ROMA
Valentino Valentini, l'uomo più riservato del governo, più riservato anche di Gianni Letta (e infatti non si troveranno mai giudizi di Valentini sullo stato di salute del premier, né valutazioni attorno alle sue solidità notturne e post-notturne), nel jet set della politica è più famoso del sarto. È in Italia che nessuno sa chi sia, quanti anni abbia, dove abiti, che vita conduca, che studi abbia compiuto, eccetera. Ed è per questa ragione, oltre che per motivi più contingenti e prosaici, che tutti i più accesi avversari di Silvio Berlusconi oggi vogliono scoprire quale oscuro ruolo ricopra questo parlamentare. Bene, Valentino Valentini, che tutti chiamano per nome come il cuoco Michele, è nato a Bologna nel 1962 e compirà 49 anni il prossimo 28 luglio. Laureato in lingue, master a Publitalia, è stato per la prima volta eletto alla Camera dei deputati nel 2001, con l'unico apparente risultato di aver trasferito l'onere dello stipendio dal presidente Berlusconi al popolo italiano.

Infatti Valentino in aula non ha pronunciato una sola sillaba, non ha presentato una sola mozione, non ha proposto una sola legge, se non aggiungendo la propria firma in calce a testi altrui. Ha ben altro da fare. Non è nemmeno definibile uno stretto collaboratore, bensì un consigliere-interprete-segretario particolare-trainer-motivatore-dama di compagnia. Quando, qualche anno fa, Berlusconi pronunciò a braccio un discorso in inglese davanti ai delegati dell'Onu, suscitando lo stupore di molti e l'invidia di altrettanti, saltò poi fuori che il medesimo Berlusconi si era allenato per ore e per notti - notti di estrema castità - insieme con Valentino. E infatti Valentino si era guadagnato, lustri fa, un impiego al Parlamento europeo essendo titolare di una ottima conoscenza di inglese, francese, tedesco, spagnolo, olandese, russo: la sua dottrina si estende su vari continenti. E sebbene lui neghi, e non da oggi, di essere così ferrato nella lingua del compagno Putin. Era talmente bravo che Antonio Tajani lo presentò a Berlusconi e Berlusconi non lo mollò più. Da allora, Valentino Valentini gira il mondo tenendo su la testa al capo.

Mentre sono in volo gli legge relazioni sul Paese di destinazione, gli consiglia l'approccio, gli suggerisce i termini esatti per un corretto saluto e così via. Quando si riposano, Valentini sparla dei giornalisti che disprezza sommamente e rifugge come malattie contagiose, tranne pochi fedeli che gli sono diventati amici e fra i quali si annoverano alcune fonti di questo pezzo. Perché adesso Valentini sia finito nei guai, lo si spiega con la disinvoltura spesa da Berlusconi nei rapporti economico-internazionali. Anni fa, nominò Valentini tutor delle imprese italiane in Russia. E da sempre ama curare le relazioni scavalcando il personale diplomatico, ed è un grave errore, sebbene Berlusconi lo commetta volontariamente poiché ritiene che i canali tradizionali siano un circo parruccone e dilazionatorio. I parrucconi, però, non sono per niente contenti.

Valentini, invece, si presta, obbedisce e tace. Con la Russia intrattiene rapporti intuibili. E, dopo tanti anni, con George W. Bush e Tony Blair si omaggia a pacche sulle spalle. Accompagnava Silvio nel ranch del Texas, davanti al camino raccontava, ascoltava e traduceva barzellette. Un compagnone insospettabile visto che, quando torna in Italia, si rinchiude in casa per assecondare hobby ignoti. Per esempio, non è mai stato segnalato alle esuberanti cene di Arcore o di Palazzo Grazioli, e tanto meno ai dopocena. Gli intimi stroncano i pettegolezzi con notizie su periodiche e brevi vacanze nei mari del Sud con giovani amiche.
Ecco, resta soltanto da dire che, per quanto autorevole, Valentini non gode di alcuna autonomia. Tutto ciò che fa, lo fa su volere del boss. Il quale, per capire come vanno i summit, finì un giorno nella dacia di Putin, e Putin lo invitò a una passeggiata nel bosco. Solo io e te, disse. Valentino e gli altri restarono nella dacia. Silvio si infilò il colbacco e i due camminarono nella neve. Parlarono. Progettarono. Stabilirono. Finché d'un tratto passò un'ombra al galoppo. Putin imbracciò il fucile e fece fuoco. Aveva ammazzato un cervo sul colpo. Sfoderò un coltellaccio, aprì il cervo, ne estrasse il cuore e lo donò all'ospite in segno di amicizia fraterna. E si dispiacque nel vedere l'ospite sbiancare e venire giù, come un muro di Pompei. Ma anche questa è una storia che Valentino non racconta.

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