Cedere lo studio con il management by out

Maurizio Quaranta

Il momento è per certi versi epocale perché assistiamo in diretta all’arrivo all’età pensionabile della generazione dei baby boomer, mentre una helycopter overview sui dentisti attualmente in attività ci mostra come oltre il 40% degli stessi abbia più di 60 anni, inseguiti a ruota da coloro che di anni ne hanno più di 55 e che rappresentano un bel 60%. Oltretutto questa generazione, che aveva conosciuto momenti migliori, oggi è stanca e non vede l’ora di “mollare” lo studio perché mal sopporta gli effetti della tanto vituperata Bersani; effetti che mai avrebbe pensato di dover vedere nel corso della propria vita professionale, in aggiunta all’incremento dei costi dello studio ed all’ipossia che provvoca in loro l’insostenibile peso della burocrazia. E questo per non parlare della rarefazione del paziente che ha addirittura cambiato il ruolo, sotto la spinta di una trasformazione socio-economica, e che oggi rivendica addirittura la propria centralità come fosse un cliente.
Tutto ciò ha comportato in questa generazione una generalizzata mancanza di progettualità, soprattutto se in assenza di eredi che rivitalizzano lo studio, ed ha provocato e continuerà a provocare un’indifferenziata proposta di studi in vendita, che hanno vanificato l’euforia per le valutazioni degli studi così come di certo avvenuto anche in un passato recente.
E quale mai sarà la conseguenza di questa indifferenziata proposta di vendita di una mole di studi, se non quella di gonfiare la curva dell’offerta spingendola verso il basso, proprio in un momento in cui latita la domanda da parte dei giovani odontoiatri? Non serve scomporsi, perché è tutto come da manuale: il nuovo punto di incontro verso il basso di queste due curve dell’offerta e della domanda altro non è che la determinazione di un nuovo punto prezzo. Tradotto in soldoni significa che il valore di uno studio odontoiatrico è sceso, anche se non è crollato, e che, parafrasando la teoria economica della moneta buona che scaccia la moneta cattiva, lo studio buono, sempre economicamente parlando, scaccia lo studio cattivo. Infatti, dov’è quel giovane che oggi pensa di pagare un anno di fatturato, come da uso e consuetudini ancora in atto negli ultimi decenni del secolo precedente, per rilevare uno studio odontoiatrico di un collega ottuagenario che ancora fattura annualmente prestazioni per centoventimila euro, a fronte di novantamila euro circa di costi, in un appartamento per sua fortuna di sua proprietà, dove è felicemente invecchiato con la sua pazientela che si è anagraficamente rarefatta, unitamente alle sue vetuste attrezzature ed alla sua sala d’attesa che è di colpo diventata antica, senza prima esser mai stata vecchia? Se lo conoscete: presentatemelo, vorrei stringere la mano a questo novello capitano coraggioso, perché è un vero eroe!
Vedo invece “tenere molto bene il proprio valore nel tempo”, esattamente come nel citato usi e consuetudini del secolo precedente, lo studio del professionista che non ha mai smesso di investire su se stesso, sulla sua professionalità e sui suoi assets che sono evidentemente, oltre alle indispensabili attrezzature mantenute aggiornate ed al passo coi tempi e la tecnologia, i suoi più stretti collaboratori. Esattamente così: quei collaboratori che, dopo essersi scelti vicendevolmente, sono diventali i prescelti, quelli che il professionista ha sostenuto come un team, a volte soffrendo, soprattuto nei confronti dei suoi originari pazienti. Questo è un professionista vincente che ha saputo aprirsi gradualmente un futuro, quasi un decennio prima dell’età pensionabile, perché è stato capace di decidere di guadagnare “qualcosina meno oggi” per ritrovarsi il suo “TFR” domani. Certo, per far spazio ai suoi fidati più giovani collaboratori coi quali era entrato in sintonia, ha anche dovuto saper fare la valutazione del suo studio in un momento in cui tutto sembrava prematuro, pur di cedere quote minoritarie che altri hanno parzialmente rilevato con quota parte dei propri guadagni per prestazioni effettuate proprio nello studio, con il metodo del management by out. Detto ciò, una volta determinato il cut off, ha saputo dare spazio al suo team che si è sentito stimolato per portare in studio parenti ed amici, che sono così arrivati ad irrobustire il fatturato dello studio. Certo ha ceduto in anticipo delle quote del suo studio, e con esse ha sicuramente ceduto anche una piccola parte della sua autonomia, ma forse sì è progressivamente liberato di tante piccole responsabilità, che gli hanno così permesso di trovare degli spazi per potersi curare della propria igiene mentale dopo tanti di igiene dentale dedicata con scienza e coscienza ai propi pazienti.
È ora giusto parlare anche dei metodi canonici per valutare uno studio odontoiatrico, dove, primo fra tutti, cito il metodo fiscale e dove ritorniamo al luglio 2006 ed alla Bersani che riconduce, per la prima volta in assoluto per i liberi professionisti, a tassazione i corrispettivi perseguiti a seguito di cessione della clientela, visto che sino ad allora si cedeva uno studio spesso forgiando la fattura con la vendita della sola attrezzatura, esente iva e non imponibile irpef. Gli altri unici sistemi sono facilmente riconducibili al metodo patrimoniale, piuttosto che al metodo reddituale, se non infine, al metodo misto tra i due citati: reddituale e patrimoniale. Il tutto, ovviamente, calcolato sulla media degli ultimi tre esercizi.
In chiusura è bene ricordarsi, indipendentemente dal metodo di calcolo che si decide di mettere in atto per la compravendita di uno studio professionale, della responsabilità civile tra il professionista cedente ed il collega cessionario sia per il pregresso delle prestazioni effettuate sui pazienti dello studio ceduto, che per eventuali danni che possano occorrere a cose o a persone con le attrezzature cedute. Questa responsabilità è decennale ed è bene che sia regolata tra le parti. ●