Milano, 22 settembre 2017 - 07:31

Roma, a Villa Pamphilj dormitorio nelle serre con trenta posti letto
Ecco dove vivono gli occupanti

Continua l’occupazione delle strutture nonostante il sequestro. Ad agosto le presenze si sono diradate ma da qualche settimana è ricominciato il viavai. In estate gli «inquilini», rom e bulgari,erano tornati nei propri Paesi per fare visita ai parenti

(Fotoservizio Carlo Lannutti/LaPresse) (Fotoservizio Carlo Lannutti/LaPresse)
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I giacigli sono allineati sui lati lunghi della navata rettangolare in ferro e vetro. I materassi poggiano su cassette di plastica, le stesse accatastate nei banchi dei mercati ortofrutticoli, per guadagnare qualche centimetro di distanza dal pavimento. Sedie, ceste di vimini e tavoli da giardino restituiscono, moltiplicata per trenta, l’immagine della camera di Van Gogh: tanti sono i posti letto che abbiamo contato nelle serre moderne di Villa Pamphilj.

Il dormitorio abusivo a Villa Pamphilj
I materassi all’interno della serra

A otto mesi dall’ultimo servizio del Corriere della Sera , nulla è cambiato: continua l’occupazione delle strutture, nonostante il sequestro giudiziario e i sigilli che sono stati apposti della polizia locale. Appena sgomberato, il condominio abusivo si ripopola di nuovi e vecchi inquilini. Il bucato steso ad asciugare sui corrimano delle scale, le scarpe riposte negli scatoloni, gli abiti puliti ripiegati accanto ai cuscini descrivono il disordine organizzato nel dormitorio a poche centinaia di metri da viale Rosa Luxemburg. Dove si condivide tutto, anche il privato. Accade, così, che le cornici con le foto in bianco e nero dei propri cari trovino spazio, le une accanto alle altre, sul parapetto che funge da comodino: a ciascuno i suoi Lari. Se non fosse che la camerata diventa un pantheon collettivo in miniatura, un diario senza intimità. La disciplina che regola la convivenza si intuisce dall’impegno nel mantenere un minimo di decoro, al netto delle condizioni disagiate: mancano acqua, luce, gas.

Per restare umani, e non rinunciare ai riti che scandiscono il ritmo delle giornate, ci si arrangia. Fuori dalla porta d’ingresso, chiusa con catena e lucchetto, spunta uno spray insetticida. Sbirciando attraverso una grossa crepa nella vetrata, notiamo taniche utilizzate per l’igiene personale o per lavare le stoviglie, flaconi d’alcol e detergenti. Fuori, nel corridoio sterrato tra le due serre, c’è il vespasiano: una cloaca a cielo aperto. Se ad agosto le presenze si sono diradate, già da qualche settimana è ricominciato il viavai: probabile che gli occupanti, per la maggior parte rom bulgari, siano tornati nel proprio Paese per fare visita ai parenti. «Ci hanno mostrato biglietti aerei Ciampino-Sofia», racconta Paolo Arca, presidente dell’Associazione per Villa Pamphilj. «Dicono di essere di passaggio, ma sappiamo che non è così: il turnover è continuo. Arrivano con istruzioni precise, c’è qualcuno che va a prenderli e li riaccompagna in aeroporto. Non girano con i carrelli della spesa come i rom che rovistano nei cassonetti e gravitano nei dintorni di via Vitellia. Il motivo di questi flussi dalla Bulgaria non è chiaro, ma si può immaginare che siano gestiti».


Ed è probabile che i posti letto non siano gratis, come è emerso dal palazzo sgomberato di via Curtatone, a due passi dalla stazione Termini e dalla sede del Consiglio superiore della magistratura che tante polemiche ha sollevato per i metodi usati dalle forze dell’ordine: «Ci risulta che per un materasso si possono pagare anche 200 euro al mese», rivela Arca. «Abbiamo presentato decine di esposti a vigili e carabinieri, ma senza un presidio costante i blitz servono a poco», è la sua denuncia. L’ultimo sgombero è del marzo 2015: per ricordare che la situazione è rimasta tale e quale, ogni 17 del mese l’associazione pubblica un articolo corredato da immagini fresche sulla sua pagina Facebook.

E pensare che le serre sono state riqualificate con i fondi straordinari del Giubileo del Duemila, tranche miliardarie e finanziamenti a pioggia, per essere poi abbandonate: «Pensando di convertirle in spazi espositivi hanno costruito i bagni, mai utilizzati. E la profilatura in rame, aggiunta in fase di restyling, è stata rubata».
Ma nella villa, 184 ettari di verde, gli insediamenti sono ovunque: nei casali dismessi, ridotti a ruderi, e sotto il ponte Artemisia Gentileschi. «Li abbiamo indicati su una mappa da consegnare alle forze dell’ordine. Sono una settantina, ma nessuno interviene», accusa.

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