Creme solari in ogni paese regole diverse

DCosa metterete in valigia? Pochi, e soprattutto in formato mini, prodotti di bellezza se volete viaggiare leggeri e non volete vedervi sequestrare i belletti preferiti ai metal detector degli aeroporti. E gli schermi solari? Si possono acquistare a destinazione. Come sceglierli? Dipende da dove vi recate. Fuori dall'Europa le cose cambiano e qualche volta anche nel vecchio continente non tutto è chiaro.

Negli Stati Uniti e in Canada i protettori solari sono considerati farmaci, sono invece prodotti ibridi (metà beauty, metà medicinali) in Brasile, Australia e Cina. Da noi (e in tutta Europa) invece sono cosmetici. Sono diverse le leggi, le formule, gli schermi (da noi se ne usano una trentina, negli Stati Uniti diciassette, per fare un esempio). Sono differenti le indicazioni, le raccomandazioni e gli indici di protezione (Spf). Come districarsi nella scelta in giro per il mondo?

«Sull'Spf si discute da tempo e, negli ultimi anni, i paesi si sono allineati fra loro ma non ancora del tutto», afferma Stefano Dorato, direttore relazioni scientifiche e normative dell'associazione italiana delle imprese cosmetiche Cosmetica Italia. «La capacità protettiva è valutata con sistemi diversi, scelti dalle aziende produttrici. In Europa la Commissione europea ha stabilito dei paletti all'uso degli ingredienti e ha pubblicato delle raccomandazioni sui termini da usare o da evitare sulle etichette dei prodotti. A queste linee guida, ad oggi, le industrie aderiscono nella quasi totalità. È diverso altrove».

Può capitare che in Brasile, meta fra le più gettonate questa estate per chi seguirà le Olimpiadi, si acquisti uno schermo con Spf 99, altissimo, per accomodarsi magari con i propri figli sugli spalti di Copacabana a godersi le sfide dei campioni di beach-volley o alla marina per le regate veliche, sicuri di essere protetti. E invece scottarsi. «L'Spf superiore a 50 non è veritiero. I raggi solari passano comunque», ribadisce Dorato.

Sono anche diversi i metodi usati nei laboratori per valutare le capacità schermanti dei filtri. Qui il tasto più dolente: anche all'interno di un singolo paese le cose non vanno sempre come dovrebbero. In Europa si sta tentando una standardizzazione col sistema ISO perché ancora non tutte le industrie si regolano allo stesso modo. E negli Stati Uniti, paese che paragona i filtri di protezione solare ai farmaci e da cui ci si aspetta maggior rigore, le cose non sono chiare. Lo dimostra l'ultima indagine fatta da ConsumerReports su 60 solari (lozioni, spray, stick e balsami per le labbra), pubblicata nei giorni scorsi. Nel 43% dei prodotti testati non è stata trovata corrispondenza fra SPF dichiarato in etichetta e reale livello di protezione.

Paese che vai, infine, ingredienti che trovi. Alcuni filtri UV (come i derivati PABA, i cinnammati, il benzofenone e l'octocrilene) possono diventare allergeni sotto i raggi solari. I filtri usati nel mondo sono di tipi differenti e ciò che è vietato da noi può essere autorizzato altrove, o viceversa. Prima della scelta leggete l'elenco degli ingredienti.

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Agnese Ferrara