TERNI - Ancora una volta il dibattito sul futuro del nostro territorio, giunto ad un punto cruciale per l'effetto congiunto della crisi economica e delle politiche classiste ed antidemocratiche del governo, si è trasformato per qualcuno in un'occasione propizia per esprimere sentenze utili solo alla difesa delle proprie prerogative, senza nessuno scrupolo nei confronti di verità troppo scomode per essere affrontate. Ci riferiamo alle esternazioni del Vescovo Paglia, che con il suo contributo nel Consiglio provinciale aperto di Lunedì scorso ha inteso descrivere ancora una volta una città e un territorio “piccoli e soli”, entrando in pieno nel dibattito sul riassetto istituzionale della nostra Regione; non ci è dato sapere se anche l'Umbria sia per il Vescovo troppo “piccola e sola”, ma ci sembra evidente come la Curia sia favorevole a rimescolamenti geografici che guardino più a Roma che a Perugia.

Si tratta dunque di una posizione politica, e come tale la trattiamo. Se però è su questo terreno che il Vescovo di Terni vuole proporre delle riflessioni, allora sarebbe corretto affrontare i problemi della nostra drammatica attualità nella loro interezza, magari dando delle risposte su temi che sono di diretto interesse della Curia.

Ne riportiamo solo due, per noi comunisti particolarmente significativi.
In primo luogo, cosa pensa il Vescovo dell'esenzione dall'Ici di cui gode la Chiesa? Stando alla legge, la Chiesa deve pagare l’Ici solo su quegli immobili nei quali vengono svolte attività «esclusivamente commerciali»; tuttavia è lei stessa ad autocertificare la destinazione d’uso dei beni. È un fatto che alberghi, scuole, cinema, cliniche, patrimoni immobiliari e altro, di proprietà della Chiesa, non siano affatto opere di bene, ma spesso si tenta maldestramente di far credere che sia così. Si tratta in realtà di servizi rigorosamente a pagamento per l’utenza, che in questo modo non solo sfuggono all'Ici, ma godono anche del dimezzamento dell’Ires, l’imposta sul reddito delle società. Quando si parla della necessità di “scelte dolorose” sarebbe più corretto, specie per un prelato, dare l'esempio e iniziare dalle proprie, prima di chiederle agli altri.
In secondo luogo riteniamo che la crisi globale sia cosa troppo seria e troppo grande per ridursi ad una discussione incentrata solamente sulle istituzioni o, peggio, sul prestigio di singole individualità. Il caso di Basell, ad esempio, pone in modo dirompente il problema della compatibilità fra libertà d'impresa e diritto al lavoro, problema che viene puntualmente risolto dalla globalizzazione con il sacrificio di quest'ultimo. Il settimo comandamento dice di non rubare, ma oggi ci vengono rubati lavoro e dignità; che giudizio dà il Vescovo di un sistema che difende la libertà d'impresa e condanna alla miseria i lavoratori? Basell è da biasimare o da espropriare?

Abbiamo timore che di queste cose non si possa parlare perché la proprietà privata è intoccabile e le differenze di classe sono volute da Dio.

Se vogliamo che non ci siano più delle scelte dolorose, anche benedette, è necessario che la politica recuperi il proprio primato e superi ogni sudditanza verso forme di potere esterne agli organismi democratici sanciti dalla Costituzione; anche per questo come PRC riteniamo che al Vaticano vadano tolti i privilegi di cui gode, privilegi che, come dimostra la presunta apoditticità delle esternazioni del Vescovo Paglia, non si limitano alla sfera economica.

Segreteria Provinciale PRC di Terni
 

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