Foto: “Misura della stabilità di un elettrocatalizzatore (catodo in platino)” di Argonne National Laboratory’s. Original uploader was Odie5533 at en.wikipedia. Con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 tramite Wikimedia Commons

Trattare le acque reflue tagliando i consumi energetici ed economici è possibile: una strada su cui sta investendo l’Unione Europea è la bio-elettrochimica, cioè sfruttare il metabolismo batterico per degradare gli inquinanti organici e produrre in contemporanea energia, idrogeno e sostanze chimiche di alto valore.

In particolare, il vantaggioso obiettivo può essere raggiunto facendo decomporre la materia organica a batteri elettricamente attivi in una cella elettrochimica; i sistemi che ricorrono a queste sperimentazioni sono le celle a combustibile microbiche (Mfc) e le celle elettrolitiche microbiche (Mec).

Nel primo caso, i batteri formano un biofilm capace di catalizzare, attraverso il metabolismo batterico, le reazioni elettrochimiche di ossidazione del combustibile e il passaggio di elettroni dal compartimento anodico a quello catodico. Nel compartimento anodico, crescono e si sviluppano i batteri in grado di degradare le sostanze organiche, trasformandole in CO2, ioni idrogeno ed elettroni.

L’ossigeno, presente solo sul catodo, genera la forza elettromotrice della pila microbica, richiamando il flusso degli elettroni creati e il flusso equivalente degli ioni di idrogeno. Quindi la tipologia di cella Mfc rende possibile il trasferimento dell’energia chimica, contenuta in qualsiasi forma di biomassa biodegradabile (soprattutto nei reflui), in energia elettrica rinnovabile, con un elevato rendimento.

Altro tipo depurazione delle acque reflue tramite batteri è elettrolisi microbica, qui le celle elettrolitiche microbiche (Mec) possono mineralizzare substrati organici producendo idrogeno con bassa energia.

L’Unione Europea crede nelle potenzialità della bio-elettrochimica, tanto da supportare progetti innovativi in questo campo.
Tra i team di ricerca che sono giunti a risultati incoraggianti spicca quello irlandese della Biomolecular electronics research laboratory di Galway, che sta portando avanti lo studio Arylamine functionalization of carbon anodes for improved microbial electrocatalysis, finanziato dal programma europeo Marie Curie.

Gli studi più attuali sulla bio-depurazione

Gli studiosi esaminando l’interfaccia microbica-elettrodo hanno scoperto elementi che potrebbero aiutare le comunità microbiche a collegarsi all’elettrodo e di conseguenza a produrre più energia elettrica e più velocemente, rispetto agli elettrodi non modificati. Il tutto è scaturito dall’intuizione di introdurre gruppi funzionali di arilammina (composto organico appartenente al gruppo delle amine che catalizza una reazione chimica specifica) negli elettrodi di grafite.

E l’aggiunta di questo composto ha migliorato la catalisi iniziale per l’ossidazione con acetato da biofilm microbici, rispetto a quella osservata sugli anodi non modificati. In questo modo hanno dimostrato che sfruttare i microbi per condurre e produrre energia elettrica è fattibile.

Per le applicazioni nel comparto della depurazione delle acque reflue si dovrà attendere i prossimi cinque anni, arco temporale in cui i ricercatori contano di consolidare e sviluppare anche per fini commerciali questa biotecnologia.

Anna Simone