di relazioni e di flussi a scale geografiche diverse, tra globale e locale. La stessa dimensione sociale dell’agire fa sì che il territorio non sia la mera somma delle singole azioni, bensì il prodotto di un lavoro di continua progettazione e trasformazione della collettività,secondo una dinamica trasformativa continua, segnata da mutamenti che spesso incidono profondamente sull’organizzazione della società, riorientando talvolta le stesse logiche territoriali. L’analisi storica di questo processo ha una forte valenza geografica, perché fa luce sul funzionamento e sull’organizzazione di una società, sulla modalità del modellamento della superficie terrestre, che sostiene i progetti collettivi e fornisce le risorse per la loro realizzazione. 19


In questo contesto storia e geografia sono chiamate a porre al centro l’esperienza umana nel tentativo di chiarire il significato di concetti, di simboli, nella loro appartenenza allo spazio e al tempo. Il rapporto uomo-ambiente è dunque complesso: la storia ne scandisce il ritmo, la geografia ne è il disegno. Declinato a livello didattico, tutto ciò significa collocare con precisione dati ed eventi, periodizzare, ricostruire i processi spazio-temporali, ma soprattutto pensare per relazioni. Purtroppo, però, nella pratica del lavoro d’aula, è facile cadere nel nozionismo, pratica del tutto lontana da quella che dovrebbe essere una visione problematica dei fenomeni. La storia resta un elenco di date e la geografia un insieme di conoscenze sui luoghi, sui paesaggi, sugli stati. In questo modo si viene ad eliminare il valore formativo di entrambe le discipline che consiste nella capacità di offrire punti di vista teorici e operativi sul mondo passato e su quello contemporaneo, mettendo a disposizione strumenti concettuali, metodologici e di rappresentazione, efficaci non solo per capire il pianeta, ma anche per abitarlo, per educare alla cittadinanza, allo sviluppo sostenibile, alla complessità della dimensione territoriale.

Cosa e come fare? Mi limito a considerare la materia paesaggio che ben si presta all’approccio gostorico. Il paesaggio designa una determinata parte del territorio percepito e abitato da una popolazione. Se ciascun elemento del paesaggio, che rimanda a una varietà di concetti, è un segno con un significante visibile e un significato sottinteso, per giungere alla sua comprensione, è necessario conoscerne il codice di trascrizione. E questa lettura non richiede particolari competenze tecniche, ma soltanto “occhi allenati” in grado di vedere ciò che non è immediatamente percettibile. I percorsi di lettura, al di là dell’acquisizione dei contenuti, aiutano a sviluppare le capacità di analisi e coinvolgono sia la dimensione sensoriale-emotiva sia quella della razionalità. Con il paesaggio si può “interrogare” il territorio e introdurre “questioni territoriali”, geografiche e storiche, aprendo, in entrambe le direzioni, prospettive per la ricerca in campo applicativo e didattico. In primo luogo, attraverso la lettura dei segni delle persistenze storiche o del recupero delle fonti, si riconoscono le successive tappe di trasformazione verificatesi nel tempo, si capisce il valore culturale di ciò che ci è stato trasmesso e il significato patrimoniale che esso assume. Leggere il paesaggio aiuta, dunque, a situarsi nel tempo oltre che nello spazio, a riallacciare i legami con le generazioni precedenti e a recuperare il senso delle identità dei luoghi. Inoltre, il confronto tra passato e presente apre lo sguardo sui paesaggi futuri, sulle opzioni di scelta da compiere, e quindi anticipa un futuro di scelta possibile. Il paesaggio può permettere, infine, relazioni più responsabili nei rapporti con l’altro, in base ai diversi attori che lo hanno costruito e lo costruiscono, della pluralità di sguardi che lo osservano, lo rappresentano e lo rivestono di significati. Esso è per definizione luogo di relazione, un riferimento identitario, un prodotto culturale, costruito grazie all’apporto e al confronto tra culture, ambienti e nature differenti. A questo punto, lo spazio geografico, che rimanda al mondo degli oggetti e della loro posizione, declinato nelle diverse prospettive del territorio, del luogo, dell’ambiente, del paesaggio, della storia dell’uomo ivi inserito, è da considerarsi fondamentale per la formazione. Fondamentali ne diventano allora le sue molteplici rappresentazioni visuali. Se a lungo le immagini sono state utilizzate nella didattica della geografia soprattutto come strumenti in grado di mostrare la realtà, e meno per attribuirvi significati e costruirne interpretazioni, ora è necessario sfruttare, oltre alla portata descrittiva, anche la capacità di stimolare percorsi cognitivi complementari 20


di interpretazione, di conoscenza degli avvenimenti storici, politici, sociali, economici che li sottendono, in una visione più complessa e problematizzante delle tematiche di studio, dunque geografica e storica in nome del raggiungimento di una formazione critica dello studente. Per concludere: se attraverso l’osservazione, che è da sempre al centro della produzione geografica, tramite il ricorso a metafore visive come strumento attraverso cui trasferire tale conoscenza, la geografia interpreta la realtà utilizzando in svariati modi il potenziale conoscitivo delle rappresentazioni visuali, analogamente, insegnare a conoscere e comprendere il mondo chiama in causa un appropriato utilizzo delle immagini, in grado di sollecitare l’osservazione, incoraggiare lo sguardo critico sui fenomeni sorico-sociali-culturali, favorendone l’interazione e, in questo processo, stimolarne l’apprendimento geostorico.

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Dalla rappresentazione dello spazio al Paesaggio Culturale Sandra Manara Mibact

La formazione dei docenti sul Patrimonio Culturale rimane un elemento cardine di tutto il sistema educativo italiano animato dalla consapevolezza dei contenuti dell’art.9 della Costituzione del 1948 che recita: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. All’epoca, infatti, era il Ministero dell’Istruzione che si faceva carico di perseguire questo obiettivo servendosi della Direzione Generale Antichità e Belle Arti che ne faceva parte. In estrema sintesi, Il Patrimonio Culturale è tutto ciò che testimonia una civiltà (in un tempo e in un luogo) per le future generazioni e possiamo considerare il paesaggio il bene culturale apicale, per eccellenza essendo la stratificazione delle caratteristiche naturali, culturali, sociali, economiche di un luogo e della sua civiltà dove la totalità vale più della somma. Il Paesaggio risponde a tutti i “requisiti” di un bene culturale, è visibile e si confronta con la cultura della comunità che lo ha prodotto e con la cultura di chi lo guarda. L’abitante e il viaggiatore sono i due archetipi del nostro modo di fare esperienza del mondo. Nella percezione del paesaggio la memoria ci permette di comparare quello che vediamo con ciò che abbiamo visto. Il legame tra memoria e percezione ci trasporta nel campo della cultura, dove il paesaggio trova il suo senso più completo. Ad oggi in Italia, il paesaggio è tutelato dallo Stato con l’applicazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs.42/2004), è tutelato dall’ONU attraverso i Siti Unesco e dall’Europa che, con la Convenzione Europea del Paesaggio, definisce il Paesaggio come una parte di territorio, così come è percepito dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. Tutto è paesaggio, tutto ciò che ci fa sentire a casa nostra è degno di tutela ed oggi, grazie all’applicazione dei principi della Convenzione Europea possiamo dire che il Paesaggio è diventato un valore ed ha promosso tutta una serie di CITTADINANZA ATTIVA.

Dalla rappresentazione pittorica del Paesaggio alla cartografia La parola Paesaggio nasce nel XVI secolo come termine tecnico usato dai pittori per indicare i fondali delle scene figurative che sono diventati nel tempo un genere pittorico. La pittura è stata una autentica scuola dello sguardo e attraverso l’arte abbiamo appreso il modo di vedere il mondo, distinguere le diversità e proiettare i sentimenti sul territorio. Possiamo dire che sono stati i pittori a insegnarci a vedere il territorio come paesaggio.

Dalla cartografia su carta, a quella su pixel, le carte tematiche J.Lagrange nel 1770 definisce una carta geografica una figura piana che rappresenta la superficie della terra. L’incrocio dei dati provenienti dalla cartografia storica costituisce una necessaria quanto imprescindibile anemnesi dei luoghi. Dall’arte della rappresentazione sul piano della superficie 22


terrestre, ora la cartografia viene considerata come linguaggio in grado di diffondere messaggi attraverso simboli decodificabili (la legenda). Mentre la cartografia tradizionale offre un documento statico bidimensionale e di una area delimitata, quella digitale può essere organizzata in sequenze dinamiche, differenti visualizzazioni, immagini illimitate, perfino immersive. Infatti, se la percezione visiva continua a essere fondamentale per riconoscere, comprendere e godere del paesaggio, oggi tende ad essere qualificato come paesaggio anche ciò che percepiamo attraverso gli altri sensi: il paesaggio sonoro, il paesaggio gastronomico, oppure spesso sentiamo parlare di mappe di comunità che vogliono spingersi al riconoscimento dell’identità di una comunità attraverso un processo di partecipazione.

Dalla conoscenza alla valorizzazione Tutto questo serve alla valorizzazione di un territorio che non può prescindere in nessun modo dalla lettura articolata del luogo e dalla comprensione profonda dei valori che rappresenta.

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Cippi confinari e paesaggio Albino Calori Geologo

Da quando la terra cessò di essere comune per diventare proprietà di chi per primo l’aveva occupata (e soprattutto da quando l’uomo iniziò l’agricoltura), si pensò di porre segnali per identificarne i confini1. Già in epoche remote i limiti tra popoli o anche tra fondi furono segnalati con pietre (simbolo d’eternità) conficcate nel terreno. Le pietre confinarie, che troviamo già citate da Omero nell’Iliade, grosse e nere pietre, come anche dai Romani (Tito Tazio), furono poste sotto la tutela del Dio Termine (da cui deriva il loro nome attuale) festeggiato il 23 febbraio con i riti dei Terminalia. Nel Medioevo la sacralità dei Confini era anche protetta da atroci pene corporali, come quelle del taglio della mano. In molti casi il confine era materializzato da fiumi, torrenti, crinali, spartiacque. Un odierno esempio è quello del Fiume Judrio (Friuli) che per circa 40 Km demarca il confine tra Italia e Slovenia. Il primo caso di pietra confinaria artistica fu nel 1750 tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Austro-Ungarico: nei Termini, la Serenissima è rappresentata dal Leone di San Marco e l’Impero di Maria Teresa dallo stemma del Ducato Asburgico confinante (Tirolo, Carinzia, Carniola). Vicino a noi, possiamo ammirare i Termini a Piramide sulla Strada Nazionale dell’Abetone tra il Ducato di Modena ed il Gran Ducato di Toscana (1780), oggi confine Modena-Pistoia. L’avvento della moderna topografia2 consacrò un parallelepipedo (esplicativo e sobrio) come pietra simbolo del Termine, avente sulle due facce maggiori il simbolo dello Stato e sulle facce minori il millesimo inerente, la data della disposizione ed il numero d’ordine. La Val d’Enza fu la prima (1821), nel nostro intorno, a posizionare Termini di Confine. Forse perché Bazzano e Scurano erano enclave modenesi al di là dell’Enza, e Ciano e Gombio lo erano per la causa parmense oltr’Enza3. Poco tempo dopo la Disposizione inerente la posa dei Termini lapidei di Confine lungo la disomogenea Val d’Enza, venne realizzata la Carta del Ducato di Parma e Piacenza (1823); 1 I Termini lapidei di Confine sono ancora oggi elementi puntuali e insostituibili per definire gli spazi territoriali. Utile base bibliografica sono i testi: Anceschi Alessio, Geografia degli Stati Estensi, ed. Incontri, Sassuolo (MO), 2016; Cenci Alberto, Contrabbandieri e dogane, ed. Antiche Porte, Reggio Emilia, 2002; Baricchi Walter, Insediamento storico e beni culturali dell’Appennino Reggiano, IBC-RER, Bologna, 1998; Itinerari geologicoambientali nelle terre matildiche, ed. Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2004. 2 La scoperta della moderna topografia, a cavallo del sorgere del XIX secolo, cambia la cartografia del territorio, che non viene più descritto “a volo d’uccello” ma secondo regole precise che consentono di avere carte equiparabili tra loro. La realizzazione di una prima carta geografica moderna avvenne nel 1823, Carta del Ducato di Parma e Piacenza 1833, Carta del Regno Lombardo Veneto 1849, Carta del Ducato di Modena 1851, Carta del Gran Ducato di Toscana e Stato Pontificio 1853, Carta del Regno Sardo (già accorpata la Repubblica di Genova) 3 L’odierna reperibilità di leggi ducali, in 128 volumi per il Ducato di Parma e in 16 volumi per quello di Modena, esplicita l’attenzione sia per una normativa nazionale sia quella per i Termini di Confine, riguardo ai quali, comunque, non esiste una monografia per i singoli cippi lapidei ma solo una traccia confinaria.

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per renderla più omogenea, il Ducato chiese autorizzazione a Modena di cartografare anche i territori di Bazzano e di Scurano: gli venne sì concessa, ma la fatica pratica e la refrattarietà di gente straniera non fu facile da addomesticare allo scopo dell’opera, scopo che era - anche per vanità causata da questa nuova “scoperta”- quello di chiamare con l’esatto nome i luoghi e le regioni che venivano ufficialmente battezzate per la prima volta4 e che traevano il loro nome principalmente dalla terra e dalla morfologia del terreno (pochi i toponimi dovuti al nome delle genti). L’evoluzione della moderna topografia andava generando una cartografia vera e propria, che illustrava, per scopi esclusivamente militari, il territorio; naturalmente i territori di confine, più sensibili alle vicissitudini, interessavano maggiormente le attenzioni dei sovrani. Troviamo pertanto oggi negli Archivi di Stato la carta dei Confini del territorio di Bazzano e di quello di Scurano realizzate nell’aprile 1839, nonchè la carta dei Confini dei territori di CianoRossena e di quelli di Gombio-Vedriano realizzate nell’agosto dello stesso anno; in queste sono cartografati i Termini lapidei di Confine5, nonché tutte le peculiarità, viarie e geomorfologiche, che interessano la linea di confine (strade, corsi d’acqua, monti, ecc.) ed uno stretto suo intorno. È guida pertanto, non esistendo monografie dei singoli Cippi, una “Notificazione Presidenziale” scritta da chi non ha ancora confidenza [o forse inconsciamente la rifiuta?6] con la nuova cartografia, e descrive un tracciato andando dal “sito A” al “sito B” con sua personale memoria, ma che qualche volta non figura nelle carte ufficiali. Della Carta di Ciano-Rossena sono state rinvenute due “Carta Idrografica del territorio” non datate, ma facilmente attribuibili al periodo di poco precedente l’ufficialità. Ma quali sono i suggerimenti che ci può dare la conoscenza dei Termini lapidei di Confine? Oggi, è produttiva questa conoscenza? Cercherò, con esempi pratici, di dare giustificazione alla positività della risposta. Oltre ad instradarci sull’assoluta veridicità dei dati puntuali per scrivere di Storia, i Termini di Confine ci illustrano precedenze storiche esistenti7 e ci consentono di conservare l’esatta toponomastica, che proviene dalla natura e dal passato ufficiale dei luoghi. Consentono di credere ancor più all’esattezza dei toponimi catastali8, che da qui provengono e che sono esatti tanto quanto la riconosciuta appartenenza padronale di un sito. Suona, con la conoscenza di questo tema, un campanello per la valorizzazione del Termine di Confine ducale sito a Costa Medolana, sull’odierno confine comunale fra Casina e Carpineti. Il T128 è il punto del Ducato di Parma che più si addentra nell’odierna provincia di Reggio; consente parimenti la scoperta di Gombio, oggi piccolo borgo ma con una storia davvero superba alle spalle. 4 Tipico esempio di maldestra toponomastica fu, a Bazzano, il “Rio delle Spine” che il locale in dialetto disse essere “Al Rio di Bocc” e che l’operatore tradusse e scrisse in “Rio delle Bocchie”. 5 I Termini lapidei di Confine vengono comunemente detti “Cippi”, mentre l’esattezza bibliografica invita a chiamarli con un “T” a cui segue il numero d’ordine; a seguire ad es. il “T225” sarà la serie cui ci si riferisce ed ogni altra opportuna specifica. 6 Gli italici Stati pre-unitari, così come avevano desiderio di primeggiare, mostravano rivalità impossibili da gestire. Come sempre. L’odierna e ricca cartografia A.C.I. e T.C.I. non è altro che frutto di mai sopite antiche rivalità che hanno impedito a valide realizzazioni di confluire nell’Istituto Topografico Militare (oggi, l’ormai vecchio I.G.M.) che nascerà nel 1872 a Firenze. 7 Nei pressi delle sorgenti del T. Enza il ducale T123 (punto di triplice confine tra Ducato di Parma, Ducato di Modena [già Feudo di Varano, ora Licciana Nardi] ed il Gran Ducato di Toscana [già Feudo di Fivizzano]) conferma il precedente confine tra terre medicee (logo: palle) e terre estensi (logo: aquila). 8 Nei fogli catastali n.44, n.45, n.48 vi si trova “Strada vicinale del Lugaro o del Petrarca” e tre regioni denominate “Petrarca”: ebbene, la presenza di Petrarca è misconosciuta in questi luoghi. Di pari passo: chi potrebbe dubitare che un sito, messo a catasto di proprietà Paolo Rossi, non sia di Paolo Rossi?

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Richiama l’attenzione sul grande cilindrico Termine di Confine esistente presso il Lago Paduli9. Posto in un’area ricavata per il parcheggio di pullman, si presta massimamente alla divulgazione di un tema purtroppo dimenticato anche dagli Enti pubblici, a scapito della nostra storia. Consente di dare un senso a validissimi testi, compresi alcuni di quelli citati in bibliografia, che però non osano staccarsi da un provincialismo che penalizza la Storia e, in particolare, la Val d’Enza10. Lo sviluppo di queste e di altre idee portano ad un’educazione e ad una cultura sempre in cammino, nella piena coscienza del poco di cui siamo a conoscenza oggi. Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questo testo https://goo.gl/BZAFFi

9 “Paduli” è il nome esatto del sito che noi, succubi di una dozzinale educazione, chiamiamo erroneamente “Lagastrello”, dal momento che il toponimo “Paduli” ci ricorda concetti goliardici di cui facevamo bandiera nei bei giorni della nostra gioventù. 10 Ne è lampante esempio il ritrovamento in antichi testi del toponimo “Castellozzo di Bazzano” accompagnato oggi da indizi che portano chiaramente all’attribuzione di questo al territorio d’oltr’Enza; realtà e indizi finora non raccolti da uno storico che sappia disegnare l’esattezza degli antichi domini territoriali.

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PARTE II

I laboratori



LABORATORIO 1 Mappe di luoghi immaginati/immaginari Mario Calidoni MIUR esperto di patrimonio Francesca Cicioni - Tutor didatta

La voce dell’esperto Il geografo Franco Farinelli studia da tempo le ragioni e il senso che da sempre inducono l’uomo a costruire mappe, e in proposito scrive che la rappresentazione del territorio è una forma di interpretazione della realtà che in fondo la plasma, cioè le mappe che amiamo di più sono quelle che più dicono di noi, ci rappresentano; a volerla dire tutta, raccontano anche la nostra storia di vita e nella nostra vita c’è molta immaginazione. Nello stesso tempo il rimodellamento delle nostre abilità spaziali che le tecnologie comportano ci presenta sempre nuove mappe del mondo e/o di fenomeni isolati, costruisce nuovi mondi virtuali e, si può dire, continua a nutrire il nostro immaginario come magari hanno fatto le mappe dei viaggi di Jules Verne. A partire da queste constatazioni e dalla ricchissima storia della cartografia prende significato il Laboratorio mappe di luoghi immaginati/immaginari che intende legittimare l’uso a scuola delle mappe non tanto e solo per insegnare geografia ma per educare alla rielaborazione critica e all’espressione di sé. Il contenuto “mappe” non è dunque storia, geografia, religione…, ma non è neppure solo interdisciplinarietà cioè integrazione di vari punti di vista; è un modo per rendere visibili e comprensibili fenomeni, eventi, mentalità, concezioni del mondo, storie degli uomini e del mondo in cambiamento continui.

Il mondo raccontato dalle mappe Si potrebbe cominciare da qui, con alcune suggestioni della saggistica.

La mappa che si disegnò da sola

La mappa che si disegnò da sola è il frutto di un esperimento. Si presero nel 2010 la latitudine e la longitudine degli utenti di facebook e vennero collegate con le coordinate dei rispettivi contatti; non uscì una macchia senza significato o una miriade di linee bensì una mappa dettagliata del mondo con un chiaro profilo dei continenti e una maggiore intensità in alcuni stati: facebook non è solo una comunità virtuale ma anche un modo per mappare le comunità che esistono nel mondo, la loro presenza e intensità, trasferita su carta, produce lo spazio della mappa. La mappa di Ebstorf La mappa di Ebstorf fu scoperta in una abbazia benedettina della Bassa Sassonia nel 1832, è risalente al 1200 e fu opera delle suore del monastero La mappa di Ebstorf è una rappresentazione della presenza di Cristo sulla Terra. Il corpo si allarga verso i margini della mappa e cinge il mondo intero: la testa è in alto nel Paradiso, le mani sono a nord e a sud le gambe in basso verso ovest e Gerusalemme è all’altezza dell’ombelico. 29


Tutta la mappa è percorsa da tortuose strade, è tutta un’immagine in piccoli riquadri e un susseguirsi di testi che illustrano la storia sacra con lo spazio. Entrambe le citazioni sono tratte da S. Garfield, Sulle mappe, Ponte delle Grazie, 2016.

Il mondo e i mondi possibili nelle mappe È il regno della narrazione e dei mondi di mezzo. Il regno del prete Gianni, Cronaca di Ottone di Frisinga del 1145. Il prete Gianni è un Rex e sacerdos cristiano nestoriano discendente dei Magi. La nostra terra stilla miele ed è ricolma di latte. In qualche sua parte nessun veleno fa danno né gracida la garrula rana non v’è scorpione né serpente che strisci nell’erba. Gli animali velenosi non possono abitarvi né far male ad alcuno. … Scorre un fiume di nome Indo che sgorga dal Paradiso e distende i suoi mendri in bracci diversi…. Tutti i suoi abitanti si nutrono solo di cibo celeste, vivono 500 anni, tuttavia giunti all’età di 100 anni ringiovaniscono e riprendono forza bevendo per tre volte l’acqua di una fonte che sgorga alla radice di un albero che si trova in quel luogo… Lettera del Prete Gianni del XII secolo. Una terra mappata nel Theatrum Orbis terrarum del 1564. Il mondo di 20.000 leghe sotto i mari Arrivammo ad un primo pianoro dove altre sorprese mi aspettavano. Là si stagliavano pittoresche rovine evidentemente opera dell’uomo e non della natura. Erano grandi cumuli di pietrein cui si distinguevano vaghe forme di palazzi, di templi rivestiti in un mondo di zoofiti in fiore e nei quali al posto dell’edera alghe e fuco regalavano uno spesso mantello vegetale. Ma com’era dunque questa porzione di mondo vivo inghiottito dai cataclismi? Giulio Verne, 20.000 leghe sotto i mari, un mondo che gli illustratori e i lettori trasformano in mappe immaginarie. Entrambe le citazioni sono tratte da: U. Eco, Storia delle terre e dei luoghi leggendari, 2013, Bompiani. Quattro libri di riferimento assolutamente indispensabili 1 J. Brotton, La storia del mondo in dodici mappe, 2013, Feltrinelli 2 S. Garfield, Sulle mappe, 2016, Ponte delle Grazie 3 U. Eco, Storia delle terre e dei luoghi leggendari, 2013, Bompiani Per un riferimento locale (Appennino) sul quale costruire una mappa delle credenze magiche 4 M. Ferraguti, Dove il vento si ferma a mangiare le pere, 2016, Diabasis Per i siti Internet non c’è che l’imbarazzo della scelta ma attenzione alle semplificazioni e agli eccessi di banalità.

La voce del didatta e dell’esperienza d’aula La visione scolastica tradizionale tende a conferire una prospettiva oggettiva alla carta come rappresentazione della realtà, tuttavia occorrerebbe sollecitare una visione più 30


trasversale che possa consentire agli alunni di penetrare all’interno delle carte introducendo in tal modo nuove prospettive sui contenuti di apprendimento a scuola. La geografia, che pur nella sua trasversalità si colloca ormai in un luogo sempre più marginalizzato all’interno dell’offerta didattica, è quanto mai una chiave di lettura forte e ineludibile della realtà presente e passata, della condizione peculiare degli uomini, delle loro relazioni, delle loro visioni e percezioni. È un contenuto che può essere modellato, capace di esprimersi oltre l’evidenza, per nutrire il senso dell’immaginario. A partire da questa convinzione, si possono discutere e approfondire due percorsi didattici a prova d’aula che partono da un itinerario letterario e da una mostra. Si tratta non solo di offrire un semplice spunto operativo per la didattica in classe, ma pure di promuovere e sollecitare, nei docenti e negli alunni, una visione diversa: il confronto tra oggettivo e soggettivo considerando che, se la mappa parla all’uomo della terra, la mappa parla anche dell’uomo che l’ha prodotta e all’uomo che la consulterà, in un intreccio di letture e percezioni. A partire da un romanzo Dracula, il paesaggio Transilvano tra le fonti di Bram Stocker e la rielaborazione letteraria. La trasfigurazione percettiva del paesaggio gotico. Il viaggio dall’Europa occidentale alla Transilvania condotto dal protagonista del romanzo, Jonathan Harker, si dispiega lungo la rotta dello storico Orient Express, un collegamento tra mondi diversi dalle radici comuni. Tuttavia l’autore di Dracula non compì mai questo viaggio: la narrazione così precisa dei molti luoghi attraversati dal protagonista del romanzo, è una narrazione che si nutre degli studi condotti dall’autore presso il British Museum e delle conversazioni con il colto amico ungherese Ármin Vámbéry, storico linguista ed orientalista, che vengono poi trasfigurate dall’immaginario gotico che permea tutto il romanzo. A partire da una mostra Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, sottotitolo della mostra allestita a Ferrara presso il Palazzo dei Diamanti (24 settembre 2016 - 8 gennaio 2017) in occasione del quinto centenario dalla pubblicazione della prima edizione dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. La mostra ha illustrato il reale e l’immaginario dell’epoca alla corte estense, le fonti di ispirazione che hanno nutrito la fervida fantasia di Ludovico Ariosto1. Ciò che ne emerge è che non sono solo l’arte e la musica a nutrire l’ideazione letteraria: la geografia, che permea l’intero itinerario immaginario del poema, trova un ruolo di rilievo e, potremmo dire, virtuale, giacché Ariosto viaggiò pochissimo e amava e ricercava più d’ogni altra cosa, come lui stesso dichiara nella terza Satira, la condizione domestica: ai tanti appetiti umani che sollecitano l’uomo al movimento e alla ricerca, lui preferisce abitar la sua contrada una dimensione statica cioè, al riparo dagli imprevisti del viaggio. Detto ciò l’interesse geografico era ben vivo in Ariosto, benché praticato ‘virtualmente’. Che tipo di conoscenze geografiche possedeva dunque Ariosto? Certamente Ariosto possedeva delle mappe: l’uso di servirsene, da parte di autori di viaggi, fantasiosi o meno, era una tradizione consolidata già dal medioevo. Ma molte erano disponibili presso la corte ferrarese. Ariosto non fa mistero sull’uso di mappe ‘per volteggiar’ sul mondo senza correre rischi del viaggio: il suo infatti è un viaggio letterario, soggettivo che si nutre di fonti grafiche ben precise, anche in considerazione dei tempi di composizione del poema. E così, 1 Cfr. Vladimiro Valerio, Sicuro in sule carte verrò, più che su legni, volteggiando, in Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura, Fondazione Ferrara Arte Editore, 2016, pp.250-255.

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restringendo l’ambito alle sole opere a stampa (escludendo cioè quelle manoscritte di grande formato e poco maneggevoli), è ipotizzabile che Ariosto avesse avuto a disposizione una copia illustrata della Geografia di Tolomeo pubblicata a Bologna nel 1477, realizzata da personaggi vicini alla corte estense. Ma presso la corte ferrarese erano presenti anche altre mappe che poterono servire da spunto per Ariosto, come la carta del Cantino, realizzata a Lisbona nel 1502 in cui compaiono illustrate per la prima volta le terre del nuovo mondo, e che probabilmente riecheggia nella mente dell’autore quando compone il quindicesimo canto del poema. Gli spunti operativi sull’Orlando Furioso sono davvero molti, dalla geografia itinerante dell’intero poema alla geografia particolare di alcuni luoghi all’interno di esso, da affrontare e calare nella didattica secondo la capacità di approfondimento richiesta dal grado di istruzione. Cartografia, tradizione, nuove scoperte geografiche sono tutti interessanti temi di approfondimento, senza dimenticare la visione soggettiva dell’autore, calata in una comoda domesticità che non lascia spazio ai viaggi reali, ma che privilegia i viaggi immaginari, quelli della mente, che rielabora, crea e trasforma in una geografia del tutto personale quella reale osservata sulle carte.

Bibliografia Beltramini G. e Tura A. (a cura di), Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, Fondazione Ferrara Arte Editore, 2016. Milanesi M., I viaggi dell’Ippogrifo. Ludovico Ariosto e le grandi scoperte geografiche in Marica Milanesi, Tolomeo sostituito. Studi di storia delle conoscenze geografiche nel XVI secolo, Milano, Unicopli, 1984, p. 235-251. Rossi M., La geografia del Furioso. Sul sapere geo-cartografico alla corte estense. Lucrezia Borgia. Storia e mito, Ed. Michele Bordin, Paolo Trovato. Firenze, Olschki, 2006, p. 97-138. Serra L., Da Tolomeo alla Garfagnana. La geografia dell’Ariosto. Ludovico Ariosto : il suo tempo, la sua terra, la sua gente, «Bollettino storico reggiano» n. 7 (1974), pp. 151-84. Spinelli A., Intorno al lato destro de la terra. Nuove proposte esegetiche sull’immaginario cosmografico e geoculturale di Ariosto, pubblicato in https://babel.revues.org/4210?lang=it Vernero M., Studi critici sopra la geografia nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, Torino, Tipografia Palatina, 1913. http://www.atlasobscura.com/articles/traveling-through-transylvania-with-dracula-as-aguide http://www.vanillamagazine.it/un-viaggio-in-transilvania-usando-dracula-di-bramstoker-come-guida-turistica/

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LABORATORIO 2 Mappa di comunità e paesaggio Andrea Romano Università del Molise Gabriella Bonini - Tutor didatta Here, at the “margins”, the connection between people and place are most evident and easily describable. (Clifford e King, 1993)

Ci sono alcuni modi e parole più o meno ricorrenti con i quali si definisce una mappa di comunità. Sono anche i modi che scaturiscono dalle fonti storiche, soprattutto Common Ground, l’associazione che le inventò. Non potendo addentrarmi seriamente nel percorso storico e soprattutto per le finalità didattiche del laboratorio direi così: La costruzione di una mappa di comunità è l’esplorazione di un territorio da parte di chi lo conosce già! Riprendere in mano e rispolverare quella conoscenza che molte volte diamo per scontata: il luogo a noi familiare, quel pezzo di mondo cui siamo abituati e nel quale, quasi per paradosso, ci muoviamo senza mappa. Siamo sicuri perciò di conoscere già quel territorio che abitiamo, che percorriamo ogni giorno? Solitamente No! Non si tratta di una colpa, semplicemente di una concettualizzazione disciplinare che ha tolto dignità geografica e storica al dettaglio, al peculiare del luogo, al paesaggio particolare. Come ricorda anche Mario Calidoni nel Taccuino didattico/1 dello scorso anno parlando di patrimonio e paesaggio, oggi, soprattutto nella scuola, e grazie all’evoluzione disciplinare e istituzionale che il discorso sul “Patrimonio” ha avuto, si può lavorare in maniera molto interessante per l’educazione al territorio. Ci sono luoghi marginali rispetto ad altri ed è proprio lì, probabilmente, che meglio si scorgono quei particolari intrecci tra terre lavorate e toponimi, tra dialetto e carte geografiche, tra fabbriche e abitanti, tra comunità e paesaggio appunto. Ai margini non significa soltanto tra le remote colline dell’Italia interna o in quei luoghi dove i treni non passano, marginale può essere anche un quartiere di Milano. Le mappe di comunità, che siano state realizzate in zone montane e rurali piuttosto che urbane, nascono sempre da un sentimento di marginalità e da una conseguente animazione territoriale per la riaffermazione di quel luogo, almeno tra i propri abitanti. Ri-affezionarsi al luogo in cui si vive è una pre-condizione per arrivare ad una “vera” mappa di comunità. La mappa di comunità quindi inizia con un ri-prendere coscienza di un luogo da parte di chi abita quel luogo stesso. (Magnaghi, 2010) Questo percorso di recupero della coscienza di luogo man mano rende più approfondita quella conoscenza che davamo per scontata su un dato luogo vissuto, fa emergere nuove risorse territoriali, illumina su esperienze inedite frutto dell’incontro tra la peculiarità del locale e l’innovazione del globale. In Italia infatti il fenomeno delle mappe è strettamente connesso a quello degli ecomusei e tale nesso ha rappresentato certamente una interessante evoluzione nel rapporto tra territorio e partecipazione. (Davis, 2011) In ambiente ecomuseale le carte geografiche si incontrano con il racconto del luogo, con il vezzo locale, con la storia locale e con una visione futura: da un lavoro lento di esplorazione e scoperta nasce una mappa di comunità e da lì si può partire per pianificare, per creare per produrre nuovo paesaggio e nuovo patrimonio culturale. 33


L’occasione del laboratorio è stata molto utile per raccontare ancora e lasciarsi ispirare dalla felice storia di Common Ground e di quelle ormai lontane prime Parish Maps nel SudWest dell’Inghilterra oltre trenta anni fa (www.commonground.org.uk).1 L’esperienza inglese ha ispirato poi la diffusione in Italia delle mappe di comunità a partire dall’inizio degli anni duemila in poi. (Maggi, Murtas e Clifford, 2011) Ma come può essere utile ancora quella storia oggi in ambiente didattico? Come declinare la realizzazione di una mappa? Secondo quello che io ho potuto sperimentare e studiare credo che l’obiettivo principale sia quello di imparare a raccontare un territorio. La scuola deve saper coniugare un sapere globale con quello locale affinché si insegni a collocare la propria identità locale nel mondo. Ogni luogo ha certamente risorse particolari, ma queste esistono soltanto nella misura in cui se ne ha coscienza. Se si riesce a raccontare il carattere di un territorio si riuscirà anche a sviluppare nel tempo una visione, poi una pianificazione e probabilmente un processo produttivo. Cosa produciamo nel tempo? Produrremo anzitutto coscienza di luogo che è l’ingrediente principale, poi cultura di luogo, economia di scala, produzioni agricole, stili di vita e dunque paesaggio e cultura.

FASE 1 Un laboratorio scolastico oggi sulla costruzione della mappa di comunità può partire prima di tutto da tre domande su cui lavorare in classe: 1 Qual è il luogo che sentite come vostro? 2 Cosa può essere considerato patrimonio di quel luogo? 3 Come raccontereste, con gli strumenti attualmente disponibili, quel patrimonio? Queste tre domande presuppongono qualche premessa storica, da parte dei docenti, sul concetto di patrimonio e sulle sue declinazioni come patrimonio materiale o patrimonio immateriale. La prima domanda già impegna sul piano della percezione soggettiva, della coscienza di luogo e all’interno di una classe può stimolare alla ricerca sul dove inizia e dove finisce un luogo, confini storici, confini amministrativi, demanio e proprietà privata. Si va ad esplorare il territorio, si va negli archivi comunali, si osservano le mappe catastali. La seconda domanda necessità di un periodo un po’ più lungo e qui si entra in contatto con le generazioni anziane, con i luoghi della tradizione, ci si abitua ad intervistare in profondità, si esplora il luogo e ognuno fotografa ciò che ritiene degno di essere annoverato tra i beni del patrimonio locale. Qui i docenti devono man mano in classe approfondire sulle tecniche di raccolta dati: questionari, interviste, sondaggi. È, nel discorso che porta alla mappa di comunità, importante far comprendere agli studenti che esistono dati quantitativi e dati qualitativi e che questi ultimi talvolta sono più difficili da rilevare ma anche molto più rilevanti ai fini della 1 Le origini di Common Ground risalgono alla fine degli anni settanta quando i tre co-fondatori si ritrovano ad operare nel famoso gruppo ambientalista “friends of the earth”. Spinti dall’insoddisfazione per una pratica ed una teoria ambientalista di carattere troppo allargato ed internazionale che, però, non rivolgeva lo sguardo verso la campagna della provincia inglese con le sue peculiarità, vollero dare vita ad un’associazione benefica che iniziasse proprio dalla valorizzazione e dalla conoscenza dell’ordinario, del quotidiano e del locale nei piccoli centri di quella stessa campagna inglese. Roger Deakin ha collaborato alla fondazione di Common Ground, ha sempre sostenuto la charity e ne ha seguito gli sviluppi. Deakin è morto nel 2006. Sue Clifford e Anna King oltre a co-fondare il gruppo, sin dai primi anni, sono state le principali protagoniste direttamente coinvolte sul campo nella diffusione delle varie iniziative rivolte al patrimonio locale, tra cui il lancio delle prime parish maps nel Sud-Ovest dell’Inghilterra sin dalla metà degli anni ottanta.

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mappatura di comunità. (Esempio: Intervistare quel particolare abitante di quel luogo senza fissare le sue risposte in domande prestabilite può essere illuminante per scorgere il carattere di un posto particolare). La terza domanda è il momento fondamentale di restituzione e di creatività al fine di raccontare un luogo. È il momento in cui la classe crea e qui nasce l’innovazione che solo le nuove generazioni possono apportare: Se le mappe di Common Ground e le prime mappe di comunità in Italia erano molto innovative come processo, ma poco innovative come prodotto perchè troppo artigianali e senza l’ausilio di strumenti digitali, hyperlink o georeferenziazione etc., oggi, che le nuove generazioni sono dei nativi digitali, il problema è opposto: occorre far loro ben comprendere il processo di coscienza del luogo e di raccolta dati che porta poi alla realizzazione di una mappa di comunità. Insegnare ad utilizzare strumenti a loro poco noti come le mappe catastali appunto, la toponomastica dei luoghi e le sue origini storiche, gli usi civici e le tecniche di coltivazione, solo per fare degli esempi.

FASE 2 Mappa cartacea Dopo le domande può esserci una fase di resa cartacea della mappa che costituisce una prima bozza della mappa di comunità. Questa può essere messa a disposizione degli abitanti, esposta e, dopo un paio di settimane, occorre accogliere suggerimenti, integrazioni etc. In questo modo i ragazzi diventano protagonisti della comunità e gli adulti si sentono responsabilizzati a fornire le loro testimonianze, documenti, immagini, racconti etc. La scuola diventa terminal del patrimonio locale e sede della mappa di comunità.

FASE 3 Definizione della mappa e restituzione innovativa dei risultati La mappa di comunità non è mai un punto d’arrivo! Deve essere l’inizio di un racconto del territorio sempre aggiornabile, sempre adattabile a nuove forme espressive, a nuovi linguaggi e a nuovi mezzi di comunicazione. Durante questa fase gli studenti sperimentano varie forme espressive e immaginano anche diversi modi di fruizione per la mappa di comunità. Mappa interattiva sul web, musealizzazione virtuale del patrimonio locale individuato dalla mappa o eventi locali legati al patrimonio da valorizzare. In questa fase è sempre interessante coinvolgere artisti, esperti web, storytellers, bloggers, videomaker, urbanisti, architetti, scrittori etc..affinchè i ragazzi ricevano stimoli sulle competenze globali avendo però ben in mente quali sono le peculiarità locali. (Varine de, 2011). (Vedi anche l’esperienza dell’ecomuseo metropolitano Milano Nord www.eumm-nord.it). Se guardiamo indietro alla storia di Common Ground dei primi giorni, si trattò proprio di questo: riunire scultori e artisti vari per raccontare a modo loro i valori locali delle comunità. Alla fine del percorso, la cui durata verrà calibrata in base alle esigenze puntuali ma che non dovrebbe durare meno di 3 settimane per fase, ognuno potrebbe scegliere come raccontare, personalmente, il proprio luogo: la mappa passerà da un momento cartaceo o comunque fisso 35


ad una fase dinamica di restituzione grazie alle varie competenze acquisite, soprattutto digitali, degli studenti. La costruzione della conoscenza del territorio non è data dunque a priori, ma è un prodotto storico e socialmente orientato. Troppe volte il nesso tra esperienza soggettiva e costruzione di una mappa condivisa del territorio è sottovalutato nei processi di costruzione della conoscenza territoriale. È fondamentale che la mappa di comunità sia immersa nel contesto vivo e quotidiano di chi la produce e dunque sempre aggiornata e aggiornabile. Una sorta di diario della comunità perché sui diari le persone lasciano scritte le cose più importanti, ciò che sta loro a cuore! Vedo la mappa di comunità come una coinvolgente e partecipata esperienza di conoscenza comunitaria in cui la scuola se racconta e insegna territorio, diventa presidio principale di produzione del paesaggio.

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Bibliografia Clifford, S. & King, A., Local Distinctiveness - Place, Particularity and Identity, Common Ground, London, 1993. Davis, P., Ecomuseums, a sense of place, 2nd edition, Continuum IPG, London, 2011. Maggi, M., Murtas, D. & Clifford, S., Genius loci. Perché quando e come realizzare una mappa di comunità, in «StrumentIres», n.10, IRES Piemonte, Torino, 2011. Magnaghi, A., Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2010. Varine de, H., Le radici del futuro. Il patrimonio culturale al servizio dello sviluppo locale, Clueb, Bologna, 2011.

Sitiografia www.commonground.org.uk www.mondilocali.it www.mappadicomunita.it www.eumm-nord.it 36


LABORATORIO 3 Il dettaglio: imparare ad osservare, alla ricerca del particolare Fabrizio Frignani Geografo Luciana Coltri - Tutor didatta

Può essere curioso e forse, di primo acchito, disorientante proporre un corso di formazione sulla cartografia con un laboratorio che lavori a partire da una singola “parola”. In effetti, anche nella galassia di termini che girano attorno al PAESAGGIO, ci sono parole che nella loro esistenza solitaria possono diventare espressione e rappresentazione di elementi paesaggistici significativi e che assumono valore nel momento in cui si pone loro attenzione. Alto, basso, vicino, lontano, …. prese singolarmente ci danno semplici indicazioni di caratteristiche generiche, ma se le riferiamo alla nostra esperienza il discorso muta radicalmente. Quanto vale “alto” in termini assoluti? Una montagna alta può essere più alta o più bassa di un’altra e la valutazione è influenzata anche dal punto di osservazione di queste due montagne. Anche vicino e lontano possono assumere significati diversi ed opposti, perché la montagna più piccola, risulta più grande di quella più grande (in assoluto) se la si guarda da vicino, ma se si guardano da lontano potrebbero anche sembrare uguali, se in primo piano ho la montagna in assoluto più grande, quella piccola potrei addirittura non vederla. Il dettaglio ci può venire in aiuto, permettendoci di andare a leggere nel territorio, nelle carte che lo rappresentano, il valore assoluto delle cose e delle geometrie ad esse associate. La quota altimetrica riportata sulla cima di ogni montagna ci dice chiaramente quale di queste due montagne è in assoluto più alta dell’altra, ma non più grande. Il dettaglio, preso singolarmente può condurre a trarre considerazioni sempre più puntuali se osservato all’interno di un contesto più ampio. Il dettaglio quindi assume aspetti e significati diversi, secondo il nostro punto di osservazione. Se andate in un campo con un albero, osservate prima il campo da terra e successivamente salite sull’albero, ogni punto di vista può carpire dettagli diversi e gli stessi dettagli appariranno a loro volta differenti, in base a come ci si pone di fronte ad essi. Il dettaglio, può anche diventare pretesto per una storia, una narrazione. Infatti nel gioco della percezione il dettaglio diventa memoria. Scrive Antonella Tarpino: riaffiorano ricordi che rimangono però lontani sfumati è con gli oggetti ancora presenti che i ricordi sfumati prendono forma diventano vivi e presenti, ci fanno ricordare fatti avvenuti, persone che li hanno utilizzati. …. Nella casa, il racconto della memoria si fa strada tra gli oggetti più poveri: una vecchia posata un ditale da cucito «rinarrano» l’epopea al minuscolo di una storia quotidiana. La semplice “parola” può assumere allora significati geograficamente assoluti, ma anche immaginari, perché possiamo dare una dimensione geometrica/spaziale alla memoria e ai ricordi, ma pure una dimensione emotiva e personale. Il dettaglio nel gioco della memoria, diventa l’elemento che dà significato alle cose, così come diventa significante quando ci si pone di fronte ad un paesaggio. Infatti è nell’osservazione e nella lettura del dettaglio che riemergono sentimenti intimi, personali, storie. Il dettaglio può essere considerato l’elemento fondamentale con il quale l’uomo costruisce le proprie mappe quotidiane, le mappe mentali, quelle che gli permettono ogni giorno di orientarsi e costruirsi una memoria. 37


La mappa mentale è una carta geografica che non ha bisogno di un supporto, non ha bisogno di una scala di riduzione, ma semplicemente della capacità di osservare. Le carte mentali sono personali, un altro punto di vista, un altro modo di guardare-percepire, composto oltre che da uno spazio reale, fotografato nelle propria mente, dal susseguirsi degli eventi quotidiani compresi i suoni, i profumi, le immagini che passano davanti ai nostri occhi. Sensi, dati, informazioni, che ridiventano fondamentali per un nuovo punto di vista, un nuovo modo di osservare le cose, una nuova mappa mentale sempre in aggiornamento. Lo scopo del narrare lo spazio geografico, disegnato non solo sopra un elemento fisico, ma con un nuovo linguaggio che porta ad una narrazione interpretativa, soggettiva, serve per leggere contemporaneamente fenomeni geografici e processi storici, sociali, culturali, dove è possibile leggere il tempo nel tempo, partendo dalla quotidianità. Dalle mappe mentali attraverso i dettagli si possono realizzare ulteriori carte geografiche. Infatti il cartografo è prima di tutto un osservatore, che imprime nella propria memoria ciò che vede intorno a sé, dettagli che diventano simboli. Così hanno fatto i primi uomini in val Camonica, che hanno scolpito nella roccia mappe che hanno attraversato il tempo e che ci stupiscono ancora. Una carta è uno strumento che comunica attraverso simboli che rappresentano dettagli, con un proprio linguaggio. La cartografia mette in relazione lo spazio geografico con l’uomo e il territorio, ed è testimonianza dei suoi comportamenti, tanto è vero che le carte sono frutto dell’epoca in cui sono state prodotte. In questo senso il disegno dello spazio geografico assume rilevanza testimoniale, le mappe raccontano le civiltà e sono un prodotto culturale del tempo. Quindi le carte geografiche contengono un’infinità di dettagli che ci permettono di ricostruire l’immagine di quel territorio, di quel paesaggio rispetto al momento in cui la carta è stata realizzata. Il dettaglio una piccola parola, un particolare che, nella fotografia, Roland Bart definisce: il punctum.

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LABORATORIO 4 Scopriamo le carte: il paesaggio dell’Emilia-Romagna ieri e oggi Ilaria Di Cocco MiBACT Emilia Romagna Luciana Amadasi - Tutor didatta

Da anni in Emilia-Romagna diversi Istituti e Servizi regionali sono stati particolarmente attenti ed attivi nel raccogliere, digitalizzare, georeferenziare e pubblicare il ricco patrimonio cartografico storico che da secoli ha tratteggiato i lineamenti della nostra regione. In questa fondamentale opera si è particolarmente distinta l’attività dell’Istituto per i Beni Culturali, cui si deve anche il volume Il mazzo delle carte1 che permette di orientarsi fra le molte risorse a disposizione e che mette in luce anche i contributi e le iniziative di molti altri enti. Ad esso, per aggiornare un quadro in rapida evoluzione, è molto utile affiancare la consultazione delle piattaforme cartografiche interattive pubblicate dal Servizio Statistica, Comunicazione, Servizi Informativi Geografici, Educazione alla sostenibilità, Partecipazione che offrono una scelta sempre più ampia di basi georeferenziate, dalla carta cinquecentesca di Egnazio Danti ai primi impianti della cartografia IGM immediatamente posteriore all’Unità d’Italia.2 Questi repertori permettono di documentare e trasmettere, con grande efficacia ed immediatezza visiva, le profonde e complesse trasformazioni che hanno inciso sul paesaggio emiliano-romagnolo, di cui spesso si ha scarsa consapevolezza, specialmente nelle generazioni più giovani. A tali fonti iconografiche si è affiancato negli ultimi anni anche il portale cartografico www.patrimonioculturale-er.it, nato all’indomani del sisma 2012, quando, per rispondere all’emergenza, si è reso necessario predisporre una cartografia correlata a un database dei beni architettonici danneggiati che fosse il più affidabile possibile. Grazie al fondamentale contributo garantito dalle Soprintendenze attive sul territorio, l’allora Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici – oggi Segretariato Regionale del MiBACT per l’EmiliaRomagna - ha acquisito le banche dati più aggiornate sui beni architettonici emilianoromagnoli e ne ha avviato la progressiva georeferenziazione: il progetto, inizialmente sviluppato per la sola area colpita dal sisma, si è successivamente esteso ben oltre i limiti del cratere, e oggi copre la totalità del territorio regionale. I dati sono in continuo aggiornamento ed ampliamento: oltre al patrimonio architettonico, sono presenti sul sistema i beni archeologici, le sedi di conservazione dei beni archivistici e i siti museali statali, mentre è previsto l’inserimento dei beni paesaggistici, con l’intenzione di predisporre uno strumento per la conoscenza completa del vasto e articolato patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna. Consultabile attraverso un portale online operativo su PC, palmari e smartphone, il WebGIS 1 Il mazzo delle carte: l’informatizzazione dell’archivio cartografico e aerofotografico dell’IBC / Istituto per i beni culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna; a cura di Ilaria Di Cocco, Stefano Pezzoli - Bologna: Editrice Compositori, 2012. 2 Si vedano in particolare i portali http://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/CST1.html per le fonti più antiche e http://servizimoka.regione.emilia-romagna.it/appFlex/CST2.html per quelle successive. Di grande utilità sono inoltre le piattaforme che permettono di consultare le foto aeree d’epoca (dagli anni Trenta in poi), tutte rinvenibili sotto la medesima voce “Cartografia Storica” fra le applicazioni G.I.S. del geoportale regionale (http://geoportale.regione.emilia-romagna.it/it/applicazioni-gis/regione-emilia-romagna/cartografia-di-base/ cartografia-storica).

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è di agile consultazione: la pagina internet dedicata al mobile, leggera e semplificata, fornisce una puntuale conoscenza dei beni che si avvale della sovrapposizione tra i dati degli archivi delle Soprintendenze e le ricche basi cartografiche messe a disposizione dalla Regione EmiliaRomagna. L’accesso è libero per qualunque tipo di utenza, cui è consentito non solo visualizzare l’ubicazione dei beni e le relative schede informative e fotografiche, ma anche effettuare ricerche interattive scegliendo tra svariate basi cartografiche e diverse fotografie aeree e avvalendosi di filtri che consentono di visualizzare i beni in base a più criteri, come ad esempio denominazione, ubicazione, cronologia o tipologia. Per enti e studiosi che vogliano sviluppare proprie cartografie dedicate ai beni culturali, i dati sono anche visualizzabili all’interno dei propri progetti GIS e siti informativi territoriali online, tramite un collegamento dinamico sempre aggiornato al geodatabase con servizi WMS e WFS e tramite gli open data. Inoltre, tutti sono invitati a inviare notizie, segnalazioni e immagini che confluiscono nel sistema, dopo opportune verifiche, arricchendone i contenuti e incrementandone le potenzialità di tutela del patrimonio culturale. È questo un aspetto che può avere particolari risvolti educativi, permettendo di coinvolgere anche i ragazzi nel diventare “segnalatori” dei beni presenti sul proprio territorio. È infatti sufficiente utilizzare il sito tramite il proprio smartphone e i servizi di localizzazione per trasmettere foto e notizie al sistema, e le immagini più significative saranno pubblicate nel sito con il riconoscimento del nome dell’autore. È possibile inoltre visualizzare all’interno del portale stesso le cartografie storiche a cui si è accennato in apertura, a cui sovrapporre il patrimonio culturale: un modo per inserire i beni culturali all’interno di un contesto paesaggistico più vicino a quello dove sono nate, purtroppo spesso profondamente alterato dall’urbanizzazione più recente. Ancora è consultabile l’intera rete escursionistica regionale, associando ad ogni sentiero i beni culturali ad esso prossimi: una modalità “lenta” e rispettosa dell’ambiente per scoprire il territorio e il patrimonio diffuso. Il sistema, sviluppato per affrontare i momenti di criticità, si sta dunque via via evolvendo al fine di semplificare le quotidiane azioni di tutela del patrimonio culturale e di offrire un strumento nuovo di conoscenza, del territorio e sul territorio, liberamente fruibile dai cittadini e dai turisti più attenti. È imminente a questo scopo la pubblicazione di una nuova interfaccia del sistema, che si affiancherà a quella già presente e sarà di più immediata fruizione, semplificando la consultazione delle informazioni e avviando una vera e propria opera di promozione del patrimonio diffuso e di itinerari storico-culturali. Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questo testo

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PARTE III Le esperienze e i progetti Documentare per innovare



La visione del mondo medievale in una mappa La rappresentazione geografica come espressione dell’universo culturale medievale e autobiografico nell’opera di Opicino Canistris Francesca Cicioni Istituto

Scuola secondaria di I grado ‘J. Zannoni’, Montecchio Emilia

Anno scolastico

2016-2017

Classi coinvolte

IB

Responsabile del progetto

Francesca Cicioni

Discipline coinvolte

Storia, Italiano, Geografia

Docenti coinvolti

Prof.ssa F. Cicioni (Lettere)

Il progetto Il presente progetto nasce dalla duplice esigenza da una parte di sollecitare in classe un approccio disciplinare storico capace di cogliere con più facilità la simultaneità e la correlazione tra gli eventi, rafforzando il senso logico negli studenti, dall’altra di esplorare la geografia in modo diverso, navigando all’interno di uno strumento cartografico con spirito curioso ed analitico, cogliendo ciò che va oltre la rappresentazione oggettiva e che esprime una dimensione spesso soggettiva, individuale, culturale sfuggente. Il target potrebbe sembrare ambizioso per una classe prima della scuola secondaria di primo grado, tuttavia la sollecitazione prodotta ha consentito ai ragazzi di costruire un metodo di rappresentazione cognitiva e creare relazioni con più facilità; inoltre, l’integrazione dell’uso di software informatici dedicati, capaci di esprimere e restituire, facilitandone la rappresentazione, gli obiettivi conoscitivi proposti e conseguiti, ha consentito una maggiore inclusione e un maggiore coinvolgimento, anche degli alunni più in difficoltà o con disturbi specifici di apprendimento. Non è semplice per l’uomo e per lo storico cogliere e penetrare in oggettività lo spirito di un’epoca passata: deformazioni continue si affacciano nell’interpretazione che diamo a fatti ed eventi, spesso alterandone il senso genuino. È inevitabile cioè, che un uomo si possa affacciare verso un’altra epoca senza proiettarvi i propri parametri culturali, i propri valori, la propria visione del mondo. L’intento che si è voluto trasmettere primariamente ai ragazzi è stato proprio quello di far riflettere sulla diversità delle visioni e sulla necessità che il giovane storico, come l’esperto, debba approcciarsi alla storia spogliandosi del proprio presente, senza dimenticare che fare storia è conoscersi, è un processo di autocoscienza e, quindi, dobbiamo essere un po’ come dei funamboli, sempre in bilico tra passato e presente e sempre equilibrati nel giudizio. La verità, che come si dice saggiamente nel film ‘L’attimo fuggente’, è una coperta che lascia sempre scoperti i piedi, è solo intuibile: possiamo quindi accostarci alla verità storica attraverso diversi punti di osservazione che tutti insieme concorrono alla visione unitaria dei fatti, pur nella consapevolezza che è sempre una visione parziale. Come sollecitare dunque questa visione nei giovani? La soluzione che mi è sembrata più adatta, diretta e coinvolgente, è stata l’utilizzo della carta antropomorfa realizzata da Opicino de Canistris (1256-1352) presente sul foglio 53v del Codice Vaticano Latino 6435, rappresentante l’Europa e parte dell’Africa settentrionale. Una carta antropomorfa non può che sollecitare la 43


fantasia ancora fervida di alunni così giovani, più facilitati, rispetto a noi adulti, nel cogliere l’invisibile. In questa carta, l’Europa e l’Africa settentrionale assumono le fattezze di una donna e di un chierico che sono separati da un mare che diventa demone e minacciati da un mostro, la tarasca, divoratrice di uomini, che aggredisce il nord della Francia, spalla dell’Europa.

Fig. 1 Vaticanus Latinus 6435, foglio 53v (part.). ©2016 Biblioteca Apostolica Vaticana

È il mondo visionario di Opicino, copista operante, dopo diverse peripezie, presso la corte papale di Avignone, la sua personale visione del mondo, spirituale e reale, ma anche l’espressione soggettiva dei suoi drammi esistenziali. Opicino era molto probabilmente uno schizofrenico ossessivo, fu molto studiato anche da Carl Gustav Jung che rimase molto colpito dalla sua simbologia geografica1. Opicino è uomo di umili origini, nasce a Lomellum, un borgo nei pressi di Pavia, ed costretto da subito ad intraprendere la carriera ecclesiastica e una vita da vagabondo per mantenere economicamente la propria famiglia indigente. Assolutamente negato per lo studio, spesso ci parla nella sua autobiografia in versi, delle difficoltà di apprendimento che ha nell’arco dei faticosi anni di scuola (per questo risulta essere molto simpatico e vicino ai ragazzi), si presenta come uno ‘scoiattolo curioso’, e considera il disegno il suo unico momento speciale di espressione e conoscenza. Abilissimo nell’uso dei compassi, conosceva bene, dopo una permanenza a Genova, i portolani, tuttavia decide di redigere delle mappe antropomorfe, ove l’oggettività sfuma verso la soggettività della visione personale. E così, tra l’Europa in decadenza (siamo nel travagliato periodo della prima metà del Trecento), che è rappresentata come una donna nuda avvenente, e l’Africa Settentrionale, che diventa chierico, si impone un demone e un mostro castigatore, la tarasca, i quali sono come un monito per i desideri terreni del povero Opicino, costretto alla carriera ecclesiastica senza mai esserne troppo convinto e tormentato in sogno dai propri reali desideri vitali. 1

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Cfr. Jung, C. G., I miti solari e Opicino de Canistris.


Ma la carta ci parla di molto altro: è l’unico sistema conoscitivo ed espressivo di un uomo con difficoltà di apprendimento, che innesta in una mappa immagini, simboli, diagrammi, citazioni, testi di vario genere tanto che per leggere la mappa è necessario un approccio sinestetico. L’Europa divorata dalla tarasca che la aggredisce sulla spalla (la Francia) ci parla infatti dell’attualità storica, della corruzione dilagante presso il clero, di una Francia che costringe in cattività il papato. Sulla nativa città di Pavia è sovrapposta irrazionalmente un’Europa in miniatura, tuttavia questa curiosa sovrapposizione reca il significato dell’importanza di tale zona nel periodo in cui visse Opicino: la Lombardia infatti era, tra Duecento e Trecento, la zona più urbanizzata d’Europa.2 Tuttavia le lodi che Opicino tribuisce a Pavia, sono frutto dell’amore e dell’orgoglio verso una città che, da esule, sente come la sua unica patria, il cuore del suo mondo geografico, attraversato da numerosi viaggi, spostamenti, chiusure ed avvii. Ecco, questa carta dunque ci parla e parla a chi sa andare oltre, a chi è avvinto e affascinato dal simbolico, dalla fantasia, dalla visione, a chi riesce ancora ad immaginare oltre il visibile.

Fasi Operative Il lavoro è stato presentato ai ragazzi in una prima fase di approccio al problema attraverso un file guida realizzato in power point illustrante tutti i percorsi, i link e i materiali di approfondimento, reso disponibile sul Padlet, la bacheca virtuale condivisa con la classe, per la libera consultazione da parte dei ragazzi anche nelle successive fasi. Sempre sul Padlet sono stati resi disponibili i materiali per l’approfondimento. L’utilizzo di questo strumento di lavoro condiviso ha agevolato moltissimo lo studio, coinvolgendo i ragazzi anche da casa. Il lavoro ha preso spunto da un interessante contributo su Opicino della Prof.ssa Mariateresa Fumagalli Beonio e del Dott. Roberto Limonta3. La carta è stata studiata ed analizzata grazie al catalogo digitale della Biblioteca Apostolica Vaticana disponibile on line4.

Fig.2. Il catalogo on line digitalizzato della BAV su cui è stata compiuta l’osservazione della carta di Opicino, qui in un dettaglio ingrandito.

Data la complessità e la ricchezza delle informazioni presenti sulla carta di Opicino si è deciso di selezionare alcuni percorsi di approfondimento che poi i ragazzi hanno condotto a piccoli gruppi in modalità cooperative learning. L’idea alla base di tale intelaiatura lavorativa è proprio quella di una restituzione/condivisione finale degli approfondimenti condotti da 2 3 4

Cfr. Fumagalli Beonio Brocchieri M. – Limonta R., Volando sul mondo, p. 38 e segg. Cfr. Fumagalli Beonio Brocchieri M. – Limonta R., Op.cit. Cfr. http://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.6435

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parte di ogni gruppo al fine di ricostituire una visione di insieme più completa e complessa dei significati trasmessi dalla carta, quella verità osservata dalle diverse possibili angolazioni di cui si parlava nell’introduzione. Pertanto gli argomenti che ci è sembrato utile approfondire con i diversi gruppi di lavoro sono stati i seguenti: 1. La scuola nel medioevo: l’argomento è stato sviluppato per comprendere come e cosa imparavano i ragazzi a scuola, cosa aveva studiato Opicino e quale era stato il suo percorso scolastico, cercando anche di individuare le differenze tra l’esperienza scolastica vissuta da un alunno di oggi e un alunno vissuto ai tempi di Opicino. 2. La cultura nel medioevo: se si vuole comprendere un periodo storico è importante studiarlo a partire non dalle proprie categorie mentali, ma da quelle proprie del periodo osservato, di qui l’esigenza di comprendere come pensava l’uomo medievale e come osservava e interpretava il mondo, e quali i rapporti fra Opicino e la cultura medioevale. 3. La visione medioevale come strumento di conoscenza del mondo: il pensiero medievale coglie il simbolo in ogni cosa osservata nel mondo reale, tutto si trasfigura, tutto è ‘ierofania’ in una costante corrispondenza fra i due piani, quello del reale e quello più ‘elevato’, tra particolare ed universale. Questo è stato probabilmente l’argomento più complesso, al limite del filosofico, pertanto ha necessitato della dovuta semplificazione e facilitazione da parte del docente per consentire lo studio a partire da un contributo di Jaques Le Goff5. Tuttavia questo approfondimento era indispensabile per comprendere che la carta di Opicino e la sua cosmologia visionaria esprime proprio questo dualismo tra reale e spirituale, tra il particolare e l’universale. Se il simbolismo medievale cominciava al livello delle parole, per cui nominare una cosa era già spiegarla, ad Opicino non resta che esprimersi attraverso lo strumento che gli è più congeniale, il disegno e la carta geografica. 4. La cartografia medioevale: la cartografia medioevale prodotta nel mondo occidentale, profondamente influenzata dal simbolo e dalla visione religiosa, è orientata principalmente su tre tipologie principali: mappe zonali o Macrobiane, mappe ad OT, mappe del Beatus, I ragazzi hanno realizzato un percorso di approfondimento relativo a queste tipologie di rappresentazione geografica, dalle mappe tripartite alle quadripartite, e al ruolo del simbolismo nella rappresentazione geografica, analizzando prodotti come la mappa di Ebstorf e di Hereford e confrontando la produzione europea con quella arabo islamica in cui è l’Arabia al centro della rappresentazione. Si è ragionato molto anche sull’orientamento con l’est disposto in alto presente in queste mappe, diversamente dalla cartografia attuale (che pone il nord in alto) e da Opicino (in cui invece è posto in alto l’Ovest), formulando ipotesi in brainstorming. L’approfondimento ha fatto emergere che oltre a queste mappe simboliche, a partire dal Mille, si afferma anche un tipo di rappresentazione più tecnico-scientifica, quella della carte nautiche, il cui scopo pratico pone il problema di una rappresentazione oggettiva, che introduce l’uso della scala; un tipo di rappresentazione oggettiva che Opicino ben conosceva avendo lavorato sui portolani durante il suo soggiorno genovese. 5. I bestiari medioevali: data la presenza della tarasca, mostro provenzale, i ragazzi hanno approfondito il ruolo dei bestiari e il significato di questo tipo di produzione a partire dal Physiologus, un repertorio che influenzò moltissimo il medioevo con la ricchezza dei simboli in esso contenuti e che pare venisse usato anche a livello scolastico a scopo morale e religioso. 5 Cfr. Jacques Le Goff, La civiltà dell’Occidente medievale, in https://illuminationschool.wordpress. com/2012/11/06/simbolismo-medievale-i-bestiari/

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Sviluppo conclusivo Indubbiamente il lavoro condotto dai ragazzi, distribuito nelle sole due ore curricolari settimanali, ha presentato le sue difficoltà soprattutto perché ha necessitato la chiusura del programma scolastico di storia affinché l’opera di Opicino si potesse esattamente collocare nel tempo e potesse essere compresa in tutte le sue componenti. Tuttavia l’ausilio della tecnologia ha aiutato enormemente nel ricomporre in unità, costruendo non solo un modello di approccio conoscitivo al problema ma andando a costituire un utile repertorio cui attingere successivamente e da potere condividere. In particolare, l’ultima fase del percorso ha consentito la sistematizzazione dei saperi acquisiti attraverso uno strumento digitale, Thinglink, un software che rende interattive le immagini, che ha permesso di popolare la mappa di Opicino di informazioni, quelle approfondite dai ragazzi e molte altre, rendendola a tutti gli effetti una carta ‘parlante’, facilmente fruibile dai ragazzi mediante lo scorrimento del mouse sull’immagine, popolata di informazioni che, sfiorati i diversi punti, si aprono, consentendo all’utente di ‘esplorare’ la mappa non solo spazialmente, ma in profondità, rendendo visibile l’invisibile. Per consultare la mappa interattiva su Thinglink, link su: https://goo.gl/hXCCaX Per consultare il Padlet, link su: https:// goo.gl/2SZET7 oppure il QRcode:

Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questo progetto https://goo.gl/pw7SPN

Bibliografia AA. VV., Il libro dei simboli, riflessioni sulle immagini archetipiche a cura di The archive for research in archetypal symbolism, Taschen, 2011 Barbero A., Frugoni C., Dizionario del Medioevo, Laterza, Bari, 1998 Fumagalli Beonio Brocchieri M., Limonta R., Volando sul mondo. Opicino de Canistris (1296-1352), Archinto, Milano, 2016. Garfield S., Sulle mappe. Il mondo come lo disegniamo, Ponte delle Grazie, Salani Editore, Milano, 2016. Gurevič A. J., Le categorie della cultura medioevale, a c. di Clara Castelli, Bollati Boringhieri, Torino, 2007. Jung, C. G., I miti solari e Opicino de Canistris. Appunti del Seminario tenuto ad Eranos nel 1943, a c. di R. Bernardini, G,P. Quaglino, A. Romano, Moretti &Vitali Ed., Bergamo, 2014 Le Goff J., La civiltà dell’Occidente medievale, Einaudi, Torino, 1981 47


I segni del Medioevo Emilia Carmela Bennardo Maria Cristina Riccardi Istituto

Scuola secondaria di I grado “Falcone - Borsellino” San Polo di Torrile (PR)

Anno scolastico

2016-2017

Classi coinvolte

I A , IC

Responsabile del progetto

Bennardo Emilia Carmela - Riccardi Maria Cristina

Discipline coinvolte

Geografia, Italiano, Storia, Inglese, Tecnologia, Musica, Matematica

Docenti coinvolti

Bennardo Emilia Carmela - Riccardi Maria Cristina

Il progetto didattico di lettura dei segni del Medioevo sul nostro territorio vuole essere un percorso di rielaborazione, ricerca su fonti di vario tipo, conoscenze del territorio attraverso un’articolazione metodologica interdisciplinare al fine di consegnare alla comunità, per mano degli studenti, le profonde radici, che legano la storia degli uomini e il loro essere cittadini appartenenti ad una comunità.

Presentazione del progetto Questa esperienza, caratterizzante gli Istituti scolastici di Martina Franca (TA) e San Polo di Torrile (PR), che aderiscono alla rete progettuale, parte dalla conoscenza e dallo studio del territorio; una ricerca che spazia dall’osservazione diretta ed indiretta del paesaggio alla lettura di mappe e carte tematiche, dallo stradario al percorso cartografico, dai documenti visivi ai documenti digitali, dal diario di bordo al blog di classe. Gli elaborati conclusivi sono confluiti nella creazione di una mappa, che vuole avere l’ambizione di trasformarsi in una mappa di comunità per riabituare i ragazzi ad imparare a leggere nel paesaggio i segni ancora presenti, spesso nascosti, semplicemente partendo dall’osservazione e attraversando i luoghi con lentezza. Gli Istituti scolastici di Martina Franca (TA) e San Polo di Torrile (PR) da tre anni sono accomunati da percorsi educativi sulla memoria storica, sulla legalità, sulla cittadinanza attiva, volti ad avvicinare gli alunni al principio di partecipazione democratica e al valore del patrimonio storico-culturale.

Fasi operative • Analisi dello spazio come paesaggio umano • Analisi della dimensione dello spazio percorso • Lettura della trasformazione del paesaggio Presupposto metodologico sono state l’osservazione e l’analisi del paesaggio e del territorio di Torrile, in cui i ragazzi vivono, crescono e agiscono alla ricerca degli elementi del Medioevo di cui il paesaggio conserva tracce. Il territorio e il paesaggio sono infatti uno straordinario contenitore, che raccoglie e custodisce le memorie della civiltà, da quella storica a quella urbanistica, passando attraverso l’ambiente e l’architettura è un vero esercizio educativo e di prassi memoriale. 48


Obiettivo del progetto è stata anche l’importanza di saper sviluppare l’educazione al bello, affinché possa aiutare i ragazzi a costruire un’idea positiva di futuro, promuovendo il valore del paesaggio storico-culturale con la consapevolezza di essere inseriti in un tessuto sociale in cui riconoscere il vicino e il lontano.

Descrizione delle attività di Progetto • • • •

Interventi con esperti in classe. Uscite sul territorio. Compilazione delle schede didascaliche e di approfondimento che rilevano le fonti e i dati raccolti dalle ricerche intraprese. Condivisione dei percorsi di ricerca tra la Scuola secondaria di I grado “FalconeBorsellino” di S. Polo di Torrile e “A.Chiarelli” di Martina Franca.

Strategie metodologiche, mezzi, strumenti A partire dalla sensibilità degli studenti si è intrapreso un percorso metodologico trasversale, che ha messo a valore le tante conoscenze curricolari ed extracurricolari, che loro stessi hanno maturato durante la carriera scolastica. Osservare, ascoltare, ricercare, domandare, raccogliere, interpretare, studiare sono state alcune delle motivazioni che hanno guidato gli studenti nel loro percorso metodologico. Le radici della loro storia, direttamente rilevabili e riconoscibili attraverso il loro lavoro e nel loro paesaggio quotidiano, li ha resi protagonisti di un’esperienza efficace e singolare. Strumenti e mezzi multimediali sono stati fondamentali per avviare l’indagine preliminare, per affinare la ricerca tra gli archivi, nel paesaggio, tra le vie del paese in compagnia degli esperti e delle storie da scoprire, accompagnati da approfondimenti storici e bibliografici inerenti il tema. Raccogliere le informazioni, i dati, le fonti e i documenti ha consentito di elaborare un modello di ricerca e didattica della storia necessario e funzionale alla mappatura del territorio. La narrazione delle esperienze è stata regolarmente pubblicata sui blogs delle classi, che hanno ospitato anche il materiale di ricerca dell’Istituto pugliese. Questa attività didattica ha trasformato l’aula in uno spazio geografico dove avvengono nel tempo fatti ed eventi che si stratificano in storia e memoria.

Attività svolte • • • •

Lezione del geografo Fabrizio Frignani sul tema “Il paesaggio una costruzione dell’uomo in continuo cambiamento”. Avvio del blog di classe e aggiornamento delle attività svolte:

www.diariodiunaclassea.wordpress.com www.diariodiunaclassec.wordpress.com

Il territorio del Comune di Torrile sulle carte geografiche, su Google maps, sullo stradario. Scambio di esperienze con la scuola “A.Chiarelli” di Martina Franca tramite il blog. 49


• • • • • • •

Lettura di passi da “Ambienti, architetture, arredi. Analisi del territorio di Torrile.” Uscite sul territorio per osservare direttamente la Pieve di San Giovanni Battista a Gainago, le chiese di San Polo, Torrile, Sant’Andrea, San Siro. Uscite sul territorio per osservare il paesaggio e fotografarlo. Ricerca e studio sui monasteri e i castelli, sul pellegrinaggio e la figura del pellegrino nel Medioevo. Letture tratte dal testo Il bosco di Torrile. Storia e futuro di una foresta perduta, a cura di Carlo Mambriani, Diabasis. Incontro con lo scrittore Mario Ferraguti sulle storie, le credenze e le narrazioni relative al bosco. Viaggio di istruzione a Filattiera e Pontremoli, con visita guidata alla Pieve di Sorano, percorso a piedi da Migliarina a Sorano lungo un tratto della via Francigena, visita guidata al Castello del Piagnaro e al Museo delle statue stele.

Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questo progetto

https://goo.gl/RtXkqC

Bibliografia Fumagalli V., La pietra viva. Città e natura nel Medioevo, Il Mulino 1988. Fumagalli V., Storie di Val Padana, Il Mulino 2007. Lo spazio del Medioevo nel territorio di Parma: vie dei pellegrini, pievi e monasteri, La Scuola protagonista. Quaderni didattici/1, SilvanaEditoriale 2005. AA.VV. Ambienti, architetture, arredi. Analisi del territorio di Torrile, Comune di Torrile. Il bosco di Torrile. Storia e futuro di una foresta perduta, a cura di Carlo Mambriani, Diabasis. Ferraguti M., Dove il vento si ferma a mangiare le pere, Diabasis 2016. AA. VV. Il paesaggio agrario italiano medievale. Storia e didattica, Quaderni 7, Summer School Emilio Sereni II edizione, Edizioni Istituto Alcide Cervi. Morpurgo M., Marzo Magno A., Recalcati G., Le linee della storia 1, Ed. Sc. Bruno Mondadori.

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Perchè mappare i servizi socio-sanitari Patrizia Del Rio Istituto

IPS Marco Carrara Guastalla (RE)

Anno scolastico

2016-2017

Classi coinvolte

VM

Responsabile del progetto

Patrizia Del Rio

Discipline coinvolte

Tecnica amministrativa e economia sociale - Diritto e legislazione socio-sanitaria

Docenti coinvolti

Genna Antonino - Patrizia Del Rio

Il progetto didattico di mappatura dei servizi socio-sanitari è nato con l’ambizione di creare uno strumento che permettesse di confrontare la realtà dei servizi su tutto il territorio nazionale e potesse verificare se vi sia una diversa sensibilità dei territori e dei rispettivi amministratori, nel gestire e divulgare le politiche socio-sanitarie.

Presentazione del progetto Questa esperienza è stata guidata da studenti, già competenti in materia di servizi sociosanitari, che hanno colto l’opportunità del progetto per approfondire le conoscenze acquisite. Da una prima convinzione del gruppo che mappare i servizi socio-sanitari a livello nazionale fosse semplice, si è arrivati a restringere il campo sulla mappatura dei soli servizi sociali. Dopo una intensa ricerca di informazioni si è passati alla scelta di quelle significative al fine di dimostrare come siano diverse le offerte dei singoli territori e come anche le modalità di comunicazioni testimonino una diversa sensibilità nei confronti dei servizi stessi. Gli elaborati conclusivi sono confluiti in un PowerPoint che non ha soddisfatto completamente gli studenti, ma il periodo scolastico (preparazione dell’Esame di Stato) non ha permesso di completare al meglio il prodotto.

Fasi operative • • •

Analisi delle tipologie di servizi da mappare Ricerca delle informazioni sui servizi sociali offerti dai territori regionali Lettura delle modalità di comunicazione delle informazioni sui servizi

Presupposto metodologico sono state la ricerca di informazioni significative sui servizi sociali e l’analisi della modalità di comunicazione delle informazioni stesse. Obiettivo del progetto è stato anche verificare come la delega alle regioni del compito di programmazione (con i piani socio-sanitari regionali) e quello di stabilire modelli di organizzazione dei servizi e di erogazione delle prestazioni presenti un panorama variegato e multiforme di aziende di servizi.

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Descrizione delle attività di Progetto • • • • • •

Riflessione sulle tipologie dei servizi e prima ricerca delle informazioni Scelta di intervenire solo sui servizi sociali Ricerca in rete delle tipologie di servizi sociali presenti nelle Regioni italiane Compilazione di schede riassuntive dei dati raccolti Scelta di mappare alcune Regioni a campione del nord, centro e sud Elaborazione del PowerPoint

Strategie metodologiche, mezzi, strumenti A partire dalla sensibilità degli studenti si è intrapreso un percorso metodologico trasversale, che ha messo a valore le tante conoscenze curricolari ed extracurricolari, che loro stessi hanno maturato durante la carriera scolastica. Ricercare, domandare, raccogliere, interpretare, studiare sono state alcune delle motivazioni che hanno guidato gli studenti nel loro percorso metodologico. Strumenti e mezzi multimediali sono stati fondamentali per avviare l’indagine preliminare, per affinare la ricerca tra i siti delle Regioni italiane. Raccogliere le informazioni, i dati, le fonti e i documenti ha consentito di elaborare una micro-fotografia del sistema dei servizi sociali in Italia.

Attività svolte • • • •

Ripresa delle tipologie dei servizi socio-sanitari con i colleghi di Metodologia Operativa e Igiene e Cultura Medico-Sanitaria Ricerca sui siti delle Regioni Elaborazioni schede relative alle informazioni delle singole Regioni Uscite sul territorio per osservare il paesaggio e fotografarlo.

Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questo progetto

https://goo.gl/9RR83q

Bibliografia Materiale scolastico. Siti regione Lombardia, Lazio, Campania, Puglia, Sardegna. Siti città di Roma.

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Abitare il paesaggio d’acqua

Le bonifiche, un sogno di trasformazione Luciana Amadasi Maria Rosa Mantelli Istituto

Scuola Secondaria di II grado “Bertrand Russell” Guastalla (RE)

Anno scolastico

2016-2017

Classi coinvolte

III A Liceo Scientifico

Responsabile del progetto

Luciana Amadasi

Discipline coinvolte

Storia - Storia dell’Arte

Docenti coinvolti

Luciana Amadasi - Maria Rosa Mantelli

All’interno del percorso progettuale di alternanza scuola-lavoro LICEI/MUSEI (quest’anno dedicato alla valorizzazione del paesaggio: cultura, patrimonio, turismo. Il paesaggio dell’acqua) abbiamo attivato un laboratorio propedeutico a tale esperienza. Mirato a fornire strumenti didattici, idee, suggestioni e stimoli, far riflettere e affinare le capacità di osservazione e percezione. Finalizzato alla conoscenza dei beni artistico - ambientali, alla storia e la cultura del proprio territorio. Si è mostrato mezzo formativo efficace per avvicinare gli studenti a divenire cittadini più consapevoli ed attivi nella tutela. Nello specifico abbiamo scelto di esplorare la complessità del sistema delle bonifiche che ha reso “artificiale” il paesaggio odierno della pianura padana. La decodificazione della “trama del paesaggio” costruita dall’uomo in relazione al variare delle vicende naturali ,storiche e politiche, ha fatto emergere uno scenario in cui natura tecnologia e azioni di gestione sembrano essere i termini per definire un paesaggio unico .Il nostro percorso è iniziato pertanto dalla biblioteca storica Maldotti di Guastalla, dove i ragazzi, suddivisi in piccoli gruppi, hanno esaminato cartine e documenti relativi alla storia della bonifica tra Guastalla e Boretto ,nel periodo compreso tra medioevo ed età moderna. Durante le ore di compresenza i ragazzi hanno svolto in team ricerche di natura sia storico – sociale sia di tipo architettonico e tecnico, riguardanti le strutture presenti sul territorio tra Guastalla, Gualtieri e Boretto. Il risultato di questi lavori è riassunto nell’intervento BracciantiMigranti tenuto dalla classe durante la restituzione conclusiva al Museo A. Cervi. Quando si parte per un viaggio spesso accadono imprevisti: così è successo a noi durante la parte finale del nostro percorso didattico. In zona Gazzo di Gualtieri, abbiamo infatti riscoperto un vecchio borgo rurale fascista ormai dimenticato, residuo di una bonifica propagandistica e autocelebrativa. Il complesso è ormai fatiscente e necessiterebbe di un recupero o, quanto meno, ne andrebbe rivalutata la valenza storica. Riteniamo che il percorso si sia rivelato uno strumento efficace nell’avvicinare gli studenti al divenire cittadini più consapevoli e sensibili alla tutela e al potenziale del loro territorio. Prepare gli studenti al compito di divulgatori competenti ha comportato anche la strutturazione diversificata del fare metodologico. La suddivisione in sottogruppi ha permesso infatti a tutti gli allievi di contribuire attivamente al risultato finale. 53


Ricordiamo infine che tutta l’area liceale (linguistico, scienze umane, scientifico) del nostro Istituto ha realizzato una mostra didattica di restituzione delle attività svolte all’interno dell’esperienza di alternanza scuola -lavoro. Mostra allestita all’interno della Borsa Fluviale del turismo sul Po che si è svolta nel comune di Guastalla a settembre 2017. Per accedere ai contenuti multimediali relativi a questi progetti

https://goo.gl/mLhvF6

https://goo.gl/SdnJXs

https://goo.gl/jzj6Rw

https://goo.gl/uSVPsJ

https://goo.gl/FZ8fWP

https://goo.gl/EFMR9c

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Trame del tempo e grammatiche della narrazione: il presente non ha significato senza la storia Isabella Calavani Istituto

IIS Nelson Mandela Castelnovo ne Monti (RE)

Anno scolastico

2016-2017

Classi coinvolte

II

Responsabile del progetto

Isabella Calavani - Fabrizio Frignani

Discipline coinvolte

Italiano, Storia, Geografia

Docenti coinvolti

Isabella Calavani - Fabrizio Frignani (tutor)

Questo progetto, realizzato dagli studenti del II secondo anno dell’IIS Nelson Mandela, indirizzo tecnico turistico per l’anno scolastico 2016/17, è stato costruito sul diario di guerra1 del soldato Giuseppe Perrozzi, uno di quei “ragazzi del 99”, che in nome di un ideale patriottico, all’età di 18 o 19 anni, partirono volontari per il fronte, a combattere la grande guerra. L’analisi di una fonte primaria, come la testimonianza autobiografica di un giovane studente abruzzese, fornisce, accanto al resoconto di cronaca, anche una visione della dimensione umana e personale della guerra, altrimenti assente nei libri di testo. Questo diario costituisce, assieme ad innumerevoli altri racconti non ufficiali - quelli scritti dai soldati, raccontati nelle lettere alle famiglie e nei diari, conservati e tramandati per le generazioni future - quello che oggi viene definito patrimonio immateriale. In questo progetto la prima guerra mondiale è servita a pretesto e filo conduttore per l’approfondimento di molti e diversi argomenti: il patrimonio, la memoria, i luoghi, il paesaggio, il turismo, che afferiscono a loro volta alle varie discipline di insegnamento proprie dell’indirizzo. Collegando la narrazione del documento storico, oggetto di lettura e discussione con noi insegnanti, con la lettura del territorio, visitato dagli studenti nella primavera, i ragazzi hanno potuto interpretare, con l’osservazione diretta e la percezione dei segni, le stratigrafie dei diversi tempi storici che hanno modellato il paesaggio attuale. Un paesaggio dove sono ancora visibili, seppure offuscate, le cicatrici della guerra, che la natura ed il tempo lentamente guariscono, smantellano e rimodellano e che, nel progetto, è diventato nuovamente attore, narratore silenzioso. Un paesaggio entro il quale i luoghi di memoria, simboliche icone degli eventi della storia, sono divenute memorie, a ricordo degli orrori del passato, perché non si dimentichi che quello che oggi ci appare come un’opera di land art è stata in realtà realizzata con il drammatico ed incessante cadere delle bombe. Un paesaggio ancora in trasformazione, dove è possibile per un osservatore attento, ricostruire il tempo e la cui importanza, per la persistenza del ricordo, delle trame, della narrazione del tempo passato diviene ancora più rilevante di fronte al rischio dell’oblio. La grammatica dei segni è testimone della costruzione di un tessuto allora forte tenace, che nel tempo si è sgualcito. Trama e ordito hanno perso consistenza e non basta, per ricucire il presente con il passato, imporre date o commemorazioni. Serve piuttosto vivere le emozioni che certi luoghi silenziosamente possono trasmettere. Bisogna però imparare ad ascoltare 1 Giuseppe Perrozzi, Sul Grappa nel 1918 - Diario di Guerra di un ragazzo del ‘99, Ed Città di Vasto, Vasto, 4 novembre, 1997.

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e osservare ed anche imparare e sperimentare un altro modo di fare educazione, attraverso l’esperienza. In alternativa il rischio è quello di fare diventare tutto ciò che abbiamo attorno a noi insignificante, lontano, sconosciuto, posto su di un orizzonte dove non troviamo mai il tempo di posare lo sguardo per riflettere e capire. Tutti i luoghi di memoria assumono valori e significati personali, in dipendenza dalla nostra attitudine ed al nostro vissuto personale, attraverso i quali filtriamo emozioni e sentimenti, ma dovrebbero essere anche luoghi attivi della società, al di là di simboli, che rischiano di essere solo icone codificate della memoria storica. Dovrebbero essere luoghi dove si parla di storia e della storia, dove si pongono domande e dove cercare risposte: il perché delle cose. Non esistono luoghi di memoria più importanti di altri: una lapide che commemora i caduti a Castelnovo ne’ Monti ha lo stesso valore del campo di concentramento di Auschwitz o del sacrario del M. Grappa o di quello di Quero o di Feltre. Questi luoghi, che sono ora diventati più familiari per i ragazzi, hanno assunto significato nel momento stesso in cui ne sono venuti a contatto. Attraverso le storie di famiglia alcuni di loro hanno scoperto che i loro bisnonni erano morti sul M. Grappa, altri hanno riconosciuto legami parentali con i nomi dei caduti riportati sulle lapidi. A quel punto il M. Grappa è diventato un elemento geografico che ha assunto una connotazione più direttamente legata alla propria vita, alla propria famiglia. Non era più solamente una montagna, un ammasso calcareo, ma un luogo collegato, dove le narrazioni stavano prendendo forma in modo anche inaspettato. In prima persona ognuno di loro vi ha cercato e trovato, lentamente ed in modo forse solo parzialmente consapevole, attraverso l’emergere di emozioni, una testimonianza da rivivere. Se proprio non tutti, molti di loro hanno cominciato a sentire crescere la consapevolezza di una memoria (la storia) che lentamente riaffiorava. Mano a mano che il progetto si sviluppava, i ragazzi hanno compreso di essere coinvolti in una proposta didattica nuova e, per la prima volta, si sono trovati a conoscere un periodo storico, uno spazio geografico e dei luoghi, attraverso una fonte diretta, come per l’appunto il diario di un loro coetaneo di 100 anni fa e la percezione delle sue esperienze e delle sue emozioni. Soprattutto hanno cominciato a sentire che quello che è stato analizzato e studiato li doveva portare oltre, su temi ed argomenti che apparentemente non erano contenuti nella fonte, ma ne erano conseguenza. Il luogo è diventato lo spazio educativo, il diario del Caporale Perrozzi si è trasformato in una nuova narrazione, che - hanno scoperto in seguito - poteva adattarsi a qualsiasi luogo della memoria. Anche un paesaggio può diventare un luogo della memoria se permette di far riaffiorare testimonianza e ricordi personali. Il diario, che è una forma di scrittura precisa, una registrazione quotidiana in perfetto ordine cronologico di quello che succede, è stato prima de-costruito e poi riutilizzato per ricomporre una nuova storia, scientificamente fedele al testo originale, ma adattata alle loro emozioni, a quello che stavano raccontando attraverso le emozioni stesse. A questo punto si può affermare che gli studenti sono entrati nella storia, facendola propria: ricostruendola, introiettandola ed interpretandola ne sono diventati essi stessi gli attori principali. La lettura, la decostruzione e la ricostruzione hanno permesso di adattare questa storia al prodotto finale che si voleva realizzare, un video: un prodotto educativo di tipo non convenzionale, uno strumento didattico che non veniva scaricato-acquisito dal web ma prodotto autonomamente ed appositamente per questa narrazione. La novità didattica sta proprio in questo prodotto finale ed infatti, per la prima volta, questi ragazzi non hanno dovuto confrontarsi con una verifica o un’interrogazione, ma con un progetto che ha permesso loro di realizzare qualcosa di pensato per essere presentato ad un pubblico, proprio come un lavoro realizzato su commissione, non agli insegnati. 56


Nel corso della realizzazione si è pensato, proprio per gli argomenti e le implicazioni emozionali, di rendere la storia narrata ancora più viva, più personale, più vicina al pubblico attraverso l’utilizzo di due voci narranti, aggiungendo maggiore pathos alla narrazione. Il prodotto finale è quindi complesso, articolato, difficile (perché mette in campo le emozioni), con tempi precisi, con le voci, con le musiche, con l’audio, dove non si guarda il pubblico ma la scena, per raccontarla con entusiasmo e compassione. In conclusione il progetto ha permesso di mettere in relazione i ragazzi con le fonti storiche, i narratori con il pubblico, gli attori con la storia, il pubblico con il racconto degli attori-ragazzi. Per chi ha seguito la progettazione e la didattica, sono a questo punto riemerse, connotate da un valore più profondo e definito, alcune parole che erano state evidenziate nell’ipotesi progettuale iniziale: coinvolgimento, socializzazione, riscontro. Coinvolgimento: i giovani possono cambiare l’atteggiamento verso il patrimonio se resi consapevoli del fatto che vivono in un territorio unico pieno di valori e che, attraverso la conoscenza, possono diventare gli attori che coinvolgono, rieducano i molti adulti che hanno perso coscienza verso i valori, gli ideali, le emozioni, i sentimenti ed i ricordi contenuti nei luoghi e nei paesaggi, anche quelli quotidiani. Il coinvolgimento sottintende una pedagogia che vede i giovani diventare educatori, sfruttandone la capacità di recepire e percepire emozionalmente temi ed argomenti complessi, senza vergognarsi di esternare emozioni e sentimenti, utilizzando linguaggi più semplici ma più immediati. Il risultato è di più grande significato quando si considera che la gran parte di questi ragazzi che stanno cercando di comunicare questi nuovi messaggi non sono italiani, ma hanno preso a cuore i valori di essere cittadini di questa nazione, oltre che cittadini del mondo. Socializzazione: quando si lavora in squadra, bisogna ottenere il migliore risultato con le persone ed i mezzi che si hanno a disposizione. I ragazzi hanno socializzato tra loro, con studenti di altre scuole e con gli adulti che sono stati spettatori finali. La loro consapevolezza di appartenere ad una storia - e che questa è quella della nostra società - si è accresciuta. Riscontro: per noi docenti il riscontro è stato vedere lavorare i ragazzi e lentamente prendere coscienza di cosa stavano realizzando. Per i ragazzi il riscontro è stato la gratificazione di avere prodotto qualcosa di unico. Sono stati gli applausi del pubblico, di quelli che hanno assistito allo spettacolo, il comprendere la forza delle loro stesse parole e della loro storia, una storia che non costruisce solo la memoria, ma contribuisce a formare le coscienze.

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Ri-costruire la mappa di un monumento la Cattedrale di Reggio Emilia Cristina Casoli Istituto

Liceo Classico-Scientifico “Ariosto-Spallanzani” Reggio Emilia

Anno scolastico

2016-2017

Classi coinvolte

II C Liceo Classico

Responsabile del progetto

Cristina Casoli

Discipline coinvolte

Storia dell’Arte

Docenti coinvolti

Cristina Casoli

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Il disegno del cosmo A carte scoperte Tante carte per una città Adriana Querzè già Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Modena

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PARTE IV

Appendice



Politiche di sviluppo rurale in Val Pocevera Luigi Previati

Al corso è stata portata una testimonianza di collaborazione finalizzata alla costruzione di Mappe di Comunità in un contesto complesso quale quello ligure della Val Pocevera e Val Bisagno. La comunicazione è inoltre contestualizzata con alcune riflessioni di carattere generale sulle politiche di sviluppo rurale in situazione.

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I relatori Gabriella Bonini Responsabile scientifico della Biblioteca-Archivio Emilio Sereni di cui segue anche la programmazione editoriale. Già direttore del Museo del Po (Boretto) e responsabile del Museo della Terramara di Santa Rosa, è PhD in Scienze, tecnologie e biotecnologie agroalimentari presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Tra le curatele: i Quaderni dal 2009 relativi alle varie edizioni della Summer School Emilio Sereni Storia del paesaggio agrario italiano. Inoltre si segnala per l’attinenza alla formazione al paesaggio: Geografie, Storie, Paesaggi per un’Italia da cambiare (Aracne, 2013) e Paesaggi in trasformazione. Teorie e pratiche della ricerca a cinquant’anni dalla storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni (Editrice Compositori, 2014). Mario Calidoni Insegnante e ispettore tecnico per la Scuola Secondaria di primo grado, settore linguistico espressivo, ha svolto attività istituzionale sino al 2000 per poi proseguire con incarichi di docenza e coordinamento di progetti formativi. Esperto di Educazione al Patrimonio fa parte della Commissione nazionale Educazione e mediazione di ICOM ITALIA. Sin dalla prima edizione ha partecipato alla Summer School dell’Istituto Cervi e scritto contributi che compaiono nei Quaderni degli Atti del 2012, 2013, 2014, 2015, 2016. Per lo specifico argomento dell’educazione al Paesaggio si segnala l’ultima pubblicazione con il saggio Paesaggio, spazio della formazione nel volume Paesaggi culturali, nuove forme di valorizzazione del patrimonio, Università Bicocca Milano e Regione Lombardia, 2016. Albino Calori Geologo, professionista, studioso di storia locale, in particolare del Ducato di Parma in collegamento con i territori di oltr’Enza del Reggiano-Modenese; appassionato studioso di Francesco Petrarca. Luciana Coltri Formatrice e ricercatrice in percorsi di didattica della Storia e la geografia per l’Associazione Clio ’92. Esperta nell’educazione temporale e spaziale e in didattica dei copioni applicati alla storia e alla geografia, ha scritto proposte didattiche sia per la scuola dell’infanzia che per la scuola primaria. È stata consulente scientifica per Spazio e Tempo - storia e geografia, nelle Guide della casa editrice Giunti (2005) e coautrice del sussidiario Poster vol. 4 e 5 (2007). Autrice delle proposte di geografia dalla classe prima alla classe quinta primaria per l’e-Book, della casa editrice Giunti (2016). Ilaria Di Cocco Laurea in Lettere classiche, con tesi in Topografia Antica e specializzazione in Archeologia, dottorato in Topografia antica e archeologia del territorio, attualmente responsabile dell’Ufficio Paesaggio del Segretariato Regionale del Ministero dei Beni e delle Attivita’ culturali e del Turismo per l’Emilia Romagna dove coordina anche la costruzione del GIS, con interfaccia web, nato per censire i danni del Sisma del 2012 sul patrimonio architettonico e ora volto alla georeferenziazione dell’intero patrimonio culturale emiliano-romagnolo.

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Fabrizio Frignani Geografo–public historian, da alcuni anni svolge ricerche nell’ambito della geografia umana sul paesaggio. Tra le fonti preferite per queste ricerche c’è la fotografia storica, che permette un’indagine comparativa iconografica di questi cambiamenti. Collabora con la BibliotecaArchivio Emilio Sereni e con il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano sui temi dell’educazione alla sostenibilità, secondo le direttive per le aree Mab Unesco. Docente di geografia e geografia del turismo presso l’Istituto Superiore Nelson Mandela di Castelnovo Monti. Autore dei volumi Paesaggi visti dal Treno (2015) e Il Monte Pezzola, un luogo per vivere emozioni (2016), editi da IstitutoCervi. Carlo Geminiani Ricercatore e docente di geografia all’Università degli studi di Parma, ha inoltre ricoperto incarichi di ricerca e didattica presso le Università di Genova, Torino e Trento. Si occupa di gestione e valorizzazione delle aree protette, del patrimonio rurale e dei paesaggi culturali, di aspetti metodologici legati al trattamento delle fonti cartografiche e fotografico-storiche, di storia della geografia e del pensiero geografico. Ha aperto varie linee di ricerca tra le quali si segnala per l’attinenza con il corso di formazione, la storia del territorio, della cartografia e della topografia. Sabina Magrini Dirige il Segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l’Emilia Romagna; nei ruoli del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è Bibliotecario Direttore dal 1999 e Dirigente dal 2010. Proviene da un percorso di studi specialistico e ha conseguito vari titoli accademici in Paleografia, diplomatica e archivistica. Le sue ricerche e pubblicazioni relative alla storia del libro riguardano principalmente l’evoluzione delle forme scrittorie e della produzione libraria tra XI e XIV secolo in ambito occidentale. Collabora con riviste nazionali ed internazionali specializzate in studi sui manoscritti medievali. Sandra Manara Attuale Direttore del Mausoleo e del Palazzo di Teodorico di Ravenna, ma già responsabile, da anni, dell’Ufficio Paesaggio e Referente per l’educazione al patrimonio culturale del Segretariato regionale del Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo per l’Emilia Romagna. La sua professionalità di architetto è rivolta alla progettazione ed all’analisi dei paesaggi; ha partecipato ad esperienze di formazione tra le quali si segnalano Sguardi e progetti per il paesaggio rurale, paesaggi rurali collinari piacentini (2015), forlivesi e cesenati (2014) della Regione Emilia Romagna. Andrea Romano Sindaco di Spinete, Campobasso. Laurea in Filosofia alla LUMSA di Roma; Dottorato di ricerca in Relazioni e processi intercultutali all’Università del Molise. Dal 2011 studia il fenomeno delle mappe di comunità e degli ecosistemi come valorizzazione del patrimonio culturale locale. Rossi Luisa Docente di Geografia all’Università di Parma; membro delle Società scientifiche Società Geografica Italiana (SGI), Società di Studi Geografici (SSG), Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici (CISGE), Associazione Geografi Italiani (AGEI), Société de Géographie di Parigi (SG). Le sue linee di ricerca riguardano la Geografia storica, storia della geografia, storia del territorio; la Storia della cartografia: ricerche svolte negli archivi italiani e francesi 66


sull’attività dei cartografi, sec. XVII-XX; la Geografia in funzione della pianificazione territoriale e della valorizzazione del patrimonio storico-ambientale locale; il Viaggio e le rappresentazioni geografiche: studio dei documenti dal XVI al XX secolo; la Geografia di genere: pratica e percezione femminile dello spazio geografico. Numerosissime le pubblicazioni in questi ambiti.

I partecipanti Luciana Amadasi Antonella Avigni Emilia Bennardo Cristina Casoli Cicioni Francesca Patrizia Del Rio Benedetto Dradi Pietro Fiori Laura Micol Luigi Previati Adriana Querzè Maria Cristina Riccardi Cristian Savioli Massimo Sericola Francesco Vanotti

Le scuole Scuola Superiore “B. Russell”, Guastalla (RE) Scuola Superiore “Ariosto-Spallanzani”, Reggio Emilia Scuola Superiore “Marco Carrara”, Guastalla (RE) Scuola Secondaria di I grado “Falcone - Borsellino”, San Polo di Torrile (PR) Scuola Secondaria di I grado “De Sanctis”, Poviglio (RE) Scuola Secondaria di I grado “J. Zannoni”, Montecchio Emilia (RE) Scuola Secondaria di I grado “E. Guatelli” di Collecchio (PR) Scuola Secondaria di I grado “A.Galmozzi”, Crema (CR) Scuola Secondaria di I grado “E. Vanoni”, Viadana (MN)

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euro 7,00

Istituto Alcide Cervi Via F.lli Cervi n. 9 Gattatico (RE) Emilia Romagna - Italy www.istitutocervi.it biblioteca-archivio@emiliosereni.it


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