ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00587

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 372 del 05/02/2015
Firmatari
Primo firmatario: TERZONI PATRIZIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 02/02/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
GAGNARLI CHIARA MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
ZOLEZZI ALBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015
DE ROSA MASSIMO FELICE MOVIMENTO 5 STELLE 02/02/2015


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00587
presentato da
TERZONI Patrizia
testo di
Giovedì 5 febbraio 2015, seduta n. 372

   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    le faggete italiane (Fagus sylvatica L.) rivestono una duplice importanza ecologica, sia dal punto di vista biogeografico che per quanto riguarda il loro livello di naturalità;
    in senso biogeografico, le faggete vengono definite «depresse», «sotto quota» o «residuali» quando vegetano al di sotto dell’optimum del faggio che popola il piano montano, a quote di 700-1300 m. s.l.m. sulle Alpi, 1000-1300 m. s.l.m. sull'Appennino, fino al limite della vegetazione arborea nell'Appennino meridionale;
    queste faggete termofile rappresentano i «relitti» dell'ultima era glaciale durante la quale i boschi di faggio popolavano le fasce vegetazionali delle quote più basse e che a seguito del ritiro dei ghiacci «risalirono» alle altitudini attuali, lasciando queste sporadiche faggete alle quote più basse qualora le condizioni climatiche lo permettevano;
    si annoverano tra le principali faggete depresse italiane quelle laziali di Oriolo e Bassano Romano alla quota 400 m s.l.m. di Allumiere a 600 m s.l.m. del Monte Venere e di Monte Fogliano a 700-800 m s.l.m. quella del Monte Cimino a 950-1050 m s.l.m. quelle del parco di Bracciano-Martignano ad una altitudine di circa 500 m. s.l.m., quelle pugliesi del Gargano, nei pressi della foresta umbra nel comune di Ischitella a 300 metri s.l.m, quelle toscane della valle del Carfalo presso Montaione, con esemplari di faggio al disotto i 200 m quelle calabresi a quote variabili tra i 700-800 m s.l.m., quelle del monte Vulture (Potenza), del monte Serino (Avellino), la Faggeta residuale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini (Pian Grande di Castelluccio, Umbria) e altre;
    nei citati esempi la sopravvivenza degli alberi di faggio si fonda molto spesso su un delicatissimo equilibrio ecologico realizzato tra il microclima umido e la fertilità dei profondi suoli vulcanici;
    in Italia peninsulare il faggio raggiunge il limite meridionale del suo areale e a seguito dell'attuale fase di inaridimento climatico subisce un forte stress e deperimento essendo una specie esigente di umidità;
    dal punto di vista della naturalità, queste faggete rappresentano delle «foreste vetuste», ossia popolamenti in cui gli alberi dominanti stanno morendo naturalmente a seguito della Conclusione del loro ciclo vitale che a bassa quota è di 100-200 anni;
    la morte di alberi non pregiudica la scomparsa dell'ecosistema, che anzi acquisisce maggior naturalità attraverso la presenza di esemplari di grandi dimensioni moribondi o morti che formano gli «alberi habitat», spesso assenti nei boschi gestiti che generano a loro volta microhabitat rari in grado di consentire la sopravvivenza di numerose specie animali protette, quali gli insetti saproxilici e xilofagi come l'Osmoderma eremita, specie prioritaria, il Lucanus cervus, di direttiva «Habitat» e varie specie di picchio;
    i coleotteri saproxilici necessitano di alberi di grandi dimensioni per la cui tutela ad esempio, nel piano di gestione del SIC/ZPS di Monte Venere e Monte Fogliano (Viterbo) si prevede il non taglio degli alberi di diametro maggiore di 45-50 cm;
    da recenti studi del gruppo di ricerca del professor Giuseppe M. Carpaneto (università Roma Tre) sono stati segnalati proprio per la faggeta del Monte Venere gli insetti Eledonoprius armatus, prima segnalazione per l'Italia centrale, e Odontosphindus grandis, nuova specie per l'Italia, rendendo di fatto queste faggete dei santuari da preservare sia per il loro significato biogeografico, sia per la loro fragilità, che per il ruolo cruciale che hanno nella conservazione della biodiversità;
    per queste ragioni alcune faggete vetuste come quelle laziali di Soriano nel Cimino e di Oriolo Romano fanno parte dal 2012 della rete avviata dall’International Accademy of nature conservation of Vilm (Germania) e sono valutate dall'Unesco nella sezione patrimonio naturale;
    l'importanza ecologica delle faggete «depresse» è sancita dal fatto che questi ecosistemi, oltre ad essere inclusi in aree protette regionali, sono di fatto siti di interesse comunitario (SIC) della «Rete Natura 2000»;
    le ZPS (zone di protezione speciale) sono istituite ai sensi della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici o più semplicemente direttiva «Uccelli», mentre i SIC (siti di interesse comunitario o siti di importanza comunitaria) sono definiti dalla Direttiva 92/43/CE del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, nota anche come direttiva «Habitat» ed entro sei anni dalla loro dichiarazione queste aree devono essere dichiarate dallo stato membro «zona speciale di conservazione» (ZCS);
    in Italia la redazione degli elenchi SIC e ZPS è stata effettuata a cura delle regioni e delle province avvalendosi della consulenza di esperti e di associazioni scientifiche del settore;
    secondo l'articolo 3, comma 1 della direttiva 2009/147/CE che si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat, gli Stati membri adottano le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico, una varietà e una superficie sufficienti di habitat;
    le azioni di cui al punto precedente sono volte alla preservazione, al mantenimento e al ripristino dei biotopi e degli habitat, comportando tra l'altro le misure di mantenimento e sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all'interno e all'esterno delle zone di protezione, il ripristino dei biotopi distrutti, la creazione di biotopi e la prevenzione nelle zone di protezione, dell'inquinamento o del deterioramento degli habitat, nonché delle perturbazioni dannose;
    la direttiva 92/43/CE «Habitat» relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, si prefigge di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli stati membri;
    tra le tipologie di habitat d'interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, si annoverano nell'allegato 1 della suddetta direttiva, le foreste subnaturali di specie indigene di impianto più o meno antico (fustaia), comprese le macchie sottostanti con tipico sottobosco, rispondenti ai seguenti criteri: rare o residue, e/o caratterizzate dalla presenza di specie d'interesse comunitario;
    tra le foreste di cui sopra (paragrafo 9 dell'allegato 1) si riportano al punto 91 le «foreste dell'Europa temperata» comprendenti i faggeti del Luzulo-Fagetum (cod. Natura 2000, 9110), i faggeti acidofili atlantici con sottobosco di Ilex e a volte di Taxus (cod. Natura 2000, 9120), i faggeti dell'Asperulo-Fagetum (cod. Natura 2000, 9130), i faggeti subalpini dell'Europa centrale con Acer e Rumex arifolius (n. 9140), i faggeti calcicoli dell'Europa centrale del Cephalanthero-Fagion (cod. Natura 2000, 9150) e al punto 92 le «Foreste mediterranee caducifoglie» annoveranti i faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (cod. Natura 2000, 9210) e i faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis (cod. Natura 2000, 9220), quest'ultimi due indicati come habitat prioritari;
    la direttiva «Uccelli» è stata recepita colla legge n. 157 dell'11 febbraio 1992 e col decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357 e successive modificazioni e integrazioni, che integra tale recepimento, mentre la direttiva «Habitat» è stata recepita col decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, modificato ed integrato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 12 marzo 2003;
    il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 184 del 17 ottobre 2007 «criteri minimi uniformi per la definizione di misure, di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)», all'articolo 6, comma 4 «ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti forestali delle montagne mediterranee», stabilisce l'obbligo di integrazione degli strumenti di gestione forestale al fine di garantire il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o deperienti, utili alla nidificazione e all'alimentazione dell'avifauna, nonché la regolamentazione dei tagli selvicolturali in connessione alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione e delle attività forestali in merito all'eventuale rilascio di matricine nei boschi cedui, alla eventuale indicazione di provvigioni massime, di estensione ed epoca degli interventi di taglio selvicolturale, di norme su tagli intercalari;
    diverse regioni italiane non hanno ancora recepito gli aspetti selvicolturali del succitato decreto;
    le aree che compongono la rete Natura 2000 non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse, bensì garantiscono la protezione della natura tenendo conto anche delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali, consentendo anche ai soggetti privati di esserne proprietari, assicurandone una gestione sostenibile sia dal punto di vista ecologico che economico;
    la rinnovazione delle specie arboree di queste faggete di bassa quota è generalmente scarsa, problematica tra l'altro già descritta anche in boschi di faggio dei climi temperato-caldi di altre parti del mondo;
    dal punto di vista ecologico, la rinnovazione di questi popolamenti relittuali è una problematica molto complessa e non ancora completamente chiarita che sottolinea la necessità di approfonditi studi scientifici che consentano di comprendere appieno il fenomeno;
    l'effettuazione dei tagli per favorire la rinnovazione del faggio in un tale contesto ecologico rappresenta quindi un problema tecnico-scientifico che richiede particolare cautela, in cui la prassi empirica deve essere abilmente coniugata con le conoscenze bioecologiche della specie e della comunità;
    in molte delle faggete con le caratteristiche sopra esposte, la salvaguardia necessita di interventi selvicolturali conservativi, qualora i tagli boschivi non favoriscano la rinnovazione, soprattutto in un periodo in cui il clima è molto più arido rispetto all’optimum del faggio;
    buche o chiarie di dimensioni eccessive non sono compatibili con una pronta rinnovazione di faggio a bassa quota, ma portano all'innesco di successioni secondarie (come si può osservare in condizioni ecologiche analoghe), in cui il faggio rimane escluso anche per decenni;
    oltre a proteggere l'habitat prioritario, questi siti sono tutelati proprio per la presenza di piante morte/moribonde e di attive catene trofiche di detrito associate alla decomposizione del legno, quindi gli eventuali tagli comprometterebbero entrambi, soprattutto nel caso in cui si aprano ampie buche e chiarie, colpendo gli alberi di maggiore dimensione;
    negli ultimi anni, al fine di preservare questi popolamenti, molte regioni hanno vietato i tagli per consentire la conservazione integrale di questi ecosistemi, fondamentali per la tutela del nostro patrimonio naturale, prevedendo tuttavia degli indennizzi per il mancato abbattimento,

impegna il Governo:

   a garantire, per quanto di competenza, la gestione attiva del patrimonio forestale nazionale, in accordo con le regioni e nell'ambito dei piani di sviluppo regionali, secondo i criteri di gestione forestale sostenibile (GFS-Helsinki 1993) già recepiti dalla normativa nazionale e regionale, e promossi dalla strategia nazionale per il settore forestale;
   a promuovere un'azione organica e coerente di gestione attiva su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo gli enti di ricerca pubblici in materia di silvicoltura, ecologia e botanica forestale, al fine di garantire la preservazione e tutela di ecosistemi di pregio e nello specifico delle «faggete depresse» su tutto il territorio nazionale;
   a promuovere ogni azione utile ad avviare, a livello nazionale, la valorizzazione delle risorse naturali e delle aree protette (parchi nazionali e regionali, Natura 2000, e altro) che le tutelano, non solo per una protezione dell'ambiente per sé, ma anche per lanciare una strategia di conservazione attiva della natura che consenta di dare impulso all'economia del territorio attraverso l'ecoturismo e l'economia verde;
   ad attivare, in accordo con le regioni, la ripresa di una politica di indennizzo per il mancato taglio qualora venga scientificamente provato che, per la conservazione dei popolamenti di faggio «sotto quota», sia necessario vietare o limitare le autorizzazioni di taglio delle specie arboree;
   ad assumere iniziative affinché venga data piena attuazione al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 184 del 17 ottobre 2007 che prevede, tra le molteplici azioni, anche il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o deperienti, senza tralasciare però gli aspetti riguardanti la difesa dalle fitopatie e dagli incendi;
   a procedere alla valutazione economica degli ecoservizi svolti dalle «faggete depresse», come ad esempio il loro ruolo nel ciclo dell'acqua, nella conservazione della biodiversità, nel turismo, nel paesaggio e nelle attività tradizionali locali, la cui quantificazione è fondamentale per la valutazione dei danni derivanti dalla loro perdita.
(7-00587) «Terzoni, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Benedetti, Gallinella, Zolezzi, De Rosa».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

zona protetta

protezione dell'ambiente

protezione della fauna