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Nucleare, Conti (Enel): «Piano da 20 miliardi»

di Giuseppe Oddo

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2 ottobre 2008
Fulvio Conti, amministratore delegato Enel
Finanza e potere, il blog di Giuseppe Oddo

Investire nel nucleare si può e l'Enel ha le competenze e i margini per farlo. L'amministratore delegato del gruppo, Fulvio Conti, rilancia il discorso sull'energia atomica in questa intervista al Sole 24 Ore e, parlando dell'impegno della società nel campo della ricerca, annuncia che il management ha allo studio una rete di stazioni di servizio per la ricarica delle auto elettriche. Spiega Conti: «In Francia, a Flamanville, stiamo costruendo con Edf un impianto nucleare da 1.600 megawatt, che costerà poco meno di 4 miliardi. Nel cantiere sono già al lavoro 60 ingegneri dell'Enel. Se in Italia volessimo produrre con il nucleare il 20% dell'energia che consumiamo annualmente, ossia 60 miliardi di kilowattora su 300, dovremmo realizzare 4-5 centrali come quella di Flamanville, con una spesa di 16-20 miliardi. Non dimentichiamo che un quantitativo simile di energia nucleare lo importiamo.

Come farà l'Enel a tirar fuori questi soldi con 51,5 miliardi di debiti netti al 30 giugno?
Siamo in grado di finanziare l'investimento con i flussi di cassa, che tra il 2008 e il 2012 ammonteranno a 63 miliari. Inoltre possiamo condividere l'impegno nel nucleare con altri investitori, come sta facendo la Finlandia.

I debiti non sono un problema?
Ci siamo indebitati, ma per comperare società operative che generano reddito che può essere reinvestito. Il nostro indebitamento, al di là delle turbolenze finanziarie in atto, non ha significative scadenze ravvicinate. Le prossinme saranno nel 2010-2012. E il rapporto tra flussi di cassa e debito ci consente di confermare l'attuale rating di classe "A".

Quindi avete margine sufficiente per fare il nucleare?
Siamo in grado di sostenere il programma nucleare italiano senza contrarre ulteriore debito. È un impegno che possiamo autofinanziare. Non è il problema finanziario che ha impedito all'Italia di sviluppare questa fonte, ma disposizioni di legge e un'opinione pubblica fino a ieri sfavorevole. Ora il vento sta cambiando. È aumentata la consapevolezza che il nucleare è indispensabile per garantire sicurezza negli approvvigionamenti e prezzi competitivi, nel rispetto dell'ambiente. È un'occasione che non va persa. Occorre quindi una legge che riporti il nucleare al centro dell'interesse nazionale e stimoli l'organizzazione di una filiera industriale con un'autorità di sorveglianza e una normativa sul decommissioning (lo smantellamento dei siti, ndr).

Un disegno di legge c'è già.
Il Governo ci sta lavorando. Ne ha presentato uno con cui riformula la politica energetica, che racchiude alcuni di questi elementi e stabilisce i criteri di identificazione dei siti che dovranno offrire grande disponibilità di acqua, caratteristiche geologiche adeguate e lontananza dalle grandi concentrazioni urbane. Una quota di kilowattora nucleare sarà determinante per diversificare le fonti e ridurre il prezzo dell'elettricità, che in Italia è il più caro d'Europa.

Non è dunque la scarsa concorrenza, insieme all'impennata del prezzo degli idrocarburi, a determinare il caro-bolletta?
L'Italia è il Paese con la massima apertura concorrenziale, paragonabile alla Gran Bretagna. Siamo più di cento operatori accreditati presso l'Autorità come trader di energia elettrica. Ma non è il numero che fa la differenza. Il costo dell'energia è legato a quello del combustibile. Prenda la Francia, un mercato poco aperto, di cui Edf detiene l'80%. Eppure in Francia il prezzo del kilowattora è inferiore fino al 40% rispetto a quello prodotto in Italia, perché lì hanno il nucleare e per giunta in larga misura ammortizzato. I prezzi sono più bassi anche in Germania, dove metà dell'elettricità è prodotta col carbone, un quarto col nucleare e il resto con fonti rinnovabili e gas. In Italia, invece, il mix dei combustibili è sbilanciato verso le fonti più costose. Circa il 60% dell'elettricità prodotta deriva da gas naturale, il cui prezzo è correlato a quello del petrolio sia pure con sfasature temporali di 6 mesi-1 anno. L'errore dell'Italia è di avere scelto di produrre quasi esclusivamente con il metano, con i rischi di approvvigionamento che questo comporta. La migliore forma di concorrenza è disporre di un mix equilibrato.

Insomma, un mix che comprenda una quota di nucleare...
Non solo: bisogna aumentare gli investimenti in infrastrutture per diversificare l'approvvigionamento di gas, aumentarne la capacità d'importazione e diminuirne i rischi di strozzature logistiche. E bisogna costruire anche i rigassificatori. Prevediamo di cominciare quanto prima con l'impianto di Porto Empedocle, in Sicilia, anche se di gas naturale liquefatto c'è poca disponibilità. Enel è tra pochi a disporne con circa 4 miliardi di metri cubi di gas liquefatto proveniente dalla Nigeria che rigassifica nel Nord della Francia e che Gaz de France poi immette nella rete italiana, con un costo incrementale per la collettività di 150 milioni. Inoltre abbiamo un programma molto impegnativo per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Vogliamo arrivare a produrre un quarto dell'energia elettrica nazionale. Il nucleare, come è stato detto, non è la soluzione del problema, ma senza nucleare non c'è soluzione al problema energetico e alla lotta al cambiamento climatico.

  CONTINUA ...»

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