Milano, 3 ottobre 2017 - 22:38

Se lo smartphone ti cura la mente: App e algoritmi aiutano gli psichiatri

Software che prevedono le crisi di depressione e sedute con il medico in videochiamata. Così la tecnologia aiuta a curare i disturbi psicologici

Illustrazione di Paola Formica  Illustrazione di Paola Formica 
shadow

Sara ha il computer sempre aperto sull’applicazione e la sera o di notte, quando non riesce a dormire, si siede di fronte allo schermo e la lancia: «Ripeto spesso l’esercizio del monitoraggio del sonno e poi il diario della giornata, che ti aiuta a capire quello che hai fatto con le emozioni e gli stati d’animo collegati». Torinese, 40 anni, parrucchiera, Sara (il nome è di fantasia) è una dei 165 pazienti che a Rivoli hanno partecipato a uno dei primi programmi di psichiatria digitale in Italia: psicoterapie cognitivo-comportamentali somministrate invece che da un medico o uno psicologo da un’applicazione su smartphone, tablet o computer.

Un progetto europeo

Era parte del progetto europeo «Mastermind», che ha coinvolto 11 Paesi, 23 centri e 11 mila pazienti. Si è concluso da alcuni mesi, ma Sara si è trovata così bene che continua a usare la app da sola: «Soffro di depressione moderata da circa 5 anni e gli esercizi mi hanno aiutata: sono diminuiti gli attacchi di panico, so gestire meglio la rabbia. Continuo a prendere i farmaci — precisa —, ma mi ha permesso di aprire cassetti chiusi della mia mente senza sentirmi giudicata. Oltre al computer, ogni 15 giorni c’era la videochiamata con la psicologa. Anche se a distanza, sei seguita». Il bilancio della sperimentazione è stato positivo: «Il 70% dei nostri pazienti ha riferito un miglioramento della sintomatologia complessiva — dice Enrico Zanalda, direttore del Dipartimento di salute mentale nell’Asl di Torino dove si è svolta la sperimentazione —. Queste applicazioni affiancano la terapia tradizionale e permettono di curare più persone. In un anno con due psicoterapeuti avremmo potuto fare 400 trattamenti».È solo un esempio di come le nuove tecnologie stanno cambiando la cura della salute mentale, in Italia e nel mondo. «Negli Stati Uniti è molto comune usare le app per gestire la terapia farmacologica, in Italia — dice il presidente della Società italiana di psichiatria Bernardo Carpiniello —, WhatsApp ha già cambiato il rapporto tra psichiatra e pazienti, consentendo contatti più frequenti e agili».

Il doppio approccio

Per medici (e pazienti) è stato ovvio usare strumenti digitali che sono già parte della vita quotidiana. Ma c’è chi ha scelto un approccio più sistematico. «Quattro mesi fa abbiamo introdotto le sedute di psicoterapia tramite videochiamata — racconta Luca Foresti, amministratore delegato del Centro medico Santagostino, che tra Milano e Bologna conta 110 mila pazienti e 400 mila prestazioni all’anno —. Inoltre stiamo elaborando test tramite app specifiche che aiutino in particolare nella diagnosi di ansia e depressione, disturbi molto comuni». I software non devono sostituirsi agli psichiatri ma rendere più efficace il loro lavoro: «La chiave è nel modello detto “brick and click”: il paziente si incontra fisicamente ma poi molti servizi vengono erogati in via digitale».

Assistenza più capillare

La scommessa è rendere molto più capillare e frequente la cura dei disturbi mentali. «Mentre negli ultimi decenni altre branche della medicina hanno fatto passi da gigante, la psichiatria non ha fermato l’epidemia — spiega ancora Foresti —. Le malattie psichiatriche sono quelle che fanno perdere più qualità di vita e causano più disabilità nel mondo sviluppato. Gli psicofarmaci funzionano nel breve periodo, ma su quello medio lungo perdono efficacia». Il digitale può aiutare soprattutto nella diagnosi precoce e prevenzione. Una ricerca di Andrew Reece dell’Università di Harvard e Christopher Danforth di quella del Vermont su 166 persone e 43.950 foto di Instagram ha dimostrato che un algoritmo può diagnosticare la depressione dalle immagini postate online e con un’accuratezza maggiore di quella dei medici generici nel rapporto coi pazienti.

Il pioniere della neuropsichiatria

Le ricerche di Tom Insel, ex direttore dell’Istituto nazionale per la salute mentale degli Usa e pioniere dell’uso dei farmaci in psichiatria, vanno in questa direzione. Prima con Verily, l’azienda di Google che si occupa di salute, e poi con una sua startup, sta provando a elaborare algoritmi che monitorino telefoni e social — come e quando ci connettiamo, che foto postiamo, come scriviamo — per rilevare i segnali di una crisi psichiatrica. Il software allerterebbe i medici che così potrebbero intervenire con farmaci e terapie prima che si manifestino episodi acuti di depressione (che aumentano il rischio di suicidio) o attacchi schizofrenici. Siamo ancora alla fase di ricerca e sicuramente si porranno problemi di privacy, ma le possibilità sono enormi. Sarebbe come avere, con lo smartphone, uno psichiatra sempre in tasca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT