Milano, 11 novembre 2015 - 07:12

Tim Cook, l’intervista esclusiva
al Corriere: «Privacy, temo catastrofi.
Sì, un Apple Store a Milano centro»

Parla l’ad di Apple, tra spunti personali e i grandi temi su cui ha impegnato l’azienda in prima linea, dall’ambiente alla lotta alle discriminazioni. «La App Economy una via per creare rapidamente lavoro. Mando email alle 4.30? No, alle 3.45»|English|Chinese

di Paolo Ottolina

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«Se è vero che mando la prima email ai miei collaboratori alle 4.30 di mattina? No, alle 3.45!» Poi Tim Cook esplode in una risata. Ma l’impressione è che i collaboratori dell’amministratore delegato di Apple non possano ridere granché se non rispondono a quei messaggi antelucani. L’uomo che, come ha detto Mario Monti presentandolo all’università Bocconi, ha preso l’eredità di «una leggenda come Steve Jobs», ha concesso al Corriere un’intervista esclusiva, la prima a un media italiano. Un colloquio in cui è tornato sui temi del suo discorso nell’ateneo milanese. Apple è l’azienda con il più alto valore in Borsa del mondo grazie ai suoi prodotti (iPhone in testa) di enorme successo, ma Cook è impegnato anche a trasformare l’azienda di Cupertino. Dalla chiusura e dalla segretezza dell’era di Steve Jobs ora la Mela è passata a un impegno attivo su ambiente, diritti civili, privacy e responsabilità sociale: «L’azienda che fa meglio è quella che serve il bene pubblico» ha detto alla platea bocconiana.

In Italia la disoccupazione giovanile resta sopra il 40%. Apple ha contribuito a creare 80 mila nuovi posti di lavoro,75 mila dei quali legati alle applicazioni per i vostri smartphone e tablet. È una possibile risposta a cui i ragazzi possono guardare?
La cosiddetta «App Economy» è in molti Paesi il settore in cui i posti di lavoro crescono più rapidamente. Molti possono imparare a fare app: puoi esprimere la tua passione e vendere la tua idea tutto il mondo. Prima dovevi creare un prodotto e andare a lavorare con i rivenditori in ogni singola nazione. L’App Store ha permesso a chiunque di premere un bottone e creare un’offerta globale. Ci sono giochi ovviamente, ma c’è chi si focalizza sulle news, chi sullo shopping, chi sui software educativi. Ero in Cina un paio di settimane fa e ho visitato questo sviluppatore. Il padre era un carpentiere e gli ha insegnato l’arte del legno. E lui ha creato un’applicazione per trasmettere ad altri come si fa l’intarsio. Storie simili sono estremamente motivanti.

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Tim Cook alla Bocconi come una rockstar: gara di selfie fra gli studenti

Ma molti sono spaventati da questo cambiamento. Pochi mesi fa Bill Gates ha detto: «La gente non si rende conto di quanti lavori saranno presto rimpiazzati da software e algoritmi». Il fondatore di Microsoft si sbaglia?
Non do giudizi sul fatto che abbia torto o ragione. Però il cambiamento nel mondo è una costante. C’è stata un’epoca in cui dovevi saper cavalcare e portare le carrozze. Poi sono arrivati i treni e le auto e abbiamo avuto bisogno di ingegneri. I lavori variano ma il lavoro resta. Vedo questi fenomeni in continuazione in Paesi differenti. Figure professionali che spariscono e altre che nascono. L’importante è che aziende e governi preparino le persone a questo nuovo mondo. Il tuo atteggiamento mentale deve essere di apertura.

Nel 2007 avete lanciato l’iPhone e l’anno dopo l’App Store per le applicazioni: all’epoca immaginavate un impatto così profondo non solo sul mercato dei telefonini ma anche sul mondo del lavoro, sulle nostre abitudini e più in generale sulle nostre vite?
Sapevamo che l’iPhone era un prodotto davvero buono, ci stavamo lavorando da circa 3 anni. Ma immaginare il seguito no... Non lo avevamo interamente previsto. Con l’App Store, che in effetti è arrivato un anno dopo, è cambiato il modo di fare innovazione. All’inizio veniva da Apple, attraverso l’iPhone. E ne facciamo ancora molta con i nostri prodotti. Ma in aggiunta a questo ora ci sono 12 milioni di sviluppatori che innovano a un ritmo incredibile. L’ecosistema è incredibilmente forte. L’unico limite adesso è l’immaginazione.

Uno dei temi su cui torna spesso è la privacy: «È un diritto fondamentale dell’uomo» sostiene. Ma siamo nell’epoca della «nuvola» di Internet, del cloud computing. Privacy e cloud possono andare davvero d’accordo?
Sì, penso ci possa essere privacy nel cloud. Ma voglio spiegare alcune cose sul mio approccio. Intanto in Apple progettiamo i nostri prodotti in modo da mantenere la privacy delle persone. Ci sono cose relative a te che sono criptate all’interno del dispositivo e non permettiamo che questi dati vadano nel cloud. Non lo facciamo perché ci sembra sia qualcosa che non abbiamo il diritto di sapere. Noi non leggiamo le vostre email né i vostri messaggi. Si possono fare grandi prodotti e insieme avere una adeguata protezione dei dati personali. Cloud non significa «fine della privacy». Significa solo prestare più attenzione a come i prodotti sono concepiti per garantirla.

Lei sostiene che Apple in questo è diversa da altre aziende del digitale, come Google o Facebook: ma la gente è ricettiva su questo tema?
È difficile comunicarlo. Alcuni sono molto sensibili se si parla di riservatezza dei dati personali. Ma io sono convinto che lo diventerebbero praticamente tutti se solo conoscessero la profondità con cui pezzi della loro vita sono presenti nei vari archivi online. Ci sono così tante informazioni…
Ma in molti casi la cosa importante è che cosa queste informazioni suggeriscono. Non necessariamente quello che ti dicono ha senso se preso individualmente. Ad esempio se io sapessi che cosa tu fai in diversi momenti della giornata. Se sapessi cosa compri. Quanto denaro spendi. Dove vai a mangiare. Con chi parli. Cosa scrivi nei tuoi messaggi.

Il tuo stato di salute.
Sì, certo, i dati sanitari. E quello dei tuoi investimenti. Se avessi tutti questi dati su di te, potrei elaborare molti altri ragionamenti sulla tua persona. Molte cose orribili succedono se si arriva a questo secondo livello, quando le persone hanno dato il permesso a chiunque di sapere cose di sé. Io credo che un giorno succederà qualcosa di disastroso. E allora faremo una pausa e diremo: «Perché abbiamo permesso tutto questo? Come è potuto accadere?». Io sono ottimista per natura e spero non si avveri, ma è per questo che insisto sulla privacy. Non è qualcosa di separato dal rispetto e dalla dignità umana. È un modo molto diverso di vedere rispetto ad altre aziende.

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Renzi da Cracco con Tim Cook

Più volte la stampa ha registrato il suo impegno sui temi della diversità, della lotta alle discriminazioni di ogni tipo. Ma lei ha impegnato anche la sua azienda: queste prese di posizione fanno bene anche agli affari?
Credo davvero che l’azienda più eterogenea e con diversità al suo interno sia anche l’azienda più forte. La diversità crea prodotti migliori. C’è un risvolto di business in quello per cui mi batto. Ma non è certo il principale motivo. Quello vero è che è la cosa giusta da fare.

Lei si è esposto personalmente: l’anno scorso ha fatto pubblicamente coming out dichiarandosi «orgoglioso di essere gay» e che questo è «un dono di Dio».
Mi sono esposto perché non puoi essere un leader se non sei autentico. Ci sono cose orribili che accadono soprattutto a bambini e ragazzini. Bullismo a scuola, essere trattati come cittadini di seconda classe, essere ostracizzati persino in famiglia. Ho sentito una responsabilità tremenda e ho dovuto dire qualcosa. Prima davo così tanto valore al mio privato che non volevo farlo. Sapevo che ci sarebbero state ripercussioni. Ma a un certo punto, dopo essere diventato Ceo di Apple, mi è diventato chiaro che avrei potuto fare la differenza, anche se magari solo per piccoli gruppi di persone. Così ho messo da parte la privacy e ho dichiarato chi sono.

Parlando di prodotti, Steve Jobs parlò dell’inizio dell’«era post-pc». Ma i tablet faticano. L’iPad non fa eccezione. Era solo una moda passeggera?
Io ho profonda fiducia nell’iPad e nel mercato dei tablet. Questa settimana stiamo lanciando l’iPad Pro. Attirerà attenzione nel segmento business ma anche quella dei creativi a cui diamo una penna digitale dalle caratteristiche uniche. E anche per il multimedia è uno strumento fantastico. Molti sostituiranno il loro vecchio iPad, altri lo impiegheranno al posto di un pc.

Lei stava usando un iPad Pro qui in Bocconi. Ha abbandonato il suo computer portatile MacBook?
Amo ancora moltissimo il Mac. Ma in questi giorni sono in viaggio e ho con me solo iPad Pro e iPhone.

Siamo a Milano. Finora come azienda non avete confermato l’arrivo di un Apple Store in centro città: succederà?
Sì, lo faremo. E lo Store avrà un design incredibile. Sarà un simbolo di apprezzamento verso la vostra cultura. Sarà un grande negozio e assumeremo molte persone. Vogliamo essere dentro la vita della comunità di cui ci mettiamo al servizio.

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