Il prof malato: «Ho deciso di morire
anche se mia moglie non vorrebbe»

Sabato 14 Marzo 2015 di Lisa Zancaner
Renzo Ferro con l'intervista rilasciata al Gazzettino
31
UDINE - Non mangia da una settimana e intende lasciarsi morire di fame e di sete. Renzo Ferro, il cinquantenne ricoverato alla Quiete con una diagnosi di sclerosi multipla non torna indietro sulle sue decisioni e lancia un appello a tutte le istituzioni: «Vengano almeno a sentire le mie ragioni».



Aspetterà qualche giorno in attesa che qualcuno s'interessi al suo caso, dopodiché sospenderà anche l'idratazione, senza la quale un essere umano non può sopravvivere più di undici, dodici giorni.

Al momento prosegue la terapia che gli viene somministrata, ma alla richiesta di medici e infermieri se abbia consumato un pasto si limita a rispondere «no».



Il suo obiettivo non cambia, ovvero arrivare in un istituto elvetico dove potersi sottoporre a eutanasia, pratica non legale in Italia. Ferro ha trovato la disponibilità di alcuni parenti in Svizzera, che lo accoglierebbero al confine. Troppo delicato andare a prelevarlo alla Quiete, mettendo in discussione tanti equilibri familiari, soprattutto con la moglie del docente di matematica che non condivide la decisione del marito.



«Mia moglie mi vorrebbe vivo - dice il professore -, ma questa è una malattia degenerativa e progressiva. Non mi piace l'idea di morire, anche un secondo in più di vita è vita, ma dipende dalla qualità di questa vita. Convivo con il dolore da un anno e tre mesi. Così non ce la faccio più». Difficile, ammette, resistere al richiamo della sete, ma è deciso a rifiutare anche l'acqua, «soffrirò - ammette con consapevolezza -, ma in questo momento soffro comunque e nessuna terapia riesce ad alleviare il dolore. Ho deciso di morire e sulla libertà di una persona non transigo».



In Svizzera, se dovesse arrivarci, una commissione medica e uno psicologo valuteranno le sue condizioni, compreso un eventuale stato di depressione, «non sono depresso - dice, però, Ferro che ha già ricevuto un primo sì dall'istituto -. Con un fascicolo come il mio è impossibile dire di no».

Una scelta sofferta e dolorosa dettata anche dalla volontà di non sentirsi un peso né per se stesso, tantomeno per gli altri, le persone che gli stanno accanto che preferirebbero però vederlo vivo. Non ha avuto peggioramenti i questi sette giorni di sciopero della fame «anche perché - dice - la mia digestione non c'è. Questa non è vita, è una tortura. Se mi fosse venuto un ictus causato dal fumo, direi un mea culpa, ma questi non sono errori personali. Ho cercato una salvezza in ogni modo, ma ora voglio chiudere la partita elegantemente più in fretta possibile. Al respiratore non ci voglio arrivare».

«Sarò grato - aggiunge - all’istituto svizzero per quanto potranno fare per me».



Non interviene sul caso il sindaco di Udine Furio Honsell, precisando che a Palazzo D'Aronco non è arrivata una richiesta di aiuto, mentre, dopo la pubblicazione dell'intervista sul Gazzettino arrivano le prime, ufficiose manifestazioni di volontà per accompagnare Renzo Ferro nel suo ultimo viaggio in Svizzera.
Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 13:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci