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TURCHIA/TURCHIE

Rubrica Turchia/Turchie

Turchia e Azerbaigian: matrimonio in crisi

Nonostante la creazione del Consiglio dei Paesi turcofoni, negli ultimi due mesi si sono verificati dei danni potenzialmente irrimediabili al partenariato strategico turco-azero. Da quando la Turchia ha annunciato la sua intenzione di normalizzare i rapporti con l’Armenia, arcinemico dell’Azerbaigian, il rapporto tra Ankara e Baku si è raffreddato. Mentre Washington sta a guardare, Russia e Iran ne approfittano.
di Federico De Renzi
Pubblicato il Aggiornato il
Quando il presidente İlham Aliyev rifiutò di accettare l’invito del presidente turco Abdulah Gül a partecipare alla conferenza Onu “Alliance of Civilizations,” tenutasi a Istanbul all’inizio dello scorso aprile, la leadership azera inviò un messaggio forte ad Ankara. Tuttavia, è stato solo dopo la firma dei protocolli sull’istituzione di relazioni diplomatiche tra Turchia e Armenia, processo iniziato già a febbraio 2009 e conclusosi lo scorso 10 ottobre, che l’indignazione di Baku è salita in maniera esponenziale. Lo storico evento, di cui sono stati protagonisti Ahmet Davutoğlu e la sua controparte armena Edouard Nalbandian, ha fatto sì che tanto l’opinione pubblica quanto la classe politica di Baku condannassero senza mezzi termini questa politica unilaterale della Turchia.

Infatti, il ministero degli Esteri
in quell’occasione rilasciò immediatamente un comunicato stampa, per sottolineare che la firma dei protocolli “contraddice direttamente gli interessi nazionali dell’Azerbaigian e adombra lo spirito di relazioni fraterne tra Azerbaigian e Turchia, fondato su profonde radici storiche”. La storica firma ha seguito di una settimana un’altra importante tappa nella ridefinizione degli equilibri di forza nel Caucaso e in Asia Centrale, ossia il IX vertice dei capi di Stato da Paesi di lingua turca. Questo si è svolto nella Repubblica autonoma di Nakhichevan (de iure parte dell'Azerbaigian) nei giorni 2-3 ottobre.

Preceduto da un incontro
preliminare tenutosi a Baku il 28 settembre (presieduto dal portavoce del parlamento turco Mehmet Ali Şahin), l’obiettivo del vertice è stato sviluppare la cooperazione tra Paesi turchi e consolidare le relazioni tra loro. Con İlham Aliyev hanno partecipato il presidente Abdullah Gül, Nursultan Nazarbayev (Kazakhstan) e Kurmanbek Bakiyev (Kirghizstan), mentre il Turkmenistan (fedele alla linea della neutralità dell’ultimo Saparmurat Niyazov), Stato osservatore, era rappresentato dal vice-presidente del Consiglio Haydyr Saparliyev. L’Uzbekistan non ha partecipato.

Il risultato del vertice è stata
la creazione di una nuova organizzazione internazionale, il Consiglio di cooperazione dei Paesi turcofoni, o in breve “Consiglio turco”. Lo statuto del Consiglio turco, che mira a istituzionalizzare la cooperazione e solidarietà tra i Paesi turchi, è stato approvato e ratificato dai capi di Stato partecipanti, secondo quanto già stabilito dagli incontri di Antalya del 20 novembre 2006, e in seguito dalla conferenza del 21 novembre 2008 ad Istanbul. Nel corso del vertice, si era concordato che i capi di Stato delle Repubbliche turche si sarebbero incontrati su base regolare una volta all’anno e avrebbero avuto una riunione informale ogni anno.

In altre parole, a prescindere
da visite bilaterali e riunioni, i leader dovranno fin d’ora riunirsi almeno due volte ogni anno (nel 2011 in Kazakhstan). Nell’ambito del Consiglio turco, sono stati istituiti anche un Consiglio dei ministri degli Esteri, un Consiglio di alti funzionari e una delegazione di saggi dei Paesi di lingua turca. I leader hanno anche deciso di aprire accademie turche in Kazakhstan, nell’ambito del TÜRKSOY (Türk Sanatları Ortak Yönetimi, Amministrazione congiunta delle arti e cultura turca, fondata nel 1992). Il Segretariato generale del Consiglio turco avrà sede a Istanbul, mentre la sede del TurkPA sarà a Baku. Nuove operazioni del Consiglio potranno aver luogo in altri Paesi turchi.

Con gli sforzi che sono stati
esercitati negli ultimi due anni, il vertice dei capi di Stato dei Paesi di lingua turca ha creato un’opportunità per i leader che si riuniscono sin dal 1992, grazie alla volontà dell’allora presidente della Repubblica Turgut Özal. Con la dichiarazione di Baku, questa si sta ora evolvendo in un’organizzazione internazionale istituzionalizzata. L’obiettivo è quello di stabilire una struttura istituzionale tra Paesi turchi, simile alla cooperazione realizzata con la Lega araba.

Il vertice di Nakhichevan è il primo
passo nell’istituzionalizzazione dei rapporti tra Paesi turchi. Ma, nonostante lo scorso 19 novembre sia stato ufficialmente aperto l’ufficio di Baku, il raffreddamento apparente delle relazioni bilaterali tra Turchia e Azerbaigian, già chiaro durante le riunioni di Nakhchivan, è divenuto una “guerra fredda”. Il casus belli è stato fornito dalle autorità turche, quando le bandiere dell’Azerbaigian sono state vietate durante la partita di calcio tra Turchia e Armenia, tenutasi a Bursa il 14 ottobre, con le immagini trasmesse dai media azeri di bandiere dell’Azerbaigian che venivano strappate e gettate nei cestini dai funzionari di polizia turchi.

Inoltre, l’opinione pubblica azera
si è sentita oltraggiata dalla notizia secondo cui il presidente armeno Serzh Sargsyan, visto come uno dei principali organizzatori del massacro Khojali nel 1992, è stato calorosamente abbracciato dal presidente Gül e sua moglie durante la partita di calcio. Tale notizia ha suscitato profondi sentimenti anti-turchi a Baku, specie dopo la rottura del cessate il fuoco da parte delle forze armate armene il 5 ottobre scorso nella zona di Fuzuli, provincia azera al confine sud-orientale del Nagorno-Karabagh. Tradizionalmente un alleato, un fratello e l’ultima speranza in caso di isolamento internazionale, la Turchia non è più un partner affidabile per Baku. Nel tentativo di avere un ulteriore vicino amichevole, Ankara sembra avere tirato troppo la corda, deteriorando i suoi rapporti, non solo strategici, con l’Azerbaigian.

La reazione a Baku è stata rapida
. Il 15 ottobre sono state rimosse le bandiere turche che decoravano il monumento a memoria dei 1.130 soldati turchi morti durante la lotta per l’indipendenza dell’Azerbaigian nel 1918. Le autorità azere hanno sostenuto che la decisione non aveva alcun significato politico e che è stata attuata per conformarsi alla legge sulla visualizzazione delle bandiere straniere. Tuttavia, i media turchi hanno riportato l’incidente, sottolineando che questo gesto era inteso come protesta contro la decisione di Ankara per la partita della “distensione” del 14 ottobre.

Durante il XXI incontro dei ministri
degli Esteri della Cooperazione Economica del Mar Nero (BSEC), tenutosi il 22 ottobre proprio a Baku sotto la presidenza azera, il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoğlu si è incontrato con il suo corrispettivo Elmar Mammadiyarov e con lo stesso presidente Aliyev sulla scia della polemica per la rimozione delle bandiere turche. Davutoğlu ha ribadito che la politica della Turchia di sostenere la posizione dell’Azerbaigian sul Karabagh è rimasta intatta e che Ankara avrebbe onorato l’impegno di questa sua politica, e che il Karabagh è il primo dei problemi nazionali, specie in vista di un’eventuale espansione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, del gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum e del miglioramento dello Şahdeniz (II fase).

In realtà, nella nuova visione neo-ottomana
della politica estera turca di Davutoğlu, l’Azerbaigian non è poi così importante, viste le ottime relazioni che la Turchia ha con la Russia (come durante la guerra con la Georgia dell’agosto 2008), e con l’Iran, alleati storici dell’Armenia. D’altro canto, già il 16 ottobre Aliyev aveva annunciato che l’Azerbaigian sta considerando opzioni alternative per esportare il gas, dal momento che i colloqui turco-azeri sul transito del gas non hanno prodotto risultati concreti. Egli ha accusato la Turchia per lo stallo dei negoziati, dato che questa ha offerto prezzi inaccettabilmente bassi per il gas azero, e non ha esitato a ricordare che, fino ad ora, l’Azerbaigian ha venduto gas naturale alla Turchia al 30 % del suo valore sui mercati internazionali.

Aliyev ha menzionato anche Russia, Iran e Mar Nero (Romania e Bulgaria) come vie alternative per far giungere il gas azero in Europa e contemporaneamente, nella stessa settimana, la compagnia petrolifera statale SOCAR ha firmato un accordo a Baku per l’esportazione di 500 milioni di m³ di gas azero alla Russia, ad un prezzo che Aliyev stesso ha definito come “reciprocamente vantaggioso”. È chiaro che i recenti sviluppi nel Caucaso meridionale e il riavvicinamento turco-armeno hanno gravemente danneggiato il partenariato strategico turco-azero. Questa partnership è stata la spina dorsale del trasporto di energia dall’Oriente all’Occidente, e lo è ancora per i futuri corridoi energetici, la sicurezza, l’equilibrio politico e geostrategico nella regione, come pure per l’ingresso turco (o occidentale) nella regione del Mar Caspio.

Senza questo partenariato strategico
, l’influenza dell’asse Turchia-Unione Europea-Stati Uniti nel Caucaso meridionale e più oltre in Asia Centrale è a rischio. Questo errore di calcolo geopolitico da parte di funzionari turchi dell’AKP, dell’Ue e degli Stati Uniti, i quali hanno tutti attivamente spinto per una normalizzazione unilaterale dei rapporti turco-armeni, senza considerare gli interessi dell’Azerbaigian e la risoluzione del conflitto in Nagorno-Karabakh, avrà sul breve periodo un effetto boomerang. La Russia può utilizzare questa eccellente opportunità per avanzare ulteriormente nella regione e realizzare così la sua agenda politica verso la Transcaucasia e l’Asia Centrale: l’isolamento della Georgia, tagliandola fuori dalle nuove rotte di passaggio; posporre il progetto di gasdotto Nabucco sostenuto dall’Ue e dagli Stati Uniti, attraverso la distruzione del partenariato strategico turco-azero, costringendo così l’Azerbaigian a vendere il suo gas alla Russia; attirare la Turchia nella propria orbita, minando l’influenza dell’asse di Ue-Usa-Turchia nella regione.

Prima che Washington se ne renda
conto, sarà troppo tardi per proteggere il Caucaso meridionale, che potrebbe facilmente tornare sotto il controllo russo-turco-persiano. Per la prima volta dopo il crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti sembrano sottovalutare ciò che sta accadendo in Transcaucasia. Una mancanza di visione chiara da parte dell’amministrazione statunitense gioca chiaramente a favore di Mosca. Non è forse una coincidenza che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, durante l’incontro dei Paesi membri della Csi di Chisinau (Moldova), lo scorso 9 ottobre, abbia spinto così attivamente il suo omologo armeno Nalbandian a firmare il protocollo con la Turchia.