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TRIBUNALE DI PALERMO
UFFICIO ISTRUZIONE PROCESSI PENALI
N. 2289/82 R.G.U.I.
ORDINANZA - SENTENZA
emessa nel pzocedimento penale
CONTRO
ABBATE GIOVANNI + 706
VOLUME N. 7
- Pag.1.223 -
IL "LABORATORIO" DI VIA MESSINA MARINE
.- Pag.1.224 -
I
L'esame
attivita' dei
delle risultanze processuali sulle.
Grado e dei loro complici ha
consentito di porre in luce, soprattutto, quella
parte del traffico degli stupefacenti
riguardante l'approvvigionamento della morfina
base necessaria per il funzionamento dei
laborato~i clandestini siciliani e lo smercio di
parte del p~odotto fino (eroina) nell'Italia
Settentrionale; e cio', per il periodo che va
dal 1977 ai primi mesi del 1981, fino a quanto,
c i oe ' , la "faida" esplosa in seno a Cosa Nostra
non ha dete~minato la cessazione di tale
attivita' da parte dei Grado, costretti alla
fuga dai lo~o avve~sari.
La scoperta di un laboratorio per la
p~oduzione dell'eroina, in questa via Messina
Marine, 1'11.2.1982 e le conseguenti attivita'
istruttorie hanno consentito, da un lato, di
porre l'attenzione su di un diverso stadio del
t~affico di stupefacenti (quellt> della
- Pag.1.ZZ5 -
trasfozmazione della mozfina base in ezoina) ed
hanno costituito, dall'alt:z:o, importante
elemento di ziscont:r:o e di vezifica piu'
gene:z:ali sulla struttura ed il Tun2ionamento di
Cosa Host:z:a.
procedimenti penaliGia'
originati
da
sia
altri
dal sequestro di sostanze
stupefacenti sia dal :rinvenimento nel
Palermitano di altri laboratozi - e' emerso che
gran parte della eroina inviata negli U.S.A. c'
prodotta n~i laboratori siciliani e che questo
colossale traffico e' gestito dalle "famiglie"
mafiose siciliane. Il laboratorio impiantato in
via Messina Marine. quindi, non rappresenta per
nulla una iniziativa isolata ma costituisce
confezma della gestione da parte della mafia
anche del piu' delicato e rischioso stadio del
t:raffico degli stupefacenti. quello. cioe' •
della produzione dell'eroina.
- Pag.1.226 -
- II -
La scopexta del laboxatoxio di via Messina
Maxine e' stata del tutto casuale, nel senso che
e' avvenuta nel coxso di un'opexazione di
alla cattura deiPolizia volta esclusivamente
latitanti.
Per meglio comprendere la vicenda occorre
prendexe le mosse dal c.d. blitz di Villagxazia,
una bxillante operazione di Polizia di cui
soltanto in un secondo tempo si e' apprezzato il
valoxe.
Il 19.10.1981 (in un periodo in cui gli
omicidi di marca mafiosa a Palermo avevano
raggiunto una cadenza impressionante) la Polizia
faceva irruzione in una villa sita in questa via
Valenza (Villagrazia di Palermo) nel bel mezzo
di un summit mafioso e traeva in arresto, dopo
Giovanbattista,
Vernengo Ruggero, Fascella Pietro,
un conflitto
Pullara'
a fuoco, Profeta
Capizzi
Salvatore,
Benedetto,
1.0 Jacono
Pietro, Gambino Giuseppe, Di Miceli Giuseppe,
Urso Giuseppe.
- Pag.1.227 -
Di questo episodio si parlera' piu'
diffusamente
ricordare:
in seguito, ma qui e' sufficiente
A) che Capizzi Benedetto e' quello stesso
che ha emesso l'assegno di lit. 32.000.000 a
favore di Giacomo Grado e che ha dichiarato di
non ricordare nulla in proposito i
B) che Gambino Giuseppe, pochi mesi dopo
l'arresto (25.2.1982), ha consumato con spietata
ferocia, insieme con altri, l'omicidio di Pietro
Marchese nel Carcere dell'Ucciardonei
C) che Urso Giuseppe, spacciatosi nella
per un elettricista chiamato adcircostanza
e:ffettuare delle riparazioni. e ' stato
nuovamente arrestato, il 25 marzo 1985, a
Crotone insieme con Di Fresco Onofrio e con
Cosimo Vernengo, con i quali verosimilmente
stava per impiantare in quel centro un
laboratorio per la produzione di eroina (Vol.189
f. 9).
- Pago 1.228 -
L'Urso sarebbe in seguito divenuto genero
di Piet~o Vernengo,
Rosa.
avendone sposato la figlia
D) che Di Miceli Giuseppe, qualificatosi
come giardiniere della villa, e' in realta' un
corleonese definito "liggiano di ferro"
f.236J.
(Vol.3/S
Le indagini sulla villa hanno dato
risultati di est~emo inte~esse.
L'immobile, che sorge su terreno venduto
da Antonino Sorci ("rappresentante" della
famiglia di Villagrazia ed ucciso il 12 . If • 1 9 8 3 ) ,
e' circondato da altre ville, tutte appartenenti
a personaggi di spicco della mafia (Marchese
Rosario e Salvino Mondino Girolamo - Greco
Tommaso, padre di Greco Carlo
figlio di Antonino ucciso il
Sorci Carlo
12.4.1983, - Di
Maggio Ippolito, zio dei fratelli Mafara e
fratello di Giuseppe Di Maggio,
- Pag.1.229 -
rappresentante della famiglia di Brancaccio e
ucciso il 19.10.1982 ed e' dotato in un
sofisticato impianto televisivo. che consente di
tenere sotto controllo per centinaia di metri la
strada di accesso <Vo1.3/S f.2.30).
Per quanto attiene. poi. al titolare della
villa, giova rilevare che 10 stesso Di Miceli
Giuseppe, pur dichiarando di non conoscerne il
nome, essendo semplicemente il giardiniere, ne
ha indicato il domicilio in Via Sacco e
Vanzetti, n 36, piano quarto. ossia nello stesso
pianerottolo del proprio appartamento <Vol.3/S
f.219).
grandissimoQuesta
significato.
ammissione
perche'. a
ha
parte la palese
inattendibilita' del fatto che il Di Miceli non
conoscesse il nome del suo dirimpettaio,
l'intestatario dell'appartamento indicato dal Di
Miceli e' Giorgio Aglieri. suocero di Pietro
Vernengo. mentre il proprietario della villa di
via Valenza risulta formalmente Ruggero
Vernengo. cugino del Pietro ed arrestato nel
c . d • blitz; va inoltre
- Pag.1.230 -
rilevato che una immediata perquisizione
domiciliare eseguita nell'appartamento
dell'Aglieri ha consentito di sequestrare, in
contanti, la somma di lit. 130.000.000 e quella
di $ U.S.A. 147.200 <Vol.3/S f.Z19) fatto-
questo sintomatico del coinvolgimento
de11'Ag1ieri, nonche' di Pietro Vernengo, nel
traffico di eroina cogli U.S.A., soprattutto
alla stregua di quanto si dira' tra breve.
Va ricordato, inoltre, che il padre di
Pietro Vernengo, Cosimo, gia' sposato con Nuccio
Rosa (deceduta 1'1.3.1967) ha contratto seconde
sorella proprio Dinozze con Di Mice1i Maria,
Mice1i Giuseppe.
Queste nozze sono il segno evidente della
saldezza dei vincoli fra i Vernengo ed i
Cor1eonesi.
seguito.
di cui si par1era' ancora in
E, in proposito. sembra opportuno
richiamare che l'Agrosicu1a S.p.A., di cui erano
azionisti Vernengo Giuseppe e Mondi'
- Pag.1.231 -
affidata alle cure del rag.
Vincenza
Pietro),
(fratello
era
e cognata di Vernengo
Giuseppe Mandalari, azionista di maggioranza
della "zoosicula RI.SA", nella cui sede venne
tratto in arresto Leoluca Bagarella,
Salvatore Riina (Vol.3/S f.24).
cognato di
Ma le sorprese per gli inquirenti,
indagando sulla titolarita' della villa di via
Valenza, non finivano qui.
Si accertava, infatti, ((Vol.35 f.225) -
(Vol.35 f.230)) che la villa era appartenuta a
Varace Teresa (vedova di Riccobono Giuseppe,
ucciso a Palermo il 27.7.1961, e cognata di
Rosario Riccobono, "rappresentante" della
"famiglia" di Partanna Mondello) la quale
Ruggero, mentre l'utenza telefonica,
l'aveva successivamente venduta a Vernengo
installata
nella villa, era intestata a Palmeri Maddalena,
che ne ha sposato la
moglie di Vitamia Paolo,
di Rosario Riccobono,
cognato, quest'ultimo,
sorella, Vitamia Rosalia.-
- Pag.1.232 -
Le assurde, assolutamente inattendibili,
dichiarazioni di Verace Teresa e di Vitamia
Paolo per giustificare, rispettivamente, la
titolarita' della villa e dell'utenza
telefonica, sono la migliore dimostrazione, ove
ve ne fosse stato bisogno, che la villa era in
aveva tentato di
realta'
quale,
appartenuta a Rosario
con tali artifizi,
Riccobono il
occultarne la effettiva titolarita'
poi ceduta a Pietro Vernengo.
e l'aveva
resto, quando ci si occupera'
approfonditamente del ruolo e delle attivita' di
Rosario Riccobono in seno alla mafia, si vedra'
Riccobono
investimenti
questo il solo caso in cui il
suoii
consapevoleben
di occultarecercato
immobiliari,
ha
non e'che
, dell'illiceita' della provenienza della sua
ricchezza.
La "storia" della villa di via Valenza,
legami tra Rosario Riccobono e
quindi, ha svelato l'esistenza degli stretti
la famiglia di
S.Maria di Gesu' cui appartengono
i Vernengo,
- Pag.1.Z33 -
o~zrendo un inoppugnabile riscontro
alle rivelazioni fatte
Buscetta.
al rigua~do da Tommaso
Se si ferma, poi, l'attenzione
sull'identita' delle pe~sone t~atte in a~resto
nell'ope~azione in esame si trova una ulte~iore
conferma degli schie~amenti nella c.d. guerra di
mafia che, al contrario di quella esplosa negli
anni 196Z-63, non si e' concretata in uno
bensi' in un'alleanza,scontro tra
realizzatasi
"fami.glie",
orizzontalmente, fra "uomini
d'onore" appartenenti alle diverse famiglie, e
che e' servita ai Co~leonesi per distrugge~e, in
seno ai clans piu' disparati, tutti coloro che
per la loro personalita' e pe~ la propria
potenza si potevano opporre alle lo~o mire
egemoniche.
Fra i partecipanti alla riunione di via
Valenza, infatti, vi erano Lo Jacono Pietro,
Pullara' G. Battista, Urso Giuseppe, Aglieri
Giorgio, zacenti capo alla "famiglia" di S.Maria
di Gesu' (quella
- Pag . 1 . 2 3'~ -
stessa di Stefano Bontate), Gambino Giuseppe,
appartenente alla "famiglia" di Michele Greco
(Ciaculli - Croce Verde Giardina) e Di Miceli
Giuseppe (certamente legato ai Corleonesi),
rappresentanti, tutti di famiglie diverse.
- Pag.1.235 -
-III -
Ritenendosi. dunque, fondatamente che il
vero titolare della villa di via Valenza fosse
Pietro Vernengo, genero di Giorgio Aglieri, ci
si poneva sulle sue tracce.
spesse
Il Vernengo pero',
sottrarsi alla cattura,
e' finora riuscito a
volte per un
soffio, ed a continuare a gestire i suoi
illeciti traffici; il che e'
statura del personaggio.
sintomatico della
Cio' malgrado, le indagini svolte hanno
consentito di acquisire prove sempre piu' certe
ed univoche delle responsabilita' sue e dei suoi
complici.
Fra queste, la piu' significativa e' la
scoperta del laboratorio di eroina di via
Messina Marine, insieme col rinvenimento di
147.200 $ U.S.A.
Aglieri.
nell'appartamento di Giorgio
Era ben noto alla Polizia che
l'autovettura R18, targata es 260418, era in uso
eslusivo
- Pag.1.236 -
della famiglia di Pietro Vernengo:
infatti, il 7.12.1981 alle ore 9.45 ed il
3.2.1982, alle ore 11,00, l'autovettura era
stata controllata dai CC. proprio in via Sacco e
Vanzetti ed alla guida era stata sempre trovata
Aglieri Provvidenza, moglie del
«Vol.5/S f.85) - (Vol.5/S f.87».
Vernengo
La circostanza sarebbe stata confermata,
in seguito, dalla stessa Aglieri Provvidenza, la
quale dichiarava ai verbalizzanti (che la
interrogavano il giorno dell'individuazione del
laboratorio di eroina di Via Messina
Marine;(Vol.1/S f.72)) di essere la sola ad
usare quella vettura.
L'autovettura in oggetto risultava
intestata a Di Caccamo Benedetto, un palermitano
residente a Castrovillari del quale Stefano
Calzetta ha parlato in questi termini: "conosco
i due Di Caccamo che hanno tutti e due lo stesso
nome,
Benedetto.
- Pag.1.237 -
Uno dei due esegue trasporti per
conto dei miei fratelli, ma entrambi
appartengono al gruppo di mafia di Pietro
Vernengo" eVol.3/SA f.135).
Ebbene, la mattina del 9.2.1982, alle ore
il m.llo CC. Pietro Giordano ed8,45,
cc. Spezia Salvatore, nel percorrere
il brigo
la via
Messina Marine, notavano che l'autovettura
pxedetta era ferma davanti alla villetta in
costruzione contrassegnata col n 66/H e che,
proprio al loro passaggio, un uomo vi saliva a
bordo allontanandosi rapidamente«Vol.4/S
f.336);eVol.5/S f.81)-eVol.5/Sf.334)-(Vo1.4/S
f.84)).
Il pomeriggio di quello stesso giorno la
medesima autovettura veniva notata parcheggiata
in uno spiazzale di fronte alla villetta di cui
sopra.
che sia la villetta inda notareE'
questione sia quella finitima apparivano
-. Pag.1.238 -
dall'esterno in fase di ristrutturazione e che,
in particolare, era stato innalzato un unico
ponteggio, lungo le due ville, in maniera tale
che era possibile accedere, attraverso le
impalcature, da una villa all'altra; il retro
dei
mare.
villini, invece, prospettava sul lido del
Sospettando fondatamente che l'uomo da
essi notato potesse esse:re Pietro Vernengo o
Giorgio Aglieri, i cc. decidevano di effettuare
una perquisizione domicilia:re nella villetta,
allo scopo di catturare uno od entrambi i
ricercati e comunque di accertare i motivi della
loro presenza in quel luogo.
E cosi' 1'11.2.1982, e, cioe', due giorni
dopo avere notato la v~ttura del Ve:rnengo, i cc.
intervenivano e si introducevano nella villa
adiacente col pretesto di cont:rollare la
regolarita' della costruzione.
Il C.:re D'Antoni Pietro, rimasto davanti
all'ingresso delle ville per sorvegliare gli
automezzi militari, poteva notare che, mentre i
murato:ri presenti davano ai cc. le
- Pag.1.239 -
solite risposte evasive sui lavori in corso, un
giovane sui trent'anni con un giubbotto scuro
usciva dal piano superiore del fabbricato e si
immetteva nell'impalcatura per passare
nell'attigua villetta (quella sospetta), al cui
interno si dileguava; dopo pochi minuti, da
quest'ultima costruzione
d'ispezione da parte dei CC.
non ancora oggetto
usciva un uomo
che, con fare indifferente, si intratteneva nel
giardino antistante.
Il C.re D'Antoni immeàiatamente avvertiva
i commilitoni i quali, passati nella villetta
sospetta, identificavano l'uomo nel proprietario
della villa, Di Salvo Nicola.
Questi tentava di convincere il m.llo CC.
Paolo Giordano a desistere dall'ispezione,
caserma tutti i documenti
impegnandosi ad esibire il giorno
richiesti,
dopo
ma
in
i
carabinieri decidevano egualmente di controllare
po:r:tatisi al primo
soffocante,
la villa e,
avvertivano un odore acre e
piano ove
scoprivano un complesso di apparecchiature.
- Pag.1.240 -
Frattanto il Di Salvo, approfittando del
trambusto determinatosi effetto
dell'inaspettata scoperta, riusciva a dileguarsi
dalla parte posteriore del villino.
L'accurata perquisizione effettuata dava
la certezza che era stato individuato un
laboratorio per la produzione dell'eroina in
pieno esercizio e consentiva di rinvenire nei
locali al piano terra una rivoltella calibro 357
abz:asa,
proiettili ad
pistola calibro
per
dipolizza
.:.çua,,",ra..s,i~ç,-,aiL-_....lcl!...Q.U,
caz:tucce17
una
espansione, e
38, nonche'
matricolaconMagnum
assicuz:azione auto rilasciata a favore di
Vernengo Giuseppe, cugino di Pietro e fratello
di quel Vez:nengo Ruggez:o al quale, come si e'
visto, era formalmente intestata la villa di via
Valenza; venivano altz:esi' rinvenute ~~ tazzine
con tracce di caffe' (Vol.3/S f.55).
Si accertava, ancora, che il contatore
della energia elettrica era stato disinserito e
che la energia veniva prelevata diz:ettamente
dalla rete esterna attraverso cavetti e
conduttoz:i appositamente
f. 62) .
allacciati (Vol.3/S
- Pag.1.241 -
Dalle successive indagini emergeva che i
lavori edilizi nella villa attigua a quella di
Di Salvo Nicola erano stati commissionati da
Alfano Pietro, padre di Alfano Paolo, il quale
ultimo veniva riconosciuto fotograficamente dal
C.re D'Antoni per l'uomo che era passato da una
villetta all'altra attraverso i ponteggi
esterni.evedi rapporto dei CC. di Palermo del
25.2.1982, eVo1.1/S f.19)-eVo1.1/S f.78)i rapp.
cc. Palermo del 5.7.1982, eVol.3/S
f.88);f.49)-eVo1.3/S
Spezia Salvatore,
esame
eVol.4/S
test.brig. cc.
f.334)-eVol.4/S
f.336)i m.llo CC. Mainenti Giuseppe, eVol.5/S
f.79)-eVol.5/S f.80)i m.llo CC. Giordano Pietro,
(Vol.5/S f.81)-(Vol.5/S f.84)i C.re D'Antoni
Pietro, eVol.5/S f.SS)
- Pag.1.242 -
-(Vol.5/S f.89)j m.llo
Luigi,(Vol.5/S f.90)).
cc. Ant~onaco
Il P.M. disponeva il sequest~o della villa
intestata al Di Salvo e dava inca~ico ad un
collegio di pe~iti di acce~ta~e la natu~a delle
sostanze ~invenute ed il tipo di p~ocesso
chimico in corso al momento dell'i~~uzione dei
cc .. Emetteva. inolt~e. ordine di cattu~a cont~o
Di Salvo Nicola, Alfano Paolo, Vernengo Pietro,
Ve~nengo Giuseppe (nato il 22.11.1940) e Aglie~i
Gio~gio pe~ i ~eati di produzione di sostanze
stupefacenti (Vol.1/A/S f.?) e cont~o il solo Di
Salvo pe~ i ~eati in a~mi rigua~danti jl
rinvenimento della ~ivoltella
abrasa e le munizioni.
con mat~icola
Trasmessi gli atti al Giudice Istruttore
per la formale istruzione, venivano contestati
agli imputati, con mandato di cattura, anche i
delitti di associazione finalizzata al traffico
di sostanze stupefacenti e di furto aggravato di
- Pag.1.243 -
ene~gia elett~ica (Vol.3/S ~.92).
Quest'ultimo ~eato veniva contestato, con
mandato di compa~izione, anche a Baiamonte
Concetta, moglie del Di Salvo <Vol.3/S ~.107).
Nel co~so dell'ist~uzione ~o~male veniva
in esito alla quale venivabanca~ia,
svolta,
indagine
f~a l'alt~o, anche una complessa
contestato il ~eato di ~icettazione a F~ancesco,
Salvato~e e Ma~io Aglie~i, figli di Gic~gio, i
quali avevano ~icevuto ingenti somme dalla
Aglie~i
Calab:ro,
so~ella
:realizza~e, a
P~ovvidenza
Co~igliano
e stavano pe:r
uno
stabilimento pe~ la p~oduzione di ve~nici; il
:reato di :ricettazione ad Alongi Giovanni, il
quale aveva :ricevuto nume~osi assegni emessi da
imputati di associazione mafiosai il ~eato di
~alsa testimonianza a Iacca~ino F~anco, Ala:rio
Vitto~io, Casella Antonino, Adel~io F~ancesco e
Aglie~i Ma~io, i quali avevano ~eso
dichia~azioni manifestamente inattendibili.
- Pag.1.244 -
Giorgio Ag1ieri. tratto in arresto nel
coz:so dell'istruzione formale. dava subito segni
di squilibrio mentale e. mentre era ancora in
corso di espletamento la perizia psichiatrica.
si toglieva la vita impiccandosi in carcere;
ammetteva soltanto di essersiAlfano
tz:ovato
Paolo
nella villa del padre all'atto
dell'irruzione dei CC. e sosteneva di essersene
allontanato
contestata
abusiva.
per
la
evitare che
contravvenzione
gli venisse
di costruzione
Gli altri imputati si protestavano
anch'essi innocenti.
- Pag.1.245 -
- IV-
Cio' premesso, passiamo ad esaminare, in
primo luogo, le risultanze della perizia chimica
non prima pero'disposta dal P.M.,
richiamato brevemente, per una
di avere
migliore
comprensione, alcune nozioni sul procedimento di
trasformazione della morfina base in eroina.
La morfina base - alcaloide dell'oppio
viene posta a reagire con un eccesso di anidride
acetica, cosi' ottenendosi eroina grezza che
viene versata in acqua per decomporre l'eccesso
di anidride acetica; il liquido viene poi
neutralizzato con carbonato sodico ottenendo
precipitazione dell'eroina base.
In questa fase, a causa dei vapori
altamente irritanti sprigionati dall'anidride
acetica in ebollizione, e'
maschere antigas.
necessario l'uso di
L'eroina base, sotto forma di massa
resinosa bianca, viene raccolta in cont~nitori e
lasciata ad essiccare.
- Pag.1.246 -
Si procede quindi a purificarla mediante
nel caso in esame,
cristalizzazione
effettuata,
con acetone (operazione
in pentole di
alluminio) ed i cristalli, raccolti sotto vuoto
attraverso filt~i, vengono asciugati all'aria.
In tal modo si ottiene eroina con un grado
di purezza pari all'82~ circa, ma, ripetendo la
operazione, il prodotto viene ad acquistare un
grado di purezza sempre maggiore.
Alla fine, si decolora il prodotto usando
carbone vegetale.
L'eroina base cosi' ottenuta viene
trattata con acido cloridrico per ottenere
l'eroina cloridrata, quella, cioe', reperibile
nel mercato (la corrente di acido cloridrico
necessaria per questa operazione veniva prodotta
in un pallone di vetro smerigliato, di cui alla
foto n 76 dei rilievi dei CC. a (Vol.2/S
f.101)).
Orbene. i periti hanno accertato che gli
oggetti rinvenuti nella villa di Di Salvo Nicola
sono strumenti tipici dei laboratori clandestini
per la produzione dell'eroina.
- Pag.1.2.47 -
In particolare, sono stati rinvenuti:
fornelli elett~ici, diversi becker, palloni in
vetro, pompe elett~iche da vuoto, fo~no da
laborato~io, tini di plastica, pentoloni di
va~ie dimensioni, provette in vetro, termometri,
cavi elettrici, imbuti, filtri, teglie in
alluminio, ca~bone vegetale, setacci. spatole,
maschere antigas, stufette elettriche. fusti di
plastica contenenti anidrice acetica pura.
bidoni contenenti t~enta lit~i di acetone.
bottiglie e recipienti contenenti altri acidi e,
soprattutto, sono stati rinvenuti 64 chilogrammi
circa di morfina base e 45 chilogrammi circa di
eroina base. in diversi gradi di purezza
(Volo 15/A) (Vo102/S).
Sono stati. inoltre. rinvenuti accessori
di tipo artigianale, tuttavia indispensabili per
la lavorazione del p~odotto: si pensi ai grossi
tini di plastica necessari per raccogliere la
massa, prima contenuta nei reattori, ed alle
piastre metalliche di uso domestico, qui
impiegate per l'essiccazione.
- Pag.1.248 -
Per quanto riguarda, poi, la capacita' di
produzione del laboratorio, i periti l'hanno
quantificata in circa cinquanta chilogrammi di
di lavorazioneprodotto finito per ogni ciclo
ossia ogni dieci giorni.
Per conseguenza in un mese questo solo
laboratorio era in grado di produrre ben
centocinquanta chilogrammi di eroina.
Giova a questo punto sottolineare che il
laboratorio di via Messina Marine e',finora,
scoperto
chimico
base in eroina,
di
di
corsoinera
processo
morfina
mentre
il
della
l'unico
svolgimento
trasformazione
tanto che i Carabinieri si sono trovati in
presenza di pentole in ebollizione, beccucci che
distillavano e di un'aria resa irrespirabile dai
vapori emanati dalle sostanze chimiche in
trasformazione.
Cio' induceva logicamente a ritenere che
al momento dell'irruzione dei CC. doveva essere'
presente un chimico, riuscito pero' a sfuggire
all'arresto essendo stato tempestivamente
avvertito da Paolo Alfano.
- Pag.1.Z49 -
La presenza di una terza persona, del
pianterreno della villa
resto, e ' confermata dal
del Di
rinvenimento,
Salvo, di
al
tre
tazze di caffe' usate (Yol.3/S f.55).
In ordinl', poi, all'allacciamento abusivo
dell'impianto elettrico della villa dei Di Salvo
con la rete esterna giova rilevare che, come e'
stato puntualizzato da Lopez Antonio, tecnico
dell'ENEL «Yol.1/S
f.136);(Yo1.3/S f.148», cio'
f.134)-(Yol.1/S
corrispondeva ad
in quanto che,una necessita',
stato disattivato il contatore
se non fosse
dell'energia
elettrica, il gran numero e la quantita' degli
apparecchi elettrici impiegati nel laboratorio
avrebb~ro posto fuori uso il contatore stesso e
cio' avrebbe determinato sicuramente un
intervento
rischi.
di personale dell'ENEt, con ovvi
- Pag.1.ZS0 -
- v -
In presenza di risultanze obiettive cosi'
schiaccianti la responsabilita' di Nicola Di
Salvo in ordine ai reati contestatigli e'
discussione.
fuori
Le indagini istruttorie, dunque, hanno
mirato, da un lato, ad accertare la provenienza
del materiale necessario per l'installazione ed
il funzionamento del laboratorio; dall'altro, ad
individuare i correi del Di Salvo, essendo di
tutta evidenza che un laboratorio del genere
un'organizzazione
l'approvvigionamento
dell'eroina,
curare
ed
la
della
e
complessa
a
morfina
occupi.si
oltre
della
che,
produzione
richiede
articolata
commercializzazione del finito,
attraverso canali collaudati.
Per quanto riguarda il primo aspetto delle
indagini, va subito detto che quelle concernenti
il laboratorio di via Messina Marine sono
confluite in un procedimento, tuttora in corso
- Pag. 1 . 251 -
di istruzione formale (G. L Dr. Barrile). nel
quale si sta tentando di individuare i canali
attraverso i quali pervenivano alle
organizzazioni
chimici e le
mafiose siciliane i
attrezzature necessarie
prodotti
per il
(zona
funzionamento dei laboratori clandestini.
Qui va ricordato a titolo di esempio che,
da alcuni adesivi applicati ai sacchi contenenti
Soda Solvay leggera, e' stato possibile rilevare
che la ditta fornitrice era quella di Mangini
Giuseppe, sita in questa via A.Di Rudini'
di Corso dei Mille).
Il Mangini ha ammesso di conoscere Nicola
Di Salvo. precisando anzi che quest'ultimo una
decina di anni prima era stato arrestato quale
autore di un furto di tabacchi in danno di esso
Mangini (Vol.3/S f.70), ma ha negato di avergli
mai venduto prodotti chimici.
E' stato, pero', accertato che il Mangini
ha acquistato, come risulta dalle relative
fatture. nell'anno 1981, kg.2560 di anidride
acetica e, nei primi sei mesi del 1982. ben
kg.4299 della med~sima sostanza.
- Pag.1.252 -
Egli naturalmente si e' giusti:ficato
dichiarando di averla rivenduta al minuto e di
non z:icoz:dare il nome di nessuno degli
acquiz:enti ((Vol.4/S :f.9)-(Vol.4/S :f.10».
E' z:isultato, inoltI:e, che tale Michele
Ditta, titolaz:e di una farmacia in via Az:mando
Diaz (e, quindi, nello stesso quaI:tieI:e
"SpeI:one" della villa del Di salvo), ha
acquistato, dal 15.12.1980 al 30.11.1981, ben
kg.1707 di anidride acetica.
InteI:rogato, il Ditta ha dichiaI:ato di
aveI:e rivenduto la sostanza a persona a lui
sconosciuta che, volta pez: volta, gli
commissionava il prodotto e di ignoraz:e, benche'
lauI:eato in faI:macia, che l'anidride acetica e'
indispensabile peI: la pz:oduzione di eroina
«(Vol.4/S f.56)-(Vol.4/S f.58».
Trattasi di due esempi che fanno
compI:endere di quali e quante connivenze e
complicita' si giovano le organizzazioni mafiose
nelle loro illecite attivita'.
- Pag.1.253 -
addetti alla ricostruzione delle
Anche le testimonianze degli operai
ville del Di
Salvo e dell'Alfano hanno destato molte
perplessita' .
Canale Paolo ha dichiarato «Vol.1/S f.66)
(Vol.1/S f. 68); (Volo 3/S f.138» che eseguiva
per conto di Nicola Di Salvo, da circa quattro
mesi (e, quindi, dall'ottobre 1981), i lavori di
sopraelevazione della villa e che quest'ultimo
gli aveva corrisposto finora, con assegni e con
danaro contante, circa 35 milioni mentre era
ancora debitore di circa dieci milioni; che la
famiglia del Di Salvo non abitava regolarmente
nella villa, pe rche ' , quando la mattina si
recava al lavoro con gli operai, talvolta vi
trovava qualcuno dei Di Salvo e talaltra no; che
l'impianto elettrico della villa era stato
eseguito da un elettricista che egli non aveva
mai incontrato; che, per sue esigenze, aveva
sospeso i lavori nella villa del Di Salvo
qualche giorno prima dell'irruzione da parte dei
CC ..-
- Pag.1.254 -
Mas~rogiovanni Domenico ((Vol.1/S f.56) -
(Vo1.1/S f.58); (Vo1.3/S f.122» ha dichiarato
che i lavori di cos~ruzione della villa a~~igua
a quella del Di Salvo gli erano s~a~i
commissiona~i dal suo amico Alfano Pie~ro e che
erano inizia~i verso la me~a' del gennaio 1982
(e, quindi, meno di un mese prima della scoperta
del laboratorio); che l'Alfano, per la paga agli
gli corrispondeva, in contanti, circa un
nell'attigua
se~~imana;
operai,
milione alla
villa del
che
Di
i
Salvo
lavori
erano
completamen~e dis~in~i dai suoi.
Ha~uralmen~e, nessuno si era cura~o della
nessuno accorto
mancanza
immobili;
delle licenze
si
edilizie
era
nei due
dell'allacciamen~o abusivo alla rete es~erna
dell'EHEL; nessuno ha chiari~o chi avesse
au~orizzato gli operai della villa dell'Alfano a
prelevare dal Di Salvo l'acqua occorren~e per la
costruzione della
- Pag.1.255 -
villa; nessuno ha saputo spiegare perche' nelle
due ville fosse stata innalzata una impalcatura
unica.
(Yedi esami La Rocca Francesco (Yol.1/S
f.51) e (Yol.3/S f.126); Lo Nardo Salvatore
(Yol.1/S f.52); Rubino Stefano, (Yol.1/S f.53);
Rubino Emilio (Yol.1/S f.54); Di Fazio Giuseppe,
(Yol.1/S f.55); Santoro Giuseppe (Yol.1/S f.70);
(Yol.3/S f.139)).
- Pag.1.256 -
- VI -
Risultati concreti ha dato quella parte
dell'istruttoria tendente ad individuare i
correi del Di Salvo.
Al riguardo. e ' bene premettere che la
stessa ubicazione del laboratorio. in una zona
controllata dalla famiglia di Corso dei Mille.
di cui e' "reggente" Filippo Marchese, e '
indicativa della non estraneita' di quest'ultimo
essendo impensabile che ia tale iniziativa,
Vernengo - i quali, come si dimostrera' tra
breve. sono gli effettivi titolari del
laboratorio potessero impiantarlo senza il
preventivo consenso di Filippo Marchese.
E comunque il fatto che i Vernengo
avessero impiantato il laboratorio in zona non
eloquentemente dimostrativo
controllata
appartenenza
dalla
e '
loro "famiglia" di
degli ottimi rapporti esistenti fra i predetti e
Filippo Marchese.
- Pag.1.257 -
Tali considerazioni saranno approfondite
in altra parte di questa sentenza-ordinanza, ma
va qui ricordato quanto ha testualmente riferito
stefano Calzetta (Vol.3/SA f.43): "1a raffineria
riguardava senza meno il gruppo dei Vernengo,
ma e' impossibile che alla stessa non fossero
interessate anche tutte le altre famiglie
mafiose .......... Ritengo che il chimico della
raffineria fosse Nino Vernengo; anzi, cio' mi fu
detto esplicitamente dagli Zanca, i quali mi
spiegarono che non si fidavano dell'opera di
persone estranee al loro ambiente".
Deve essere puntualizzato, poi, che il Di
Salvo, se e' certamente un fidatissimo elemento
dell'organizzazione (altrimenti, non sarebbe
stato impiantato un laboratorio nella sua villa)
e ' , comunque, una figura di secondo piano; e'
significativo al riguardo, che, all'atto
dell'irruzione dei CC., proprio lui apparve nel
giardino, cercando di far desistere i militari
dall'ispezionare la villetta, in modo
da consentire
- Pag.1.258 -
all'Alfano ed al chimico di
fuggire: in situazioni di emergenza. sono sempre
i gregari a sacrificarsi per coprire la fuga
degli elementi piu' importanti
dell'organizzazione.
Le risultanze istruttorie hanno confermato
che la titolarita' del laboratorio di eroina e'
del gruppo che ruota attorno ai Vernengo ed a
Filippo Ma:z:chese.
Si e' gia' detto della constatata
p:z:esenza, dinanzi alla villa di Nicola Di Salvo.
della autovettura in uso a Pietro Vernengo,
appena due giorni p:z:ima della scoperta del
labo:z:atorio. nonche' del rinvenimento
nell'appartamento
della somma di
del
$
suocero,
147.200=
Giorgio Aglieri,
in contanti,
sicu:z:amente proveniente dalla vendita di
stupefacenti negli U.S.A.-
In proposito Stefano Calzetta ha riferito:
"ho personalmente :z:accolto le sarcastiche e
sfottenti confidenze di Pietro Vernengo. il
quale mi :z:iferi' che il danaro sequestrato non
aveva assolutamente scalfito la disponibilita'
economica del gruppo. disponendo
- Pag.1.259 -
le famiglie di mafia cui l'Aglieri e il Vernengo
appartenevano di notevolissime somme di danaro
derivanti soprattutto dal traffico della droga"
(Vol.3/SA f.189).
Nella villa del Di Salvo e' stato inoltre
rinvenuto, fra gli altri documenti, ~tto di
precetto diretto a Pietro vernenqo e notificato
il 23.$,1977 al nipote. vernenqo Luiq;l.,
concernente il pagamento della somma di 1it,
162,907.446, a titolo di pena pecuniaria e spese
di giustizia cui era stato condannato dal
Tribunale di Castrovillari con sentenza del
14.11.1972 per contrabbando di tabacchi
(fascicolo 1 docum, allo vo1l. S).
Gia' in quel procedimento il Salvo era
coimputato del Vernengo.
Nella villa e' stata altresi' rinvenuta'
una polizza di assicurazione per la
responsabilita' civile relativa ad un automezzo
targato PA 445338 intestato a Vernengo Giuseppe
(nato il 22.11.1948) cugino di Vernengo Pietro
eeVo1.1/S f.43)j(Vo1.3/S f.175»,
-Pag.1.Z60-
Successivi controlli della zona
consentivano di accertare che, quasi di fronte
alla villa, era posteggiato l'automezzo in
questione, con gli sportelli non chiusi a
chiave.
A cio' si aggiunga che, attraverso gli
accertamenti bancari, e' stato individuato un
assegno di Nicola Di Salvo riferibile
infatti, ha tratto sulla
direttamente a Giuseppe
22.11.1940).
Il Di Salvo,
Vernengo (nato il
Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale, il
28.4.1980,
negoziato
un
da
assegno
Cottone
di lit.
Tommaso,
3.500.000,
quale
amministratore della
secondo quanto risulta dichiarazioni del
(Vol.5/S f.50»,Cottone ((Volo4/S
S. r.lo
dalle
f.344);
"Ass. A. Com." e,
l'assegno era stato consegnato al Cottone
medesimo da Vernengo Giuseppe per l'acquisto
della autovettura R Renault Alpine targata PA
590955, intestata a De Luca Vita, madre del
Vernengo.
- Pag.1.261 -
Debbono esser:e r:icor:date. poi. altr:e
significative cir:costanze sintomatiche dello
str:ettissimo r:appor:to esistente fr:a il Di Salvo
e tutto il gr:uppo dei Ver:nengo :
1) Il Di Salvo. ufficialmente commer:ciante
di deter:sivi e titolar:e di un negozio di fr:utta
e ver:dur:a. ha oper:ato da anni nel contr:abbando
dei tabacchi ed e' stato condannato alla pena di
Castr:ovillar:i (si r:icor:di che anche Di Caccamo
...
tr:e anni di r:eclusione dal Tr:ibunal~ di
Benedetto. appar:ente titolar:e dell'autovettur:a
usata da Pietr:o Ver:nengo, e' r:esidente a
Castr:ovillar:i) «Vol.3/S f.18)-(Vol.3/S f.19».
Il 16.4.1976, al Casello di Tar:anto
dell'Autostr:ada A14, il Di Salvo e' ~tato
identificato a bor:do di un'autovettur:a Bnw 2002,
intestata a Ver:nengo Antonino (nato a Paler:mo il
4.2.1937). mentr:e er:a in compagnia di altri fra
cui Pietr:o Ver:nengo fr:atello
-Pag.1.262-
di An~onino, il quale esibiva falsi documenti di
identita' intestati a Lanzetta Alfonso ((Vol.3/S
f.18)-(Vol.3/S f.19)).
La ce~tezza che il sedicente Lanzetta
Alfonso fosse Pie~~o Ve~nengo si deduce dal
fat~o che 1'8.11.1978, a bo~do di un'autovettu~a
fe~mati e cont~ollati due individui,
intestata a Di Caccamo Domenico, venivano
uno dei
quali e~a Ve~nengo Giuseppe (nato a Pale~mo il
29.11.1940) ment~e l'alt~o, qualificatosi pe~
Lanzetta Alfonso, veniva invece ~iconosciuto pe~
Ve~nengo Piet%o fu Cosimo e veniva t~atto in
a~~esto, essendo ~ice%cato sia pe~ la esecuzione
di una condanna ad anni sette di ~eclusione pe~
sequest~o di pe~sona, sia pe~che' colpito da
mandato di cattu%a emesso dalla Auto%ita'
Giudizia~ia di Napoli pe~ associazione pe~
dialfinalizzatadelinque~e
stupefacenti.
In quel p~ocedimento Piet%o Ve%nengo e'
stato denunciato in conco~so con pe~sonaggi di
~ilievo e p~ecisamente con i
- Pag.1.263 -
fratelli Vernengo Antonino e Giuseppe, con il
cognato Antonino Di Simone, nonche', fra gli
altri, con Angelo Nicolini e Riccardo Cozzolino,
collegati con Francesco Mafara ed in atto
detenuti per traffico di stupefacenti (Vol.3/S
f. 25) .
Va ricordato, inoltre, che Vernengo
Cosimo, nipote di Pietro, al momento del suo
recente arresto, avvenuto a Crotone il 25 marzo
1985, ha indicato in "Lanzetta Alfonso" il nome
del proprietario del villino, che egli intendeva
prendere in locazione; ed e' stato accertato che
un altro complice, quasi sicuramente Pietro
Vernengo, e' sfuggito all'arresto (Vol.188
f.276).
3) I l 13 . 1 1 . 1 98 1, Ni c ol a Di Sa l v o' e' stato
fermato e controllato dalla Polizia a Palermo
mentre si trovava a bordo di un'autovettura
insieme con Pietro Vernengo e col cugino di
quest'ultimo, Vernengo Giuseppe (nato il
20.11 . 1940) , gli stessi due soggetti, cioe', che
risultano direttamente collegati col laboratorio
di via Messina Marine.
- Pag.1.264 -
Nella ci~çostanza Vernengo Giuseppe
dichiarava alla Squadra Mobile che il Di Salvo
lavorava alle sue dipendenze come
autotrasportatore con la paga di lire 20.000
giornaliere eeVol.3/S f.20)-eVol.3/S f.21».
Evidentemente, al Di Salvo non bastavano
i proventi del suo negozio di detersivi e di
generi ortofrutticoli, se. per arrotondare le
entrate, aveva bisogno anche della misera paga
offertagli dal Vernengol
Il riscontrato coinvolgimento di Pietro
Vernengo e del suo gruppo familiare nel
laboratorio di eroina di cui trattasi rende
estremamente attendibile quanto riferito sul
conto del Vernengo e dei suoi familiari da
Stefano Calzetta: "Nel 1978 .... tornando a
Palermo dal lido di Ficarazzi dove i Vernengo
posseggono due villini, manifestai al citato
Pietro, mio accompagnatore, il proposito di
trasferirmi negli Stati Uniti d'America dove
speravo di fare fortuna e verso
- Pag.1.265 -
cui ero attratto per interessi turistici.
Nell'occasione il Vernengo cerco' di dissuadermi
dal proposito e alle mie insistenze mi propose
esplicitamente di portare meco in quel Paese
qualche chilo di eroina, nel contempo facendomi
odorare la sua mano, come per indicarmi che
aveva appena finito di maneggiare tale sostanza
stupefacente. Nonostante l'invito, io non aderii
f.158)-(Vol.3/SA f.159);
f.125)-(Vo1.3/SA f.126».
alla proposta del Vernengo"
vedi anche
((Vol.3/SA
(Vol.3/SA
oltre a Vernengo Pietro ed al cugino
Vernengo Giuseppe, anche Vernengo Antonino,
fratello di Pietro, e' coinvolto nel traffico di
stupefacenti.
Antonino Vernengo, soprannominato "u
dutturi", e ' , secondo Stefano Calzetta, il
chimico della famiglia, che si occupa della
produzione dell'eroina, utilizzando
- Pag.1.Z66 -
eeVol.3/SA
f.39):r:et:r:o).
un metodo imparato
f.121);
dai
vedi
chimici
anche
francesi
(Vol.3/SA
La propalazione di Calzetta trova
riscontro nelle dichiarazioni di alcuni si:r:iani,
imputati di traffico di stupefacenti in un
procedimento pendente davanti alla
Giudiziaria di Trieste.
Autoritti'
Infatti, il siriano Bach Mahmoud ha
dichiarato al P.M. di Trieste che suo cognato
Awad Aziz era in contatto con un gruppo di
quattro o cinque persone di Catania, tra cui
Mimmo Zappala', le quali acquistavano la morfina
base e che egli, unitamente al cognato Awad ed
ai catanesi, si era recato a Palermo per
conspgnare una partita di droga.
La merce era stata ritirata da due uomini
nell'autorimessa di una villa sita vicino al
mare, a dieci quindici minuti dall'uscita
autostradale di Villabate e(Vol. 1/5
f.166)-(Vo1.1/S f.168».
- Pag.1.267 -
La dichiarazione del Bach e ' stata
confermata da Awad ed entrambi hanno indicato,
in sede di ispezione (una delle quali effettuata
dal P.M. di Palermo) nella villa di Ficarazzi di
proprieta' di Vernengo Antonino,quella in cui
era avvenuta la consegna della morfina ((Vol.l/S
f.170) - (Vo1.1/s f.172.».
Le dichiarazioni dei siriani rivelano per
la prima volta l'esistenza di collegamenti fra
trafficanti palermitani e catanesi e convalidano
l'attendibilita' di quanto, qualche anno dopo,
stefano Calzetta ha riferito sull'argomento, e
cioe' di avere assistito ad un incontro molto
affettuoso tra Pippo Ferrera ("Cavadduzzu") e
Pietro Vernengo ((Vol.3/SA f.159) - (Vol.3/SA
f.160», alla presenza di Nicola Di Salvo, il
quale soleva chiamare "compare" Pietro Vernengo.
In ordine a questo incontro, poi, le
parole del Calzetta sono ulteriormente
riscontrate.
- Pag.1.268 -
Ha ~ife~ito infatti Stefano Calzetta che
in quell'occasione, su sugge~imento di Piet~o
Ve~nengo che voleva fa~e uno sche~zo al Di
Salvo, aveva detto a quest'ultimo di sape~e che
il suo cavallo "Vallongo" era un b~occo. Il Di
Salvo pero' non aveva g~adito affatto lo scherzo
tanto che era sbiancato in volto per l'i~a
((Vol.3/SA f.36) ~et~o).- Ebbene, vi e' in atti
effettivamente p:roprietario
Salvola prova ce~ta che il Di
di un
era
cavallo
chiamato, appunto, Vallongo, pagato con un
assegno di lit. 4.000.000 del 9.9.1981 (vedi
esame test. di Monti Giuseppe, (Vol.5/S f.1Z8);
Bandinelli Dino, (Vol.5/S f.198); Maffolini
Vincenzo (Vol.7/S f.25)).
Tale riscont:ro, f:ra l'altro, consente di
datare l'incontro tra Pippo Ferre:ra e Pietro
Ve:rnengo in epoca successiva al 9.9.1981, data
dell'acquisto del cavallo da parte del Di Salvo.
- Pag.1.2.69 -
Gli stretti legami esistenti tra Vernengo
Giuseppe e il cugino Vernengo Pietro ~ono emersi
anche in altro procedimento penale.
Ed invero, la Guardia di Finanza di
Siracusa, in una brillante operazione
anticontrabbando che portava al sequestro di
quasi sedici tonnellate di tabacchi lavorati
esteri, t~aeva in arresto il 15.2..1983 Vernengo
Giuseppe nonche'
Pietro Vernengo
f.2.46)).
Aglieri Giuseppe,
((Vo1.4/S f..138)
cognato di
(Vol.tuS
Vernengo Giuseppe, all'atto dell'arresto,
si accompagnava ad altro uomo, riuscito a
sfuggire alla cattura e identificato dal Cap.
Rabuazzo in Vernengo Pietro (Vol.4/S f.148).
Si aggiunga che le intercettazioni
telefoniche sull'utenza di Falbo Antonio, noto
contrabbandiere di Avola arrestato anch'egli
nell'operazione, hanno consentito di
- Pag.1.270 -
acceztaze che quest'ultimo eza collegato con
un'ozganizzazione di contzabbandiezi palezmitani
il cui capo eza un uomo a nome "Pietzo"
((Vol.4/S f.163),
f.226), (Vol.4/S
(Vol.4/S
f.233»,
f.213), <Vol.4/S
il quale in una
telefonata veniva qualificato anche come "~
fratello del dottoze" <Vo1.4/S f.229).
Di fronte a questa mole di elementi di
prova. univoci e concozdanti, Veznengo Giuseppe
e Antonino, nei loro intezzogatori, hanno reso
dichiarazioni assolutamente risibi1i e
contzastanti con la zea1ta'.
Vernengo Giuseppe, infatti. ha dichiarato
«Vo1.4/S f.275)-<Vo1.4/S f.280» che:
- il Di Salvo aveva lavorato pez lui come
autotrasportatore solo pez quindici
giol:nii indi,
- Pag.1.?71-
intendendo la'.'ol:a.l:e in pl:opl:io,
aveva acquistato il suo furgone, quello
l:invenuto dai cc. davanti alla villa di via
Messina Mal:inei
- egJi non fl:equentava il
Vel:nengoi
cugino Pietl:o
quando el:a stato al:l:estato, a Sil:acusa,
vi si el:a l:ecato da solo alla l:icel:ca di
cantieri edili per effettuare tl:aSpOl:tii
PUl: non essendo mai stato in via
Valenza, di cui ignol:ava pel:fino l'ubicazione,
el:a sicul:o che ivi suo fratello, Ruggero
Vel:nengo, el:a pl:oprietario di una casa.
Vernengo Antonino, da pal:te sua, oltl:e a
rendere una versione assolutamente falsa sui
suoi l:appol:ti con Amato Federico, ha dichial:ato
((Vol.4/SA f.227)-(Vol.4/SA f.231)) che:
conosceva dì vista Stefano Calzetta, ma
non lo fl:equentava pel:che' el:a un poco di buono,
dedito al gioco;
- Pag.1.27Z -
non conosceva Paolo Alfano ed igno~ava,
quindi, che lo stesso fosse chiamato "Pietru
Zappuni";
conosceva Giovanni Bontate. col quale
era stato nella st~ssa cella dell'Uçciardone. ma
non conosceva il fratello Stefano Bontate. ne'
Salvatore Inzerillo. ne' aveva il piacere di
conosce~e Michele Greco;
e' soprannominato "Ninu u dutturi".
poiche' il padre voleva fa~lo proseguire negli
studi universita~i.
- Pag.1.273 -
- VII -
Anche la presenza di Paolo Alfano nella
villa di via Messina
Vernengo.
Marine riconduce ai
L'Alfano in una lettera inviata agli
inquirenti, durante la sua latitanza, aveva
tentato di difendersi (Vol.1/S f.152)-(Vol.1/S
f.153)) sostenendo di essersi allontanato daJla
villa, nella quale si trovava per caso, al solo
scopo di avvertire suo padre della venuta dei
cc. per controlli sulla ristrutturazione della
villa stessa.
Egli ha insistito in tale
dopo essere stato arrestato,
linea difensiva
precis'ando anzi
((Vol.4/S f.298)-(Vol.4/S f.300)) di essere
uscito dall'ingresso principale della villa,
quello, cioe',
Marine.
prospiciente sulla via Messina
- Pag.1.274 -
Ha pero' scoperto il suo mendacio, quando
ha riferito di avere visto davanti alla villa,
dentro una FIAT 12.7 blu, un uomo che ritenne
essere un carabiniere.
Evidentemente, l'Alfano, basandosi sulle
sue prf'corse esperienze, avra' immaginato che i
cc. erano arrivati a bordo di una FIAT 127 blu,
che e' un tipo di automezzo molto diffuso fra i
veicoli in uso ai militari dell'Arma.
Ma quella volta i cc. avevano usato un
furgoncino ed
che il C.re
una FIAT
D'Antoni e
127 gialla; senza
l'App. Gagliano
dire
si
trovavano davanti la villa in piedi e non seduti
dentro le vetture.
Anzi, era stato proprio il Carabinie:r:e
D'Antoni a notare che l'Alfano, attraverso il
ponteggio comune, passava nella villa accanto,
dileguandosi rapidamente all'interno della
stessa ((Vol.5/S f.SS».
L'istruttoria ha consentito
la vera statura dell'Alfano.
di delineal:e
- Pag.1.275 -
Del personaggio parla anzitutto Stezano
Calzetta, descrivendolo come l'uomo di fiducia
ed il killer piu' zidato di Carmelo Zanca.
Una volta egli stesso lo aveva
accompagnato nel negozio di elettrodomestici di
Spadaro Anna, dove l'Alfano aveva ritirato
quattro mazzette "belle grosse" di banconote da
lit. 10.000 e da lit. 50.000 (Yol.3/SA f.169).
Era a conoscenza che l'Alfano, soprannominato
"Pietro Zappuni" a causa degli incisivi
superiori molto pronunciati, si trovava dentro
trovano
la raffineria di via Messina Marine, all'arrivo
dei Carabinieri (Yol.3/SA f.70).
Le propalazioni del Calzetta
conzerma un'intercettazionepuntuale
telezonica.
Infatti, essendo
in
stata sottoposta ad
ascolto l'utenza telefonica di Ficarazzi
installata nella casa di Antonino Vernengo, e'
stata registrata,
tra Amato
il 25.3.1981, una telefonata
Federico
- Pag.1.276 -
indicato da Stefano Calzetta come pre~tanome dei
Vernengo, e in particolare di Vernengo Antonino,
nell'attivita' edilizia - e Mino Vernengo, in
cui il primo chiedeva al secondo di rintracciare
urgentemente "Zappuni", essendo sorti dei
problemi per le case di via Oreto, in quanto la
gente "si era sentita prendere per fessa"
(Vo1.1/SA f.120L
In altri termini, l'Amato, temendo
complicazioni, chiedeva al Vernengo di far
intervenire "Zappuni" e, cioe', Paolo Alfano.
Il contenuto della telefonata, sia pure
con molta reticenza, e ' stato confermato da
cantiere edile
"Pietro Zappuni"
Amato Federico, il quale ha precisato che
era il guardiano del suo
di via Oreto, assunto su
segnala~ione del Cosimo Vernengo ((Vol.2/SA
f.243) retro).
Ulteriore
testimoniale
f.77)
di
conferma
Salamone
si trae
Giovanni
dall'esame
((Vol.3/S
e
- Pag.1.277 -
(Yol.3/S f.149)), ope~aio nella villa di Alfano,
il quale, nel ~iconosce~e fotogzaficamente Paolo
Alfano come suo dato~e di lavoro, ha rife~ito
che lo stesso chiamavasi "don Pietro "(e non
"Paolo").-
- Pago 1.2.78 -
- VIII -
L'indagine bancaria su Nicola Di Salvo ed
altri accertamenti istruttori hanno offerto
nuovi univoci elementi che confermano gli
stretti rapporti del Di S~lvo con altri mafiosi
e, in particolare con le "famiglie" di Corso dei
Mille e di S.Maria di Gesu'.
1) I rapporti bancari tra Nicola Di Salvo
ed Ignazio Pullara', elemento di spicco della
"famiglia" di S.Maria di Gesu'
molto intensi.
sono risultati
Il Di Salvo ha tratto sul Banco di
Sicilia i seguenti assegni, negoziati d'a Ignazio
Pullara' :
- lit. 5.000.000 del 21.9.1979;
- lit. 10.000.000 del 1~.10.1979;
- lit. 7.800.000 del 18.10.1979;
- lit. 18.000.000 del 30.10.1979.
(fasc.10 docum. allo ai voll.S)
- Pag.1.279 -
Il medesimo ha tratto sulla Cassa Rurale
ed Artigiana di Monreale, il 16.2.1979, un
assegno
Pullara' .
di lit. 15.000.000, negoziato dal
Il Pullara', inoltre, ha emesso i seguenti
assegni che risultano negoziati da Nicola Di
Salvo :
- lit. 1. 200.000 del 19.1.1979;
- lit. 10.000.000 del 12.2..1979;
- lit. 2.000.000 del 19.2.1979;
- lit. 3.000.000 del 9.3.1979;
- lit. 1. 050.000 del 20.3.1979;
- lit. 7.000.000 del 10.10.1979;
- lit. 8.000.000 del 24.10.1979;
- lit. 1.580.000 del 21.12.1979;
- lit. 1. 000.000 del 29.1.1980;
- lit. 5.000.000 del 2.5.1979;
((VoI. 12/S f.12n, (Vo1.12/S f.299)).
- Pag.1.2.80 -
Nella villa del Di Salvo, poi, sono state
t~ovate tr.e cambiali di lit. ~OO.OOO cìascuna, a
fi~ma debitoria del Di Salvo e all'ordine di
Pullara' Ignazio ((Vo1.3/S f.GO) e (fase.1
docum. alI. ai voll.S)).
stato possibile ìnterrogare
essendo entrambi latitanti, ma e'
Non e'
proposito ne' il Di Salvo ne'
in
il Pullara',
indiscutibile
che gli assegni in questione rivelano una
frequenza di rapporti economici fra i due, come
si evince anche da un vaglia cambiario di lit.
10.000.000,
31.10.1979,
emesso dal
a richiesta
Banco
di
di Sicilia il
Salafia Francesco
Paolo e negoziato dal Di Salvo.
Il Salafia, infatti, ha dichiarato di
avere dato l'assegno in questione al suo amico
d'infanzia Ignazio Pullara', a titolo di
prestito che, naturalmente, era stato restituito
in contanti eeVol.5/S f.245)-eVol.5/S f.246)).
- Pag.1.Z81 -
2) Due assegni del Di Salvo di lit.
2.000.000 ciascuno (uno tratto sulla Cassa
Rurale ed Artigiana di Monreale il 15.4.1980 e
l'altro sul Banco di Sicilia del 24.4.1979: vedi
da Bisconti Ludovico.
fasc.2 e 10 docum. alI.
negoziai:i
ai volI. S) sono stati
imputato di
associazione mafiosa ed in atto latitante;
questi, allora sentito come teste. si era
evasivamente giustificato dicendo di avere:
semplicemente cambiato l'assegno al Di Salvo con
danaro contante (Vol.5/S f.197).
3) un assegno di lit. 3.000.000. tratto da
Nicola Di Salvo sulla Cassa Rurale ed Artigiana
di Monreale il 5.12.1980 (fase. 2 docum. alI. ai
voll.S) e ' stato negoziato da Prestifilippo
Domenico. il quale ha ripetuto la solita
giustificazione del cambio dell'assegno con
danaro contante (Vol. f. ) .
Il Prestifilippo e', come si vedra', fra
quelli che hanno compiuto il maggior numero di
operazioni bancarie nell'interesse di Tommaso
Spadaro.
4) un
- Pag.1.282 -
assegno di lit. 3.500.000 del
10.7.1979, tratto da Nicola Di Salvo sul Banco
di Sicilia (fasc.10 docum. alI. ai voll.S), e'
stato nego2iato da Giovanni Oliveri, latitante
per associa2ione mafiosa, collegato coi
Vernengo.
5) Un assegno di lit. 5.000.000, tratto da
Nicola Di Salvo sul Banco di Sicilia il
31.10.1979, e' stato nego2iato da Adelfio
Francesco (fasc.10 docum. alI. ai voll.S).
Quest'ultimo, imputato di associa2ione
mafiosa e di traffico di stupefacenti, e' stato
sentito come teste (quando ancora il
procedimento penale contro il Di Salvo non era
stato riunito a quello contro l' Adelfio) e, nel
negare di conoscere il Di Salvo, ha dichiarato
di non ricordare chi gli avesse dato l'assegno,
di cosi' rilevante importo, per cui e' stato
f.107)
incriminato per
f.123); (Vol.10/S
falsa testimonianza
e (Vol.10/S
( (Volo 8/S
f.169));
- Pag.1.283 -
comunque l'Adelfio dovra' essere pro5ciol~o da
tale imputazione (capo n.438 dell'imputazione ),
sussistendo l'esimen~e di cui all'art.384 C.P.-
6) Capizzi Benedetto ha negoziato due
assegni tratti da Nicola Di Salvo sul Banco di
del 4.10.1979 e lit.Sicilia (lit.
3.500.000 del
volI. S) .
7.300.000
13.11.1979: fasc.10 docum.all.
Dei rappor~i del Capizzi coi Grado si e'
gia' parlato, per cui ci si limita a rilevare
che ancora una volta sono stati riscontrati suoi
collegamenti con trafficanti di stupefacenti.
7) Un assegno di lit. 2.400.000, tratto da
Nicola Di Salvo sulla Cassa Rurale ed Artigiana
di Monreale il 2.4.1981 Cfasc.2 docum. alI.
voll.S), e' stato negoziato da Caruso Vincenzo,
imputato-latitante di associazione mafiosa ed
altro, nei confronti del quale Vincenzo Sinagra
ha :formulato specifiche accuse.
- Pag.1.284 -
Il Caruso, a suo tempo sentito come teste,
aveva ~ife~ito che p~obabilmente l'assegno si
~ife~iva al pagamento di un banchetto p~esso il
suo ~istorante La Nave di Fica~azzi, da parte
del Di Salvo (Vol.5/S f.123).
8) Il Di Salvo ha emesso anche assegni, da
lui t~atti sul Banco di Sicilia, a favore di
Teresi Girolamo (lit. 3.000.000 del 3.11.1979
e lit. 1.200.000 del 25.2.1980, fasc.2 docum.
allo voll.S); entrambi gli assegni risultano
negoziati da Teresi Emanuele, fratello di
Girolamo, il quale ha riferito che (Volo 10/S
f.25) il Di Salvo si era impegnato ad acquistare
due posti macchina in un fabbricato realizzato
dalla TECO (Teresi Costruzioni) S.p.A., in Via
Messina Marine, ma poi aveva rinunziato
all'acquisto (VoL10/S f.25)j naturalmente, di
quanto riferito dal Teresi non vi e'
prova documentale.
alcuna
- Pag.1.Z85 -
Di Girolamo Tez:esi, vice di Stezano
Bontate nella "famiglia" di S.Maria di Gesu' e
soppresso il 26.5.1981, si e' gia' parlato a
pz:oposito dei Grado e si parlera'
seguito.
ancora in
9) Il Di Salvo ha versato il 28.5.1979,
nel suo c/c presso il Banco di Sicilia, un
assegno di liz:e 2.000.000 tratto da Filippo
Marchese sul medesimo Istituto di Credito.
Il Marchese e'
di Corso dei Mille.
reggente della "famiglia"
10)
30.11 . 198 O,
1'8.1.1981,
Lombardo Michele
un assegno di
uno di lit.
ha negoziato, il
lit. 2.000.000 e,
1.600.000 entrambi
tratti da Nicola Di Salvo sulla Ca~sa Rurale ed
voll.S). Il Lombardo, sentito come teste,
Artigiana di Monreale (fasc.2 docum. alI.
dopo
di avere dichiarato di non conoscere Nicola Di
Salvo (Vol.4/S f.364), ha poi riferito
- Pag.1.286 -
eYol.5/S i.64) che gli assegni in questione gli
erano stati dati in pagamento del rinfresco per
le nozze Calcagno-Tagliavia, offerto presso la
sua sala trattenimenti "Happy Days".
Ebbene, le indagini svolte dalla Squadra
Mobile
f.76);
di Palermo eeYol.5/s
eVol.8/S f.91)-eVol.8/S
f.74)-eVol.5/S
f. 102) ) , hanno
accertato che alle nozze fra Calcagno Angelo e
Tagliavia Giuseppa, celebrate il 3.10.1980,
hanno partecipato, come e' possibile rilevare
dalle fotografie acquisite in atti, i fratelli
Graviano Benedetto, Filippo e Giuseppe, figli
dell'ucciso Graviano Michele, Lauricella
Antonino, Battaglia Giuseppe, Lombardo Michele e
Sebastiano, i fratelli Yernengo Luigi e
Giuseppe, nonche' Senapa Pietro, testimone di
nozze per lo sposo.
- Pag.1.287 -
Il Calcagno e' latitante per omicidio ed
associazione per delinquere mentre tutte le
persone sopra nominate sono state accusale da
stefano Calzetta, da Vincenzo Sinagra e da
altri, di far parte o, comunque, di essere
collegati con la "famiglia" di Corso dei Mille.
Il Senapa, accusato da piu' parti di
essere uno dei piu' feroci "killers" della
"famiglia", e' stato arrestato alla guida di
un'autovettura insieme con Giorgio Aglieri
(Vo1.3/S f.89L
All'atto dell'arresto il Senapa si e'
schermito sostenendo di essersi limitato a dare
un passaggio all'Aglieri, uno sconosciuto da lui
incontrato casualmente per strada.
si e' immediatamente trincerato
raggiuntoL'Aglieri,
troppo gravi per
giustificazione,
invece,
poter tentare
da prove
una qualsiasi
dietro il paravento della pazzia.
L'arresto dell'Aglieri con Senapa conferma
ancora una volta quei collegamenti gia' emersi
nel corso delle indagini sul "blitz"
- Pag.1.2.88 -
di via Valenza e sul laboratorio di eroina di
via Messina Marine; tali collegamenti hanno
trovato un ulteriore specifico riscontro nelle
indagini bancarie.
Ed invero, era stato accertato che un
assegno emesso dal Di Salvo il 18.6.1981 per
lit. 9.100.000 era stato negoziato dall'INDOMAR,
una societa' di Palermo concessionaria di
contattatafrequentementeautovetture Renault,
da clientela mafiosa.
Attraverso ripetuti esami testimoniali del
titolare dell'IHDOMAR, Gioacchino Inglese
((Vol.4/S f.307); (Vol.S/S f.116); (Vo1.7/S
f.92,), (Vol.7/S f.93); (Vol.8/S f.116», si e'
finalmente potuto accertare che l'assegno del Di
Salvo e' stato utilizzato per l'acquisto di
un'autovettura Renault R5, turbo, Alpine, che e'
stata intestata a Lauricella Angela, moglie di
Senapa Pietro.
- Pago 1.289 -
Procacciatore dell'affare era stato tale
Cordaro Pietro, ucciso nel dicembre 1982.
Quindi, il Senapa, non solo e' stato
arrestato con Giorgio Aglieri, ma risulta
indiscutibilmente collegato con Di Salvo Nicola
attraverso l'assegno di che trattasi.
Di tali riscontri, che non si prestano a
dubbi di sorta, occorrera' tener conto quando
verranno esaminate le prove a carico del Senapa
e, in particolare, le accuse del Calzetta e di
Vincenzo Sinagra nei suoi confronti.
LauTicella Angela, moglie del Senapa, ha
naturalmente escluso di essere mai stata
titolare della vettura in questione (Vol.8/S
f.165), ma i suoi dinieghi si scontrano con
inoppugnabili risultanze documentali; senza dire
che, come e' stato riferito dalla Squadra Mobile
di Palermo (Vol.8/S f.14), il Senapa, il
24.8.1983,
cognato
e' stato notato in
Lauricella
compagnia del
Antonino,
- Pag.1.290 -
proprio a bordo di una autovettura R/5 di colore
amaranto.
Anche un'altra operazione bancaria pone in
evidenza i rapporti tra Pietro Senapa ed il Di
Salvo e sempre per questioni concernenti la
compravendita di autovettuTP,
Si tratta di un assegno di lit. 4.000.000
emesso da Yitrano Antonino sulla Banca Sicula -
Agenzia di Misilmeri - il 21.1.1980 e negoziato
da Di Salvo Nicola (Yol.12/S f.144).
Dagli esami testimoniali «Yol.5/S f.274)
e (Yol.5/S f.296)j (Yo1.6/S f.36)j (Vol.5/S
f.346); (Yol.6/S f.16» e ' emerso,
faticosamente, che il Yitrano aveva consegnuto
l'assegno a Pitarresi Domenico quale prezzo di
acquisto dell'autovettura usata FIAT 127,
targata PA 515519, che era stata affidata per la
vendita al Pitarresi da Di. Salvo Nicola.
- Pag.1.291-
Ebbene, anche questa vettura risulta
tentativoSenapa Pietro, la quale, nel vano
intestata alla Lauricella Angela, moglie di
di
nascondere la verita', ha dichiarato (Vol.6/S
f.256) di essersi rivolta essa stessa, per la
vendita dell'auto, a certa signora Concetta,
titolare di un negozio di detersivi in questa
della moglie di Nicola(trattasivia Garibaldi
Di Salvo).
La Concetta le avrebbe poi dato in
contanti la somma di circa 4 milioni.
La realta' dei fatti e' che il Di Salvo si
era occupato di procurare autovetture al Senapa.
Ancora una volta, dunque. sono dimostrati
i collegamenti del Di Salvo col Senapa ed in
piu' - fatto, questo. ancora piu' significativo
viene posto in evidenza che il Senapa riveste
in seno all'organizzazione un ruolo sicuramente
di maggiore prestigio rispetto al Di Salvo se si
considera che quest'ultimo si· esponeva,
nell'interesse
autovetture.
del primo, per procurargli le
- Pag.1.292 -
11) Un assegno di lit. 5.000.000,
negoziato da Nicola Di Salvo, e' stato emesso il
13.1.1982. da Risicato Ludovico «Vol.11/S
f.11 )-(Vol.11/S f.12.», il quale e' stato·
condannato 1'8.7.1983 dal Tribunale di Palermo
ad anni dodici di reclusione per traffico di
stupefacenti in relazione al sequestro di 2.50
chilogrammi di hashish ed e' in atto latitante
({Vol.8/S f.75)-(Vol.8/S f.77».
12.) Due assegni tratti da Nicola Di Salvo
sul Banco di Sicilia, di lit. 1.000.000 in data
2.0.1.1979 e di lit. 1.000.000 in data 2.8.2..1980,
sono stati negoziati da Mineo Filippo (fasc.10
docum. alI. voll.S); un terzo assegno, di lit.
3.600.000, dell'11.3.1982, tratto dal Di Salvo
sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale, e'
all'ordine di Nicolini Adele, moglie del Mineo.
- Pag.1.293 -
Dall'esame testimoniale della Nicolini
(Yol.5/S f.286) e' risultato che gli assegni in
questione sarebbero stati emessi in pagamento di
fornitul:e di mobili al Di Salvo, ma quel che
giova sottolineare e' che la teste e' sor.ella di
quell'Angelo Nicolini, di cui si e' parlato a
in atto detenuto perp:roposito
tl:affico
dei
di
G:rado,
stupefacenti, collegato con
Francesco Mafa:ra.
stato possibile escutere FilippoNon e'
Mineo perche' e' scomparso il 4.10.1982,
certament~ vittima della "lupara bianca".
Un altro collegamento col g:ruppo Nicolini
e ' emerso indagando sull'assegno di lit.
3.500.000, t:ratto dal Di Salvo sùlla Cassa
Ru:rale ed Artigiana di Mon:reale il 4.12.1981 e
negoziato da Botindari Giovanni.
Dall'esame di quest'ultimo (Yol.5/S f.147)
e di Gatto Gioacchina (Vol.5/S f.27S)
- Pag.1.294 -
e dagli accertamenti svolti dalla Polizia
(Vo1.5/S f.136) (> , emerso che l'assegno era
stato consegnato al Botindari da D'Alia
Giovanni, fidanzato della Gatto ed ucciso a
Palermo il 26.8.1982, in parziale pagamento per
l'acquisto di un appartamento.
Il D'Alia era nipote di Angelo Nicolini e
cugino di quell' Antonio Nicolini, scomparso,
insieme
28.7.1982.
coll'ing. Ignazio Lo Presti, il
13) La documentazione relativa alla FIAT
127, targata FA 517010, intestata a Virruso
Antonino e rinvenuta nel villino del Di Salvo
(fasc.1 docum. alI. voll.S) riconduce a Giuseppe
Di Franco e quindi, ancora una volta, ai
Vernengo, essendo l'uno e gli altri uomini
d'onore della "famiglia" di S.Maria di Gesu'.
Ed infatti nella villa del Di Salvo e'
stato rinvenuto, f:r:a l'altro, il lib:r:etto di
assistenza relativo alla vettura suddetta,
intestata a Virruso Antonino.
- Pag.1.295 -
Quest'ultimo, sentito come teste, ha
chiarito (Vol.3/S f.S2); (Vol.5/S f.129) di aver
ceduto la vettura in questione ad Adamo Calogero
fin dal 3.12.1979, in permuta per una Alfa Rompo
Giulietta nuova. Ha, anzi, precisato di aver
dovuto piu' volte sollecitare l'Adamo, cui aveva
rilasciato procura a vendere, a regolarizzare
l'intestazione della FIAT 127 al nuovo
proprietario, dato che gli pervenivano, pur dopo
la consegna della vettura all'Adamo, notifiche
di verbali di contravvenzioni.
Adamo Calogero e' titolare della S.p.A.
Sicilauto, un'altra delle societa'
concessionarie di vendita di autovetture
predilette dalla clientela mafiosa.
Egli, dopo ben tre interrogatori ((Vol.4/S
f.342); (Vol.5/S f.112) e (Vol.5/S f.277)) ha,
infine, dichiarato di avere ceduto l'autovettura
FIAT 127 del Virruso a Di Franco
- Pag.1.296 -
Giuseppe (uomo di fiducia ed autista di Stefano
Bontate), unitamente ad altxa vettuxa, un'Alfa
Romeo Alfasud taxgata PA 471687, pagate con un
assegno di Nicola Di Salvo (assegno di lit.
2.570.000 dell'8.9.1980, txatto sulla Cassa
Rurale ed Axtigiana d~ Monxeale: (fase. 2 docum.
alI. voll.S); vi e', pexo', un altxo assegno del
Di Salvo, di lit. 1.000.000 txatto sul Banco di
Sicilia a favoxe dell'Adamo, di cui quest'ultimo
non ha paxlato: (fasc.10 docum. alI. voll.S).
Il Di Fxanco ha
queste vettuxe, intestate
usato tranquillamente
ad altxi, pex lungo
tempo, fin quando e' stato soppresso.
E non ci vuoI molto a xendexsi conto di
quanto sia utile per un pregiudicato cixcolare
con autovetture intestate a terzi estranei.
14)
1.500.000,
Un assegno del Di Salvo di lit.
tratto il 17.10.1980 sulla Cassa
Rurale ed Artigiana di Monreale, risulta
negoziato da Federico Amato.
- Pag.1.297 -
A prescindere dalle spiegazioni fornite
dallo Amato (avrebbe eseguito dei lavori nella
villa del Di Salvo: (Vol.6/S f.102», va posto
in rilievo che anche i rapporti tra Amato e Di
Salvo, deducibili dall'assegno, portano ai
Vernengo, come si dira' in seguito.
15) Nella villa del Di Salvo sono stati
trovati dei numeri telefonici che comprovano i
legami del prevenuto con ambienti mafiosi
«Vol.6/S f.3)-(Vol.6/S f.7).
In particolare, sono stati rinvenuti, fra
gli altri, i numeri telefonici relativi a:
a) Argano Gaspare ("Argano 282566"),
imputato di associazione mafiosa nel presente
procedimento ed in atto latitante;
b) Marchese Gregorio fu Saverio ("Marchese
280554"), cognato del famigerato Marchese
Filippo ed ucciso a Casteldaccia il 3.8.1982;
- Pag.1.298 -
c) Montalto Salvatore ("Montalto 490685"),
detenuto per associazione mafiosa nel presente
procedimento ed uno dei maggiori protagonisti
delle piu' recenti vicende di mafia;
d) la sorella di Alfano Paolo ("Simonetti
2.84248"), il quale, come si e' visto, scampo'
fortunosamente all'arresto in occasione della
scoperta del laboratorio di Via Messina Marine.
Sono stati rinvenuti, altresi', fra gli
appunti, i numeri di ben tre utenze telefoniche
del prof. Aldo Morello, neurochirurgo ("510783
casa, 489410, 484194 Morello").
Senza che, allo stato, possano avanzarsi
illazioni o , peggio, conclusioni - di alcun
genere, non puo' sottacersi la stranezza del
fatto, specie se si considera che, il 6.2..1980,
la Squadra Mobile di Palermo effettuando
un'improvvisa perquisizione nel reparto di
- Pag.1.299 -
Neu~ochi~urgia dell'Ospedale Civico di Palermo,
alla ~icerca dell'allo~a latitante Giuseppe
Calo' , trovo' la mogli8 di quest'ultimo - che in
un p~imo tempo aveva fornito false generalita'
degente nella stanza dell'aiuto del p~of.
l1orello, anziche' in co~sia; nella medesima
circostanza, davanti al reparto di
Neu~ochi~urgia, venne fe~ma~o ed accompagnato in
Questura, per acce~tamenti, Salvatore Greco
Ferrara, fratello di l1ichele G~eco, imputato di
gravissimi delitti in questo procedimento (vedi
(Fot.455280) in allegati all'inte~~ogatorio di
Tommaso Buscetta).
(
i
16)
4.000.000,
Un assegno del Di Salvo di lit.
tratto il 25.2.1981 sulJ8 Cassa
Ru~ale ed Artigiana di l1on~eale, e' stato
negoziato da Casella Antonino, indicato da
Buscetta e da Contorno come uomo d'onore della
famiglia di Brancaccio.
Detto assegno risulta all'ordine di Lo
Cice~o Antonino, cugino di Nicola Di Salvo, il
quale, pe~o', ha disconosciuto la
- Pag.1.300 -
sua firma di girata ed ha dichiarato di non
conoscere il Casella e di non avere mai visto
l'assegno in questione eVol.6/S f.90).
Per conto suo, il Casella, det~nuto per
associazione mafiosa ed altro e sentito come
teste quando ancora i procedimenti non erano
stati riuniti, ha sostenuto di non conoscere il
Di Salvo e di avere ricevuto l'assegno proprio
dal Lo Cicero, il quale aveva da lui acquistato
un cambio ed un differenziale per autocarro per,
il prezzo di lit. 3.000.000 eVol.8/S f.108).
La versione del Casella, pero', si. e'
rivelata in tutta la sua falsita' per effetto
della perizia grafica eeVol.10/S f.54)-eVol.10/S
f.78», con cui si e' accertato che la firma di
girata nell'assegno in questione non e' stata
apposta ne' dal Lo Cicero ne' dal Casella mentre
l'annotazione "Antonino" sul "retro"
dell'assegno accanto al cognome
opera grafica del Casella.
"Lo Cicero" e'
- Pag.1.301 -
In base a tali risultanze, il Casella e'
stato incriminato per il delitto di falsa
testimonianza (Vol.10/S f.131) e, come imputato,
si e' rifiutato di rendere l'interrogatorio
(Vol.10/S f.137).
Comunque, alla stregua di quanto e' emerso
dall'ulteriore istruttoria e dalla riunione del
procedimenti, il Casella dovra' essere
pro~ciolto dal reato ascrittogli (capo 437
dell'imputazione), ricorrendo la circostanza
esimente di cui all'art.384 C.P.; resta il fatto
della accertata esistenza di rapporti tra il
Casella ed il Di Salvo, rapporti s'curamente
illeciti, com'e' dato dedurre dalla falsita' del
Casella stesso.
17 ) Altra conferma dell'illiceita'
dell'attivita' di Nicola Di Salvo si ricava
dalle indagini concernenti un assegno di lit.
1.500.000, tratto dal predetto sulla Cassa
Rurale ed Artigiana di Monreale il 7.4.1980,
all'ordine di Alario Vittorio (fasc.2 docum.
alI. volI. S) .
- Pag.1.302 -
Quest'ultimo, pregiudicato per
contrabbando di tabacchi, aveva negato di
conoscere il Di Salvo e, per giustificare il
possesso dell'assegno, aveva sostenuto che gli
era stato dato da un suo parente, ovviamente
ormai deceduto, in restituzione di prestiti
((Yol.6/S f.250); (Yol.7/S f.91».
Ma la perizia grafica ha accertato che il
nome di Alario Vittorio, quale ordinatario
dell'assegno, era stato scritto dalla stessa
mano del traente dell'assegno e, cioe' , da
Nicola Di Salvo (Yo1.10/S f.51>, per cui,
tenendo conto anche del mendacio dell'Alario, e'
di tutta evidenza che i due si conoscono.
All'Alario, dunque, e' stato contestato il
delitto di falsa testimonianza, per il quale
dovra' essere rinviato a giudizio (capo 435
dell'imputazione).
18) Federico Carmelo ha negoziato assegni
di Nicola Di Salvo, tratti sul
- Pag.1.303 -
Banco di Sicilia Clit. 8.000.000 del 12.2.1979;'
lit. 3.000.000 del 12.3.1979; lit. 1.000.000 del
26.3.1979; lit. 5.000.000 del 10/5.1979) per
complessivi 17 milioni.
Il Federico, interrogato al riguardo, ha
sostenuto che trattavasi di assegni datigli dal
Di Salvo in pagamento di partite di piastrelle
di ceramica che questi aveva acquistato nel suo
negozio a scopo di commercio (Vol.10/S f.28).
Se cosi' fosse, quindi, il Di Salvo, oltre
a gestire un negozio di detersivi e di generi
ortofrutticoli, a lavorare come
autotrasportatore alle dipendenze dei Vernengo,
commerciava anche in ceramiche.
Ci sarebbe da compiacersi per la
laboriosita' di questo personaggio, se non fosse
certo che trattavasi di mere attivita' di
copertura, e che la fonte dei suoi introiti
erano in realta' il contrabbando di tabacchi e
il traffico di stupefacenti.
- Pag.1.304 -
'9) Da un assegno di Nicola Di Salvo e'
stato possibile risalire ai suoi rapporti coi
contrabbandieri napoletani.
Il Di Salvo ha tratto il 15.1.1981 sulla
Cassa Rurale ed A::z:ligiana di Monreale,
all'ordine di Pagano Nicola, un assegno di lit.
1. 400.000 che risulta negoziato dal napoletano
Romano Ciro (fasc.2 docum. alI. voll.S).
2uest'ultimo, pregiudicato per
contrabbando di tabacchi, ha riferito di avere
ricevuto l'assegno da un altro contrabbandiere
di Torre Annunziata, Pasquale Longobardi
(Yol.7/S f.189) il quale, a sua volta, l'aveva
ricevuto da Iaccarino Franco, anch'egli di Torre
Annunziata (Yol.7/S f.'7).
Lo Iaccarino si giustificava asserendo di
avere ricevuto l'assegno da uno sconosciuto
dall'accento palermitano che aveva incontrato
per caso a Torre Annunziata ed al quale aveva
venduto dei cavalli (Yol.7/S f.197).
- Pag.1.305 -
Tale assunto, a parte la sua intrinseca
inverosimiglianza, e' sicuramente inattendibile
in quanto l'assegno e' all'ordine di Pagano
Nicola, mentre, se lo Iaccarino avesse detto la
veri ta' , avrebbe dovuto essere di:rettamente
all'ordine di esso Iaccarino.
A cio' si aggiunga che l'assegno risulta
riempito con grafia diversa da quella di Nicola
Di Salvo.
Allo Iaccarino, pertanto, e ' stato
contestato (capo 436 dell'imputazione) il
delitto di falsa testimonianza «Vol.8/S f.166)
e (Vol.8/s f.169)-(Vol.8/S f.179», per il quale
dovra' essere rinviato a giudizio.
20) I rapporti del Di Salvo coll'ambiente
dei contrabbandie:ri risultano provati anche da
due suoi assegni, uno di lit. 1.500.000 del
6.4.1980, negoziato da Fazio Angelo, e uno di
lit. 1.000.000 del 14.4.1980, negoziato da
Raccuglia Salvatore Cfasc.2 docum. alI. voll.S).
- Pago 1.306 -
Dalla dichiarazione del Fazio (Vol.6/S
f.44) e' emerso che anche il primo assegno era
passato per le mani del Raccuglia, pregiudicato
per contrabbando di tabacchi, il quale si e'
trincerato dietro la solita storiella del cambio
di assegni con danaro contante (Vol.7/S f.22).
21) Un ulteriore significativo elemento di
prova e' emerso dalle indagini relative
all'assegno di lit. 6.500.000, tratto da Nicola
Di Salvo il 20.6.1980 sulla Cassa Rurale ed
Artigiana di Monreale e negoziato da De Martino
Vittorio (fase.2 docum. alI. voll.S).
Quest'ultimo,
Zagarella, ha
gestore
dichiarato che
dell'hotel
l'assegno
riguardava il
dei coniugi
pagamento del rinfresco nuziale
Pecoraro Francesco-Di Salvo Angela
«Vol.5/S
f.223»;
f.204)-(Vo1.5/S f.205)-(Vol.5/S
- Pag.1.307 -
i coniugi Pecoraro pero' hanno dichiarato di
avere offerto il ricevimento di nozze in alt~a
localita' e per una spesa not~volmente inferiore
a quella portata nell'assegno di cui sopra;
hanno inoltre escluso di conoscere Nicola Di
Salvo «Vol.6/S f.54)-(Vol.6/S f.59)).
Il De Martino, quindi, ha fornito
spiegazioni non riscontrate circa la provenienza
e la causale dell'assegno in questione.
L'ipotesi piu' verosimile e' che con
quell'assegno il Di Salvo abbia pagato il
soggiorno in albergo di personaggi coinvolti in
affari illeciti.
Ma la testimonianza del De Martino e'
significativa anche per altri aspetti, perche'
viene confermato, come del resto si sapeva da
tempo, che l'hotel Zagarella, di cui e' titolare
abitualmente
la COSITUR
interessato
s. p. A. ,
Nino
una
Salvo,
societa'
e '
cui e'
frequentato da clientela mafiosa.
- Pag.1.308 -
Il De Ma~tino infatti ha indicato, come
clienti dell'albergo, Salvatore Micalizzi e
Rosa~io Riccobono, ma esiste in atti la p~ova
che anche Carmelo Colletti, "rappresentante"
che ha
della "famiglia" di Ribe~a, ne era cliente ed in
detto locale aveva anzi offerto il banchetto per
le nozze di un figlio.
Anche il noto Angelo Epaminonda
frequenti contatti con la mafia siciliana
nell'estate del 1979 ha p~eso alloggio per
alcuni giorni nell'hotel Zagarella, f' d ha
riferito di avere appreso che l'albergo
apparteneva
f.173) .
a "gente di rispetto" eVo1.181
22) Le indagini ~ulla rivoltella rinvenuta
nella villa di Nicola Di Salvo unitamente a 17
cartucce per pistola calibro 38 (Vo1.1/S f.42),
se non hanno consentito di individuare chi
avesse materialmente consegnato l'arma al Di
Salvo, hanno posto in evidenza il collegamento
fra la mafia siciliana e la malavita di altre
zone d'Italia.
- Pag.1.309 -
Nonostante l'abrasione dei dati
accertato,matricolari,
attraverso la
si e '
ricostruzione
infatti,
dei numeri di
matricola, che trattasi di un revolver Ruger
cal.357 magnum modello security, acquistato il
10.2.1976, presso un'armeria napoletana, da Ford
Iames,
ignoti,
f.53);
f.308)j
cittadino statunitense e sottrattogli da
a Gaeta, nell'aprile 1979 eeVol.3/S
(Vol.3/S f.71)-(Vol.3/S f.73);(Vol.3/S
(Vo1.4/S f.113)-(Vo1.4/S f.123)j
(Vol.7/S f.82)-(Vol.7/S f.86)).
Il Ford, infatti, ~entito come teste in
esecuzione di commissione rogatoria
internazionale, ha
e segg.) che aveva
dichiarato ((Vol.10/S f.219)
acquistato l'arma a Napoli
quando prestava servizio, come marinaio, presso
la base NATO di
Gaeta e che
- Pag.1.310 -
teneva l'arma nella sua vettura.
dalla quale gli era stata sottratta da ignoti a
Gaeta.
Del fatto il Ford non ha presentanto
denunzia e si segnala al P.M. che il predetto
era privo di porto d'armi.-
Il fatto che l'arma rubata nel napoletano
fosse giunta a Palermo, e fosse in mano ad un
personaggio come il Di Salvo, e' sintomatico dei
collegamenti
siciliana.
tra malavita campana e mafia
Va rilevato. poi, che la presenza
dell'arma nella villa del Di Salvo, in cui era
ubicato il laboratorio di eroina, e' certamente
elemento di prova in ordine alla sussistenza
dell'aggravante di cui all'ultimo comma
dell'art.75 Legge Stupefacenti (associazione
armata), anche se, ovviamente, non e' questo il
solo elemento da cui dedurre
dell'aggravante in questione.
la sussistenza
doveva essereAl Di Salvo
delitto di ricettazione
provenienza furtiva.
contestato
della rivoltella,
il
di
- Pag. 1 .311 -
- IX -
Le indagini su un assegno di Nicola Di
Salvo di lit. 5.700.000, emesso il 15.10.1979 e
negoziato da Giovanni Alongi
alI. voll.S), sono state
(fasc.10 docum.'
particolarmente
accurate, anche in relazione a segnalazioni, da
piu' parti pervenute agli inquirenti, circa il
ruolo di prestanome di mafiosi che l'Alongi
svolgerebbe.
Il predetto, sino a qualche tempo addietro
semplice commesso del noto esercizio commerciale
"Battaglia", e ' titolare, al n 46/A della
centrale via Ruggero Settimo di questa citta',
di un avviato negozio di costosi capi di
abbigliamento maschile.
Al riguardo dell'Alongi Stefano Calzetta
ha riferito che, per quello che si diceva in
giro, l'Alongi era un prestanome di quel Di
Miceli implicato nel blitz di via Valenza o di
Tommaso Spadaro e che il suo negozio era
frequentato dai Vernengo,
dagli Zanca,
- Pag.1.312 -
dai Tinnirello, da Pietro Senapa,
da Rotolo Salvatore, da Paolo Alfano, i quali
acquistavano merce per svariati milioni senza
pagare subito e, cioe', "in fiducia" «Vol.3/SA
f.162)-(Vol.3/SA f.163)).
Da un primo accertamento effettuato dalla
Guardia di Finanza di Palermo «(Yol.9/S
f.3)-(Yol.9/S f.10)) era emerso che il magazzino
di via Ruggero Settimo era stato acquistato, nel
in contanti,
535.000.000, di1979, per
335.000.000
l'allestimento
lit.
pagati
del negozio era
cui lit.
mentre
costato,
complessivamente, dal 1979 al 1982, poco meno di
mezzo miliardo, somme del tutto spropositate
rispetto alle entrate apparenti dell'Alongi.
Quest'ultimo ha precisato che il danaro
impiegato nel negozio ammontante ad oltr.e
mezzo miliardo per l'acquisto del locale, ed a
110 - 120 milioni per l'allestimento - proviene,
in parte, dalla liquidazione percepita quale
- Pag.1.313 -
impiegato del negozio di Battaglia Maria Grazia
accordatigli
( 150
(70
160
80
milioni), in parte da suoi risparmi
milioni), in parte da prestiti
da amici (Pietrolucci di Roma 40-50
milioni; Procopio Enrico di Catania 30 milioni;
Pipitone Giovanni 15 milioni) ed infine da un
mutuo fondiario di 230 milioni circa,
dalla Sicilcassa.
erogatogli
Egli. inoltre, ha ottenuto un
finanziamento dall'IRFIS per lit. 150 milioni
(fase. 47-48 docum. alI. voll.S e (Vol.8/S
f.128)-(Vo1.8/S f.162».
Le affermazioni dell'Alongi hanno trovato
sostanziale riscontro nelle testimonianze di
Battaglia Maria Grazia
f.3)-(Vo1.8/Saccertamenti
f. 4» .
svolti
ed Elena
«Vol.8/S
nonche' negli
Non vi e' quindi alcuna prova che nel
negozio dell'Alongi sia stato investito capitale
di illecita provenienza
particolare.
e di mafiosi in
- Pag.1.314 -
La propalazione del Calzetta secondo cui
correva voce che Alongi Giovanni fosse
prestanome di Tommaso Spadaro puo' trovare
spiegazione nel fatto, riferito dallo stesso
Alongi, che Tommaso Spadaro - avendo acquistato
un negozio in via Ruggero Settimo nei pressi del
suo ese:rcizio avrebbe voluto farlo socio per
avvia:re un'iniziativa commerciale a favore di
uno dei figli (Vol.10/S f.27).
Le intenzioni dello
evidentemente trapelate e,
Spadaro erano
approfondendo le
indagini sul conto dell'Alongi, si e' accertato
che il suo negozio era meta preferita di mafiosi
e malavitosi che acquistavano costosi capi di
abbigliamento per svariati milioni.
E' stato in particolare individuato,
p:resso la Agenzia n di Palermo della Banca
Sicula, un libretto di deposito a risparmio al
po:rtatore di pertinenza di Giovanni Alongi, nel
quale risultano versati,
seguenti assegni:
fra gli altri, i
a)
22.2.1979,
- Pag.1.315 -
assegno di lit.
tratto da Miallo
1.500.000 del
Gaetano, quale
amministratore della S.p.A.
liquori, sul Banco di Romai
Commerciale Vini e
b) assegno di lit. 500.000,
Banca Popolare Siciliana, il
emesso dalla
15.2.1979, a
richiesta e all'ordine di Ferro Lorenzo
CCVo1.13/S f.140)-CVo1.13/s f.14")j
c) due assegni di lit. 10.000.000
ciascuno, tratti da Cangialosi Giuseppe il
18.4.1979 ed il 10.5.1979 sulla Sicilcassa
all'ordine di Ciminello
f.119)j
Francesco CVo1.13/S
2.000.000 e di lit.
il 30.9.1979, sulla
CVo1.13/S f.113)j
di lit.d) assegni
2.500.000 tratti
18.4.1979 ed
Cooperativa I.B.S.
da Giovanni Hellavia il
Banca
•
- Pag.1.316 -
e) assegno di lit. 4.000.000, emesso
dall'Agenzia di Carini della Sicilcassa
1'11.6.1979, a richiesta di Altadonna Francesco
ed all'ordine di Marrone Accursio ((Vol.13/S
f.144), (Vo1.13/S f.162), (Vo1.13/S f.163))j
f) assegno di lit. 3.500.000 tratto il
20.9.1979 da Ingrassia Ignazio sulla Sicilcassa
(Vol.13/S f.123)j
g) assegni di lit. 1.200.000 e di lit.
500.000, tratti sulla Cassa Rurale ed Artigiana
di Monreale il 30.9.1979 da Mistretta Rosario
((Vo1.13/S f.136)-(Vo1.13/S f.137))j
h> assegno di lit. 8.500.000, tratto sul
Banco di. Sicilia il 19.10.1979 da Vitarnia
- Pag.1.317 -
Rosalia (Vol.13/S f. 130) i
Banco
i) assegno di lit.
di Sicilia, il
5.700.000,
15.10.1979,
tratto sul
da Di Salvo
Nicola.
(La copia microfilmata degli assegni
suddetti si trova nel fascicolo 20 doc. alI.
volI. S).
Risulta negoziato da Giovanni Alongi,
inoltre, un assegno di lit. 30.000.000, tratto
da Pipitone Angelo sulla Banca Popolare di
Carini il 20.8.1979 (Vol.13/S f.133).
Circa le persone che hanno tratto o
richiesto gli assegni di cui sopra,
che:
va detto
A) Miallo Gaetano, i cui contatti con
Salvatore Inzerillo sono gia' eme:r:si nel
procedimento penale contro Spatola
- Pag.1.318 -
Rosario ed al"tri. e' indizia"to di appar"tenenza
alla mafia "t~apanese (Yol. 10/S f.22)j
B) il nome di Ferro Lorenzo e' gia' emerso
nel procedimen"to Spa"tola per i suoi contatti col
noto Nunzio La Mattina. ucciso il 24.1.1983,
no"tissimo contrabbandiere ed uomo d'onore della
"famiglia" di Porta Nuova, cognato di Francesco
Lo Nigro, anch'egli ucciso (Yol.10/S f.19);
C) gli assegni di Cangialosi Giuseppe
all'ordine di Ciminello Francesco
sicuramente il defun"to Salvatore
riguar:dano
In:zerillo.
rappresentante della "famiglia" di Passo di
Rigano; infa"t"ti, lo s"tesso Ciminello ha
disconosciuto la firma di gira"ta negli assegni
ed ha ammesso di esser:e s"tato mero prestanome
dell'Inzerillo (Yol.10/S f.lO);
stato
D) Giovanni Bellavia (Yo1.7/S f.89) e '
- Pag.1.319 -
fortunosamente assolto in un processo per
traffico di stupefacenti in cui era raggiunto da
gravi indizi, ma i suoi collegamenti coi
trafficanti e, in particolare, con la "famiglia"
di Partanna Mondello sono emersi nuovamente in
soprattuttoquesto
delle
procedimento,
riscontrate
per effetto
dichiarazioni di Francesco
Gasparini, di cui ci si occupera' in seguito.
E) gli assegni di Altadonna Francesco
riguardano l'acquisto di una villa con annesso
terreno, venduto da Marrone Accursio per 875
milioni all'Altadonna e a Randazzo Giuseppe
davanti a questa villa, nell'agosto 1981 , venne
ucciso Antonino Badalamenti, ":z:appresentante
dicuginoereggente della famiglia di Cinisi"
Gaetano Badalamenti.
Il convincimento degli inquirenti che la
villa fosse di effettiva proprieta' di Antonino
Badalamenti trova qui obiettivo riscontro,
poiche' Giovanni Alongi ha confermato che il
Badalamenti era suo
- Pag.1.3Z0 -
cliente (vedi esame di Altadonna Francesco,
(Vo1.8/S f.127L ed interrogatorio di Alongi
Giovanni; (Vol.10/S f.26) retro).
F) Ingrassia Ignazio, secondo le
dichiarazioni di Salvatore Contorno, e' "uomo
d'onore" della famiglia di Ciaculli; il suo nome
era gia' emerso nelle indagini bancarie del
procedimento Spatola e
nuovamente in seguito.
di lui ci si occupera'
G) Il nome di Mistretta Rosario e' gia'
emerso nelle indagini bancarie sui Grado e lo
stesso e' latitante nel presente procedimento.
H) Vitamia Rosalia e' la moglie del noto
Rosario Riccobono "rappresentante" della
famiglia di Partanna Mondello.
I) L'assegno del Di Salvo, secondo quanto
ha riferito l'Alongi, molto
- Pag.1.321 -
probabilmente gli era stato dato da Tommaso
Spadaro «Vol.10/S f.26)retro).
Circa la provenienza degli assegni sopra
elencati, Giovanni Alongi ha fornito una
spiegazione «Vol.10/S f.26) - (Vol.10/S f.27)),
che conferma in pieno le affermazioni di Stefano
Calzetta.
Egli, infatti, ha rife:z:ito che, nel
periodo in cui era impiegato di Battaglia,
consentiva ad un "certo tipo" di clienti di
acquistare merce in sospeso, "fiducioso" che
prima o poi avrebbero pagato; t:z:ascorso un
congruo periodo di tempo, rifondeva di tasca sua
la cassa e, quando a sua volta veniva pagato dai
clienti, versava ricevuti in un
conto personale e, cioe', nel suddetto libretto
di deposito a risparmio al portatore.
Certamente, il trattamento di favore
riservato alla clientela di "rispetto" ha reso
l'Alongi popolare nell'ambiente tanto che,
quando egli ha avviato un commercio in proprio,
- Pag.1.32Z -
ha potuto annoverare fra i suoi clienti - e' lo
stesso Alongi che lo dice - Mino Badalamenti, i~
Vernengo, Tommaso Spadaro, Ferro Lorenzo e tanti
altri, fra cui anche Salvatore Inzerillo, che
soleva acquistare capi di abbigliamento per se'
e per familiari ed amici, che lo accompagnavano.
Va qui osservato, incidentalmente, che le
dichiarazioni di Giovanni Alongi dimostrano
ancora una volta l'impressionante larghezza di
determinatimezzi finanziari di
non esitano a spendere
personaggi
fior di milioni
che
per
l'acquisto di capi di abbigliamento, segno
del profondo mutamento del costumetangibile
mafioso correlativo alle enormi ricchezze
acquisite col traffico di stupefacenti.
Ma, tornando alla posizione processuale
dell'Alongi, si ritiene che questi debba essere
prosciolto con ampia formula dal contestato
delitto di ricettazione (capo 386
dell'imputazione).
- Pag.1.323 -
Come e' noto, l'a~t.648 cod.pen. punisce
il compo~tamento di chi, al fine di profitto,
~iceve, a qualsiasi titolo, dana~o o cose
p~ovenienti da delitto: pe~ la configurazione
del ~eato, pe~tanto, occo~~e, da un lato, la
p~ova certa che il danaro o gli altri oggetti
provengano da delitto e, dall'alt~o, la
consapevolezza da pa~te del ricevente
dell'illecita provenienza di tali beni.
Ora, e' ~ealistico affermare, in difetto
rli alt~i elementi che dimost~ino un maggiore
coinvolgimento dell'Alongi nelle vicende di Cosa
Nostra, che egli fosse consapevole soltanto del
fatto che quei dete~minati clienti erano
mafiosi, mentre non e' provato che egli avesse
la certezza dell'illecita provenienza del danaro
speso da quel tipo di clientela.
Ne' puo' affe~marsi che, data la qualita'
dei clienti, il loro dana~o doveva essere
~itenuto sicuramente di provenienza illecita, in
quanto e' ovvio che anche i mafiosi possono
dispo~~e di p~oventi da attivita' lecite
(eredita', lavo~o ecc.); tanto meno e'
- Pag.1.324 -
ragionevolmente
neg-oziante di
ipotizzabile
accertare
un obbligo
previamente
del
la
provenienza del danaro datogli in pagamento.
L'Alongi sapeva bene chi erano i suoi
clienti, ne conosceva le larghe disponibilita'
sul suo comportamento
eriguardocontrattavalieconomiche,
deferenza.
Il giudizio morale
non spetta al magistrato; in questa sede e'
necessarjo e sufficiente ril~vare che non vi e'
prova certa sulla provenienza delittuosa del
danaro ricevuto dall'Alongi e che il dubbio sul
punto, riguardando un presupposto del delitto di
ricettazione e non un elemento costitutivo,
comporta l'assoluzione perche' il fatto non
sussiste (Cass. Sez. II, 29.6.1979, GHISA).
- Pag.1.325 -
- x -
Passiamo adesso ad occupa~ci di Aglieri
Mario, Francesco e Salvatore, figli di Giorgio
Aglieri,
Vernengo,
e dei
quali
loro
sono
rapporti
emersi
con
nel
Pietro
p~esente
procedimento.
Si t~atta dei f~atelli di quel Giuseppe
Aglieri che, come si e' visto, e ' stato
arrestato a Si~acusa con Giuseppe Vernengo in
un'operazione anticontrabbando in cui era
coinvolto anche Pietro Vernengo.
Nell'immediatezza
labo~ato~io di via
della
Messina
scoperta
Ma~ine,
del
gli
investigatori si ponevano alla ~icerca di Piet~o
Vernengo e controllavano, fra l'altro, la
fabb~ica di ghiaccio sita in Piazza Ponte
Ammiraglio, ove il medesimo, pero', non veniva
rintracciato.
Sul posto venivano invece trovati D'Alia
Giovanni e Tinnirello Vincenzo, il quale ultimo
giustificava la sua presenza sostenendo che
intendeva acquistare bottigli~ di
- Pag.1.32.6 -
succo di limone, per condire il pesce bollito
<Vol.3/Sf.64);<VoI. 1/Se«Vol.1/S f.2.8)
f.137)).
La presenza del Tinnirello in quel luogo -
pero' era tutt'altro che casuale, ove si
consideri che, gia' nel 1976, il predetto veniva
controllato, nei pressi di Squinzano (Lecce) ,
mentre circolava a bordo di un'autovettura su
cui viaggiava anche Vernengo Giuseppe (nato il
29.11.1940), cugino di Pietro e nella quale
venivano rinvenuti cinque razzi per segnalazioni
a mare ed una ricetrasmittente.
E nemmeno puo' considerarsi casuale
contestuale presenza, nella fabbrica
la
di
Nicolini di cui piu'
ghiaccio, di D'Alia Giovanni,
volte si
cugino di Angelo
e' parlato nel
corso della presente trattazione come grosso
trafficante di stupefacenti e zio di quel D'Alia
Giovanni, ucciso a Palermo il 26.8.1982, del
quale sono stati illustrati i rapporti con
Nicola Di Salvo.
a
- Pag.1.327 -
All'alba del 12.2.1982.
quello della scoperta del
giorno successivo
laboratorio di
eroina, venivano rinnovate le ricerche di Pietro
Vernengo nella sua abitazione, ma ancora con
esito negativo benche' egli fosse sottoposto
agli obblighi della sorveglianza speciale.
Si accertava. invece. la presenza. insieme
con Provvidenza Aglieri, moglie del Vernengo,
dei fratelli della stessa, SalvatoI:e e Ma:rio
Aglie:rL
(Milano).
ufficialmente :residenti a Rozzano
Costoro. successivamente interrogati dai
Carabinieri, riferivano di essere giunti a
Palermo, il pomeriggio dell'11 febbraio, per far
visita alla sorella e di ave:re t:rovato a casa il
cognato, Piet:ro Vernengo, il quale pe:ro'. nella
notte, e:ra uscito perche' stava male (sicl).
Aggiungevano che. quella stessa mattina
del 12 febb:raio, e:ra a:r:rivato anche il fratello
F:rancesco Aglieri, residente a Novate Milanese.
- Pag.1.328 -
smentita da Francesco Aglieri che
Quest'ultima affermazione veniva pero'
sosteneva di
essere arrivato a Palermo la sera dell'11
febbraio. insieme con Tommaso Marchese. dopo di
essersi fermato a Corigliano Calabro per affari
«Yol.1/S f.74) - (Yol.1/S f.78)).
La versione di Francesco Aglieri veniva
confermata da Tommaso Marchese. anche egli
palermitano ma residente a Castrovillari. il
quale. addirittura. sosteneva che era stato lui
a proporre allo Aglieri, suo vecchio amico di
infanzia, di venire a Palermo «Yol.3/S f.76) e
(Yol.3/S f.145)) e che, giunti in questa citta',
si erano separati davanti alla stazione
ferroviaria; l'Aglieri. invece. riferiva che il
Marchese l'aveva lasciato davanti all'abitazione
della sorella Provvidenza (Yol.1/S f.?7).
- Pag.1.3Z9 -
E' evidente, dunque, che la contemporanea
presenza a Palermo degli Aglieri, prover.ienti da
localita' diverse, e senza una valida ragione,
proprio in concomitanza con la scoperta del
laboratorio di eroina e con la latitanza di
Pietro Vernengo, era molto sospetta.
Le indagini istruttorie, condotte
prevalentemente sotto il profilo bancario e
patrimoniale, hanno confermato i sospetti.
Si e ' accertato che, il 13.10.1980,
Aglieri Francesco e la moglie Brambilla Laura
che ha in corso di
"SIMMONS
Corigliano
la S.r.l.
2.6.4.1982,
in
in
il
Milano,
sociale
la sede
in
la quale,
trasferendo
CHIMICA",
denominazione
costituito,avevano
"SIMMONS
mutava
VERNICI",
Calabro.
In detta societa',
realizzazione uno stabilimento industriale per
la produzioni di vernici a Corigliano Calabro,
e' stato sicuramente investito, in gran parte,
danaro di provenienza illecita fornito da
- Pag.1.330 -
Pietro Vernengo, anch'egli interessato alla
realizzazione dell'impresa, come si dimostrera'
qui di seguito.
Dalla documentazione acquisita risulta che
((Vol.5/S f.366)-(Vol.S/S f.372) e carpetta 6),
la socif'ta' in questione, al 2.6.1983, aveva un
capitale di lit. 486.000.000 ed era composta dai
seguenti soci:
1) Aglieri Francesco per lit.
97.200.000
2) Aglieri Mario per lit. 48.600.000
3) Aglieri Salvatore per lit.
48.600.000
4) Aglieri Franco (cugino dei
predetti) per lit. 48.600.000
5) Ubbidiente Giuseppe per lit.
97.200.000
6) Cifarelli Antonio per lit.
48.600.000
7) Papaleo Cataldo per lit.
48.600.000
8) Russo Antonio per lit. 48.600.000
- Pag.1.331 -
Aglieri Francesco ha dichiarato (Vol.6/S
f.95) che l'iniziativa di intraprendere questa
nuova attivita' sarebbe stata sua e che le quote
sociali corrisponderebbero a versamenti
avrebbe fruito di
contoineffettuatisoci,deieffettivi
capitale.
Egli, in particolare,
suoi risparmi (circa trenta milioni), di un
prestito di 25 milioni fattogli dal fratello
Giuseppp. (quello arrestato a Siracusa per
contrabbando di tabacchi) e di un prestito di 50
milioni erogato dalla sorella Provvidenza
(coniugata con Pietro Vernengo).
Aglieri Mario, a sua volta, ha sostenuto
di avere effettivamente versato la" sua quota
(lit. 48.600.000), frutto di "risparmi" che
teneva in casa(Vol.6/S f.96).
Anche
f.305)-(Vol.5/S
Aglieri Salvatore ((Vol.5/S
f.306»
- Pag.1.33Z -
ha sostenuto che il danaro corrispondente alla
sua quota (lit. 48.600.000) era stato da lui
effettivamente versato e proveniva
risparmi.
da suoi
Si noti che il predetto lavora come
operaio e che sua moglie, per integrare le
modeste entrate, lavora come baby sitter/
E' risultato inoltre che l'Aglieri ha
11.000.000=, tratto sulla
Sicilcassa dalla sorella
un assegno di lit.
Succursale 22 della
negoziato, il 7.1.1980,
Aglieri Provvidenza
((Volo 12,/S f.SO) e fase. 11 allo vol1.S), con la
quale egli aveva dichiarato di non intrattenere
rapporti.
Aglieri Franco, infine. ha reso una
dichiarazione analoga a quella dei cugini
(Vo1.6/S f.100) ma ha ammesso di non essere in
grado di dimostrare l'avvenuto pagamento della
sua quota, che sarebbe stato effettuato tutto in
contanti.
Ben diverse sono le dichiarazioni degli
altri presunti soci, anche se non tutti hanno
reso dichiarazioni completamente veritie~e.
- Pag.1.333 -
Ubbidiente Giuseppe ha ammesso di avere
esborsato una somma notevolmente inferiore a
quella apparente e di es~ere stato esortato
dall'Aglieri Francesco a dire il contrario
all'Autorita' Giudiziaria eVol.6/S f.9S).
Papaleo Cataldo ha ammesso di essere un
socio fittizio nell'interesse di Aglieri
Francesco eVol.5/S f.313).
Antonio Cifarelli, cognato di Aglieri
Salvatore, ha precisato di avere esborsato solo
30 milioni circa eVol.6/S f.97).
Infine, Russo Antonio dopo di avere
precisato che gli era stata commessa, per un
corrispettivo di lit. 240.000.000, la
realizzazione delle strutture in muratura del
capannone industriale da lui eseguite sinora
soltanto per un importo di so milioni
regolarmente pagatigli da Francesco Aglieri - ha
riferito di avere accettato, su proposta di
Francesco Aglieri, l'intestazione a suo
- Pag.1.334 -
nome del 10 per cento del capitale sociale con
l'intesa che avrebbe pagato la sua quota con le
opere commessegli ed ancora non completate.
In buona sostanza, quindi, non ha
esborsato nemmeno una lira (Vol.7/S f.1S7).
Non appena, dunque, si esce dalla
ristretta cerchia familiare degli Aglieri, gli
apparenti soci della Simmons non hanno
difficolta' ad ammettere che le intestazioni di
a loro nome sono in massima parte fittiziequote
e di cio' si trova conferma nella stessa
documentazione societaria, in cui risulta che
Francesco Aglieri ha versato nelle Casse della
SIMMONS, dal 29 aprile al 1- settembre 1982, ben
249 milioni di lire mentre, sotto la data
18.3.1982, sono annotati "versamenti di nuovi
soci" per appena 101 milioni, probabilmente
effettuati in data anteriore.
quindi che tutto il capitaleE'
sociale
chiaro,
della SIMMONS, artificiosamente
distribuito tra soci fittizi, e' stato in
realta' versato dagli Aglieri.
- Pag.1.335 -
Ed e' alt~esi' intuitivo, alla st~egua di
quanto gia' esposto, che il danaro non puo' che
provenire da Pietro Vernengo.
Al riguardo, va ancora ricordato che
l'ing. Antonio Plastina, che ha prestato la sua
ope~a professionale per Aglieri Francesco, ha
riconosciuto fotograficamente in Pietro Vernengo
la persona che si accompagnava con Francesco
Aglieri, e presentatogli da quest'ultimo come il
coanato "Pietro" <Vol.7/S f.161).
Aggiungasi che Francesco Aglieri ha pagato
prevalentemente in contanti, l'esecuzione di
lavori e la fornitura di apparecchiature pe:r
l'impianto di vernici (vedi dich. Sala Angelo,
<Vo1.6/S f.92.)j <Vol.6/S
f.252)j Mo~eno
Gencarelli
Pasquale
Giuseppe,
(Vo1.7/S f.16) e
<Vo1.7/S f.162)).
Concludendo, sembra evidente che in questa
intrapresa economica sia stato investito, in
- Pag.1.336 -
massima parte, danaro di Pietro Vernengo
proveniente da traffico di stupefacenti e da
Vernici
altre
quote
illecite
della
attivita' ,
SIMMONS
per cui,
sono
mentre le
state
sequestrate, agli Aglieri Francesco, Salvatore,
Mario era stato contestato il delitto di
ricettazione ed al cugino Aglieri Franco il
delitto di falsa testimonianza (Vol.10/S f.152).
Queste risultanze sono state
involontariamente confermate da un teste, Pucci
Francesco, addotto dalla difesa di Di Caccamo
Benedetto (l'intestatario della vettura notata
davanti al laboratorio di via Messina) per
dimostrare l'estraneita' di quest'ultimo alle
vicende riguardanti i Vernengo.
Il Pucci, venditore della vettura al Di
Caccamo, ha
f.134)-(Vol.2.24
dichiarato, infatti, «Vo1.224
f.135))
- Pag.1.337 -
che il fratello del Di Caccamo gli aveva
%ife%ito di esse%e sul punto di apri%e una
fabbrica di ve%nici fra Corigliano Calabro e
confe%ma inequivocabilmente,Sibari.- Cio'
contempo, che la "SIMMONS" e' una societa'
al
del
gruppo di Pietro Vernengo, e che il Di Caccamo
e' tutt'alt%o che estraneo alle illecite
attivita' dei Ve%nengo.-
Aggiungasi che Salvatore Contorno ha
dichiarato che non solo il defunto Giorgio
Aglieri, ma anche i suoi figli sono "uomini
d'ono%e" ((Vo1.125 f.186)-(Vo1.125 f.187)) e
cio' spiega molto bene, adesso, il loro
comportamento in questa vicenda e costituisce
uno dei tanti elementi di %iscont%o delle
dichiarazioni del Contorno.
- Pag.1.338 -
- XI -
Resta da occupa~si di Baiamonte Concetta,
moglie di Alfano Paolo, cui e' stato contestato,
la connessadi energia elettrica e
a titolo
agg~avato
di concorso, il delitto di furto
evasione dell'imposta erariale in relazione
all'allacciamento abusivo scoperto nella villa
del Di Salvo (capi 394 - 395 dell'imputazione).
Pe~ tali reati si ritiene, confo~memente
alle richieste del P.M., che la Baiamonte debba
essere prosciolta con la formula del dubbio.
La donna ha (Vol.3/S f.109) addirittura
negato di essersi mai accorta dell'allacciamento
abusivo e, in effetti, considerato che la frode
non era finalizzata ad usi domestici ma al
funzionamento del laboratorio di eroina, e'
anche possibile che la Baiamonte, nei cui
confronti non e'
ritenere
emerso nulla
in
che possa far
modo
certo il suo
- Pag.1.339 -
coinvolgimento in tale attivita',
non ne fosse a conoscenza, tanto piu' che costei
abitava la villa con il marito soltanto
saltuariamente.
Non si puo' pero' affermare con certezza
che la donna non si sia accorta di nulla e. in
particolare,
installati
della presenza
per impedire
dei
il
congegni
passaggio
dell'energia nel contatore; ma comunque anche se
la Baiamonte si fosse accorta di cio', non per
questo potrebbe ritenersi certo che tali
congegni fossero stati collocati con la sua
adesione, ben potendo ipotizzarsi che essa si
fosse limitata a prendere atto dell'attivita'
posta in essere da altri.
- Pag.1.340 -
- XII -
Le indagini sul costruttore Amato Federico
e i suoi rapporti coi Vernengo hanno dato luogo
ad un distinto procedimento penale che,
successivamente, per la sua connessione con
quello concernente il labo~atorio di via Messina
Marine, e' stato riunito a quest'ultimo.
procedimento penale instauratosi
Entrambi, poi, sono confluiti
a seguito
nel
del
cd. "rapporto dei 162" datato 13.7.1982.
Dal 24 marzo al 27 aprile 1981, i CC. di
Palermo avevano sottoposto ad intercettazione
l'utenza telefonica n 496243, intestata a La
Fiura Filippa, moglie di Antonino Vernengo,
installata ll<!lla villa di quest'ultimo sita in
Ficarazzi; gia' da quelle intercettazioni, per
altro allora non adeguatamente valorizzate, era
emersa l'esistenza di una grande familiarita' e
di rapporti di affari tra il costruttore
Federico Amato ed Antonino Vernengo.
- Pag.1.341 -
In seguito, il 30.8.1982, quando i
Vernengo erano ormai latitanti in relazione alle
indagini sul laboratorio di eroina e sul
"rapporto dei 162", Amato Federico, mentre era
a bordo di un'autovettura col figlio Cr"istofor o
nei pressi della villa di Vernengo a Ficarazzi,
era stato controllato dalla Polizia ed aveva
giustificato la sua presenza in quel luogo
adducendo una presunta contrattazione per
l'acquisto di un terreno (Vol.1/SA f.124).
Infine, il 3 novembre 1982, un funzionario
di polizia, nel dirigere le operazioni di
perquisizione della villa del Vernengo in
Ficarazzi, alla ricerca del latitante, notava un
appunto con un numero telefonico che, per non
destare sospetti, registrava mentalmente; il
numero corrispondeva ad una utenza telefonica
dell'Amato (Vol.1/SA f.132).
dell'utenza in questione e
Venivano,
comunicazioni
quindi, intercettate le
al
contempo veniva tenuto sotto controllo l'Amato.
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  • 1. TRIBUNALE DI PALERMO UFFICIO ISTRUZIONE PROCESSI PENALI N. 2289/82 R.G.U.I. ORDINANZA - SENTENZA emessa nel pzocedimento penale CONTRO ABBATE GIOVANNI + 706 VOLUME N. 7
  • 2. - Pag.1.223 - IL "LABORATORIO" DI VIA MESSINA MARINE
  • 3. .- Pag.1.224 - I L'esame attivita' dei delle risultanze processuali sulle. Grado e dei loro complici ha consentito di porre in luce, soprattutto, quella parte del traffico degli stupefacenti riguardante l'approvvigionamento della morfina base necessaria per il funzionamento dei laborato~i clandestini siciliani e lo smercio di parte del p~odotto fino (eroina) nell'Italia Settentrionale; e cio', per il periodo che va dal 1977 ai primi mesi del 1981, fino a quanto, c i oe ' , la "faida" esplosa in seno a Cosa Nostra non ha dete~minato la cessazione di tale attivita' da parte dei Grado, costretti alla fuga dai lo~o avve~sari. La scoperta di un laboratorio per la p~oduzione dell'eroina, in questa via Messina Marine, 1'11.2.1982 e le conseguenti attivita' istruttorie hanno consentito, da un lato, di porre l'attenzione su di un diverso stadio del t~affico di stupefacenti (quellt> della
  • 4. - Pag.1.ZZ5 - trasfozmazione della mozfina base in ezoina) ed hanno costituito, dall'alt:z:o, importante elemento di ziscont:r:o e di vezifica piu' gene:z:ali sulla struttura ed il Tun2ionamento di Cosa Host:z:a. procedimenti penaliGia' originati da sia altri dal sequestro di sostanze stupefacenti sia dal :rinvenimento nel Palermitano di altri laboratozi - e' emerso che gran parte della eroina inviata negli U.S.A. c' prodotta n~i laboratori siciliani e che questo colossale traffico e' gestito dalle "famiglie" mafiose siciliane. Il laboratorio impiantato in via Messina Marine. quindi, non rappresenta per nulla una iniziativa isolata ma costituisce confezma della gestione da parte della mafia anche del piu' delicato e rischioso stadio del t:raffico degli stupefacenti. quello. cioe' • della produzione dell'eroina.
  • 5. - Pag.1.226 - - II - La scopexta del laboxatoxio di via Messina Maxine e' stata del tutto casuale, nel senso che e' avvenuta nel coxso di un'opexazione di alla cattura deiPolizia volta esclusivamente latitanti. Per meglio comprendere la vicenda occorre prendexe le mosse dal c.d. blitz di Villagxazia, una bxillante operazione di Polizia di cui soltanto in un secondo tempo si e' apprezzato il valoxe. Il 19.10.1981 (in un periodo in cui gli omicidi di marca mafiosa a Palermo avevano raggiunto una cadenza impressionante) la Polizia faceva irruzione in una villa sita in questa via Valenza (Villagrazia di Palermo) nel bel mezzo di un summit mafioso e traeva in arresto, dopo Giovanbattista, Vernengo Ruggero, Fascella Pietro, un conflitto Pullara' a fuoco, Profeta Capizzi Salvatore, Benedetto, 1.0 Jacono Pietro, Gambino Giuseppe, Di Miceli Giuseppe, Urso Giuseppe.
  • 6. - Pag.1.227 - Di questo episodio si parlera' piu' diffusamente ricordare: in seguito, ma qui e' sufficiente A) che Capizzi Benedetto e' quello stesso che ha emesso l'assegno di lit. 32.000.000 a favore di Giacomo Grado e che ha dichiarato di non ricordare nulla in proposito i B) che Gambino Giuseppe, pochi mesi dopo l'arresto (25.2.1982), ha consumato con spietata ferocia, insieme con altri, l'omicidio di Pietro Marchese nel Carcere dell'Ucciardonei C) che Urso Giuseppe, spacciatosi nella per un elettricista chiamato adcircostanza e:ffettuare delle riparazioni. e ' stato nuovamente arrestato, il 25 marzo 1985, a Crotone insieme con Di Fresco Onofrio e con Cosimo Vernengo, con i quali verosimilmente stava per impiantare in quel centro un laboratorio per la produzione di eroina (Vol.189 f. 9).
  • 7. - Pago 1.228 - L'Urso sarebbe in seguito divenuto genero di Piet~o Vernengo, Rosa. avendone sposato la figlia D) che Di Miceli Giuseppe, qualificatosi come giardiniere della villa, e' in realta' un corleonese definito "liggiano di ferro" f.236J. (Vol.3/S Le indagini sulla villa hanno dato risultati di est~emo inte~esse. L'immobile, che sorge su terreno venduto da Antonino Sorci ("rappresentante" della famiglia di Villagrazia ed ucciso il 12 . If • 1 9 8 3 ) , e' circondato da altre ville, tutte appartenenti a personaggi di spicco della mafia (Marchese Rosario e Salvino Mondino Girolamo - Greco Tommaso, padre di Greco Carlo figlio di Antonino ucciso il Sorci Carlo 12.4.1983, - Di Maggio Ippolito, zio dei fratelli Mafara e fratello di Giuseppe Di Maggio,
  • 8. - Pag.1.229 - rappresentante della famiglia di Brancaccio e ucciso il 19.10.1982 ed e' dotato in un sofisticato impianto televisivo. che consente di tenere sotto controllo per centinaia di metri la strada di accesso <Vo1.3/S f.2.30). Per quanto attiene. poi. al titolare della villa, giova rilevare che 10 stesso Di Miceli Giuseppe, pur dichiarando di non conoscerne il nome, essendo semplicemente il giardiniere, ne ha indicato il domicilio in Via Sacco e Vanzetti, n 36, piano quarto. ossia nello stesso pianerottolo del proprio appartamento <Vol.3/S f.219). grandissimoQuesta significato. ammissione perche'. a ha parte la palese inattendibilita' del fatto che il Di Miceli non conoscesse il nome del suo dirimpettaio, l'intestatario dell'appartamento indicato dal Di Miceli e' Giorgio Aglieri. suocero di Pietro Vernengo. mentre il proprietario della villa di via Valenza risulta formalmente Ruggero Vernengo. cugino del Pietro ed arrestato nel c . d • blitz; va inoltre
  • 9. - Pag.1.230 - rilevato che una immediata perquisizione domiciliare eseguita nell'appartamento dell'Aglieri ha consentito di sequestrare, in contanti, la somma di lit. 130.000.000 e quella di $ U.S.A. 147.200 <Vol.3/S f.Z19) fatto- questo sintomatico del coinvolgimento de11'Ag1ieri, nonche' di Pietro Vernengo, nel traffico di eroina cogli U.S.A., soprattutto alla stregua di quanto si dira' tra breve. Va ricordato, inoltre, che il padre di Pietro Vernengo, Cosimo, gia' sposato con Nuccio Rosa (deceduta 1'1.3.1967) ha contratto seconde sorella proprio Dinozze con Di Mice1i Maria, Mice1i Giuseppe. Queste nozze sono il segno evidente della saldezza dei vincoli fra i Vernengo ed i Cor1eonesi. seguito. di cui si par1era' ancora in E, in proposito. sembra opportuno richiamare che l'Agrosicu1a S.p.A., di cui erano azionisti Vernengo Giuseppe e Mondi'
  • 10. - Pag.1.231 - affidata alle cure del rag. Vincenza Pietro), (fratello era e cognata di Vernengo Giuseppe Mandalari, azionista di maggioranza della "zoosicula RI.SA", nella cui sede venne tratto in arresto Leoluca Bagarella, Salvatore Riina (Vol.3/S f.24). cognato di Ma le sorprese per gli inquirenti, indagando sulla titolarita' della villa di via Valenza, non finivano qui. Si accertava, infatti, ((Vol.35 f.225) - (Vol.35 f.230)) che la villa era appartenuta a Varace Teresa (vedova di Riccobono Giuseppe, ucciso a Palermo il 27.7.1961, e cognata di Rosario Riccobono, "rappresentante" della "famiglia" di Partanna Mondello) la quale Ruggero, mentre l'utenza telefonica, l'aveva successivamente venduta a Vernengo installata nella villa, era intestata a Palmeri Maddalena, che ne ha sposato la moglie di Vitamia Paolo, di Rosario Riccobono, cognato, quest'ultimo, sorella, Vitamia Rosalia.-
  • 11. - Pag.1.232 - Le assurde, assolutamente inattendibili, dichiarazioni di Verace Teresa e di Vitamia Paolo per giustificare, rispettivamente, la titolarita' della villa e dell'utenza telefonica, sono la migliore dimostrazione, ove ve ne fosse stato bisogno, che la villa era in aveva tentato di realta' quale, appartenuta a Rosario con tali artifizi, Riccobono il occultarne la effettiva titolarita' poi ceduta a Pietro Vernengo. e l'aveva resto, quando ci si occupera' approfonditamente del ruolo e delle attivita' di Rosario Riccobono in seno alla mafia, si vedra' Riccobono investimenti questo il solo caso in cui il suoii consapevoleben di occultarecercato immobiliari, ha non e'che , dell'illiceita' della provenienza della sua ricchezza. La "storia" della villa di via Valenza, legami tra Rosario Riccobono e quindi, ha svelato l'esistenza degli stretti la famiglia di S.Maria di Gesu' cui appartengono
  • 12. i Vernengo, - Pag.1.Z33 - o~zrendo un inoppugnabile riscontro alle rivelazioni fatte Buscetta. al rigua~do da Tommaso Se si ferma, poi, l'attenzione sull'identita' delle pe~sone t~atte in a~resto nell'ope~azione in esame si trova una ulte~iore conferma degli schie~amenti nella c.d. guerra di mafia che, al contrario di quella esplosa negli anni 196Z-63, non si e' concretata in uno bensi' in un'alleanza,scontro tra realizzatasi "fami.glie", orizzontalmente, fra "uomini d'onore" appartenenti alle diverse famiglie, e che e' servita ai Co~leonesi per distrugge~e, in seno ai clans piu' disparati, tutti coloro che per la loro personalita' e pe~ la propria potenza si potevano opporre alle lo~o mire egemoniche. Fra i partecipanti alla riunione di via Valenza, infatti, vi erano Lo Jacono Pietro, Pullara' G. Battista, Urso Giuseppe, Aglieri Giorgio, zacenti capo alla "famiglia" di S.Maria di Gesu' (quella
  • 13. - Pag . 1 . 2 3'~ - stessa di Stefano Bontate), Gambino Giuseppe, appartenente alla "famiglia" di Michele Greco (Ciaculli - Croce Verde Giardina) e Di Miceli Giuseppe (certamente legato ai Corleonesi), rappresentanti, tutti di famiglie diverse.
  • 14. - Pag.1.235 - -III - Ritenendosi. dunque, fondatamente che il vero titolare della villa di via Valenza fosse Pietro Vernengo, genero di Giorgio Aglieri, ci si poneva sulle sue tracce. spesse Il Vernengo pero', sottrarsi alla cattura, e' finora riuscito a volte per un soffio, ed a continuare a gestire i suoi illeciti traffici; il che e' statura del personaggio. sintomatico della Cio' malgrado, le indagini svolte hanno consentito di acquisire prove sempre piu' certe ed univoche delle responsabilita' sue e dei suoi complici. Fra queste, la piu' significativa e' la scoperta del laboratorio di eroina di via Messina Marine, insieme col rinvenimento di 147.200 $ U.S.A. Aglieri. nell'appartamento di Giorgio Era ben noto alla Polizia che l'autovettura R18, targata es 260418, era in uso
  • 15. eslusivo - Pag.1.236 - della famiglia di Pietro Vernengo: infatti, il 7.12.1981 alle ore 9.45 ed il 3.2.1982, alle ore 11,00, l'autovettura era stata controllata dai CC. proprio in via Sacco e Vanzetti ed alla guida era stata sempre trovata Aglieri Provvidenza, moglie del «Vol.5/S f.85) - (Vol.5/S f.87». Vernengo La circostanza sarebbe stata confermata, in seguito, dalla stessa Aglieri Provvidenza, la quale dichiarava ai verbalizzanti (che la interrogavano il giorno dell'individuazione del laboratorio di eroina di Via Messina Marine;(Vol.1/S f.72)) di essere la sola ad usare quella vettura. L'autovettura in oggetto risultava intestata a Di Caccamo Benedetto, un palermitano residente a Castrovillari del quale Stefano Calzetta ha parlato in questi termini: "conosco i due Di Caccamo che hanno tutti e due lo stesso nome,
  • 16. Benedetto. - Pag.1.237 - Uno dei due esegue trasporti per conto dei miei fratelli, ma entrambi appartengono al gruppo di mafia di Pietro Vernengo" eVol.3/SA f.135). Ebbene, la mattina del 9.2.1982, alle ore il m.llo CC. Pietro Giordano ed8,45, cc. Spezia Salvatore, nel percorrere il brigo la via Messina Marine, notavano che l'autovettura pxedetta era ferma davanti alla villetta in costruzione contrassegnata col n 66/H e che, proprio al loro passaggio, un uomo vi saliva a bordo allontanandosi rapidamente«Vol.4/S f.336);eVol.5/S f.81)-eVol.5/Sf.334)-(Vo1.4/S f.84)). Il pomeriggio di quello stesso giorno la medesima autovettura veniva notata parcheggiata in uno spiazzale di fronte alla villetta di cui sopra. che sia la villetta inda notareE' questione sia quella finitima apparivano
  • 17. -. Pag.1.238 - dall'esterno in fase di ristrutturazione e che, in particolare, era stato innalzato un unico ponteggio, lungo le due ville, in maniera tale che era possibile accedere, attraverso le impalcature, da una villa all'altra; il retro dei mare. villini, invece, prospettava sul lido del Sospettando fondatamente che l'uomo da essi notato potesse esse:re Pietro Vernengo o Giorgio Aglieri, i cc. decidevano di effettuare una perquisizione domicilia:re nella villetta, allo scopo di catturare uno od entrambi i ricercati e comunque di accertare i motivi della loro presenza in quel luogo. E cosi' 1'11.2.1982, e, cioe', due giorni dopo avere notato la v~ttura del Ve:rnengo, i cc. intervenivano e si introducevano nella villa adiacente col pretesto di cont:rollare la regolarita' della costruzione. Il C.:re D'Antoni Pietro, rimasto davanti all'ingresso delle ville per sorvegliare gli automezzi militari, poteva notare che, mentre i murato:ri presenti davano ai cc. le
  • 18. - Pag.1.239 - solite risposte evasive sui lavori in corso, un giovane sui trent'anni con un giubbotto scuro usciva dal piano superiore del fabbricato e si immetteva nell'impalcatura per passare nell'attigua villetta (quella sospetta), al cui interno si dileguava; dopo pochi minuti, da quest'ultima costruzione d'ispezione da parte dei CC. non ancora oggetto usciva un uomo che, con fare indifferente, si intratteneva nel giardino antistante. Il C.re D'Antoni immeàiatamente avvertiva i commilitoni i quali, passati nella villetta sospetta, identificavano l'uomo nel proprietario della villa, Di Salvo Nicola. Questi tentava di convincere il m.llo CC. Paolo Giordano a desistere dall'ispezione, caserma tutti i documenti impegnandosi ad esibire il giorno richiesti, dopo ma in i carabinieri decidevano egualmente di controllare po:r:tatisi al primo soffocante, la villa e, avvertivano un odore acre e piano ove scoprivano un complesso di apparecchiature.
  • 19. - Pag.1.240 - Frattanto il Di Salvo, approfittando del trambusto determinatosi effetto dell'inaspettata scoperta, riusciva a dileguarsi dalla parte posteriore del villino. L'accurata perquisizione effettuata dava la certezza che era stato individuato un laboratorio per la produzione dell'eroina in pieno esercizio e consentiva di rinvenire nei locali al piano terra una rivoltella calibro 357 abz:asa, proiettili ad pistola calibro per dipolizza .:.çua,,",ra..s,i~ç,-,aiL-_....lcl!...Q.U, caz:tucce17 una espansione, e 38, nonche' matricolaconMagnum assicuz:azione auto rilasciata a favore di Vernengo Giuseppe, cugino di Pietro e fratello di quel Vez:nengo Ruggez:o al quale, come si e' visto, era formalmente intestata la villa di via Valenza; venivano altz:esi' rinvenute ~~ tazzine con tracce di caffe' (Vol.3/S f.55). Si accertava, ancora, che il contatore della energia elettrica era stato disinserito e che la energia veniva prelevata diz:ettamente dalla rete esterna attraverso cavetti e conduttoz:i appositamente f. 62) . allacciati (Vol.3/S
  • 20. - Pag.1.241 - Dalle successive indagini emergeva che i lavori edilizi nella villa attigua a quella di Di Salvo Nicola erano stati commissionati da Alfano Pietro, padre di Alfano Paolo, il quale ultimo veniva riconosciuto fotograficamente dal C.re D'Antoni per l'uomo che era passato da una villetta all'altra attraverso i ponteggi esterni.evedi rapporto dei CC. di Palermo del 25.2.1982, eVo1.1/S f.19)-eVo1.1/S f.78)i rapp. cc. Palermo del 5.7.1982, eVol.3/S f.88);f.49)-eVo1.3/S Spezia Salvatore, esame eVol.4/S test.brig. cc. f.334)-eVol.4/S f.336)i m.llo CC. Mainenti Giuseppe, eVol.5/S f.79)-eVol.5/S f.80)i m.llo CC. Giordano Pietro, (Vol.5/S f.81)-(Vol.5/S f.84)i C.re D'Antoni Pietro, eVol.5/S f.SS)
  • 21. - Pag.1.242 - -(Vol.5/S f.89)j m.llo Luigi,(Vol.5/S f.90)). cc. Ant~onaco Il P.M. disponeva il sequest~o della villa intestata al Di Salvo e dava inca~ico ad un collegio di pe~iti di acce~ta~e la natu~a delle sostanze ~invenute ed il tipo di p~ocesso chimico in corso al momento dell'i~~uzione dei cc .. Emetteva. inolt~e. ordine di cattu~a cont~o Di Salvo Nicola, Alfano Paolo, Vernengo Pietro, Ve~nengo Giuseppe (nato il 22.11.1940) e Aglie~i Gio~gio pe~ i ~eati di produzione di sostanze stupefacenti (Vol.1/A/S f.?) e cont~o il solo Di Salvo pe~ i ~eati in a~mi rigua~danti jl rinvenimento della ~ivoltella abrasa e le munizioni. con mat~icola Trasmessi gli atti al Giudice Istruttore per la formale istruzione, venivano contestati agli imputati, con mandato di cattura, anche i delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di furto aggravato di
  • 22. - Pag.1.243 - ene~gia elett~ica (Vol.3/S ~.92). Quest'ultimo ~eato veniva contestato, con mandato di compa~izione, anche a Baiamonte Concetta, moglie del Di Salvo <Vol.3/S ~.107). Nel co~so dell'ist~uzione ~o~male veniva in esito alla quale venivabanca~ia, svolta, indagine f~a l'alt~o, anche una complessa contestato il ~eato di ~icettazione a F~ancesco, Salvato~e e Ma~io Aglie~i, figli di Gic~gio, i quali avevano ~icevuto ingenti somme dalla Aglie~i Calab:ro, so~ella :realizza~e, a P~ovvidenza Co~igliano e stavano pe:r uno stabilimento pe~ la p~oduzione di ve~nici; il :reato di :ricettazione ad Alongi Giovanni, il quale aveva :ricevuto nume~osi assegni emessi da imputati di associazione mafiosai il ~eato di ~alsa testimonianza a Iacca~ino F~anco, Ala:rio Vitto~io, Casella Antonino, Adel~io F~ancesco e Aglie~i Ma~io, i quali avevano ~eso dichia~azioni manifestamente inattendibili.
  • 23. - Pag.1.244 - Giorgio Ag1ieri. tratto in arresto nel coz:so dell'istruzione formale. dava subito segni di squilibrio mentale e. mentre era ancora in corso di espletamento la perizia psichiatrica. si toglieva la vita impiccandosi in carcere; ammetteva soltanto di essersiAlfano tz:ovato Paolo nella villa del padre all'atto dell'irruzione dei CC. e sosteneva di essersene allontanato contestata abusiva. per la evitare che contravvenzione gli venisse di costruzione Gli altri imputati si protestavano anch'essi innocenti.
  • 24. - Pag.1.245 - - IV- Cio' premesso, passiamo ad esaminare, in primo luogo, le risultanze della perizia chimica non prima pero'disposta dal P.M., richiamato brevemente, per una di avere migliore comprensione, alcune nozioni sul procedimento di trasformazione della morfina base in eroina. La morfina base - alcaloide dell'oppio viene posta a reagire con un eccesso di anidride acetica, cosi' ottenendosi eroina grezza che viene versata in acqua per decomporre l'eccesso di anidride acetica; il liquido viene poi neutralizzato con carbonato sodico ottenendo precipitazione dell'eroina base. In questa fase, a causa dei vapori altamente irritanti sprigionati dall'anidride acetica in ebollizione, e' maschere antigas. necessario l'uso di L'eroina base, sotto forma di massa resinosa bianca, viene raccolta in cont~nitori e lasciata ad essiccare.
  • 25. - Pag.1.246 - Si procede quindi a purificarla mediante nel caso in esame, cristalizzazione effettuata, con acetone (operazione in pentole di alluminio) ed i cristalli, raccolti sotto vuoto attraverso filt~i, vengono asciugati all'aria. In tal modo si ottiene eroina con un grado di purezza pari all'82~ circa, ma, ripetendo la operazione, il prodotto viene ad acquistare un grado di purezza sempre maggiore. Alla fine, si decolora il prodotto usando carbone vegetale. L'eroina base cosi' ottenuta viene trattata con acido cloridrico per ottenere l'eroina cloridrata, quella, cioe', reperibile nel mercato (la corrente di acido cloridrico necessaria per questa operazione veniva prodotta in un pallone di vetro smerigliato, di cui alla foto n 76 dei rilievi dei CC. a (Vol.2/S f.101)). Orbene. i periti hanno accertato che gli oggetti rinvenuti nella villa di Di Salvo Nicola sono strumenti tipici dei laboratori clandestini per la produzione dell'eroina.
  • 26. - Pag.1.2.47 - In particolare, sono stati rinvenuti: fornelli elett~ici, diversi becker, palloni in vetro, pompe elett~iche da vuoto, fo~no da laborato~io, tini di plastica, pentoloni di va~ie dimensioni, provette in vetro, termometri, cavi elettrici, imbuti, filtri, teglie in alluminio, ca~bone vegetale, setacci. spatole, maschere antigas, stufette elettriche. fusti di plastica contenenti anidrice acetica pura. bidoni contenenti t~enta lit~i di acetone. bottiglie e recipienti contenenti altri acidi e, soprattutto, sono stati rinvenuti 64 chilogrammi circa di morfina base e 45 chilogrammi circa di eroina base. in diversi gradi di purezza (Volo 15/A) (Vo102/S). Sono stati. inoltre. rinvenuti accessori di tipo artigianale, tuttavia indispensabili per la lavorazione del p~odotto: si pensi ai grossi tini di plastica necessari per raccogliere la massa, prima contenuta nei reattori, ed alle piastre metalliche di uso domestico, qui impiegate per l'essiccazione.
  • 27. - Pag.1.248 - Per quanto riguarda, poi, la capacita' di produzione del laboratorio, i periti l'hanno quantificata in circa cinquanta chilogrammi di di lavorazioneprodotto finito per ogni ciclo ossia ogni dieci giorni. Per conseguenza in un mese questo solo laboratorio era in grado di produrre ben centocinquanta chilogrammi di eroina. Giova a questo punto sottolineare che il laboratorio di via Messina Marine e',finora, scoperto chimico base in eroina, di di corsoinera processo morfina mentre il della l'unico svolgimento trasformazione tanto che i Carabinieri si sono trovati in presenza di pentole in ebollizione, beccucci che distillavano e di un'aria resa irrespirabile dai vapori emanati dalle sostanze chimiche in trasformazione. Cio' induceva logicamente a ritenere che al momento dell'irruzione dei CC. doveva essere' presente un chimico, riuscito pero' a sfuggire all'arresto essendo stato tempestivamente avvertito da Paolo Alfano.
  • 28. - Pag.1.Z49 - La presenza di una terza persona, del pianterreno della villa resto, e ' confermata dal del Di rinvenimento, Salvo, di al tre tazze di caffe' usate (Yol.3/S f.55). In ordinl', poi, all'allacciamento abusivo dell'impianto elettrico della villa dei Di Salvo con la rete esterna giova rilevare che, come e' stato puntualizzato da Lopez Antonio, tecnico dell'ENEL «Yol.1/S f.136);(Yo1.3/S f.148», cio' f.134)-(Yol.1/S corrispondeva ad in quanto che,una necessita', stato disattivato il contatore se non fosse dell'energia elettrica, il gran numero e la quantita' degli apparecchi elettrici impiegati nel laboratorio avrebb~ro posto fuori uso il contatore stesso e cio' avrebbe determinato sicuramente un intervento rischi. di personale dell'ENEt, con ovvi
  • 29. - Pag.1.ZS0 - - v - In presenza di risultanze obiettive cosi' schiaccianti la responsabilita' di Nicola Di Salvo in ordine ai reati contestatigli e' discussione. fuori Le indagini istruttorie, dunque, hanno mirato, da un lato, ad accertare la provenienza del materiale necessario per l'installazione ed il funzionamento del laboratorio; dall'altro, ad individuare i correi del Di Salvo, essendo di tutta evidenza che un laboratorio del genere un'organizzazione l'approvvigionamento dell'eroina, curare ed la della e complessa a morfina occupi.si oltre della che, produzione richiede articolata commercializzazione del finito, attraverso canali collaudati. Per quanto riguarda il primo aspetto delle indagini, va subito detto che quelle concernenti il laboratorio di via Messina Marine sono confluite in un procedimento, tuttora in corso
  • 30. - Pag. 1 . 251 - di istruzione formale (G. L Dr. Barrile). nel quale si sta tentando di individuare i canali attraverso i quali pervenivano alle organizzazioni chimici e le mafiose siciliane i attrezzature necessarie prodotti per il (zona funzionamento dei laboratori clandestini. Qui va ricordato a titolo di esempio che, da alcuni adesivi applicati ai sacchi contenenti Soda Solvay leggera, e' stato possibile rilevare che la ditta fornitrice era quella di Mangini Giuseppe, sita in questa via A.Di Rudini' di Corso dei Mille). Il Mangini ha ammesso di conoscere Nicola Di Salvo. precisando anzi che quest'ultimo una decina di anni prima era stato arrestato quale autore di un furto di tabacchi in danno di esso Mangini (Vol.3/S f.70), ma ha negato di avergli mai venduto prodotti chimici. E' stato, pero', accertato che il Mangini ha acquistato, come risulta dalle relative fatture. nell'anno 1981, kg.2560 di anidride acetica e, nei primi sei mesi del 1982. ben kg.4299 della med~sima sostanza.
  • 31. - Pag.1.252 - Egli naturalmente si e' giusti:ficato dichiarando di averla rivenduta al minuto e di non z:icoz:dare il nome di nessuno degli acquiz:enti ((Vol.4/S :f.9)-(Vol.4/S :f.10». E' z:isultato, inoltI:e, che tale Michele Ditta, titolaz:e di una farmacia in via Az:mando Diaz (e, quindi, nello stesso quaI:tieI:e "SpeI:one" della villa del Di salvo), ha acquistato, dal 15.12.1980 al 30.11.1981, ben kg.1707 di anidride acetica. InteI:rogato, il Ditta ha dichiaI:ato di aveI:e rivenduto la sostanza a persona a lui sconosciuta che, volta pez: volta, gli commissionava il prodotto e di ignoraz:e, benche' lauI:eato in faI:macia, che l'anidride acetica e' indispensabile peI: la pz:oduzione di eroina «(Vol.4/S f.56)-(Vol.4/S f.58». Trattasi di due esempi che fanno compI:endere di quali e quante connivenze e complicita' si giovano le organizzazioni mafiose nelle loro illecite attivita'.
  • 32. - Pag.1.253 - addetti alla ricostruzione delle Anche le testimonianze degli operai ville del Di Salvo e dell'Alfano hanno destato molte perplessita' . Canale Paolo ha dichiarato «Vol.1/S f.66) (Vol.1/S f. 68); (Volo 3/S f.138» che eseguiva per conto di Nicola Di Salvo, da circa quattro mesi (e, quindi, dall'ottobre 1981), i lavori di sopraelevazione della villa e che quest'ultimo gli aveva corrisposto finora, con assegni e con danaro contante, circa 35 milioni mentre era ancora debitore di circa dieci milioni; che la famiglia del Di Salvo non abitava regolarmente nella villa, pe rche ' , quando la mattina si recava al lavoro con gli operai, talvolta vi trovava qualcuno dei Di Salvo e talaltra no; che l'impianto elettrico della villa era stato eseguito da un elettricista che egli non aveva mai incontrato; che, per sue esigenze, aveva sospeso i lavori nella villa del Di Salvo qualche giorno prima dell'irruzione da parte dei CC ..-
  • 33. - Pag.1.254 - Mas~rogiovanni Domenico ((Vol.1/S f.56) - (Vo1.1/S f.58); (Vo1.3/S f.122» ha dichiarato che i lavori di cos~ruzione della villa a~~igua a quella del Di Salvo gli erano s~a~i commissiona~i dal suo amico Alfano Pie~ro e che erano inizia~i verso la me~a' del gennaio 1982 (e, quindi, meno di un mese prima della scoperta del laboratorio); che l'Alfano, per la paga agli gli corrispondeva, in contanti, circa un nell'attigua se~~imana; operai, milione alla villa del che Di i Salvo lavori erano completamen~e dis~in~i dai suoi. Ha~uralmen~e, nessuno si era cura~o della nessuno accorto mancanza immobili; delle licenze si edilizie era nei due dell'allacciamen~o abusivo alla rete es~erna dell'EHEL; nessuno ha chiari~o chi avesse au~orizzato gli operai della villa dell'Alfano a prelevare dal Di Salvo l'acqua occorren~e per la costruzione della
  • 34. - Pag.1.255 - villa; nessuno ha saputo spiegare perche' nelle due ville fosse stata innalzata una impalcatura unica. (Yedi esami La Rocca Francesco (Yol.1/S f.51) e (Yol.3/S f.126); Lo Nardo Salvatore (Yol.1/S f.52); Rubino Stefano, (Yol.1/S f.53); Rubino Emilio (Yol.1/S f.54); Di Fazio Giuseppe, (Yol.1/S f.55); Santoro Giuseppe (Yol.1/S f.70); (Yol.3/S f.139)).
  • 35. - Pag.1.256 - - VI - Risultati concreti ha dato quella parte dell'istruttoria tendente ad individuare i correi del Di Salvo. Al riguardo. e ' bene premettere che la stessa ubicazione del laboratorio. in una zona controllata dalla famiglia di Corso dei Mille. di cui e' "reggente" Filippo Marchese, e ' indicativa della non estraneita' di quest'ultimo essendo impensabile che ia tale iniziativa, Vernengo - i quali, come si dimostrera' tra breve. sono gli effettivi titolari del laboratorio potessero impiantarlo senza il preventivo consenso di Filippo Marchese. E comunque il fatto che i Vernengo avessero impiantato il laboratorio in zona non eloquentemente dimostrativo controllata appartenenza dalla e ' loro "famiglia" di degli ottimi rapporti esistenti fra i predetti e Filippo Marchese.
  • 36. - Pag.1.257 - Tali considerazioni saranno approfondite in altra parte di questa sentenza-ordinanza, ma va qui ricordato quanto ha testualmente riferito stefano Calzetta (Vol.3/SA f.43): "1a raffineria riguardava senza meno il gruppo dei Vernengo, ma e' impossibile che alla stessa non fossero interessate anche tutte le altre famiglie mafiose .......... Ritengo che il chimico della raffineria fosse Nino Vernengo; anzi, cio' mi fu detto esplicitamente dagli Zanca, i quali mi spiegarono che non si fidavano dell'opera di persone estranee al loro ambiente". Deve essere puntualizzato, poi, che il Di Salvo, se e' certamente un fidatissimo elemento dell'organizzazione (altrimenti, non sarebbe stato impiantato un laboratorio nella sua villa) e ' , comunque, una figura di secondo piano; e' significativo al riguardo, che, all'atto dell'irruzione dei CC., proprio lui apparve nel giardino, cercando di far desistere i militari dall'ispezionare la villetta, in modo
  • 37. da consentire - Pag.1.258 - all'Alfano ed al chimico di fuggire: in situazioni di emergenza. sono sempre i gregari a sacrificarsi per coprire la fuga degli elementi piu' importanti dell'organizzazione. Le risultanze istruttorie hanno confermato che la titolarita' del laboratorio di eroina e' del gruppo che ruota attorno ai Vernengo ed a Filippo Ma:z:chese. Si e' gia' detto della constatata p:z:esenza, dinanzi alla villa di Nicola Di Salvo. della autovettura in uso a Pietro Vernengo, appena due giorni p:z:ima della scoperta del labo:z:atorio. nonche' del rinvenimento nell'appartamento della somma di del $ suocero, 147.200= Giorgio Aglieri, in contanti, sicu:z:amente proveniente dalla vendita di stupefacenti negli U.S.A.- In proposito Stefano Calzetta ha riferito: "ho personalmente :z:accolto le sarcastiche e sfottenti confidenze di Pietro Vernengo. il quale mi :z:iferi' che il danaro sequestrato non aveva assolutamente scalfito la disponibilita' economica del gruppo. disponendo
  • 38. - Pag.1.259 - le famiglie di mafia cui l'Aglieri e il Vernengo appartenevano di notevolissime somme di danaro derivanti soprattutto dal traffico della droga" (Vol.3/SA f.189). Nella villa del Di Salvo e' stato inoltre rinvenuto, fra gli altri documenti, ~tto di precetto diretto a Pietro vernenqo e notificato il 23.$,1977 al nipote. vernenqo Luiq;l., concernente il pagamento della somma di 1it, 162,907.446, a titolo di pena pecuniaria e spese di giustizia cui era stato condannato dal Tribunale di Castrovillari con sentenza del 14.11.1972 per contrabbando di tabacchi (fascicolo 1 docum, allo vo1l. S). Gia' in quel procedimento il Salvo era coimputato del Vernengo. Nella villa e' stata altresi' rinvenuta' una polizza di assicurazione per la responsabilita' civile relativa ad un automezzo targato PA 445338 intestato a Vernengo Giuseppe (nato il 22.11.1948) cugino di Vernengo Pietro eeVo1.1/S f.43)j(Vo1.3/S f.175»,
  • 39. -Pag.1.Z60- Successivi controlli della zona consentivano di accertare che, quasi di fronte alla villa, era posteggiato l'automezzo in questione, con gli sportelli non chiusi a chiave. A cio' si aggiunga che, attraverso gli accertamenti bancari, e' stato individuato un assegno di Nicola Di Salvo riferibile infatti, ha tratto sulla direttamente a Giuseppe 22.11.1940). Il Di Salvo, Vernengo (nato il Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale, il 28.4.1980, negoziato un da assegno Cottone di lit. Tommaso, 3.500.000, quale amministratore della secondo quanto risulta dichiarazioni del (Vol.5/S f.50»,Cottone ((Volo4/S S. r.lo dalle f.344); "Ass. A. Com." e, l'assegno era stato consegnato al Cottone medesimo da Vernengo Giuseppe per l'acquisto della autovettura R Renault Alpine targata PA 590955, intestata a De Luca Vita, madre del Vernengo.
  • 40. - Pag.1.261 - Debbono esser:e r:icor:date. poi. altr:e significative cir:costanze sintomatiche dello str:ettissimo r:appor:to esistente fr:a il Di Salvo e tutto il gr:uppo dei Ver:nengo : 1) Il Di Salvo. ufficialmente commer:ciante di deter:sivi e titolar:e di un negozio di fr:utta e ver:dur:a. ha oper:ato da anni nel contr:abbando dei tabacchi ed e' stato condannato alla pena di Castr:ovillar:i (si r:icor:di che anche Di Caccamo ... tr:e anni di r:eclusione dal Tr:ibunal~ di Benedetto. appar:ente titolar:e dell'autovettur:a usata da Pietr:o Ver:nengo, e' r:esidente a Castr:ovillar:i) «Vol.3/S f.18)-(Vol.3/S f.19». Il 16.4.1976, al Casello di Tar:anto dell'Autostr:ada A14, il Di Salvo e' ~tato identificato a bor:do di un'autovettur:a Bnw 2002, intestata a Ver:nengo Antonino (nato a Paler:mo il 4.2.1937). mentr:e er:a in compagnia di altri fra cui Pietr:o Ver:nengo fr:atello
  • 41. -Pag.1.262- di An~onino, il quale esibiva falsi documenti di identita' intestati a Lanzetta Alfonso ((Vol.3/S f.18)-(Vol.3/S f.19)). La ce~tezza che il sedicente Lanzetta Alfonso fosse Pie~~o Ve~nengo si deduce dal fat~o che 1'8.11.1978, a bo~do di un'autovettu~a fe~mati e cont~ollati due individui, intestata a Di Caccamo Domenico, venivano uno dei quali e~a Ve~nengo Giuseppe (nato a Pale~mo il 29.11.1940) ment~e l'alt~o, qualificatosi pe~ Lanzetta Alfonso, veniva invece ~iconosciuto pe~ Ve~nengo Piet%o fu Cosimo e veniva t~atto in a~~esto, essendo ~ice%cato sia pe~ la esecuzione di una condanna ad anni sette di ~eclusione pe~ sequest~o di pe~sona, sia pe~che' colpito da mandato di cattu%a emesso dalla Auto%ita' Giudizia~ia di Napoli pe~ associazione pe~ dialfinalizzatadelinque~e stupefacenti. In quel p~ocedimento Piet%o Ve%nengo e' stato denunciato in conco~so con pe~sonaggi di ~ilievo e p~ecisamente con i
  • 42. - Pag.1.263 - fratelli Vernengo Antonino e Giuseppe, con il cognato Antonino Di Simone, nonche', fra gli altri, con Angelo Nicolini e Riccardo Cozzolino, collegati con Francesco Mafara ed in atto detenuti per traffico di stupefacenti (Vol.3/S f. 25) . Va ricordato, inoltre, che Vernengo Cosimo, nipote di Pietro, al momento del suo recente arresto, avvenuto a Crotone il 25 marzo 1985, ha indicato in "Lanzetta Alfonso" il nome del proprietario del villino, che egli intendeva prendere in locazione; ed e' stato accertato che un altro complice, quasi sicuramente Pietro Vernengo, e' sfuggito all'arresto (Vol.188 f.276). 3) I l 13 . 1 1 . 1 98 1, Ni c ol a Di Sa l v o' e' stato fermato e controllato dalla Polizia a Palermo mentre si trovava a bordo di un'autovettura insieme con Pietro Vernengo e col cugino di quest'ultimo, Vernengo Giuseppe (nato il 20.11 . 1940) , gli stessi due soggetti, cioe', che risultano direttamente collegati col laboratorio di via Messina Marine.
  • 43. - Pag.1.264 - Nella ci~çostanza Vernengo Giuseppe dichiarava alla Squadra Mobile che il Di Salvo lavorava alle sue dipendenze come autotrasportatore con la paga di lire 20.000 giornaliere eeVol.3/S f.20)-eVol.3/S f.21». Evidentemente, al Di Salvo non bastavano i proventi del suo negozio di detersivi e di generi ortofrutticoli, se. per arrotondare le entrate, aveva bisogno anche della misera paga offertagli dal Vernengol Il riscontrato coinvolgimento di Pietro Vernengo e del suo gruppo familiare nel laboratorio di eroina di cui trattasi rende estremamente attendibile quanto riferito sul conto del Vernengo e dei suoi familiari da Stefano Calzetta: "Nel 1978 .... tornando a Palermo dal lido di Ficarazzi dove i Vernengo posseggono due villini, manifestai al citato Pietro, mio accompagnatore, il proposito di trasferirmi negli Stati Uniti d'America dove speravo di fare fortuna e verso
  • 44. - Pag.1.265 - cui ero attratto per interessi turistici. Nell'occasione il Vernengo cerco' di dissuadermi dal proposito e alle mie insistenze mi propose esplicitamente di portare meco in quel Paese qualche chilo di eroina, nel contempo facendomi odorare la sua mano, come per indicarmi che aveva appena finito di maneggiare tale sostanza stupefacente. Nonostante l'invito, io non aderii f.158)-(Vol.3/SA f.159); f.125)-(Vo1.3/SA f.126». alla proposta del Vernengo" vedi anche ((Vol.3/SA (Vol.3/SA oltre a Vernengo Pietro ed al cugino Vernengo Giuseppe, anche Vernengo Antonino, fratello di Pietro, e' coinvolto nel traffico di stupefacenti. Antonino Vernengo, soprannominato "u dutturi", e ' , secondo Stefano Calzetta, il chimico della famiglia, che si occupa della produzione dell'eroina, utilizzando
  • 45. - Pag.1.Z66 - eeVol.3/SA f.39):r:et:r:o). un metodo imparato f.121); dai vedi chimici anche francesi (Vol.3/SA La propalazione di Calzetta trova riscontro nelle dichiarazioni di alcuni si:r:iani, imputati di traffico di stupefacenti in un procedimento pendente davanti alla Giudiziaria di Trieste. Autoritti' Infatti, il siriano Bach Mahmoud ha dichiarato al P.M. di Trieste che suo cognato Awad Aziz era in contatto con un gruppo di quattro o cinque persone di Catania, tra cui Mimmo Zappala', le quali acquistavano la morfina base e che egli, unitamente al cognato Awad ed ai catanesi, si era recato a Palermo per conspgnare una partita di droga. La merce era stata ritirata da due uomini nell'autorimessa di una villa sita vicino al mare, a dieci quindici minuti dall'uscita autostradale di Villabate e(Vol. 1/5 f.166)-(Vo1.1/S f.168».
  • 46. - Pag.1.267 - La dichiarazione del Bach e ' stata confermata da Awad ed entrambi hanno indicato, in sede di ispezione (una delle quali effettuata dal P.M. di Palermo) nella villa di Ficarazzi di proprieta' di Vernengo Antonino,quella in cui era avvenuta la consegna della morfina ((Vol.l/S f.170) - (Vo1.1/s f.172.». Le dichiarazioni dei siriani rivelano per la prima volta l'esistenza di collegamenti fra trafficanti palermitani e catanesi e convalidano l'attendibilita' di quanto, qualche anno dopo, stefano Calzetta ha riferito sull'argomento, e cioe' di avere assistito ad un incontro molto affettuoso tra Pippo Ferrera ("Cavadduzzu") e Pietro Vernengo ((Vol.3/SA f.159) - (Vol.3/SA f.160», alla presenza di Nicola Di Salvo, il quale soleva chiamare "compare" Pietro Vernengo. In ordine a questo incontro, poi, le parole del Calzetta sono ulteriormente riscontrate.
  • 47. - Pag.1.268 - Ha ~ife~ito infatti Stefano Calzetta che in quell'occasione, su sugge~imento di Piet~o Ve~nengo che voleva fa~e uno sche~zo al Di Salvo, aveva detto a quest'ultimo di sape~e che il suo cavallo "Vallongo" era un b~occo. Il Di Salvo pero' non aveva g~adito affatto lo scherzo tanto che era sbiancato in volto per l'i~a ((Vol.3/SA f.36) ~et~o).- Ebbene, vi e' in atti effettivamente p:roprietario Salvola prova ce~ta che il Di di un era cavallo chiamato, appunto, Vallongo, pagato con un assegno di lit. 4.000.000 del 9.9.1981 (vedi esame test. di Monti Giuseppe, (Vol.5/S f.1Z8); Bandinelli Dino, (Vol.5/S f.198); Maffolini Vincenzo (Vol.7/S f.25)). Tale riscont:ro, f:ra l'altro, consente di datare l'incontro tra Pippo Ferre:ra e Pietro Ve:rnengo in epoca successiva al 9.9.1981, data dell'acquisto del cavallo da parte del Di Salvo.
  • 48. - Pag.1.2.69 - Gli stretti legami esistenti tra Vernengo Giuseppe e il cugino Vernengo Pietro ~ono emersi anche in altro procedimento penale. Ed invero, la Guardia di Finanza di Siracusa, in una brillante operazione anticontrabbando che portava al sequestro di quasi sedici tonnellate di tabacchi lavorati esteri, t~aeva in arresto il 15.2..1983 Vernengo Giuseppe nonche' Pietro Vernengo f.2.46)). Aglieri Giuseppe, ((Vo1.4/S f..138) cognato di (Vol.tuS Vernengo Giuseppe, all'atto dell'arresto, si accompagnava ad altro uomo, riuscito a sfuggire alla cattura e identificato dal Cap. Rabuazzo in Vernengo Pietro (Vol.4/S f.148). Si aggiunga che le intercettazioni telefoniche sull'utenza di Falbo Antonio, noto contrabbandiere di Avola arrestato anch'egli nell'operazione, hanno consentito di
  • 49. - Pag.1.270 - acceztaze che quest'ultimo eza collegato con un'ozganizzazione di contzabbandiezi palezmitani il cui capo eza un uomo a nome "Pietzo" ((Vol.4/S f.163), f.226), (Vol.4/S (Vol.4/S f.233», f.213), <Vol.4/S il quale in una telefonata veniva qualificato anche come "~ fratello del dottoze" <Vo1.4/S f.229). Di fronte a questa mole di elementi di prova. univoci e concozdanti, Veznengo Giuseppe e Antonino, nei loro intezzogatori, hanno reso dichiarazioni assolutamente risibi1i e contzastanti con la zea1ta'. Vernengo Giuseppe, infatti. ha dichiarato «Vo1.4/S f.275)-<Vo1.4/S f.280» che: - il Di Salvo aveva lavorato pez lui come autotrasportatore solo pez quindici
  • 50. giol:nii indi, - Pag.1.?71- intendendo la'.'ol:a.l:e in pl:opl:io, aveva acquistato il suo furgone, quello l:invenuto dai cc. davanti alla villa di via Messina Mal:inei - egJi non fl:equentava il Vel:nengoi cugino Pietl:o quando el:a stato al:l:estato, a Sil:acusa, vi si el:a l:ecato da solo alla l:icel:ca di cantieri edili per effettuare tl:aSpOl:tii PUl: non essendo mai stato in via Valenza, di cui ignol:ava pel:fino l'ubicazione, el:a sicul:o che ivi suo fratello, Ruggero Vel:nengo, el:a pl:oprietario di una casa. Vernengo Antonino, da pal:te sua, oltl:e a rendere una versione assolutamente falsa sui suoi l:appol:ti con Amato Federico, ha dichial:ato ((Vol.4/SA f.227)-(Vol.4/SA f.231)) che: conosceva dì vista Stefano Calzetta, ma non lo fl:equentava pel:che' el:a un poco di buono, dedito al gioco;
  • 51. - Pag.1.27Z - non conosceva Paolo Alfano ed igno~ava, quindi, che lo stesso fosse chiamato "Pietru Zappuni"; conosceva Giovanni Bontate. col quale era stato nella st~ssa cella dell'Uçciardone. ma non conosceva il fratello Stefano Bontate. ne' Salvatore Inzerillo. ne' aveva il piacere di conosce~e Michele Greco; e' soprannominato "Ninu u dutturi". poiche' il padre voleva fa~lo proseguire negli studi universita~i.
  • 52. - Pag.1.273 - - VII - Anche la presenza di Paolo Alfano nella villa di via Messina Vernengo. Marine riconduce ai L'Alfano in una lettera inviata agli inquirenti, durante la sua latitanza, aveva tentato di difendersi (Vol.1/S f.152)-(Vol.1/S f.153)) sostenendo di essersi allontanato daJla villa, nella quale si trovava per caso, al solo scopo di avvertire suo padre della venuta dei cc. per controlli sulla ristrutturazione della villa stessa. Egli ha insistito in tale dopo essere stato arrestato, linea difensiva precis'ando anzi ((Vol.4/S f.298)-(Vol.4/S f.300)) di essere uscito dall'ingresso principale della villa, quello, cioe', Marine. prospiciente sulla via Messina
  • 53. - Pag.1.274 - Ha pero' scoperto il suo mendacio, quando ha riferito di avere visto davanti alla villa, dentro una FIAT 12.7 blu, un uomo che ritenne essere un carabiniere. Evidentemente, l'Alfano, basandosi sulle sue prf'corse esperienze, avra' immaginato che i cc. erano arrivati a bordo di una FIAT 127 blu, che e' un tipo di automezzo molto diffuso fra i veicoli in uso ai militari dell'Arma. Ma quella volta i cc. avevano usato un furgoncino ed che il C.re una FIAT D'Antoni e 127 gialla; senza l'App. Gagliano dire si trovavano davanti la villa in piedi e non seduti dentro le vetture. Anzi, era stato proprio il Carabinie:r:e D'Antoni a notare che l'Alfano, attraverso il ponteggio comune, passava nella villa accanto, dileguandosi rapidamente all'interno della stessa ((Vol.5/S f.SS». L'istruttoria ha consentito la vera statura dell'Alfano. di delineal:e
  • 54. - Pag.1.275 - Del personaggio parla anzitutto Stezano Calzetta, descrivendolo come l'uomo di fiducia ed il killer piu' zidato di Carmelo Zanca. Una volta egli stesso lo aveva accompagnato nel negozio di elettrodomestici di Spadaro Anna, dove l'Alfano aveva ritirato quattro mazzette "belle grosse" di banconote da lit. 10.000 e da lit. 50.000 (Yol.3/SA f.169). Era a conoscenza che l'Alfano, soprannominato "Pietro Zappuni" a causa degli incisivi superiori molto pronunciati, si trovava dentro trovano la raffineria di via Messina Marine, all'arrivo dei Carabinieri (Yol.3/SA f.70). Le propalazioni del Calzetta conzerma un'intercettazionepuntuale telezonica. Infatti, essendo in stata sottoposta ad ascolto l'utenza telefonica di Ficarazzi installata nella casa di Antonino Vernengo, e' stata registrata, tra Amato il 25.3.1981, una telefonata Federico
  • 55. - Pag.1.276 - indicato da Stefano Calzetta come pre~tanome dei Vernengo, e in particolare di Vernengo Antonino, nell'attivita' edilizia - e Mino Vernengo, in cui il primo chiedeva al secondo di rintracciare urgentemente "Zappuni", essendo sorti dei problemi per le case di via Oreto, in quanto la gente "si era sentita prendere per fessa" (Vo1.1/SA f.120L In altri termini, l'Amato, temendo complicazioni, chiedeva al Vernengo di far intervenire "Zappuni" e, cioe', Paolo Alfano. Il contenuto della telefonata, sia pure con molta reticenza, e ' stato confermato da cantiere edile "Pietro Zappuni" Amato Federico, il quale ha precisato che era il guardiano del suo di via Oreto, assunto su segnala~ione del Cosimo Vernengo ((Vol.2/SA f.243) retro). Ulteriore testimoniale f.77) di conferma Salamone si trae Giovanni dall'esame ((Vol.3/S e
  • 56. - Pag.1.277 - (Yol.3/S f.149)), ope~aio nella villa di Alfano, il quale, nel ~iconosce~e fotogzaficamente Paolo Alfano come suo dato~e di lavoro, ha rife~ito che lo stesso chiamavasi "don Pietro "(e non "Paolo").-
  • 57. - Pago 1.2.78 - - VIII - L'indagine bancaria su Nicola Di Salvo ed altri accertamenti istruttori hanno offerto nuovi univoci elementi che confermano gli stretti rapporti del Di S~lvo con altri mafiosi e, in particolare con le "famiglie" di Corso dei Mille e di S.Maria di Gesu'. 1) I rapporti bancari tra Nicola Di Salvo ed Ignazio Pullara', elemento di spicco della "famiglia" di S.Maria di Gesu' molto intensi. sono risultati Il Di Salvo ha tratto sul Banco di Sicilia i seguenti assegni, negoziati d'a Ignazio Pullara' : - lit. 5.000.000 del 21.9.1979; - lit. 10.000.000 del 1~.10.1979; - lit. 7.800.000 del 18.10.1979; - lit. 18.000.000 del 30.10.1979. (fasc.10 docum. allo ai voll.S)
  • 58. - Pag.1.279 - Il medesimo ha tratto sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale, il 16.2.1979, un assegno Pullara' . di lit. 15.000.000, negoziato dal Il Pullara', inoltre, ha emesso i seguenti assegni che risultano negoziati da Nicola Di Salvo : - lit. 1. 200.000 del 19.1.1979; - lit. 10.000.000 del 12.2..1979; - lit. 2.000.000 del 19.2.1979; - lit. 3.000.000 del 9.3.1979; - lit. 1. 050.000 del 20.3.1979; - lit. 7.000.000 del 10.10.1979; - lit. 8.000.000 del 24.10.1979; - lit. 1.580.000 del 21.12.1979; - lit. 1. 000.000 del 29.1.1980; - lit. 5.000.000 del 2.5.1979; ((VoI. 12/S f.12n, (Vo1.12/S f.299)).
  • 59. - Pag.1.2.80 - Nella villa del Di Salvo, poi, sono state t~ovate tr.e cambiali di lit. ~OO.OOO cìascuna, a fi~ma debitoria del Di Salvo e all'ordine di Pullara' Ignazio ((Vo1.3/S f.GO) e (fase.1 docum. alI. ai voll.S)). stato possibile ìnterrogare essendo entrambi latitanti, ma e' Non e' proposito ne' il Di Salvo ne' in il Pullara', indiscutibile che gli assegni in questione rivelano una frequenza di rapporti economici fra i due, come si evince anche da un vaglia cambiario di lit. 10.000.000, 31.10.1979, emesso dal a richiesta Banco di di Sicilia il Salafia Francesco Paolo e negoziato dal Di Salvo. Il Salafia, infatti, ha dichiarato di avere dato l'assegno in questione al suo amico d'infanzia Ignazio Pullara', a titolo di prestito che, naturalmente, era stato restituito in contanti eeVol.5/S f.245)-eVol.5/S f.246)).
  • 60. - Pag.1.Z81 - 2) Due assegni del Di Salvo di lit. 2.000.000 ciascuno (uno tratto sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale il 15.4.1980 e l'altro sul Banco di Sicilia del 24.4.1979: vedi da Bisconti Ludovico. fasc.2 e 10 docum. alI. negoziai:i ai volI. S) sono stati imputato di associazione mafiosa ed in atto latitante; questi, allora sentito come teste. si era evasivamente giustificato dicendo di avere: semplicemente cambiato l'assegno al Di Salvo con danaro contante (Vol.5/S f.197). 3) un assegno di lit. 3.000.000. tratto da Nicola Di Salvo sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale il 5.12.1980 (fase. 2 docum. alI. ai voll.S) e ' stato negoziato da Prestifilippo Domenico. il quale ha ripetuto la solita giustificazione del cambio dell'assegno con danaro contante (Vol. f. ) . Il Prestifilippo e', come si vedra', fra quelli che hanno compiuto il maggior numero di operazioni bancarie nell'interesse di Tommaso Spadaro.
  • 61. 4) un - Pag.1.282 - assegno di lit. 3.500.000 del 10.7.1979, tratto da Nicola Di Salvo sul Banco di Sicilia (fasc.10 docum. alI. ai voll.S), e' stato nego2iato da Giovanni Oliveri, latitante per associa2ione mafiosa, collegato coi Vernengo. 5) Un assegno di lit. 5.000.000, tratto da Nicola Di Salvo sul Banco di Sicilia il 31.10.1979, e' stato nego2iato da Adelfio Francesco (fasc.10 docum. alI. ai voll.S). Quest'ultimo, imputato di associa2ione mafiosa e di traffico di stupefacenti, e' stato sentito come teste (quando ancora il procedimento penale contro il Di Salvo non era stato riunito a quello contro l' Adelfio) e, nel negare di conoscere il Di Salvo, ha dichiarato di non ricordare chi gli avesse dato l'assegno, di cosi' rilevante importo, per cui e' stato f.107) incriminato per f.123); (Vol.10/S falsa testimonianza e (Vol.10/S ( (Volo 8/S f.169));
  • 62. - Pag.1.283 - comunque l'Adelfio dovra' essere pro5ciol~o da tale imputazione (capo n.438 dell'imputazione ), sussistendo l'esimen~e di cui all'art.384 C.P.- 6) Capizzi Benedetto ha negoziato due assegni tratti da Nicola Di Salvo sul Banco di del 4.10.1979 e lit.Sicilia (lit. 3.500.000 del volI. S) . 7.300.000 13.11.1979: fasc.10 docum.all. Dei rappor~i del Capizzi coi Grado si e' gia' parlato, per cui ci si limita a rilevare che ancora una volta sono stati riscontrati suoi collegamenti con trafficanti di stupefacenti. 7) Un assegno di lit. 2.400.000, tratto da Nicola Di Salvo sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale il 2.4.1981 Cfasc.2 docum. alI. voll.S), e' stato negoziato da Caruso Vincenzo, imputato-latitante di associazione mafiosa ed altro, nei confronti del quale Vincenzo Sinagra ha :formulato specifiche accuse.
  • 63. - Pag.1.284 - Il Caruso, a suo tempo sentito come teste, aveva ~ife~ito che p~obabilmente l'assegno si ~ife~iva al pagamento di un banchetto p~esso il suo ~istorante La Nave di Fica~azzi, da parte del Di Salvo (Vol.5/S f.123). 8) Il Di Salvo ha emesso anche assegni, da lui t~atti sul Banco di Sicilia, a favore di Teresi Girolamo (lit. 3.000.000 del 3.11.1979 e lit. 1.200.000 del 25.2.1980, fasc.2 docum. allo voll.S); entrambi gli assegni risultano negoziati da Teresi Emanuele, fratello di Girolamo, il quale ha riferito che (Volo 10/S f.25) il Di Salvo si era impegnato ad acquistare due posti macchina in un fabbricato realizzato dalla TECO (Teresi Costruzioni) S.p.A., in Via Messina Marine, ma poi aveva rinunziato all'acquisto (VoL10/S f.25)j naturalmente, di quanto riferito dal Teresi non vi e' prova documentale. alcuna
  • 64. - Pag.1.Z85 - Di Girolamo Tez:esi, vice di Stezano Bontate nella "famiglia" di S.Maria di Gesu' e soppresso il 26.5.1981, si e' gia' parlato a pz:oposito dei Grado e si parlera' seguito. ancora in 9) Il Di Salvo ha versato il 28.5.1979, nel suo c/c presso il Banco di Sicilia, un assegno di liz:e 2.000.000 tratto da Filippo Marchese sul medesimo Istituto di Credito. Il Marchese e' di Corso dei Mille. reggente della "famiglia" 10) 30.11 . 198 O, 1'8.1.1981, Lombardo Michele un assegno di uno di lit. ha negoziato, il lit. 2.000.000 e, 1.600.000 entrambi tratti da Nicola Di Salvo sulla Ca~sa Rurale ed voll.S). Il Lombardo, sentito come teste, Artigiana di Monreale (fasc.2 docum. alI. dopo di avere dichiarato di non conoscere Nicola Di Salvo (Vol.4/S f.364), ha poi riferito
  • 65. - Pag.1.286 - eYol.5/S i.64) che gli assegni in questione gli erano stati dati in pagamento del rinfresco per le nozze Calcagno-Tagliavia, offerto presso la sua sala trattenimenti "Happy Days". Ebbene, le indagini svolte dalla Squadra Mobile f.76); di Palermo eeYol.5/s eVol.8/S f.91)-eVol.8/S f.74)-eVol.5/S f. 102) ) , hanno accertato che alle nozze fra Calcagno Angelo e Tagliavia Giuseppa, celebrate il 3.10.1980, hanno partecipato, come e' possibile rilevare dalle fotografie acquisite in atti, i fratelli Graviano Benedetto, Filippo e Giuseppe, figli dell'ucciso Graviano Michele, Lauricella Antonino, Battaglia Giuseppe, Lombardo Michele e Sebastiano, i fratelli Yernengo Luigi e Giuseppe, nonche' Senapa Pietro, testimone di nozze per lo sposo.
  • 66. - Pag.1.287 - Il Calcagno e' latitante per omicidio ed associazione per delinquere mentre tutte le persone sopra nominate sono state accusale da stefano Calzetta, da Vincenzo Sinagra e da altri, di far parte o, comunque, di essere collegati con la "famiglia" di Corso dei Mille. Il Senapa, accusato da piu' parti di essere uno dei piu' feroci "killers" della "famiglia", e' stato arrestato alla guida di un'autovettura insieme con Giorgio Aglieri (Vo1.3/S f.89L All'atto dell'arresto il Senapa si e' schermito sostenendo di essersi limitato a dare un passaggio all'Aglieri, uno sconosciuto da lui incontrato casualmente per strada. si e' immediatamente trincerato raggiuntoL'Aglieri, troppo gravi per giustificazione, invece, poter tentare da prove una qualsiasi dietro il paravento della pazzia. L'arresto dell'Aglieri con Senapa conferma ancora una volta quei collegamenti gia' emersi nel corso delle indagini sul "blitz"
  • 67. - Pag.1.2.88 - di via Valenza e sul laboratorio di eroina di via Messina Marine; tali collegamenti hanno trovato un ulteriore specifico riscontro nelle indagini bancarie. Ed invero, era stato accertato che un assegno emesso dal Di Salvo il 18.6.1981 per lit. 9.100.000 era stato negoziato dall'INDOMAR, una societa' di Palermo concessionaria di contattatafrequentementeautovetture Renault, da clientela mafiosa. Attraverso ripetuti esami testimoniali del titolare dell'IHDOMAR, Gioacchino Inglese ((Vol.4/S f.307); (Vol.S/S f.116); (Vo1.7/S f.92,), (Vol.7/S f.93); (Vol.8/S f.116», si e' finalmente potuto accertare che l'assegno del Di Salvo e' stato utilizzato per l'acquisto di un'autovettura Renault R5, turbo, Alpine, che e' stata intestata a Lauricella Angela, moglie di Senapa Pietro.
  • 68. - Pago 1.289 - Procacciatore dell'affare era stato tale Cordaro Pietro, ucciso nel dicembre 1982. Quindi, il Senapa, non solo e' stato arrestato con Giorgio Aglieri, ma risulta indiscutibilmente collegato con Di Salvo Nicola attraverso l'assegno di che trattasi. Di tali riscontri, che non si prestano a dubbi di sorta, occorrera' tener conto quando verranno esaminate le prove a carico del Senapa e, in particolare, le accuse del Calzetta e di Vincenzo Sinagra nei suoi confronti. LauTicella Angela, moglie del Senapa, ha naturalmente escluso di essere mai stata titolare della vettura in questione (Vol.8/S f.165), ma i suoi dinieghi si scontrano con inoppugnabili risultanze documentali; senza dire che, come e' stato riferito dalla Squadra Mobile di Palermo (Vol.8/S f.14), il Senapa, il 24.8.1983, cognato e' stato notato in Lauricella compagnia del Antonino,
  • 69. - Pag.1.290 - proprio a bordo di una autovettura R/5 di colore amaranto. Anche un'altra operazione bancaria pone in evidenza i rapporti tra Pietro Senapa ed il Di Salvo e sempre per questioni concernenti la compravendita di autovettuTP, Si tratta di un assegno di lit. 4.000.000 emesso da Yitrano Antonino sulla Banca Sicula - Agenzia di Misilmeri - il 21.1.1980 e negoziato da Di Salvo Nicola (Yol.12/S f.144). Dagli esami testimoniali «Yol.5/S f.274) e (Yol.5/S f.296)j (Yo1.6/S f.36)j (Vol.5/S f.346); (Yol.6/S f.16» e ' emerso, faticosamente, che il Yitrano aveva consegnuto l'assegno a Pitarresi Domenico quale prezzo di acquisto dell'autovettura usata FIAT 127, targata PA 515519, che era stata affidata per la vendita al Pitarresi da Di. Salvo Nicola.
  • 70. - Pag.1.291- Ebbene, anche questa vettura risulta tentativoSenapa Pietro, la quale, nel vano intestata alla Lauricella Angela, moglie di di nascondere la verita', ha dichiarato (Vol.6/S f.256) di essersi rivolta essa stessa, per la vendita dell'auto, a certa signora Concetta, titolare di un negozio di detersivi in questa della moglie di Nicola(trattasivia Garibaldi Di Salvo). La Concetta le avrebbe poi dato in contanti la somma di circa 4 milioni. La realta' dei fatti e' che il Di Salvo si era occupato di procurare autovetture al Senapa. Ancora una volta, dunque. sono dimostrati i collegamenti del Di Salvo col Senapa ed in piu' - fatto, questo. ancora piu' significativo viene posto in evidenza che il Senapa riveste in seno all'organizzazione un ruolo sicuramente di maggiore prestigio rispetto al Di Salvo se si considera che quest'ultimo si· esponeva, nell'interesse autovetture. del primo, per procurargli le
  • 71. - Pag.1.292 - 11) Un assegno di lit. 5.000.000, negoziato da Nicola Di Salvo, e' stato emesso il 13.1.1982. da Risicato Ludovico «Vol.11/S f.11 )-(Vol.11/S f.12.», il quale e' stato· condannato 1'8.7.1983 dal Tribunale di Palermo ad anni dodici di reclusione per traffico di stupefacenti in relazione al sequestro di 2.50 chilogrammi di hashish ed e' in atto latitante ({Vol.8/S f.75)-(Vol.8/S f.77». 12.) Due assegni tratti da Nicola Di Salvo sul Banco di Sicilia, di lit. 1.000.000 in data 2.0.1.1979 e di lit. 1.000.000 in data 2.8.2..1980, sono stati negoziati da Mineo Filippo (fasc.10 docum. alI. voll.S); un terzo assegno, di lit. 3.600.000, dell'11.3.1982, tratto dal Di Salvo sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale, e' all'ordine di Nicolini Adele, moglie del Mineo.
  • 72. - Pag.1.293 - Dall'esame testimoniale della Nicolini (Yol.5/S f.286) e' risultato che gli assegni in questione sarebbero stati emessi in pagamento di fornitul:e di mobili al Di Salvo, ma quel che giova sottolineare e' che la teste e' sor.ella di quell'Angelo Nicolini, di cui si e' parlato a in atto detenuto perp:roposito tl:affico dei di G:rado, stupefacenti, collegato con Francesco Mafa:ra. stato possibile escutere FilippoNon e' Mineo perche' e' scomparso il 4.10.1982, certament~ vittima della "lupara bianca". Un altro collegamento col g:ruppo Nicolini e ' emerso indagando sull'assegno di lit. 3.500.000, t:ratto dal Di Salvo sùlla Cassa Ru:rale ed Artigiana di Mon:reale il 4.12.1981 e negoziato da Botindari Giovanni. Dall'esame di quest'ultimo (Yol.5/S f.147) e di Gatto Gioacchina (Vol.5/S f.27S)
  • 73. - Pag.1.294 - e dagli accertamenti svolti dalla Polizia (Vo1.5/S f.136) (> , emerso che l'assegno era stato consegnato al Botindari da D'Alia Giovanni, fidanzato della Gatto ed ucciso a Palermo il 26.8.1982, in parziale pagamento per l'acquisto di un appartamento. Il D'Alia era nipote di Angelo Nicolini e cugino di quell' Antonio Nicolini, scomparso, insieme 28.7.1982. coll'ing. Ignazio Lo Presti, il 13) La documentazione relativa alla FIAT 127, targata FA 517010, intestata a Virruso Antonino e rinvenuta nel villino del Di Salvo (fasc.1 docum. alI. voll.S) riconduce a Giuseppe Di Franco e quindi, ancora una volta, ai Vernengo, essendo l'uno e gli altri uomini d'onore della "famiglia" di S.Maria di Gesu'. Ed infatti nella villa del Di Salvo e' stato rinvenuto, f:r:a l'altro, il lib:r:etto di assistenza relativo alla vettura suddetta, intestata a Virruso Antonino.
  • 74. - Pag.1.295 - Quest'ultimo, sentito come teste, ha chiarito (Vol.3/S f.S2); (Vol.5/S f.129) di aver ceduto la vettura in questione ad Adamo Calogero fin dal 3.12.1979, in permuta per una Alfa Rompo Giulietta nuova. Ha, anzi, precisato di aver dovuto piu' volte sollecitare l'Adamo, cui aveva rilasciato procura a vendere, a regolarizzare l'intestazione della FIAT 127 al nuovo proprietario, dato che gli pervenivano, pur dopo la consegna della vettura all'Adamo, notifiche di verbali di contravvenzioni. Adamo Calogero e' titolare della S.p.A. Sicilauto, un'altra delle societa' concessionarie di vendita di autovetture predilette dalla clientela mafiosa. Egli, dopo ben tre interrogatori ((Vol.4/S f.342); (Vol.5/S f.112) e (Vol.5/S f.277)) ha, infine, dichiarato di avere ceduto l'autovettura FIAT 127 del Virruso a Di Franco
  • 75. - Pag.1.296 - Giuseppe (uomo di fiducia ed autista di Stefano Bontate), unitamente ad altxa vettuxa, un'Alfa Romeo Alfasud taxgata PA 471687, pagate con un assegno di Nicola Di Salvo (assegno di lit. 2.570.000 dell'8.9.1980, txatto sulla Cassa Rurale ed Axtigiana d~ Monxeale: (fase. 2 docum. alI. voll.S); vi e', pexo', un altxo assegno del Di Salvo, di lit. 1.000.000 txatto sul Banco di Sicilia a favoxe dell'Adamo, di cui quest'ultimo non ha paxlato: (fasc.10 docum. alI. voll.S). Il Di Fxanco ha queste vettuxe, intestate usato tranquillamente ad altxi, pex lungo tempo, fin quando e' stato soppresso. E non ci vuoI molto a xendexsi conto di quanto sia utile per un pregiudicato cixcolare con autovetture intestate a terzi estranei. 14) 1.500.000, Un assegno del Di Salvo di lit. tratto il 17.10.1980 sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale, risulta negoziato da Federico Amato.
  • 76. - Pag.1.297 - A prescindere dalle spiegazioni fornite dallo Amato (avrebbe eseguito dei lavori nella villa del Di Salvo: (Vol.6/S f.102», va posto in rilievo che anche i rapporti tra Amato e Di Salvo, deducibili dall'assegno, portano ai Vernengo, come si dira' in seguito. 15) Nella villa del Di Salvo sono stati trovati dei numeri telefonici che comprovano i legami del prevenuto con ambienti mafiosi «Vol.6/S f.3)-(Vol.6/S f.7). In particolare, sono stati rinvenuti, fra gli altri, i numeri telefonici relativi a: a) Argano Gaspare ("Argano 282566"), imputato di associazione mafiosa nel presente procedimento ed in atto latitante; b) Marchese Gregorio fu Saverio ("Marchese 280554"), cognato del famigerato Marchese Filippo ed ucciso a Casteldaccia il 3.8.1982;
  • 77. - Pag.1.298 - c) Montalto Salvatore ("Montalto 490685"), detenuto per associazione mafiosa nel presente procedimento ed uno dei maggiori protagonisti delle piu' recenti vicende di mafia; d) la sorella di Alfano Paolo ("Simonetti 2.84248"), il quale, come si e' visto, scampo' fortunosamente all'arresto in occasione della scoperta del laboratorio di Via Messina Marine. Sono stati rinvenuti, altresi', fra gli appunti, i numeri di ben tre utenze telefoniche del prof. Aldo Morello, neurochirurgo ("510783 casa, 489410, 484194 Morello"). Senza che, allo stato, possano avanzarsi illazioni o , peggio, conclusioni - di alcun genere, non puo' sottacersi la stranezza del fatto, specie se si considera che, il 6.2..1980, la Squadra Mobile di Palermo effettuando un'improvvisa perquisizione nel reparto di
  • 78. - Pag.1.299 - Neu~ochi~urgia dell'Ospedale Civico di Palermo, alla ~icerca dell'allo~a latitante Giuseppe Calo' , trovo' la mogli8 di quest'ultimo - che in un p~imo tempo aveva fornito false generalita' degente nella stanza dell'aiuto del p~of. l1orello, anziche' in co~sia; nella medesima circostanza, davanti al reparto di Neu~ochi~urgia, venne fe~ma~o ed accompagnato in Questura, per acce~tamenti, Salvatore Greco Ferrara, fratello di l1ichele G~eco, imputato di gravissimi delitti in questo procedimento (vedi (Fot.455280) in allegati all'inte~~ogatorio di Tommaso Buscetta). ( i 16) 4.000.000, Un assegno del Di Salvo di lit. tratto il 25.2.1981 sulJ8 Cassa Ru~ale ed Artigiana di l1on~eale, e' stato negoziato da Casella Antonino, indicato da Buscetta e da Contorno come uomo d'onore della famiglia di Brancaccio. Detto assegno risulta all'ordine di Lo Cice~o Antonino, cugino di Nicola Di Salvo, il quale, pe~o', ha disconosciuto la
  • 79. - Pag.1.300 - sua firma di girata ed ha dichiarato di non conoscere il Casella e di non avere mai visto l'assegno in questione eVol.6/S f.90). Per conto suo, il Casella, det~nuto per associazione mafiosa ed altro e sentito come teste quando ancora i procedimenti non erano stati riuniti, ha sostenuto di non conoscere il Di Salvo e di avere ricevuto l'assegno proprio dal Lo Cicero, il quale aveva da lui acquistato un cambio ed un differenziale per autocarro per, il prezzo di lit. 3.000.000 eVol.8/S f.108). La versione del Casella, pero', si. e' rivelata in tutta la sua falsita' per effetto della perizia grafica eeVol.10/S f.54)-eVol.10/S f.78», con cui si e' accertato che la firma di girata nell'assegno in questione non e' stata apposta ne' dal Lo Cicero ne' dal Casella mentre l'annotazione "Antonino" sul "retro" dell'assegno accanto al cognome opera grafica del Casella. "Lo Cicero" e'
  • 80. - Pag.1.301 - In base a tali risultanze, il Casella e' stato incriminato per il delitto di falsa testimonianza (Vol.10/S f.131) e, come imputato, si e' rifiutato di rendere l'interrogatorio (Vol.10/S f.137). Comunque, alla stregua di quanto e' emerso dall'ulteriore istruttoria e dalla riunione del procedimenti, il Casella dovra' essere pro~ciolto dal reato ascrittogli (capo 437 dell'imputazione), ricorrendo la circostanza esimente di cui all'art.384 C.P.; resta il fatto della accertata esistenza di rapporti tra il Casella ed il Di Salvo, rapporti s'curamente illeciti, com'e' dato dedurre dalla falsita' del Casella stesso. 17 ) Altra conferma dell'illiceita' dell'attivita' di Nicola Di Salvo si ricava dalle indagini concernenti un assegno di lit. 1.500.000, tratto dal predetto sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale il 7.4.1980, all'ordine di Alario Vittorio (fasc.2 docum. alI. volI. S) .
  • 81. - Pag.1.302 - Quest'ultimo, pregiudicato per contrabbando di tabacchi, aveva negato di conoscere il Di Salvo e, per giustificare il possesso dell'assegno, aveva sostenuto che gli era stato dato da un suo parente, ovviamente ormai deceduto, in restituzione di prestiti ((Yol.6/S f.250); (Yol.7/S f.91». Ma la perizia grafica ha accertato che il nome di Alario Vittorio, quale ordinatario dell'assegno, era stato scritto dalla stessa mano del traente dell'assegno e, cioe' , da Nicola Di Salvo (Yo1.10/S f.51>, per cui, tenendo conto anche del mendacio dell'Alario, e' di tutta evidenza che i due si conoscono. All'Alario, dunque, e' stato contestato il delitto di falsa testimonianza, per il quale dovra' essere rinviato a giudizio (capo 435 dell'imputazione). 18) Federico Carmelo ha negoziato assegni di Nicola Di Salvo, tratti sul
  • 82. - Pag.1.303 - Banco di Sicilia Clit. 8.000.000 del 12.2.1979;' lit. 3.000.000 del 12.3.1979; lit. 1.000.000 del 26.3.1979; lit. 5.000.000 del 10/5.1979) per complessivi 17 milioni. Il Federico, interrogato al riguardo, ha sostenuto che trattavasi di assegni datigli dal Di Salvo in pagamento di partite di piastrelle di ceramica che questi aveva acquistato nel suo negozio a scopo di commercio (Vol.10/S f.28). Se cosi' fosse, quindi, il Di Salvo, oltre a gestire un negozio di detersivi e di generi ortofrutticoli, a lavorare come autotrasportatore alle dipendenze dei Vernengo, commerciava anche in ceramiche. Ci sarebbe da compiacersi per la laboriosita' di questo personaggio, se non fosse certo che trattavasi di mere attivita' di copertura, e che la fonte dei suoi introiti erano in realta' il contrabbando di tabacchi e il traffico di stupefacenti.
  • 83. - Pag.1.304 - '9) Da un assegno di Nicola Di Salvo e' stato possibile risalire ai suoi rapporti coi contrabbandieri napoletani. Il Di Salvo ha tratto il 15.1.1981 sulla Cassa Rurale ed A::z:ligiana di Monreale, all'ordine di Pagano Nicola, un assegno di lit. 1. 400.000 che risulta negoziato dal napoletano Romano Ciro (fasc.2 docum. alI. voll.S). 2uest'ultimo, pregiudicato per contrabbando di tabacchi, ha riferito di avere ricevuto l'assegno da un altro contrabbandiere di Torre Annunziata, Pasquale Longobardi (Yol.7/S f.189) il quale, a sua volta, l'aveva ricevuto da Iaccarino Franco, anch'egli di Torre Annunziata (Yol.7/S f.'7). Lo Iaccarino si giustificava asserendo di avere ricevuto l'assegno da uno sconosciuto dall'accento palermitano che aveva incontrato per caso a Torre Annunziata ed al quale aveva venduto dei cavalli (Yol.7/S f.197).
  • 84. - Pag.1.305 - Tale assunto, a parte la sua intrinseca inverosimiglianza, e' sicuramente inattendibile in quanto l'assegno e' all'ordine di Pagano Nicola, mentre, se lo Iaccarino avesse detto la veri ta' , avrebbe dovuto essere di:rettamente all'ordine di esso Iaccarino. A cio' si aggiunga che l'assegno risulta riempito con grafia diversa da quella di Nicola Di Salvo. Allo Iaccarino, pertanto, e ' stato contestato (capo 436 dell'imputazione) il delitto di falsa testimonianza «Vol.8/S f.166) e (Vol.8/s f.169)-(Vol.8/S f.179», per il quale dovra' essere rinviato a giudizio. 20) I rapporti del Di Salvo coll'ambiente dei contrabbandie:ri risultano provati anche da due suoi assegni, uno di lit. 1.500.000 del 6.4.1980, negoziato da Fazio Angelo, e uno di lit. 1.000.000 del 14.4.1980, negoziato da Raccuglia Salvatore Cfasc.2 docum. alI. voll.S).
  • 85. - Pago 1.306 - Dalla dichiarazione del Fazio (Vol.6/S f.44) e' emerso che anche il primo assegno era passato per le mani del Raccuglia, pregiudicato per contrabbando di tabacchi, il quale si e' trincerato dietro la solita storiella del cambio di assegni con danaro contante (Vol.7/S f.22). 21) Un ulteriore significativo elemento di prova e' emerso dalle indagini relative all'assegno di lit. 6.500.000, tratto da Nicola Di Salvo il 20.6.1980 sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale e negoziato da De Martino Vittorio (fase.2 docum. alI. voll.S). Quest'ultimo, Zagarella, ha gestore dichiarato che dell'hotel l'assegno riguardava il dei coniugi pagamento del rinfresco nuziale Pecoraro Francesco-Di Salvo Angela «Vol.5/S f.223»; f.204)-(Vo1.5/S f.205)-(Vol.5/S
  • 86. - Pag.1.307 - i coniugi Pecoraro pero' hanno dichiarato di avere offerto il ricevimento di nozze in alt~a localita' e per una spesa not~volmente inferiore a quella portata nell'assegno di cui sopra; hanno inoltre escluso di conoscere Nicola Di Salvo «Vol.6/S f.54)-(Vol.6/S f.59)). Il De Martino, quindi, ha fornito spiegazioni non riscontrate circa la provenienza e la causale dell'assegno in questione. L'ipotesi piu' verosimile e' che con quell'assegno il Di Salvo abbia pagato il soggiorno in albergo di personaggi coinvolti in affari illeciti. Ma la testimonianza del De Martino e' significativa anche per altri aspetti, perche' viene confermato, come del resto si sapeva da tempo, che l'hotel Zagarella, di cui e' titolare abitualmente la COSITUR interessato s. p. A. , Nino una Salvo, societa' e ' cui e' frequentato da clientela mafiosa.
  • 87. - Pag.1.308 - Il De Ma~tino infatti ha indicato, come clienti dell'albergo, Salvatore Micalizzi e Rosa~io Riccobono, ma esiste in atti la p~ova che anche Carmelo Colletti, "rappresentante" che ha della "famiglia" di Ribe~a, ne era cliente ed in detto locale aveva anzi offerto il banchetto per le nozze di un figlio. Anche il noto Angelo Epaminonda frequenti contatti con la mafia siciliana nell'estate del 1979 ha p~eso alloggio per alcuni giorni nell'hotel Zagarella, f' d ha riferito di avere appreso che l'albergo apparteneva f.173) . a "gente di rispetto" eVo1.181 22) Le indagini ~ulla rivoltella rinvenuta nella villa di Nicola Di Salvo unitamente a 17 cartucce per pistola calibro 38 (Vo1.1/S f.42), se non hanno consentito di individuare chi avesse materialmente consegnato l'arma al Di Salvo, hanno posto in evidenza il collegamento fra la mafia siciliana e la malavita di altre zone d'Italia.
  • 88. - Pag.1.309 - Nonostante l'abrasione dei dati accertato,matricolari, attraverso la si e ' ricostruzione infatti, dei numeri di matricola, che trattasi di un revolver Ruger cal.357 magnum modello security, acquistato il 10.2.1976, presso un'armeria napoletana, da Ford Iames, ignoti, f.53); f.308)j cittadino statunitense e sottrattogli da a Gaeta, nell'aprile 1979 eeVol.3/S (Vol.3/S f.71)-(Vol.3/S f.73);(Vol.3/S (Vo1.4/S f.113)-(Vo1.4/S f.123)j (Vol.7/S f.82)-(Vol.7/S f.86)). Il Ford, infatti, ~entito come teste in esecuzione di commissione rogatoria internazionale, ha e segg.) che aveva dichiarato ((Vol.10/S f.219) acquistato l'arma a Napoli quando prestava servizio, come marinaio, presso la base NATO di
  • 89. Gaeta e che - Pag.1.310 - teneva l'arma nella sua vettura. dalla quale gli era stata sottratta da ignoti a Gaeta. Del fatto il Ford non ha presentanto denunzia e si segnala al P.M. che il predetto era privo di porto d'armi.- Il fatto che l'arma rubata nel napoletano fosse giunta a Palermo, e fosse in mano ad un personaggio come il Di Salvo, e' sintomatico dei collegamenti siciliana. tra malavita campana e mafia Va rilevato. poi, che la presenza dell'arma nella villa del Di Salvo, in cui era ubicato il laboratorio di eroina, e' certamente elemento di prova in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui all'ultimo comma dell'art.75 Legge Stupefacenti (associazione armata), anche se, ovviamente, non e' questo il solo elemento da cui dedurre dell'aggravante in questione. la sussistenza doveva essereAl Di Salvo delitto di ricettazione provenienza furtiva. contestato della rivoltella, il di
  • 90. - Pag. 1 .311 - - IX - Le indagini su un assegno di Nicola Di Salvo di lit. 5.700.000, emesso il 15.10.1979 e negoziato da Giovanni Alongi alI. voll.S), sono state (fasc.10 docum.' particolarmente accurate, anche in relazione a segnalazioni, da piu' parti pervenute agli inquirenti, circa il ruolo di prestanome di mafiosi che l'Alongi svolgerebbe. Il predetto, sino a qualche tempo addietro semplice commesso del noto esercizio commerciale "Battaglia", e ' titolare, al n 46/A della centrale via Ruggero Settimo di questa citta', di un avviato negozio di costosi capi di abbigliamento maschile. Al riguardo dell'Alongi Stefano Calzetta ha riferito che, per quello che si diceva in giro, l'Alongi era un prestanome di quel Di Miceli implicato nel blitz di via Valenza o di Tommaso Spadaro e che il suo negozio era frequentato dai Vernengo,
  • 91. dagli Zanca, - Pag.1.312 - dai Tinnirello, da Pietro Senapa, da Rotolo Salvatore, da Paolo Alfano, i quali acquistavano merce per svariati milioni senza pagare subito e, cioe', "in fiducia" «Vol.3/SA f.162)-(Vol.3/SA f.163)). Da un primo accertamento effettuato dalla Guardia di Finanza di Palermo «(Yol.9/S f.3)-(Yol.9/S f.10)) era emerso che il magazzino di via Ruggero Settimo era stato acquistato, nel in contanti, 535.000.000, di1979, per 335.000.000 l'allestimento lit. pagati del negozio era cui lit. mentre costato, complessivamente, dal 1979 al 1982, poco meno di mezzo miliardo, somme del tutto spropositate rispetto alle entrate apparenti dell'Alongi. Quest'ultimo ha precisato che il danaro impiegato nel negozio ammontante ad oltr.e mezzo miliardo per l'acquisto del locale, ed a 110 - 120 milioni per l'allestimento - proviene, in parte, dalla liquidazione percepita quale
  • 92. - Pag.1.313 - impiegato del negozio di Battaglia Maria Grazia accordatigli ( 150 (70 160 80 milioni), in parte da suoi risparmi milioni), in parte da prestiti da amici (Pietrolucci di Roma 40-50 milioni; Procopio Enrico di Catania 30 milioni; Pipitone Giovanni 15 milioni) ed infine da un mutuo fondiario di 230 milioni circa, dalla Sicilcassa. erogatogli Egli. inoltre, ha ottenuto un finanziamento dall'IRFIS per lit. 150 milioni (fase. 47-48 docum. alI. voll.S e (Vol.8/S f.128)-(Vo1.8/S f.162». Le affermazioni dell'Alongi hanno trovato sostanziale riscontro nelle testimonianze di Battaglia Maria Grazia f.3)-(Vo1.8/Saccertamenti f. 4» . svolti ed Elena «Vol.8/S nonche' negli Non vi e' quindi alcuna prova che nel negozio dell'Alongi sia stato investito capitale di illecita provenienza particolare. e di mafiosi in
  • 93. - Pag.1.314 - La propalazione del Calzetta secondo cui correva voce che Alongi Giovanni fosse prestanome di Tommaso Spadaro puo' trovare spiegazione nel fatto, riferito dallo stesso Alongi, che Tommaso Spadaro - avendo acquistato un negozio in via Ruggero Settimo nei pressi del suo ese:rcizio avrebbe voluto farlo socio per avvia:re un'iniziativa commerciale a favore di uno dei figli (Vol.10/S f.27). Le intenzioni dello evidentemente trapelate e, Spadaro erano approfondendo le indagini sul conto dell'Alongi, si e' accertato che il suo negozio era meta preferita di mafiosi e malavitosi che acquistavano costosi capi di abbigliamento per svariati milioni. E' stato in particolare individuato, p:resso la Agenzia n di Palermo della Banca Sicula, un libretto di deposito a risparmio al po:rtatore di pertinenza di Giovanni Alongi, nel quale risultano versati, seguenti assegni: fra gli altri, i
  • 94. a) 22.2.1979, - Pag.1.315 - assegno di lit. tratto da Miallo 1.500.000 del Gaetano, quale amministratore della S.p.A. liquori, sul Banco di Romai Commerciale Vini e b) assegno di lit. 500.000, Banca Popolare Siciliana, il emesso dalla 15.2.1979, a richiesta e all'ordine di Ferro Lorenzo CCVo1.13/S f.140)-CVo1.13/s f.14")j c) due assegni di lit. 10.000.000 ciascuno, tratti da Cangialosi Giuseppe il 18.4.1979 ed il 10.5.1979 sulla Sicilcassa all'ordine di Ciminello f.119)j Francesco CVo1.13/S 2.000.000 e di lit. il 30.9.1979, sulla CVo1.13/S f.113)j di lit.d) assegni 2.500.000 tratti 18.4.1979 ed Cooperativa I.B.S. da Giovanni Hellavia il Banca
  • 95. • - Pag.1.316 - e) assegno di lit. 4.000.000, emesso dall'Agenzia di Carini della Sicilcassa 1'11.6.1979, a richiesta di Altadonna Francesco ed all'ordine di Marrone Accursio ((Vol.13/S f.144), (Vo1.13/S f.162), (Vo1.13/S f.163))j f) assegno di lit. 3.500.000 tratto il 20.9.1979 da Ingrassia Ignazio sulla Sicilcassa (Vol.13/S f.123)j g) assegni di lit. 1.200.000 e di lit. 500.000, tratti sulla Cassa Rurale ed Artigiana di Monreale il 30.9.1979 da Mistretta Rosario ((Vo1.13/S f.136)-(Vo1.13/S f.137))j h> assegno di lit. 8.500.000, tratto sul Banco di. Sicilia il 19.10.1979 da Vitarnia
  • 96. - Pag.1.317 - Rosalia (Vol.13/S f. 130) i Banco i) assegno di lit. di Sicilia, il 5.700.000, 15.10.1979, tratto sul da Di Salvo Nicola. (La copia microfilmata degli assegni suddetti si trova nel fascicolo 20 doc. alI. volI. S). Risulta negoziato da Giovanni Alongi, inoltre, un assegno di lit. 30.000.000, tratto da Pipitone Angelo sulla Banca Popolare di Carini il 20.8.1979 (Vol.13/S f.133). Circa le persone che hanno tratto o richiesto gli assegni di cui sopra, che: va detto A) Miallo Gaetano, i cui contatti con Salvatore Inzerillo sono gia' eme:r:si nel procedimento penale contro Spatola
  • 97. - Pag.1.318 - Rosario ed al"tri. e' indizia"to di appar"tenenza alla mafia "t~apanese (Yol. 10/S f.22)j B) il nome di Ferro Lorenzo e' gia' emerso nel procedimen"to Spa"tola per i suoi contatti col noto Nunzio La Mattina. ucciso il 24.1.1983, no"tissimo contrabbandiere ed uomo d'onore della "famiglia" di Porta Nuova, cognato di Francesco Lo Nigro, anch'egli ucciso (Yol.10/S f.19); C) gli assegni di Cangialosi Giuseppe all'ordine di Ciminello Francesco sicuramente il defun"to Salvatore riguar:dano In:zerillo. rappresentante della "famiglia" di Passo di Rigano; infa"t"ti, lo s"tesso Ciminello ha disconosciuto la firma di gira"ta negli assegni ed ha ammesso di esser:e s"tato mero prestanome dell'Inzerillo (Yol.10/S f.lO); stato D) Giovanni Bellavia (Yo1.7/S f.89) e '
  • 98. - Pag.1.319 - fortunosamente assolto in un processo per traffico di stupefacenti in cui era raggiunto da gravi indizi, ma i suoi collegamenti coi trafficanti e, in particolare, con la "famiglia" di Partanna Mondello sono emersi nuovamente in soprattuttoquesto delle procedimento, riscontrate per effetto dichiarazioni di Francesco Gasparini, di cui ci si occupera' in seguito. E) gli assegni di Altadonna Francesco riguardano l'acquisto di una villa con annesso terreno, venduto da Marrone Accursio per 875 milioni all'Altadonna e a Randazzo Giuseppe davanti a questa villa, nell'agosto 1981 , venne ucciso Antonino Badalamenti, ":z:appresentante dicuginoereggente della famiglia di Cinisi" Gaetano Badalamenti. Il convincimento degli inquirenti che la villa fosse di effettiva proprieta' di Antonino Badalamenti trova qui obiettivo riscontro, poiche' Giovanni Alongi ha confermato che il Badalamenti era suo
  • 99. - Pag.1.3Z0 - cliente (vedi esame di Altadonna Francesco, (Vo1.8/S f.127L ed interrogatorio di Alongi Giovanni; (Vol.10/S f.26) retro). F) Ingrassia Ignazio, secondo le dichiarazioni di Salvatore Contorno, e' "uomo d'onore" della famiglia di Ciaculli; il suo nome era gia' emerso nelle indagini bancarie del procedimento Spatola e nuovamente in seguito. di lui ci si occupera' G) Il nome di Mistretta Rosario e' gia' emerso nelle indagini bancarie sui Grado e lo stesso e' latitante nel presente procedimento. H) Vitamia Rosalia e' la moglie del noto Rosario Riccobono "rappresentante" della famiglia di Partanna Mondello. I) L'assegno del Di Salvo, secondo quanto ha riferito l'Alongi, molto
  • 100. - Pag.1.321 - probabilmente gli era stato dato da Tommaso Spadaro «Vol.10/S f.26)retro). Circa la provenienza degli assegni sopra elencati, Giovanni Alongi ha fornito una spiegazione «Vol.10/S f.26) - (Vol.10/S f.27)), che conferma in pieno le affermazioni di Stefano Calzetta. Egli, infatti, ha rife:z:ito che, nel periodo in cui era impiegato di Battaglia, consentiva ad un "certo tipo" di clienti di acquistare merce in sospeso, "fiducioso" che prima o poi avrebbero pagato; t:z:ascorso un congruo periodo di tempo, rifondeva di tasca sua la cassa e, quando a sua volta veniva pagato dai clienti, versava ricevuti in un conto personale e, cioe', nel suddetto libretto di deposito a risparmio al portatore. Certamente, il trattamento di favore riservato alla clientela di "rispetto" ha reso l'Alongi popolare nell'ambiente tanto che, quando egli ha avviato un commercio in proprio,
  • 101. - Pag.1.32Z - ha potuto annoverare fra i suoi clienti - e' lo stesso Alongi che lo dice - Mino Badalamenti, i~ Vernengo, Tommaso Spadaro, Ferro Lorenzo e tanti altri, fra cui anche Salvatore Inzerillo, che soleva acquistare capi di abbigliamento per se' e per familiari ed amici, che lo accompagnavano. Va qui osservato, incidentalmente, che le dichiarazioni di Giovanni Alongi dimostrano ancora una volta l'impressionante larghezza di determinatimezzi finanziari di non esitano a spendere personaggi fior di milioni che per l'acquisto di capi di abbigliamento, segno del profondo mutamento del costumetangibile mafioso correlativo alle enormi ricchezze acquisite col traffico di stupefacenti. Ma, tornando alla posizione processuale dell'Alongi, si ritiene che questi debba essere prosciolto con ampia formula dal contestato delitto di ricettazione (capo 386 dell'imputazione).
  • 102. - Pag.1.323 - Come e' noto, l'a~t.648 cod.pen. punisce il compo~tamento di chi, al fine di profitto, ~iceve, a qualsiasi titolo, dana~o o cose p~ovenienti da delitto: pe~ la configurazione del ~eato, pe~tanto, occo~~e, da un lato, la p~ova certa che il danaro o gli altri oggetti provengano da delitto e, dall'alt~o, la consapevolezza da pa~te del ricevente dell'illecita provenienza di tali beni. Ora, e' ~ealistico affermare, in difetto rli alt~i elementi che dimost~ino un maggiore coinvolgimento dell'Alongi nelle vicende di Cosa Nostra, che egli fosse consapevole soltanto del fatto che quei dete~minati clienti erano mafiosi, mentre non e' provato che egli avesse la certezza dell'illecita provenienza del danaro speso da quel tipo di clientela. Ne' puo' affe~marsi che, data la qualita' dei clienti, il loro dana~o doveva essere ~itenuto sicuramente di provenienza illecita, in quanto e' ovvio che anche i mafiosi possono dispo~~e di p~oventi da attivita' lecite (eredita', lavo~o ecc.); tanto meno e'
  • 103. - Pag.1.324 - ragionevolmente neg-oziante di ipotizzabile accertare un obbligo previamente del la provenienza del danaro datogli in pagamento. L'Alongi sapeva bene chi erano i suoi clienti, ne conosceva le larghe disponibilita' sul suo comportamento eriguardocontrattavalieconomiche, deferenza. Il giudizio morale non spetta al magistrato; in questa sede e' necessarjo e sufficiente ril~vare che non vi e' prova certa sulla provenienza delittuosa del danaro ricevuto dall'Alongi e che il dubbio sul punto, riguardando un presupposto del delitto di ricettazione e non un elemento costitutivo, comporta l'assoluzione perche' il fatto non sussiste (Cass. Sez. II, 29.6.1979, GHISA).
  • 104. - Pag.1.325 - - x - Passiamo adesso ad occupa~ci di Aglieri Mario, Francesco e Salvatore, figli di Giorgio Aglieri, Vernengo, e dei quali loro sono rapporti emersi con nel Pietro p~esente procedimento. Si t~atta dei f~atelli di quel Giuseppe Aglieri che, come si e' visto, e ' stato arrestato a Si~acusa con Giuseppe Vernengo in un'operazione anticontrabbando in cui era coinvolto anche Pietro Vernengo. Nell'immediatezza labo~ato~io di via della Messina scoperta Ma~ine, del gli investigatori si ponevano alla ~icerca di Piet~o Vernengo e controllavano, fra l'altro, la fabb~ica di ghiaccio sita in Piazza Ponte Ammiraglio, ove il medesimo, pero', non veniva rintracciato. Sul posto venivano invece trovati D'Alia Giovanni e Tinnirello Vincenzo, il quale ultimo giustificava la sua presenza sostenendo che intendeva acquistare bottigli~ di
  • 105. - Pag.1.32.6 - succo di limone, per condire il pesce bollito <Vol.3/Sf.64);<VoI. 1/Se«Vol.1/S f.2.8) f.137)). La presenza del Tinnirello in quel luogo - pero' era tutt'altro che casuale, ove si consideri che, gia' nel 1976, il predetto veniva controllato, nei pressi di Squinzano (Lecce) , mentre circolava a bordo di un'autovettura su cui viaggiava anche Vernengo Giuseppe (nato il 29.11.1940), cugino di Pietro e nella quale venivano rinvenuti cinque razzi per segnalazioni a mare ed una ricetrasmittente. E nemmeno puo' considerarsi casuale contestuale presenza, nella fabbrica la di Nicolini di cui piu' ghiaccio, di D'Alia Giovanni, volte si cugino di Angelo e' parlato nel corso della presente trattazione come grosso trafficante di stupefacenti e zio di quel D'Alia Giovanni, ucciso a Palermo il 26.8.1982, del quale sono stati illustrati i rapporti con Nicola Di Salvo.
  • 106. a - Pag.1.327 - All'alba del 12.2.1982. quello della scoperta del giorno successivo laboratorio di eroina, venivano rinnovate le ricerche di Pietro Vernengo nella sua abitazione, ma ancora con esito negativo benche' egli fosse sottoposto agli obblighi della sorveglianza speciale. Si accertava. invece. la presenza. insieme con Provvidenza Aglieri, moglie del Vernengo, dei fratelli della stessa, SalvatoI:e e Ma:rio Aglie:rL (Milano). ufficialmente :residenti a Rozzano Costoro. successivamente interrogati dai Carabinieri, riferivano di essere giunti a Palermo, il pomeriggio dell'11 febbraio, per far visita alla sorella e di ave:re t:rovato a casa il cognato, Piet:ro Vernengo, il quale pe:ro'. nella notte, e:ra uscito perche' stava male (sicl). Aggiungevano che. quella stessa mattina del 12 febb:raio, e:ra a:r:rivato anche il fratello F:rancesco Aglieri, residente a Novate Milanese.
  • 107. - Pag.1.328 - smentita da Francesco Aglieri che Quest'ultima affermazione veniva pero' sosteneva di essere arrivato a Palermo la sera dell'11 febbraio. insieme con Tommaso Marchese. dopo di essersi fermato a Corigliano Calabro per affari «Yol.1/S f.74) - (Yol.1/S f.78)). La versione di Francesco Aglieri veniva confermata da Tommaso Marchese. anche egli palermitano ma residente a Castrovillari. il quale. addirittura. sosteneva che era stato lui a proporre allo Aglieri, suo vecchio amico di infanzia, di venire a Palermo «Yol.3/S f.76) e (Yol.3/S f.145)) e che, giunti in questa citta', si erano separati davanti alla stazione ferroviaria; l'Aglieri. invece. riferiva che il Marchese l'aveva lasciato davanti all'abitazione della sorella Provvidenza (Yol.1/S f.?7).
  • 108. - Pag.1.3Z9 - E' evidente, dunque, che la contemporanea presenza a Palermo degli Aglieri, prover.ienti da localita' diverse, e senza una valida ragione, proprio in concomitanza con la scoperta del laboratorio di eroina e con la latitanza di Pietro Vernengo, era molto sospetta. Le indagini istruttorie, condotte prevalentemente sotto il profilo bancario e patrimoniale, hanno confermato i sospetti. Si e ' accertato che, il 13.10.1980, Aglieri Francesco e la moglie Brambilla Laura che ha in corso di "SIMMONS Corigliano la S.r.l. 2.6.4.1982, in in il Milano, sociale la sede in la quale, trasferendo CHIMICA", denominazione costituito,avevano "SIMMONS mutava VERNICI", Calabro. In detta societa', realizzazione uno stabilimento industriale per la produzioni di vernici a Corigliano Calabro, e' stato sicuramente investito, in gran parte, danaro di provenienza illecita fornito da
  • 109. - Pag.1.330 - Pietro Vernengo, anch'egli interessato alla realizzazione dell'impresa, come si dimostrera' qui di seguito. Dalla documentazione acquisita risulta che ((Vol.5/S f.366)-(Vol.S/S f.372) e carpetta 6), la socif'ta' in questione, al 2.6.1983, aveva un capitale di lit. 486.000.000 ed era composta dai seguenti soci: 1) Aglieri Francesco per lit. 97.200.000 2) Aglieri Mario per lit. 48.600.000 3) Aglieri Salvatore per lit. 48.600.000 4) Aglieri Franco (cugino dei predetti) per lit. 48.600.000 5) Ubbidiente Giuseppe per lit. 97.200.000 6) Cifarelli Antonio per lit. 48.600.000 7) Papaleo Cataldo per lit. 48.600.000 8) Russo Antonio per lit. 48.600.000
  • 110. - Pag.1.331 - Aglieri Francesco ha dichiarato (Vol.6/S f.95) che l'iniziativa di intraprendere questa nuova attivita' sarebbe stata sua e che le quote sociali corrisponderebbero a versamenti avrebbe fruito di contoineffettuatisoci,deieffettivi capitale. Egli, in particolare, suoi risparmi (circa trenta milioni), di un prestito di 25 milioni fattogli dal fratello Giuseppp. (quello arrestato a Siracusa per contrabbando di tabacchi) e di un prestito di 50 milioni erogato dalla sorella Provvidenza (coniugata con Pietro Vernengo). Aglieri Mario, a sua volta, ha sostenuto di avere effettivamente versato la" sua quota (lit. 48.600.000), frutto di "risparmi" che teneva in casa(Vol.6/S f.96). Anche f.305)-(Vol.5/S Aglieri Salvatore ((Vol.5/S f.306»
  • 111. - Pag.1.33Z - ha sostenuto che il danaro corrispondente alla sua quota (lit. 48.600.000) era stato da lui effettivamente versato e proveniva risparmi. da suoi Si noti che il predetto lavora come operaio e che sua moglie, per integrare le modeste entrate, lavora come baby sitter/ E' risultato inoltre che l'Aglieri ha 11.000.000=, tratto sulla Sicilcassa dalla sorella un assegno di lit. Succursale 22 della negoziato, il 7.1.1980, Aglieri Provvidenza ((Volo 12,/S f.SO) e fase. 11 allo vol1.S), con la quale egli aveva dichiarato di non intrattenere rapporti. Aglieri Franco, infine. ha reso una dichiarazione analoga a quella dei cugini (Vo1.6/S f.100) ma ha ammesso di non essere in grado di dimostrare l'avvenuto pagamento della sua quota, che sarebbe stato effettuato tutto in contanti. Ben diverse sono le dichiarazioni degli altri presunti soci, anche se non tutti hanno reso dichiarazioni completamente veritie~e.
  • 112. - Pag.1.333 - Ubbidiente Giuseppe ha ammesso di avere esborsato una somma notevolmente inferiore a quella apparente e di es~ere stato esortato dall'Aglieri Francesco a dire il contrario all'Autorita' Giudiziaria eVol.6/S f.9S). Papaleo Cataldo ha ammesso di essere un socio fittizio nell'interesse di Aglieri Francesco eVol.5/S f.313). Antonio Cifarelli, cognato di Aglieri Salvatore, ha precisato di avere esborsato solo 30 milioni circa eVol.6/S f.97). Infine, Russo Antonio dopo di avere precisato che gli era stata commessa, per un corrispettivo di lit. 240.000.000, la realizzazione delle strutture in muratura del capannone industriale da lui eseguite sinora soltanto per un importo di so milioni regolarmente pagatigli da Francesco Aglieri - ha riferito di avere accettato, su proposta di Francesco Aglieri, l'intestazione a suo
  • 113. - Pag.1.334 - nome del 10 per cento del capitale sociale con l'intesa che avrebbe pagato la sua quota con le opere commessegli ed ancora non completate. In buona sostanza, quindi, non ha esborsato nemmeno una lira (Vol.7/S f.1S7). Non appena, dunque, si esce dalla ristretta cerchia familiare degli Aglieri, gli apparenti soci della Simmons non hanno difficolta' ad ammettere che le intestazioni di a loro nome sono in massima parte fittiziequote e di cio' si trova conferma nella stessa documentazione societaria, in cui risulta che Francesco Aglieri ha versato nelle Casse della SIMMONS, dal 29 aprile al 1- settembre 1982, ben 249 milioni di lire mentre, sotto la data 18.3.1982, sono annotati "versamenti di nuovi soci" per appena 101 milioni, probabilmente effettuati in data anteriore. quindi che tutto il capitaleE' sociale chiaro, della SIMMONS, artificiosamente distribuito tra soci fittizi, e' stato in realta' versato dagli Aglieri.
  • 114. - Pag.1.335 - Ed e' alt~esi' intuitivo, alla st~egua di quanto gia' esposto, che il danaro non puo' che provenire da Pietro Vernengo. Al riguardo, va ancora ricordato che l'ing. Antonio Plastina, che ha prestato la sua ope~a professionale per Aglieri Francesco, ha riconosciuto fotograficamente in Pietro Vernengo la persona che si accompagnava con Francesco Aglieri, e presentatogli da quest'ultimo come il coanato "Pietro" <Vol.7/S f.161). Aggiungasi che Francesco Aglieri ha pagato prevalentemente in contanti, l'esecuzione di lavori e la fornitura di apparecchiature pe:r l'impianto di vernici (vedi dich. Sala Angelo, <Vo1.6/S f.92.)j <Vol.6/S f.252)j Mo~eno Gencarelli Pasquale Giuseppe, (Vo1.7/S f.16) e <Vo1.7/S f.162)). Concludendo, sembra evidente che in questa intrapresa economica sia stato investito, in
  • 115. - Pag.1.336 - massima parte, danaro di Pietro Vernengo proveniente da traffico di stupefacenti e da Vernici altre quote illecite della attivita' , SIMMONS per cui, sono mentre le state sequestrate, agli Aglieri Francesco, Salvatore, Mario era stato contestato il delitto di ricettazione ed al cugino Aglieri Franco il delitto di falsa testimonianza (Vol.10/S f.152). Queste risultanze sono state involontariamente confermate da un teste, Pucci Francesco, addotto dalla difesa di Di Caccamo Benedetto (l'intestatario della vettura notata davanti al laboratorio di via Messina) per dimostrare l'estraneita' di quest'ultimo alle vicende riguardanti i Vernengo. Il Pucci, venditore della vettura al Di Caccamo, ha f.134)-(Vol.2.24 dichiarato, infatti, «Vo1.224 f.135))
  • 116. - Pag.1.337 - che il fratello del Di Caccamo gli aveva %ife%ito di esse%e sul punto di apri%e una fabbrica di ve%nici fra Corigliano Calabro e confe%ma inequivocabilmente,Sibari.- Cio' contempo, che la "SIMMONS" e' una societa' al del gruppo di Pietro Vernengo, e che il Di Caccamo e' tutt'alt%o che estraneo alle illecite attivita' dei Ve%nengo.- Aggiungasi che Salvatore Contorno ha dichiarato che non solo il defunto Giorgio Aglieri, ma anche i suoi figli sono "uomini d'ono%e" ((Vo1.125 f.186)-(Vo1.125 f.187)) e cio' spiega molto bene, adesso, il loro comportamento in questa vicenda e costituisce uno dei tanti elementi di %iscont%o delle dichiarazioni del Contorno.
  • 117. - Pag.1.338 - - XI - Resta da occupa~si di Baiamonte Concetta, moglie di Alfano Paolo, cui e' stato contestato, la connessadi energia elettrica e a titolo agg~avato di concorso, il delitto di furto evasione dell'imposta erariale in relazione all'allacciamento abusivo scoperto nella villa del Di Salvo (capi 394 - 395 dell'imputazione). Pe~ tali reati si ritiene, confo~memente alle richieste del P.M., che la Baiamonte debba essere prosciolta con la formula del dubbio. La donna ha (Vol.3/S f.109) addirittura negato di essersi mai accorta dell'allacciamento abusivo e, in effetti, considerato che la frode non era finalizzata ad usi domestici ma al funzionamento del laboratorio di eroina, e' anche possibile che la Baiamonte, nei cui confronti non e' ritenere emerso nulla in che possa far modo
  • 118. certo il suo - Pag.1.339 - coinvolgimento in tale attivita', non ne fosse a conoscenza, tanto piu' che costei abitava la villa con il marito soltanto saltuariamente. Non si puo' pero' affermare con certezza che la donna non si sia accorta di nulla e. in particolare, installati della presenza per impedire dei il congegni passaggio dell'energia nel contatore; ma comunque anche se la Baiamonte si fosse accorta di cio', non per questo potrebbe ritenersi certo che tali congegni fossero stati collocati con la sua adesione, ben potendo ipotizzarsi che essa si fosse limitata a prendere atto dell'attivita' posta in essere da altri.
  • 119. - Pag.1.340 - - XII - Le indagini sul costruttore Amato Federico e i suoi rapporti coi Vernengo hanno dato luogo ad un distinto procedimento penale che, successivamente, per la sua connessione con quello concernente il labo~atorio di via Messina Marine, e' stato riunito a quest'ultimo. procedimento penale instauratosi Entrambi, poi, sono confluiti a seguito nel del cd. "rapporto dei 162" datato 13.7.1982. Dal 24 marzo al 27 aprile 1981, i CC. di Palermo avevano sottoposto ad intercettazione l'utenza telefonica n 496243, intestata a La Fiura Filippa, moglie di Antonino Vernengo, installata ll<!lla villa di quest'ultimo sita in Ficarazzi; gia' da quelle intercettazioni, per altro allora non adeguatamente valorizzate, era emersa l'esistenza di una grande familiarita' e di rapporti di affari tra il costruttore Federico Amato ed Antonino Vernengo.
  • 120. - Pag.1.341 - In seguito, il 30.8.1982, quando i Vernengo erano ormai latitanti in relazione alle indagini sul laboratorio di eroina e sul "rapporto dei 162", Amato Federico, mentre era a bordo di un'autovettura col figlio Cr"istofor o nei pressi della villa di Vernengo a Ficarazzi, era stato controllato dalla Polizia ed aveva giustificato la sua presenza in quel luogo adducendo una presunta contrattazione per l'acquisto di un terreno (Vol.1/SA f.124). Infine, il 3 novembre 1982, un funzionario di polizia, nel dirigere le operazioni di perquisizione della villa del Vernengo in Ficarazzi, alla ricerca del latitante, notava un appunto con un numero telefonico che, per non destare sospetti, registrava mentalmente; il numero corrispondeva ad una utenza telefonica dell'Amato (Vol.1/SA f.132). dell'utenza in questione e Venivano, comunicazioni quindi, intercettate le al contempo veniva tenuto sotto controllo l'Amato.