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mercoledì 19 novembre 2014

CE - Ciclismo, Pantani "ucciso dall'ipocrisia"

Marco Pantani: Un articolo uscito sull'edizione odierna del Corriere dello Sport-Stadio, a firma Stefano Barigelli, rimette in discussione le ultime rivelazioni sul caso della morte di Marco Pantani.

Ecco a voi quanto scritto dal giornalista. Fonte: Corrieredellosport.it. 


Pantani è stato ucciso dall’ipocrisia del suo mondo prima che dalla cocaina. Quel mondo che gli girò le spalle il 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio e lo crocifisse dopo averlo celebrato per anni. Lo stesso mondo che in nome della verità ci propina da mesi la versione a puntate del complotto, dell’omicidio. Raccontando a ogni puntata mirabolanti svolte, distillate con sospetta sapienza nei momenti in cui il calcio e quindi l’attenzione del pubblico sportivo languono. Nello sconnesso canovaccio s’è perfino infilato Renato Vallanzasca e adombrato il racket delle scommesse in mano alla camorra come longa manus di una macchinazione capace di alterare le analisi che lo condannarono alla squalifica. Tutto questo a dieci anni dalla morte del Pirata e a quindici da quel Giro d’Italia. I magistrati fanno quello che devono, aprono fascicoli e inchieste che non porteranno a nulla, si lasceranno dietro qualche titolo sensazionale che tra dieci anni nessuno ricorderà più e un lampo di notorietà per qualche piccolo, vorace speculatore di provincia.

Pantani è stato un grandissimo corridore. L’eritropoietina aiuta un campione a spostare i propri limiti più in là ma non trasforma un atleta normale in un fenomeno da Tour de France. In un mondo perfetto senza tentazioni, danaro e doping, Pantani sarebbe stato lo stesso il più forte di tutti. Avrebbe lo stesso scollinato in testa sul Galibier sotto la pioggia per arrivare da solo, bagnato fradicio a Les Deux Alpes. Ma lo sport non è un mondo perfetto: ci sono tentazioni, danaro, doping. E ipocrisia. Nel ciclismo il corto circuito tra questi ingredienti della vita così diversi raggiunge l’apice. Disciplina epica, la preferita da scrittori e grandi giornalisti per la combinazione di nuovo e di antico che contiene, per la fatica che impone, così facile da capire per il pubblico, così semplice da amare. Ma proprio per questo è più difficile perdonare a un ciclista quello che è perdonato, poniamo, a un calciatore.

Pantani è stato sottoposto a un massacro mediatico che non ha capito, che non ha sopportato. Che nessuno avrebbe sopportato. Questo è l’unico vero complotto che l’ha ucciso. Un dato di fatto scomodo da accettare. Meglio dare la caccia a presunte verità, meglio dare la colpa a organizzazioni criminali. Lo scrittore Cordelli ha giustamente definito Pantani un grande anti-italiano. Lo è stato, tanto più nella tragica fine. Il migliore tra gli scalatori moderni è stato scaraventato in una discesa ripidissima. Molti gli hanno dato una spinta, molti di quelli che oggi chiedono giustizia.


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