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Ucraina: tra dettami del FMI e aiuti Nato

Grazie all’ennesimo aumento delle tariffe energetiche, dettato a Kiev dal FMI, metà della popolazione ucraina verrà presto a trovarsi oltre la soglia di povertà. Dal 1 Maggio, la tariffa del gas non prevede più sconti particolari per le famiglie disagiate: il prezzo di mercato è unico ed è aumentato in media del 60-80%, contro l’aumento del 5% di salari e pensioni. Nel rendere note le cifre, la deputata del Consiglio nazionale della DNR, Marina Žejnova ha definito il nuovo provvedimento adottato dal governo ucraino – quale condizione per ricevere la nuova tranche di crediti dal FMI – “esperimento di sopravvivenza per la popolazione”.

Ma questo non toglie il sonno al presidente Petro Porošenko, che ha “celebrato” l’occasione insignendo l’ex comandante in capo delle forze riunite Nato in Europa, il generale statunitense Philip Breedlove, dell’ordine nazionale ucraino di Jaroslav il Saggio, per il “significativo contributo dato personalmente allo sviluppo dei rapporti tra Ucraina e Nato, alla difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”.

L’ordine di Jaroslav il Saggio viene attribuito per meriti eccezionali verso lo Stato ucraino, per il rafforzamento dell’autorità internazionale dell’Ucraina, lo sviluppo di economia, scienza, istruzione, cultura, arte, sanità, beneficenza, e attività sociali. Non a caso, tra gli altri stranieri insigniti di ordini ucraini, figurano il finanziatore di Euromajdan, George Soros, cui nel novembre scorso era stato attribuito l’ordine della Libertà “per il significativo contributo dato al rafforzamento dell’autorità internazionale dell’Ucraina e all’attuazione delle riforme socio-economiche”. La stessa onorificenza era stata attribuita alla memoria, nel marzo precedente, a Boris Nemtsov, per il suo contributo alle “riforme” del dopo majdan, da lui portato nello stesso spirito con cui, vent’anni prima, egli aveva esortato Boris Eltsin a colpire senza pietà i difensori del parlamento russo, presi a cannonate su consiglio di Soros e soci.

La cerimonia di consegna dell’onorificenza a Breedlove si è svolta nel giorno dell’entrata in carica del nuovo comandante Nato in Europa, il generale yankee Curtis Scaparrotti (ex comandante delle forze USA in Corea del Sud), che non ha tardato a inserirsi nella scia del suo predecessore, aggiungendo la Russia al numero delle nuove sfide lanciate alla sicurezza dell’Alleanza atlantica. Lo ha fatto ieri a Mons, in Belgio, al Supreme Headquarters Allied Powers Europe, durante il discorso di insediamento quale diciottesimo Supreme Allied Commander Europe: un comandante “alleato” che in realtà viene da sempre dagli alti gradi USA.

“Dopo la seconda guerra mondiale”, ha detto Scaparrotti “l’Alleanza ha contenuto la minaccia di aggressione sovietica e la rinascita del militarismo in Europa. Oggi, 66 anni dopo la creazione della Nato e dopo la guerra fredda, siamo di fronte a nuove sfide. Oltre alle operazioni in Afghanistan e alle minacce terroristiche in Nord Africa e Asia, abbiamo di fronte la Russia, che cerca di riposizionarsi quale potenza mondiale”. Inoltre, calcando le orme di Breedlove, che aveva lamentato “il rifiuto di Mosca a stringere la mano tesale della Nato”, Scaparrotti ha versato una lacrima per il fatto che gli intenti “antiaggressivi e antimiltaristi” della Nato, sarebbero a suo dire intralciati dalla “limitatezza di contatti con la Russia, se questa non comincerà a rispettare le norme internazionali”, ovviamente dettate dagli USA. Per questo, ha promesso di “continuare attivamente le azioni militari per il contenimento della Russia”, compreso il sensibile aumento delle “esercitazioni”, già avviato da Breedlove. A est, ha tuonato Scaparrotti, desideroso di guadagnarsi il suo ordine di Jaroslav il Saggio, la Nato deve sostenere l’Ucraina in tutto ciò di cui abbisogna per difendere la propria sovranità; ancor prima dell’insediamento, aveva chiesto la fornitura di armi letali a Kiev, a partire dai razzi controcarro “Javelin”.

Evidentemente Scaparrotti giudica scarso il sostegno che gli USA e i loro alleati europei stanno fornendo a Kiev, in mezzi militari e uomini: non solo gli ufficiali che si occupano dell’addestramento della Guardia nazionale ucraina, ma anche i mercenari che combattono direttamente nel Donbass, inquadrati nei reparti neonazisti di Kiev. Tra questi ultimi, ci sono anche i cecchini che continuano a mietere vittime sia tra i civili, sia tra i miliziani delle Repubbliche popolari; ci sono i sabotatori in uniforme nera e con accento yankee che, a detta degli abitanti, nei giorni scorsi hanno preso posizione nel villaggio di Žovanka (nei pressi di Gorlovka), sotto controllo ucraino. Ci sono i franchi tiratori e gli artiglieri che lo scorso 27 aprile avevano ucciso sei civili e ferito gravemente un’altra decina, al punto di controllo di Elenovka. Ci sono, purtroppo, anche gli osservatori dell’Osce che, sempre più spesso, prendono posizione a favore di Kiev, spalleggiando ad esempio le dichiarazioni del Segretario del Consiglio di sicurezza ucraino, Aleksandr Turčinov, secondo il quale i morti di Elenovka sono “il risultato dell’ennesima provocazione delle milizie, che sparano sui propri cittadini”.

Ci sono gli stessi osservatori Osce che, mentre non rilevano l’assenza delle artiglierie pesanti ucraine dai luoghi di concentramento lontani dal fronte, come richiesto dagli accordi di Minsk, perché ridislocate a ridosso del territorio delle Repubbliche popolari, ora dichiarano che considereranno una violazione di quegli accordi, la sfilata di mezzi corazzati a Donetsk il prossimo 9 maggio, per l’anniversario della vittoria. Naturalmente incoraggiato da tali dichiarazioni dell’Osce, il portavoce del Consiglio di sicurezza ucraino, Andrej Lysenko ha proclamato che se l’ammonimento dell’Osce “non verrà rispettato e i mezzi militari sfileranno, noi saremo costretti a renderli inoffensivi. Disponiamo di tutte le riserve e i mezzi corazzati occorrenti: questo è un avvertimento”. Davvero i nazisti sono pronti a “cominciare la guerra proprio nel giorno della Vittoria?”, si chiede la giornalista di Novorosinform Elena Latyševa e risponde che, in effetti, “per loro questa sacra ricorrenza non è un giorno di festa; essi hanno altri idoli. Ma in quel caso la loro aggressione non potrebbe esser coperta nemmeno dal loro servizievole Osce”. Un organismo europeo questo che, in Ucraina, troppo spesso rischia di convalidare il paragone di Sovetskaja Rossija tra il “Grossdeutsches Reich” che, forte del sostegno dei paesi europei vassalli della Germania attaccò l’Unione Sovietica e l’odierna Unione Europea in lotta contro la Russia.

Fabrizio Poggi

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