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MUSICA

"Io sono", Paola Turci rinasce in musica: "Ho cambiato vita molte volte"

La cantante romana pubblica un'antologia di successi con tre inediti e presto ripartirà in tour. "Mi piace usare il mio volto come una metafora, sono lo sguardo destro e quello sinistro, sono serena e inquieta"

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Trent'anni di canzoni sono un traguardo importante, che Paola Turci festeggia con l'uscita del nuovo album Io sono. Ovvero un'antologia di alcuni dei successi più noti come Bambini, Volo così, Questione di sguardi o Stato di calma apparente. Più tre inediti, a partire dalla title-track Io sono (oltre a Questa non è una canzone e Quante vite viviamo). Un traguardo che coincide con i cinquant'anni della cantante romana, che per l'occasione traccia un bilancio della sua vita artistica e no, alla vigilia di un tour di presentazione nei negozi di dischi (e tra qualche settimana di una serie di concerti).
 
Questo album è in qualche modo conseguenziale alla recente autobiografia Mi amerò lo stesso. Come è scaturito l'impulso di raccontarsi in un libro?
"Ho cambiato vita molte volte. Tra città, case, connotati, uomini. A un certo punto mettere tutto nero su bianco è stata una necessità, che si è concretizzata grazie all'aiuto di Enrico Rotelli. Ma non è stato facile rendere pubblici i miei errori e le mie vulnerabilità".
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Quali sono le tappe salienti della sua vita che ha identificato?
"Per esempio, parlando del percorso artistico, le ultime canzoni che ho presentato a Sanremo. Come Stato di calma apparente, Volo così o Saluto l'inverno scritta con Carmen Consoli. Momenti coincisi con punti di svolta, in cui la mia carriera è cambiata diventando più autonoma. Per il futuro vorrei scrivere completamente le mie canzoni, i miei testi. E sto cominciando a buttare giù delle idee, che escono fuori con molta forza in questo periodo di mutamenti".
 
Molte delle canzoni più celebri sono state incise in una versione eterea e liquida, con una veste tra l'acustico e l'elettronico che regala ai brani una nuova magia, una nuova luce... Come è nata questa nuova chiave sonora?
"L'idea era di conciliare la dimensione 'voce e chitarra acustica' - dimensione che è stata molto presente nei miei live - con il mondo elettronico che mi ha sempre affascinato, specialmente quello di atmofera, notturno, intimo... Questo è lo spunto con cui sono andata a registrare in Umbria all'Università di Alcatraz. Dopo aver registrato le prime versioni ho conosciuto Federico Dragogna a un concerto di Vasco Brondi a Roma. Lui si è incuriosito e abbiamo cominciato a lavorare. E ci siamo trovati in grande sintonia".
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Dragogna è il produttore artistico della nuova scena del rock d'autore che comprende Ministri e Luci della Centrale Elettrica...
"L'incontro tra il mio mondo e quella scena ha rivelato molte analogie. Sono stata molto stimolata da Dargogna, una persona con grande aperture mentali. E siamo riusciti a trovare nuove sonorità per canzoni che in qualche caso hanno l'età di questa generazione di nuovi artisti. Insomma, un bello scambio".
 
E come è stato l'incontro con Francesco Bianconi dei Baustelle che ha scritto Io sono?
"Mi aveva già regalato Mangiatrice di uomini e Utopia. Una delle volte che ci siamo visti a Milano mi ha fatto sentire il suo provino per quella canzone, che in origine era Io non sono... ma io ho chiesto di modificarla, così la sento anche mia".

Il testo della canzone dice: "Non sono quello che da sempre credi". Cioè?
"In un certo senso corrisponde alla foto di copertina del disco. Sono una persona vulnerabile, almeno in una parte. Che oggi mostro e metto in copertina. Ma poi il verso seguente: 'sono cieli bianchi e neri' sta a significare che sono questo e quell'altro. Mi piace usare il mio volto come una metafora, sono lo sguardo destro e quello sinistro, sono serena e inquieta"
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Tra qualche giorno salirà di nuovo sul grande palco di piazza San Giovanni nella Capitale. Che ne pensa del derby scaturito tra i due Concertoni del Primo Maggio, a Roma e a Taranto?
"In realtà l'anno scorso ero proprio a Taranto, la città che è stata più colpita sul fronte lavoro e dell'ambiente. Mi sembra una sana concorrenza, anche perché a Roma sono cambiati gli organizzatori, gli ultimi anni era diventato un po' un passaggio promozionale. E mi piace pensare che si ritorni in pieno all'idea della festa dei lavoratori in musica".

E com'è nata la collaborazione con Paolo Fresu e la Fondazione Rava a favore di Haiti?
"Sono entrata in contatto con loro già da tempo con dei concerti per raccogliere fondi. E tornerò ad Haiti a ottobre, anche se non sarà facile, sembra che sia piuttosto pericoloso. Sosterremo l'ospedale Saint Damien, l'unico rimasto in piedi dopo il terremoto. È vicinissimo alla chiesetta dove mi sono sposata nel 2010 (poi mi sono separata un paio di anni dopo). Padre Rick, prete passionista e medico che dirige l'ospedale, è una persona speciale: ogni mercoledì va all'obitorio per dare sepoltura anche ai corpi senza nome e senza parenti. E li seppellisce su una collina da dove si vede il mare".