Cristina.M
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Svolgimento Pedagogia Miliband a cura di Dimitrie Worms

In merito all’argomento del brano sopra riportato, mi trovo perfettamente in linea con il pensiero dell’autore. Noi studenti troppo spesso dobbiamo convivere forzatamente con insegnamenti che non rispecchiano assolutamente le nostre attitudini personali e questa condizione sicuramente influisce sul nostro profitto, ma ancor di più sulla nostra possibilità di appassionarci a ciò che studiamo e in generale alla scuola.

In Italia, ad esempio, fin dalla scuola primaria l’insegnamento scolastico verte principalmente e quasi esclusivamente a lavorare sulle intelligenze linguistico-verbale e logico-matematica, mettendo in secondo piano tutte le altre attitudini e capacità innate degli studenti; discipline come la musica, l’arte e l’educazione motoria sono considerate materie complementari. Questa scelta è dovuta, senza dubbio, alla tendenza lavorativa presente nel nostro paese, in cui non c’è futuro per chi sceglie di vivere facendo l’artista, il musicista o lo sportivo. L’istruzione superiore è proprio la massima espressione di questa condizione: noi ragazzi ci troviamo costretti a relazionarci con discipline che non appartengono al nostro bagaglio di predisposizioni e che probabilmente non andremo mai a scegliere come futuro lavorativo. Riallacciandomi, quindi, all’idea di apprendimento personalizzato penso che questo possa notevolmente aiutare gli studenti. Per apprendimento personalizzato, infatti, si intende la capacità degli insegnati di adattare ambienti, percorsi e approcci didattici ai bisogni, alle potenzialità e alle aspettative dei singoli individui che apprendono. Il concetto di apprendimento personalizzato è apparso per la prima volta negli USA all'inizio degli anni Ottanta, ma è nel Regno Unito che alla fine degli anni Novanta l'idea di personalizzazione viene approfondita e ampliata nel più generale ambito dei servizi, con l'introduzione del concetto di “servizi personalizzati sul cliente”. Nel 2004 il governo britannico abbraccia ufficialmente l' ”apprendimento personalizzato” all'interno della propria politica educativa. In realtà, però, già a partire dal 19° secolo, altri autori e pedagogisti famosi avevano gettato le basi per l’apprendimento personalizzato. Claparède e Gardner, ad esempio, parlano di intelligenze multiple, individuando diversi tipi di intelligenza che appartengono agli esseri umani; loro affermano che solo individuando e lavorando sulle singole e specifiche intelligenze di ogni individuo si può riuscire a tirar fuori il suo potenziale massimo, soprattutto in ambito scolastico. Anche Bloom si è accostato all’argomento. Bloom ha teorizzato il Mastery Learning, ossia un metodo di istruzione che parte dal presupposto che tutti gli studenti possono apprendere se hanno a disposizione appropriate condizioni di apprendimento. In modo particolare, il Mastery learning, tradotto letteralmente "apprendimento per padronanza", richiede agli studenti di seguire un percorso propedeutico in cui non è possibile passare ad una fase più complessa se prima non si è dimostrato di aver acquisito una sufficiente competenza nell'unità di apprendimento in corso. Bisogna, però, fare attenzione, in quanto il termine "personalizzazione" è impropriamente utilizzato come sinonimo di "individualizzazione": i due termini hanno due distinte implicazioni pedagogiche. L'individualizzazione si riferisce all'insieme delle strategie didattiche che intendono garantire agli studenti il raggiungimento degli stessi obiettivi di apprendimento, con ritmi differenti, in tempi diversi, e modalità diverse rispetto agli stili cognitivi. L'insegnante gestisce e sceglie la migliore soluzione per chi apprende. La personalizzazione, invece, intende valorizzare il potenziale cognitivo di chi apprende, la sua biografia, l'intelligenza, la sensibilità e le competenze (incluse quelle emotive) che caratterizzano ciascun individuo in quanto persona, al fine di raggiungere una forma di eccellenza cognitiva, sviluppando tutte le proprie attitudini, capacità e talenti. I risultati e gli obiettivi di apprendimento saranno quindi diversi per ciascuno studente, e non sarà possibile stabilirli dall'inizio dell'apprendimento. Non è tanto la tipologia di competenze da acquisire ad influire sui risultati, ma il diverso grado di abilità nell'utilizzo di queste stesse competenze. Proprio per questo motivo è importante che la programmazione didattica, nella rilevazione dei bisogni formativi degli alunni, tenga conto non solo della loro formazione culturale, dettata dai programmi ministeriali, ma anche e soprattutto degli interessi e delle capacità degli studenti. A tal proposito una didattica che punta sull’uso delle nuove tecnologie risponde perfettamente a queste esigenze. Tuttavia, definire che cosa si intende con il termine "tecnologie didattiche" non è affatto semplice, come potrebbe dapprincipio sembrare. Gli stessi addetti ai lavori usano il termine con significati spesso differenti. Le due definizioni più usate sono:
a. l'uso della tecnologia (i mezzi) nella didattica;
b. l'applicazione delle scienze del comportamento alla didattica.
La prima riguarda l'analisi e l'utilizzazione degli strumenti tecnologici più appropriati per favorire l'apprendimento dei discenti. Quello che chiameremo tecnologie per la didattica. La seconda riguarda la progettazione e la valutazione sistemica di modelli di apprendimento utilizzando le conoscenze derivate dalle teorie psicologiche, evolutive e comportamentali. Quello che chiameremo tecnologie didattiche. Ovviamente le due definizioni sono in stretta correlazione: all'interno della progettazione e realizzazione di un modello di apprendimento si utilizzeranno delle tecnologie per la didattica. E quindi, la seconda definizione è quella più ampia e comprensiva.
Si è usato molto il termine "tecnologie didattiche", o "educational technology", in ambiente anglosassone a partire dalla seconda metà degli anni '50, sotto la spinta del comportamentismo skinneriano che proponeva di estendere gli studi sperimentali sul comportamento condizionato degli animali anche ai processi di apprendimento degli esseri umani. Gli psicologi cognitivisti, successivamente, criticarono questo approccio di Skinner e ritennero che non si debba puntare l'attenzione solo al comportamento, ma anche ai processi interni, agli stati mentali, che permettono ad un soggetto di compiere determinate azioni. Quindi nella progettazione di ambienti di apprendimento non si deve puntare solo al raggiungimento di determinati obiettivi didattici, ma si deve tener conto soprattutto del loro aspetto qualitativo, della loro flessibilità e trasferibilità in altri contesti. Dal filone cognitivista è sorto il costruttivismo. I costruttivisti mettono l'accento sull'impegno attivo da parte dei discenti, sulla loro capacità a costruirsi organicamente una propria conoscenza. In breve, per i costruttivisti il sapere viene visto come un costrutto personale, realizzato tramite un'attività in collaborazione con altri e sempre dipendente da un determinato contesto.
Comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo sono le teorie psicologiche che maggiormente hanno influenzato il campo di studi delle tecnologie didattiche.
In conclusione, nella visione di Miliband, la personalizzazione nella scuola porta inevitabilmente con sé l'offerta di un repertorio più vasto di opportunità, che al centro possono avere uno sfondo comune di competenze essenziali, ma questo non basta. Ciò che davvero serve è dare voce in capitolo a coloro che apprendono. L'apprendimento personalizzato, infatti, si basa sul principio che coloro che imparano migliorano le loro prestazioni se sono continuamente aiutati e impegnati a definire i propri obiettivi, i propri scopi di apprendimento, scegliendo le strategie più efficaci.
Per raggiungere questo obiettivo, bisogna sapere coniugare la generalizzazione del servizio scolastico con la personalizzazione dell'insegnamento. Per realizzare una personalizzazione che veda gli studenti co-produttori del loro sapere David Miliband indica cinque strategie:
• Valutazione per l'apprendimento, divenuta un must in Inghilterra, e uso dei dati e del dialogo
per individuare i bisogni di apprendimento individuali
• Organizzazione del personale scolastico e delle tecnologie in funzione dei diversi bisogni, ritmi
e stili di apprendimento
• Ampia scelta di programmi e diversi itinerari di studio
• Riforma della professione docente ispirata a valori etici che abbiano a riferimento il
soddisfacimento dei bisogni degli allievi
• Sostegno alla scuola da parte della collettività, delle istituzioni locali e dei servizi sociali
La personalizzazione, quindi, non si propone come una sorta di “innovazione di sostegno”, ma potrebbe diventare un'innovazione radicale qualora concepita per mettere gli studenti al centro. Questa idea non è così utopica come potrebbe sembrare, perché, ad esempio, i ragazzi ricorrono abitualmente a internet dove si attivano forme di auto-organizzazione capaci di generare risposte non gerarchiche ai bisogni espressi, forme di informazione e formazione di tipo orizzontale nelle quali sono co-produttori del proprio sapere.