FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Ascolta "Mimesi," il nuovo album di HDADD

HDADD si è chiuso per dieci giorni in una casetta sul lago di Como e ha usato l'elettronica per esplorare il collegamento tra naturale e sintetico.

HDADD si chiama Marco Acquaviva e fa musica che puoi chiamare un po' come ti pare: tipo "ambient," oppure "elettronica," oppure anche "sperimentale," o "psichedelica." Il suo ultimo lavoro Sense of Wonder era un gioiellino di album, ed è anche finito nella nostra classifica dei migliori album italiani del 2016. Siamo quindi molto felici di farvi sentire in anteprima il nuovo album di HDADD, che si intitola Mimesi ed è tutto pieno di frasche, girini, muschi e terriccio—rugiadoso e brulicante di vita, come la natura che si propone di traslare in forma sonora. Potete ascoltare Mimesi in streaming qua in fondo, e appena prima una breve conversazione che abbiamo avuto con Marco per mettere a fuoco i temi del disco. Una sorta di mini guida all'ascolto, se volete.

Pubblicità

Il collegamento tra natura ed elettronica è stato declinato in diverse forme negli anni, dalla foresta umida di Gas agli scenari sbrilluccicanti dell'ultima Kaitlyn Aurelia Smith per dirne solo un paio. Qual è stato il momento in cui ti sei reso conto della potenza di questo collegamento tra naturale e sintetico?
La relazione tra natura e artificio (sintetico, digitale e non) è un'ossessione che pervade molte mie attività—ma è un argomento che, come dici tu, sta a cuore a parecchi artisti, da Marinetti a Cronenberg passando per gli afrofuturisti. Ci lavoro da diversi anni, e il lavoro di Queen Spectra è focalizzato esclusivamente su quello. Al di là della mia ossessione, sto cercando di districarmi da quella che non dovrebbe essere esclusivamente una visione pessimista o distopica della faccenda, che è molto antica nonostante i toni sci-fi che gli vengono spesso attribuiti, affrontando l'argomento in una maniera più elastica, guardando anche ad aspetti più luminosi. La prima volta in cui mi son trovato di fronte questa relazione in maniera esplicita è stata guardando gli studi privati di Gaudí per la costruzione della Sagrada Familia: parliamo di un visionario che ha trasformato la sua mistica in una realtà fattuale. Un'arte trascendentale che traslava le sue osservazioni sulla natura in qualcosa di nuovo: un'architettura organica basata sull'equilibrio tra intuizioni selvagge e le leggi dei numeri, che poi la fanno da padrone quando si entra nel mondo reale e la sua fisicità. E quando e come hai deciso di ritirarti in studio a lavorare?
Mimesi è nato in maniera assolutamente accidentale nell'agosto del 2016. Stavo chiudendo Sense of Wonder ed ero assolutamente distrutto e saturo. Avevo deciso di staccarmi dal lavoro e di prendermi un periodo di relax, per lasciar riposare l'album, oltre me stesso. Ero agli ultimi ritocchi, ma ancora non riuscivo a far quadrare il disco che poi avrei finito in settembre con tracce nuove. Degli amici mi hanno affittato una casetta isolata sul lago di Como. Ho fatto il grave errore di portarmi il laptop e qualche controller, e nella casa c'erano anche un piano e una chitarra. Insomma: nel totale benessere, nonostante volessi staccare da tutto e soprattutto dalla musica, mi son messo inizialmente a giocare con gli strumenti che avevo e man mano mi sono immerso inconsciamente in una session a rotta di collo di dieci giorni.

L'artwork di "Mimesi Icastica."

Come hai lavorato, esattamente? I brani sono ispirati a determinate scene, momenti, oggetti o raccontano, assieme, un'esperienza?
La prima che hai detto: i brani sono ispirati e corrispondono a scene a cui ho potuto assistere nella calma della natura. Sono quadretti, e ognuno di loro nella mia mente ora ha colori dominanti, soggetti e attori differenti. I titoli non fanno riferimento ad un mondo reale o bucolico: parlo in termini metaforici, in modo tale da mantenere le immagini implicite. Il concept su cui si basa il disco è la mimesi, quindi l'arte del camouflage in natura. Il mascherarsi, ma anche la replica: non importa se è la ripetizione di un pattern o l'imitazione di un processo. E con che strumentazione? Perché ci sono sia pezzi in cui sembri preso benissimo con i synthoni melodiconi da minimalismo degli esordi ("Alcaline Daze") e altri in cui vai di tensione ("Phantasmata") o leggere stramberie ("Mimesi icastica"). Qual è l'origine di queste diverse facce del disco?
Ho usato inizialmente il piano e la chitarra, poi sono entrato quasi subito nell'ipnosi da session, registrando su zoom, e mixando i suoni con altri elementi digitali, o riscrivendo gli arrangiamenti abbozzati precedentemente con gli strumenti acustici. "Alcaline Daze" a tratti è quasi barocca, cartoonesca—a me fa venire in mente Fantasia della Disney. È un pezzo pervaso da un'energia positiva: mi piaceva l'idea di usarlo come introduzione al disco, proprio perché anthemico. Rappresenta l'euforia che mi ha indotto in quest'esperienza produttiva. Uno sballo alcalino, un benessere naturale, uno stato mentale o un'ispirazione indotta non artificialmente ma dall'esperienza. "Phantasmata" invece, è uno dei momenti oscuri del disco. L'ho scritta quasi interamente al piano e mi sono ispirato all'argento delle tele di un ragno che stava là a fare da mascotte mentre suonavo. Riflettevo sul gioco delle ombre guardandolo: come il bene ed il male, in un contesto universale, si sovrappongono continuamente. Pensavo a come i processi della natura rimangano elegantemente immuni da giudizi morali perfino nei momenti in cui si può assistere alla sua crudeltà, che comunque rientra in una propria logica o armonia. "Mimesi Icastica" è, su un piano cronologico, la prima canzone che ho concepito e la causa scatenante del concept. È una metafora sul rapporto tra le geometrie del suono e quelle della natura: un gioco corale in cui le singole note mascherano l'un'altra in un processo di imitazione, ripetizione e concatenazione. Volevo innescare il meccanismo vitale che crea infiorescenze e ramificazioni, però su un piano aurale. Mimesi è in pre-order su Bandcamp. Segui Noisey su Twitter e Facebook.