CONCORDATO PREVENTIVO ANCHE CON LA CONTINUITÀ INDIRETTA

All'apertura della stagione dei bilanci, in tema di crisi d’impresa ritorna d’attualità la procedura di concordato preventivo in continuità, che tanti distinguo ha suscitato ma che indubbiamente è servito per dare prospettiva a situazioni gravi ma sanabili e che rimane uno strumento importante di risoluzione.

L’occasione è quella del provvedimento del Tribunale di Como del 9 febbraio scorso, con il quale ha concesso via libera ad una proposta di concordato preventivo in continuità indiretta, con pagamento dei creditori chirografari per una quota inferiore all'ormai canonico 20 per cento, fondando le proprie deduzioni su quanto scritto nella delega Rordorf.

In particolare, viene recepita la netta indicazione di: «dare priorità di trattazione, fatti salvi i casi di abuso, alle proposte che comportino il superamento della crisi, assicurando la continuità aziendale anche tramite un diverso imprenditore, riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non sia proposta un’idonea soluzione alternativa».

L’affitto d’azienda viene, così, ricompreso a pieno titolo nell'accezione di continuità aziendale. A maggior ragione quando emerge chiaramente come l’alternativa del fallimento determini un danno maggiore per i creditori rispetto alla procedura di concordato preventivo, scelta quindi del tutto preferibile e accettata se l’obiettivo resta il superamento dello stato di crisi.

Chiaro l’orientamento a favorire la prosecuzione dell’attività aziendale e liberare risorse che nelle procedure di liquidazione rimangono vincolate a tutela delle prededuzioni, a scapito degli interessi dei creditori chirografari.

Lo strumento d’altra parte conoscendo una fase di sempre più scarso utilizzo, come riscontra il grafico di seguito riproposto, all'interno dell’ «Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese» pubblicato da Cerved ne febbraio scorso.