Torino

Torino, muore per un melanoma curato con la "psicoterapia". Il medico a processo

Un esame diagnostico 
Un piccolo neo all'origine della vicenda: la dottoressa aveva sottoposto la sua paziente al metodo del tedesco Hamer, padre del giovane morto all'Isola di Cavallo per il quale era stato arrestato Vittorio Emanuele di Savoia
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Gocce di erbe e fiumi di parole per combattere il cancro: gli anni passavano, così come quel neo sulla spalla sinistra che cresceva a vista d'occhio. Ma per guarire dal cancro che le stava divorando la pelle, doveva solo risolvere i suoi conflitti interiori. Rimedi omeopatici e sedute di psicoterapia sarebbero basati sulla base della teoria del dottor Ryke Geerd Hamer, medico tedesco considerato un "guru" della medicina alternativa per la lotta contro i tumori, padre del giovane ucciso da un colpo di fucile esploso da Vittorio Emanuele di Savoia all'isola di Cavallo.
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Marina L., 53 anni, torinese madre di una figlia adolescente, aveva creduto alle parole della dottoressa Germana Durando, medico di base ed omeopata, di cui era paziente da anni. E ogni volta che aveva avuto dei dubbi, sul melanoma maligno e le cure che avrebbe dovuto affrontare, era stata puntualmente rassicurata: nessuna medicina tradizionale, nessun intervento chirurgico. Fino a morire, così, nel 2014, per colpa delle metastasi che ormai l'avevano divorata ma che la donna non doveva continuare a curare, perché, secondo la terapeuta, il suo corpo stava solo "combattendo". "Se il medico avesse applicato non le migliori pratiche cliniche, ma solo elementari conoscenze proprie della medicina, la donna non sarebbe morta" è la tesi del medico legale Roberto Testi che ha svolto la perizia per conto della procura di Torino. Il pm Stefano Demontis ha chiuso le indagini e contesta l'accusa di omicidio colposo a Germana Durando. "Non seguire le cure tradizionali è stata una scelta terapeutica condivisa" spiega l'avvocato Nicola Ciafardo che l'assiste.

Il neo sulla scapola sinistra, da pochi millimetri di diametro (nel 2005) era diventato enorme, arrivando a undici centimetri. Faceva molto male, e una garza doveva raccogliere il liquido che ne fuoriusciva. "Non toglierlo, è lo sfogo di un problema psicologico. Risolvi il conflitto e passerà" era la tesi della sua dottoressa, che la donna soprannominava "Santa Germana". Marina L. si era "ribellata" alle tesi hameriane del suo medico solo quando, nel marzo 2014 aveva deciso di asportare il neo in ospedale. Il referto istologico non aveva lasciato dubbi sul destino che l'attendeva: era un melanoma maligno a cellule epiteliomorfe, di tipo "T4", il più terribile cancro della pelle. Doveva iniziare al più presto le cure tradizionali. La donna ne aveva discusso a lungo, si era rivolta anche al fratello, un medico chirurgo che, assistito dall'avvocato Marino Careglio, ha poi firmato l'esposto. "Vivo a Roma e sentivo mia sorella al telefono: le ho offerto aiuto e consigli, ero preoccupato, ma lei mi rassicurava che il neo era sotto controllo e che era seguita dalla dottoressa Durando" racconta. Nonostante i tentativi di convincerla ad affiancare terapie mediche scientifiche a quelle hameriane, Marina aveva continuato ad affidarsi al suo medico e a "combattere" il cancro con psicoterapia e gocce omeopatiche. Anche quando i linfonodi ascellari si erano ingrossati: le indagini cliniche di nuovo suggerivano che si trattava di masse compatibili con metastasi tumorali. "Non devi toglierle, sono la sentinella del tuo corpo che sta lottando per te" le diceva "Santa Germana". E ancora una volta i dubbi e le perplessità venivano spazzati via dalle cinque leggi biologiche della nuova medicina del dottor Hamer: ogni malattia è generata da uno choc e da un trauma emotivo, superato il quale il corpo si autoripara. Tredici metastasi al cervello invece, nel settembre 2014, solamente sei mesi dopo, l'avevano uccisa.
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